MANUALE SEGIF def web

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MANUALE SEGIF def web
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UNIONE EUROPEA
REPUBBLICA ITALIANA
REGIONE LIGURIA
Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013
Misura 1.2.4 – “Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti,
processi e tecnologie nei settori agricolo, alimentare e in quello forestale”
Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale
l’Europa investe nelle zone rurali
RISULTATI CONCLUSIVI PROGETTO SEGIFSviluppo di un sistema Esperto per la Gestione
dell’Irrigazione, Fertilizzazione e controllo fitopatologico
in floricoltura
a cura di
LUCA INCROCCI, PASQUALE RESTUCCIA, ANDREA MINUTO, ALBERTO PARDOSSI
Progetto SEGIF- Sviluppo di un sistema Esperto per la Gestione dell’Irrigazione,
Fertilizzazione e controllo fitopatologico in floricoltura
Il progetto SEGIF è stato realizzato ai sensi del Reg. Ce 1698/2005 Misura 124 nell’ambito
del Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Liguria (DGR n°1176/2011), con lo
scopo di ottimizzare l’irrigazione, la concimazione e la difesa fitopatologica delle specie
aromatiche e della margherita in contenitore.
Azienda capofila:
Cooperativa Floricoltori “Riviera dei Fiori” S.C.A..
Partner:
Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali
Università di Pisa (Ex Dip. di Biologia delle Piante Agrarie).
Coordinatore Tecnico:
Dr. Pasquale Restuccia, Cooperativa Floricoltori “Riviera dei Fiori” S.C.A..
Coordinatore Scientifico:
Prof. Alberto Pardossi - Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali
Università di Pisa.
Progetto grafico copertina: Guazzini David
Impianti e stampa: Tipolitografia “La Commerciale”, Sanremo (IM)
Settembre 2014
INDICE
PRESENTAZIONE ............................................................................................................................... 5
Lista degli autori ................................................................................................................................................. 7
Capitolo 1- INTRODUZIONE ........................................................................................................ 9
1.1 La coltivazione delle aromatiche in Liguria ................................................................. 9
1.2 Il progetto SEGIF ....................................................................................................... 10
1.2.1 I partner del progetto........................................................................................................................ 10
1.2.2. Principali attività del progetto......................................................................................................... 13
Bibliografia....................................................................................................................... 11
Capitolo
2
L’IRRIGAZIONE
DELLE
COLTIVAZIONI
FLOROVIVAISTICHE IN CONTENITORE .................................................................... 15
1.1 Introduzione................................................................................................................ 15
1.2 Valutazione dell’acqua irrigua e metodi per aumentare la sua qualità ....................... 18
1.3 Gestione dell’irrigazione ............................................................................................ 22
1.3.1 La misura diretta della evapotraspirazione. ..................................................................................... 30
Bibliografia....................................................................................................................... 34
Capitolo 3 - LA CONCIMAZIONE DELLE COLTURE
FLOROVIVAISTICHE .................................................................................................................... 35
3.1 Introduzione................................................................................................................ 35
3.2 Metodi utilizzati nella fertilizzazione delle colture in vaso ....................................... 36
3.2.1 Concimi a lenta cessione e a rilascio controllato ............................................................................. 37
3.2.2 La fertirrigazione ............................................................................................................................. 38
Textbox 3.1. Utilizzo di sensori dielettrici per l’aumento dell’efficienza nell’uso di acqua e dei
nutrienti della margherita allevata in vaso ................................................................................................ 39
Textbox 3.2. Software SOL-NUTRI......................................................................................................... 42
3.3 Le esigenze nutrizionali delle aromatiche .................................................................. 43
3.4 Il piano di concimazione delle aromatiche ................................................................. 50
3.5 Il monitoraggio della coltura in contenitore ............................................................... 51
Bibliografia ....................................................................................................................... 54
3
Capitolo 4 - ALTERAZIONI DI ORIGINE FUNGINA E BATTERICA
DELLE PRINCIPALI SPECIE AROMATICHE E POSSIBILITÀ DI
LOTTA ....................................................................................................................................................... 55
4.1 Introduzione................................................................................................................ 55
4.2 Il rosmarino ................................................................................................................ 55
4.3 La lavanda .................................................................................................................. 59
4.4 La salvia ..................................................................................................................... 62
4.5 Timo, origano, maggiorana, menta, melissa............................................................... 64
4.6 Possibilità di controllo ................................................................................................ 65
Textbox 4.1. Non solo aromatiche ................................................................................... 69
4.7 Conclusioni ................................................................................................................. 70
Bibliografia ....................................................................................................................... 70
Capitolo 5 - CONCLUSIONI........................................................................................................ 71
4
PRESENTAZIONE
Negli ultimi anni, soprattutto nella piana di Albenga, abbiamo assistito ad un
incremento nella domanda di aromatiche e di margherite allevate in vaso, a scapito delle
imprese che producevano essenzialmente ortive e piante verdi. Questo incremento ha
indotto numerose aziende florovivaistiche a potenziare la produzione di aromatiche in
vaso. Tuttavia, anche se la produzione è di ottima qualità, non è esente da problematiche:
infatti, le conoscenze, sia agronomiche che fisiologiche, sono insufficienti con il risultato di
una scarsa efficienza nell’uso delle risorse e di un livello qualitativo della produzion
e spesso inferiore rispetto ad altri prodotti florovivaistici coltivati nella zona.
Lo scopo del progetto SEGIF (Sviluppo di un sistema Esperto per la Gestione
dell’Irrigazione, Fertilizzazione e controllo fitopatologico in floricoltura) è stato quello di
testare protocolli e sistemi innovativi di coltivazione, per il raggiungimento ed il
mantenimento di standard qualitativi ottimali nella produzione di specie floricole e
ornamentali, garantendo, al tempo stesso, la loro sostenibilità sia ambientale che
economica.
Questo manuale racchiude i risultati operativi derivati dalle attività svolte dal
progetto SEGIF su otto specie aromatiche e sulle margherite (Argyranthemum frutescens
cv. Stella 2000) prodotte nella piana di Albenga allo scopo di ottenere maggiori
informazioni sulla corretta gestione del processo produttivo, limitando i consumi idrici (per
preservare l’acqua, risorsa sempre più rara) e migliorando le concimazioni, con l’obiettivo
finale di produrre piante di elevata qualità nel rispetto dell’ambiente. Un doveroso
ringraziamento va ai ricercatori del Centro di Sperimentazione e Assistenza Agricola
(CeRSAA) di Albenga (SV), per lo svolgimento della parte del progetto relativa al controllo
fitopatologico, alle aziende agricole Enrico&Lanzalaco, Zerbone Marco Filippo, Denegri
Mirko e Pizzo Marino, per la loro disponibilità durante l’esecuzione delle prove
sperimentali di collaudo e per i dati sulla tecnica colturale forniti. Un ringraziamento va,
infine, alla ditta NETSENS di Sesto Fiorentino (FI) per la collaborazione prestata nello
sviluppo di algoritmi specifici per il controllo dell’irrigazione tramite l’uso di sensori per
la misura dell’umidità del substrato.
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Lista degli autori
Sandro BOLDRINI, Coop. Riviera dei Fiori, Taggia (IM); [email protected];
Luca BOTRINI, Università di Pisa, [email protected];
Cinzia BRUZZONE, CeRSAA, Albenga (SV), [email protected];
Giulia CARMASSI, Università di Pisa, [email protected];
Flavio CECCARELLI, Università di Pisa, [email protected];
Massimo GHIONE, Coop. Riviera dei Fiori, Taggia (IM); [email protected];
Luca INCROCCI, Università di Pisa, [email protected];
Anna LANTERI, CeRSAA, Albenga (SV), [email protected];
Giovanna MANCINI, Coop. Riviera dei Fiori, Taggia (IM); [email protected];
Andrea MINUTO, CeRSAA, Albenga (SV), [email protected];
Giovanni MINUTO, CeRSAA, Albenga (SV), [email protected];
Pasquale RESTUCCIA, Coop. Riviera dei Fiori, Taggia (IM), [email protected];
Alberto PARDOSSI, Università di Pisa, [email protected];
Michele SIENA, Università di Pisa, [email protected];
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Capitolo 1- INTRODUZIONE
Flavio Ceccarelli, Luca Incrocci, Pasquale Restuccia, Sandro Boldrini, Alberto Pardossi
1.1 LA COLTIVAZIONE DELLE AROMATICHE IN LIGURIA
La piana di Albenga è la pianura alluvionale più estesa della Regione Liguria (circa
2
45 km ) e rappresenta una realtà produttiva molto importante sul territorio nazionale grazie
alla produzione di piante in vaso, fiori e ortaggi. La coltivazione intensiva è iniziata negli
anni ‘20 con la produzione di primizie (pomodori), passando in seguito alla produzione di
fiori recisi, per poi tornare alla produzione di piante aromatiche e di alcuni ortaggi.
Secondo l’indagine commissionata dalla “Camera di Commercio Industria
Artigianato e Agricoltura di Savona” intitolata “L’agricoltura Albenganese – 2005”, la PLV
agricola della zona si colloca tra i 280 e i 300 milioni di euro; il dato complessivo proviene
dalla produzione di circa 120 milioni di vasi di fiori e aromatiche di varie misure e forme di
allevamento. Le piante aromatiche in vaso contribuiscono alla PLV della piana per ben il
25% e, in termini di superficie coltivata, per il 20% della superficie totale.
Naturalmente il termine “aromatiche” raggruppa un gran numero di specie e varietà,
ma circa l’ 80% di queste è rappresentato da 4 sole specie: rosmarino (46%), Lavanda
angustifolia (19 %), salvia (15%) e timo (11 %). La maggior parte delle aromatiche è
venduta ai mercati del Nord Europa (Austria 30% e Germania 45%) mentre solo una
piccola percentuale è destinata al mercato interno
Altre importanti aromatiche coltivate sono la maggiorana, l’origano e la Lavanda
Stoechas. Purtroppo le conoscenze disponibili su queste colture sono molto scarse:
mancano, infatti, informazioni sui consumi idrici, sull’assorbimento minerale e sulla cura e
prevenzione delle principali fitopatologie. La produzione di aromatiche quindi si è da
sempre basata sull’esperienza diretta dell’agricoltore e del tecnico che, in mancanza di
informazioni precise, si sono affidati al buon vecchio detto “Melius abundare quam
deficere” somministrando acqua e fertilizzati in modo non controllato con sprechi e rischio
per l’ambiente. Anche per la gestione delle alterazioni parassitarie l’agricoltore si è limitato
ad effettuare i trattamenti una volta accertata la presenza della malattia. Poca importanza,
invece, è stata data alla prevenzione tramite il monitoraggio delle condizioni ambientali ed
all’applicazione di metodi di lotta biologica. Per tutti questi motivi la coltivazione delle
aromatiche pur essendo importante per la piana di Albenga, presenta un livello di efficienza
e qualità della produzione inferiore rispetto ad altri prodotti. Negli ultimi anni, tre sono gli
aspetti che stanno rivoluzionando la produzione e la commercializzazione delle piante
aromatiche: 1) la bassa efficienza nella concimazione e irrigazione, che ha portato un
contributo all’innalzamento del contenuto di nitrati nelle falde freatiche e nelle acque
9
superficiali, portando alcune zone ad essere dichiarate come Zone Vulnerabili
all’inquinamento da nitrati (ZVN) con tutte le limitazioni che ne conseguono; 2) la
crescente importanza della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) italiana ed estera,
quale acquirente del prodotto, che richiede prodotti certificati e, sopratutto, valori di residui
spesso inferiori ai limiti minimi ammessi dalla legge; 3) la forte concorrenza da parte di
paesi dove il costo della manodopera è molto basso.
Appare quindi evidente che per competere sul mercato e garantire lo sviluppo e la
sopravvivenza della coltivazione delle aromatiche nella piana di Albenga, l’unica strategia
possibile da seguire è quella di realizzare un prodotto compatibile con l’ambiente (recando
il minor impatto possibile) e di altissima qualità, in termini di shelf life e sicurezza
alimentare (minor presenza di residui di fitofarmaci possibile).
1.2 IL PROGETTO SEGIF
Dall’esigenza di produrre limitando gli sprechi, l’inquinamento e garantendo un
prodotto di elevata qualità, nasce il progetto SEGIF (“Sviluppo di un sistema esperto per la
gestione dell’irrigazione, fertilizzazione e controllo fitopatologico in floricoltura”, DGR
n°1176/2011), conclusosi il 30 settembre 2014. Il progetto è stato realizzato ai sensi del
Reg. Cee 1698/2005 Misura 124 nell’ambito del PSR 2007-2013 della Regione Liguria
dalla Cooperativa Floricoltori “Riviera dei Fiori” e dal Dipartimento di Scienze
Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali (ex Dipartimento di Biologia delle Piante
Agrarie) dell’Università di Pisa, e ha visto la partecipazione anche del Centro di
Sperimentazione e Assistenza Agricola (C.e.R.S.A.A.) di Albenga (SV).
Il progetto è nato dalle esigenze prima descritte con i seguenti obiettivi,
relativamente alla coltivazione di alcune specie florovivaistiche:
1. riduzione dei costi di produzione;
2. riduzione dell’impatto ambientale, attraverso la razionalizzazione dell’irrigazione e
della fertilizzazione;
3. miglioramento della qualità del prodotto finale;
4. trasferimento delle conoscenze a partner industriali, con lo scopo di realizzare sistemi
innovativi di gestione e monitoraggio delle colture.
In particolare sono stati eseguiti studi riguardanti il consumo idrico, minerale e il
controllo fitopatologico su 8 specie aromatiche (Lavanda angustifolia, Lavanda stoechas,
maggiorana, origano, rosmarino, rosmarino prostrato, timo) e su margherita in vaso
(Argyranthemum frutescens cv. Stella 2000). Per il raggiungimento degli obiettivi il
progetto SEGIF ha individuato una serie di aziende, dislocate su tutto il territorio della
piana di Albenga, dove porre impianti pilota e raccogliere i dati necessari per lo
svolgimento delle attività del progetto.
1.2.1 I partner del progetto
La Cooperativa Floricoltori “Riviera dei Fiori”, Società Cooperativa Agricola
con sede legale in Regione Periane - Taggia - è presente ormai da oltre 25 anni nella
10
provincia di Imperia con ben tre punti vendita dislocati sul territorio: Taggia, Pietrabruna e
Camporosso, ed ha assunto, nel corso dell’ultimo periodo, un peso più rilevante in quanto,
contando ad oggi circa 1200 soci e 3000 clienti, è a contatto con la maggior parte delle
aziende floricole presenti sul territorio.; inoltre la Cooperativa, in collaborazione con il
consorzio FlorCoop, ha recentemente aperto una nuova sede ad Albenga.
Coltivazione di aromatiche in pien’aria presso l’azienda Enrico&Lanzalaco di Albenga,
una delle aziende selezionate per lo svolgimento del progetto. (Foto. F. Ceccarelli, 2013).
La Cooperativa, avvalendosi della collaborazione dei tecnici che operano al suo
interno (dott. Pasquale Restuccia, Responsabile del Servizio di Assistenza Tecnica, dott.ssa
Giovanna Mancini, dott. Massimo Ghione e agr. Sandro Boldrini) svolge sul territorio un
servizio capillare di Consulenza Agronomica mantenendo anche strette collaborazioni con
consulenti esterni, quali docenti universitari delle varie Facoltà di Agraria presenti in Italia,
nonché con gli esperti della nutrizione delle piante del CRA di Roma per la realizzazione di
Progetti Dimostrativi e di corsi di formazione professionale.
La Cooperativa, oltre a fornire agli operatori del settore i mezzi tecnici, svolge
attività di consulenza agli agricoltori e divulgazione di risultati sperimentali di progetti di
ricerca, attraverso le seguenti attività: preparazione di schede tecniche colturali e di schede
11
fitopatologiche riguardanti le singole specie floricole e orticole, organizzazione di incontri
tecnici (convegni) su tematiche floricole di particolare interesse, pubblicazioni sulle
principali riviste del settore.
Inoltre negli ultimi cinque anni sono stati svolti diversi corsi di formazione
professionale (rivolti a tecnici e agricoltori) sul risparmio idrico, sul risparmio energetico e
sulle tecniche di concimazione a basso impatto ambientale.
Il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali, (DiSAAA-a)
dell’Università di Pisa (http://www.agr.unipi.it/) ha partecipato al progetto SEGIF con
l’unità di ricerca (U.R.) di Orticoltura e Floricoltura. La U.R. è dotata di diversi laboratori
(anche per colture in vitro), serre climatizzate per colture fuori suolo e celle climatiche. Le
attività scientifiche svolte presso la U.R. di Orticoltura e Floricoltura prevedono sia ricerche
di base (soprattutto nel campo della biologia e biochimica vegetale) che applicate. Queste
ultime sono dedicate soprattutto all’ortoflorovivaismo: micropropagazione, controllo della
taglia e dello sviluppo delle colture in serra, colture fuori suolo, irrigazione e concimazione
delle colture ortofloricole ed ornamentali di campo e di serra, qualità e conservazione postraccolta degli ortaggi e dei fiori recisi. Come dimostrato dalle partecipazioni a progetti di
ricerca nazionali (progetto AZORT, progetto FLOR-PRO) ed internazionali (es. EU-INCO
MED HORTIMED; EU-FP6 FLOWAID; EU-FP7 EUPHOROS) e dal numero di
pubblicazioni e relazioni presentate a congressi in Italia e all’estero, la U.R. sopradetta ha
maturato una notevole conoscenza nel campo delle colture ortofloricole, soprattutto per
l’irrigazione e la fertilizzazione, realizzando anche diversi software applicativi, utilizzabili
in modo gratuito dai tecnici e dagli agricoltori.
Il Centro di Sperimentazione e Assistenza Agricola (CeRSAA, www.cersaa.it ) è
un’azienda speciale della C.C.I.A.A fondata nel 1961. Si interessa di sperimentazione,
dimostrazione, diagnostica avanzata, formazione e assistenza tecnica. Nella struttura sono
attivi: 1) due laboratori di diagnostica fitopatologica (diagnostica classica, immunodiagnosi
e biologia molecolare) accreditati dal Servizio Fitosanitario Regionale (conforme ai sensi
artt. 10 D.D.M.M. del 14 aprile 1997 e art. 8 D.M. 9 agosto 2000), partner della rete
regionale dei laboratori di analisi (LaRAF) e della rete nazionale dei laboratori del sistema
camerale (ReteLab) di cui rappresenta l’unico laboratorio attivo in questo specifico settore;
2) un Centro di Saggio accreditato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e
Forestali per la realizzazione di saggi ufficiali volti alla caratterizzazione dell’efficacia
biologica di formulati di prodotti fitosanitari (conforme al D.L. del 17/03/1995 n° 194 ed al
Reg. CE 1107/2009); 3) un’azienda agraria sperimentale di circa 50.000 m2, di cui circa
10.000 m2 coperti con serre, tunnel e ombrari. Dal 1998 il CeRSAA. partecipa in qualità di
coordinatore beneficiario o partner a progetti di ricerca, dimostrazioni di trasferimento
tecnologico Europei, Nazionali, Interregionali, e Regionali. Dal 2006, inoltre, ha attivato un
settore dedicato al collaudo di impianti innovativi per la produzione di energia da fonti
rinnovabili. Il CeRSAA negli ultimi 20 anni ha prodotto oltre 600 tra lavori divulgativi,
tecnici e scientifici, pubblicandoli su riviste nazionali ed internazionali; dal 2009, inoltre, il
CeRSAA produce una trasmissione di divulgazione televisiva a livello regionale
denominata “AgricUltura news”.
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1.2.2. Principali attività del progetto
Le principali attività svolte nell’ambito del progetto SEGIF sono state le seguenti:
- studio bibliografico delle richieste idriche e minerali delle specie aromatiche e della
margherita;
- individuazione delle aziende ove eseguire le prove sperimentali previste e la raccolta
dei dati;
- installazione dei dispositivi di monitoraggio ambientale, costituiti da lisimetri per la
raccolta delle acque di drenaggio dalle coltivazioni, al fine di determinare la
percentuale di lisciviazione e la quantità di nutrienti persi nelle pratiche agricole
adottate nella piana di Albenga;
- progettazione e realizzazione di una centralina automatica per la gestione
dell’irrigazione (attività condotta in collaborazione con la ditta NETSENS s.r.l di Sesto
Fiorentino, FI);
- elaborazione dei dati raccolti e preparazione di blue-print per la gestione
dell’irrigazione, della concimazione e della difesa fitopatologica delle 8 diverse specie
aromatiche indagate;
- attività di divulgazione dei risultati ottenuti dal progetto, effettuata tramite due
seminari tecnico-divulgativi (18 luglio 2013, presso il CeRSAA e il 1 agosto 2014
presso l’azienda Enrico &Lanzalaco), una prova dimostrativa in azienda e un convegno
finale svoltosi il 3 ottobre 2014 ad Albenga.
Durante lo svolgimento del Progetto, per soddisfare le richieste di coltivatori
interessati, sono state organizzate due visite nelle aziende dimostrative (il 16 settembre
2013 ed il 30 aprile 2014) per visionare le prove in corso rispettivamente sulle colture
aromatiche e su margherita.
BIBLIOGRAFIA
Colla L., 2005. L’agricoltura dell’albenganese dimensione economica, interdipendenze,
struttura aziendale e tipologie produttive, Savona, Italia, Camera di commercio
industria artigiano e agricoltura di Savona.
Colla L., 2005. L’agricoltura nell’albenganese, dimensione 2004/2005 delle aziende,
dimensione economica del settore modernizzazione delle aziende movimentazione
del prodotto, Savona, Italia, Camera di commercio industria artigiano e agricoltura
di Savona.
Finizia A., 2013, Piante officinali in Italia: un’istantanea della filiera e dei rapporti tra i
diversi attori, Roma, Italia, ISMEA osservatorio economico del settore delle piante
officinali.
Vender C., Voltolina G., Fusani P., D’andrea L., 2004. Schede colturali, Trento, Italia ,
Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - Unità di ricerca per il
Monitoraggio e la Pianificazione forestale.
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Capitolo 2 - L’IRRIGAZIONE DELLE COLTIVAZIONI
FLOROVIVAISTICHE IN CONTENITORE
Michele Siena, Luca Botrini, Luca Incrocci, Pasquale Restuccia, Giovanna Mancini,
Massimo Ghione, Alberto Pardossi
1.1 INTRODUZIONE
La bassa efficienza irrigua delle colture aromatiche e più in generale delle colture
florovivaistiche, in particolare di quelle in contenitore, è dovuta principalmente a tre fattori:
1) uso di sistemi irrigui con una ridotta efficienza irrigua (E.I., rapporto tra l’acqua
pompata dal sistema di irrigazione e quella effettivamente arrivata nella zona radicale
delle piante) come ad esempio l’irrigazione per aspersione, la cui efficienza irrigua
diminuisce all’aumentare della dimensione del vaso, a causa dell’aumento degli spazi
vuoti fra i vasi (densità inferiore per unità di superficie bagnata);
2) somministrazione d’acqua in volumi eccessivi rispetto alla capacità di invaso della
coltura. La presenza di drenato alla fine dell’irrigazione è una condizione essenziale
nella coltura in vaso ed indica che il volume irriguo lordo (VIL) somministrato è stato
sufficiente a ristabilire la capacità idrica di contenitore e a dilavare parte dei sali
accumulati nel vaso stesso con le precedenti irrigazioni; normalmente la percentuale di
lisciviazione (LF, rapporto fra quantità di acqua drenata e quella apportata al vaso) è
compresa fra il 10 e il 50% a seconda della qualità dell’acqua irrigua;
3) turno di irrigazione (frequenza) eccessivo rispetto alle effettive esigenze fisiologiche
della coltura (legate essenzialmente alla traspirazione fogliare), dovuti alla mancanza di
una stima della evapotraspirazione.
Un’elevata LF, salvo che non sia giustificata da una scarsa qualità dell’acqua irrigua
utilizzata, comporta, inevitabilmente, una lisciviazione importante anche dei fertilizzanti e
degli erbicidi somministrati alle piante.
L’impiego dell’irrigazione a goccia, quando economicamente applicabile (ad
esempio in tutte le coltivazioni in vaso con diametri superiori o uguali a 18 cm) e un attento
pilotaggio dell’irrigazione (frequenza e volume irriguo) permettono di:
a) ottenere i risultati produttivi desiderati (crescita e valore commerciale delle piante);
b) ridurre al minimo l’impatto ambientale (minor dispersione nelle falde di concimi e
sostanze chimiche come diserbanti);
c) risparmiare sui costi di concimazione e uso di acqua.
Ovviamente, i sistemi a ciclo chiuso, dove si recuperano e riutilizzano le acque di
drenaggio, sono quelli più efficienti, ma una serie di motivi ne rendono spesso difficile
15
l’applicazione su larga scala, specie per le colture effettuate in piena aria come le piante
aromatiche.
Irrigazione a pioggia in un’azienda della piana di Albenga produttrice di piante
aromatiche: si noti la scarsa efficienza irrigua, tipica di questo metodo irriguo.
Un forte incremento nell’efficienza dell’uso
dell’acqua si ottiene utilizzando sistemi di
irrigazione a goccia.
L’uso di sistemi con riutilizzo della soluzione
drenata, come la subirrigazione, aumenta
molto l’efficienza nell’uso dell’acqua.
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A sinistra. Particolare del sistema di tappetino capillare per la sub-irrigazione da pieno
campo per aromatiche. Si noti il telo impermeabile a contatto con il terreno, il profilato a
canalicoli (color verde) per la distribuzione dell’acqua proveniente dalla manichetta su
tutta la superficie, il feltro (azzurro) per uniformare l’acqua e il telo anti-alga posizionato
sopra a tutto, per ridurre la evaporazione e ridurre lo sviluppo di infestanti. A destra: fase
di realizzazione del piazzale dimostrativo del progetto “SIMA”.
Tab. 2.1. Best Management Pratices da adottare per l’incremento dell’efficienza irrigua
nelle colture florovivaistiche.
BMPs per incrementare l’efficienza irrigua
-BMPs specifiche per sistemi di irrigazione per aspersione
-preferire, se economicamente conveniente, metodi irrigui con alta efficienza irrigua come
ad esempio l’irrigazione a goccia o la subirrigazione;
- disporre i vasi in modo da coprire la massima superficie possibile;
- irrigare nelle ore più fresche e possibilmente la mattina presto o la notte per ridurre le
perdite per evaporazione;
-BMPs valide per tutti i metodi irrigui
-effettuare più irrigazioni al giorno, in modo da dare volumi irrigui più contenuti che
aiutino a controllare le perdite per lisciviazione;
- utilizzare frazioni di drenaggio (LF) minime possibili, compatibilmente con la qualità
dell’acqua irrigua e la resistenza alla salinità della specie;
- progettare, attentamente l’impianto irriguo in modo che non ci siano perdite e agli ugelli
sia assicurata una buona pressione idrica, al fine di ottenere una buona uniformità di
distribuzione;
- adottare un volume irriguo lordo fisso, compatibile con la capacità di invaso del
contenitore;
-stimare in maniera più precisa possibile l’evapotraspirazione delle piante in modo da
poter decidere l’ora e il numero d’irrigazioni (frequenza o turno irriguo) per automatizzare
gli interventi irrigui;
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Un esempio di ciclo chiuso che negli ultimi anni ha avuto una notevole diffusione è
la tecnica della subirrigazione, caratterizzata dal fatto che l’irrigazione della coltura è
effettuata dal basso verso l’alto, attraverso un allagamento temporaneo (5-15 minuti) del
settore irriguo, seguito dal recupero dell’acqua in eccesso.
I principali vantaggi della subirrigazione sono l’automazione dell’irrigazione, la
possibilità di meccanizzare la movimentazione delle piante, il ridotto impatto ambientale, la
ridotta possibilità di propagare malattie radicali; i principali svantaggi risiedono
principalmente nella necessità di utilizzare acque di buona qualità.
La tecnica è ideale per la coltivazione di specie ornamentali da fiore in serra che,
richiedono cambiamenti di densità colturale durante il loro ciclo di coltivazione. La
subirrigazione con tappetini capillari è stata applicata anche nella zona di Albenga sulle
aromatiche grazie al progetto dimostrativo SIMA (2004-2007). La tecnica si è dimostrata
valida, ma l’elevato costo dell’investimento iniziale ne riduce fortemente la diffusione,
specialmente in presenza di mercati con prezzi mutevoli, incerti e bassi.
La semplice adozione delle principali Best Management Practices (BMP) permette
di avere miglioramenti nell’efficienza idrica e nutritiva, anche nel caso d’impianti irrigui
per aspersione (Tab. 2.1).
1.2 VALUTAZIONE DELL’ACQUA IRRIGUA E METODI PER AUMENTARE LA
SUA QUALITÀ
La qualità dell’acqua irrigua è valutata con un’analisi chimica-microbiologica: la
valutazione comprende una serie di parametri indicati in Tab. 2.2 in cui sono riportati anche
gli eventuali rimedi da attuare in caso di scarsa qualità dell’acqua.
I problemi più frequenti nell’acqua irrigua sono descritti qui di seguito:
-presenza di elevato contenuto di bicarbonati e di valori di pH superiore a 7,
che limitano l’assorbimento di alcuni elementi minerali presenti nella soluzione nutritiva in
condizioni alcaline. Inoltre, nel caso di acque con elevati contenuti di bicarbonati e
carbonati, si verificano occlusioni negli ugelli dei gocciolatori, il veloce innalzamento del
pH del substrato e fenomeni di fitotossicità sulle piante. Il problema può essere risolto con
l’aggiunta di acidi forti (nitrico, solforico o fosforico) per neutralizzare il bicarbonato che si
trasforma in acido carbonico disperdendosi in maniera definitiva nell’atmosfera come
anidride carbonica. Conoscendo la quantità iniziale di bicarbonati e carbonati presente
nell’acqua irrigua e il pH desiderato, è possibile, utilizzando la Tab. 2.3, stabilire la quantità
di acido nitrico commerciale (con densità 1.40 kg/L e concentrazione pari a 65% in p/p) da
aggiungere a 1000 L (1 m3) di acqua irrigua. Se l’acido da utilizzare non corrisponde a
quello descritto, il valore può essere ricavato moltiplicando la quantità di acido nitrico
trovata per un fattore correttivo, riportato in Tab. 2.4 oppure, più semplicemente, la quantità
di acido può essere calcolata utilizzando alcuni appositi software come ad esempio SOLNUTRI, ideato dal Dottor Luca Incrocci (Università di Pisa) e liberamente scaricabile dal
sito http://cespevi.it/softunipi/softunipi.htm ;
-elevata quantità di ferro e manganese in forma ridotta, che al contatto con l’aria
si ossidano macchiando di color ruggine la vegetazione ed il terreno. Oltre a questo
18
inconveniente, i precipitati tendono ad incrostare gli ugelli dell’impianto di irrigazione
creando notevole difformità di erogazione nello stesso. Il problema, frequente con acque di
pozzo, si risolve facendo ossidare il ferro e il manganese tramite un’ossigenazione forzata e
allontanando i precipitati prima di utilizzare l’acqua;
Tab. 2.2. Valori guida per la valutazione di acqua per uso irriguo e principali rimedi per
ovviare alla sua scarsa qualità. La valutazione è riferita a colture di media
sensibilità alla salinità.
Parametro
Unità di
misura
Solidi in
sospensione
mg/L
EC
dS/m
Bicarbonati
Nitrati
Ammonio
Fosforo
Potassio
Calcio
Magnesio
Sodio
Cloruri
Solfati1
Solfati 2
Ferro
Manganese
Boro
Rame
Zinco
1
meq/L
(ppm)
ppm
ppm
ppm
ppm
ppm
ppm
ppm
ppm
ppm
ppm
ppm
ppm
ppm
ppm
ppm
Giudizio sulla idoneità
all’uso irriguo
Ottima Buona
Scarsa
Eventuali rimedi
Filtrazione con idrociclone se
presenza di sabbia, a maglia o
a dischi se presenza di alghe.
Osmosi inversa, mix con
0-0,75 0,75-2,25 >2,25
acque di migliore qualità
0-2
2-6
>6
Acidificazione
(>360)
(0-120) (120-360)
<5
5-30
>30
<0,5
0,5-14
>14
<10
10-30
>30
<20
20-100
>100
<70
70-250
>250 Osmosi inversa o mix con
<20
20-50
>50 acque di migliore qualità
<70
70-210
>210
<140
140-350
>350
<192
192-288
>288
<50
50-80
>80
>5
Ossidazione forzata e seguita
>0.5 da decantazione/filtrazione
0.7
0.7-3.0
>3
Mix con acque con minor
contenuto di questi
>1
microelementi
>2
< 50
50-100
>150
sistemi irrigui che non bagnano la vegetazione; 2 valori per irrigazione a pioggia.
19
Tab. 2.3. Quantità (in litri) di acido nitrico commerciale con densità pari a 1,40 kg/L e
concentrazione di 65% p/p da aggiungere a 1000 L (1 m3) di acqua irrigua per
ottenere un determinato valore di pH in funzione della sua concentrazione iniziale
di bicarbonati e carbonati (espressi in mM).
L di acido nitrico (d=1,40 kg/L; al 65% p/p) da aggiungere a 1000 L di acqua irrigua
Somma della concentrazione di carbonati e bicarbonati nell'acqua irrigua (mM)
Valore di pH desiderato nella soluzione nutritiva
1,00
1,25
1,50
1,75
2,00
2,25
2,50
2,75
3,00
3,25
3,50
3,75
4,00
4,25
4,50
4,75
5,00
5,25
5,50
5,75
6,00
6,25
6,50
6,75
7,00
7,25
7,50
7,75
8,00
8,25
8,50
8,75
9,00
9,25
9,50
9,75
10,00
4,6
0,066
0,083
0,099
0,116
0,132
0,149
0,165
0,181
0,198
0,214
0,231
0,247
0,264
0,281
0,297
0,314
0,330
0,347
0,363
0,380
0,397
0,413
0,429
0,446
0,462
0,478
0,495
0,511
0,528
0,545
0,561
0,578
0,594
0,611
0,627
0,644
0,661
4,8
0,065
0,082
0,098
0,114
0,131
0,147
0,163
0,179
0,196
0,212
0,228
0,245
0,261
0,278
0,294
0,310
0,327
0,343
0,360
0,376
0,392
0,409
0,425
0,441
0,458
0,474
0,490
0,507
0,523
0,539
0,556
0,572
0,588
0,605
0,621
0,637
0,654
5,0
0,065
0,081
0,097
0,113
0,128
0,144
0,161
0,177
0,193
0,209
0,225
0,241
0,257
0,274
0,290
0,306
0,322
0,338
0,353
0,370
0,386
0,402
0,418
0,434
0,450
0,466
0,483
0,499
0,515
0,531
0,547
0,563
0,579
0,595
0,611
0,627
0,643
5,2
0,063
0,079
0,094
0,110
0,126
0,141
0,157
0,173
0,188
0,204
0,220
0,235
0,251
0,267
0,282
0,298
0,314
0,329
0,345
0,361
0,376
0,392
0,408
0,423
0,440
0,455
0,470
0,487
0,502
0,517
0,534
0,549
0,565
0,581
0,596
0,612
0,628
5,4
0,060
0,075
0,091
0,106
0,121
0,136
0,151
0,166
0,181
0,196
0,212
0,226
0,242
0,257
0,272
0,287
0,302
0,317
0,333
0,347
0,362
0,378
0,392
0,408
0,423
0,438
0,453
0,468
0,483
0,499
0,513
0,529
0,544
0,559
0,574
0,589
0,604
20
5,6
0,057
0,071
0,085
0,100
0,114
0,128
0,142
0,157
0,171
0,185
0,200
0,214
0,228
0,243
0,257
0,271
0,286
0,300
0,314
0,328
0,342
0,357
0,371
0,385
0,399
0,414
0,428
0,442
0,456
0,470
0,485
0,499
0,513
0,528
0,542
0,556
0,571
5,8
0,052
0,066
0,079
0,092
0,105
0,118
0,131
0,144
0,157
0,171
0,183
0,197
0,210
0,223
0,236
0,249
0,262
0,276
0,288
0,302
0,315
0,328
0,341
0,354
0,367
0,380
0,393
0,407
0,419
0,433
0,446
0,459
0,472
0,485
0,498
0,511
0,524
6,0
0,046
0,058
0,070
0,081
0,093
0,105
0,116
0,128
0,139
0,151
0,163
0,174
0,185
0,198
0,209
0,220
0,233
0,244
0,255
0,267
0,279
0,290
0,302
0,314
0,325
0,337
0,348
0,360
0,372
0,383
0,395
0,407
0,418
0,429
0,442
0,453
0,464
6,2
0,040
0,049
0,059
0,069
0,079
0,089
0,098
0,108
0,118
0,128
0,138
0,148
0,157
0,167
0,177
0,187
0,197
0,206
0,216
0,226
0,236
0,246
0,256
0,265
0,276
0,285
0,295
0,305
0,315
0,325
0,335
0,344
0,354
0,364
0,374
0,384
0,393
6,4
0,032
0,040
0,048
0,055
0,063
0,071
0,079
0,087
0,095
0,103
0,111
0,119
0,126
0,134
0,142
0,151
0,159
0,166
0,174
0,182
0,190
0,198
0,206
0,214
0,222
0,230
0,237
0,245
0,253
0,261
0,269
0,277
0,285
0,293
0,301
0,308
0,317
Tab. 2.4. Fattore di conversione per calcolare, conoscendo la quantità di acido nitrico
(con densità 1,40 kg/L e al 65 % p/p) da aggiungere a 1 m3 di acqua per ottenere
un determinato pH, ricavata dalla Tab. 2.3., una corrispondente quantità di acido
commerciale da aggiungere in funzione delle caratteristiche dell’acido scelto. Ad
esempio, dalla Tab. 2.3 si evince che per neutralizzare 1000 l di acqua contenente 5
mM di bicarbonati e ottenere un pH finale di 5.6 è necessario aggiungere 0,286 L
di acido nitrico con densità pari a 1.40 e concentrazione del 65% p/p. Se si utilizza
acido solforico con densità di 1,30 kg/L, con una concentrazione del 40% p/p, la
quantità necessaria sarà pari a 0,286 x 1,40=0,400 L/m3.
Acidi commerciali utilizzabili
Caratteristiche fisiche
Densità (kg/L)
% peso/peso
meq H+/ml di prodotto
Fattore di conversione
Acido nitrico
1,40
67,0
14,88
1,00
1,39
64,7
14,28
1,04
1,33
53,4
11,28
1,32
Acido fosforico
1,69
85,0
14,65
1,02
1,58
75,0
12,08
1,23
1,335
50,0
6,81
2,19
Acido solforico
1,83
95,0
35,48
0,42
1,58
53,0
17,09
0,87
1,30
40,0
10,61
1,40
Laghetto artificiale per la raccolta dell’acqua piovana e il trattamento di ossigenazione
dell’acqua di falda. La semplice ossigenazione permette di far ossidare il ferro e il
manganese, eventualmente presenti in eccesso nelle acque di falda, che spesso causano
imbrattamenti sulla vegetazione e occlusioni nei gocciolatori.
- elevato contenuto in ioni, che può portare a problemi di salinità nel suolo. Il
rimedio più economico è quello di miscelare l’acqua di scarsa qualità con acqua di buona
qualità (ad esempio quella piovana, raccolta in bacini artificiali) in modo da ottenere una
qualità idonea per la coltura da irrigare. Se ciò non fosse possibile, si potrebbe ricorrere
all’osmosi inversa, il cui costo mediamente oscilla intorno a 0,90-1 €/m3 di acqua
osmotizzata.
21
- presenza di solidi in sospensione, che potrebbero danneggiare gli impianti di
irrigazione e fertirrigazione (tubazioni, erogatori, dosatori) e le stesse colture, imbrattando
le foglie se non addirittura provocando effetti fitotossici. La filtrazione è sempre necessaria
e richiede la conoscenza di una serie di parametri come la qualità dell’acqua irrigua, il tipo
di irrigazione, la portata massima, la pressione di esercizio dell’impianto irriguo. In genere
per l’eliminazione di particelle solide come sabbia, tipiche delle acque sotterranee, si
utilizzano filtri ad idrociclone, che sfruttano la forza centrifuga per allontanare le particelle.
Se invece le particelle sono costituite da alghe e mucillaggini, è necessario utilizzare filtri a
sabbia, a rete o a dischi. Vista l’importanza che riveste la presenza di solidi in sospensione
è sempre buona norma affidarsi per la progettazione e l’installazione di impianti filtranti a
dei professionisti.
1.3 GESTIONE DELL’IRRIGAZIONE
Due sono i parametri fondamentali da determinare per un’irrigazione ottimale: il
volume irriguo lordo (VIL, cioè la quantità di acqua dare per ogni intervento irriguo) e il
turno irriguo o frequenza (FI, ogni quanto effettuare l’irrigazione).
Il volume irriguo lordo (VIL, espresso come mm o L/m2) è la quantità d’acqua
somministrata ad ogni intervento irriguo per fornire alla coltura il volume irriguo netto e
compensare le inefficienze dell’impianto irriguo o della scarsa qualità dell’acqua irrigua. Il
VIL può essere calcolato come segue:
VIL =VIN /EI*KS
Eq. 1
dove:
-VIN (L/m2) è il volume irriguo netto che rappresenta l’effettiva quantità di acqua
che è trattenuta dopo l’intervento irriguo, nel contenitore o nella zona radicale (per le
colture nel terreno);
-EI è l’efficienza irrigua del sistema irriguo adottato, espressa come rapporto fra
l’acqua che effettivamente arriva nella zona radicale della coltura e quella che è erogata,
(normalmente compresa fra 0,88-0,95 per impianti a goccia, variabile da 0,30 a 0,7 in
funzione della dimensione del vaso per l’irrigazione a pioggia);
-KS è il coefficiente irriguo di sicurezza, cioè quella quantità di acqua che deve
essere somministrata in più al VIN per compensare le inefficienze dovute alla qualità
dell’acqua, alla mancanza di uniformità della coltura (variabilità nella evapotraspirazione
delle piante) e alla difformità di erogazione dei gocciolatori. Il coefficiente è calcolato in
funzione di tre fattori, sommando ad 1 i valori dei loro rispettivi coefficienti, riportati in
Tab. 2.5. Ks può assumere valori da un minimo di 1,05 ad un massimo di 1,60.
L’acqua disponibile (AD), cioè l’acqua utilizzabile dalla pianta nel mezzo di
coltivazione, varia in funzione del substrato ed è calcolata dalla curva di ritenzione idrica,
la quale esprime la relazione fra il potenziale matriciale (espresso in kPa o hPa) e il volume
percentuale dell’acqua contenuta nel substrato.
22
Tab. 2.5. Calcolo del coefficiente irriguo di sicurezza (Ks). Il coefficiente si calcola
sommando ad 1 il valore stabilito per ogni fattore che influenza l’efficienza irrigua.
Ad esempio per una coltura uniforme in cui l’irrigazione è effettuata con
gocciolatori auto-compensanti (ottima uniformità) e con un’ottima qualità
dell’acqua irrigua, il KS è pari a 1,05).
Qualità dell'acqua
Ottima qualità
(EC<0.5 dS/m)
Coeffi- Uniformità di
ciente erogazione
Ottima
0,00
(es. gocciolatori
autocompensanti)
Buona qualità
0,05
(0.5 dS/m>EC<0.75 dS/m)
Buona
(es. gocciolatori a
spaghetto)
Media qualità
(0.75 dS/m>EC<1.25
dS/m)
Media
(es. gocciolatori
parzialmente ostruiti)
0,10
Scarsa qualità (1.25
dS/m>EC<1.5 dS/m)
0,15
Pessima qualità
(EC>1.5 dS/m)
0,20
Scarsa
(es. linee gocciolanti
eccess. lunghe)
Pessima
(es. aspersione in zone
ventose)
Coeffi- Uniformità
ciente della coltura
Ottima
0,00
(coltura molto
uniforme)
Buona
(differenze fra
0,05
gli individui
entro il 10%)
Media
(differenze fra
0,10
le piante entro
il 15%)
Scarsa (specie
0,15
diverse, ma
con ET simile)
Pessima
0,20
(plot con
specie diverse)
Coefficiente
0,05
0,08
0,10
0,15
0,20
Curva di ritenzione idrica di un substrato, con indicazione dell’acqua facilmente
disponibile (differenza fra -10 e -50 hPa) e disponibile (differenza fra -10 hPa e -100 hPa).
Le forze matriciali in un substrato sono deboli, e quindi la forma del contenitore, in
particolare l’altezza, riduce fortemente la quantità di acqua che può essere trattenuta.
23
Tab. 2.6. Proprietà fisiche di alcuni substrati. In tabella sono riportati anche i risultati
delle analisi fisiche effettuate su 4 diversi substrati prelevati nella piana di Albenga
(valore medio, minimo e massimo registrato).
Lana roccia
Peso
specifico
(g/l)
80-90
Porosità
totale
(%vol.)
94-97
Capacità
per l’aria
(% vol.)
10-15
Acqua
disponibile
(% vol.)
85-80
Perlite-torba
100-150
90-95
50-55
27
Perlite standard
80-120
85-90
50-60
7
Pomice-torba
400-500
80-85
20-30
22
Pomice
650-950
65-75
40-50
7
Torba bionda
60-100
90-95
30-35
33
Torba bruna
100-150
85-90
30-40
27
400
87,4
21,1
29,4
-Valore minimo
300
86,4
14,3
24,9
-Valore massimo
500
89,2
26,5
32,1
Materiale
Substrato medio piante aromatiche
Tab. 2.7. Capacità per l’aria, acqua facilmente disponibile e acqua disponibile per i
quattro principali tipi di vaso utilizzati nella produzione di aromatiche nella piana
di Albenga, utilizzando la curva di ritenzione media dei substrati analizzati durante
il progetto SEGIF. I dati sono stati ottenuti utilizzando l’apposito software SEGIF
sviluppato da Incrocci Luca e Carlo Bibbiani dell’Università di Pisa. Le simulazioni
sono state eseguite calcolando la differenza fra l’acqua invasata quando sul fondo
del vaso il potenziale matriciale era di 0 hPa (massima capacità idrica di
contenitore), di -50hPa e di -100 hPa (punto di appassimento).
Tipo vaso
Diam. 14cm h=10.5 cm, 1.0 L
Diam. 19 cm h=16.5 cm, 3.0 L
Diam. 19 cm, h=17cm, 3.25 L
Diam. 25 cm, h18 cm, 5.5 L
Capacità
per l’aria
(L/vaso)
0,130
0,512
0,559
0,997
Acqua
facilmente
disponibile
(0/ -50hPa)
(L/vaso)
0,270
0,767
0,829
1,367
Acqua
disponibile
(0 /-100hPa)
(L/vaso)
0,300
0,847
0,915
1,510
Volume
irriguo
netto
ottimale
(L/vaso)
0,150
0,300
0,350
0,500
In realtà a causa delle dimensioni delle particelle che compongono i substrati,
relativamente grandi rispetto a quelle del terreno, le forze matriciali che trattengono l’acqua
sono deboli e quindi la forma del contenitore, in particolare l’altezza, ne condiziona la
capacità di trattenere l’acqua. L’acqua disponibile per la pianta in un contenitore è calcolata
24
come differenza fra la quantità totale di acqua contenuta nel vaso, ad un potenziale
matriciale sul fondo del contenitore pari rispettivamente a 0 hPa (fine di una abbondante
irrigazione) e a -100 hPa (tensione oltre la quale si manifestano sintomi di appassimento).
Per conoscere il valore di acqua disponibile in un contenitore si può utilizzare il software
SEGIF che permette, scelti la forma del vaso e la curva di ritenzione del substrato, di
stabilire la quantità di AD di quel contenitore. Nell’ambito delle attività del progetto
SEGIF, sono state determinate le curve di ritenzione idrica di alcuni substrati utilizzati nella
piana di Albenga per la coltivazione di piante aromatiche e i dati sono riportati, insieme a
quelli relativi ad altri substrati, nella Tab. 2.6.
In Tab. 2.7 sono riportati i risultati della simulazione per il calcolo della AD in
quattro diverse tipologie di vasi tra i più utilizzati nella piana di Albenga per la produzione
di piante aromatiche e di margherite. Ad esempio, per le aromatiche si utilizza
prevalentemente il vaso diametro di 19 cm, con volume di 3,25 litri e il vaso diametro
interno di 14 cm con volume di 1.0 litri. L’AD in questi vasi è pari a 0,3 litri e a 0,91 L
rispettivamente per il vaso con diametro 14 e con diametro 19.
Il volume irriguo netto (VIN) è solo una frazione (F) della AD di un vaso e viene
calcolata come:
VIN=AD*F*D
Eq. 2
dove D è il numero di contenitori al m2. F oscilla normalmente fra il 30 e il 50%
della AD e la sua scelta dipende dalla quantità di AD del vaso, dalla capacità del substrato a
contenere l’aria, dalla sensibilità all’asfissia della pianta. Soprattutto nei vasi bassi (con
altezza inferiore a 12 cm), dove la capacità per l’aria a disposizione della pianta alla fine
dell’irrigazione è scarsa, è consigliabile scegliere F di 50-70%, in modo che il contenuto
idrico nel vaso abbia una certa oscillazione e sia assicurato così un certo arieggiamento del
vaso. Al contrario, in vasi grandi (oltre diametro 18 cm), dotati di AD maggiori, conviene
adottare F abbastanza piccoli (30-40%), per evitare che si abbia un’eccessivo ristringimento
del substrato, a causa delle grosse variazioni dell’umidità del vaso fra una irrigazione e la
successiva.
Un concetto importante per una buona gestione dell’irrigazione è che il VIN non
potrà essere mai superiore né troppo simile alla AD del contenitore: se ciò accade,
sicuramente tutta la parte eccedente la AD sarà lisciviata (il surplus drena), così come
intervenire un VIN simile alla AD, comporta l’imposizione di uno stress idrico più o meno
severo in prossimità di ogni intervento irriguo.
L’altro parametro chiave nella gestione dell’irrigazione è la frequenza irrigua (FI)
o turno irriguo, espressa in giorni (o ore) fra due interventi irrigui consecutivi.
Normalmente, il volume irriguo tende ad essere costante, e l’intervento irriguo successivo
sarà eseguito quando la coltura avrà evapotraspirato una quantità di acqua pari al Volume
Irriguo netto (VIN)
FI = ETDAY/ VIN
Eq. 3
dove ETDAY è l’evapotraspirazione media giornaliera della coltura (L*m-2*giorno-1).
25
ETDAY dipende dalla temperatura e dall’umidità dell’aria, dalla radiazione solare, dal
vento e, ovviamente, dalla superficie fogliare della coltura: quindi a causa del continuo
mutamento delle condizioni meteorologiche durante la giornata, la pausa fra un intervento
irriguo e il successivo tende a modificarsi continuamente, se il volume lordo irriguo è fisso.
Nella pratica sono molto diffuse le centraline basate su temporizzatori (timer), che
effettuano interventi irrigui con frequenze e volumi irrigui programmati per i vari settori
colturali in cui è suddivisa la serra o il vivaio, utilizzando sia sistemi di irrigazione ad
aspersione che a goccia. Attualmente sul mercato sono disponibili diversi modelli che
differiscono per il tipo d’alimentazione, il numero di programmi operativi e di settori irrigui
controllabili. L’efficienza di questo metodo di pilotaggio dell’irrigazione dipende
dall’esperienza dell’operatore e dalla possibilità di programmare su base giornaliera i
temporizzatori, cosa che ne rende un po’vano lo scopo iniziale del loro utilizzo e cioè
quello di automatizzare l’irrigazione. In generale, l’efficienza irrigua di questi sistemi è
bassa, con perdite di acqua del 25-50%, con punte fino al 70%, anche quando nella
centralina sono integrate funzioni come quella di sospendere l’irrigazione in caso di pioggia
o l’utente non è in grado di valutare la reale frazione di lisciviazione.
Centralina timer per il controllo dell’irrigazione in
ortofloricoltura. In questo caso, la durata irrigua e
la frequenza è prestabilita a priori, indipendentemente dall’andamento del microclima.
Centralina installata presso
l’azienda Lanzalaco per la misura
on-line della ET0 nella zona di
Albenga
L’uso di timer tuttavia è molto diffuso ed efficace, e può, in parte, essere reso più
efficiente conoscendo l’evapotraspirazione della coltura in un certo periodo.
Il metodo di stima indiretto dell’ET a cui fare riferimento per colture in pieno campo
e in vivaio, è il metodo FAO basato su due stadi (two steps): prima si determina la
evapotraspirazione potenziale o di riferimento (ET0) e poi il coefficiente colturale Kc, il
quale è funzione dell’area fogliare della coltura e del tipo di tecnica colturale adottata:
Eq. 4
ET = ET0 x KC
26
L’ET0 rappresenta l’evapotraspirazione di un prato di Festuca arundinacea ben
concimato, irrigato e mantenuto a 10 cm di altezza in quelle condizioni climatiche; la ET0 è
un dato che può essere fornito, anche in tempo reale e su base oraria, da comunissime
stazioni meteo aziendali, il cui costo è di qualche migliaio di euro, oppure distribuito
automaticamente in vario modo (via Internet o SMS sul cellulare) dai servizi
agrometeorologici consortili o regionali agli utenti registrati.
Più problematica è invece la stima del KC delle coltura, calcolato come rapporto fra
l’evapotraspirazione della coltura e la ET0 nelle medesime condizioni climatiche. I valori di
KC sono noti per molte colture agrarie (oscillano tra 0.3 e 1.5) mentre sono disponibili solo
per poche colture ornamentali, in quanto dipendono non solo dalla specie botanica, ma
anche dalle dimensioni della singola pianta, e dalla tecnica colturale (a terra o in
contenitore). Per una determinazione più precisa sono necessarie prove sperimentali
abbastanza complesse, condotte per l’intera stagione irrigua e per più anni, in modo da
stabilire delle relazioni tra la variazione stagionale del Kc e l’andamento climatico e/o
individuare dei parametri facili da determinare che siano correlati al Kc. Pardossi e
collaboratori (2012), ad esempio, hanno trovato una buona relazione tra l’altezza della
pianta e il KC in alcune specie di arbusti ornamentali: questo tipo di relazione è stata
confermata anche per le 8 specie aromatiche studiate nel progetto SEGIF (Textbox 2.1).
Negli esperimenti effettuati nel progetto SEGIF, la ET media (ETM) di una delle 8
colture aromatiche oggetto di studio, può essere stimata con sufficiente precisione dalla
seguente formula:
ETM= ET0M * KC/h * H
Eq. 5
dove: Kc/h è il rapporto medio specie-specifico relativo alla coltura in oggetto,
ottenuto dividendo il KC, determinato durante i 9 rilievi di evapotraspirazione effettuati nel
periodo sperimentale da settembre 2013 a marzo 2014, per l’altezza media delle piante
misurate (vedi Tab. 2.8); H è l’altezza media, determinata su almeno 10 piante del settore
irriguo per il quale si sta calcolando il KC.; ET0M è l’evapotraspirazione media giornaliera
calcolata nel periodo esaminato (per i valori medi di ET0 decadali di Albenga vedi Tab.
2.9).
Una volta determinato il Kc, questo può essere usato su:
a) centraline irrigue capaci di cumulare l’evapotraspirazione per ciascun settore,
moltiplicando la ET0 media oraria per il coefficiente colturale del settore irriguo:
l’irrigazione si attiverà solo al superamento di una soglia di ET cumulata stabilita
dall’utente, in base alla AD del vaso.
b) per programmare settimanalmente in maniera più efficace anche i semplici timer
comunemente utilizzati dagli agricoltori, conoscendo, in base all’altezza delle proprie
piante, la ET media e in questo modo impostare un numero e una durata degli interventi
irrigui congruo con la ET attesa.
I valori Kc/h determinati sperimentalmente nel progetto SEGIF sono riportati nella
Tab 2.8 e maggiori dettagli su come utilizzarli sono riportati nel Textbox 2.1.
.
27
TEXTBOX 2.1. Prove sperimentali per la determinazione dei coefficienti colturali
(Kc) e delle esigenze minerali di alcune piante aromatiche.
Uno degli scopi del progetto SEGIF è stato quello di ottimizzare l’uso di acqua,
fertilizzanti e antiparassitari, al fine di ridurre l’impatto ambientale delle principali colture
aromatiche coltivate nella piana di Albenga (Lavanda angustifolia, Lavanda stoechas,
maggiorana, origano, rosmarino prostrato, rosmarino, salvia, timo): su queste specie, il
DiSAAA-a, insieme alla cooperativa Riviera dei Fiori e con la collaborazione di alcune
aziende della piana di Albenga, hanno eseguito uno studio allo scopo di calcolare:
x i coefficienti colturali da utilizzare per la stima dell’evapotraspirazione effettiva (ET) in
base all’evapotraspirazione potenziale (ET0) stimata a sua volta con centraline
meteorologiche, installate nelle aziende;
x le concentrazioni dei macro e micro nutrienti nei tessuti fogliari, da utilizzare come
valori di riferimento utili per la valutazione dello stato nutrizionale della pianta;
x le asportazioni totali nell’arco del ciclo colturale;
x le concentrazioni di assorbimento dei vari nutrienti (rapporto tra la quantità di elementi
minerali assorbiti e l’acqua traspirata dalla coltura) utilizzabili per la formulazione della
soluzione nutritiva da usare per la fertirrigazione.
A tal scopo sono state eseguite due prove: la prima nel 2012 (01/08/201215/04/2013) e la seconda nel 2013 (10/08/2013-20/05/2014), trapiantando le talee in vasi
diametro 14 da 1 litro con substrato commerciale (densità pari a 25 p/m2). La Lavanda
stoechas e il rosmarino sono stati coltivati anche nel vaso di diametro 18, con un volume di
circa 3 litri (densità 15 p/m2). Ad intervalli regolari di circa 45 gg (per un totale di 6 rilievi),
alcune piante presenti nelle aziende di Albenga sono state inviate all’Università di Pisa
dove sono stati eseguiti i rilievi dei consumi idrici per il calcolo del KC, e i rilievi di
crescita. I tessuti vegetali sono stati analizzati per valutare il contenuto minerale e
quest’ultimo utilizzato per calcolare le asportazioni minerali. Contemporaneamente presso
il DiSAAA-a, alcune piante delle stesse specie sono state coltivate in condizioni ottimali di
concimazione, in modo da ottenere dei valori di contenuto minerale nei tessuti fogliari da
utilizzare come valori di riferimento per la diagnostica fogliare.
I coefficienti colturali (KC= ET/ET0) sono stati determinati nei vari periodi del ciclo
di coltivazione come rapporto fra la ET0 misurata in loco con una centralina meteorologica
e l’evapotraspirazione effettiva, misurata attraverso successive pesate (metodo
gravimetrico). I KC variavano in funzione della data di trapianto e delle potature verdi
effettuate (3-5 durante tutto il ciclo). Utilizzando i dati dell’altezza (h) delle piante, si è
osservato che il rapporto KC/h era differente per le 8 specie, ma abbastanza costante durante
il ciclo colturale di ogni specie. Ad esempio, nel caso del rosmarino coltivato nel vaso 19
(densità di 15 p/m2) si può notare che mentre il KC oscilla da 0.40 a 1.00, il rapporto del
KC/h è assai più costante lungo tutto il periodo di coltivazione.
In tabella 2.8 sono riportati i valori di KC/h per le 8 specie oggetto di studio.
28
Rosmarino vaso 19
1.20
0.100
Kc
1.00
Kc/h
Kc
0.80
0.060
0.60
0.040
0.40
0.20
0.020
0.00
0.000
0
50
Kc/h
0.080
100 150 200 250 300
Giorni dal trapianto
Andamento del coefficiente colturale (Kc) determinato sperimentalmente per il rosmarino
coltivato in vaso diametro 19. Si noti come il coefficiente colturale diviso per l’altezza della
pianta espressa in cm (Kc/h) è sostanzialmente costante lungo tutto il periodo colturale.
Qui di seguito si illustra un esempio per chiarire come avviene il calcolo della ET
per una determinata specie aromatica con il sistema del coefficiente Kc/h.
Ipotizziamo che si voglia calcolare il valore di evapotraspirazione media del
rosmarino in vaso 19 e la frequenza di irrigazione per la terza decade di novembre, ad
Albenga. Le operazioni da eseguire sono le seguenti:
1) scegliere 8-10 vasi e su questi misurare l’altezza della pianta (si effettua per ogni pianta
la media delle misure su due-tre rami assurgenti), prendendo come quota 0 il piano del
substrato nel vaso;
2) calcolare il valore medio dell’altezza con le altezze delle 8-10 piante scelte (ad esempio
pari a 19.5 cm);
3) ricavare dalla Tab. 2.9 il valore medio di ET0 per la terza decade di novembre per la
zona di Albenga (pari a 1.30 L/m2)
3) calcolare la ET media (ETM) applicando la Eq. 5: ETM= ET0*Kc/h*H. Il coefficiente
KC/h è riportato in Tab. 2.8 ed è pari a 0.029.Quindi: ET (L/m2)= 1.30L/m2* 0.029/cm*
19,5 cm = 0.735 L/m2 e poiché la densità per questo tipo di coltivazione è di 15 p/m2, ogni
pianta traspirerà 0.735/15 p/m2= 0.049 L/pianta;
4) calcolare il numero di interventi al giorno, sapendo che si effettuerà l’irrigazione quando
sarà stato consumato il 20% (F) della AD. Dalla Tab.2.7 oppure utilizzando il software
SEGIF, si ottiene che la AD per il vaso diametro 19 di 3.0 L è di 0.85 L/p. VIN=
AD*F=0.85L/p*0.20=0.17 L/p. FI=ETDAY/VIN= 0.049L/m2/0.17 L/p= 0.288 irrigazioni
/day, pari ad 1 irrigazione ogni 3.5 giorni circa.
29
Tab 2.8. Rapporto medio ed errore standard fra il Kc e l’altezza di 8 specie aromatiche
allevate in vaso con diametro 14 o 19 cm (solo per rosmarino e Lavanda stoechas)
(n=27, densità di 25 e 15 piante/m2). In tabella è anche riportato, per ogni specie, la
pendenza della retta di regressione (y=bx) fra i Kc determinati sperimentalmente (x)
e quelli ricalcolati (y) in base all’altezza del campione e del rapporto Kc/h e il
coefficiente di determinazione (r2) della retta. Ad esempio, il Kc di una salvia
allevata in vaso diam. 14, mediamente alta 20 cm sarà pari a 0,040 x 20 cm= 0,80.
Kc/h errore
(1/cm) standard
Specie
Rosmarino vaso 19
Rosmarino vaso 14
Lavanda stoechas vaso 19
Lavanda stoechas vaso 14
Rosmarino prostrato vaso 14
Origano vaso 14
Salvia vaso 14
Lavanda angustifolia vaso 14
Maggiorana vaso 14
Timo vaso 14
0,029 ± 0,004
0,029 ± 0,003
0,035 ± 0,003
0,037
0,035
0,047
0,040
0,037
0,034
± 0,006
± 0,010
± 0,007
± 0,008
± 0,005
± 0,006
0,043 ± 0,007
Equazione
r2
Y=1,0386x
Y=1,043x
Y=0,9443x
Y=0,9558x
Y=0,9578x
0,9201
0,9138
0,9552
0,8813
0,5745
Y=1,0033x
Y=0,9324x
0,9128
0,7229
Y=0,9776x
Y=0,970x
Y=0,9479x
0,7446
0,880
0,7651
Tab 2.9. Evapotraspirazione potenziale media giornaliera (mm o L/m2) della piana di
Albenga (SV), calcolata su una media decennale di osservazioni.
Mese
I
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
0,82
1,79
2,18
2,55
3,37
3,54
Decade
II
0,95
1,66
2,03
2,98
3,75
4,01
Mese
III
1,25
1,94
2,44
3,06
3,71
4,52
I
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
4,66
4,71
3,88
2,49
1,29
1,53
Decade
II
4,67
4,50
3,55
2,11
2,39
1,07
III
4,95
4,26
2,97
1,76
1,30
0,95
1.3.1 La misura diretta della evapotraspirazione.
La misura diretta della evapotraspirazione è effettuata con metodi gravimetrici
(bilance) o con sensori per la misura dell’umidità del substrato in alcuni vasi-campione.
Attualmente in commercio esistono diversi sensori per la determinazione
dell’umidità del terreno. L’umidità del suolo può essere espressa, in termini di potenziale
idrico (tensione matriciale) o di contenuto idrico volumetrico (VWC).
30
Bilancia elettronica per il peso di piante di gerbera, per il calcolo diretto della ET della
coltura.
Il potenziale idrico è una grandezza direttamente correlata al livello di stress idrico
della pianta: infatti, come già descritto nei paragrafi precedenti, un potenziale matriciale di 100 hPa indica, nel caso dei substrati, la fine dell’acqua disponibile. Il potenziale idrico si
misura con i tensiometri idraulici, i quali sono poco diffusi nell’applicazione pratica a causa
della necessaria manutenzione, oltre che della loro fragilità ed del loro elevato costo. Negli
ultimi anni si sono diffusi sensori dielettrici che valutano il contenuto idrico volumetrico,
attraverso la misura di alcune costanti dielettriche di un mezzo (permettività e/o
conducibilità elettrica del mezzo o bulk EC). In questo caso il dato, per poter essere
utilizzato, deve essere accompagnato dalla conoscenza della curva di ritenzione idrica del
mezzo per stabilire il valore del contenuto idrico volumetrico (VWC) corrispondente al
punto di appassimento. L’uso dei sensori dielettrici permette di tener conto delle continue
variazioni della ET dovute alle condizioni ambientali, riducendo ai valori minimi desiderati
la LF.
Alcune di queste sonde sono in grado anche di misurare la conducibilità elettrica del
mezzo (bulk EC) dalla quale, attraverso opportune calibrazioni substrato-specifiche si può
calcolare la EC dell’acqua della soluzione circolante (EC dell’acqua contenuta nella
microporosità): queste sonde permettono quindi non solo di automatizzare l’irrigazione, ma
anche di modulare, automaticamente, sia la frazione di lisciviazione che il livello di
31
fertilizzazione in base ai valori di salinità misurati nel vaso. Al momento esistono già in
commercio centraline dotate di sensori di umidità del terreno in grado di fare l’irrigazione
dopo il superamento di una soglia di umidità fissata dall’utente e fertirrigatori in grado di
modificare il livello di lisciviazione in base al valore di salinità all’interno del vaso.
Da sinistra verso destra: alcuni sensori dielettrici utilizzati per la misura del solo
contenuto idrico volumetrico (SM200, Delta-T Device; Terrasense 2, Netsens) o anche
della bulk EC del mezzo (GS03, Decagon Device; WET-1, Delta-T device).
Il problema spesso riscontrato nell’uso dei metodi diretti è costituito dalla
rappresentatività del campione di piante scelte come riferimento. E’ sempre opportuno
scegliere piante dalle quali ci si aspetta un consumo idrico leggermente superiore alla
media, ad esempio piante più grandi e/o dislocate sui bordi dei bancali o nei punti più
soleggiati della serra o del vivaio. Una volta posizionato, il sensore non dovrebbe essere più
rimosso fino alla fine della stagione, a meno che la pianta monitorata non abbia uno
sviluppo significativamente diverso dalla media delle piante del settore irriguo considerato.
Il sensore, inoltre, deve essere collocato nella zona di maggiore densità radicale che di
solito coincide con la zona con maggiori oscillazioni di VWC nel vaso (normalmente
vicino al gocciolatore). Nei vasi di dimensioni superiori a 4 litri di volume, il sensore
dielettrico non misura il VWC dell’intero vaso, ma solo di una sua parte: è quindi
opportuno fare sempre una auto-calibrazione in loco del sensore, che consiste nel correlare,
dopo qualche giorno dalla sua installazione nel vaso, il VWC letto dal sensore con
l’effettivo contenuto idrico dell’intero vaso, misurato con una bilancia. In questo modo si
sceglie la soglia di VWC minima sotto la quale occorre attivare l’irrigazione, in base alla
variazione di umidità desiderata. Una volta messo in funzione il controllo automatico
dell’irrigazione, è necessario eseguire dei periodici controlli del drenato prodotto nel settore
irriguo, in modo da stabilire se la soglia di VWC e il vaso scelto siano rappresentativi del
settore. Se così non fosse, è necessario modificare la soglia di intervento irriguo, in modo
da ottenere la LF desiderata.
32
TEXTBOX 2.2. Sviluppo e validazione di un sistema automatico per l’irrigazione di
piante in vaso basato su sensori dielettrici.
Nelle attività del Progetto SEGIF, in collaborazione con la ditta NETSENS s.r.l di Sesto
Fiorentino (FI), è stato sviluppato e testato un software in grado di modificare in automatico il
volume irriguo distribuito ad intervalli predefiniti sulla base della misura di contenuto idrico
volumetrico (VWC) letto da sensori dielettrici in alcuni vasi campione.
Nell’azienda Enrico&Lanzalaco è stata installata una centralina meteo a cui erano collegati in
maniera wireless 6 nodi, ciascuno dei quali aveva due sensori di umidità del suolo (mod.
Terrasense 2). Nell’azienda è stata anche installata la centralina per il pilotaggio
dell’irrigazione WI-SENSE, in grado di essere programmata in remoto tramite un’interfaccia
WEB e in collegamento con la stazione meteo. I ricercatori dell’università di Pisa assieme a
quelli della NETSENS hanno implementato nella centralina un algoritmo in grado di modulare
il volume irriguo, da distribuire in occasione d’interventi irrigui prestabiliti nella giornata, in
funzione della VWC letto dai sensori dielettrici nella mezz’ora antecedente l’inizio
dell’irrigazione.
Mappa del posizionamento dei 6 nodi collegati
a sensori dielettrici per il controllo
dell’irrigazione nell’azienda
Enrico&Lanzalaco. Ogni nodo ha due sensori
dielettrici per la misura del VWC.
Lisimetro per la raccolta del drenato dei
vasi, per la verifica del drenato prodotto
dall’algoritmo per la modulazione del
volume irriguo in funzione del contenuto
idrico volumetrico del vaso campione.
La prova di validazione del sistema, eseguita nel mese di aprile 2014 su due settori di
aromatiche irrigate a pioggia con il metodo tradizionale a timer o con il metodo innovativo
sviluppato, ha dimostrato un risparmio idrico di circa il 26% rispetto al controllo aziendale.
Quando la quantità di acqua da somministrare era poca e non superava il valore minimo
irriguo per avere un’accettabile uniformità di distribuzione, l’intervento irriguo non era
eseguito.
33
Nel sistema sopradescritto, l’irrigazione è attivata quando il VWC letto dal sensore
dielettrico scende sotto una determinata soglia per un tempo prefissato, pari al VIL: questo
metodo però pone l’inconveniente che il settore irriguo sarà irrigato a orari sempre diversi,
in quanto l’attivazione dipende dall’andamento della evapotraspirazione della coltura.
Questo approccio, basato su volumi irrigui fissi e frequenze variabili non è sempre di
possibile applicazione a livello aziendale, specialmente dove i settori irrigui sono numerosi
ed è necessario invece imporre orari fissi di attivazione per avere il tempo di irrigare tutti i
settori, oppure quando non si vuole che l’irrigazione venga effettuata in alcuni periodi della
giornata.
Nelle attività del progetto SEGIF, si è messo a punto, assieme alla collaborazione
con la ditta NETSENS s.r.l di Sesto Fiorentino (FI), un algoritmo con cui, attraverso il
monitoraggio del VWC letto dal sensore dielettrico in prossimità dell’orario pre-stabilito
dell’intervento irriguo, si modifica la durata dell’irrigazione in modo da ristabilire il
contenuto idrico massimo nel vaso ottenendo la percentuale di drenaggio desiderata
(approccio della frequenza fissa e del volume irriguo variabile, vedi Textbox 2.2).
L’algoritmo è stato testato presso l’azienda Lanzalaco di Albenga, ottenendo risparmi idrici
variabili dal 15 al 25% a seconda dello stadio colturale delle piante.
BIBLIOGRAFIA
Incrocci G., Incrocci L., Carmassi G., Diara C., Pulizzi R., Cozzi P., Fibbi F.,
Marzialetti P., Pardossi A., 2012. Uso di concimi a rilascio controllato.Clamer
informa 07-08/2012.
Incrocci L., Marzialetti P., Incrocci G., Di Vita A., Balendonck J., Bibbiani, C.,
Spagnol S., Pardossi A. 2014. Substrate water status and evapotranspiration
irrigation scheduling in heterogenous container nursery crops. Agric. Water Manag.
131: 30– 40.
Pardossi A., Incrocci l., Incrocci G., Malorgio F., Battista P., Bacci L., Rapi B.,
Marzialetti P., Hemming J., Balendonck J., 2009b. Root Zone Sensors for
Irrigation Management in Intensive Agriculture. Sensors 9, 2809-2835.
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Vender C., Voltolina G., Fusani P., D’andrea L., 2004. Schede colturali, Trento, Italia ,
Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - Unità di ricerca per il
Monitoraggio e la Pianificazione forestale.
34
Capitolo 3 - LA CONCIMAZIONE DELLE COLTURE
FLOROVIVAISTICHE
Michele Siena, Luca Botrini, Luca Incrocci, Carmassi Giulia, Flavio Ceccarelli, Giovanna
Mancini, Pasquale Restuccia, Alberto Pardossi
3.1 INTRODUZIONE
Un razionale piano di fertilizzazione consiste nel somministrare alla coltura
un’adeguata quantità di elementi nutritivi riducendo al minimo le possibili perdite, in modo
da limitare l’impatto ambientale e il costo della concimazione.
Questo obiettivo è di difficile realizzazione soprattutto nelle coltivazioni in vaso
perché:
1) il volume di substrato a disposizione della radice di una pianta è di un ordine di
grandezza più piccolo di quello che avrebbe la pianta se coltivata in suolo (1-10 litri nel
substrato contro i 30-150 litri del terreno)
2) i substrati di solito hanno una capacità di scambio cationico bassa o nulla, che
rende limitato il buffer di nutrienti, normalmente trattenuti da questa come fosforo,
potassio, calcio, magnesio e ammonio;
3) la lisciviazione nel vaso è molto più alta rispetto a quella di un terreno e quando
gli elementi nutritivi sono fuoriusciti dal vaso, questi non sono più disponibili per la pianta.
La bassa efficienza irrigua, tipica delle colture florovivaistiche in vaso, influenza
negativamente anche l’efficienza di assorbimento dei nutrienti ed è per questo che
un’attenta gestione irrigua può portare ad un minore spreco di fertilizzanti e ad un miglior
utilizzo di questi.
Le specie florovivaistiche sono per la maggior parte anche poco resistenti alla
salinità: in condizioni di elevata salinità la pianta riduce la propria crescita, peggiorando
anche l’aspetto estetico con la comparsa di necrosi fogliari e ingiallimenti. In questo caso è
importante frazionare il più possibile la fertilizzazione in modo da evitare eccessivi
innalzamenti della salinità nel substrato. Inoltre, per evitare accumuli, è buona norma
fornire gli elementi nutritivi in una quantità adeguata al loro tasso di assorbimento. Per far
ciò, è necessario conoscere la quantità e il rapporto degli elementi nutritivi assorbiti dalla
pianta durante ogni fase del suo ciclo produttivo, in modo da scegliere un concime con un
rapporto dei nutrienti il più simile possibile a quello assorbito dalla coltura.
Conoscere in modo chiaro le esigenze nutritive delle numerose specie coltivate nel
settore del florovivaismo, è molto difficile in quanto non ci sono in bibliografia
pubblicazioni che riportino in dettaglio le esigenze minerali delle centinaia e centinaia di
specie coltivate. Inoltre, tale dettaglio spesso potrebbe rivelarsi inutile in quanto è
35
praticamente impossibile, a livello aziendale, effettuare una concimazione specifica per
ogni singola specie. Dal punto di vista applicativo risulta invece più interessante una
suddivisione delle specie coltivate, sulla base del loro fabbisogno di nutrienti (basso, medio
o alto). In generale, le latifoglie, le sempreverdi, le piante coltivate in serra ed in contenitore
tendono ad avere esigenze superiori a quelle, rispettivamente, delle conifere, delle specie
decidue e delle piante coltivate a terra ed in piena aria.
Le tabelle 3.1 e 3.2 consentono di suddividere le specie in tre gruppi in funzione
della concentrazione ottimale di nutrienti nelle foglie.
Tab. 3.1. Intervalli di sufficienza (% sostanza secca) del contenuto minerale delle foglie di
alcuni gruppi di specie ornamentali (valori indicativi ricavati da testi diversi).
Specie
Specie ornamentali in genere
Specie da vaso fiorito
Specie da bordura fiorita
Specie da fiore reciso
Arbusti ornamentali
Conifere
Azoto (N)
3,5 – 5,5
3,0 – 5,0
3,5 – 4,5
4,0 – 6,0
2,5 – 3,5
1,3 – 3,0
Fosforo (P)
0,4 – 1,0
0,3 – 0,7
0,4 – 0,7
0,2 – 0,6
0,2 – 0,5
0,2 – 0,5
Potassio (K)
2,0 – 8,0
2,5 – 4,0
2,0 – 6,0
3,5 – 6,0
1,5 – 3,0
1,0 – 2,0
Tab. 3.2. Classificazione delle specie ornamentali in funzione del loro fabbisogno nutritivo,
stimato in base alla concentrazione fogliare (% sost. secca) di macronutrienti.
Nutriente
Azoto (N)
Fosforo (P)
Potassio (K)
Fabbisogno nutritivo della coltura
Basso
1,7 – 2,4
0,2 – 0,3
1,0 – 1,5
Medio
2,4 – 3,0
0,3 – 0,5
1,6 – 2,2
Alto
> 3,0
> 0,5
> 2,2
3.2 METODI UTILIZZATI NELLA FERTILIZZAZIONE DELLE COLTURE IN
VASO
La fertilizzazione delle piante in vaso può essere effettuata attraverso interventi in
pre-trapianto ed in copertura. La concimazione pre-trapianto consiste nell’aggiungere al
substrato di coltivazione una certa quantità di fertilizzanti, sia solubili (cioè di pronto
effetto) sia a lenta cessione in modo da garantire una sicura riserva nutritiva. Le dosi non
devono essere eccessive sia per favorire una rapida formazione delle radici dopo il
trapianto, sia per evitare stress salini.
I concimi a pronto effetto si solubilizzano in poco tempo e rilasciano quindi subito
gli elementi nutritivi: per evitare picchi di eccessiva salinità, che potrebbero danneggiare le
radici occorre somministrarli in piccole e frequenti dosi di questi. Normalmente occorre
36
non superare la dose 0.8-2 g per litro di substrato in funzione anche della EC già presente
nel substrato e dello stadio di sviluppo della pianta.
3.2.1 Concimi a lenta cessione e a rilascio controllato
I concimi a lenta cessione in realtà si suddividono in due differenti tipologie (anche
se nell’uso comune sono utilizzati indifferentemente), distinte l’una dall’altra in funzione
del meccanismo di rilascio degli elementi nutritivi contenuti: i “concimi a lento rilascio”
(CRL) e i “concimi a rilascio controllato” (CRC). La principale differenza tra CRL e
CRC consiste nel fatto che nei primi i meccanismi di rilascio non sono facilmente
controllabili (possono dipendere da bassa solubilità o da attacco microbiologico), mentre
nei secondi il granulo è interamente rivestito da una membrana semipermeabile che regola
la fuoriuscita dei nutrienti nel tempo con meccanismi di rilascio ben conosciuti e quindi
facilmente controllabili.
La lenta cessione nei CRL interessa esclusivamente la frazione azotata, mentre tutti
gli altri elementi nutritivi, essendo solubili in acqua, sono prontamente distribuiti.
Generalmente la durata di rilascio dell’azoto è breve (inferiore ai 2-3 mesi) ed è influenzata
da alcune variabili ambientali: temperatura, pH, livello di umidità e componente microbica
nel terreno
I CRL possono essere suddivisi in tre specifiche categorie:
1) composti inorganici a lenta solubilità. In questo caso il rilascio dell’elemento
fertilizzante è causato dalla scarsa solubilità dei composti da cui derivano. A questo gruppo
appartengono, per esempio, tutti i composti con formula generale MeNH4PO4×H2O, dove
Me indica un catione bivalente come Mg, Zn, Fe e Mn. Questi concimi hanno il difetto di
avere un basso titolo di azoto (non superiore al 10%) ed elevato in fosforo (fino al 50% di
PO2), e soprattutto il rilascio non è facilmente controllabile.
2) prodotti con N organico di sintesi, solubilizzato in seguito a processi biologici
(es. urea-formaldeide) o chimici (es. isobutilidendiurea o IBDU prodotto commerciale:
Nitroposka Gold®; crotonilidendiurea o CDU, prodotto commerciale: Triabon®);.
3) concimi organici azotati. La legge 748/1984 definisce i concimi organici come
“prodotti formati da composti organici a base di carbonio derivati da animali e piante”, con
esclusione di qualsiasi forma di carbonio organico di sintesi (come l’urea). Sono prodotti
che contengono azoto legato a matrici organiche che nel terreno si degradano lentamente,
favorendone una graduale cessione. Nel settore florovivaistico i prodotti di questo tipo
maggiormente usati sono gli scarti della lavorazione del cuoio, gli scarti della macellazione
degli animali (cornunghia, farine di carne e di sangue).
I concimi a rilascio controllato (CRC) invece, sono granuli di concime complesso,
contenenti NPK e microelementi rivestiti da una resina semipermeabile polimerica in
maniera da consentire una fuoriuscita lenta e costante del fertilizzante. Oggi esistono in
commercio due principali tipi di resine: di tipo alchidico (usata ad esempio nei concimi noti
come Osmocote®) o poliuretanico (ad esempio, quelli dei prodotti Plantacote® e
37
Multicote®). La composizione e lo spessore della resina determinano il meccanismo e la
durata di cessione che va dai 2/3 fino ai 16/18 mesi.
Occorre ricordare che la durata di cessione indicata dal produttore si riferisce a
condizioni standard e costanti di temperatura (21 o 25°C), assai inferiori a quelle effettive
nel contenitore nei mesi estivi all’aperto o in serra (durante le ore centrali della giornata si
può arrivare a temperature nel vaso anche fino a 40-45°C): ciò accorcia notevolmente la
durata “teorica” di cessione del concime e spiega l’opinione diffusa che l’efficienza
d’impiego dei CRC possa differire, anche sensibilmente, rispetto a quanto dichiarato “in
etichetta”, in particolare per i prodotti a rilascio più differito nel tempo (8-9 mesi o più).
Negli ultimi anni, sul mercato sono stati immessi nuovi CRC, i cui granuli hanno,
tutti o solo in parte, un secondo rivestimento che impedisce l’inizio della cessione prima
della sua degradazione: in questo modo è possibile far iniziare la cessione solo dopo che la
pianta è radicata oppure avere una curva di cessione del nutriente bifasica, spostando nella
seconda parte del ciclo il maggiore rilascio di elementi minerali, cercando così di
avvicinarsi al ritmo di assorbimento della stessa pianta.
L’uso di CRC è consigliato soprattutto nei periodi invernali e piovosi, quando non è
possibile utilizzare frequentemente la fertirrigazione e la lisciviazione del vaso è alta: in
questo caso l’uso di CRC può evitare la comparsa di carenze minerali e soprattutto limitare
le perdite di nutrienti per lisciviazione. Prove effettuate a Pistoia mettendo a confronto
piante di fotinia e lauroceraso allevate con impianto a goccia, fertirrigate o fertilizzate
utilizzando CRC, hanno dimostrato che l’uso di CRC riduce fino all’80% e al 75% le
perdite per lisciviazione rispettivamente di azoto e fosforo.
Rimane tuttavia il problema che andamenti climatici anomali possono velocizzare o
ritardare la fuoriuscita del fertilizzante dal granulo, creando una anomala cessione degli
elementi che non segue le reali richieste nutritive della pianta. E’ quindi necessario seguire
la coltura durante l’intero ciclo di crescita, monitorando settimanalmente la presenza di
sintomi da carenza o da eccesso di elementi, l’EC, il pH del drenaggio ed eventualmente del
substrato.
3.2.2 La fertirrigazione
La fertirrigazione consiste nel somministrare una soluzione nutritiva attraverso
l’impianto di irrigazione, in modo che gli elementi nutritivi veicolati dall’acqua possano
essere più facilmente assorbiti, e quindi concimare con minor spreco. Con questa tecnica è
possibile variare facilmente il tasso di nutrienti apportati mantenendo il loro rapporto simile
a quello di assorbimento della pianta. La fertirrigazione per colture in serra su substrato
deve essere continua a causa dello scarso buffer nutritivo del substrato e dell’alto tasso di
crescita sostenuto dalle condizioni climatiche ottimali garantite dalla serra. Per le colture
ornamentali e aromatiche invece, a più lento accrescimento, la fertirrigazione si esegue a
cadenza settimanale.
38
Textbox 3.1. Utilizzo di sensori dielettrici per l’aumento dell’efficienza nell’uso di
acqua e dei nutrienti della margherita allevata in vaso
Nell’ambito del progetto SEGIF è stato collaudato un sistema automatico per
l’irrigazione di piante da fiore allevate in vaso in serra. La pianta presa come riferimento è
stata la margherita in vaso, specie molto importate per l’economia delle aziende di Albenga.
Nell’azienda Zerbone Marco Filippo è stato installato un impianto costituito da 6 nodi con
due sensori dielettrici, in grado di monitorare altrettanti settori irrigui indipendenti.
Nella primavera del 2014, è stata effettuata una prova per verificare il risparmio
idrico e di nutrienti che questi sistemi automatici possono produrre rispetto alla tecnica
comunemente adottata, individuando due settori irrigui distinti, uno irrigato secondo la
pratica aziendale e l’altro irrigato in funzione del superamento di una soglia minima di
umidità nel substrato (32% di VWC, che corrispondeva ad un potenziale matriciale di circa
-40-50 hPa), misurata attraverso sensori dielettrici (mod Terrasense, Netsens, Sesto
Fiorentino). La durata dell’irrigazione nel caso del settore controllato dai sensori dielettrici
era pre-stabilita per fornire un volume irriguo netto di circa 500 ml/vaso.
Canalette contenenti margherite per il recupero della soluzione drenata, installate
nell’azienda Zerbone Marco Filippo. Si notino i sensori dielettrici installati nelle prime
piante, per il monitoraggio dell’umidità nel substrato (controllo, fila a destra), o per
attivare in automatico l’irrigazione nel caso del trattamento con attivazione in base al
superamento di una soglia minima di umidità (fila a sinistra).
39
I dati, raccolti nel periodo compreso tra il 21 Febbraio e il 7 Aprile 2014, hanno
dimostrato che la tesi con sensori dielettrici ha effettuato ben 27 interventi con il volume
irriguo prestabilito (2,2 L/m2), mentre il testimone aziendale ne ha effettuati molto meno
(un terzo meno) ma con volumi praticamente doppi. I risultati forniti dal sistema e il
drenato appositamente raccolto e analizzato per l’azoto (N) hanno evidenziato oltre al
notevole risparmio idrico, una consistente riduzione della lisciviazione dell’azoto con una
consistente riduzione dell’impatto ambientale della coltivazione, come riportato nella
tabella sottostante:
PARAMETRI
Irrigazioni
Volume medio (L)
Consumo idrico (L)
Drenato (L)
LF (%)
Contenuto N-NO3 dren. (mg/L)
N lisciviato (Kg/ha)
Controllo
Sensore Umidità
18
4,1
73,3
27
2,2
59,4
differenza %
rispetto al
controllo
+50%
-46%
-20%
43,3
59.1%
14,1
17.4%
-67%
-70%
137
59
91
13
-33%
-78%
I parametri fondamentali da conoscere nella fertirrigazione sono tre: il pH e la
conducibilità elettrica (EC) della soluzione nutritiva e il rapporto fra gli ioni ovvero la
ricetta nutritiva.
Il pH deve essere compreso fra 5 e 6, con eccezione per le acidofile (azalee,
rododendri), per le quali può oscillare nel range 4.4-4.8: pH inferiori possono causare danni
alle radici, mentre pH superiori la precipitazione di diversi elementi nutritivi causando
pericolosi accumuli nei tubi dell’irrigazione, con il pericolo di occlusione dei gocciolatori.
Per ottenere il pH desiderato è importante fare la neutralizzazione dei bicarbonati come già
illustrato nel capitolo 2 di questo manuale.
La EC di una soluzione nutritiva è un parametro correlato con la quantità totale di
sali presenti nella soluzione. Soluzioni con la stessa EC possono avere composizione
ioniche differenti. Normalmente la EC viene utilizzata anche per controllare la crescita e la
qualità della pianta coltivata in serra. Aumentando la EC si innalza il potenziale osmotico e
di conseguenza: 1) si rende più difficile l’assorbimento dell’acqua, contrastando, ad
esempio, l’effetto della filatura, specie in condizioni di temperature elevate e di bassa
luminosità; 2) nel caso di ortaggi da frutto si innalza il grado zuccherino dei frutti,
limitando la quantità di acqua caricata nel frutto.
La composizione della soluzione nutriva o ricetta nutritiva, rappresenta la
concentrazione degli elementi nutritivi, macronutrienti o micronutrienti, presenti nella
stessa. Per evitare accumuli o deficienze nella zona radicale, tale concentrazione dovrebbe
essere simile alla concentrazione di assorbimento della coltura, e cioè al rapporto fra la
40
quantità di elemento assorbita dalla coltura in milligrammi e la quantità di acqua
evapotraspirata, espressa in L, riferito ad un dato periodo di tempo. Un altro criterio, spesso
usato nello stabilire la concentrazione degli elementi nella soluzione nutriva, è il tasso di
crescita della pianta: ad esempio, una pianta di pomodoro riesce a produrre fino a 6-7 g di
sostanza secca al giorno, contro tassi di crescita di alcune ornamentali pari a 0.5- 1.0 g di
sostanza secca ed è chiaro che in questo caso la concentrazione di nutrienti sarà inferiore
rispetto al primo.
Altri due aspetti fondamentali di una ricetta nutritiva sono il rapporto fra azoto
ammoniacale e azoto totale e il rapporto fra i cationi.
L’azoto ammoniacale nelle soluzioni nutritive non supera mai, di solito, il 10%
dell’azoto totale (ad eccezione della rosa in cui può arrivare fino al 25%) e comunque la
quantità totale di N-NH4 non dovrebbe superare più di 2-3 mM (30-40 ppm), per evitare
fenomeni di fitotossicità in condizioni di alta temperatura. Il valore del rapporto è
importante per il controllo del pH nel substrato: valori bassi (e cioè con poco azoto
ammoniacale), tendono ad innalzare il pH del substrato e viceversa.
Il rapporto fra i principali cationi (potassio, calcio e magnesio) è importante per
evitare fenomeni di antagonismo tra di loro nell’assorbimento radicale: il rapporto ottimale
K:Ca:Mg, espresso in milliequivalenti e fatta pari a 100 la loro somma, è di 40:40:20. Le
Tabb. 3.3 e 3.4 riportano, a titolo di esempio, le composizioni delle soluzioni nutritive
raccomandate per alcune delle più comuni specie florovivaistiche.
Per i microelementi di solito si usano prodotti nei quali il ferro è chelato con acidi
organici (EDTA, EDDHA, DPTA) o con sostanze complessanti: lo scopo è quello di
preservare dall’immobilizzazione e dalla ossidazione il Fe, in modo che questo sia
scambiato dalla sostanza veicolante direttamente a livello radicale. Per gli altri
microelementi metallici (Mn, Cu, Zn) si possono utilizzare sia i sali semplici (di solito
meno costosi) sia i chelati (assai costosi, ma indispensabili per piante con difficoltà di
assorbimento per alcuni microelementi).
Una volta stabilita la ricetta nutritiva e conosciuta la composizione dell’acqua
irrigua, occorre effettuare il calcolo dei concimi e acidi da aggiungere all’acqua irrigua per
ottenere la concentrazione desiderata. Si omette la descrizione dei calcoli necessari,
consigliando l’utilizzo di software che provvedono al calcolo automatico come ad esempio
“SOL-NUTRI”, sviluppato dal dott. Luca Incrocci dell’Università di Pisa e scaricabile
gratuitamente dal sito web http://www.azort.it/software/solnutri/index.html.
41
Textbox 3.2. Software SOL-NUTRI
Il calcolo delle quantità di acidi e concimi necessari per preparare le soluzioni stock
per fare una fertirrigazione di una coltura a terra o in fuori suolo può essere fatto
utilizzando il software SOL-NUTRI, ideato da L. Incrocci (Università di Pisa), liberamente
scaricabile come file eseguibile presso il sito www.azort.it oppure come file Excel® al sito
http://cespevi.it/softunipi/softunipi.htm.
Il software presenta due database, modificabili da parte dell’utente: uno per le
formule (ricette) nutritive e uno per le caratteristiche dei concimi e degli acidi utilizzati nel
calcolo. Una serie di winzard guida l’utente nel calcolo, in tre step successivi:
1) l’utente inserisce i dati necessari per il calcolo: composizione ionica dell’acqua irrigua,
scelta del pH, EC e soluzione nutritiva da distribuire alla coltura; volume e fattore di
concentrazione delle due soluzioni stock e della soluzione di acido;
2) il software calcola, in modalità automatica (consigliata) o manuale, la concentrazione di
acidi e/o sali delle soluzioni stock e informa l’utente anche sul rischio di precipitazioni
saline nel caso di soluzioni stock particolarmente concentrate;
3) stampa del report, dove oltre alla quantità di sali e acidi da sciogliere in ciascun
contenitore stock si riporta anche il costo per la preparazione delle soluzioni.
START
Valutazione
acqua irrigua
Test
Formula nutritiva
Sali e
acidi
Dati fertirrigatore
database
database
Test
precipitazione
sali
No
Seleziona
Formula
nutritiva
No
Si
Inserisci nuova
formula nutritiva
Nuova
concentrazione
soluzioni stocks
Si
pH and EC
Report
Aggiustamento
formula nutritiva
Seleziona
sali e acidi
(stampa)
stampa)
Calcolo
Calcol
Diagramma di flusso del software SOL-NUTRI.
42
Tab. 3.3. Concentrazione (mg/L o ppm) di macroelementi in soluzione nutritive per diverse
specie coltivate in idroponica.
Specie
Rosa
Gerbera
Crisantemo
Garofano
Piante in vaso
Media
N-NO3150
150
140
180
140
140
N-NH4+
14
14
14
14
7
14
P
40
40
35
40
40
40
K
200
210
200
240
210
215
Ca
130
130
160
140
120
120
Mg
25
25
25
30
25
25
S
50
50
50
50
50
50
Tab. 3.4. Concentrazione (ppm) di microelementi in soluzione nutritive per diverse specie
coltivate in idroponica.
Specie
Fe
B
Cu
Zn
Mn
Mo
Rosa
1,40
0,25
0,06
0,32
0,55
0,10
Gerbera
2,00
0,35
0,06
0,32
0,28
0,10
Crisantemo
2,20
0,35
0,06
0,32
0,55
0,10
Garofano
1,40
0,35
0,06
0,32
0,55
0,10
Piante in vaso
1,20
0,25
0,06
0,32
0,55
0,10
Media
1,50
0,30
0,06
0,32
0,55
0,10
3.3 LE ESIGENZE NUTRIZIONALI DELLE AROMATICHE
Uno degli scopi del progetto SEGIF è stato quello di studiare le asportazioni delle
principali aromatiche coltivate nella zona di Albenga per poter fornire indicazioni e
protocolli di concimazione, atti a produrre piante di qualità e con il minor impatto
ambientale possibile (lisciviazione di acqua e nutrienti). Come detto in precedenza non
esistono molte informazioni sui contenuti minerali nelle piante aromatiche: i pochi studi
ritrovati in letteratura riguardano essenzialmente gli effetti della fertilizzazione sulla sintesi
dei composti di interesse dell’industria cosmetica come gli oli essenziali. Per questo
motivo, nell’ambito del progetto SEGIF è stato avviato uno studio per determinare le
asportazioni e concentrazioni di riferimento per i nutrienti presenti nei tessuti vegetali di 8
specie aromatiche. Nel 2012 e 2013 sono stati spediti da Albenga all’Università di Pisa, con
cadenza di 30-45 gg, vasi di piante raccolte in varie aziende della piana di Albenga (aziende
Enrico&Lanzalaco, Zerbone Marco Filippo, Denegri Mirko e Pizzo Marino), utilizzate per
effettuare analisi distruttive allo scopo di determinare la quantità di sostanza secca presente
nella pianta e la concentrazione di N, P2O5, K2O, CaO, MgO, Fe, Mn, Zn, Cu e B. Nell’arco
dei due anni sono stati analizzati ben 600 campioni e i dati medi del contenuto di elementi
nutritivi nella parte aerea di queste piante sono riportati in Tab. 3.5.
I valori dei contenuti fogliari dei vari macroelementi sono generalmente
leggermente inferiori (in particolare per azoto e potassio) a quelli di riferimento riportati da
Mills (1991), almeno nel caso di rosmarino, salvia, timo e lavanda, le uniche specie
considerate da questo Autore.
La concentrazione fogliare di azoto per tutte le specie è prossima a 2 g/100g, con
43
valori massimi per l’origano e per la salvia (rispettivamente con 2,2 e 2.1 g/100 g) e valori
minimi per il rosmarino prostrato (1.5 g/100g). La concentrazione nei tessuti della parte
aerea di fosforo è abbastanza costante per tutte le specie considerate (0.35 g/100 g di
sostanza secca). La concentrazione media di K2O, CaO, e MgO nei tessuti delle 8 specie
aromatiche prese in considerazione è stata rispettivamente pari a 2.1, 0.9 e 0.4 gr/100 gr di
sostanza secca. Per i microelementi, le concentrazioni più alte sono state riscontrate per il
ferro (33.6 mg/100 g), seguito dal manganese (15.3 mg/100 g), ed infine dallo zinco e boro
con valori prossimi a 10 mg/100gr di sostanza secca. I valori, specialmente se confrontati
con le specie ortive, appaiono abbastanza contenuti, confermando che queste specie non
sono molto esigenti in fatto di fertilizzazione.
Lavanda
Lavanda
stoechas
Maggiorana
Origano
Rosmarino
Rosmarino
Prostrato
Salvia
Timo
Media
Min
Max
Tab. 3.5- Concentrazioni fogliari dei principali elementi nutritivi di otto diverse specie di
piante aromatiche coltivate in vaso nella zona di Albenga. Le misure sono la media
di 10 campionamenti suddivisi in due esperimenti (giugno 2012-marzo 2013 e
agosto 2013-maggio 2014). Per ogni specie è riportata anche la media dei valori
minimi e massimi osservati nei vari campionamenti.
1,8
1,8
1,8
2,2
1,7
1,5
2,1
1,9
1,9
1,5
2,2
Parametro
N (g/100g)
P (g/100g)
1,2-2,6 1,2-2,6 1,1-2,6 0,9-3,0 1,2-2,6 1,1-2,4 1,1-3,1 1,2-3,1
0,3
0,3
0,4
0,4
0,3
0,4
0,3
0,2-0,4 0,2-0,4 0,3-0,7 0,3-0,4 0,2-0,4 0,2-0,5 0,2-0,5
K (g/100g)
2
1,8
2,2
2,4
2,1
1,8
2,3
0,3
0,3
0,3
0,4
2,1
1,8
2,4
0,9
0,7
1,1
0,4
0,3
0,4
0,2 0,5
1,8
1,4-2,5 1,4-2,4 1,5-3,1 1,6-2,2 1,6-2,6 1,4-2,6 1,5-3,2 1,1-2,4
Ca (g/100g)
1
0,8
1
0,7
0,9
1,1
1,1
0,9
0,8-1,4 0,5-1,2 0,5-1,7 0,5-0,9 0,6-1,4 0,7-1,7 0,8-1,6 0,6-1,2
Mg (g/100g)
0,4
0,4
0,3
0,3
0,4
0,4
0,4
0,3
0,3-0,5 0,2-0,5 0,2-0,6 0,2-0,4 0,2-0,6 0,2-0,6 0,3 -0,6 0,2 -0,4
Fe (mg/100g)
38
41
28
41
26
27
20 -60 14 -95 17 -42 10 -90 12 -59 12 -47
Mn (mg/100g)
Zn (mg/100g)
B (mg/100g)
32
36
18 -45
27 -55
15
35
16
7
10
9
11
19
10 -18
7 -28
8 -35
5 -11
7 -16
6 -18
6 -19
13 -25
10
11
9
9
9
7
9
9
6 -13
7 -17
6 -11
4 -14
4 -18
4 -10
5 -12
5 -11
14
7
8
12
5
6
14
8
4 -39
4 -30
4 -15
8 -45
3 -25
4 -17
4 -42
4 -11
44
33,6 26,0 41,0
15,3 7,0 35,0
9,1
7,0 11,0
9,3
5,0 14,0
Lavanda
Lavanda
stoechas
L. stoechas
vaso 18
Maggiorana
Origano
Rosmarino
Rosmarino
vaso 18
Rosmarino
Prostrato
Salvia
Timo
Media
Tab. 3.6: Asportazione media (kg/ha) dei principali nutrienti (N, P2O5, K2O, MgO, CaO,
Fe, Mn, Zn e B). Le misure sono la media di 10 campionamenti suddivisi in due
esperimenti (giugno 2012-marzo 2013 e agosto 2013-maggio 2014). Per ogni
parametro è riportato anche il valore medio delle specie aromatiche prese in esame.
6,22
5,97
7,44
7,68
6,68
8,84
8,26
9,29
8,74
8,61
7,77
125,8
104,9
136,8
146,1
148,9
157,3
126,9
153,8
168,1
158,4
142,7
P2O5 (kg/ha)
42,6
38,0
54,8
57,7
54,5
54,0
60,0
62,2
65,9
51,9
54,2
K2O (kg/ha)
133,3
130,6
165,1
184,7
195,7
178,8
174,5
211,9
226,7
170,0
177,1
CaO (kg/ha)
75,1
64,6
77,8
85,2
60,7
101,1
69,7
95,8
128,0
62,8
82,1
MgO (kg/ha)
38,3
38,6
42,0
30,0
26,4
49,4
19,6
42,5
55,6
31,0
37,3
Fe (kg/ha)
2,5
2,3
3,2
2,0
2,8
2,5
2,0
2,4
2,9
2,7
2,5
Mn (kg/ha)
1,5
1,2
2,5
1,2
0,8
0,9
0,8
2,1
1,7
1,5
1,4
Zn (kg/ha)
1,3
1,0
2,4
1,0
0,6
0,9
0,3
0,7
0,8
0,8
1,0
B (kg/ha)
0,5
0,3
0,6
0,5
0,8
0,3
0,6
0,4
0,9
0,4
0,5
Parametro
Biomassa secca
(t/ha)
N (kg/ha)
Maggiorana
Origano
Rosmarino
Rosmarino
vaso 18
Rosmarino
Prostrato
Salvia
Timo
6,22
5,97
7,44
7,68
6,68
8,84
8,26
9,29
8,74
8,61
7,77
427,3
29
4
26
13
5
0,6
0,4
0,3
0,1
469,5
22
4
23
10
5
0,5
0,3
0,2
0,1
446,1
31
5
31
12
6
0,7
0,6
0,5
0,1
532,4
30
5
29
12
3
0,4
0,2
0,2
0,1
566,7
26
4
29
8
3
0,5
0,1
0,1
0,1
495,6
32
5
31
14
6
0,5
0,2
0,2
0,1
459,9
29
6
31
11
3
0,4
0,2
0,1
0,1
471,1
24
6
37
17
5
0,5
0,4
0,1
0,1
497,5
41
6
37
19
7
0,6
0,3
0,2
0,2
415,1
31
6
34
11
4
0,7
0,4
0,2
0,1
478,1
29,5
5,1
30,8
12,7
4,8
0,5
0,3
0,2
0,1
45
Media
L. stoechas
vaso 18
Biomassa
secca (t/ha)
ET (m3/ha)
N
P
K
CaO
MgO
Fe
Mn
Zn
B
Lavanda
stoechas
Parametro
Lavanda
Tab. 3.7. Concentrazione di assorbimento (mg/L) dei principali nutrienti (N, P, K, Mg, Ca,
Fe, Mn, Zn e B) calcolata come media di tutto il ciclo colturale. Le misure sono la
media di 10 campionamenti (3 repliche per ciascuno) suddivisi in due esperimenti
(giugno 2012-marzo 2013 e agosto 2013-maggio 2014).
Anche la produzione di biomassa durante il ciclo colturale è inferiore rispetto alle
comuni piante ortive (Tab. 3.6), attestandosi nelle due prove mediamente su circa 7,77 t/ha
(0,78 kg/m2). Fra le 8 specie i rosmarini, la salvia e il timo sono le specie con maggiore
produzione di sostanza secca nel ciclo colturale (mediamente 8,75 t/ha), mentre le due
specie di lavande e l’origano sono le specie con minor accrescimento (mediamente 6,58
t/ha).
In Tab. 3.6 sono riportate anche le asportazioni complessive degli elementi nutritivi
per ognuna delle 8 specie di aromatiche indagate. I valori non sono apparsi così differenti
fra specie e specie e poiché spesso, a livello aziendale, è impossibile separare la
fertilizzazione fra le differenti specie, è stato anche calcolato il valore medio di ogni
elemento complessivamente asportato dalle specie aromatiche. I valori di asportazione netti
di nutrienti delle specie aromatiche appaiono piuttosto ridotti rispetto ad altre colture quali
per esempio le ortive. L’azoto e il potassio mostrano asportazioni medie rispettivamente di
142 e di 177 Kg/ha (la salvia mostra le asportazioni nette maggiori con 168 Kg/ha di azoto
e 226 Kg/ha di potassio), il fosforo è molto inferiore con circa 54 Kg/ha (la salvia presenta
il valore maggiore con 66 Kg/ha), il calcio viceversa raggiunge gli 87 Kg/ha, mentre nel
magnesio, pur avendo valori medi di asportazione prossimi ai 37 Kg/ha, troviamo il
rosmarino e la salvia che presentano valori molto elevati (in media 48 kg/ha). Per i
microelementi le asportazioni maggiori si riscontrano nel ferro con valori intorno a 2,5
kg/ha, segue il manganese con 1,4 kg/ha ed infine troviamo lo zinco e il boro e con valori
prossimi ad un 1 Kg/ha.
Le asportazioni seguono, come prevedibile, la produzione di sostanza secca durante
il ciclo colturale e così salvia e rosmarino (in misura minore il rosmarino prostrato) sono le
specie maggiormente esigenti in fatto di quantità di elementi fertilizzanti, così come le due
specie di lavande sono le specie meno esigenti fra le 8 indagate.
Utilizzando le asportazioni totali e dividendole per la quantità totale di acqua
evapotraspirata durante il ciclo colturale è possibile calcolare la concentrazione di
assorbimento (Tab.3.7). Le concentrazioni di assorbimento essendo direttamente collegate
alle asportazioni mostrano gli stessi andamenti, in quanto i valori cumulati delle
evapotraspirazioni sono più o meno simili (oscillano tra un valore minimo come per il timo,
pari a 415 m3/ha, ad un valore massimo per l’origano pari a 566 m3/ha). I valori riportati in
Tab. 3.7 rappresentano quindi le concentrazioni dei principali elementi di una soluzione
nutritiva nel caso si utilizzasse una fertirrigazione integrale, e cioè se si somministrasse
acqua e nutrienti tutte le volte che viene effettuata l’irrigazione. Nella pratica aziendale è
difficile poter differenziare la concimazione delle varie specie aromatiche. Inoltre, visto i
lenti ritmi di crescita e di asportazione dei nutrienti di queste specie, la concimazione può
essere semplificata individuando, durante il ciclo colturale, delle fasi caratterizzate da un
rapporto medio fra gli elementi asportati costante; in questo modo, è possibile utilizzare
durante una specifica fase, una concimazione con un rapporto fra gli elementi nutritivi
unico per tutte le specie aromatiche (scegliendo quindi un concime complesso con rapporto
NPK) e modulando da specie a specie solo la quantità di nutriente da apportare.
46
P2O5 K2O CaO MgO
0,37 1,17 0,57
0,34
0,31 0,92 0,42
0,28
0,38 0,74 0,39
0,21
0,30 1,24 0,33
0,21
0,34 0,89 0,40
0,19
0,25 1,03 0,49
0,32
0,26 0,74 0,35
0,17
0,39 1,14 0,77
0,24
0,26 1,03 0,48
0,16
0,33 0,89 0,51
0,15
0,32 0,98 0,47
0,23
0,39 1,24 0,77
0,34
0,25 0,74 0,33
0,15
I: trapianto-seconda
spuntatura
P2O5 K2O CaO MgO
0,3
1,0
0,5
0,2
I: trapianto-agosto
P2O5
0,30
0,29
0,42
0,46
0,38
0,46
0,58
0,29
0,35
0,56
0,41
0,58
0,29
K2O
1,08
1,37
1,20
1,00
1,19
1,34
1,44
1,54
0,77
0,70
1,16
1,54
0,70
P2O5 K2O CaO MgO
0,4 1,2 0,6
0,2
III: novembreIV: gennaio
dicembre
CaO MgO P2O5 K2O CaO MgO P2O5 K2O CaO
0,56 0,20 0,32 1,20 0,42 0,26 0,27 1,14 0,69
0,92 0,26 0,35 0,92 0,23 0,23 0,45 1,17 0,42
1,00 0,43 0,41 1,23 0,26 0,24 0,39 0,95 0,46
0,66 0,35 0,27 1,27 0,61 0,15 0,33 1,16 0,37
0,41 0,15 0,27 0,75 0,38 0,15 0,33 1,13 0,26
1,00 0,27 0,34 1,15 0,70 0,29 0,40 1,40 0,54
0,77 0,36 0,31 1,81 1,18 0,38 0,33 1,10 0,40
1,40 0,39 0,27 1,27 0,85 0,33 0,53 1,49 0,82
0,68 0,18 0,28 0,82 0,41 0,17 0,29 1,18 0,51
1,24 0,45 0,25 0,76 0,46 0,26 0,31 1,14 0,43
0,86 0,30 0,31 1,12 0,55 0,25 0,36 1,19 0,49
1,40 0,45 0,41 1,81 1,18 0,38 0,53 1,49 0,82
0,41 0,15 0,25 0,75 0,23 0,15 0,27 0,95 0,26
II: da II spuntatura a completo accestimento
II: settembre-ottobre
MgO
0,13
0,12
0,03
0,06
0,04
0,08
0,10
0,07
0,16
0,07
0,09
0,16
0,03
VI: marzo-fine ciclo
P2O5 K2O CaO MgO
0,5
2,0 0,8
0,4
P2O5 K2O CaO MgO P2O5 K2O CaO MgO
0,31 1,52 0,84 0,44 0,50 1,87 0,65 0,40
0,40 1,59 0,80 0,50 0,34 1,58 1,02 0,56
0,47 1,43 0,84 0,17 0,37 1,62 0,37 0,93
0,54 2,55 1,18 0,39 0,70 1,79 0,45 0,33
0,36 1,99 0,46 0,32 0,67 3,17 1,09 0,49
0,28 1,38 0,53 0,21 0,32 1,32 0,57 0,32
0,43 1,54 0,61 0,29 0,70 1,65 0,64 0,33
0,49 2,02 0,84 0,30 0,71 1,90 0,74 0,37
0,28 1,72 0,54 0,46 0,41 2,78 1,49 0,48
0,32 1,28 0,50 0,22 0,54 2,86 1,06 0,49
0,39 1,70 0,71 0,33 0,53 2,05 0,81 0,47
0,54 2,55 1,18 0,50 0,71 3,17 1,49 0,93
0,28 1,28 0,46 0,17 0,32 1,32 0,37 0,32
III: da accestimento a commercializzazione
V: febbraio
47
Legenda: LA= Lavanda angustifolia; LS= Lavanda stoechas; MA= maggiorana; OR= origano; R= rosmarino; RP= rosmarino prostrato; SA= salvia;
TI= timo; 19= pianta coltivata in vaso diametro 19 anziché in vaso diametro 14
LA
LS
LS19
MA
OR
R
R19
RP
SA
TI
Media
Min
Max
Specie
Tab. 3.8. Rapporto di asportazione dei macronutrienti in 6 fasi del ciclo colturale di 8 specie aromatiche, fatto pari a 1 la quantità
asportata di N. Per ogni elemento e per ogni fase è riportato il rapporto medio di asportazione rispetto a N fatto pari a 1 e il
valore minimo e massimo registrato fra le specie prese in esame. E’ possibile semplificare lo schema accorpando le fasi aventi
rapporti di asportazione simili, in sole 3 fasi: I trapianto-seconda spuntatura, II dalla seconda spuntatura al completo
accestimento, e infine III dall’accestimento a fine ciclo.
% N asportato
100.0
80.0
48.3
38.5
30.0
19.9
24.4
48.7
38.8
51.9
60.0
59.4
40.0
44.3
50.5
52.6
39.3
42.4
32.5
32.0
20.0
0.0
9.4
LA
17.3
17.4
20.7
18.8
16.1
LS
MA
OR
R
RP
25.1
21.9
SA
TI
III
II
I
% P2O5 asportato
100.0
80.0
27.3
45.7
40.8
45.4
26.9
48.1
42.5
52.7
60.0
51.5
53.7
40.0
44.9
43.7
37.1
42.1
38.9
34.7
19.0
13.0
12.7
OR
R
RP
III
II
I
20.0
0.0
9.4
15.5
12.5
LA
LS
MA
21.6
20.3
SA
TI
% K2O asportato
100.0
80.0
49.2
48.4
43.4
38.3
54.2
41.8
56.0
57.7
60.0
40.0
41.9
43.1
39.8
7.6
11.8
14.7
LA
LS
MA
37.2
47.6
32.8
31.3
14.1
13.0
11.0
OR
R
RP
20.0
0.0
28.0
21.0
16.0
SA
TI
III
II
I
Specie
Ripartizione percentuale di N, P2O5 e K2O asportati nell’intero ciclo colturale da 8 specie
aromatiche in tre fasi colturali: I dal trapianto alla seconda spuntatura, II dalla seconda
spuntatura al completo accestimento e infine III da accestimento a fine ciclo. Le specie
prese in esame sono LA: Lavanda angustifolia; LS= Lavanda stoechas; MA= maggiorana;
OR= origano; R rosmarino; RP= rosmarino prostrato; SA= salvia; TI= timo. Nell’ambito
di ciascuna specie, i numeri rappresentano la percentuale di elementi asportati nella
singola fase rispetto al totale di elementi assorbiti nel ciclo colturale.
48
% CaO asportato
100.0
80.0
50.7
49.6
41.2
34.2
48.3
36.1
48.8
43.2
60.0
46.8
40.0
48.4
40.6
38.5
8.7
11.9
10.4
LA
LS
MA
44.2
38.4
38.2
36.3
19.0
13.5
14.9
19.8
18.4
OR
R
RP
SA
TI
40.3
45.5
III
III
I
20.0
0.0
% MgO asportato
100.0
80.0
58.1
50.8
43.5
40.0
49.9
59.8
60.0
40.0
20.0
0.0
32.5
36.5
41.4
40.4
45.1
32.9
42.0
III
II
I
27.5
9.3
12.6
15.2
19.6
17.3
12.8
14.6
12.5
LA
LS
MA
OR
R
RP
SA
TI
% Fe asportato
100.0
80.0
55.0
45.6
35.0
34.6
48.2
46.9
36.8
44.3
60.0
32.3
44.4
40.0
33.0
20.0
0.0
43.0
42.4
38.7
39.8
13.1
13.3
R
RP
46.6
III
II
I
33.1
11.9
12.0
LA
LS
20.6
MA
OR
20.3
SA
9.1
TI
Specie
Ripartizione percentuale di CaO, MgO e Fe asportati nell’intero ciclo colturale da 8 specie
aromatiche in tre fasi colturali: I dal trapianto alla seconda spuntatura, II dalla seconda
spuntatura al completo accestimento e infine III da accestimento a fine ciclo. Le specie
prese in esame sono LA: Lavanda angustifolia; LS= Lavanda stoechas; MA= maggiorana;
OR= origano; R rosmarino; RP= rosmarino prostrato; SA= salvia; TI= timo. Nell’ambito
di ciascuna specie, i numeri rappresentano la percentuale di elementi asportati nella
singola fase rispetto al totale di elementi assorbiti nel ciclo colturale.
49
A tale scopo si è analizzato (Tab. 3.8) il rapporto ionico dei macronutrienti asportati
(N, P2O5, K2O, CaO, MgO), suddividendo il ciclo colturale nei 6 periodi di prelievo
effettuati (I: trapianto-agosto; II settembre-ottobre; III Novembre-dicembre; IV gennaio; V
Febbraio; VI marzo-fine fine ciclo), impostando pari ad 1 la quantità di azoto assorbito nel
singolo periodo e per la singola specie.
I risultati evidenziano che i rapporti ionici degli elementi assorbiti sono più o meno
simili in alcuni periodi e così l’intero ciclo colturale può essere suddiviso in tre soli periodi:
quello che va dal trapianto alla seconda spuntatura (fase I), quello che comprende
l‘autunno-e parte dell’inverno, dalla seconda spuntatura al completo accestimento (fase II )
e infine il periodo finale, compreso fra la fine dell’accestimento e la commercializzazione
(fase III ).
In particolare il rapporto medio fra N, P2O5, K2O, CaO, MgO nella prima fase è di
1,0 - 0,3 - 1,0 - 0,5 - 0,2, molto simile a quello della seconda fase pari a 1,0 - 0,4 - 1,2 - 0,6
- 0,2, mentre si modifica sostanzialmente nella terza fase, nella quale il rapporto essere (1,0
- 0,5 - 2,0 - 0,8 - 0,4) soprattutto per un assorbimento proporzionalmente maggiore di
potassio e magnesio, in misura minore, di tutti gli altri elementi rispetto all’azoto,.
Nelle figure a pagina 48 e 49 sono poi riportate le asportazioni percentuali per ogni
singola fase fatto pari a 100 la quantità totale di N, P2O5, K2O, CaO, MgO e Fe asportate in
tutto il ciclo da ogni singola specie: naturalmente ci sono delle differenze per elemento e
per specie, differenze che a livello operativo in azienda possono essere mediate: dallo
studio si può concludere che mediamente le aromatiche assorbono circa il 15% del loro
fabbisogno totale di elementi nutritivi nella prima fase, circa il 40% nella seconda fase e il
restante 45% nella terza fase (dalla fine dell’accestimento che per la zona di Albenga
coincide da metà a fine gennaio).
3.4 IL PIANO DI CONCIMAZIONE DELLE AROMATICHE
Un razionale piano di concimazione deve prendere in esame i seguenti parametri:
a) quantità di sostanza secca prodotta durante le varie fasi del ciclo colturale;
b) concentrazione dei principali elementi nutritivi nella sostanza secca nelle varie
fasi del ciclo colturale;
c) modalità di somministrazione degli elementi fertilizzanti.
Nel paragrafo precedente sono stati forniti dati sulle asportazioni medie in elementi
nutritivi delle principali specie aromatiche coltivate nella zona di Albenga e le percentuali
di asportazione dei singoli elementi nelle tre fasi, in cui i rapporti ionici di assorbimento
sono differenti. La modalità di somministrazione è molto importante perché può influenzare
l’efficienza di uso dell’elemento nutritivo. Il problema del ridotto buffer nutritivo, tipico del
vaso, costringe ad effettuare numerose somministrazioni di fertilizzante (con cadenza
settimanale) per evitare eccessi di salinità nel substrato, eccessive perdite per dilavamento e
al tempo stesso garantire una concentrazione di elemento sufficiente a sostenere la crescita
regolare della pianta. Intervenire manualmente con la somministrazione di fertilizzante nel
vaso è molto costoso se gli interventi sono fatti a mano. Quindi è consigliato somministrare
50
gli elementi nutritivi con la fertirrigazione almeno nei mesi in cui le irrigazioni sono
frequenti e somministrare poi nel periodo invernale una dose di concime a lento rilascio
(CRL) o meglio a rilascio controllato (CRC), in modo da limitare il più possibile il
dilavamento dei nutrienti. Ad esempio, recentemente Incrocci et al. (2012) hanno
dimostrato che l’impiego di CRC ha ridotto drasticamente le quantità di N e di P (gli
elementi più importanti del punto di vista dell’impatto ambientale, per il loro ruolo nei
processi di eutrofizzazione delle acque superficiali o contaminazione di acque di falda)
distribuite o lisciviate da colture in vaso di fotinia: - 28% e – 37% dell’N e del P distribuito;
- 81% e -56% dell’N e del P disperso con le acque di drenaggio.
L’impiego dei CRC presenta anche altri vantaggi rispetto alla fertirrigazione a
pioggia, come ad esempio un minore rischio di salinizzazione del substrato e la possibilità
di garantire un adeguato livello di nutrienti anche nei periodi piovosi e dove l’irrigazione è
sporadica. Ovviamente, la lunghezza del ciclo costringe a scegliere un prodotto con un
tempo di cessione molto lungo, oppure ad effettuare delle riconcimazioni nel vaso.
Alla fine dell’accestimento, quando inizia la terza fase, dove è necessario
somministrare circa il 45% del fabbisogno nutritivo complessivo, si può utilizzare una
soluzione mista, rifacendo una riconcimazione nel vaso con un CRL (meglio se CRC) ed
effettuando uno o due interventi mensili di fertirrigazione specie sulle aromatiche a più
elevato richiesta di nutrienti come ad esempio rosmarino e salvia.
.
3.5 IL MONITORAGGIO DELLA COLTURA IN CONTENITORE
I controlli da effettuare nella gestione di una coltura in contenitore sono i seguenti:
1) misura della quantità di drenato prodotto: la quantità non dovrebbe mai scendere sotto
la media giornaliera del 10-20%, in funzione anche della qualità dell’acqua irrigua. La
percentuale di drenaggio va misurata settimanalmente e quando si hanno sospetti che
l’irrigazione sia gestita male va misurata su tutte le irrigazioni effettuate nella giornata:
infatti eventuali diminuzioni indicano o una riduzione della quantità di irrigazione data
o un aumento nella domanda evapotraspirativa della coltura e del clima e quindi la
necessità di effettuare una nuova impostazione dei tempi e degli orari degli interventi
irrigui. Tuttavia anche se giornalmente il volume di drenato prodotto appare corretto, è
necessario sporadicamente misurarlo su tutti gli interventi irrigui effettuati in un
giorno, allo scopo di verificare se esiste un’eccessiva variabilità fra un intervento
irriguo e il successivo: se così fosse, si troverebbero interventi irrigui che producono
oltre il 50-60% di drenato (sono interventi effettuati troppo presto rispetto
all’evapotraspirazione della pianta) e altri che invece producono percentuali di drenato
prossime a 0 e che quindi sono stati fatti in ritardo rispetto alla evapotraspirazione
effettiva o con volumi irrigui non errati.
2) misura della EC e del pH del drenato raccolto. Il valore non si dovrebbe discostare più
di 0.5 punti rispetto ai valori di EC pre-stabiliti per la soluzione nutritiva o per l’acqua
in entrata. La prima cosa da fare in caso di anomalia è quella di controllare il buon
funzionamento del fertirrigatore (sonde, set-point impostato, funzionamento delle
51
pompe). Se il problema persiste si può cercare di risolverlo seguendo le istruzioni
riportate di seguito.
a). Aumento dell’ EC: può essere causato, da un accumulo di salinità nel substrato
per insufficiente frazione di drenaggio o per una somministrazione eccessiva di concime
prontamente solubile o a lento rilascio. I rimedi sono quelli di aumentare la frazione di
drenaggio, e nel caso di valori superiori a 2.5 mS/cm effettuare un “lavaggio” dei vasi per
allontanare l’eccesso di salinità;
b) Abbassamento del pH: normalmente si verifica successivamente a periodi molto
piovosi dove si sono dilavati buona parte dei cationi presenti nel substrato (calcio e
magnesio) e del nitrato. In questo caso occorre intervenire prima possibile con nitrato di
calcio e/o di magnesio, in modo da ristabilire un corretto equilibrio fra i cationi presenti nel
substrato.
Un repentino abbassamento del pH, può verificarsi anche a causa di un eccesso di
ioni ammonio nel substrato (es. dovuti ad una riconcimazione con una dose eccessiva). In
tal caso occorre ridurre e sostituire, per quello che possibile, la % ammonio in favore di
quella del nitrato.
Anche la presenza di acque con bassi livelli di bicarbonato o peggio ancora l’uso di
acqua piovana, spesso si traducono in facili sbalzi di pH, dovuti al ridotto potere tampone
di questa nei confronti dell’assorbimento radicale selettivo. E’ opportuno quindi arricchire
la soluzione nutritiva di 0.5-1 mmol/L di bicarbonato di potassio e innalzare il set-point di
acidificazione.
In serra ed in vivaio è spesso necessario analizzare i substrati di coltura per meglio
gestire l'irrigazione e la concimazione e chiarire, eventualmente, le cause di una crescita
stentata delle piante o della comparsa di una fisiopatia d’incerta eziologia. Non sempre,
però, è possibile ricorrere alle tradizionali (e costose!) analisi di laboratorio, soprattutto
quando occorre avere una risposta “in tempi brevi”.
Grazie alla ricerca scientifica ed allo sviluppo tecnologico nel campo del
monitoraggio ambientale ed industriale, oggigiorno sono disponibili in commercio dei veri
e propri laboratori tascabili con i quali è possibile misurare, in pochi minuti ed in modo
sufficientemente accurato, il pH, la EC ed il contenuto dei principali elementi nutritivi dei
substrati di coltura. Un'analisi di questo tipo, restringendo il campo d'indagine ai parametri
sopra elencati, costa solo pochi euro per campione, includendo l'ammortamento della
strumentazione, il cui costo si aggira al massimo intorno ad un migliaio di euro.
Esistono due protocolli principali per l’analisi rapida (on-farm), quella dell’estratto
acquoso 1:2 in volume e quello del percolato indotto. Qualunque sia il protocollo
utilizzato, occorre campionare almeno una decina di vasi, evitando di raccogliere campioni
di vasi con specie diverse e/o riempiti con substrati diversi.
Il metodo dell’estratto acquoso 1:2 in volume consiste nell’eseguire una
estrazione su un substrato o un terreno, mettendo in due volumi di acqua deionizzata (es.
400 ml) in un contenitore a vite e aggiungendo, mescolando, 1 volume di substrato
precedentemente umidificato a capacità di contenitore (il punto è identificato da un sottile
velo di acqua libera sul fondo del contenitore). Si agita il miscuglio per 3-5 minuti e dopo
52
circa 20 minuti, si misura, sul tal quale, il pH e poi si procede al filtraggio effettuando sul
filtrato le determinazioni di EC e l’eventuale contenuto in ioni, utilizzando i kit rapidi di
analisi.
Il metodo del percolato indotto è un metodo apparentemente molto semplice, ma
l’interpretazione è più difficile rispetto al metodo dell’estratto acquoso e consiste nel
somministrare dell’acqua deionizzata lentamente sulla cima del vaso, dopo la fine di una
irrigazione, in modo da far fuoriuscire dal fondo del vaso una pari quantità di soluzione
presente all’interno di questo. Il metodo richiede la standardizzazione del volume d’acqua
aggiunto al vaso; orientativamente, per un vaso del 18 sono necessari non meno di 150 ml,
in modo da raccogliere circa 100 ml di percolato. E’ importante utilizzare questo metodo
fin dalle primissime fasi di coltivazione; in pratica, il primo campionamento deve essere
fatto subito dopo il trapianto, quando presumibilmente i valori dei vari parametri chimici
(pH, EC, concentrazione di nutrienti) sono quelli ottimali per la coltura in esame; in questo
modo è possibile determinare per ogni coltura i valori di riferimento dei vari parametri.
In tab. 3.9 e 3.10 si riportano i valori di riferimento per i parametri misurati con i
due tipi di analisi rapida.
Tab. 3.9.Valori di riferimento per le analisi dei substrati di coltivazione condotto secondo
il metodo dell’estratto acquoso (rapporto volumetrico di estrazione 1:2,
substrato:acqua). Indicativamente, i valori dei vari parametri determinati
nell’estratto acquoso sono inferiori di 2,5 (EC, concentrazione di K) o 3 volte
(approssimativamente) rispetto a quelli della soluzione all’interno del substrato di
coltivazione.
Parametro
Fabbisogno nutritivo della coltura
basso
medio
alto
pH
5,0 – 6,5
EC (mS/cm)
<0,80
0,80 - 1,50
>1,50
N-nitrato (mg/L)
<30
30 – 70
>70
N-ammonio (mg/L)
<20
20 – 30
>30
K (mg/L)
<70
70 – 100
>100
P (mg/L)
<3
3-6
>6
Ca (mg/L)
<50
50 – 80
>80
Mg (mg/L)
<20
20 – 35
>35
Na e Cl (mg/L)
<20
20 – 80
>80
Fe (mg/L)
<0,2
0,2 –1,0
>10
Microelementi (mg/L)
<0,01
0,01 – 0,03
>0,3
53
Tab. 3.10. Valori di riferimento per le analisi dei substrati di coltivazione condotte secondo
il metodo del percolato indotto.
pH
EC (mS/cm)
5,0 – 6,5
0,5 – 0,8 mS/cm (coltura fertirrigata di specie sensibili alla salinità)
0,8 – 1,5 mS/cm (coltura fertirrigata della maggior parte delle specie)
0,4 – 1,0 mS/cm (coltura fertilizzata con concimi a lento rilascio)
BIBLIOGRAFIA
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Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - Unità di ricerca per il
Monitoraggio e la Pianificazione forestale.
54
Capitolo 4 - ALTERAZIONI DI ORIGINE FUNGINA E
BATTERICA DELLE PRINCIPALI SPECIE
AROMATICHE E POSSIBILITÀ DI LOTTA
Andrea Minuto, Anna Lanteri, Cinzia Bruzzone, Giovanni Minuto
4.1 INTRODUZIONE
La coltivazione delle specie aromatiche per uso officinale e, soprattutto, alimentare
nella piana di Albenga, ha assunto nel tempo sempre maggiore rilievo, passando da poche
centinaia di migliaia di vasi prodotti fino al 1991 ad una produzione stimata di 30 e 50
milioni di vasi rispettivamente nel 2008 e nel 2011. Tra le aromatiche coltivate la lavanda
rappresenta il 30-40% del totale seguito in ordine di importanza dalla salvia, dal rosmarino
e da diverse specie di Thymus sp.
A questa rapida evoluzione del settore florovivaistico ad Albenga, però, è
corrisposta l'insorgenza di problemi fitopatologici raramente osservati in precedenza. La
relativa semplicità di coltivazione di queste specie ed i bassi investimenti necessari
connessi con il loro allevamento contrastano spesso con la manifestazione di gravi attacchi
di parassiti sia animali sia, soprattutto, fungini e batterici, il cui contenimento appare di
difficile attuazione, visto anche l’attuale quadro normativo in atto. A ulteriore
testimonianza di tale aspetto occorre ricordare, ad esempio, che nel 2008 circa il 23% delle
consulenze fatte dal laboratorio fitopatologico del CeRSAA, sono state fatte per specie
aromatiche. Il successo economico di tali coltivazioni è fondamentalmente legato al
limitato costo di produzione ed alla possibilità di arrivare sul mercato con elevati volumi di
prodotto sano ed omogeneo in periodi dell’anno anche molto concentrati e che possono
essere compresi tra la fine del mese di gennaio e la fine del mese di giugno. Di seguito si
descrivono alcune malattie di origine fungina e batterica recentemente segnalate
prevalentemente nella zona di Albenga e che potrebbero rappresentare, nel medio periodo,
alterazioni emergenti e, pertanto, da mantenere sotto stretta osservazione. Alcuni cenni
saranno fatti anche relativamente ad altre alterazioni ricondotte a virus e fitoplasmi.
4.2 IL ROSMARINO
Il rosmarino (Rosmarinus officinalis) è una specie che riveste grande interesse sia
per la produzione da destinare al consumo fresco o trasformato, sia per la produzione di
piante da utilizzare per scopo ornamentale (bordure, siepi) o per uso domestico. A carico
della parte aerea sono stati segnalati attacchi di mal bianco e di Alternaria sp., agente di
necrosi fogliari spesso così gravi da causare violente filloptosi sulle piante infette.
55
Infezioni di mal bianco su rosmarino.
Sempre a livello fogliare, già da alcuni anni, sono state rinvenute infezioni di
Rhizoctonia solani. Si tratta in questo caso di danni particolarmente gravi quando presenti
su piante nella fase di radicazione in vivaio, potendo portare a morte rapidamente
numerosissime piante. E’ stata anche indicata la presenza di infezioni basali e rameali di
Sclerotinia sclerotiorum, particolarmente su rosmarino prostrato. Più recentemente, con una
sintomatologia simile ma non identica, in particolare per il caratteristico portamento dei
rami alterati, è stata rinvenuta la presenza di Phoma multirostrata, capace di vere e proprie
esplosioni epidemiche soprattutto a seguito di piogge intense, in seguito alle quali è
decisamente raccomandabile effettuare trattamenti con formulati a base di rame.
A livello della porzione basale della pianta, come agenti di marciume radicale e del
colletto e, pertanto, di deperimenti e morte di piante intere, sono state segnalate in Sicilia
Phytophthora nicotianae e P. drechsleri e già in precedenza in Liguria nel 1996.
Anche l’agente della muffa grigia, Botrytis cinerea, già nel 1999, è stato segnalato
quale causa di disseccamenti di singoli rami di rosmarino nella vicina Provenza francese: in
tali casi le infezioni sono state già identificate a partire dai residui fiorali in corrispondenza
delle prime fioriture di febbraio. Il disseccamento di rami di piante di rosmarino è stato
osservato anche in Italia ed in particolare su colture allevate in pieno campo in Liguria a
cavallo tra l'inverno e la primavera ed, in particolare, a seguito di fenomeni intensi di
fioritura. Di recente sono stati indicati danni su rosmarino causati da Agrobacterium
tumefaciens, un parassita comunemente presente, anche in Liguria, ove infetta piante
ornamentali tra cui la margherita. Infine, anche su rosmarino, sono stati evidenziati danni
56
causati anche da Pseudomonas viridiflava e Pseudomonas sp., agente di necrosi fogliari
distruttive e repentine nella loro esplosione, in particolare in autunno e all’ inizio della
primavera.
Infezioni di Alternaria sp. su rosmarino
Ancor più recentemente, inoltre, è stata individuata presso il CeRSAA la presenza di
deperimenti radicali causati da infezioni di Thielaviopsis sp.; in questo caso il patogeno,
potenzialmente confuso a livello sintomatologico con infezioni di Phytophthora sp., si è
manifestato nel mese di luglio 2014 su coltivazioni di rosmarino messe a dimora da non più
di un mese, ma già sottoposte a fenomeni di eccesso idrico a causa di un andamento
climatico caratterizzato da continue piogge.
Occorre, inoltre, segnalare che, soprattutto in fase di propagazione, potrebbero
essere di un certo rilievo le infezioni di Rhizoctonia solani e Pythium spp., recentemente
osservate presso il Laboratorio Fitopatologico Ce.R.S.A.A. Si tratta in realtà di casi spesso
legati all’adozione di condizioni operative generali non particolarmente corrette, ma che
possono causare anche gravi danni. In particolare proprio R. solani è comunemente
riconosciuta quale problema di rilievo soprattutto sulle colture in propagazione e soprattutto
a carico principalmente della porzione aerea della pianta. Le cause di tali danni, in realtà,
possono trovare solo una parziale spiegazione nella presenza di funghi noti come patogeni a
57
livello dei tessuti dei giovani fusti e del fogliame. Più in generale l’effettuazione di taleaggi
su piante molto sfruttate a tale scopo, l’inopportuna gestione dell’irrigazione, l’uso di acqua
di scarsa qualità ricca di sali (elevata EC) possono rappresentare fattori che favoriscono il
successivo deperimento della coltura.
Similmente va rammentato che tra il 2013 ed il 2014 su piante di recente trapianto è
stata rinvenuta la presenza di Fusarium tabacinun (Plectosphaerella cucumerina, anamorfo
Plectosporium tabacinum). Si tratta di un’alterazione basale e radicale che è stata segnalata
alla fine degli anni ’70 su basilico, ma che, di fatto, non ha mai fatto registrare gravi danni.
L’alterazione si riconosce abbastanza bene grazie alla progressiva necrosi delle porzioni
basali del fusto, talora presenti sino a 5-8 cm di distanza dal colletto. Associata a tale
necrosi si può facilmente osservare una degenerazione dei tessuti corticali dell’apparato
radicale, evidenti anche a 7-10 cm di profondità, sempre rispetto al colletto. Tali sintomi
sono accompagnati da una generale riduzione della vigoria delle piante in particolare nei
periodi invernali, Caratteristica molto particolare di questa alterazione, comunque, è la
quasi totale assenza di fenomeni di avvizzimento delle piante benché infette. Tale aspetto
ne permette il riconoscimento rispetto a R. solani che, generalmente, non “lascia scampo”
alla coltura. Per la difesa da questo patogeno, oggi ritornato prepotentemente alla ribalta in
suolo come anche in fuori suolo, va rammentato il ruolo fondamentale delle pratiche di
igiene e, soprattutto l’adozione di interventi che, prima ancora dell’insediamento della
coltura, favoriscano la presenza di microflora capace di colonizzare il substrato di
coltivazione limitando il dilagare di un patogeno non letale, ma dannoso, come P.
tabacinum.
Danni causati da infezioni batteriche su rosmarino.
58
Sempre nella zona di Albenga la segnalazione di infezioni di AMV (virus dell’erba
medica), CMV(virus del mosaico del cetriolo) e fitoplasmi possono rappresentare una
novità su rosmarino. In questo caso, ancora una volta, è confermato il potenziale rischio
legato ad alterazioni facilmente trasmissibili mediante la propagazione a partire da piante
infette e non opportunamente controllate dal punto di vista fitosanitario.
Relativamente alla difesa, come già in precedenza indicato, non sono molte le
possibili strategie di intervento diretto adottabili. Nei confronti del mal bianco la lotta può
essere effettuata anche con il solo utilizzo di formulati bagnabili a base di zolfo. E'
importante ricordare che il mal bianco colpisce con maggiore intensità piante allevate in
aree di terreno in ombra. Un mezzo biologico attivo sui mal bianchi di numerose colture
orticole e aromatiche è Ampelomyces quisqualis, che non sempre, però, garantisce un
adeguato contenimento del patogeno.
La lotta nei confronti di Alternaria sp., risulta decisamente più complessa vista
l'assenza di mezzi chimici fungicidi espressamente ammessi su rosmarino, soprattutto in
particolare quando tale coltura non è destinata per usi ornamentali. Recenti valutazioni sugli
effetti dei trattamenti sulla diffusione e incidenza delle infezioni di Alternaria sp. hanno
indicato una maggiore efficacia dell’applicazione di formulati a base di rame tra cui, ad
esempio, il solfato di rame tribasico. Altre strategie di lotta indiretta, in particolare, su
colture effettuate in pieno campo, sono l'uso di una rete ombreggiante a bassa intensità, in
grado di intercettare l'acqua di condensa che si deposita sulle foglie nelle ore notturne
durante il periodo di coltivazione. Tuttavia, questa tecnica, è di difficile all’applicazione su
larga scala a causa delle necessarie e costose strutture di protezione.
La difesa dalle infezioni di S. sclerotiorum, sembra che non sia necessaria per il R.
officinalis. Va comunque fatto notare che per S. sclerotiorum occorre operare al fine di
limitare la persistenza di lunghi periodi di bagnatura sulla coltura. Inoltre, vista la facilità
con la quale il patogeno si diffonde attraverso infezioni ascosporiche aeree, l’attenta
eliminazione di focolai eventualmente presenti su coltivazioni circostanti (lattuga, cavolo,
aneto) può essere considerata una misura precauzionale.
4.3 LA LAVANDA
Tra le gravi alterazioni osservate di recente anche in Italia ricordiamo la
Phytophthora nicotianae var. parasitica, su coltivazioni in vaso di Lavandula officinalis,
Lavandula x Allardii e di Lavandula angustifolia x intermedia “Dutch”, particolarmente
danneggiate quando sono allevate nel periodo estivo e in pieno campo, in assenza di
protezione dall'eccessivo irraggiamento e riscaldamento.
In Sicilia, su L. angustifolia su bordure ornamentali messe a dimora durante il
periodo estivo è stata riscontrata come agente di marciume radicale e collasso epigeo, anche
P. palmivora
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Marciumi radicali causati da P. nicotianae su lavanda
Su lavanda, ed in particolare su L. spica e L. stoechas, è stata segnalata anche la
presenza di infezioni di Alternaria alternata, mentre L. dentata, L. stoechas, L angustifolia
e L. latifolia sono state individuate quali ospiti di Septoria lavandulae. Va sottolineato che
soprattutto su L. officinalis, ma anche su L. x Allardii e L. angustifolia x intermedia
“Dutch”, nella zona di Albenga sono state già da tempo segnalate epidemie anche gravi di
Alternaria sp., il cui decorso appare marcato a partire dall'autunno e durante i mesi
invernali, causando estesi disseccamenti fogliari con conseguente riduzione della qualità del
prodotto finale. Come già indicato per il rosmarino, le infezioni causate da Alternaria sp.,
appaiono talora decisamente gravi, soprattutto in vista della reale difficoltà di adottare
efficienti strategie di lotta preventive e curative.
Molto recentemente è stata osservata la presenza di alterazioni fogliari su L.
officinalis e L. stoechas causate da infezioni batteriche. Su diversi isolati ottenuti da
alterazioni fogliari della lavanda, sono stati identificati almeno tre diversi agenti patogeni
appartenenti alla specie Pseudomonas viridiflava, Xanthomonas campestris e Pantoea sp..
Questi tre diversi agenti sono stati rinvenuti durante la stagione di produzione già a partire
dal mese di settembre. Sempre di recente presso il Laboratorio fitopatologico del CeRSAA,
su materiale propagativo in fase di radicazione, è stata individuata la presenza di
Rhizoctonia sp.
60
Essudati batterici su foglie di lavanda
Infezioni di Rhizoctonia sp. su piante di lavanda in fase di coltivazione
Si tratta di casi sporadici, ma potenzialmente molto pericolosi. Eventuali infezioni,
non particolarmente gravi, possono rapidamente diffondersi sulle talee in fase di
propagazione. La diagnosi non pare molto semplice, in quanto, in diverse circostanze i
61
deperimenti sul materiale in fase di radicazione potrebbero essere favoriti da altre cause,
incluse cause non parassitarie. A tale riguardo è utile ricordare che il riutilizzo di
contenitori di radicazione rappresenta un rischio molto elevato per la diffusione delle
infezioni di Rhizoctonia sp.. Al fine di limitare tale rischio, sarebbe opportuno adottare
adeguate pratiche di disinfezione (impiego di sostanze ossidanti) dei contenitori, da
effettuare in seguito all’eliminazione dei residui di materiale organico e terroso provenienti
dai precedenti cicli di utilizzo..
Sicuramente di minore importanza, ma potenzialmente anche molto gravi sono le
proliferazioni di funghi riconducibili al gruppo dei mixomiceti. Si tratta di organismi
fungini plasmodiali in grado di sopravvivere quali saprofiti a spese di tessuti vegetali
degradati. Su lavanda la presenza di mixomiceti è stata osservata durante la fase di
produzione delle barbatelle. I casi osservati presso il laboratorio del CeRSAA, anche se
sporadici, hanno permesso di verificare che condizioni di allevamento vivaistico
caratterizzate da ridotta luminosità, elevata umidità e scarsa igiene sono predisponenti
l’attacco di tali funghi. In queste condizioni, infatti i mixomiceti ricoprono il materiale
propagativo in fase di radicazione impedendone o rallentandone lo sviluppo. La produzione
di barbatelle a partire, inoltre, da talee raccolte su piante debilitate o fortemente sfruttate e
caratterizzate da presenza di fogliame nella parte basale è facilmente preda di proliferazioni
soprattutto se il fogliame presente alla base della talea va incontro a degenerazione. Per tale
motivo la pulizia della base della talea è, in genere, una buona strategia preventiva.
infezioni di P. lamii su salvia
4.4 LA SALVIA
Su Salvia officinalis e S. sclarea è stata accertatala presenza di infezioni di Erysiphe
polygoni, e più recentemente di Golovinomyces (sin. Erysiphe) biocellatus. Ultimamente
sono stati osservati anche gravi danni su S. officinalis allevata in vaso causati da
Peronospora lamii , un patogeno comunque capace di infettare altre specie di salvia.
Su impianti ornamentali di S. leucantha, sono stati recentemente segnalati attacchi
sulle radici da parte di Phytophthora cryptogea: in Sicilia, ove l'alterazione è stata osservata
per la prima volta, le infezioni di questo patogeno causano marciumi basali e radicali
62
accompagnati da violenti fenomeni di collasso. Su S. officinalis allevata in vaso, nella zona
di Albenga è stata osservata la presenza di infezioni di Sclerotinia sclerotiorum, causa di un
marciume dei fusti e del fogliame, in alcuni casi anche grave. Similmente sono state
segnalate infezioni di B. cinerea su materiale di propagazione in fase di radicazione.
Proprio in queste condizioni B. cinerea rappresenta un grave rischio, in quanto può
diffondersi rapidamente e danneggiare in modo irreparabile la coltivazione stessa.
Attacchi di muffa grigia su salvia
Nel 2012, sempre su impianti di S. officinalis dedicati alla produzione di rami recisi
per il consumo fresco, è stata osservata, per la prima volta almeno in Italia, la presenza di
Cylindrocarpon destructans. La sintomatologia si manifesta con un progressivo fenomeno
di deperimento delle piante poste a dimora in terra; successivamente si manifesta un
evidente disseccamento apicale dei rametti e del fogliame, accompagnato da una evidente
clorosi sulla restante parte del fogliame. I sintomi sono dovuti a marciume radicale,
soprattutto a carico delle radici principali e non del capillizio radicale, il quale tuttavia può
mostrare isolati fenomeni di disfacimento. La difesa della coltura da C. descructans si basa
principalmente sulla prevenzione, evitando ristagni idrici ed eccessive irrigazioni,
utilizzando substrati abbastanza drenanti, evitando reimpianti in terreni infetti senza
effettuare una adeguata disinfezione del terreno. Per il controllo con mezzi di difesa diretti,
vale la pena ricordare che l’impiego di microrganismi antagonisti, riconducibili al genere
Trichoderma, è indicato in letteratura nel trattamento in fase di pre-trapianto di colture
suscettibili a diverse specie di Cylindrocarpon sp..
63
Purtroppo la disponibilità di agrofarmaci attualmente utilizzabili sulle “erbe
fresche” e quindi sulla salvia, è in alcuni casi minima: per questo motivo, è importante
attuare tutti gli interventi agronomici atti a limitare le infezioni fungine, in particolare
quelle della B.cinerea
Danni causati da S. sclerotiorum su timo
4.5 TIMO, ORIGANO, MAGGIORANA, MENTA, MELISSA
Oggi, a differenza del passato, queste specie rappresentano una quota importante
nella produzione di aromatiche in vaso, soprattutto per il timo, per il quale sono oggi
disponibili numerose selezioni e specie caratterizzate da profumi e aspetto di estremo
interesse sia alimentare che ornamentale. Certamente, l’aumento di importanza di tale
specie ha favorito il rapido diffondersi di numerose alterazioni. Su Thymus x citriodorus è
stata recentemente indicata la presenza di infezioni di un mal bianco (Minuto et al., 2003) e
di infezioni di Sclerotinia sclerotiorum (Garibaldi et al., 2004), agente di un marciume dei
fusti e del fogliame spesso così grave da portare a morte l'intera pianta (vedi figura sopra).
Tra le novità, però, va sicuramente ricordato che dal 2009 sono stati osservati su
Thymus sp. gravi danni causati da Rhizoctonia, in particolare in aree di coltivazione
caratterizzate da ridotta ventilazione. I danni sono stati essenzialmente evidenziati a carico
dell’apparato fogliare con deperimento e necrosi del fogliame, seguita da violenti fenomeni
di filloptosi. La semplice osservazione delle piante alterate, inoltre, ha sempre permesso
con una certa facilità di ritrovare la presenza di micelio sui fusti e sul fogliame deperito. In
nessun caso, però, è stato osservato un danno ai tessuti corticali e sottocorticali dei fusti
delle piante che spesso, probabilmente in quanto già sufficientemente lignificati, ricacciano
64
nuova vegetazione successivamente al mutamento delle condizioni climatiche e, in
particolare, dopo la riduzione dell’elevata umidità.
La presenza di gravi infezioni di Rhizoctonia sp. a carico dell’apparato fogliare
anche se apparentemente singolare e non comune, di fatto non deve stupire essendo
numerose le osservazioni di tali alterazioni, non solo su piante di interesse quali specie
aromatiche. In ordine di tempo, certamente, la segnalazione fatta su timo, trova una
conferma in quanto osservato su menta in Israele. Anche in questo caso i maggiori danni
sono stati osservati in stagioni caratterizzate da clima caldo (temperature > 24°C), anche se
il fattore climatico maggiormente favorente le infezioni è apparsa l’umidità relativa, in
grado di influenzare in modo più che proporzionale la gravità delle infezioni.
Occorre anche ricordare Rhizoctonia spp., che si caratterizza per la produzione di
ammassi miceliari tali da permettere l’adesione del patogeno non solo a parti di ospite, ma
anche a manufatti (bancali, contenitori di radicazione, tappeti e teline anti-alga): per evitare
infezioni è quindi importantissimo ripulire correttamente le aree di propagazione dal
materiale vegetale presente ed allontanare prontamente gli individui che si manifestano
infetti durante la coltivazione.
Esperienze svolte dal CeRSAA. di Albenga nell’ambito del progetto MIPAF-OIGA
“Estensione dell’impiego di alcuni principi attivi su colture minori ‘aromatiche’ di interesse
economico/commerciale in Liguria” hanno confermato che la strategia chimica
maggiormente efficace è, almeno per il contenimento delle infezioni di Rhizoctonia AG-A
su timo e salvia, quella basata sulla adozione di formulati a base di strobilurine
(azoxystrobin, pyraclostrobin) in associazione o meno a boscalid. Al contrario, di scarsa
efficacia si è dimostrata l’applicazione di formulati a base di rame e di iprodione, principio
attivo questo ultimo non ammesso sulla coltura. Tali osservazioni, però, vanno considerate
valide per le infezioni di Rhizoctonia AG-A su fogliame e potrebbero non essere altrettanto
valide per quanto riguarda infezioni a livello basale di Rhizoctonia afferente ad altri gruppi
di anastomosi (AGs).
Come già in precedenza osservato su salvia, anche su Mentha x piperita, Origanum
majorana e Melissa officinalis allevate in vaso sono stati recentemente osservate infezioni
di muffa grigia e mal bianco.
Su Origanum vulgare e su Thymus x citriodorus, inoltre, sempre su colture allevate
in contenitore è stata osservata la presenza di S. sclerotiorum e, almeno su origano, di
Phytophthora tentaculata. In particolare S. sclerotiorum è favorita da condizioni di elevata
umidità relativa e da temperature miti (17°- 18°C) e sicuramente può giungere sulle colture
grazie anche alla diffusione ascosporica da coltivazioni infette poste nelle vicinanze.
4.6 POSSIBILITÀ DI CONTROLLO
Oltre alle informazioni già in precedenza riportate va aggiunto che, in molti casi, la
limitata disponibilità o la completa assenza di mezzi chimici costringe l'adozione di
pratiche alternative di lotta. In realtà, senza considerare le produzioni certificate come
biologiche, almeno nella fase di produzione del materiale propagativo (semenzai) il ricorso
a mezzi chimici è limitato, ma, comunque ammesso. In Tab.4.1 si riportano alcune
65
indicazioni relative all’efficacia di principi attivi o di famiglie di principi attivi nei confronti
dei principali patogeni in precedenza brevemente descritti, includendo anche microrganismi
e sostanze di origine naturale. Per tutti vale sempre la medesima raccomandazione ovvero:
verificare la registrazione del formulato sulla coltura (considerando anche l’ambiente di
coltivazione e la modalità di applicazione) e assicurarsi che il formulato in questione non
sia causa di fenomeni di fitotossicità sulla coltura stessa.
Trichoderma spp.*
Coniothyrium minitans*
Ampelomyces quisqualis*
Zolfo
Strobilurine
Mancozeb
Propamocarb
Mandipropamide
Fluopicolide
Fenhexamide
Iprodione
Fenilammidi
Boscalid
Prodotti a base di silicati
Agenti patogeni
Prodotti a base di rame
Tab. 4.1. Efficacia di principi attivi, microrganismi, sostanze di origine naturale sui
principali agenti di alterazione fungina e batterica di specie aromatiche.
Agenti di alterazione batterica
x
(fogliare)
Agenti di mal bianco
x
x x x
Alternaria sp.
x
x
x x
B. cinerea
x
x
x
x x
x
Cylindrocarpon sp.
x
x
Peronospora lamii.
x
x
x x x
x x
Phoma multirostrata
x
x
Plectosphaerella cucumerina
x
x
Pythium sp., Phytophthora sp.
x
x
x
x
Rhizoctonia sp.
x
x
x
x
Sclerotinia sclerotiorum
x
x
x x
x x
Thielaviopsis basicola
x
x
* isolati selezionati e autorizzati all’impiego come prodotti fitosanitari dal Min. della Salute
Sulla base del quadro fitosanitario in precedenza tracciato e della limitata possibilità
di lotta diretta, è estremamente importante la prevenzione e quindi limitare o sfavorire il
processo infettivo. Nel progetto SEGIF si è quindi effettuato un lavoro di ricerca
bibliografico e di raccolta di dati in campo, allo scopo di raccogliere informazioni sui
metodi da attuare per prevenire l’attacco delle malattie fungine e batteriche. I risultati di
questa attività sono raccolti nella Tab. 4.2, dove si riportano alcune informazioni che si
ritengono utili per favorire la messa in atto di corrette pratiche agronomiche e in Tab. 4.3,
dove si riportano le condizioni ambientali scatenanti l’infezione.
66
Tab. 4.2. Indicazioni circa aspetti della biologia ed epidemiologia dei principali agenti di
alterazione fungina e batterica di specie aromatiche. L’asterisco indica quando la
condizione è vincolante per il manifestarsi dell’infezione.
Infezioni
favorite
da
presenza
di velo
di acqua
su foglie
Infezioni
favorite
da
presenza
di ferite
sui siti di
infezione
si*
si*
no
no
si
si
si
si
n.a.
no
si *
no
si
si
(no)
si
n.a
no
Agenti patogeni
Tessuti, organi,
apparati
principalmente
alterati
Agenti di alterazione
batterica (fogliare)
Foglie, fusti non
agostati
Agenti di mal bianco
Foglie, fusti non
agostati
Alternaria sp.
Foglie, fusti non
agostati
B. cinerea
Foglie, fusti,
fiori o loro
residui
Cylindrocarpon sp.
Apparato
radicale
Peronospora lamii
Foglie
Residui colturali,
oospore
Phoma multirostrata
Fusti, colletto
Residui colturali,
picnidi
Plectosphaerella
cucumerina
Fusti, colletto
Residui colturali,
Pythium sp.,
Phytophthora sp.
Apparato
radicale
(colletto)
Residui colturali,
altre specie
ospiti, oospore
Rhizoctonia sp.
Colletto,
apparato
radicale, fusti,
foglie
Residui colturali,
altre specie
ospiti
Terreno infetto,
manufatti
contaminati
n.a.
no
Sclerotinia
sclerotiorum
Foglie, fusti
colletto
Residui colturali,
altre specie
ospiti, sclerozi
Terreno infetto,
ascospore
diffuse per via
aerea
si
(ascospo
-re)
no
Thielaviopsis basicola
Apparato
radicale
Residui colturali,
clamidospore
Principali
modalità di
conservazione
dell’inoculo
Principali
modalità di
diffusione
dell’inoculo
Residui colturali,
altre specie
ospiti
Residui colturali,
cleistoteci
Residui colturali,
altre specie
ospiti
Residui colturali,
altre specie
ospiti, sclerozi
Residui colturali,
altre specie
ospiti,
clamidoconidi
Materiale
propagativo,
spruzzi di acqua
Materiale
propagativo
Materiale
propagativo,
spruzzi di acqua
Materiale
propagativo,
spruzzi di acqua
67
Terreno infetto,
manufatti
contaminati
Materiale
propagativo,
spruzzi di acqua
Materiale
propagativo,
terreno infetto
Terreno infetto,
manufatti
contaminati
Terreno infetto,
zoospore diffuse
attraverso acqua
irrigua
Tab. 4.3. Condizioni ambientali favorenti le infezioni.
Parassita
Intervallo
termico
ottimale (°C)
Durata del periodo
di bagnatura dei
siti di infezione
(ore)
Agenti di alterazione
batterica (fogliare)
10-20
>1
Agenti di mal bianco
15-25
n.a.
Alternaria sp.
5-15
>5
B. cinerea
10-15
6-8
Cylindrocarpon sp.
15-25
n.a.
Peronospora lamii
15-25
>4
Phoma multirostrata
15-25
>2
Pythium sp.
10-15
n.a.
Phytophthora sp.
20-35
n.a.
Plectosphaerella
cucumerina
15-25
n.a
Rhizoctonia sp.
15-25
n.a.
10-20
6-8 (ascospore)
15-25
n.a.
Sclerotinia
sclerotiorum
Thielaviopsis
basicola
Fase fenologica
maggiormente sensibile
Germogli in fase di attivo
sviluppo
Germogli in fase di attivo
sviluppo
Germogli in fase di attivo
sviluppo
Produzione materiale
propagativo, fioritura,
Piante mature
eventualmente ricoltivate
Fogliame disteso
Germogli in fase di attivo
sviluppo
Produzione materiale
propagativo, radicazione
nei contenitori di
coltivazione
Radicazione nei contenitori
di coltivazione
Radicazione nei contenitori
di coltivazione
Produzione materiale
propagativo
Germogli in fase di attivo
sviluppo
Radicazione nei contenitori
La sanità del materiale di propagazione è la pratica di profilassi più importante e, in
molti casi, dovrebbe far preferire l'acquisto dello stesso presso strutture vivaistiche
specializzate ed attrezzate piuttosto che la produzione interna all'azienda, in condizioni
spesso non ottimali sia dal punto di vista fitosanitario sia agronomico.
Relativamente all’adozione di opportune pratiche agronomiche, quali ad esempio la
rotazione, esse sono da considerare sempre con maggiore attenzione soprattutto per specie
allevate in vaso. I rischi sono infatti causati dalla capacità, per alcuni parassiti fogliari (P.
lamii, Alternaria sp.) e diversi parassiti basali (S. sclerotiorum, R. solani), di poter
sviluppare resistenza o di rimanere sui residui fogliari o residui radicali per periodi
sufficienti a diffondere le infezioni all’interno delle coltivazioni di nuovo impianto.
68
Textbox 4.1. NON SOLO AROMATICHE
Nell’area produttiva di Albenga la produzione delle specie aromatiche si è sviluppata
parallelamente alla produzione della margherita per vaso fiorito. Si tratta di una specie che
ben si è adattata alle condizioni colturali della piana albenganese potendo essere allevata in
serra ed in piano campo. Come sulle specie aromatiche, però, anche sulle coltivazioni di
margherita i patogeni maggiormente temibili sono numerosi e qui di seguito esamineremo
solo i tre considerati più importanti: il virus TSWV (Tomato Spotted Wilt Virus, , la
peronospora e la tracheofusariosi della margherita.
Da diversi anni tecnici e coltivatori convivono con le infezioni di TSWV adottando misure
di lotta volte, in prevalenza, a limitare la diffusione del virus attraverso materiale
propagativo infetto e a combattere la Frankliniella occidentalis, vettore considerato di
primaria importanza. Su margherita la presenza di infezioni di TSWV induce una generale
riduzione di sviluppo delle piante cui si associa costantemente la presenza di giallumi
fogliari. I giallumi, inoltre, sono associati a mosaicature non molto vistose, ma facilmente
distinguibili da una semplice clorosi.
Margherita con evidenti segni di ingiallimenti e maculature, dovute a infezione da TSWV.
Nel 2002 su margherita è stata segnalata la presenza di Peronospora sp. su piante
della cv Tania ad Albenga. Durante l’annata 2007/08 e 2010/11 si sono verificati numerosi
e, spesso, molto gravi casi di infezioni causati da Peronospora sp., in particolare in pieno
campo. Fattore determinante nel favorire tali fenomeni è stato certamente l’andamento
climatico, caratterizzato da fenomeni piovosi in grado di mantenere elevata l’umidità
relativa sulla coltura. Il riconoscimento tardivo della malattia, in alcuni casi scambiato per
infezioni di TSWV e forti squilibri nutrizionali, hanno aggravato molto la situazione. Le
69
piante attaccate dal patogeno presentano riduzione dello sviluppo con estesi ingiallimenti,
talora gravi, solo su alcune branche o germogli della pianta. Sul fogliame, inoltre, associato
ad un evidente ingiallimento, si osserva la distorsione del lembo fogliare soprattutto a
carico dei giovani germogli apicali. I rami attaccati assumono quindi un aspetto molto
particolare che interessa l’apice ed i germogli secondari prodotti a seguito dell’accestimento
della pianta. Le foglie così alterate oltre a presentarsi quasi completamente gialle e non
correttamente distese, con elevata umidità relativa, soprattutto a livello della pagina fogliare
inferiore, si ricoprono di un’efflorescenza di colore grigio tendente al bruno.
La tracheofusariosi della margherita (Fusarium oxysporum f.sp. chrysanthemi), descritta
per la prima volta in Italia alcuni anni fa nella zona di Albenga (SV), è un agente patogeno
fungino particolarmente favorito dalle elevate temperature, caratteristiche della stagione
estiva, e produce delle tracheopatie considerate molto dannose. La prevenzione è il
principale metodo di lotta: infatti, la produzione di margherita per la produzione di vaso
fiorito si basa, sull’impiego di materiale propagativo auto-prodotto in azienda, da piante
madri, generalmente allevate a terra, sotto ombrari. In queste condizioni, vista la possibilità
del patogeno di conservarsi anche per diversi anni nel terreno sotto forma di clamidospore,
è necessario il ricorso all’uso della disinfestazione del terreno di coltivazione prima
dell’impianto delle piante madri e porre la maggiore attenzione possibile nell’introdurre i
propaguli durante le ripetute e frequentissime operazioni di taleggio, con attrezzi e
manufatti infetti o il trasporto di terra infetta.
4.7 CONCLUSIONI
La coltivazione di specie aromatiche e officinali rappresenta un settore di ridotta
importanza nel contesto agricolo nazionale. Tuttavia, per la zona di Albenga esso
rappresenta un settore di rilevante importanza per l’economia locale. L’esempio di Albenga
ha dimostrato come il forte incremento della coltivazione di tali specie, anche per la
produzione di piante in contenitore, abbia rapidamente favorito la comparsa e quindi la
diffusione di patogeni scarsamente noti o, comunque, di scarso interesse. Certamente tra i
fattori importanti ci sono, oltre che l’intensificazione colturale, anche la realizzazione di
coltivazioni forzate. Una reale aggravante è, come già accennato, la scarsità di mezzi
chimici di lotta registrati su tali colture e la necessità di soddisfare particolari esigenze di
mercato (es. produzioni biologiche) che impongono di effettuare coltivazioni secondo
protocolli produttivi ulteriormente restrittivi dal punto di vista dei mezzi chimici.
BIBLIOGRAFIA
Colla L., 2005. L’agricoltura dell’albenganese. Dimensione economica, interdipendenze,
struttura aziendale e tipologie produttive. Ed. CCIAA Savona, 72 pagg.
Ferrari M., 2001. Malattie e parassiti delle piante da fiore, ornamentali e forestali. Il Sole
24 Ore Edagricole, 2 voll, 1839 pagg.
Scortichini M 1995. Le malattie batteriche delle colture agrarie e delle specie forestali.
Edagricole, 436 pagg.
70
Capitolo 5 - CONCLUSIONI
Pasquale Restuccia, Giovanna Mancini, Luca Incrocci, Alberto Pardossi
Appare evidente che una corretta gestione dell’irrigazione e fertirrigazione è
essenziale nell’agricoltura intensiva in quanto permette di ottenere piante di migliore
qualità, ridurre la predisposizione allo sviluppo di malattie e, nel contempo, di diminuire i
costi energetici e le perdite di acqua e nutrienti salvaguardando l’ambiente. Il progetto
SEGIF, rivolto specificatamente alle colture aromatiche ed alla margherita ad alberello
allevate in vaso nella piana di Albenga, ha prodotto e collaudato nuovi sistemi per il
pilotaggio dell’irrigazione (volume e turno irriguo) e ha fornito precise conoscenze sulle
esigenze nutrizionali delle principali specie di aromatiche coltivate ad Albenga, in modo da
aumentare gli standard qualitativi della produzione e contemporaneamente ridurre al
minimo l’impatto ambientale di queste coltivazioni.
Il progetto ha chiaramente dimostrato che le nuove tecnologie per il controllo
dell’irrigazione, in particolare l’uso di sensori dielettrici per il controllo dell’umidità del
substrato, sono oramai robuste, economicamente convenienti e pronte ad essere introdotte
nelle aziende disposte a fare investimenti su di esse, permettendo una maggiore accuratezza
nell’irrigazione, risparmiando così acqua, divenuta una risorsa sempre più da preservare.
Inoltre un’efficace gestione dell’irrigazione significa anche ridurre fortemente la
lisciviazione di nutrienti e erbicidi, in particolare dell’azoto che in alcune zone della piana
di Albenga è giunto a livelli preoccupanti nelle falde e nei corsi d’acqua superficiali.
Lo studio condotto sulle esigenze nutrizionali delle aromatiche ha permesso di
mettere in evidenza che la concimazione può essere ottimizzata alternando l’uso della
fertirrigazione, da utilizzarsi nei mesi con scarsa piovosità e con alte temperature, all’uso di
concimi a rilascio controllato (CRC), da utilizzare invece in inverno o nei periodi piovosi.
La lotta antiparassitaria non ha visto l’introduzione di tecniche innovative negli
ultimi anni, ma un attento monitoraggio dei dati climatici, risulta utile per poter individuare
le condizioni meteorologiche predisponenti a malattie fungine, permettendo così di
intervenire con misure agronomiche e trattamenti preventivi, sicuramente di minor impatto
sulla coltura e sull’ambiente.
Concludiamo con l’augurio che i protocolli e i consigli messi a punto e collaudati
con il progetto SEGIF possano fornire un valido aiuto a tecnici e agricoltori della piana di
Albenga e più in generale per tutti i florovivaisti Liguri per migliorare la competitività delle
proprie aziende e la sostenibilità ambientale della loro attività produttiva.
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