de Mayo - YAP Italia
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Lo Spazio Politico di genere di MATTIA BAGLIERI 1. Presentazione P arlare dello spazio di genere nel quadro odierno delle relazioni internazionali significa ancor oggi parlare di una ‘nuova questione1’. La disuguaglianza tra l’uomo e la donna nel panorama internazionale tuttora persiste e questo ha condotto alla formazione di nuove dottrine, non solo femministe, che si propongono di abbattere la ‘dicotomia di genere2’. Eppure dagli anni ’70 ad oggi la donna diviene un soggetto attivo, un soggetto che partecipa ad una concezione di democrazia dal basso, di tipo bottom-up, sia nel quadro della costruzione della nazione sia nel panorama della Diplomazia Parallela. In questo breve contributo analizzeremo il caso delle madri argentine di Plaza de Mayo e quello dell’associazione internazionale delle Donne in Nero. 1. Robert Jackson e Georg Sorensen [2005, 281]. 2. Cfr. Ibi, p. 291 e sgg]. 2. Il giovedì in Plaza de Mayo L ’America Latina è un continente che sembra non conoscere possibilità di stabilizzazione nella storia contemporanea, tanto da essere inserita da numerosi commentatori tra i paesi del c.d. Terzo Mondo1. L’Argentina offre occorrenze storiche di crisi e catastrofi numerosissime. Nel 1976 la presidenza della moglie Isabelita del presidente Peròn (Juàn Domingo Peròn era morto nel luglio 1974 e la presidenza era passata nelle mani della seconda moglie) viene destituita dallo Stato Maggiore dell’esercito, che decide di far fronte alla crescente guerriglia di sinistra e di proporsi di porre fine ai problemi inflazionistici della nazione. La dittatura della giunta militare, per avere ragione dei movimenti sovversivi interni utilizzò metodi estremamente brutali: decine di migliaia di oppositori politici tali o presunti furono arrestati o scomparvero nel nulla.Nel 1976 le desaparaciones si moltiplicarono esponenzialmente rispetto ai numeri che già riscontriamo nei regimi dittatoriali precedenti. A Buenos Aires le madri dei desaparecidos presero all’unisono la decisione di scendere nelle piazze a manifestare, proponendosi una ferma opposizione rispetto al silenzio 1. Cfr. a titolo meramente esemplificativo, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto [2004]. statale e burocratico. Plaza de Mayo a Buenos Aires è la piazza centrale, quella più simbolica, la piazza del potere; la piazza tradizionale della Cattedrale e della sede del governo statale. Un giovedì di maggio del 1976 prese avvio un pellegrinaggio di madri partecipi del medesimo sentimento verso Plaza de Mayo. Allora cominciarono le marce per la verità e per la giustizia, mentre il gruppo di madri diveniva sempre più consistente. Hebe de Bonafini è la Portavoce delle Madri di Plaza de Mayo, ha detto: ‘Negli altri luoghi del potere c’erano sempre scrivanie che impedivano il contatto diretto con l’interlocutore, c’era sempre la burocrazia che complicava tutto. In piazza invece no. In piazza tutte eravamo uguali. A tutte avevano sequestrato il figlio […] ci sentimmo bene, la piazza ci raggruppò2. Le Madri di Plaza de Mayo divennero per tutta la nazione argentina l’emblema della lotta non violenta per la verità e la giustizia, mentre cresceva anche il loro rilievo mediatico che oltrepassava i confini nazionali. L’influsso di queste madri ebbe un ruolo fondamentale nella ricostruzione della nazione argentina a posteriori dell’esperienza autoritaria e condusse alla costituzione della Commissione Nazionale di indagine sulla sparizione di persone (CNADEP) nel 1984. Questa Commissione divenne il prototipo delle commissioni nazionali per il 2. Cit. in Stella Spinelli [2005]. perseguimento della verità, della giustizia e della riconciliazione che sempre più assumono una caratura internazionale negli Stati che hanno avuto esperienze autocratiche e consentono la possibilità di riconciliazione nazionale, primo passo verso la rinascita di un establishment politico legittimato (si pensi ai casi cileno e sudafricano, per esempio). Nel settembre 1984 venne pubblicato l’esito di questi lavori con il titolo eloquente di Nunca màs (Mai più). La repressione, le uccisioni ed i metodi di tortura da parte delle forze armate argentine durante la dittatura che va dal 1976 al 1983 vennero certificate in questo documento. L’attività delle Madri di Plaza de Mayo non cessa neppure oggi a distanza di più di trent’anni dalla prima manifestazione: l’obiettivo che l’associazione si propone oggi è quello dell’organizzazione crescente sul territorio argentino e la costruzione di una memoria storica condivisa, della quale sia rappresentante lo stesso governo. Tra le numerose attestazioni di merito, il 17 ottobre 2007 il Rettore dell’Università di Bologna ha insignito le Madri di Plaza de Mayo della laurea honoris causa in Pedagogia. Il rettore Pier Ugo Calzolai ha sottolineato l’importanza della pedagogia delle Madri di Plaza de Mayo, egli parla di ‘forza pedagogica’, di ‘una maternità rubata dallo Stato trasformatasi in maternità educativa verso un’intera nazione’. Madri di Plaza 3. La Diplomazia Parallela e le sue de Mayo dio Oriente e le Donne in Nero origini E’ stato l’ambasciatore degli Stati Uniti John W. McDonald ad avere definito nel 1992 la nuova disciplina delle relazioni internazionali, denominata dalla dottrina italiana Diplomazia Parallela (che traduce il lemma inglese Track Two Diplomacy) ed a fondare l’Institute for Multi-Track Dilomacy di Washington1. John W. McDonald ha così definito la Track Two Diplomacy: ‘Un modo concettuale di vedere il processo internazionale di costruzione della pace come un sistema vivente’. Un modo di fare diplomazia, insomma, che coinvolge direttamente ‘cittadini privati o gruppi, od associazioni di individui provenienti da diversi paesi del mondo, al di fuori delle formali strutture del potere governativo’. A suo dire il vantaggio di operare questo nuovo modello di diplomazia è palese: essere al di fuori dalle strutture governative può significare per gli individui privati fare valere le proprie idee ed agire come gruppo di pressione. La diplomazia parallela è più flessibile ed ha già apportato numerosi esempi di vittoria, con l’approvazione di dichiarazioni e trattati internazionali. Il teorico padre del concetto di Società Internazionale, Hedley Bull ha riconosciuto il ruolo fondamentale della diplomazia parallela nel nuovo scenario internazionale posteriore alla guerra fredda. La diplomazia parallela è definita come ‘non ufficiale’. Un’interazione tra membri –anche avversari – tra gruppi che hanno come obiettivo lo sviluppo di strategie al fine di influenzare la pubblica opinione in un modo che possa aiutare a risolvere il conflitto. La dottrina sottolinea come la Track Two Dilomacy non sia affatto ‘un sostituto della diplomazia ufficiale, o Track One. La caratteristica positiva principale della diplomazia parallela è il fatto che essa sia indipendente rispetto al potere politico e possa dare espressione ai propri punti di vista in maniera il più possibile indipendente (uno studioso l’ha definita come ‘indipendente rispetto ai cicli elettorali2’). Ma la diplomazia parallela assicura (o meglio, tenta di assicurare) il monitoraggio e la protezione dei diritti umani anche nelle fasi posteriori al conflitto, nel momento di peace-enforcing (e nel caso di molti conflitti africani anche nelle lunghe fasi interconflittuali, che caratterizzano questo tipo di guerre – e sono sovente le più devastanti3). Ma quali sono le caratteristiche basilari per il diplomatico parallelo? È lo stesso Ambasciatore McDonald ad indicarcele nel suo saggio Guidelines for Newcomers to Track Two Diplomacy. Anzitutto il bravo diplomatico parallelo deve essere dotato di una forte carica di idealismo a livello spirituale, in vista della possibilità di agire azioni impensabili nella diplomazia ufficiale. Però è sempre indicata la possibilità di un collegamento tra la diplomazia ufficiale e quella parallela, tanto nel campo operativo e logistico (attraverso la creazione di network), tanto per la necessità della diplomazia parallela di ottenere sussidi c.d. ‘tradizionali’. 1.Per questa questione e per le citazioni che qui riporto mi permetto di rimandare a Mattia Baglieri [2007], dove mi sono soffermato più precisamente su queste questioni. 2.Jeffrey Mapendere [2006, 68]. 3.Cfr. Jeremy Black [2006]. 4. La Diplomazia Parallela in Me- P Donne In Nero Referenze bibliografiche e materiale on-line Mattia Baglieri, Fare diplomazia parallela in Medio Oriente: il caso delle Donne in Nero in Polemos Jeremy Black, Le guerre nel mondo contemporaneo , Il Mulino, Bologna, 2006. Hedley Bull, La società anarchica, Vita e Pensiero, Milano, 2005. Laurence Deonna, La guerra a due voci: la tragedia del quotidiano raccontata dalle donne arabe e israeliane, Mursia, Milano, 1998. Albert Hourani, Storia dei popoli arabi, Mondadori, Milano,1992. Robert Jackson e Georg Sorensen, Relazioni Internazionali, Egea, Milano, 2005. Dalia Dassa Kaye, Track Two Diplomacy and Regional Security in the Middle East: Prospects and Limits, The George Washington University, 2001. Jeffrey Mapendere, Track One and a Half Diplomacy and the Complementarity of Tracks, Culture of Peace Online Journal John W. McDonald, Guidelines for Newcomers to Track Two Diplomacy, Institute for Multi Track Diplomacy, Washington D.C., 1993. Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto,Il mondo contemporaneo dal 1848 ad oggi, Laterza, Roma-Bari, 2004. Ruba Salih, Le donne palestinesi tra Corano e Costituzione in Democrazia e Diritto n. 2/3 pp. 177-192, 1994. Stella Spinelli, Mai più su Peace Reporter er la politologa americana Dalia Dassa Kaye, parlare di Diplomazia parallela in Medio Oriente appare oggi imprescindibile per la sicurezza dell’area. L’apporto della diplomazia parallela ha condotto verso la continuazione di un dialogo che pareva incessabilmente interrompersi ed ha portato ‘verso la diffusione di conoscenza ed esperienza regionale’. Secondo Kaye l’importanza precipua della diplomazia parallela in Medio Oriente, ed in particolare nel contesto dei conflitti Israelo-palestinesi, è stata quella di creazione di un ‘dialogo stabile sulla sicurezza dell’area che consentisse alle diverse parti in causa di socializzare tra loro’. L’associazione Donne in Nero nasce in una piazza di Gerusalemme Ovest nel gennaio 1988, all’inizio della Prima Intifada, al fine di contrastare attraverso azioni simboliche e non violente la decisione del governo israeliano di occupare la Cisgiordania e Gaza, al motto di ‘Stop the occupation’. Da allora, ogni venerdì le Donne in Nero si radunano a Gerusalemme per richiedere ai governi del Medio Oriente e del mondo intero una politica di pace. Frattanto si creava il Network internazionale, che conduceva le Donne in Nero a diramarsi in molte altre città del mondo, da Tel Aviv a Londra, da Haifa a Sidney, a Belgrado, a New York, ad Amsterdam, a Roma. Il movimento italiano ha preso avvio fin dall’estate del 1988, per volontà di tre differenti associazioni già operative (la Casa delle Donne di Torino, il Centro di Documentazione di Bologna e l’Associazione per la Pace), che organizzarono collegialmente il nuovo soggetto associativo Visitare i luoghi difficili. Questa azione politica pacifista femminile, che le Donne in Nero stesse definiscono di ‘democrazia dal basso’, si è inserita appieno in quello che lo storico Albert Hourani ha definito un ‘mutamento progressivo del ruolo della donna nella società mediorientale’. Le Donne in Nero hanno più volte definito se stesse come ‘il motore del cambiamento sociale’. L’ultimo meeting internazionale delle Donne in Nero (il XIV) si è tenuto a Valencia, in Spagna, l’agosto scorso. L’incontro di quest’anno ha avuto come oggetto “Le Relazioni tra donne come politica alternativa per la pace: Donne in Nero riflettono su Donne in Nero”. Gli obiettivi primari di questa quattordicesima sessione sono stati quelli consueti, a cui se ne sono sommati di nuovi di altrettanta importanza: ‘la trasformazione della struttura di violenza, sostenuta da militarismo, capitalismo […], che attraversano tempi e spazi, in una struttura di convivenza nella diversità, reciprocità, cura e rispetto tra le persone e, per estensione, dell’ecosistema che ci sostenta; l’evidenziare le situazioni, le cause, gli effetti della violenza contro le donne, nei diversi contesti in cui si verificano; il rendere visibili le azioni delle donne dei paesi in situazioni di conflitto come alternativa per il cambiamento sociale; la creazione di spazi dove stabilire dialoghi affettivi e politici, in cui comunicare e apprendere le idee ed azioni secondo un’ottica ed una politica femministe; rafforzare le reti di Donne in Nero e le loro connessioni con altri gruppi di donne’.