Dispensa rischio clinico

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Dispensa rischio clinico
ASSOCIAZIONE RINASCITA VITA
MANUALE
ACCREDITAMENTO
PROTOCOLLO QUALITA’
ALLEGATO
PROCEDURA RISCHIO CLINICO
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PREVENZIONE RISCHIO CLINICO
PIAGHE DA DECUBITO - LESIONI DA PRESSIONE
Una piaga da decubito è una lesione tessutale con evoluzione necrotica, che interessa la cute, il derma, e gli strati
sottocutanei, fino a raggiungere negli stadi più gravi i muscoli e le ossa.
Le lesioni da decubito non sono una conseguenza inevitabile di elementi concomitanti quali:
l'età avanzata, la necessità di seguire terapie citostatiche, la permanenza a letto per lunghi periodi e la prolungata
immobilità.
Esse rappresentano, purtroppo, il perfetto fallimento dell'assistenza in ambiente ospedaliero e domiciliare. Il vero
problema non risiede nel numero di lesioni da decubito registrato in un reparto, ma nell'esiguità del tempo di
assistenza infermieristica spesso dedicato a tale patologia.
Tra i fattori che determinano una piaga da decubito possiamo dividerli in LOCALI, o SISTEMICI.
a) FATTORI LOCALI
Pressione - quando la pressione esercitata dal peso corporeo sul piano di appoggio, supera dei periodi
-
prolungati di 2 ore con dei valori pressori che superano i 32mmHg, si crea una condizione di ischemia dei
tessuti, con conseguente necrosi tessutale, che evolve a stadi, iniziando dai tessuti sottocutanei.
Forze di stiramento o di taglio – I vari segmenti corporei tendono a scivolare da una posizione all'altra se
-
non vengono sorretti da una idonea postura, determinando a livello della cute interessa una pressione
tangenziale, con effetto di stiramento, microtrombosi locali, ostruzione e rescissione dei piccoli vasi sanguinei
con conseguente necrosi tessutale profonda.
Attrito o frizione – E' la forza esercitata da due superfici per sfregamento delle due parti, preparando la cute
-
ad eventi lesivi.
b) FATTORI SISTEMICI
-
Età – i soggetti anziani sono più predisposti a sviluppare una lesione da decubito a causa delle modifiche della
cute legate all'invecchiamento quali: diminuzione del tessuto adiposo sottocutaneo, la diminuita risposta
immunitaria cellulo mediata, la diminuita percezione del dolore, il rallentamento alla guarigione delle ferite, la
riduzione del microcircolo, la diminuita risposta infiammatoria locale, la diminuizione della sensibilità e
dell'elasticità.
-
Riduzione della mobilità – ogni malattia o condizione che riduca nella persona l'abilità a muoversi
liberamente aggrava il rischio di insorgenza di lesione. La compromissione dello stato mentale, le malattie
psichiatriche o neurologiche, la sedazione farmacologia, il dolore o le fratture ossee, diminuendo la mobilità
del soggetto, costituiscono fattori di rischio per la comparsa di lesioni.
-
Malnutrizione – Lo stato nutrizionale può essere severamente compromesso nei soggetti anziani, nelle
iperpiressie prolungate e nella cachessia neoplastica. Uno stato di malnutrizione condiziona lo sviluppo di
lesioni.
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PROTOCOLLO DI PREVENZIONE
1. EDUCAZIONE E ADDESTRAMENTO
2. LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO
3. LA MOBILIZZAZIONE
4. L'ALIMENTAZIONE
5. L'IGIENE PERSONALE
6. IL LETTO E LA BIANCHERIA
7. L'INCONTINENZA
1.
EDUCAZIONE E ADDESTRAMENTO
La prevenzione e la cura delle lesioni da pressione saranno tanto più efficaci quanto più il malato e la famiglia
saranno attivamente e consapevolmente coinvolti in tale processo.
E' un coinvolgimento fondamentale ed insostituibile soprattutto nella fase della prevenzione.
In presenza di lesioni è altrettanto fondamentale un approccio corretto ed adeguato all'alimentazione, alle cure
igieniche, alla mobilizzazione.
Inoltre, l'addestramento dei familiari rispetto al trattamento delle lesioni, sempre con la supervisione
dell'Infermiere, in applicazione di un piano personalizzato predefinito, ha la finalità di aumentare, ove possibile, la
capacità di autonomia della famiglia con conseguente garanzia di continuità e globalità del trattamento.
Risulterà fondamentale per la qualità di vita futura dell'utente, illustrare i fattori che favoriscono l'insorgenza di
lesioni e le misure ed i comportamenti che ne favoriscono il miglioramento e la guarigione.
L'intervento educativo dovrebbe seguire alcuni principi fondamentali:
-
chiarezza e concisione per essere comprensibili;
-
dimostrare sincerità;
-
rispettare il tempo altrui;
-
far esprimere le opinioni;
-
dire le cose più importanti;
- suddividere la spiegazione delle procedure in semplici e piccoli passaggi.
E' pertanto indicato che l'Infermiere segua le seguenti fasi:
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spiegare lo scopo degli interventi preventivi e curativi;
-
dare spiegazioni in merito al materiale da utilizzare;
-
spiegare come prevenire le complicanze, come riconoscere i segni ed i sintomi;
-
insegnare a praticare i trattamenti necessari attraverso un addestramento graduale e personalizzato;
-
verificare che siano stati compresi i concetti principali e che siano state apprese le"tecniche" insegnate.
2. LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO
La valutazione del rischio di poter sviluppare lesioni da pressione è l'elemento di base per la pianificazione
dell'assistenza infermieristica orientata principalmente alla prevenzione. La misurazione del rischio fornisce inoltre
informazioni che aiutano l'infermiere e in senso più allargato l'équipe curante e la famiglia a dimensionare
correttamente i tempi assistenziali da garantire al malato, necessari per prevenire l'insorgenza delle lesioni da
decubito.
La valutazione iniziale del rischio permette di procedere successivamente al monitoraggio e alla rivalutazione
periodica; in tal modo, risulta possibile verificare l'efficacia degli interventi posti in essere dal piano assistenziale.
Le associazioni infermieristiche scientifiche che si occupano di questo settore, sia in ambito nazionale che
internazionale, raccomandano di valutare il rischio di sviluppare lesioni in tutti i malati che non sono in grado di
muoversi autonomamente, allettati o costretti in carrozzina. Viene anche consigliato di considerare nella
valutazione altri fattori che, se presenti, aumentano il rischio quali: l'incontinenza, l'immobilità, la malnutrizione, la
situazione dello stato mentale. Tutti i malati che presentano uno o più fattori di rischio devono quindi essere
valutati al momento della presa in carico e nel corso delle verifiche periodiche.
In tale sede vengono prese in considerazione le seguenti scale, universalmente accettate e raccomandate.
▪ Indice di Norton
SCALA A PUNTEGGIO DI NORTON
INDICATORI
VARIABILI
CONDIZIONI GENERALI
BUONE
DISCRETE
SCADENTI
GRAVI
STATO MENTALE
LUCIDO
APATICO
COMA APALLICO
COMA
MOBILITA'
AUTONOMA POCO LIMITATA
MOLTO LIMITATA
IMMOBILITA'
INCONTINENZA FECALE
ASSENTE
OCCASIONALE
CONTROLLATA DA FARMACI
CONTINUA
punteggio indicatore
4
3
2
1
Punteggio finale RISCHIO ASSENTE: da 16 a 15
RISCHIO LIEVE: da 14 a 12
RISCHIO ELEVATO: uguale o inferiore a 11
INTERVENIRE SUI FATTORI DI RISCHIO
Lo scopo primario dell'assistenza infermieristica nell'approccio all'assistito valutato a rischio di sviluppare la
lesione da pressione sarà, con l'aiuto della famiglia, di eliminare e/o ridurre il più possibile i fattori di rischio. La
massima attenzione verrà posta a tutti gli assistiti che per l'evoluzione della malattia, o per il livello di disabilità
sono costretti ad assumere posture obbligate a letto o in carrozzina, e particolare cura verrà posta nella salvaguardia
della cute integra che riveste le prominenze ossee, che è la più esposta alle lesioni da pressione. Il primo ambito
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dell'intervento preventivo è quindi di agire sul principale fattore di rischio costituito dalla pressione esercitata dal
corpo sulla cute, dalle forze di taglio e frizione. La pianificazione assistenziale, condivisa con i famigliari ed altri
operatori sarà mirata al raggiungimento dei seguenti obiettivi:
1. Ridurre le forze di taglio e di frizione:
Per quanto concerne l'eliminazione o riduzione delle forze di taglio bisogna principalmente evitare che il corpo
scivoli nel letto dall'alto verso il basso; mentre per le forze di frizione va evitato che nel corso degli spostamenti
attivi e passivi la cute sfreghi contro le lenzuola o altre superfici, con la possibilità di microlesioni dello strato di
cute più superficiale.
2. Ridurre la durata e l'intensità della pressione cutanea in particolare sulle prominenze ossee e
nelle sedi elettive di lesione:
La diminuzione della durata e dell'intensità della pressione si ottiene tramite i cambi di posizione che favoriscono la
vascolarizzazione e l‘ossigenazione dei tessuti. La letteratura infermieristica indica che la frequenza per il cambio
posturale dei soggetti a rischio non deve mai superare le due ore, e che in caso di arrossamento cutaneo,
l'infermiere decide tempi più brevi per i cambi di posizione
3.
LA MOBILIZZAZIONE
Per mobilizzazione si intende l'azione articolata che può essere compiuta attivamente o passivamente dal soggetto,
avente lo scopo di mantenere o rieducare funzionalmente un segmento corporeo. Per evitare il formarsi di lesioni è
fondamentale l'attuazione di un piano di mobilizzazione con adeguati cambi di postura. Il cambio di postura è
l'insieme degli atti sostitutivi della mobilizzazione mirati al mantenimento dello schema posturale fisiologico. Il
movimento è considerato la prima difesa dell'organismo contro i danni da compressione: al paziente valutato a
rischio (secondo la scala adottata) deve essere applicato un piano personalizzato di cambio posturale per alternare
le zone sottoposte a pressione e per evitare l'ostruzione del microcircolo e quindi l'ischemia e la necrosi. E'
consigliata la rotazione periodica delle posture ogni due ore: viene indicato questo intervallo perché studi effettuati
hanno dimostrato che è il periodo di tempo medio necessario perché si instauri sofferenza cutanea con danni
maggiori al microcircolo; in realtà ciò può avvenire ad intervalli di tempo maggiori o minori, per le diverse
caratteristiche generali e locali del singolo soggetto. Si potrà pertanto verificare la necessità di programmare cambi
posturali più frequenti.
CONSIGLI PER LA MOBILIZZAZIONE DELLA PERSONA A RISCHIO DI LESIONI DA PRESSIONE
• Ad ogni individuo considerato a rischio, quando allettato, deve essere posizionato un dispositivo che riduca la
pressione (materassi ad aria statica, ad aria circolante, gel, ad acqua).
• La persona allettata a rischio di lesioni quando viene spostata deve essere sollevata mediante dispositivi e non
trascinata per evitare che si crei attrito.
• Durante lo spostamento o la rotazione della persona a rischio per evitare di muovere in modo brusco gli arti ed il
collo per evitare contratture e traumi.
• Ridurre al minimo i tempo di contatto o meglio evitare completamente il contatto con questa zona.
• Mantenere la testata del letto al più basso grado di elevazione compatibile con le condizioni cliniche, e ridurre al
minimo il numero di cuscini per sollevare la testa; è consigliabile non usarne più di due per evitare che si verifichi
scivolamento del corpo verso il basso.
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• Nel caso fosse presente una plegia degli arti, sostenere l'arto superiore posizionando un cuscino sotto la spalla ed
il braccio interessati; per l'arto inferiore posizionare un cuscino sotto anca e gamba.
• Occorre posizionare un cuscino o un supporto in fondo al letto unitamente ad un archetto per evitare posture
viziate dei piedi (equinismo) ed atteggiamenti scorretti degli arti inferiori, nonché lesioni alle dita e al dorso del
piede dovuto al peso di coperte e di lenzuola.
• Quando viene utilizzato il decubito laterale si dovrà:
- sistemare il letto in posizione piana;
- evitare il decubito laterale ad angolo retto sul trocantere;
- far assumere una postura obliqua di 30°/40° al malato;
- mettere un cuscino sotto al capo;
- distendere la gamba che appoggia direttamente sul materasso;
- il braccio corrispondente alla gamba, sarà flesso con il palmo della mano rivolto verso l'alto:
- flettere leggermente la gamba controlaterale e farla appoggiare su un piccolo cuscino;
- flettere il braccio corrispondente e far appoggiare il palmo della mano su un piccolo cuscino;
- alcuni supporti (es. cuscini o prodotti schiumosi) possono essere impiegati per la protezione delle prominenze
ossee.
• Le persone allettate completamente immobili, dovrebbero essere dotate di dispositivi che alleviano interamente la
pressione sui calcagni, semplicemente sollevando questi dal letto senza usare dispositivi circolari (ciambelle).
• Ogni persona a rischio di sviluppare lesioni da pressione, dovrebbe evitare di sedere ininterrottamente su una
sedia a rotelle; l'individuo andrebbe posizionato cambiando le zone soggette a pressione ogni ora, o rimesso a letto,
compatibilmente con gli obiettivi terapeutici . Gli individui che ne sono capaci dovrebbero essere educati a
cambiare posizione ogni 15 minuti.
• Per individui costretti su una sedia a rotelle, l'uso di cuscini antidecubito è indicato; non utilizzare supporti
circolari.
Le posture che si possono far assumere ad un paziente sono:
1. postura supina;
2. postura laterale sinistra o destra;
3. postura prona (raramente utilizzabile);
4. postura di Fowler o decubito ortopnoico.
Nella rotazione delle posture si raccomanda di evitare, ove possibile, le posizioni ad angolo retto, privilegiando
quelle con angolo pari a 30° tra piano del paziente e piano del letto (ciò vale anche per la posizione supina).
Vengono di seguito descritte le posture individuate nonché le osservazioni da effettuare ad ogni cambio posturale
(in base alla postura precedente che potrebbe avere rappresentato un rischio.
Al momento del ricovero in struttura a seguito di valutazione multidisciplinare si redige il piano di mobilizzazione
con adeguati cambi di postura.
I moduli si trovano affissi al muro nella camera del paziente
Sul presente modulo vanno indicati data, tipo di posizionamento, ora in cui viene effettuato il cambio di postura e
firma dell’operatore.
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Nella seconda parte del modulo vengono raccolte le indicazioni personalizzate sul paziente e la compilazione è di
competenza del fisioterapista.
POSTURA SUPINA
E' una posizione di mantenimento del riposo che trova indicazione in diverse condizioni cliniche.
Se il paziente è collaborante occorrerà sollecitarlo a muoversi il più possibile, poiché il movimento consente una
migliore funzionalità articolare ed un buon trofismo muscolare.
I metodi per porre un utente in postura supina sono molti e dipendenti dalla posizione di provenienza. Evitare le
frizioni dovute all'attrito fra la cute del paziente ed il letto.
IL LETTO DEVE ESSERE IN POSIZIONE ORIZZONTALE. PREDISPORRE TUTTO IL MATERIALE (cuscini,
rotoli, alzacoperte, supporti antiequinismo…..)
POSTURA LATERALE DESTRA O SINISTRA
Questa postura viene utilizzata per garantire un periodo di riposo alle zone cutanee sottoposte a pressione
mantenendo il decubito supino. Se il paziente è collaborante occorrerà informarlo della necessità del cambio di
postura, che serve a decomprimere la zona sacrale alternando il decubito sui due fianchi. Tale postura permette
inoltre una migliore espansione della parte superiore dell'emitorace. Per posizionare un paziente sul fianco sinistro
o destro utilizzare un lenzuolo di trazione posto sotto il paziente per evitare lesioni da frizione. E' importante
prestare attenzione all'allineamento delle spalle, del bacino e della gamba sottostante. Il cuscino posto sotto la testa
del paziente non deve ostacolare gli atti respiratori.
IL LETTO DEVE ESSERE IN POSIZIONE ORIZZONTALE. PREDISPORRE TUTTO IL MATERIALE (cuscini,
rotoli, alzacoperte, supporti antiequinismo…..)
• Evitare il decubito laterale ad angolo retto sul trocantere;
• Fare assumere una postura obliqua di 30°;
• Distendere la gamba che appoggia direttamente sul materasso;
• Il braccio corrispondente alla gamba sarà flesso con il palmo della mano rivolto verso l'alto;
• Flettere leggermente la gamba controlaterale e farla appoggiare su un piccolo cuscino;
• Flettere il braccio corrispondente e fare appoggiare il palmo della mano su un piccolo cuscino.
Il paziente emiplegico non dovrebbe mai essere posto sul lato plegico in quanto tale posizione diminuisce la già
scarsa ventilazione dell'emitorace e soprattutto perché tale lato è più suscettibile a sviluppare lesioni.
POSTURA PRONA (raramente utilizzabile)
Questa posizione trova indicazioni nella prevenzione delle contratture e dell'equinismo del piede. Informare il
paziente delle necessità del cambio della postura. Evitare le frizioni fra la cute del paziente e il letto. Voltare il capo
da un lato e porlo su di un cuscino sottile per evitare il soffocamento, la flessione e l'iperestensione delle vertebre
cervicali. IL LETTO DEVE ESSERE IN POSIZIONE ORIZZONTALE. PREDISPORRE TUTTO IL MATERIALE
(cuscini, rotoli per le mani , alzacoperte…..)
POSTURA DI FOWLER O DECUBITO ORTOPNOICO
Questa postura viene realizzata quando la testata del letto è sollevata di 45°-50° e le ginocchia flesse. E' la postura
che determina la maggiore compressione a livello sacrale ischiatico; è quindi opportuno che durante gli
spostamenti queste zone non subiscano frizioni (utilizzare traversa o telo). Con la testata del letto sollevata di 45°50° si ha un miglioramento della ventilazione, possono essere usati cuscini per sostenere braccia e mani se il
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paziente non li controlla volontariamente. Dovrà essere utilizzata un'adeguata protezione del piede e del tallone.
Posizionare un cuscino sotto le cosce per avere la flessione delle ginocchia, ciò previene gli effetti della prolungata
iperestensione, quindi una ridotta mobilità articolare.
PREDISPORRE TUTTO IL MATERIALE (cuscini, rotoli trocanterici, alzacoperte, tavola antiequinismo…..)
ACCORGIMENTI IN SITUAZIONI PARTICOLARI
Nelle patologie di natura traumatologica - ortopedica, il soggetto, a volte deve mantenere una postura obbligata per
periodi lunghi (per più di un mese, anche dopo la dimissione ospedaliera). La mobilizzazione, pertanto, è
fondamentale per la guarigione e per la prevenzione delle lesioni da pressione. Ricordarsi di seguire il piano di
riabilitazione prescritto medico – fisioterapico. Nelle fratture amieliche della colonna dorsale o lombare, per la
risoluzione del problema è consigliato l'assoluto riposo a letto per un mese. Non significa, comunque mantenere
sempre il decubito supino ed evitare ogni minimo movimento. Istruire in merito a quale tipo di movimento e
posizioni sono consentiti:
▪ far assumere la posizione laterale destro e sinistra, con l'ausilio di un cuscino in mezzo alle gambe e la posizione
prona, se tollerata;
▪ se il paziente assume la posizione supina può tenere un cuscino sotto la testa, le ginocchia flesse con due cuscini
sotto le gambe (accorgimenti che rilassano la muscolatura paravertebrale), oppure si può posizionare un cuscino
dietro la schiena in posizione lombare o dorsale, a seconda della lesione (per favorire l'estensione della colonna);
▪ il paziente non deve alzarsi e camminare (anche per recarsi ai servizi igienici) o assumere una posizione seduta o
semiseduta, in quanto aumenterebbe lo stress a carico della vertebra fratturata.
Nelle fratture del bacino è necessario tenere in considerazione alcuni fattori:
▪ prevedere il riposo a letto per circa un mese;
▪ far assumere il decubito supino, con un cuscino sotto le ginocchia;
▪ far assumere la posizione laterale destra e sinistra e quella semiseduta.
Nei portatori di apparecchi gessati (sia bende di gesso che di resina) è importante accertarsi che:
▪ l'apparecchio gessato non sia stretto;
▪ non vi sia la presenza di edemi;
▪ l'apparecchio gessato non venga bagnato;
▪ l'imbottitura sia sufficiente.
4.
L'ALIMENTAZIONE
Fra i fattori generali favorenti l'insorgenza delle lesioni da pressione, si ricordano:
• cachessia;
• dispepsia;
• sindrome da malassorbimento;
• disidratazione;
• malnutrizione(iponutrizione, ipovitaminosi, ipoprotidemia);
• anemia;
• depressione;
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5. L'IGIENE PERSONALE
Le condizioni igieniche possono influire sulla prevenzione delle lesioni. La cute se integra, ben idratata e pulita,
resiste maggiormente alla colonizzazione batterica e alla forza esercitata dalla pressione sul microcircolo. E'
importante considerare che le persone anziane presentano spesso limitazioni funzionali che riducono le possibilità
di svolgimento degli atti normali della vita quotidiana quali l'igiene personale; nell'anziano inoltre la cute è fragile
per la riduzione del film idrolipidico che rappresenta la principale barriera contro gli agenti fisici e chimici. Gli
obiettivi generali per l'infermiere ed i famigliari saranno:
• mantenere la pulizia e l'integrità della cute;
• mantenere l'elasticità della cute;
• prevenire e/o ridurre le macerazioni.
All’interno della cartella infermieristica viene conservato un modulo per il monitoraggio dell’igiene personale del
paziente (schema docce - igiene perineale - igiene orale).
Al termine dell’igiene gli operatori addetti all’assistenza devono compilare con data, ora e firmare il modulo.
SCELTA DEI PRODOTTI
La scelta dei prodotti ad uso igienico-sanitario è determinante per la riuscita delle cure personali in quanto evita
irritazioni ed eventuali eruzioni cutanee nei soggetti allergici.
E' bene usare e/o consigliare:
▪ acqua tiepida (prova del gomito);
▪ saponi e shampoo idonei (di Marsiglia, neutri, acidi, o la linea dei non saponi);
▪ asciugamani, teli da bagno di spugna o di cotone morbidi e puliti;
▪ prodotti idratanti per la cute.
Ricordare di asciugare la cute tamponando leggermente ed eseguire eventuali massaggi in forma lieve e con
prodotti idratanti (per mantenere il più possibile elastica l'epidermide).
CURA DELLA CUTE
Mantenere la cute integra e pulita. Giornalmente la cute va ispezionata soprattutto nei punti delle prominenze
ossee e nelle pliche cutanee. Se la cute risulta intatta le cure igieniche potranno essere condotte normalmente
consigliando la scelta del detergente adatto. In presenza di malato allettato, che spesso presenta la cute secca,
irritata dai piccoli traumi dovuti a trazione e sfregamento per il contatto prolungato con le lenzuola, vengono
consigliati i detergenti sintetici (syndet) chiamati anche sapone non sapone, ottenuti dalla saponificazione. Hanno
un pH che varia dal 3.5 al 7 e si trovano in commercio solidi o liquidi. Per la cute dell'anziano sono indicati, in
particolare, quelli con pH oscillante tra 6 -7. L'igiene personale deve essere effettuata giornalmente ed ogni volta
che il malato evacua o cambia il pannolone. Dopo il lavaggio con acqua tiepida e detergente (non eccedere nella
concentrazione del detergente) asciugare con un panno morbido, evitando traumi da sfregamento.
Evitare/ridurre la macerazione della cute da umidità.
Nel malato incontinente è necessario ridurre al minimo il contatto cutaneo con feci o urine, per cui è opportuno
pulire la cute e asciugarla ogni volta che il malato si bagna. Possono essere di aiuto dispositivi monouso o materiali
che assorbono l'umidità e lasciano traspirare la cute.
Mantenere la cute elastica.
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La cute, soprattutto del malato anziano, necessita di essere idratata e mantenuta morbida ed elastica. Soprattutto
nei punti dove si osserva una particolare secchezza (arti inferiori e superiori) è opportuno applicare sulla cute pulita
ed asciutta, senza mai eccedere nella quantità , un leggero strato di crema emolliente/protettiva che potrà essere a
base di lanolina o derivati dall'avena oppure olio di borragine o di mandorle, acidi grassi essenziali.
L'assorbimento è favorito da una leggera frizione circolare. Da evitare qualsiasi forma di massaggio con sostanze
chimiche di natura alcolica.
6.
IL LETTO E LA BIANCHERIA
Per l'IGIENE del LETTO e degli INDUMENTI si consiglia l'adozione di:
▪ lenzuola e traverse di tessuto morbido (meglio se non sintetico), pulite e ben tese;
▪ lenzuolini e traverse monouso;
▪ laddove è possibile, tardare l'uso di cerate ed usare affini traspiranti;
▪ biancheria intima priva di pizzi e merletti in quanto possono causare sfregamenti;
▪ biancheria pulita di tessuto naturale;
▪ mutandine di cotone e della giusta misura.
Nel caso di soggetti costretti ad alimentarsi a letto fare attenzione alle briciole ed eventualmente rimuoverle. Il
lavaggio della biancheria in genere, specie per l'attività domiciliare, va considerato facente parte delle indicazioni
del piano di cura preventiva e va dunque sconsigliato l'uso di detersivi aggressivi, ossigenati e disinfettanti
(esempio: candeggina, Napisan, perborato di sodio, detersivi biodegradabili).
Inoltre, occorre far seguire al lavaggio un accurato ripetuto risciacquo.
7.
L'INCONTINENZA
Per l'azione macerante ed irritante di urina e feci, l'incontinenza richiede moltissima attenzione da parte del
personale infermieristico e della famiglia:
· controllare frequentemente il soggetto incontinente (al fine di evitare il prolungato contatto con feci e urine);
· eseguire accurate cure igieniche con acqua tiepida e saponi idonei, evitare l'uso di strumenti e manovre abrasive;
· asciugare bene la sede;
· controllare l'integrità della cute:
· idratare (meglio se con prodotti riassorbibili);
· evitare i prodotti alcolici, poiché irritanti;
· applicare prodotti barriera, esempio: spray al silicone (vedi indicazioni successive);
· avvalersi di presidi per l'incontinenza:
▪ pannoloni scelti in base a:
- peso;
- circonferenza vita;
- grado di incontinenza (leggera - media - grave);
- forma (a mutandina - anatomici);
- grado di dipendenza (utenti allettati - deambulanti o parzialmente deambulanti).
▪ mutandine a rete, o normali sagomati o rettangolari, facendo attenzione che non siano compressive e non
determinino sfregamenti o stati irritativi.
· proteggere il letto con traverse salvamaterasso, se l'incontinenza è grave o doppia, (possibilmente non cerate);
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· utilizzare nell'uomo il condom (drenaggio urinario esterno);
· in presenza di lesioni valutare l'opportunità di posizionare un catetere vescicale a permanenza
MODALITA’ OPERATIVE IN CASO DI PRESENZA DI LESIONE DA PRESSIONE
1.
valutazione del grado di lesione da parte del responsabile medico di struttura e del coordinatore
infermieristico
2. compilazione scheda terapeutica (contenuta nella cartella infermieristica ), con individuazione del grado e
della localizzazione dell’LdP e conseguente piano terapeutico
3. raccolta documentazione fotografica
4. monitoraggio giornaliero
5.
in caso di presenza di lesione di 4° grado, invio a consulenza specialistica (chirurgia plastica)
CADUTE
Definiamo caduta: “Un improvviso, non intenzionale, inaspettato spostamento verso il basso dalla posizione
ortostatica, o assisa, o clinostatica”. La testimonianza delle cadute è basata sul ricordo del paziente e/o la
descrizione della caduta da parte dei testimoni . Questa definizione include i pazienti che dormendo sulla sedia
cadono per terra, i pazienti trovati sdraiati sul pavimento, le cadute avvenute nonostante il supporto.
TIPO DI CADUTA
Cadute prevedibili: cadute che accadono in pazienti che sono ad alto rischio di caduta.
Cadute non prevedibili: cadute che non possono essere previste a priori prima della loro comparsa.
Cadute accidentali: La caduta può essere attribuita a fattori ambientali o a fatalità.
La valutazione del rischio deve essere effettuata mediante uno strumento standardizzato, quale la scala di Conley e
mediante la valutazione clinica del professionista, che è un elemento irrinunciabile nella definizione del rischio di
caduta, in quanto nessuno strumento di valutazione del rischio, da solo, è in grado di identificare tutte le persone a
rischio o tutti i fattori di rischio.
È necessaria una valutazione specialistica per avere informazioni cliniche dettagliate relative a specifici fattori di
rischio, come base per l’identificazione degli interventi necessari (vedi tabella FATTORI ASSOCIATI ALLE
CADUTE).
FATTORI ASSOCIATI ALLE CADUTE
FATTORI INTRINSECI
Precedenti cadute
Deficit della vista
Ictus
Ipoacusia marcata
Sindrome extrapiramidale (parkinsonismi)
Artrite
Ipotensione orto stativa
Patologie acute
Instabilità nella marcia
Deficit cognitivo
Incontinenza
FATTORI ESTRINSECI
Farmaci
Contenzione
Fattori ambientali:
Tappeti non stabili
Scale non sicure
Vasche da bagno senza maniglie
Calzature di misura non adeguata
Scarsa illuminazione
Ausili
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PROTOCOLLO QUALITA’
ALLEGATO
PROCEDURA RISCHIO CLINICO
REVISIONE 2
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Una volta completata la valutazione, se si evidenzia il rischio di caduta è possibile attivare la specifica diagnosi
clinica per pianificare l’assistenza alla persona con questo problema.
Diagnosi
Potenziale rischio di:
Obiettivi
Che il paziente non cada
cadute (a rischio elevato)
Autorimozione dei dispositivi
Interventi
Uso di dispositivi di contenzione
autorizzati (sponde, letti
Che il paziente non si rimuova i
attrezzati, cinture di sostegno)
dispositivi
Sorveglianza
Monitorare segni e sintomi
specifici di….
INTERVENTI MULTIFATTORIALI
E’ fortemente raccomandata la realizzazione di programmi per la prevenzione delle cadute che comprendano più
interventi, in quanto i fattori di rischio associati ad esse sono multifattoriali.
Fornire la necessaria gestione clinica delle patologie preesistenti che possono contribuire al rischio di caduta della
persona come:
-
patologie neuromuscolari;
-
infezioni del tratto urinario;
-
ipossia;
-
disidratazione;
-
bisogni nutrizionali;
-
iperammoniemia;
-
ipotensione ortostatica.
Nell’approccio al paziente a rischio di caduta, trattare con priorità l’ipotensione ortostatica, razionalizzare la
terapia, quando possibile e realizzare interventi che migliorino l’equilibrio, la capacità di eseguire i passaggi
posturali e che migliorino la marcia.
MODALITÀ DI TRASFERIMENTO E DISABILITÀ DEL PAZIENTE
Le metodiche di trasferimento possono variare in relazione all’entità / tipologia della disabilità del paziente, a tal
fine è utile suddividere questi ultimi in due categorie:
PAZIENTE NON COLLABORANTE
Il paziente non può aiutare il movimento né con gli arti superiori né con gli arti inferiori (es.: tetraparetico, anziano
allettato, paziente in anestesia generale, in coma, paziente che oppone resistenza alla mobilizzazione, ecc.).
PAZIENTE PARZIALMENTE COLLABORANTE:
Il paziente può sfruttare una residua capacità di movimento (es.: emiplegico, paraplegico, paziente in fase di
recupero funzionale, ecc.).
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ASSOCIAZIONE RINASCITA VITA
MANUALE
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MODALITÀ’ COMPORTAMENTALI DELL’OPERATORE
a. evitare di flettere la schiena, utilizzando la flessione delle ginocchia;
b. ampliare la base di appoggio, e quindi le condizioni di equilibrio, allargando e flettendo le gambe, in senso
trasversale o longitudinale a seconda della direzione dello spostamento. Nel caso di trasferimenti o
spostamenti al letto del paziente, appoggiare un ginocchio sul letto;
c.
avvicinarsi il più possibile al paziente da spostare;
d. garantire una buona presa del paziente (presa crociata, sottoscapolare, zona cavo popliteo), eventualmente
con uso di ausili tipo cintura ergonomica, prima di iniziare qualsiasi operazione di movimentazione;
e. durante la mobilizzazione impartire le indicazioni con parole, frasi e gesti semplici.
NORME PER L’UTILIZZO DELLA CARROZZINA
posizionare la carrozzina nel modo più congruo rispetto al movimento da fare;
controllare che sia ben frenata;
rimuovere gli elementi ingombranti ( bracciolo – pedana poggiapiedi )
NORME PER L’UTILIZZO DEL LETTO
controllare che le ruote del letto siano frenate
regolare l’altezza del letto articolato in maniera adeguata alla statura dell’operatore ed alla
manovra da effettuare.
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ASSOCIAZIONE RINASCITA VITA
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POSIZIONAMENTO NEL LETTO DI PAZIENTE NON COLLABORANTE
GERARCHIA DI INTERVENTI
-
Adeguamento del letto regolabile a tre sezioni e in altezza
-
Uso di teli ad alto scorrimento
-
Manovra manuale
-
Uso del sollevatore se necessario (es. per rifacimento del letto occupato).
MANOVRA MANUALE DI ROTAZIONE IN DECUBITO LATERALE DEL PAZIENTE
La manovra è eseguita da un operatore e va scomposta in due fasi.
- Fase 1 - Posizionamento del paziente con le gambe incrociate, il braccio più vicino all’operatore abdotto e l’altro
sull’addome.
- Fase 2 - Rotazione del paziente
1 – Il paziente è in posizione supina, con la gamba più distante, rispetto alla posizione dell’operatore, accavallata
sull’altra; l’operatore, posto dal lato verso il quale avviene la rotazione, effettua la presa a livello del bacino e della
scapola (dietro la spalla).
2 – ruota il paziente, controbilanciandone il peso con il peso del proprio corpo.
MANOVRA MANUALE DI SPOSTAMENTO VERSO IL CUSCINO
Per questa manovra sono sempre necessari due operatori. Lo spostamento va scomposto in due fasi.
- Fase 1 – far sedere il paziente
- Fase 2 – spostare il paziente verso il cuscino.
1 – gli operatori sono posti ai lati del paziente, appoggiano il dorso della mano caudale (distale rispetto alla testa del
paziente) dietro la sua spalla, facendola passare sotto l’ascella;
-
appoggiano la mano craniale (prossimale rispetto alla testa del paziente) sul letto;
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ASSOCIAZIONE RINASCITA VITA
MANUALE
ACCREDITAMENTO
-
PROTOCOLLO QUALITA’
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REVISIONE 2
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sollevano il paziente facendo forza sugli arti inferiori e sul braccio craniale
2 – gli operatori, posti ai lati del paziente, appoggiano un ginocchio sul letto, dietro il suo bacino;
-
mettono il paziente a braccia “conserte”;
-
effettuano la “presa crociata” afferrando saldamente con una mano entrambi gli arti superiori
-
con l’altra mano effettuano la presa sotto la coscia;
-
sollevano e spostano il paziente verso il cuscino
SPOSTAMENTO LETTO/CARROZZINA DI PAZIENTE NON COLLABORANTE
GERARCHIA DI INTERVENTI
-
Adeguamento del letto regolabile a tre sezioni e in altezza
-
utilizzo del sollevatore
-
Manovra manuale solo se il piano assistenziale lo prevede.
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PROCEDURA RISCHIO CLINICO
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UTILIZZO DEL SOLLEVATORE
Per questa manovra sono necessari due operatori, la manovra va scomposta in tre fasi.
Fase 1 – aggancio dell’imbragatura.
Fase 2 – posizionamento del paziente in carrozzina.
Fase 3 – sgancio dell’imbragatura.
1 – Il braccio del sollevatore viene abbassato affinchè gli operatori facciano il minor sforzo possibile; devono essere
agganciate prima le spalle dell’imbragatura e, in un secondo momento, le fasce che passano sotto gli arti inferiori.
2 – Il paziente deve essere mantenuto in posizione semi-orizzontale prima di essere spostato verso la carrozzina; il
cambio postura avviene in prossimità della carrozzina, abbassando prima il braccio mobile del sollevatore e poi
azionando il meccanismo a leva.
3 – Il braccio mobile del sollevatore viene abbassato, prima vengono spostate le fasce sotto le cosce e poi viene
rimossa l’imbragatura stessa.
MANOVRA MANUALE
Per questa manovra sono sempre necessari due operatori. sono possibili due modalità: la modalità 2 è da
considerare meno sovraffaticante quando il letto non è regolabile in altezza.
Modalità 1:
Lo spostamento va scomposto in due fasi.
- Fase 1 – far sedere il paziente
- Fase 2 – trasferimento verso la carrozzina.
1 – gli operatori sono posti ai lati del paziente, appoggiano il dorso della mano caudale (distale rispetto alla testa del
paziente) dietro la sua spalla, facendola passare sotto l’ascella;
-
appoggiano la mano craniale (prossimale rispetto alla testa del paziente) sul letto;
2 – il primo operatore sostiene il paziente da dietro ed effettua la presa crociata, appoggia un ginocchio sul piano
del letto. Il secondo operatore posiziona la carrozzina, ben frenata, a fianco del letto, la direziona con lo schienale
alla testa del paziente, ne rimuove il bracciolo dal lato del trasferimento ed i poggiapiedi. Il letto viene abbassato
fino a livello del piano di seduta della carrozzina. Il secondo operatore afferra le gambe del paziente in prossimità
delle ginocchia e ,sincronizzando i movimenti, i due effettuano il trasferimento
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ASSOCIAZIONE RINASCITA VITA
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Modalità 2:
lo spostamento va scomposto in tre fasi.
- Fase 1 – far sedere il paziente
- Fase 2 – far sedere il paziente con le gambe fuori dal letto
- Fase 3 - trasferimento verso la carrozzina.
1 – gli operatori sono posti ai lati del paziente, appoggiano il dorso della mano caudale (distale rispetto alla testa del
paziente) dietro la sua spalla, facendola passare sotto l’ascella;
-
appoggiano la mano craniale (prossimale rispetto alla testa del paziente) sul letto;
2 - Il primo operatore afferra da dietro, con presa avvolgente, le spalle e il bacino del paziente, mentre il secondo
operatore, posto
lateralmente al paziente, ne afferra le gambe. Muovendosi in sincronia, effettuano una rotazione del paziente di
90°, posizionandolo seduto sul bordo del letto
3 – I due operatori effettuano la “presa a sgabello”: dopo aver messo il paziente a braccia conserte, effettuano la
presa crociata, appoggiando un ginocchio sul letto; afferrano da sotto, con la mano libera, le ginocchia del paziente
e, sollevandolo di peso, con movimento in sincronia, lo trasferiscono sulla carrozzina. La carrozzina deve essere
posizionata, ben frenata, non troppo vicina al letto
SPOSTAMENTO CARROZZINA/LETTO DI PAZIENTE NON COLLABORANTE
GERARCHIA DI INTERVENTI
-
Adeguamento del letto regolabile a tre sezioni e in altezza
-
Utilizzo sollevatore
-
Manovra manuale solo se il piano assistenziale lo prevede.
MANOVRA MANUALE
Per questa manovra sono sempre necessari due operatori. Sono possibili due modalità: la modalità 2 è da
considerare meno sovraffaticante quando il letto non è regolabile in altezza.
Modalità 1:
Lo spostamento va scomposto in due fasi.
- Fase 1 – presa del paziente
- Fase 2 – trasferimento verso il letto.
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ASSOCIAZIONE RINASCITA VITA
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ACCREDITAMENTO
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PROCEDURA RISCHIO CLINICO
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1 - il primo operatore posiziona le gambe del paziente sul letto ( N.B. nel caso di ospiti particolarmente rigidi il
posizionamento delle gambe sul letto può essere difficoltoso e controindicato. In questo caso l’operatore
provvederà ad afferrare le gambe del paziente con la stessa modalità e seguendo la stessa procedura prevista
per il trasferimento letto/carrozzina) il secondo operatore, alle spalle del paziente, effettua la presa crociata
2 – sincronizzando i movimenti i due eseguono il trasferimento verso il letto.
Modalità 2:
Lo spostamento va scomposto in due fasi.
- Fase 1 – presa del paziente
- Fase 2 – trasferimento verso il letto.
1 – i due operatori, ai lati del paziente, effettuano la “presa a sgabello”
2 – sincronizzando i movimenti i due eseguono il trasferimento verso il letto.
INFORMAZIONE ED EDUCAZIONE SANITARIA ALLA PERSONA ED ALLA SUA FAMIGLIA NELLE
STRUTTURE RESIDENZIALI
All’ingresso, mostrare al paziente nuovo entrato: la stanza di degenza, il bagno e il reparto. Mostrare come si suona
il campanello.
Quando il rischio di caduta è alto, informarne la persona e la sua famiglia.
Gli interventi educativi dovrebbero comprendere:
-
i fattori di rischio presenti;
-
le possibili strategie preventive; quando il paziente è ad alto rischio di caduta, spiegargli l’importanza di
informare l’infermiere ogni volta che si reca in bagno o si allontana dal reparto;
-
l’effettuazione dei passaggi posturali in sicurezza; i passaggi posturali, nel paziente ad alto rischio di caduta
devono essere eseguiti lentamente;
-
in presenza di ipotensione ortostatica istruire il paziente ad attuare manovre finalizzate alla sua
prevenzione: alzarsi da seduti lentamente; dondolare prima di stare in piedi o prima di camminare; alzare
ed abbassare ritmicamente le caviglie da seduti prima di camminare; sedere immediatamente alla
comparsa di vertigini; riposare dopo i pasti se insorge ipotensione postprandiale.
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ASSOCIAZIONE RINASCITA VITA
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DEGLUTIZIONE
E’ l’abilità di convogliare sostanze solide, liquide, gassose o miste dall’esterno allo stomaco.L’atto deglutitorio è un
processo davvero complesso. Le moderne classificazioni individuano sei fasi diverse all’interno di una sola
deglutizione, dalla fase 0 che è quella di preparazione extraorale a quella 5 che è lo stadio gastrico.
FASI DELLA DEGLUTIZIONE
Fase 0
Preparazione extraorale delle sostanze (cottura, frantumazione, frullazione, omogeneizzazione,
conservazione, associazione con sostanze diverse, scarti etc..)
Fase 1
Assunzione degli alimenti e preparazione orale delle sostanze da inghiottire o preparazione del
bolo
Fase 2
Stadio orale e convogliamento del bolo verso l’ostio delle fauci ed elicitazione del riflesso della
deglutizione
Fase 3
Stadio faringeo o transito nel quadrivio faringeo
Fase 4
Stadio esofageo
Fase 5
Stadio gastrico
E’ importante avere qualche nozione di anatomia e fisiologia per sapere dove poter intervenire.
Intanto le prime fasi sono volontarie, mentre dalla fine della fase 2 inizia un’attività riflessa (il meccanismo riflesso
è controllato da strutture nervose poste nel tronco cerebrale situate al di sopra dei centri respiratori).
Ecco che diventa fondamentale intervenire nella preparazione extraorale del pasto, intendendo con questo termine
tutti i processi nominati in tabella, sapere poi di quali integratori il paziente dispone e in che misura utilizzarli,
conoscere le posture più idonee a lui, come stimolarlo alla deglutizione e le manovre di detersione.
Molte sono le strutture anatomiche coinvolte nell’atto deglutitorio. Nella prima fase il cibo viene masticato e
preparato nel cavo orale, dove viene ridotto ad una massa chiamata bolo alimentare. L’attività dei muscoli
masseteri e dei temporali è sincrona. La chiusura labiale viene mantenuta per evitare perdite. Le vie respiratorie
sono ancora aperte e la respirazione nasale continua. Il bolo viene quindi spinto dalla lingua in faringe. A questo
punto viene attivato un riflesso per la chiusura del velo pendulo onde evitare che il cibo entri per sbaglio nelle cavità
nasali. La fase orale si interrompe nel momento in cui il bolo supera i pilastri del velo, la sua durata nella normalità
è di 1 secondo. Poi la laringe e l’osso ioide si sollevano anteriormente, permettendo alla faringe di allargarsi e di
creare un’aspirazione del bolo in direzione dell’ipofaringe. Le pieghe vocali sono addotte per evitare che il cibo passi
in trachea e quindi nei polmoni. Anche l’epiglottide scivola indietro sul vestibolo laringeo per proteggere le vie
respiratorie. Durante la deglutizione si verifica un’apnea seguita da un’espirazione per evitare l’aspirazione di cibo
nelle vie aeree.
Il tempo faringeo è la fase più rilevante e più delicata della deglutizione, poiché controlla da una parte il trasporto
del bolo in direzione dell'esofago e dall'altra la protezione delle vie respiratorie. Questa fase della deglutizione è
involontaria e riflessa.
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Ci sono alcuni casi particolari su cui è doveroso soffermarsi:
la fuoriuscita di cibo dal naso: non è un fenomeno grave anche se molto fastidioso; raramente è abituale e
anche in presenza di patologie importanti del velo si riesce di solito ad attuare dei meccanismi di compenso;
la penetrazione laringotracheale: ingresso di alimenti o saliva nel vestibolo laringeo, con possibile
superamento dell’ostio glottico, ma senza ulteriore progressione nelle vie aeree, soprattutto per validità della
tosse;
l’aspirazione tracheobronchiale: gli ingesti vengono aspirati senza totale riespulsione dall’apparato
broncopolmonare.
METODI ALTERNATIVI DI ALIMENTAZIONE
Sondino naso-gastrico: è una sonda che attraverso il naso e l’esofago giunge fino allo stomaco. E’ la più comune via
di alimentazione del paziente in fase acuta (quindi in regime ospedaliero). Questo metodo tuttavia è solitamente
mal sopportato dai pazienti e spesso comporta diverse complicanze, tra cui lesioni da decubito, esofagiti, riniti,
polmoniti da aspirazioni, frequenti sostituzioni per dislocazione o occlusione; per cui di solito non si applica per un
periodo superiore alle 3-4 settimane.
Gastrostomia endoscopica percutanea: è una sonda posizionata direttamente all’interno dello stomaco attraverso la
parete addominale. Ogni tipo di dispositivo (ne esistono di tipi diversi, di quelle a bottone o con un tubicino che
fuoriesce direttamente dallo stomaco) viene posizionato da un gastroenterologo con una gastroscopia. La tecnica è
rapida, di semplice esecuzione e non richiede anestesia generale. Le complicanze sono rare, la maggior parte di
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natura infettiva. Sta poi al nutrizionista determinare che tipo di alimentazione, quanto e quali intervalli di
somministrazione sono i più adeguati per il paziente. Va ricordato che anche la PEG, come il sondino nasogastrico,
non preserva in modo sicuro dal rischio di aspirazione tracheobronchiale, il meccanismo di reflusso la può infatti
causare.
Nutrizione parenterale: consiste nella somministrazione di sostanze nutritive attraverso via venosa; implica un
catetere venoso posizionato in un grosso vaso venoso del collo e fissato con punti di sutura.
AB INGESTIS PREVENZIONE
E’ fondamentale che il personale socio assistenziale e infermieristico assegnato all’assistenza o alla
somministrazione dei pasti dei pazienti sia stato istruito su :
•
valutazione foniatrica o - in assenza- logopedica della deglutizione con relative indicazioni circa la
consistenza del cibo, le posture da adottare e l’uso di eventuali integratori alimentari (addensanti, acqua
gelificata etc.)
•
utilizzo delle tabella dell’alimentazione e dell’idratazione personalizzate sul paziente (vedi allegati)
•
pulizia del cavo orale al termine di ogni pasto
•
corretto posizionamento durante e immediatamente dopo la somministrazione del pasto orale o enterale
•
modalità di somministrazione dei farmaci secondo indicazioni del consulente foniatrico o del logopedista
•
manovre di primo soccorso in caso di soffocamento
POSTURE E MODALITA’ NELL’ IMBOCCARE IL PAZIENTE
Prima di imboccare un paziente disfagico è sempre importante posizionarlo ben seduto sulla carrozzina, con il
tronco appoggiato allo schienale della sedia e con i piedi saldamente appoggiati a terra o alle pedaline della
carrozzina.
Nel caso vi sia debolezza della muscolatura del collo non è consigliabile utilizzare collari ortopedici durante
l’alimentazione perché possono aumentare le difficoltà di masticazione e deglutizione. Allo stesso tempo è
necessario che la testa non sia iperestesia; si può quindi optare per un poggiatesta e posizionare una fascia sulla
fronte per mantenere il capo ben allineato al tronco.
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E’ preferibile usare un cucchiaino o un cucchiaio da tè (cioè di media grandezza) piuttosto che uno da minestra. La
persona che imbocca deve far eseguire alla propria mano una corretta traiettoria, presentando il cucchiaio dal basso
verso l’alto per evitare che il cibo scivoli e il paziente sia costretto ad estendere il capo.
Si può utilizzare un bicchiere a becco di flauto o uno normale purchè sia pieno per evitare l’iperestensione della
testa.
Le posture di compenso modificano le caratteristiche anatomiche del tubo faringeo favorendo il transito del bolo.
L’effetto delle posture di compenso è immediato!
-
La postura a capo flesso anteriormente allarga le vallecole glosso epiglottiche, sposta il base lingua e
l’epiglottide posteriormente. E’ indicata in caso di ritardo del riflesso faringeo.
-
La postura a capo ruotato (es. a destra) chiude il seno piriforme omolaterale alla rotazione (es a destra) con
transito controlateralmente (es. a sinistra). E’quindi indicata quando c’è una’anomalia destra/sinistra o
un’insufficienza omolaterale alla rotazione.
-
La postura a capo flesso lateralmente facilita la caduta del bolo omolateralmente alla flessione ed è quindi
indicata in caso di ipomobilità linguale e di paresi faringea unilaterale.
-
La postura a capo esteso facilita il passaggio del bolo verso l’istmo delle fauci ed è indicata il caso di
mancanza di motilità linguale. Elimina lo spazio vallecolare e procura un elevato rischio di inalazione
soprattutto per i liquidi.
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DI FRONTE AD UNA POLMONITE AB INGESTIS
Polmonite provocata dall’aspirazione nell’albero tracheobronchiale di cibo solido, liquido o di succhi gastrici. Si
manifesta generalmente con l’insorgenza di catarro e febbre anche bassa ma prolungata nei giorni.
Qualora si abbia il sospetto che il paziente possa avere inalato dei cibi assunti per bocca o con sondino nasogastrico, o – pure in presenza di esclusiva alimentazione per peg – il paziente abbia problemi di reflusso
gastroesofageo si deve contattare il medico pneumologo, effettuare rx toracica e iniziare terapia antibiotica.
MANOVRE DI PRIMO SOCCORSO IN CASO DI ASPIRAZIONE TRACHEOBRONCHIALE
Di fronte ad una persona che sta soffocando, per la presenza di un corpo estraneo nelle prime vie aeree, si possono e
si devono effettuare alcune manovre atte a liberare le via aeree.
La più famosa è indubbiamente la Manovra di Heimlich: si effettua ponendosi dietro al paziente ed applicando
una mano stretta a pugno sotto la gabbia toracica, a livello epigastrico (poco sopra l’ombelico) e premendo con
l’altra mano, con spinte veloci e ripetute, dirette verso l’alto. Può essere eseguita sul paziente sia in stazione eretta,
sia seduto.
Un’altra manovra molto efficace e più facilmente eseguibile sulla tipologia dei nostri pazienti che sono sovente
seduti in carrozzina, deriva dalla scuola francese e consiste in poche semplici regole.
Posizionandosi lateralmente rispetto al paziente, occorre porre la mano destra sul collo perpendicolarmente al
quadrivio faringeo in modo da formare un angolo di 90° tra il nostro avambraccio e la laringe, e la mano sinistra
sullo sterno del paziente.
Mantenendo il braccio destro all’altezza delle spalle del paziente, bisogna praticare una modesta pressione solo con
la mano destra sulla faccia posteriore del collo mentre la sinistra rimarrà immobile. In questo modo la pressione
esercitata farà incanalare correttamente il bolo spingendolo anteriormente, ossia verso l’esofago.
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