continua
Transcript
continua
ITALIAN-GERMAN HIGH LEVEL DIALOGUE Sintesi del dibattito Sessione parallela – Migratory pressures: a common challenge Dinamica sociale da sempre esistente, il fenomeno migratorio trova radice in una condizione umana legata alla ricerca di condizioni migliori. L’attuale emergenza migratoria, tuttavia, rappresenta una sfida senza precedenti tanto per l’intensità quanto per l’abbondanza dei flussi. L’arrivo sulle coste europee di migliaia di profughi sta mettendo a dura prova la capacità gestionale dell’Unione, e porta sempre di più a interrogarsi circa la possbilità di individuare una “soluzione europea” alla crisi. Nel corso del dibattito è emersa chiaramente la necessità di muoversi nella direzione di una soluzione comune. Benché alcuni stati siano maggiormente colpiti dai flussi migratori, primi fra tutti l’Italia, la Grecia e i paesi dell’area balcanica, occorre operare insieme nell’interesse di tutti, spostando la questione dalle frontiere nazionali e portandola invece sul piano europeo. Sebbene i Trattati affermino chiaramente che a guidare l’azione europea debbano essere principi quali il rispetto dei diritti e la condivisione delle responsabilità, si registra tutt’oggi la mancanza di consenso all’interno dell’Unione sul contenuto di una efficace politica europea. L’assenza di una visione unitaria offre terreno fertile al proliferare dei populismi e dell’euroscetticismo, che prosperano facendo leva sulle paure e sull’incapacità europea di gestire la crisi. In tal senso, Italia e Germania possono giocare un ruolo determinante nella creazione di una società europea sempre più coesa, che si muova nella direzione di una sempre maggiore integrazione. La linea comune alla base delle relazioni tra i due paesi è racchiusa nell’espressione “più Europa”. Negli ultimi anni, diverse posizioni di Italia e Germania hanno mostrato ma conseguenza di vedute, sottolineando il carattere europeo – non nazionale – dell’emergenza e impegnandosi nella difesa dall’area Schengen. Se è vero che la portata della crisi migratoria attuale non ha alcun precedente storico, è altrettanto vero che non è strettamente necessario concepire misure straordinarie. Da un punto di vista tecnico/legale gli strumenti utili alla gestione comune della crisi sono già nelle mani dei decisori politici di Bruxelles. L’articolo 80 del Trattato di Lisbona prevede infatti che le politiche dell’Unione siano governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli stati membri, anche sul piano finanziario. È proprio a questo principio di solidarietà che bisogna oggi appellarsi per gestire i flussi migratori in maniera da rispettare la dignità umana. Solidarietà che va resa soprattutto anche agli stati vicini alle zone di crisi, primi fra tutti Libano e Giordania. In secondo luogo, è altrettanto importante pensare ad intervenire anche nei paesi attraversati dalla crisi. L’UE non deve isolarsi/trincerarsi in cerca di sicurezza, bensì operare anche al suo esterno per eliminare gradualmente le cause stesse che sono all’origine dei flussi allarmanti cui si è oggi costretti ad assistere. Questo rappresenta sicuramente un obiettivo di lungo termine, ma che l’UE può iniziare a perseguire creando zone di sicurezza e zone cuscinetto tanto nei paesi colpiti dai conflitti quanto in quelli limitrofi. Per quanto riguarda la gestione concreta dei flussi migratori, una delle azioni possibili dell’UE potrebbe riguardare l’istituzione di una guardia di frontiera europea così come la creazione di un’agenzia di asilo comune. È altresì necessario un maggiore impegno della Commissione e delle istituzioni europee in ambito sia finanziario sia di capacity-building. Si è ugualmente evidenziata l’importanza e l’urgenza del processo di revisione del regolamento di Dublino: in quest’ottica, ogni paese sarebbe chiamato a impegnarsi nella gestione della crisi secondo un principio di solidarietà e responsabilità, pur tenendo conto della diversità di competenze e risorse a disposizione. Infine, si è discusso della necessità di offrire ai migranti delle prospettive di inserimento sociale, che partono necessariamente da settori chiave quali l’educazione o la formazione.