22 - Ordine degli Avvocati di Trani

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22 - Ordine degli Avvocati di Trani
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
***
RASSEGNA STAMPA
22 luglio 2008
Titoli dei quotidiani
Avvocati
Il Sole 24 Ore
Avvocati e Anm uniti contro i tagli
Professioni
Il Sole 24 Ore
Italia Oggi
Il passaggio delle quote spacca anche le “basi”
Le cessioni? Dal commercialista
Giustizia
La Repubblica
Napolitano: "Stop ai processi-spettacolo"
La Repubblica
Maroni: daremo la cittadinanza ai bambini rom senza genitori
Corsera
Il Colle: serve riservatezza Basta giustizia-spettacolo
La giustizia, la privacy e l'equilibrio dei diritti
Corsera
Corsera
Nuovi pentiti, più camorra che mafia
Corsera
Maroni: dare la cittadinanza ai bambini rom abbandonati
Messaggero
Napolitano, basta con i processi spettacolo
Messaggero
“I bimbi rom abbandonati diventino italiani”
GIURISPRUDENZA
Italia Oggi
C'è violenza sessuale anche con i jeans
FLASH
Consiglio Nazionale Forense
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Avvocati
F.Sim, Il Sole 24 Ore pag. 25
Avvocati e Anm uniti contro i tagli
Più efficienza nell’amministrazione della giustizia, razionalizzazione dei flussi di spesa e
soprattutto niente tagli. Le richieste, formulate dall’Oua e dall’Anm con un appello
congiunto, costituiscono una risposta alle misure contenute nel decreto legge 112, la
manovra d’estate. Giudici e avvocati chiedono in particolare che la giustizia, come già
previsto per altri settori, venga inserita tra quelle amministrazioni di “valenza strategica”, il
miglioramento delle quali rappresenta per il Paese una “esigenza prioritaria”. In questo
modo essa verrebbe esonerata dai tagli contenuti egli articoli 25, 60, 66 (relativi a oneri,
missioni di spesa della finanza pubblica e turn-over), oltre che nella parte relativa al
personale vicino alla pensione dell’articolo 72 e in quella sulla riduzione di fondi e organico
contenuta nel 74. Per Oua e Anm, che ciano dati ministeriali, la sopertura media
dell’organico nel settore supra il 12%, senza contare il personale part-time, e raggiunge il
14 e il 27% rispettivamente per magistrati e per i dirigenti. Inoltre, dal 1996 ad oggi la
pianta organica degli amministrativi sarebbe stata già ridotta di 8mila unità. Il giudizio sulla
manovra non è totalmente negativo: le norme volte ad incrementare l’utilizzo di strumenti
informatici, quelle sul recupero di efficienza nella riscossione delle somme e quelle sui
raprti di lavoro dipendente sono giudicate favorevolmente. Ma le due associazioni, in
ultima analisi, chiedono al Governo che il settore venga modernizzato e incentivato, e
rilanciano la discussione al 25 ottobre, “Giornata europea sulla giustizia civile”.
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Professioni
Angela Manganaro, Il Sole 24 Ore pag. 25
Il passaggio delle quote spacca anche le “basi”
I notai contestano il risparmio per i clienti e l’uso disinvolto della firma digitale. I
commercialisti ribattono: il sistema garantirà la legalità, chi non rispetta le regole ne
risponderà. La norma contenuta nel maxiemendamento della Finanziaria, che mette fine
alla riserva notarle per il trasferimento delle quote si Srl divide le categorie in due parti
compatti. Se e quando la misura entrerà in vigore (ieri sul decreto 112/08 c’è stato il voto
di fiducia alla Camera), la cessione si potrà perfezionare con l’autentica dei notai, o in
alternativa, dai commercialisti, che invieranno online l’atto di cessione al Registro delle
imprese usando la firma digitale. I professionisti, in sintonia con i loro Ordini, si dividono
sui costi dell’operazione:per i notai l’atto autenticato costa al massimo 700 euro, non 2mila
come affermano dall’Ordine dei commercialisti. Per i notai la firma digitale non consente di
avere la certezza che chi la utilizza sia l’effettivo titolare né alcun tipo di controllo sull’atto.
Per i commercialisti è una semplificazione per le imprese e rivendicano la competenza a
farlo.
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Luciano De Angelis, Italia Oggi pag. 37
Le cessioni? Dal commercialista
Anche il trasferimento dell'intero pacchetto societario potrà essere demandato ai dottori
commercialisti. Tale eventualità si verifica nel caso in cui oggetto di trasferimento sia il
100% delle quote di srl e nel caso di trasferimento dell'unica partecipazione in srl
unipersonale. Per poter evitare il passaggio notarile è necessario, tuttavia, che sia il
professionista sia i cedenti che i cessionari siano muniti del dispositivo di firma digitale. È
quanto prevede il nuovo art. 36, comma 1-bis del dl 112/2008, modificato dal
maxiemendamento su cui ieri è stata votata la fiducia alla camera (con 323 sì e 253 no:
dopo il via libera di Montecitorio previsto per giovedì, il provvedimento passerà all'esame
del senato per la seconda lettura). La funzione, fino a oggi, richiedeva ai sensi dell'art.
2470 c.c. l'intervento del notaio. La nuova funzione attribuita ai dottori commercialisti:
L'attribuzione della funzione di trasferimento delle quote ai dottori commercialisti trae
origine dal richiamo dell'art. 31, comma 2-quater della legge n. 340 del 2000 (così come
modificata dall'art.54 della legge 24 dicembre 2003 , n. 350). Le disposizioni in commento,
ricordiamo, hanno previsto che a partire dal 1° gennaio 2004 detti professionisti, attraverso
trasmissione telematica o su supporto magnetico possano provvedere al deposito dei
bilanci e degli altri documenti previsti dall'art. 2435 c.c. (relazioni allegate al bilancio,
elenco soci ) al registro delle imprese. Da evidenziare, peraltro, che in relazione all'art. 78,
comma 1, del dlgs 139/2005 (disposizioni di coordinamento relative all'albo unico), i
richiami agli iscritti all'albo dei dottori commercialisti e dei ragionieri contenuti nelle
disposizioni esistenti alla data di entrata in vigore del decreto (1 dicembre 2004 nella
fattispecie) sembrerebbero limitare tale funzione agli iscritti alla sezione «A»
«Commercialisti». Invero, tale interpretazione appare non in linea con quanto asserito nell'
art. 1, lett. f) del dlgs 139/2005, che consentirebbe anche agli esperti contabili (cioè gli
iscritti nella sezione «B» del nuovo albo) il deposito per l'iscrizione presso enti pubblici o
privati di atti e documenti per i quali sia previsto l'utilizzo della firma digitale. Sulla
questione, evidentemente, sarà necessario un chiarimento definitivo da parte del Consiglio
Nazionale. L'atto di trasferimento: Fino ad oggi, il secondo comma dell'art. 2470 c.c.
stabiliva che l'atto di trasferimento delle partecipazioni di srl, con sottoscrizioni autenticate
del cedente e del cessionario, deve essere depositato entro 30 giorni a cura del notaio
autenticante presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la
sede sociale. A tale procedura (che ovviamente resta del tutto valida), il
maxiemendamento al dl. n. 112/08 ne affianca una seconda. L'atto di trasferimento delle
partecipazioni in commento potrà essere sottoscritto, d'ora innanzi con firma digitale (in
luogo di quella autenticata) da parte del cedente e del cessionario e predisposto per il
deposito presso il registro delle imprese attraverso l'utilizzo del programma Fedra o
equivalente da parte di un dottore commercialista. Ne deriva che qualora i soggetti
coinvolti fossero sprovvisti del dispositivo di firma digitale, si dovrebbe necessariamente
continuare ad utilizzare il sistema di cui all'art. 2470 c.c. che prevede l'intervento notarile.
Tornando alla nuova procedura di trasferimento, l'atto dovrà essere depositato, entro 30
giorni presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede
legale della srl da un dottore commercialista o esperto contabile, ovviamente a sua volta
munito di firma digitale.
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Integrale trasferimento della società: Nessun problema, ovviamente, nel caso in cui la
quota di partecipazione, oggetto di trasferimento sia del 100% delle quote del capitale
sociale, con conseguente modificazione dell'intera compagine societaria. Il tema riguarda,
in particolare, le srl unipersonali, ove bisogna tener conto del quarto comma dell'art. 2470
c.c., ai sensi del quale, ricordiamo, quando muta la persona dell'unico socio, gli
amministratori devono depositare per l'iscrizione nel registro delle imprese una
dichiarazione contenente l'indicazione del cognome e nome o della denominazione, della
data e del luogo di nascita o lo Stato di costituzione, del domicilio o della sede e
cittadinanza dell'unico socio. In difetto, la comunicazione al R.I. della unipersonalità dovrà
avvenire a cura del neosocio unico o del dottore commercialista che ha curato il
trasferimento (abilitato in tal senso dall'art. 2, comma 54 della legge 24/12/2003 n. 350).
L'iscrizione al libro soci: Come noto, mentre fra le parti la cessione ha effetto a seguito
del contratto e nei confronti dei terzi con la trascrizione dello stesso al registro delle
imprese (trascrizione che a seguito della riforma assume carattere di pubblicità
dichiarativa), nei confronti della società la cessione diviene efficace solo a seguito della
sua iscrizione nel libro dei soci. In relazione alle nuove norme, l'iscrizione del trasferimento
nel libro soci, ha luogo su richiesta dell'alienante e dell'acquirente, dietro esibizione del
titolo da cui risultino il trasferimento (contratto di cessione) e l'avvenuto deposito (ricevuta
del registro delle imprese da cui risultino gli estremi dell'iscrizione) rilasciata
dall'intermediario (professionista che ha provveduto al deposito dell'atto presso il R.I.). Da
evidenziare, che, rispetto alle disposizioni codicistiche che consentono la trascrizione sul
libro soci su richiesta dell'alienante o dell'acquirente, nel caso in cui il trasferimento venga
gestito dal dottore commercialista tale procedura necessita della richiesta congiunta
dell'alienante e dell'acquirente. Ciò in relazione alla sostituzione nel dettato normativo in
commento della vocale disgiuntiva «o» , prevista nel comma II dell'art. 2470 c.c. con quella
congiuntiva «e». Ciò probabilmente per rafforzare il concetto di «buona fede» nella
cessione da parte dell'alienante a fronte degli effetti che la trascrizione della cessione nel
libro soci produce per la società. Ma l'iscrizione a libro soci della cessione resta priva
di termine: Da segnalare, infine, che le disposizioni in commento non risolvono un
problema introdotto dalla normativa di riforma del diritto societario e cioè quello relativo
alla mancata previsione del termine entro il quale gli amministratori debbano provvedere
all'iscrizione del trasferimento nel libro dei soci, con conseguente carenza di specifiche
sanzioni qualora a ciò non si provveda. Tale carenza, poteva, forse essere sanata in
questa occasione visto che per la società, non è socio chi risulta iscritto al registro delle
imprese, ma coloro che risultano iscritti al libro soci, con evidenti problemi di incertezze
giuridiche qualora i soggetti non coincidano.
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Giustizia
Liana Milella, La Repubblica pag. 9
Napolitano: "Stop ai processi-spettacolo"
Giorgio Napolitano è sempre stato, da politico prima e da capo dello Stato poi, contro la
giustizia che diventa spettacolo e l´uso improprio delle carte processuali, soprattutto
quando queste, finite sui giornali, coinvolgono persone estranee all´indagine. Per il
presidente è «un principio fondante dello Stato di diritto». Al di là dei casi e dei soggetti
coinvolti. Un´idea che torna spesso nei suoi discorsi. Ma che ripetuta ieri, nel saluto al
convegno sull´avvocato Vittorio Chiusano, ha spinto tutti a cercare di capire a chi si
riferisse. Dice Napolitano: «Nel momento in cui si riscontra una tendenza alla
spettacolarizzazione dei processi, connotata anche dalla divulgazione di notizie attinenti a
terzi estranei alle vicende che ne costituiscono oggetto, occorre recuperare equilibrio per
assicurare il rispetto della dignità e del decoro delle persone coinvolte».
Che c´è dietro? Le intercettazioni del Sacca-Berlusconi? I gossip su telefonate, mai
pubblicate, tra il premier e il ministro Carfagna? Il caso Del Turco? La vicenda Forleo che
oggi si chiude al Csm? Al Quirinale spengono gli entusiasmi: «È un principio generale. Le
tante occasioni in cui è stato ripetuto dimostrano che va oltre il caso specifico». A riprova,
ecco gli interventi in cui c´è il richiamo «alla riservatezza» per le toghe (agosto ´06), l´invito
a evitare «protagonismi ed esposizioni mediatiche» (maggio ´08), la raccomandazione a
non fare «riferimenti a persone estranee non necessarie per motivare i provvedimenti»
(giugno ´07). Pure il monito cade mentre oggi, alla Camera, parte in commissione Giustizia
l´iter del ddl intercettazioni e ne sarà relatrice la presidente Giulia Bongiorno. Il Pd
presenta una sua proposta. Il grosso del dibattito ci sarà a settembre, ma nella legge, che
la Fnsi teme per gli effetti «bavaglio», sarà affrontato il nodo della pubblicità delle carte
processuali. Per questo le parole di Napolitano dividono. Piacciono al presidente dell´Anm
Luca Palamara, che condivide «la necessità di trovare un punto di equilibrio tra diritto alla
riservatezza, diritto di cronaca, accertamento dei reati», ma si preoccupa dei colleghi
«oggetto di aggressioni ingiustificate e volgari di chi ricopre incarichi istituzionali». L´ex pm
Antonio Di Pietro va nella stessa direzione: per Napolitano c´è «massimo rispetto», ma lui
è «colpito e amareggiato da prese di posizione a senso unico» e vorrebbe un intervento
«per il Csm e la magistratura». Il Garante della privacy Francesco Pizzetti chiede un
equilibrio per «talk show, processi mediatici e processi spettacolo» che spingono la gente
a chiudere un processo che prescinde da quello vero. Nella legge sulle intercettazioni si
discuterà di tutto questo. Poteri del Garante compresi.
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Vladimiro Polchi, La Repubblica pag. 11
Maroni: daremo la cittadinanza ai bambini rom senza genitori
Cittadinanza italiana a tutti i bambini rom senza genitori». Roberto Maroni lancia la sua
proposta di un passaporto per motivi umanitari. Il ministro dell´Interno prova così a
smarcarsi dalle accuse di «schedature razziste» dei campi nomadi. Il risultato?
L´ennesima divisione: da un lato, infatti, incassa l´appoggio della maggioranza e della
Croce rossa; dall´altro non vince le diffidenze dell´opposizione (con l´eccezione dell´Udc) e
del mondo delle associazioni. «Per i bambini rom nati in Italia e senza i genitori - annuncia
il responsabile del Viminale - dovremmo garantire la cittadinanza italiana, un nome e un
cognome per dargli tutela e identità. Una cittadinanza - precisa - non per ius sanguinis, ma
per ragioni umanitarie». Proposta, che «verrà avanzata al governo nei prossimi giorni»,
perché ci sono «bimbi il cui destino è tragico. Alcuni - fa sapere il ministro - vengono
utilizzati nel mercato dei trapianti di organi». Immediato il plauso dalle file del Pdl: «È una
proposta positiva - afferma Alessandra Mussolini, presidente della commissione
bicamerale per l´Infanzia - perché in questo modo si garantisce veramente l´integrazione
dei bambini rom senza genitori». Favorevole anche Margherita Boniver, presidente del
Comitato Schengen. Critica, invece, l´opposizione: «Sulla questione rom - commenta il
senatore Luigi Lusi (Pd) - il governo sembra voler diffondere la confusione più totale».
Diversa invece la posizione dell´Udc: «L´ipotesi di Maroni - sostiene infatti Luca Volontè è degna della civiltà italiana». La proposta del Viminale divide anche il mondo del no-profit.
Favorevole la Croce Rossa, impegnata nel censimento dei campi nomadi di Roma: «Ogni
volta che si parla di azione umanitaria la Croce Rossa non può che essere soddisfatta»,
spiega il presidente nazionale, Massimo Barra. Dura invece la reazione dell´Arci: «Ci
preoccupa - dice Filippo Miraglia - l´ipotesi che da questo provvedimento possa derivare la
separazione dei figli dai genitori naturali o dalle loro famiglie». Critica anche l´associazione
Antigone: «La proposta non sana una politica discriminatoria - sostiene Patrizio Gonnella e poi perché non includere anche gli altri minori immigrati non accompagnati?». Nazareno
Guarnieri, presidente dell´associazione "Rom e Sinti Insieme" spiega che quello «dei
bambini abbandonati è un falso problema, il vero è un altro: in Italia il 70% dei rom e sinti
ha la cittadinanza italiana, un altro 15% è costituito da immigrati con regolare permesso di
soggiorno, il restante è composto da rom senza documenti, perché non sono più
riconosciuti dalle repubbliche ex-jugoslave di provenienza. Ecco - conclude Guarnieri - a
questi va riconosciuto lo status di apolide». Per Massimo Converso dell´Opera Nomadi,
infine, «la stragrande maggioranza dei minori vive tranquillamente con i propri genitori, al
massimo con gli zii. Sarà una brutta figura quella del ministro Maroni: come per le
impronte, non servirà a nulla se non per l´elettorato leghista».
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Lorenzo Fuccaro, Corriere della Sera pag. 6
Il Colle: serve riservatezza Basta giustizia-spettacolo
«Basta con la giustizia spettacolo. Serve più equilibrio e rispetto della dignità e del decoro
delle persone coinvolte e va salvaguardato il diritto alla riservatezza dei cittadini anche di
quei terzi estranei alle inchieste», ammonisce il capo dello Stato. Giorgio Napolitano si
sofferma su uno dei temi caldi (e il pensiero corre a intercettazioni gossip recenti) in una
lettera inviata al convegno di Torino in ricordo dell'avvocato Vittorio Chiusano. Parole, le
sue, che vengono apprezzate da tutti, a incominciare dai magistrati, e da esponenti politici
di maggioranza e opposizione. Apprezzamento che, comunque, fa dire ad Antonio Di
Pietro (Italia dei valori): «Si può avere il massimo rispetto per il capo dello Stato e nello
stesso tempo essere colpiti e amareggiati da prese di posizioni a senso unico?».
L'intervento di Napolitano giunge nel giorno in cui il Senato, dopo avere bocciato le
pregiudiziali di costituzionalità presentata da Pd e Idv, avvia la discussione generale sul
«Lodo Alfano» (lo scudo a tempo per le quattro più alte personalità istituzionali). «Lodo»
che sarà approvato, con tutta probabilità, stasera.In dettaglio, il Presidente, prendendo
spunto dalla figura di Chiusano scomparso cinque anni fa, rileva che egli ebbe «a
coniugare, con responsabilità e senso del limite, la difesa del diritto all'informazione e la
tutela del diritto dei cittadini a vedere salvaguardata la loro riservatezza». Un modo questo
per introdurre un altro concetto, sul quale si appunteranno i commenti dei magistrati e Di
Pietro. «Nel momento in cui si riscontra - nota Napolitano - una tendenza alla
spettacolarizzazione dei processi connotata anche dalla divulgazione di notizie attinenti a
terzi estranei alle vicende che ne costituiscono oggetto, occorre recuperare equilibrio per
assicurare il rispetto della dignità e del decoro di persone coinvolte». Non solo. La figura
del penalista torinese, conclude il Presidente, «può rappresentare stimolo formativo per
chi a vario titolo opera nel settore giudiziario e spunto rilevante per la elaborazione di
condivise modifiche al sistema normativo vigente». L'Anm «recepisce» l'ammonimento,
ma vi aggiunge una significativa postilla, che sarà poi ripresa ed enfatizzata da Di Pietro.
Dice, infatti, il presidente Luca Palamara che «oggi c'è un'altra emergenza: non solo serve
più tutela per la dignità di chi è sottoposto a procedimento penale, ma anche dei magistrati
titolari di indagini spesso oggetto di aggressioni ingiustificate, anche volgari e provenienti
anche da chi ricopre incarichi istituzionali». A questi rilievi l'ex pm aggiunge che
rappresentanti della maggioranza «parlano del Csm come di una cloaca e chiedono
l'elezione dei giudici e quindi il capo dello Stato dovrebbe dire ben altre cose».
Il richiamo di Napolitano, osserva Micaela Biancofiore (Pdl), «è quanto mai opportuno dato
l'eccessivo protagonismo di certa magistratura politicizzata». Lanfranco Tenaglia, ministro
ombra della giustizia per il Pd, afferma che «la politica ha il dovere di non abbandonarsi a
contestazioni generiche dell'operato della magistratura vedendo nello stesso operato
sempre complotti». E Michele Vietti (Udc) vede in quel richiamo l'occasione per «tornare a
concepire la giustizia come un servizio al cittadino, funzionale all'efficienza del sistema
Paese ».
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Vittorio Grevi, Corriere della Sera pag. 32
La giustizia, la privacy e l'equilibrio dei diritti
Nel messaggio di saluto indirizzato ieri al convegno in memoria di Vittorio Chiusano,
valoroso avvocato di grande equilibrio e non dimenticato presidente dell'Unione delle
Camere penali, il capo dello Stato ha toccato (non soltanto di striscio) uno dei temi più
delicati della giustizia penale, sempre più spesso ridotta a «giustizia spettacolo ». E lo ha
fatto con grande chiarezza e intensità di accenti.Si tratta del tema relativo alla garanzia
della privacy delle persone coinvolte nel processo, e prima ancora nelle indagini, sotto il
particolare profilo del rapporto tra tale garanzia e l'esercizio del diritto di cronaca. Tema
delicato e complesso, di cui per certi aspetti già il codice si fa carico, ad esempio in
materia di ripresa televisiva delle udienze dibattimentali (attraverso una disciplina volta
comunque a tutelare i soggetti che non vi consentano), e di cui sovente si torna a
discutere. Specialmente di fronte a certe esorbitanze dei salotti televisivi, nei quali troppo
spesso si disputa di giustizia, senza l'osservanza — ovviamente — delle regole e dei limiti
propri della legge processuale: con il duplice rischio di ingenerare errati convincimenti
nell'opinione pubblica (anche per la mancanza di contraddittorio), e di pregiudicare
indebitamente l'immagine delle persone di cui si parla (non di rado anche in loro assenza).
E questo senza dire di altre, e ben più gravi, esorbitanze verbali di uomini politici nei
confronti di singoli magistrati, o dell'intera magistratura. È chiaro tuttavia — sebbene il
presidente Napolitano non lo dica espressamente — che i rilievi contenuti nel suo
messaggio sono riferibili anche, anzi soprattutto, al problema delle intercettazioni
telefoniche, o meglio al fenomeno della pubblicazione sui giornali (ma spesso anche nei
ben noti salotti televisivi, con l'aggravante della simulazione sonora dei dialoghi captati)
dei risultati di tali intercettazioni. È proprio con riferimento a questo fenomeno, ed alle sue
più clamorose degenerazioni, infatti, che negli ultimi tempi è apparsa sempre più urgente
l'esigenza di realizzare «con responsabilità e senso del limite», il contemperamento di due
valori solo in apparenza contrapposti: da un lato la «difesa del diritto alla informazione»
(come diritto sia di informare, sia di essere informati), e, dal-l'altro, la «tutela del diritto dei
cittadini a vedere salvaguardata la loro riservatezza». E non c'è dubbio, come sottolinea
ancora Napolitano — stigmatizzando una innegabile, quanto deplorevole, tendenza alla
«spettacolarizzazione dei processi» — che il momento di maggiore criticità riguardi la
«divulgazione di notizie attinenti a terzi estranei alle vicende» oggetto di tali processi.
Il discorso, a questo punto, si riallaccia inevitabilmente alle proposte di politica legislativa
ancora di recente formulate (attraverso il disegno di legge presentato dal ministro Alfano)
in materia di riforma delle intercettazioni telefoniche. Perché, a ben vedere, come ha
ricordato da ultimo anche il Garante della privacy Francesco Pizzetti, la vera «anomalia
tutta italiana» dell'attuale disciplina risiede non già nella quantità o nella durata (valutazioni
quantomai opinabili, da parte di chi non conosca in concreto le esigenze delle indagini)
delle intercettazioni ammesse, bensì nella circostanza che (attraverso l'abusiva
pubblicazione dei colloqui intercettati) si pervenga a sacrificare «il rispetto della dignità e
del decoro delle persone coinvolte», per usare ancora le parole di Napolitano. Sia delle
persone estranee al processo, sia anche degli indagati o degli imputati, con riferimento a
conversazioni non concernenti la vicenda processuale.È questo, dunque, il versante su cui
dovrà intervenire il legislatore, del resto lungo la strada segnata dal progetto Mastella
(approvato dalla Camera, pressoché all'unanimità, nell'aprile 2007), sulla scia delle
indicazioni già contenute nel progetto Flick di oltre 10 anni orsono, oggi recepite anche nel
progetto della Repubblica di San Marino. Si tratta, in sintesi, di stabilire — predisponendo
allo scopo opportuni filtri di controllo, anche da parte dei difensori — che i risultati delle
intercettazioni concernenti persone, fatti o circostanze estranei alle indagini non debbano
nemmeno venire depositate tra le carte processuali, essendo essi irrilevanti, ma debbano
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rimanere custodite in un apposito «archivio riservato», con il vincolo del segreto, e sotto la
responsabilità di un magistrato della procura. Inutile dire che di queste ultime
intercettazioni (in quanto segrete, e come tali destinate ad essere distrutte) dovrà essere
rigorosamente vietata la pubblicazione, con la previsione di sanzioni anche gravi in caso di
violazione del divieto. Mentre, per quanto riguarda i risultati delle intercettazioni acquisite
al processo, in quanto riconosciute rilevanti, non si vede la necessità di vietarne la
pubblicazione (almeno nel loro contenuto), una volta caduto il segreto sulle medesime.
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Giovanni Bianconi, Corriere della Sera pag. 10
Nuovi pentiti, più camorra che mafia
Erano diminuiti, e in maniera piuttosto sensibile. Tanto da suscitare allarme negli
inquirenti. Rispetto ai grandi numeri degli anni passati, nel 2005 dalle Procure antimafia di
tutta Italia erano arrivate «solo» 87 nuove proposte di collaboratori di giustizia, quelli che
comunemente vengono chiamati «pentiti» e rivelano informazioni e segreti delle
organizzazioni criminali di cui hanno fatto parte in cambio di considerevoli sconti di pena.
Nel 2006 erano scesi a 83. Ma nel 2007, c'è stata l'inversione di tendenza, con
un'impennata giunta a 105 nuove proposte. Frutto dell'azione repressiva di investigatori e
inquirenti, che produce arresti e di conseguenza ulteriori «pentimenti». Soprattutto in
Campania. La Direzione distrettuale antimafia di Napoli è nettamente in testa alla
classifica degli uffici giudiziari che propongono misure di sicurezza per nuovi collaboratori.
Nel 2006 ne aveva presentate 29, e nel 2007 è passata a 39: poco meno del 40 per cento
del totale. Seguono, molto distanziate, Catanzaro con 15 richieste, Caltanissetta con 6 e
Palermo con 5. I dati del primo semestre del 2008 sono ancora in elaborazione, ma a fine
giugno il numero complessivo di collaboratori di cui si occupa il Servizio centrale di
protezione del ministero dell'Interno (un'articolazione della Direzione centrale della polizia
criminale, appositamente creata a metà anni Novanta) era di 785 pentiti. Che si portano
dietro 2.703 familiari da proteggere e assistere in ogni necessità: dalla scuola per i ragazzi
(i minorenni sono 1.096) alle esigenze della casa, dell'assistenza sanitaria a tutto ciò che
capita nella vita quotidiana. Un piccolo esercito che negli ultimi anni è in costante
diminuzione, soprattutto a seguito delle «capitalizzazioni » accordate dal Servizio di
protezione: la possibilità di uscire dal programma dopo avere intascato una somma di
denaro una tantum, da reinvestire come si vuole e senza rimanere a carico dello Stato.
Anche all'interno della cifra totale dei pentiti, quelli che hanno «tradito» la camorra sono
ormai al primo posto: 268, a fronte di 230 mafiosi, 101 uomini di 'ndrangheta, 85 della
Sacra corona unita e 101 appartenenti ad altri ambiti criminali. Questa è una novità che
risale al 2007, quando si registrarono 270 camorristi contro 238 mafiosi. Fino all'anno
precedente erano gli affiliati a Cosa Nostra la quota più consistente, che negli ultimi dieci
anni ha toccato punte di oltre 400 pentiti sottoposti a misure di sicurezza e assistenza.
Probabilmente le «capitalizzazioni» hanno riguardato più gli «uomini d'onore» provenienti
dalla Sicilia che da altre zone, ma in generale la mafia — a parte una piccola ripresa
dell'ultimo periodo — sembra aver quasi prosciugato la vena dei pentimenti. A differenza
della camorra. «Effettivamente le nostre indagini hanno sempre prodotto collaboratori —
dice Franco Roberti, procuratore aggiunto di Napoli e responsabile della Direzione
antimafia — anche se non sempre di alto livello. Negli ultimi tempi l'aumento è derivato
dagli arresti in zone "calde" come la periferia nord della città e l'area casertana, resi
possibili dalle dichiarazioni di precedenti pentiti ma anche dal contenuto decisivo delle
intercettazioni. Così, quando si portano prove solide da cui possono scaturire ergastoli o
pene comunque pesanti, l'arrestato si fa due calcoli e decide di collaborare per evitare i
rigori di una lunga detenzione». Che comunque va in parte scontata, seppure senza le
ristrettezze imposte dall'articolo «41 bis», in base alla legge varata qualche anno fa.
Nonostante ciò, oggi sono solo 151 i pentiti in carcere (il 20 per cento del totale), mentre
324 usufruiscono di misure alternative e 310 sono liberi. Per Roberti la nuova legge non
ha funzionato male, «a dispetto delle preoccupazioni che avevamo all'inizio », e la vera
difficoltà resta quella di raccogliere tutte le dichiarazioni del pentito entro sei mesi. Una
regola decisa per evitare i pentimenti «a rate», ma per il procuratore antimafia di Napoli è
un problema: «Spesso il magistrato deve aiutare il dichiarante a recidere tutti i legami col
suo passato, accompagnandolo lungo un percorso che deve portarlo a dire anche quello
che lui non vorrebbe: senza forzature, ma per avere il massimo del risultato, e ci vuole
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tempo». La maggiore disponibilità dei criminali campani a pentirsi rispetto a quelli siciliani,
secondo Roberti, dipende da «una naturale propensione dell'uomo di camorra a
raccontarsi, a una duttilità e voglia di ostentazione che non c'è nella mafia, e tantomeno
nella 'ndrangheta». Nel contrasto alla camorra i pentiti restano un'arma fondamentale,
temuta dagli stessi criminali che non hanno smesso di sparare nelle loro vendette
trasversali. Come fanno i Casalesi, che di recente hanno commesso omicidi anche per
scongiurare l'eventuale collaborazione di un capo ergastolano (che ha già avuto delle
defezioni in famiglia) come Francesco Bidognetti detto Cicciotto 'e mezzanotte. In Sicilia,
dopo la cattura del boss Salvatore Lo Piccolo e del figlio Sandro, qualcosa ha ripreso a
muoversi: i principali «favoreggiatori» del capomafia hanno saltato il fosso subito dopo
l'arresto, facendo finire in carcere decine di complici, soprattutto tra i «soldati» che
gestivano le estorsioni.«Il problema resta quello della qualità delle collaborazioni —
sostiene il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso —, che non sempre corrisponde
alla quantità. Del resto è un fenomeno quasi consequenziale: i risultati ottenuti con la
repressione tolgono dal territorio i criminali più affidabili, e per continuare nelle sue attività
Cosa Nostra è costretta a rivolgersi a livelli di manovalanza più bassa. I quali, una volta
arrestati, hanno forse la tendenza a pentirsi per evitare la galera, ma poco da raccontare
perché poco sanno». Un anno fa Grasso avvertì che ormai i veri capimafia non avevano
più convenienza a parlare, perché non c'è grande differenza tra il trattamento penale
riservato ai pentiti e quello ottenibile con i normali benefici processuali. «Quelle
considerazioni valgono pure oggi», dice: «Infatti non ci sono le grandi collaborazioni che
un tempo consentivano di destrutturare intere frange dell'organizzazione mafiosa; oggi chi
si pente parla a stento della propria famiglia, anche perché l'organizzazione è
compartimentata, proprio per limitare i danni provocati da chi ancora dovesse decidere di
passare dalla parte dello Stato».
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Marco cremonesi, Corriere della Sera pag. 17
Maroni: dare la cittadinanza ai bambini rom abbandonati
Roberto Maroni spariglia: «Ai bambini rom nati in Italia senza genitori penso che
dovremmo garantire la cittadinanza italiana. Nome, cognome, un'identità. Perché questo è
un modo di tutelarli». Il ministro dell'Interno parla durante uno dei suoi lunedì milanesi, a
un pranzo della Camera di commercio americana in Italia. La proposta, per l'uomo del
Viminale, ha fini umanitari: «Ci sono nei campi persone che vivono in maniera subumana.
Bimbi il cui destino è tragico. Alcuni vengono utilizzati nel mercato dei trapianti di organi. E
invece il primo diritto di un bambino è di avere una identità ». Ma la proposta reincendia le
polemiche sulla «schedatura ». Secondo il gruppo EveryOne, i destinatari dell'annuncio
«sono i bambini rom sottratti dalle autorità e dai servizi sociali dei comuni ai loro genitori,
con provvedimenti illegittimi, già denunciati dall'europarlamentare ungherese Viktoria
Mohacsi alla Commissione». Di più: «Centinaia di bambini rom sono stati sottratti alla
potestà dei loro genitori, spesso al momento del parto, con la scusa che le madri non
avevano un domicilio né un lavoro». E così, la politica si accende nella discussione sul
passaggio dall'attuale ius sanguinis (all'ingrosso: italiano è chi è figlio di italiani) allo ius
soli (italiano è chi nasce in Italia, il modello francese). È lo stesso Maroni a spiegare che
«per garantire a questi minori un futuro penso si possa fare un'eccezione alla regola dello
ius sanguinis». Alessandra Mussolini, presidente della commissione bicamerale per
l'Infanzia, accoglie «con soddisfazione» la proposta: «In questo modo si garantisce
l'integrazione dei bambini rom senza genitori». Mentre la vicepresidente della stessa
commissione, Gabriella Carlucci spiega che «la maggioranza di centrodestra vuole
strappare i minori sfruttati e abbandonati dalle mani di genitori violenti». Secondo
Margherita Boniver, presidente del comitato di controllo su Schengen, «il ministro vuole
dimostrare con i fatti quello che le roventi polemiche trasmigrate anche al Parlamento
europeo hanno voluto ignorare ». E cioè che «l'ipotesi della presa delle impronte anche
per i minori può servire a tutelare » chi viene «sfruttato selvaggiamente dalle
organizzazioni criminali», Il provvedimento solleva però dubbi di costituzionalità: è
possibile «fare un'eccezione» allo ius sanguinis nei confronti di una sola etnia? Secondo i
radicali Marco Perduca e Rita Bernardini, no: «Perché, molto più semplicemente, non
introdurre per tutti il principio dello ius soli, già vigente negli Usa?» .Bocciatura, invece, dal
Pd. Per il senatore Luigi Lusi «il governo sembra voler diffondere la confusione più totale.
Ogni giorno vede una dichiarazione nuova. Ieri le impronte ai bambini, oggi la cittadinanza
per quelli abbandonati, e domani?». Mentre per il capo dei senatori Idv Felice Belisario «il
governo sembra non sapere fare altro che annunci e correzioni demagogiche, che poco o
nulla hanno a che fare con le reali emergenze del Paese ». Giusto ieri è arrivata in Italia la
delegazione dell'Ocse per accertare le condizioni dei rom in Italia. Contemporaneamente,
è partito anche a Roma, da un campo in via della Magliana Vecchia, il «censimento» delle
presenze nei campi, attuato da operatori della Croce Rossa. Massimo Barra, il presidente
Cri, ieri ha detto di ritenere quella di Maroni «una proposta intelligente e in linea con i
nostri principi di accoglienza».
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Paolo Cacace, Il Messaggero pag. 5
Napolitano, basta con i processi spettacolo
Basta con i processi-spettacolo, no alla divulgazione di notizie attinenti a terzi estranei, sì
ad un recupero dell’equilibrio per assicurare «rispetto della dignità» e «decoro» alle
persone coinvolte, sì ad una riforma «condivisa» del sistema giudiziario vigente. Ruota
intorno a questi quattro punti il nuovo monito di Giorgio Napolitano sulla giustizia. Un
richiamo severo e argomentato che figura in un messaggio inviato ai partecipanti ad un
convegno in onore del giurista Vittorio Chiusano a cinque anni dalla scomparsa. «Nel
momento in cui si riscontra una tendenza alla spettacolizzazione dei processi, connotata
anche dalla divulgazione di notizie attinenti a terzi estranei alle vicende che ne
costituiscono l’oggetto - scrive Napolitano - occorre recuperare equilibrio per assicurare il
rispetto della dignità e del decoro delle persone coinvolte». Quindi cita, in proposito, la
lezione di Chiusano che «seppe coniugare con responsabilità e senso del limite la difesa
del diritto all’informazione e la tutela del diritto dei cittadini a vedere salvaguardata la loro
riservatezza». E ancora, il capo dello Stato, si richiama all’avvocato-giurista piemontese
per sottolineare che il suo rigore intellettuale può rappresentare uno stimolo e uno spunto
rilevante «per l’elaborazione di condivise modifiche al sistema normativo vigente». Parole,
concetti non inediti, reiterati in varie occasioni, quelli di Napolitano ma che diventano di
stringente attualità perché la consuetudine dei processi-spettacolo in tv con i loro
conduttori- presidenti di giurie mediatiche sta dilagando e rende necessario un ”alt” per
non violare i diritti elementari degli imputati ovvero di chi solo marginalmente implicato. Per
ovvie ragioni, Napolitano non cita casi concreti ma fa un discorso di carattere generale.
D’altra parte - come si è detto - il monito nei confronti dei giudici convinti di avere una
missione moralizzatrice da compiere ricalca altri interventi dello stesso Napolitano sullo
stesso tema. Ad esempio il 14 febbraio scorso, intervenendo al Csm, il capo dello Stato richiamandosi ad una relazione del presidente della Corte dei Conti, Carbone - aveva
esortato i magistrati ad essere pienamente consapevoli della portata degli effetti che «ogni
loro atto può produrre», li aveva invitati a ricreare un clima di rispetto e di riservatezza e
decoro intorno al processo e a non cedere all’«esposizione mediatica». Quindi aveva
condiviso un intervento dell’Authority delle Comunicazioni contro il rischio di un
sovrapporsi della televisione alla funzione di giustizia, attraverso ”la tecnica di
spettacolarizzazione dei processi” e la suggestione di ”teoremi giudiziari alternativi”. Ora probabilmente anche alla luce dei più recenti fatti di cronaca giudiziaria - Napolitano torna
alla carica né manca di esortare i poli ad una «riforma condivisa» della giustizia; da attuare
- cioé - senza colpi di maggioranza. Il monito di Napolitano incontra consensi e
apprezzamenti bipartisan, anche se con la significativa eccezione di Di Pietro.
Nel Pdl, Giuseppe Consolo osserva che «del monito del capo dello Stato dovrebbero
ricordarsi quanti, ad esempio in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali,
vorrebbero pubblicizzare o pubblicare gli atti, ancorché coperti da segreto istruttorio».
Rotondi definisce «sagge» le parole di Napolitano Per Vietti (Udc), Napolitano indica la
«via maestra» per una riforma equlibrata e organica del sistema giudiziario. Anche
Tenaglia (Pd) parla di «richiamo condivisibile» mentre Di Pietro parte all’attacco. Esprime
«rispetto» per Napolitano ma si dice amareggiato per una presa di posizione che definisce
«a senso unico». Osserva: «Non ci sia la spettacolarizzazione dei processi, ma neanche
la spettacolarizzazione della delinquenza...». il Colle si attende anche la conclusione
dell’iter parlamentare del cosiddetto ”lodo Alfano”. Il voto finale al Senato sullo ”scudo”
giudiziario per le quattro più alte cariche dello Stato è previsto per oggi. Poi il testo del ddl
sarà trasmesso al Quirinale per la promulgazione che non dovrebbe riservare alcuna
sorpresa.
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Fabio Rossi, Il Messaggero pag. 6
“I bimbi rom abbandonati diventino italiani”
Nessun bambino vaccinato, quasi nessuno iscritto a scuola. Se il buongiorno si vede dal
mattino, il censimento dei nomadi presenti nel territorio romano non è destinato a fornire
dati particolarmente confortanti. Dopo le prove generali della scorsa settimana, la Croce
rossa ha cominciato ieri l’indagine ordinata dal prefetto Carlo Mosca, nominato dal
governo commissario straordinario per l’emergenza rom nella Capitale. Scegliendo un
insediamento abusivo e particolarmente degradato: quello di via Luigi Candoni, periferia
sud-ovest di Roma, a pochi passi da un deposito degli autobus del trasporto pubblico.
Tredici nuclei familiari - rom originari della Romania - accampati in altrettante tende da
campeggio in uno spiazzo ricavato all’interno di un canneto, raggiungibile soltanto
attraverso uno stretto passaggio tra le sterpaglie. Il censimento a Roma è iniziato tra le
polemiche. Il prefetto Mosca ha deciso di affidarlo alla Cri che, istituzionalmente, sposa
una linea soft. Niente impronte digitali, quindi, ma soltanto una serie di dati anagrafici e
sanitari che saranno conservati nel database della Croce rossa, e che servono a
consegnare ai nomadi - soltanto a quelli che accettano di essere censiti - una tessera
sanitaria che serve anche ad accedere agli ambulatori dell’agenzia umanitaria
internazionale. Tanto che alcuni esponenti locali di An già parlano di camper di nomadi
che arriverebbero da Napoli per accedere al censimento romano, che giudicherebbero più
“morbido”. Nei prossimi giorni arriverà anche una missione dell’Ocse che, per una
settimana, monitorerà l’andamento delle operazioni. Ieri dieci operatori della Croce rossa
hanno raccolto i dati di 27 nomadi, 15 adulti e 12 minori. Inizialmente con difficoltà, vista
anche la massiccia presenza di telecamere che intimidiva i rom. Poi, verso il tramonto, gli
abitanti dell’insediamento della Muratella si sono tranquillizzati, e la maggior parte ha
aderito al censimento. La Croce rossa andrà avanti fino a metà settembre, dal lunedì al
venerdì, per toccare complessivamente 20 campi attrezzati e 50 abusivi. «Abbiamo un
compito meramente assistenziale e umanitario - sottolinea il presidente nazionale della
Cri, Massimo Barra - Non abbiamo la presunzione di risolvere il problemi dei nomadi in
Italia, ma pensiamo di poter dare un contributo prezioso». A Milano, intanto, il censimento
è stato avviato ai primi di giugno, con precedenza agli insediamenti abusivi. Sono 750 le
persone finora identificate nel capoluogo lombardo. Dei 12 campi presenti nella città, ne
sono stati censiti già sette, cioè quelli di via Impastato, Martirano, Chiesa Rossa, Barzaghi,
Triboniano 1, Negrotto e via Idro. I cinque che ancora devono essere monitorati sono
quelli di via Bonfadini, le due aree di via Novara e le rimanenti di Triboniano (area 2 e 3).
La conclusione del censimento, secondo il vicesindaco e assessore alla sicurezza,
Riccardo De Corato, è prevista entro il 15 ottobre, il termine massimo indicato dal ministro
dell’Interno Roberto Maroni.A Napoli e provincia è stata raggiunta la stessa quota di
Milano: 750 censiti. Fanno capo a tre campi (uno autorizzato, gli altri due no) che sorgono
a Scampia, all’estrema periferia del capoluogo partenopeo, e nei comuni di Casoria e
Torre del Greco. Secondo un calcolo approssimativo, il censimento ha riguardato finora il
15 per cento del totale presunto. Sono sedici, secondo una vecchia ricognizione, i campi
rom conosciuti, ma solo a operazioni concluse sarà possibile definire la mappa completa
degli stanziamenti nomadi, che nel tempo si è andata modificando.
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GIURISPRUDENZA
Cassazione
Italia Oggi pag. 37
C’è violenza sessuale anche con i jeans
I jeans non sono «paragonabili» a una specie di «cintura di castità» e, dunque, non
possono essere considerati un ostacolo a una violenza sessuale. Lo rileva la Cassazione
confermando la condanna alla pena (sospesa) di un anno di reclusione inflitta ad un uomo
dalla Corte d’appello di Venezia per violenza sessuale. L’imputato aveva, secondo
l’accusa, «compiuto con violenza atti di libidine» nei confronti della figlia della sua
compagna, «toccandola sul seno, sui fianchi, sul sedere e nelle parti intime, entrando con
le mani sotto i pantaloni della donna». Contro la sentenza di condanna, l’uomo si era
rivolto alla Suprema corte, spiegando che «indossando la ragazza dei jeans ed essendo
seduta», era «impossibile» infilare una mano sotto i pantaloni da lei indossati toccandole
le parti intime. Gli «ermellini» della terza sezione penale, con la sentenza n. 30403, hanno
rigettato il ricorso dell’uomo, osservando la «compiuta valutazione degli elementi» da parte
della Corte territoriale e sottolineando che «il fatto che la ragazza indossasse pantaloni del
tipo jeans non era ostativo al toccamento interno delle parti intime, essendo possibile farlo
penetrando con la mano dentro l’indumento, non essendo questo paragonabile a una
specie di cintura di castità». I jeans furono al centro di un’altra sentenza, contestatissima,
che la Suprema corte depositò nel febbraio del 1999, nella quale veniva insinuato il dubbio
che la violenza sessuale sarebbe stata più difficile da attuare nel caso in cui la vittima
avesse indossato un simile abbigliamento. I giudici, all’epoca, avevano annullato con rinvio
la condanna inflitta ad un presunto stupratore, rilevando che i jeans non possono essere
sfilati «nemmeno in parte» se chi li indossa non dà «una fattiva collaborazione». «Siamo
dovuti arrivare nel 2008 ed avere una sentenza della Cassazione per vedere affermata
una ovvietà e cioè che nulla c’entrano gli indumenti delle donne con le violenze che
quotidianamente sono costrette a subire», commenta Alessandra Mussolini, presidente
della commissione Bicamerale per l’Infanzia. «Da un lato possiamo dire: ‘finalmente’ ma
dall’altra è triste pensare al destino processuale di quella donna che oltre alla violenza ha
dovuto subire l’oltraggio di una attesa troppo lunga per vedere inflitta una pena, peraltro
ridicola, al suo aggressore».
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FLASH
Italia Oggi pag. 47-53
Raffica di nulla osta sulla privacy
Raffica di autorizzazioni del garante della privacy al trattamento dei dati personali. Con
sette provvedimenti tutti datati 19 giugno 2008 e pubblicati sul Supplemento ordinario n.
175 alla Gazzetta Ufficiale n. 169 del 21 luglio 2008, l'Autorità presieduta da Francesco
Pizzetti ha dato il via libera al trattamento delle informazioni sensibili nei rapporti di lavoro
e negli organismi di tipo associativo (fondazioni). Disco verde anche al trattamento dati da
parte di diverse categorie di titolari, liberi professionisti, detective, nonché da parte di
privati, enti pubblici economici e soggetti pubblici. Autorizzato pure il trattamento dei dati
idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Per quanto riguarda i professionisti il
garante ha rilasciato l'autorizzazione agli iscritti agli albi, nonché ai praticanti che svolgono
il tirocinio negli studi.
Associazione unica tributatisti
L'incontro di giovedì 17 luglio con l'on.le Mantini e altri esponenti del PD, nell'ambito della
iniziativa dell'associazione professionisti democratici, è stato utile e importante per ribadire
le volontà comuni di ordini e associazioni di riproporre al centro del dibattito politico il
tema, ormai datato, della riforma delle professioni pressando il governo e tutte le forze
politiche sin da settembre p.v. Ma l'incontro è stato utile soprattutto perché dalle
testimonianze portate da esponenti sia di ordini che di associazioni è emersa ancora una
volta la opportunità se non addirittura la necessità di uniformare e concentrare sforzi,
proposte, richieste, progetti e, perché no, anche risorse nei comparti professionali di
comune e affine attività. Si è rafforzata la convinzione che la vera risposta all'albo unico e
alla sua «arrogante» filosofia monopolistica, sia l'Associazione unica dei tributaristi; questo
permetterebbe sicuramente una forte semplificazione nei rapporti con le istituzioni e
soprattutto una più efficace difesa della categoria. Non è facile né di veloce realizzazione,
ma non impossibile: certamente la stragrande maggioranza dei tributaristi italiani sarebbe
felicissima. Si può e si deve iniziare a discutere da subito di modi e tempi , almeno tra chi
condivide nella prima ora. Meno amor proprio e più interesse per la categoria . La riforma
delle professioni è di certo l'obiettivo generale ma il riassetto del variegato mondo dei
tributaristi rappresenterebbe sicuramente il valore aggiunto di questa categoria
professionale .
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Il Sole 24 Ore pag. 13-24-25
“No ai processi-spettacolo”. Napolitano chiede equilibrio
“C’è una tendenza alla spettacolarizzazione dei processi, connotata anche dalla
divulgazione di notizie attinenti a terzi estranei alle vicende che ne costituiscono l’oggetto;
perciò occorre recuperare equilibrio, per assicurare il rispetto e la dignità delle persone
coinvolte”. Napolitano lo scrive in un messaggio inviato a un Convegno in onore
dell’avvocato Vittorio Chiusano scomparso cinque anni fa. L’Anm raccoglie l’appello “ma il
problema va allargato”, dice il presidente Palamara, “perché oggi c’è anche l’esigenza di
tutelare la dignità dei magistrati titolari di delicate indagini, oggetto di aggressioni
ingiustificate e volgari anche da parte di chi ricopre cariche istituzionali”.
Dati, autorizzazioni in “Gazzetta”
Il Garante per la protezione dei dati personali ha reso noto ieri in G.U, le autorizzazioni al
trattamento dei dati sensibili per il periodo dal 1 luglio 2008 al 31 dicembre 2009. Gli ambiti
sono: rapporti di lavoro, stato di salute e vita sessuale, associazioni, liberi professionisti,
categorie diverse di titolari, investigatori privati, nonché dati giudiziari da parte di privati e
soggetti pubblici.
Maroni: “cittadinanza anche ai minori rom”
Roberto Maroni rilancia la proposta di riconoscere la cittadinanza italiana ai minori dei
campi rom nati in Italia sena genitori certi. Un’intenzione che divide maggioranza e
opposizione. Intanto, si cominciano a conoscer i primi dati del censimento. Sia a Napoli
che a Milano sono già stati 750 i soggetti identificati. A Roma la ricognizione è iniziata ieri.
Sempre ieri è arrivata in Italia una missione dell’Ocse per verificare la situazione della
popolazione rom. La delegazione sarà a Roma, Napoli e Milano e poi presenterà un
rapporto al Governo italiano.
Sospensione dei processi a rischio nelle Procure
Di tempo per mediare non ce n’è più. Le commissioni Giustizia-Affari costituzionali del
Senato hanno iniziato ieri l’esame del decreto legge sicurezza, nella versione
profondamente aggiustata dalla Camera, e giovedì potrebbe arrivate il voto finale. Anche
dopo le correzioni volute dal Governo sulle “priorità” e le corsie preferenziali per la
trattazione dei processi per reati di maggior allarme sociale (duramente contestata
dall’Anm), non sembra esser aver risolto il problema del mancato coordinamento tra
Procura e uffici giudiziari che potrebbe compromettere l’applicazione del provvedimento. Il
decreto ha affidato ai capi degli uffici giudiziari una certa discrezionalità sulle “priorità” da
assegnare ai processi ma, di fatto, ha escluso una disposizione specifica per i pm. Per i
quali quindi potrebbe non cambiare nulla. Le valutazioni sui procedimenti da portare in
tribunale potrebbero essere analoghe a quelle attuali ed escludere di fatto qualsiasi criterio
di priorità. E allora la fissazione dei ruoli diventerebbe un esercizio particolarmente
complesso. Perché starebbe ai capi degli uffici giudiziari coprire le udienze disponibili per
l’immediato futuro in base a criteri tutti da verificare. Ma soprattutto i tribunali verrebbero
messi sotto stress, dovendo stabilire da una parte i criteri per stoppare i procedimenti per
reati soggetti ad indulto (quelli per cui è possibile la sospensione di 18 mesi) e, dall’altra,
quella per accelerare i procedimenti più urgenti.
( a cura di Daniele Memola )
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