MANUALE SEGIF def web
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MANUALE SEGIF def web
6(*,)&RSHUWLQD[LQGG UNIONE EUROPEA REPUBBLICA ITALIANA REGIONE LIGURIA Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 Misura 1.2.4 – “Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nei settori agricolo, alimentare e in quello forestale” Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale l’Europa investe nelle zone rurali RISULTATI CONCLUSIVI PROGETTO SEGIFSviluppo di un sistema Esperto per la Gestione dell’Irrigazione, Fertilizzazione e controllo fitopatologico in floricoltura a cura di LUCA INCROCCI, PASQUALE RESTUCCIA, ANDREA MINUTO, ALBERTO PARDOSSI Progetto SEGIF- Sviluppo di un sistema Esperto per la Gestione dell’Irrigazione, Fertilizzazione e controllo fitopatologico in floricoltura Il progetto SEGIF è stato realizzato ai sensi del Reg. Ce 1698/2005 Misura 124 nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Liguria (DGR n°1176/2011), con lo scopo di ottimizzare l’irrigazione, la concimazione e la difesa fitopatologica delle specie aromatiche e della margherita in contenitore. Azienda capofila: Cooperativa Floricoltori “Riviera dei Fiori” S.C.A.. Partner: Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali Università di Pisa (Ex Dip. di Biologia delle Piante Agrarie). Coordinatore Tecnico: Dr. Pasquale Restuccia, Cooperativa Floricoltori “Riviera dei Fiori” S.C.A.. Coordinatore Scientifico: Prof. Alberto Pardossi - Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali Università di Pisa. Progetto grafico copertina: Guazzini David Impianti e stampa: Tipolitografia “La Commerciale”, Sanremo (IM) Settembre 2014 INDICE PRESENTAZIONE ............................................................................................................................... 5 Lista degli autori ................................................................................................................................................. 7 Capitolo 1- INTRODUZIONE ........................................................................................................ 9 1.1 La coltivazione delle aromatiche in Liguria ................................................................. 9 1.2 Il progetto SEGIF ....................................................................................................... 10 1.2.1 I partner del progetto........................................................................................................................ 10 1.2.2. Principali attività del progetto......................................................................................................... 13 Bibliografia....................................................................................................................... 11 Capitolo 2 L’IRRIGAZIONE DELLE COLTIVAZIONI FLOROVIVAISTICHE IN CONTENITORE .................................................................... 15 1.1 Introduzione................................................................................................................ 15 1.2 Valutazione dell’acqua irrigua e metodi per aumentare la sua qualità ....................... 18 1.3 Gestione dell’irrigazione ............................................................................................ 22 1.3.1 La misura diretta della evapotraspirazione. ..................................................................................... 30 Bibliografia....................................................................................................................... 34 Capitolo 3 - LA CONCIMAZIONE DELLE COLTURE FLOROVIVAISTICHE .................................................................................................................... 35 3.1 Introduzione................................................................................................................ 35 3.2 Metodi utilizzati nella fertilizzazione delle colture in vaso ....................................... 36 3.2.1 Concimi a lenta cessione e a rilascio controllato ............................................................................. 37 3.2.2 La fertirrigazione ............................................................................................................................. 38 Textbox 3.1. Utilizzo di sensori dielettrici per l’aumento dell’efficienza nell’uso di acqua e dei nutrienti della margherita allevata in vaso ................................................................................................ 39 Textbox 3.2. Software SOL-NUTRI......................................................................................................... 42 3.3 Le esigenze nutrizionali delle aromatiche .................................................................. 43 3.4 Il piano di concimazione delle aromatiche ................................................................. 50 3.5 Il monitoraggio della coltura in contenitore ............................................................... 51 Bibliografia ....................................................................................................................... 54 3 Capitolo 4 - ALTERAZIONI DI ORIGINE FUNGINA E BATTERICA DELLE PRINCIPALI SPECIE AROMATICHE E POSSIBILITÀ DI LOTTA ....................................................................................................................................................... 55 4.1 Introduzione................................................................................................................ 55 4.2 Il rosmarino ................................................................................................................ 55 4.3 La lavanda .................................................................................................................. 59 4.4 La salvia ..................................................................................................................... 62 4.5 Timo, origano, maggiorana, menta, melissa............................................................... 64 4.6 Possibilità di controllo ................................................................................................ 65 Textbox 4.1. Non solo aromatiche ................................................................................... 69 4.7 Conclusioni ................................................................................................................. 70 Bibliografia ....................................................................................................................... 70 Capitolo 5 - CONCLUSIONI........................................................................................................ 71 4 PRESENTAZIONE Negli ultimi anni, soprattutto nella piana di Albenga, abbiamo assistito ad un incremento nella domanda di aromatiche e di margherite allevate in vaso, a scapito delle imprese che producevano essenzialmente ortive e piante verdi. Questo incremento ha indotto numerose aziende florovivaistiche a potenziare la produzione di aromatiche in vaso. Tuttavia, anche se la produzione è di ottima qualità, non è esente da problematiche: infatti, le conoscenze, sia agronomiche che fisiologiche, sono insufficienti con il risultato di una scarsa efficienza nell’uso delle risorse e di un livello qualitativo della produzion e spesso inferiore rispetto ad altri prodotti florovivaistici coltivati nella zona. Lo scopo del progetto SEGIF (Sviluppo di un sistema Esperto per la Gestione dell’Irrigazione, Fertilizzazione e controllo fitopatologico in floricoltura) è stato quello di testare protocolli e sistemi innovativi di coltivazione, per il raggiungimento ed il mantenimento di standard qualitativi ottimali nella produzione di specie floricole e ornamentali, garantendo, al tempo stesso, la loro sostenibilità sia ambientale che economica. Questo manuale racchiude i risultati operativi derivati dalle attività svolte dal progetto SEGIF su otto specie aromatiche e sulle margherite (Argyranthemum frutescens cv. Stella 2000) prodotte nella piana di Albenga allo scopo di ottenere maggiori informazioni sulla corretta gestione del processo produttivo, limitando i consumi idrici (per preservare l’acqua, risorsa sempre più rara) e migliorando le concimazioni, con l’obiettivo finale di produrre piante di elevata qualità nel rispetto dell’ambiente. Un doveroso ringraziamento va ai ricercatori del Centro di Sperimentazione e Assistenza Agricola (CeRSAA) di Albenga (SV), per lo svolgimento della parte del progetto relativa al controllo fitopatologico, alle aziende agricole Enrico&Lanzalaco, Zerbone Marco Filippo, Denegri Mirko e Pizzo Marino, per la loro disponibilità durante l’esecuzione delle prove sperimentali di collaudo e per i dati sulla tecnica colturale forniti. Un ringraziamento va, infine, alla ditta NETSENS di Sesto Fiorentino (FI) per la collaborazione prestata nello sviluppo di algoritmi specifici per il controllo dell’irrigazione tramite l’uso di sensori per la misura dell’umidità del substrato. 5 6 Lista degli autori Sandro BOLDRINI, Coop. Riviera dei Fiori, Taggia (IM); [email protected]; Luca BOTRINI, Università di Pisa, [email protected]; Cinzia BRUZZONE, CeRSAA, Albenga (SV), [email protected]; Giulia CARMASSI, Università di Pisa, [email protected]; Flavio CECCARELLI, Università di Pisa, [email protected]; Massimo GHIONE, Coop. Riviera dei Fiori, Taggia (IM); [email protected]; Luca INCROCCI, Università di Pisa, [email protected]; Anna LANTERI, CeRSAA, Albenga (SV), [email protected]; Giovanna MANCINI, Coop. Riviera dei Fiori, Taggia (IM); [email protected]; Andrea MINUTO, CeRSAA, Albenga (SV), [email protected]; Giovanni MINUTO, CeRSAA, Albenga (SV), [email protected]; Pasquale RESTUCCIA, Coop. Riviera dei Fiori, Taggia (IM), [email protected]; Alberto PARDOSSI, Università di Pisa, [email protected]; Michele SIENA, Università di Pisa, [email protected]; 7 8 Capitolo 1- INTRODUZIONE Flavio Ceccarelli, Luca Incrocci, Pasquale Restuccia, Sandro Boldrini, Alberto Pardossi 1.1 LA COLTIVAZIONE DELLE AROMATICHE IN LIGURIA La piana di Albenga è la pianura alluvionale più estesa della Regione Liguria (circa 2 45 km ) e rappresenta una realtà produttiva molto importante sul territorio nazionale grazie alla produzione di piante in vaso, fiori e ortaggi. La coltivazione intensiva è iniziata negli anni ‘20 con la produzione di primizie (pomodori), passando in seguito alla produzione di fiori recisi, per poi tornare alla produzione di piante aromatiche e di alcuni ortaggi. Secondo l’indagine commissionata dalla “Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Savona” intitolata “L’agricoltura Albenganese – 2005”, la PLV agricola della zona si colloca tra i 280 e i 300 milioni di euro; il dato complessivo proviene dalla produzione di circa 120 milioni di vasi di fiori e aromatiche di varie misure e forme di allevamento. Le piante aromatiche in vaso contribuiscono alla PLV della piana per ben il 25% e, in termini di superficie coltivata, per il 20% della superficie totale. Naturalmente il termine “aromatiche” raggruppa un gran numero di specie e varietà, ma circa l’ 80% di queste è rappresentato da 4 sole specie: rosmarino (46%), Lavanda angustifolia (19 %), salvia (15%) e timo (11 %). La maggior parte delle aromatiche è venduta ai mercati del Nord Europa (Austria 30% e Germania 45%) mentre solo una piccola percentuale è destinata al mercato interno Altre importanti aromatiche coltivate sono la maggiorana, l’origano e la Lavanda Stoechas. Purtroppo le conoscenze disponibili su queste colture sono molto scarse: mancano, infatti, informazioni sui consumi idrici, sull’assorbimento minerale e sulla cura e prevenzione delle principali fitopatologie. La produzione di aromatiche quindi si è da sempre basata sull’esperienza diretta dell’agricoltore e del tecnico che, in mancanza di informazioni precise, si sono affidati al buon vecchio detto “Melius abundare quam deficere” somministrando acqua e fertilizzati in modo non controllato con sprechi e rischio per l’ambiente. Anche per la gestione delle alterazioni parassitarie l’agricoltore si è limitato ad effettuare i trattamenti una volta accertata la presenza della malattia. Poca importanza, invece, è stata data alla prevenzione tramite il monitoraggio delle condizioni ambientali ed all’applicazione di metodi di lotta biologica. Per tutti questi motivi la coltivazione delle aromatiche pur essendo importante per la piana di Albenga, presenta un livello di efficienza e qualità della produzione inferiore rispetto ad altri prodotti. Negli ultimi anni, tre sono gli aspetti che stanno rivoluzionando la produzione e la commercializzazione delle piante aromatiche: 1) la bassa efficienza nella concimazione e irrigazione, che ha portato un contributo all’innalzamento del contenuto di nitrati nelle falde freatiche e nelle acque 9 superficiali, portando alcune zone ad essere dichiarate come Zone Vulnerabili all’inquinamento da nitrati (ZVN) con tutte le limitazioni che ne conseguono; 2) la crescente importanza della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) italiana ed estera, quale acquirente del prodotto, che richiede prodotti certificati e, sopratutto, valori di residui spesso inferiori ai limiti minimi ammessi dalla legge; 3) la forte concorrenza da parte di paesi dove il costo della manodopera è molto basso. Appare quindi evidente che per competere sul mercato e garantire lo sviluppo e la sopravvivenza della coltivazione delle aromatiche nella piana di Albenga, l’unica strategia possibile da seguire è quella di realizzare un prodotto compatibile con l’ambiente (recando il minor impatto possibile) e di altissima qualità, in termini di shelf life e sicurezza alimentare (minor presenza di residui di fitofarmaci possibile). 1.2 IL PROGETTO SEGIF Dall’esigenza di produrre limitando gli sprechi, l’inquinamento e garantendo un prodotto di elevata qualità, nasce il progetto SEGIF (“Sviluppo di un sistema esperto per la gestione dell’irrigazione, fertilizzazione e controllo fitopatologico in floricoltura”, DGR n°1176/2011), conclusosi il 30 settembre 2014. Il progetto è stato realizzato ai sensi del Reg. Cee 1698/2005 Misura 124 nell’ambito del PSR 2007-2013 della Regione Liguria dalla Cooperativa Floricoltori “Riviera dei Fiori” e dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali (ex Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie) dell’Università di Pisa, e ha visto la partecipazione anche del Centro di Sperimentazione e Assistenza Agricola (C.e.R.S.A.A.) di Albenga (SV). Il progetto è nato dalle esigenze prima descritte con i seguenti obiettivi, relativamente alla coltivazione di alcune specie florovivaistiche: 1. riduzione dei costi di produzione; 2. riduzione dell’impatto ambientale, attraverso la razionalizzazione dell’irrigazione e della fertilizzazione; 3. miglioramento della qualità del prodotto finale; 4. trasferimento delle conoscenze a partner industriali, con lo scopo di realizzare sistemi innovativi di gestione e monitoraggio delle colture. In particolare sono stati eseguiti studi riguardanti il consumo idrico, minerale e il controllo fitopatologico su 8 specie aromatiche (Lavanda angustifolia, Lavanda stoechas, maggiorana, origano, rosmarino, rosmarino prostrato, timo) e su margherita in vaso (Argyranthemum frutescens cv. Stella 2000). Per il raggiungimento degli obiettivi il progetto SEGIF ha individuato una serie di aziende, dislocate su tutto il territorio della piana di Albenga, dove porre impianti pilota e raccogliere i dati necessari per lo svolgimento delle attività del progetto. 1.2.1 I partner del progetto La Cooperativa Floricoltori “Riviera dei Fiori”, Società Cooperativa Agricola con sede legale in Regione Periane - Taggia - è presente ormai da oltre 25 anni nella 10 provincia di Imperia con ben tre punti vendita dislocati sul territorio: Taggia, Pietrabruna e Camporosso, ed ha assunto, nel corso dell’ultimo periodo, un peso più rilevante in quanto, contando ad oggi circa 1200 soci e 3000 clienti, è a contatto con la maggior parte delle aziende floricole presenti sul territorio.; inoltre la Cooperativa, in collaborazione con il consorzio FlorCoop, ha recentemente aperto una nuova sede ad Albenga. Coltivazione di aromatiche in pien’aria presso l’azienda Enrico&Lanzalaco di Albenga, una delle aziende selezionate per lo svolgimento del progetto. (Foto. F. Ceccarelli, 2013). La Cooperativa, avvalendosi della collaborazione dei tecnici che operano al suo interno (dott. Pasquale Restuccia, Responsabile del Servizio di Assistenza Tecnica, dott.ssa Giovanna Mancini, dott. Massimo Ghione e agr. Sandro Boldrini) svolge sul territorio un servizio capillare di Consulenza Agronomica mantenendo anche strette collaborazioni con consulenti esterni, quali docenti universitari delle varie Facoltà di Agraria presenti in Italia, nonché con gli esperti della nutrizione delle piante del CRA di Roma per la realizzazione di Progetti Dimostrativi e di corsi di formazione professionale. La Cooperativa, oltre a fornire agli operatori del settore i mezzi tecnici, svolge attività di consulenza agli agricoltori e divulgazione di risultati sperimentali di progetti di ricerca, attraverso le seguenti attività: preparazione di schede tecniche colturali e di schede 11 fitopatologiche riguardanti le singole specie floricole e orticole, organizzazione di incontri tecnici (convegni) su tematiche floricole di particolare interesse, pubblicazioni sulle principali riviste del settore. Inoltre negli ultimi cinque anni sono stati svolti diversi corsi di formazione professionale (rivolti a tecnici e agricoltori) sul risparmio idrico, sul risparmio energetico e sulle tecniche di concimazione a basso impatto ambientale. Il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali, (DiSAAA-a) dell’Università di Pisa (http://www.agr.unipi.it/) ha partecipato al progetto SEGIF con l’unità di ricerca (U.R.) di Orticoltura e Floricoltura. La U.R. è dotata di diversi laboratori (anche per colture in vitro), serre climatizzate per colture fuori suolo e celle climatiche. Le attività scientifiche svolte presso la U.R. di Orticoltura e Floricoltura prevedono sia ricerche di base (soprattutto nel campo della biologia e biochimica vegetale) che applicate. Queste ultime sono dedicate soprattutto all’ortoflorovivaismo: micropropagazione, controllo della taglia e dello sviluppo delle colture in serra, colture fuori suolo, irrigazione e concimazione delle colture ortofloricole ed ornamentali di campo e di serra, qualità e conservazione postraccolta degli ortaggi e dei fiori recisi. Come dimostrato dalle partecipazioni a progetti di ricerca nazionali (progetto AZORT, progetto FLOR-PRO) ed internazionali (es. EU-INCO MED HORTIMED; EU-FP6 FLOWAID; EU-FP7 EUPHOROS) e dal numero di pubblicazioni e relazioni presentate a congressi in Italia e all’estero, la U.R. sopradetta ha maturato una notevole conoscenza nel campo delle colture ortofloricole, soprattutto per l’irrigazione e la fertilizzazione, realizzando anche diversi software applicativi, utilizzabili in modo gratuito dai tecnici e dagli agricoltori. Il Centro di Sperimentazione e Assistenza Agricola (CeRSAA, www.cersaa.it ) è un’azienda speciale della C.C.I.A.A fondata nel 1961. Si interessa di sperimentazione, dimostrazione, diagnostica avanzata, formazione e assistenza tecnica. Nella struttura sono attivi: 1) due laboratori di diagnostica fitopatologica (diagnostica classica, immunodiagnosi e biologia molecolare) accreditati dal Servizio Fitosanitario Regionale (conforme ai sensi artt. 10 D.D.M.M. del 14 aprile 1997 e art. 8 D.M. 9 agosto 2000), partner della rete regionale dei laboratori di analisi (LaRAF) e della rete nazionale dei laboratori del sistema camerale (ReteLab) di cui rappresenta l’unico laboratorio attivo in questo specifico settore; 2) un Centro di Saggio accreditato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali per la realizzazione di saggi ufficiali volti alla caratterizzazione dell’efficacia biologica di formulati di prodotti fitosanitari (conforme al D.L. del 17/03/1995 n° 194 ed al Reg. CE 1107/2009); 3) un’azienda agraria sperimentale di circa 50.000 m2, di cui circa 10.000 m2 coperti con serre, tunnel e ombrari. Dal 1998 il CeRSAA. partecipa in qualità di coordinatore beneficiario o partner a progetti di ricerca, dimostrazioni di trasferimento tecnologico Europei, Nazionali, Interregionali, e Regionali. Dal 2006, inoltre, ha attivato un settore dedicato al collaudo di impianti innovativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Il CeRSAA negli ultimi 20 anni ha prodotto oltre 600 tra lavori divulgativi, tecnici e scientifici, pubblicandoli su riviste nazionali ed internazionali; dal 2009, inoltre, il CeRSAA produce una trasmissione di divulgazione televisiva a livello regionale denominata “AgricUltura news”. 12 1.2.2. Principali attività del progetto Le principali attività svolte nell’ambito del progetto SEGIF sono state le seguenti: - studio bibliografico delle richieste idriche e minerali delle specie aromatiche e della margherita; - individuazione delle aziende ove eseguire le prove sperimentali previste e la raccolta dei dati; - installazione dei dispositivi di monitoraggio ambientale, costituiti da lisimetri per la raccolta delle acque di drenaggio dalle coltivazioni, al fine di determinare la percentuale di lisciviazione e la quantità di nutrienti persi nelle pratiche agricole adottate nella piana di Albenga; - progettazione e realizzazione di una centralina automatica per la gestione dell’irrigazione (attività condotta in collaborazione con la ditta NETSENS s.r.l di Sesto Fiorentino, FI); - elaborazione dei dati raccolti e preparazione di blue-print per la gestione dell’irrigazione, della concimazione e della difesa fitopatologica delle 8 diverse specie aromatiche indagate; - attività di divulgazione dei risultati ottenuti dal progetto, effettuata tramite due seminari tecnico-divulgativi (18 luglio 2013, presso il CeRSAA e il 1 agosto 2014 presso l’azienda Enrico &Lanzalaco), una prova dimostrativa in azienda e un convegno finale svoltosi il 3 ottobre 2014 ad Albenga. Durante lo svolgimento del Progetto, per soddisfare le richieste di coltivatori interessati, sono state organizzate due visite nelle aziende dimostrative (il 16 settembre 2013 ed il 30 aprile 2014) per visionare le prove in corso rispettivamente sulle colture aromatiche e su margherita. BIBLIOGRAFIA Colla L., 2005. L’agricoltura dell’albenganese dimensione economica, interdipendenze, struttura aziendale e tipologie produttive, Savona, Italia, Camera di commercio industria artigiano e agricoltura di Savona. Colla L., 2005. L’agricoltura nell’albenganese, dimensione 2004/2005 delle aziende, dimensione economica del settore modernizzazione delle aziende movimentazione del prodotto, Savona, Italia, Camera di commercio industria artigiano e agricoltura di Savona. Finizia A., 2013, Piante officinali in Italia: un’istantanea della filiera e dei rapporti tra i diversi attori, Roma, Italia, ISMEA osservatorio economico del settore delle piante officinali. Vender C., Voltolina G., Fusani P., D’andrea L., 2004. Schede colturali, Trento, Italia , Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - Unità di ricerca per il Monitoraggio e la Pianificazione forestale. 13 14 Capitolo 2 - L’IRRIGAZIONE DELLE COLTIVAZIONI FLOROVIVAISTICHE IN CONTENITORE Michele Siena, Luca Botrini, Luca Incrocci, Pasquale Restuccia, Giovanna Mancini, Massimo Ghione, Alberto Pardossi 1.1 INTRODUZIONE La bassa efficienza irrigua delle colture aromatiche e più in generale delle colture florovivaistiche, in particolare di quelle in contenitore, è dovuta principalmente a tre fattori: 1) uso di sistemi irrigui con una ridotta efficienza irrigua (E.I., rapporto tra l’acqua pompata dal sistema di irrigazione e quella effettivamente arrivata nella zona radicale delle piante) come ad esempio l’irrigazione per aspersione, la cui efficienza irrigua diminuisce all’aumentare della dimensione del vaso, a causa dell’aumento degli spazi vuoti fra i vasi (densità inferiore per unità di superficie bagnata); 2) somministrazione d’acqua in volumi eccessivi rispetto alla capacità di invaso della coltura. La presenza di drenato alla fine dell’irrigazione è una condizione essenziale nella coltura in vaso ed indica che il volume irriguo lordo (VIL) somministrato è stato sufficiente a ristabilire la capacità idrica di contenitore e a dilavare parte dei sali accumulati nel vaso stesso con le precedenti irrigazioni; normalmente la percentuale di lisciviazione (LF, rapporto fra quantità di acqua drenata e quella apportata al vaso) è compresa fra il 10 e il 50% a seconda della qualità dell’acqua irrigua; 3) turno di irrigazione (frequenza) eccessivo rispetto alle effettive esigenze fisiologiche della coltura (legate essenzialmente alla traspirazione fogliare), dovuti alla mancanza di una stima della evapotraspirazione. Un’elevata LF, salvo che non sia giustificata da una scarsa qualità dell’acqua irrigua utilizzata, comporta, inevitabilmente, una lisciviazione importante anche dei fertilizzanti e degli erbicidi somministrati alle piante. L’impiego dell’irrigazione a goccia, quando economicamente applicabile (ad esempio in tutte le coltivazioni in vaso con diametri superiori o uguali a 18 cm) e un attento pilotaggio dell’irrigazione (frequenza e volume irriguo) permettono di: a) ottenere i risultati produttivi desiderati (crescita e valore commerciale delle piante); b) ridurre al minimo l’impatto ambientale (minor dispersione nelle falde di concimi e sostanze chimiche come diserbanti); c) risparmiare sui costi di concimazione e uso di acqua. Ovviamente, i sistemi a ciclo chiuso, dove si recuperano e riutilizzano le acque di drenaggio, sono quelli più efficienti, ma una serie di motivi ne rendono spesso difficile 15 l’applicazione su larga scala, specie per le colture effettuate in piena aria come le piante aromatiche. Irrigazione a pioggia in un’azienda della piana di Albenga produttrice di piante aromatiche: si noti la scarsa efficienza irrigua, tipica di questo metodo irriguo. Un forte incremento nell’efficienza dell’uso dell’acqua si ottiene utilizzando sistemi di irrigazione a goccia. L’uso di sistemi con riutilizzo della soluzione drenata, come la subirrigazione, aumenta molto l’efficienza nell’uso dell’acqua. 16 A sinistra. Particolare del sistema di tappetino capillare per la sub-irrigazione da pieno campo per aromatiche. Si noti il telo impermeabile a contatto con il terreno, il profilato a canalicoli (color verde) per la distribuzione dell’acqua proveniente dalla manichetta su tutta la superficie, il feltro (azzurro) per uniformare l’acqua e il telo anti-alga posizionato sopra a tutto, per ridurre la evaporazione e ridurre lo sviluppo di infestanti. A destra: fase di realizzazione del piazzale dimostrativo del progetto “SIMA”. Tab. 2.1. Best Management Pratices da adottare per l’incremento dell’efficienza irrigua nelle colture florovivaistiche. BMPs per incrementare l’efficienza irrigua -BMPs specifiche per sistemi di irrigazione per aspersione -preferire, se economicamente conveniente, metodi irrigui con alta efficienza irrigua come ad esempio l’irrigazione a goccia o la subirrigazione; - disporre i vasi in modo da coprire la massima superficie possibile; - irrigare nelle ore più fresche e possibilmente la mattina presto o la notte per ridurre le perdite per evaporazione; -BMPs valide per tutti i metodi irrigui -effettuare più irrigazioni al giorno, in modo da dare volumi irrigui più contenuti che aiutino a controllare le perdite per lisciviazione; - utilizzare frazioni di drenaggio (LF) minime possibili, compatibilmente con la qualità dell’acqua irrigua e la resistenza alla salinità della specie; - progettare, attentamente l’impianto irriguo in modo che non ci siano perdite e agli ugelli sia assicurata una buona pressione idrica, al fine di ottenere una buona uniformità di distribuzione; - adottare un volume irriguo lordo fisso, compatibile con la capacità di invaso del contenitore; -stimare in maniera più precisa possibile l’evapotraspirazione delle piante in modo da poter decidere l’ora e il numero d’irrigazioni (frequenza o turno irriguo) per automatizzare gli interventi irrigui; 17 Un esempio di ciclo chiuso che negli ultimi anni ha avuto una notevole diffusione è la tecnica della subirrigazione, caratterizzata dal fatto che l’irrigazione della coltura è effettuata dal basso verso l’alto, attraverso un allagamento temporaneo (5-15 minuti) del settore irriguo, seguito dal recupero dell’acqua in eccesso. I principali vantaggi della subirrigazione sono l’automazione dell’irrigazione, la possibilità di meccanizzare la movimentazione delle piante, il ridotto impatto ambientale, la ridotta possibilità di propagare malattie radicali; i principali svantaggi risiedono principalmente nella necessità di utilizzare acque di buona qualità. La tecnica è ideale per la coltivazione di specie ornamentali da fiore in serra che, richiedono cambiamenti di densità colturale durante il loro ciclo di coltivazione. La subirrigazione con tappetini capillari è stata applicata anche nella zona di Albenga sulle aromatiche grazie al progetto dimostrativo SIMA (2004-2007). La tecnica si è dimostrata valida, ma l’elevato costo dell’investimento iniziale ne riduce fortemente la diffusione, specialmente in presenza di mercati con prezzi mutevoli, incerti e bassi. La semplice adozione delle principali Best Management Practices (BMP) permette di avere miglioramenti nell’efficienza idrica e nutritiva, anche nel caso d’impianti irrigui per aspersione (Tab. 2.1). 1.2 VALUTAZIONE DELL’ACQUA IRRIGUA E METODI PER AUMENTARE LA SUA QUALITÀ La qualità dell’acqua irrigua è valutata con un’analisi chimica-microbiologica: la valutazione comprende una serie di parametri indicati in Tab. 2.2 in cui sono riportati anche gli eventuali rimedi da attuare in caso di scarsa qualità dell’acqua. I problemi più frequenti nell’acqua irrigua sono descritti qui di seguito: -presenza di elevato contenuto di bicarbonati e di valori di pH superiore a 7, che limitano l’assorbimento di alcuni elementi minerali presenti nella soluzione nutritiva in condizioni alcaline. Inoltre, nel caso di acque con elevati contenuti di bicarbonati e carbonati, si verificano occlusioni negli ugelli dei gocciolatori, il veloce innalzamento del pH del substrato e fenomeni di fitotossicità sulle piante. Il problema può essere risolto con l’aggiunta di acidi forti (nitrico, solforico o fosforico) per neutralizzare il bicarbonato che si trasforma in acido carbonico disperdendosi in maniera definitiva nell’atmosfera come anidride carbonica. Conoscendo la quantità iniziale di bicarbonati e carbonati presente nell’acqua irrigua e il pH desiderato, è possibile, utilizzando la Tab. 2.3, stabilire la quantità di acido nitrico commerciale (con densità 1.40 kg/L e concentrazione pari a 65% in p/p) da aggiungere a 1000 L (1 m3) di acqua irrigua. Se l’acido da utilizzare non corrisponde a quello descritto, il valore può essere ricavato moltiplicando la quantità di acido nitrico trovata per un fattore correttivo, riportato in Tab. 2.4 oppure, più semplicemente, la quantità di acido può essere calcolata utilizzando alcuni appositi software come ad esempio SOLNUTRI, ideato dal Dottor Luca Incrocci (Università di Pisa) e liberamente scaricabile dal sito http://cespevi.it/softunipi/softunipi.htm ; -elevata quantità di ferro e manganese in forma ridotta, che al contatto con l’aria si ossidano macchiando di color ruggine la vegetazione ed il terreno. Oltre a questo 18 inconveniente, i precipitati tendono ad incrostare gli ugelli dell’impianto di irrigazione creando notevole difformità di erogazione nello stesso. Il problema, frequente con acque di pozzo, si risolve facendo ossidare il ferro e il manganese tramite un’ossigenazione forzata e allontanando i precipitati prima di utilizzare l’acqua; Tab. 2.2. Valori guida per la valutazione di acqua per uso irriguo e principali rimedi per ovviare alla sua scarsa qualità. La valutazione è riferita a colture di media sensibilità alla salinità. Parametro Unità di misura Solidi in sospensione mg/L EC dS/m Bicarbonati Nitrati Ammonio Fosforo Potassio Calcio Magnesio Sodio Cloruri Solfati1 Solfati 2 Ferro Manganese Boro Rame Zinco 1 meq/L (ppm) ppm ppm ppm ppm ppm ppm ppm ppm ppm ppm ppm ppm ppm ppm ppm Giudizio sulla idoneità all’uso irriguo Ottima Buona Scarsa Eventuali rimedi Filtrazione con idrociclone se presenza di sabbia, a maglia o a dischi se presenza di alghe. Osmosi inversa, mix con 0-0,75 0,75-2,25 >2,25 acque di migliore qualità 0-2 2-6 >6 Acidificazione (>360) (0-120) (120-360) <5 5-30 >30 <0,5 0,5-14 >14 <10 10-30 >30 <20 20-100 >100 <70 70-250 >250 Osmosi inversa o mix con <20 20-50 >50 acque di migliore qualità <70 70-210 >210 <140 140-350 >350 <192 192-288 >288 <50 50-80 >80 >5 Ossidazione forzata e seguita >0.5 da decantazione/filtrazione 0.7 0.7-3.0 >3 Mix con acque con minor contenuto di questi >1 microelementi >2 < 50 50-100 >150 sistemi irrigui che non bagnano la vegetazione; 2 valori per irrigazione a pioggia. 19 Tab. 2.3. Quantità (in litri) di acido nitrico commerciale con densità pari a 1,40 kg/L e concentrazione di 65% p/p da aggiungere a 1000 L (1 m3) di acqua irrigua per ottenere un determinato valore di pH in funzione della sua concentrazione iniziale di bicarbonati e carbonati (espressi in mM). L di acido nitrico (d=1,40 kg/L; al 65% p/p) da aggiungere a 1000 L di acqua irrigua Somma della concentrazione di carbonati e bicarbonati nell'acqua irrigua (mM) Valore di pH desiderato nella soluzione nutritiva 1,00 1,25 1,50 1,75 2,00 2,25 2,50 2,75 3,00 3,25 3,50 3,75 4,00 4,25 4,50 4,75 5,00 5,25 5,50 5,75 6,00 6,25 6,50 6,75 7,00 7,25 7,50 7,75 8,00 8,25 8,50 8,75 9,00 9,25 9,50 9,75 10,00 4,6 0,066 0,083 0,099 0,116 0,132 0,149 0,165 0,181 0,198 0,214 0,231 0,247 0,264 0,281 0,297 0,314 0,330 0,347 0,363 0,380 0,397 0,413 0,429 0,446 0,462 0,478 0,495 0,511 0,528 0,545 0,561 0,578 0,594 0,611 0,627 0,644 0,661 4,8 0,065 0,082 0,098 0,114 0,131 0,147 0,163 0,179 0,196 0,212 0,228 0,245 0,261 0,278 0,294 0,310 0,327 0,343 0,360 0,376 0,392 0,409 0,425 0,441 0,458 0,474 0,490 0,507 0,523 0,539 0,556 0,572 0,588 0,605 0,621 0,637 0,654 5,0 0,065 0,081 0,097 0,113 0,128 0,144 0,161 0,177 0,193 0,209 0,225 0,241 0,257 0,274 0,290 0,306 0,322 0,338 0,353 0,370 0,386 0,402 0,418 0,434 0,450 0,466 0,483 0,499 0,515 0,531 0,547 0,563 0,579 0,595 0,611 0,627 0,643 5,2 0,063 0,079 0,094 0,110 0,126 0,141 0,157 0,173 0,188 0,204 0,220 0,235 0,251 0,267 0,282 0,298 0,314 0,329 0,345 0,361 0,376 0,392 0,408 0,423 0,440 0,455 0,470 0,487 0,502 0,517 0,534 0,549 0,565 0,581 0,596 0,612 0,628 5,4 0,060 0,075 0,091 0,106 0,121 0,136 0,151 0,166 0,181 0,196 0,212 0,226 0,242 0,257 0,272 0,287 0,302 0,317 0,333 0,347 0,362 0,378 0,392 0,408 0,423 0,438 0,453 0,468 0,483 0,499 0,513 0,529 0,544 0,559 0,574 0,589 0,604 20 5,6 0,057 0,071 0,085 0,100 0,114 0,128 0,142 0,157 0,171 0,185 0,200 0,214 0,228 0,243 0,257 0,271 0,286 0,300 0,314 0,328 0,342 0,357 0,371 0,385 0,399 0,414 0,428 0,442 0,456 0,470 0,485 0,499 0,513 0,528 0,542 0,556 0,571 5,8 0,052 0,066 0,079 0,092 0,105 0,118 0,131 0,144 0,157 0,171 0,183 0,197 0,210 0,223 0,236 0,249 0,262 0,276 0,288 0,302 0,315 0,328 0,341 0,354 0,367 0,380 0,393 0,407 0,419 0,433 0,446 0,459 0,472 0,485 0,498 0,511 0,524 6,0 0,046 0,058 0,070 0,081 0,093 0,105 0,116 0,128 0,139 0,151 0,163 0,174 0,185 0,198 0,209 0,220 0,233 0,244 0,255 0,267 0,279 0,290 0,302 0,314 0,325 0,337 0,348 0,360 0,372 0,383 0,395 0,407 0,418 0,429 0,442 0,453 0,464 6,2 0,040 0,049 0,059 0,069 0,079 0,089 0,098 0,108 0,118 0,128 0,138 0,148 0,157 0,167 0,177 0,187 0,197 0,206 0,216 0,226 0,236 0,246 0,256 0,265 0,276 0,285 0,295 0,305 0,315 0,325 0,335 0,344 0,354 0,364 0,374 0,384 0,393 6,4 0,032 0,040 0,048 0,055 0,063 0,071 0,079 0,087 0,095 0,103 0,111 0,119 0,126 0,134 0,142 0,151 0,159 0,166 0,174 0,182 0,190 0,198 0,206 0,214 0,222 0,230 0,237 0,245 0,253 0,261 0,269 0,277 0,285 0,293 0,301 0,308 0,317 Tab. 2.4. Fattore di conversione per calcolare, conoscendo la quantità di acido nitrico (con densità 1,40 kg/L e al 65 % p/p) da aggiungere a 1 m3 di acqua per ottenere un determinato pH, ricavata dalla Tab. 2.3., una corrispondente quantità di acido commerciale da aggiungere in funzione delle caratteristiche dell’acido scelto. Ad esempio, dalla Tab. 2.3 si evince che per neutralizzare 1000 l di acqua contenente 5 mM di bicarbonati e ottenere un pH finale di 5.6 è necessario aggiungere 0,286 L di acido nitrico con densità pari a 1.40 e concentrazione del 65% p/p. Se si utilizza acido solforico con densità di 1,30 kg/L, con una concentrazione del 40% p/p, la quantità necessaria sarà pari a 0,286 x 1,40=0,400 L/m3. Acidi commerciali utilizzabili Caratteristiche fisiche Densità (kg/L) % peso/peso meq H+/ml di prodotto Fattore di conversione Acido nitrico 1,40 67,0 14,88 1,00 1,39 64,7 14,28 1,04 1,33 53,4 11,28 1,32 Acido fosforico 1,69 85,0 14,65 1,02 1,58 75,0 12,08 1,23 1,335 50,0 6,81 2,19 Acido solforico 1,83 95,0 35,48 0,42 1,58 53,0 17,09 0,87 1,30 40,0 10,61 1,40 Laghetto artificiale per la raccolta dell’acqua piovana e il trattamento di ossigenazione dell’acqua di falda. La semplice ossigenazione permette di far ossidare il ferro e il manganese, eventualmente presenti in eccesso nelle acque di falda, che spesso causano imbrattamenti sulla vegetazione e occlusioni nei gocciolatori. - elevato contenuto in ioni, che può portare a problemi di salinità nel suolo. Il rimedio più economico è quello di miscelare l’acqua di scarsa qualità con acqua di buona qualità (ad esempio quella piovana, raccolta in bacini artificiali) in modo da ottenere una qualità idonea per la coltura da irrigare. Se ciò non fosse possibile, si potrebbe ricorrere all’osmosi inversa, il cui costo mediamente oscilla intorno a 0,90-1 €/m3 di acqua osmotizzata. 21 - presenza di solidi in sospensione, che potrebbero danneggiare gli impianti di irrigazione e fertirrigazione (tubazioni, erogatori, dosatori) e le stesse colture, imbrattando le foglie se non addirittura provocando effetti fitotossici. La filtrazione è sempre necessaria e richiede la conoscenza di una serie di parametri come la qualità dell’acqua irrigua, il tipo di irrigazione, la portata massima, la pressione di esercizio dell’impianto irriguo. In genere per l’eliminazione di particelle solide come sabbia, tipiche delle acque sotterranee, si utilizzano filtri ad idrociclone, che sfruttano la forza centrifuga per allontanare le particelle. Se invece le particelle sono costituite da alghe e mucillaggini, è necessario utilizzare filtri a sabbia, a rete o a dischi. Vista l’importanza che riveste la presenza di solidi in sospensione è sempre buona norma affidarsi per la progettazione e l’installazione di impianti filtranti a dei professionisti. 1.3 GESTIONE DELL’IRRIGAZIONE Due sono i parametri fondamentali da determinare per un’irrigazione ottimale: il volume irriguo lordo (VIL, cioè la quantità di acqua dare per ogni intervento irriguo) e il turno irriguo o frequenza (FI, ogni quanto effettuare l’irrigazione). Il volume irriguo lordo (VIL, espresso come mm o L/m2) è la quantità d’acqua somministrata ad ogni intervento irriguo per fornire alla coltura il volume irriguo netto e compensare le inefficienze dell’impianto irriguo o della scarsa qualità dell’acqua irrigua. Il VIL può essere calcolato come segue: VIL =VIN /EI*KS Eq. 1 dove: -VIN (L/m2) è il volume irriguo netto che rappresenta l’effettiva quantità di acqua che è trattenuta dopo l’intervento irriguo, nel contenitore o nella zona radicale (per le colture nel terreno); -EI è l’efficienza irrigua del sistema irriguo adottato, espressa come rapporto fra l’acqua che effettivamente arriva nella zona radicale della coltura e quella che è erogata, (normalmente compresa fra 0,88-0,95 per impianti a goccia, variabile da 0,30 a 0,7 in funzione della dimensione del vaso per l’irrigazione a pioggia); -KS è il coefficiente irriguo di sicurezza, cioè quella quantità di acqua che deve essere somministrata in più al VIN per compensare le inefficienze dovute alla qualità dell’acqua, alla mancanza di uniformità della coltura (variabilità nella evapotraspirazione delle piante) e alla difformità di erogazione dei gocciolatori. Il coefficiente è calcolato in funzione di tre fattori, sommando ad 1 i valori dei loro rispettivi coefficienti, riportati in Tab. 2.5. Ks può assumere valori da un minimo di 1,05 ad un massimo di 1,60. L’acqua disponibile (AD), cioè l’acqua utilizzabile dalla pianta nel mezzo di coltivazione, varia in funzione del substrato ed è calcolata dalla curva di ritenzione idrica, la quale esprime la relazione fra il potenziale matriciale (espresso in kPa o hPa) e il volume percentuale dell’acqua contenuta nel substrato. 22 Tab. 2.5. Calcolo del coefficiente irriguo di sicurezza (Ks). Il coefficiente si calcola sommando ad 1 il valore stabilito per ogni fattore che influenza l’efficienza irrigua. Ad esempio per una coltura uniforme in cui l’irrigazione è effettuata con gocciolatori auto-compensanti (ottima uniformità) e con un’ottima qualità dell’acqua irrigua, il KS è pari a 1,05). Qualità dell'acqua Ottima qualità (EC<0.5 dS/m) Coeffi- Uniformità di ciente erogazione Ottima 0,00 (es. gocciolatori autocompensanti) Buona qualità 0,05 (0.5 dS/m>EC<0.75 dS/m) Buona (es. gocciolatori a spaghetto) Media qualità (0.75 dS/m>EC<1.25 dS/m) Media (es. gocciolatori parzialmente ostruiti) 0,10 Scarsa qualità (1.25 dS/m>EC<1.5 dS/m) 0,15 Pessima qualità (EC>1.5 dS/m) 0,20 Scarsa (es. linee gocciolanti eccess. lunghe) Pessima (es. aspersione in zone ventose) Coeffi- Uniformità ciente della coltura Ottima 0,00 (coltura molto uniforme) Buona (differenze fra 0,05 gli individui entro il 10%) Media (differenze fra 0,10 le piante entro il 15%) Scarsa (specie 0,15 diverse, ma con ET simile) Pessima 0,20 (plot con specie diverse) Coefficiente 0,05 0,08 0,10 0,15 0,20 Curva di ritenzione idrica di un substrato, con indicazione dell’acqua facilmente disponibile (differenza fra -10 e -50 hPa) e disponibile (differenza fra -10 hPa e -100 hPa). Le forze matriciali in un substrato sono deboli, e quindi la forma del contenitore, in particolare l’altezza, riduce fortemente la quantità di acqua che può essere trattenuta. 23 Tab. 2.6. Proprietà fisiche di alcuni substrati. In tabella sono riportati anche i risultati delle analisi fisiche effettuate su 4 diversi substrati prelevati nella piana di Albenga (valore medio, minimo e massimo registrato). Lana roccia Peso specifico (g/l) 80-90 Porosità totale (%vol.) 94-97 Capacità per l’aria (% vol.) 10-15 Acqua disponibile (% vol.) 85-80 Perlite-torba 100-150 90-95 50-55 27 Perlite standard 80-120 85-90 50-60 7 Pomice-torba 400-500 80-85 20-30 22 Pomice 650-950 65-75 40-50 7 Torba bionda 60-100 90-95 30-35 33 Torba bruna 100-150 85-90 30-40 27 400 87,4 21,1 29,4 -Valore minimo 300 86,4 14,3 24,9 -Valore massimo 500 89,2 26,5 32,1 Materiale Substrato medio piante aromatiche Tab. 2.7. Capacità per l’aria, acqua facilmente disponibile e acqua disponibile per i quattro principali tipi di vaso utilizzati nella produzione di aromatiche nella piana di Albenga, utilizzando la curva di ritenzione media dei substrati analizzati durante il progetto SEGIF. I dati sono stati ottenuti utilizzando l’apposito software SEGIF sviluppato da Incrocci Luca e Carlo Bibbiani dell’Università di Pisa. Le simulazioni sono state eseguite calcolando la differenza fra l’acqua invasata quando sul fondo del vaso il potenziale matriciale era di 0 hPa (massima capacità idrica di contenitore), di -50hPa e di -100 hPa (punto di appassimento). Tipo vaso Diam. 14cm h=10.5 cm, 1.0 L Diam. 19 cm h=16.5 cm, 3.0 L Diam. 19 cm, h=17cm, 3.25 L Diam. 25 cm, h18 cm, 5.5 L Capacità per l’aria (L/vaso) 0,130 0,512 0,559 0,997 Acqua facilmente disponibile (0/ -50hPa) (L/vaso) 0,270 0,767 0,829 1,367 Acqua disponibile (0 /-100hPa) (L/vaso) 0,300 0,847 0,915 1,510 Volume irriguo netto ottimale (L/vaso) 0,150 0,300 0,350 0,500 In realtà a causa delle dimensioni delle particelle che compongono i substrati, relativamente grandi rispetto a quelle del terreno, le forze matriciali che trattengono l’acqua sono deboli e quindi la forma del contenitore, in particolare l’altezza, ne condiziona la capacità di trattenere l’acqua. L’acqua disponibile per la pianta in un contenitore è calcolata 24 come differenza fra la quantità totale di acqua contenuta nel vaso, ad un potenziale matriciale sul fondo del contenitore pari rispettivamente a 0 hPa (fine di una abbondante irrigazione) e a -100 hPa (tensione oltre la quale si manifestano sintomi di appassimento). Per conoscere il valore di acqua disponibile in un contenitore si può utilizzare il software SEGIF che permette, scelti la forma del vaso e la curva di ritenzione del substrato, di stabilire la quantità di AD di quel contenitore. Nell’ambito delle attività del progetto SEGIF, sono state determinate le curve di ritenzione idrica di alcuni substrati utilizzati nella piana di Albenga per la coltivazione di piante aromatiche e i dati sono riportati, insieme a quelli relativi ad altri substrati, nella Tab. 2.6. In Tab. 2.7 sono riportati i risultati della simulazione per il calcolo della AD in quattro diverse tipologie di vasi tra i più utilizzati nella piana di Albenga per la produzione di piante aromatiche e di margherite. Ad esempio, per le aromatiche si utilizza prevalentemente il vaso diametro di 19 cm, con volume di 3,25 litri e il vaso diametro interno di 14 cm con volume di 1.0 litri. L’AD in questi vasi è pari a 0,3 litri e a 0,91 L rispettivamente per il vaso con diametro 14 e con diametro 19. Il volume irriguo netto (VIN) è solo una frazione (F) della AD di un vaso e viene calcolata come: VIN=AD*F*D Eq. 2 dove D è il numero di contenitori al m2. F oscilla normalmente fra il 30 e il 50% della AD e la sua scelta dipende dalla quantità di AD del vaso, dalla capacità del substrato a contenere l’aria, dalla sensibilità all’asfissia della pianta. Soprattutto nei vasi bassi (con altezza inferiore a 12 cm), dove la capacità per l’aria a disposizione della pianta alla fine dell’irrigazione è scarsa, è consigliabile scegliere F di 50-70%, in modo che il contenuto idrico nel vaso abbia una certa oscillazione e sia assicurato così un certo arieggiamento del vaso. Al contrario, in vasi grandi (oltre diametro 18 cm), dotati di AD maggiori, conviene adottare F abbastanza piccoli (30-40%), per evitare che si abbia un’eccessivo ristringimento del substrato, a causa delle grosse variazioni dell’umidità del vaso fra una irrigazione e la successiva. Un concetto importante per una buona gestione dell’irrigazione è che il VIN non potrà essere mai superiore né troppo simile alla AD del contenitore: se ciò accade, sicuramente tutta la parte eccedente la AD sarà lisciviata (il surplus drena), così come intervenire un VIN simile alla AD, comporta l’imposizione di uno stress idrico più o meno severo in prossimità di ogni intervento irriguo. L’altro parametro chiave nella gestione dell’irrigazione è la frequenza irrigua (FI) o turno irriguo, espressa in giorni (o ore) fra due interventi irrigui consecutivi. Normalmente, il volume irriguo tende ad essere costante, e l’intervento irriguo successivo sarà eseguito quando la coltura avrà evapotraspirato una quantità di acqua pari al Volume Irriguo netto (VIN) FI = ETDAY/ VIN Eq. 3 dove ETDAY è l’evapotraspirazione media giornaliera della coltura (L*m-2*giorno-1). 25 ETDAY dipende dalla temperatura e dall’umidità dell’aria, dalla radiazione solare, dal vento e, ovviamente, dalla superficie fogliare della coltura: quindi a causa del continuo mutamento delle condizioni meteorologiche durante la giornata, la pausa fra un intervento irriguo e il successivo tende a modificarsi continuamente, se il volume lordo irriguo è fisso. Nella pratica sono molto diffuse le centraline basate su temporizzatori (timer), che effettuano interventi irrigui con frequenze e volumi irrigui programmati per i vari settori colturali in cui è suddivisa la serra o il vivaio, utilizzando sia sistemi di irrigazione ad aspersione che a goccia. Attualmente sul mercato sono disponibili diversi modelli che differiscono per il tipo d’alimentazione, il numero di programmi operativi e di settori irrigui controllabili. L’efficienza di questo metodo di pilotaggio dell’irrigazione dipende dall’esperienza dell’operatore e dalla possibilità di programmare su base giornaliera i temporizzatori, cosa che ne rende un po’vano lo scopo iniziale del loro utilizzo e cioè quello di automatizzare l’irrigazione. In generale, l’efficienza irrigua di questi sistemi è bassa, con perdite di acqua del 25-50%, con punte fino al 70%, anche quando nella centralina sono integrate funzioni come quella di sospendere l’irrigazione in caso di pioggia o l’utente non è in grado di valutare la reale frazione di lisciviazione. Centralina timer per il controllo dell’irrigazione in ortofloricoltura. In questo caso, la durata irrigua e la frequenza è prestabilita a priori, indipendentemente dall’andamento del microclima. Centralina installata presso l’azienda Lanzalaco per la misura on-line della ET0 nella zona di Albenga L’uso di timer tuttavia è molto diffuso ed efficace, e può, in parte, essere reso più efficiente conoscendo l’evapotraspirazione della coltura in un certo periodo. Il metodo di stima indiretto dell’ET a cui fare riferimento per colture in pieno campo e in vivaio, è il metodo FAO basato su due stadi (two steps): prima si determina la evapotraspirazione potenziale o di riferimento (ET0) e poi il coefficiente colturale Kc, il quale è funzione dell’area fogliare della coltura e del tipo di tecnica colturale adottata: Eq. 4 ET = ET0 x KC 26 L’ET0 rappresenta l’evapotraspirazione di un prato di Festuca arundinacea ben concimato, irrigato e mantenuto a 10 cm di altezza in quelle condizioni climatiche; la ET0 è un dato che può essere fornito, anche in tempo reale e su base oraria, da comunissime stazioni meteo aziendali, il cui costo è di qualche migliaio di euro, oppure distribuito automaticamente in vario modo (via Internet o SMS sul cellulare) dai servizi agrometeorologici consortili o regionali agli utenti registrati. Più problematica è invece la stima del KC delle coltura, calcolato come rapporto fra l’evapotraspirazione della coltura e la ET0 nelle medesime condizioni climatiche. I valori di KC sono noti per molte colture agrarie (oscillano tra 0.3 e 1.5) mentre sono disponibili solo per poche colture ornamentali, in quanto dipendono non solo dalla specie botanica, ma anche dalle dimensioni della singola pianta, e dalla tecnica colturale (a terra o in contenitore). Per una determinazione più precisa sono necessarie prove sperimentali abbastanza complesse, condotte per l’intera stagione irrigua e per più anni, in modo da stabilire delle relazioni tra la variazione stagionale del Kc e l’andamento climatico e/o individuare dei parametri facili da determinare che siano correlati al Kc. Pardossi e collaboratori (2012), ad esempio, hanno trovato una buona relazione tra l’altezza della pianta e il KC in alcune specie di arbusti ornamentali: questo tipo di relazione è stata confermata anche per le 8 specie aromatiche studiate nel progetto SEGIF (Textbox 2.1). Negli esperimenti effettuati nel progetto SEGIF, la ET media (ETM) di una delle 8 colture aromatiche oggetto di studio, può essere stimata con sufficiente precisione dalla seguente formula: ETM= ET0M * KC/h * H Eq. 5 dove: Kc/h è il rapporto medio specie-specifico relativo alla coltura in oggetto, ottenuto dividendo il KC, determinato durante i 9 rilievi di evapotraspirazione effettuati nel periodo sperimentale da settembre 2013 a marzo 2014, per l’altezza media delle piante misurate (vedi Tab. 2.8); H è l’altezza media, determinata su almeno 10 piante del settore irriguo per il quale si sta calcolando il KC.; ET0M è l’evapotraspirazione media giornaliera calcolata nel periodo esaminato (per i valori medi di ET0 decadali di Albenga vedi Tab. 2.9). Una volta determinato il Kc, questo può essere usato su: a) centraline irrigue capaci di cumulare l’evapotraspirazione per ciascun settore, moltiplicando la ET0 media oraria per il coefficiente colturale del settore irriguo: l’irrigazione si attiverà solo al superamento di una soglia di ET cumulata stabilita dall’utente, in base alla AD del vaso. b) per programmare settimanalmente in maniera più efficace anche i semplici timer comunemente utilizzati dagli agricoltori, conoscendo, in base all’altezza delle proprie piante, la ET media e in questo modo impostare un numero e una durata degli interventi irrigui congruo con la ET attesa. I valori Kc/h determinati sperimentalmente nel progetto SEGIF sono riportati nella Tab 2.8 e maggiori dettagli su come utilizzarli sono riportati nel Textbox 2.1. . 27 TEXTBOX 2.1. Prove sperimentali per la determinazione dei coefficienti colturali (Kc) e delle esigenze minerali di alcune piante aromatiche. Uno degli scopi del progetto SEGIF è stato quello di ottimizzare l’uso di acqua, fertilizzanti e antiparassitari, al fine di ridurre l’impatto ambientale delle principali colture aromatiche coltivate nella piana di Albenga (Lavanda angustifolia, Lavanda stoechas, maggiorana, origano, rosmarino prostrato, rosmarino, salvia, timo): su queste specie, il DiSAAA-a, insieme alla cooperativa Riviera dei Fiori e con la collaborazione di alcune aziende della piana di Albenga, hanno eseguito uno studio allo scopo di calcolare: x i coefficienti colturali da utilizzare per la stima dell’evapotraspirazione effettiva (ET) in base all’evapotraspirazione potenziale (ET0) stimata a sua volta con centraline meteorologiche, installate nelle aziende; x le concentrazioni dei macro e micro nutrienti nei tessuti fogliari, da utilizzare come valori di riferimento utili per la valutazione dello stato nutrizionale della pianta; x le asportazioni totali nell’arco del ciclo colturale; x le concentrazioni di assorbimento dei vari nutrienti (rapporto tra la quantità di elementi minerali assorbiti e l’acqua traspirata dalla coltura) utilizzabili per la formulazione della soluzione nutritiva da usare per la fertirrigazione. A tal scopo sono state eseguite due prove: la prima nel 2012 (01/08/201215/04/2013) e la seconda nel 2013 (10/08/2013-20/05/2014), trapiantando le talee in vasi diametro 14 da 1 litro con substrato commerciale (densità pari a 25 p/m2). La Lavanda stoechas e il rosmarino sono stati coltivati anche nel vaso di diametro 18, con un volume di circa 3 litri (densità 15 p/m2). Ad intervalli regolari di circa 45 gg (per un totale di 6 rilievi), alcune piante presenti nelle aziende di Albenga sono state inviate all’Università di Pisa dove sono stati eseguiti i rilievi dei consumi idrici per il calcolo del KC, e i rilievi di crescita. I tessuti vegetali sono stati analizzati per valutare il contenuto minerale e quest’ultimo utilizzato per calcolare le asportazioni minerali. Contemporaneamente presso il DiSAAA-a, alcune piante delle stesse specie sono state coltivate in condizioni ottimali di concimazione, in modo da ottenere dei valori di contenuto minerale nei tessuti fogliari da utilizzare come valori di riferimento per la diagnostica fogliare. I coefficienti colturali (KC= ET/ET0) sono stati determinati nei vari periodi del ciclo di coltivazione come rapporto fra la ET0 misurata in loco con una centralina meteorologica e l’evapotraspirazione effettiva, misurata attraverso successive pesate (metodo gravimetrico). I KC variavano in funzione della data di trapianto e delle potature verdi effettuate (3-5 durante tutto il ciclo). Utilizzando i dati dell’altezza (h) delle piante, si è osservato che il rapporto KC/h era differente per le 8 specie, ma abbastanza costante durante il ciclo colturale di ogni specie. Ad esempio, nel caso del rosmarino coltivato nel vaso 19 (densità di 15 p/m2) si può notare che mentre il KC oscilla da 0.40 a 1.00, il rapporto del KC/h è assai più costante lungo tutto il periodo di coltivazione. In tabella 2.8 sono riportati i valori di KC/h per le 8 specie oggetto di studio. 28 Rosmarino vaso 19 1.20 0.100 Kc 1.00 Kc/h Kc 0.80 0.060 0.60 0.040 0.40 0.20 0.020 0.00 0.000 0 50 Kc/h 0.080 100 150 200 250 300 Giorni dal trapianto Andamento del coefficiente colturale (Kc) determinato sperimentalmente per il rosmarino coltivato in vaso diametro 19. Si noti come il coefficiente colturale diviso per l’altezza della pianta espressa in cm (Kc/h) è sostanzialmente costante lungo tutto il periodo colturale. Qui di seguito si illustra un esempio per chiarire come avviene il calcolo della ET per una determinata specie aromatica con il sistema del coefficiente Kc/h. Ipotizziamo che si voglia calcolare il valore di evapotraspirazione media del rosmarino in vaso 19 e la frequenza di irrigazione per la terza decade di novembre, ad Albenga. Le operazioni da eseguire sono le seguenti: 1) scegliere 8-10 vasi e su questi misurare l’altezza della pianta (si effettua per ogni pianta la media delle misure su due-tre rami assurgenti), prendendo come quota 0 il piano del substrato nel vaso; 2) calcolare il valore medio dell’altezza con le altezze delle 8-10 piante scelte (ad esempio pari a 19.5 cm); 3) ricavare dalla Tab. 2.9 il valore medio di ET0 per la terza decade di novembre per la zona di Albenga (pari a 1.30 L/m2) 3) calcolare la ET media (ETM) applicando la Eq. 5: ETM= ET0*Kc/h*H. Il coefficiente KC/h è riportato in Tab. 2.8 ed è pari a 0.029.Quindi: ET (L/m2)= 1.30L/m2* 0.029/cm* 19,5 cm = 0.735 L/m2 e poiché la densità per questo tipo di coltivazione è di 15 p/m2, ogni pianta traspirerà 0.735/15 p/m2= 0.049 L/pianta; 4) calcolare il numero di interventi al giorno, sapendo che si effettuerà l’irrigazione quando sarà stato consumato il 20% (F) della AD. Dalla Tab.2.7 oppure utilizzando il software SEGIF, si ottiene che la AD per il vaso diametro 19 di 3.0 L è di 0.85 L/p. VIN= AD*F=0.85L/p*0.20=0.17 L/p. FI=ETDAY/VIN= 0.049L/m2/0.17 L/p= 0.288 irrigazioni /day, pari ad 1 irrigazione ogni 3.5 giorni circa. 29 Tab 2.8. Rapporto medio ed errore standard fra il Kc e l’altezza di 8 specie aromatiche allevate in vaso con diametro 14 o 19 cm (solo per rosmarino e Lavanda stoechas) (n=27, densità di 25 e 15 piante/m2). In tabella è anche riportato, per ogni specie, la pendenza della retta di regressione (y=bx) fra i Kc determinati sperimentalmente (x) e quelli ricalcolati (y) in base all’altezza del campione e del rapporto Kc/h e il coefficiente di determinazione (r2) della retta. Ad esempio, il Kc di una salvia allevata in vaso diam. 14, mediamente alta 20 cm sarà pari a 0,040 x 20 cm= 0,80. Kc/h errore (1/cm) standard Specie Rosmarino vaso 19 Rosmarino vaso 14 Lavanda stoechas vaso 19 Lavanda stoechas vaso 14 Rosmarino prostrato vaso 14 Origano vaso 14 Salvia vaso 14 Lavanda angustifolia vaso 14 Maggiorana vaso 14 Timo vaso 14 0,029 ± 0,004 0,029 ± 0,003 0,035 ± 0,003 0,037 0,035 0,047 0,040 0,037 0,034 ± 0,006 ± 0,010 ± 0,007 ± 0,008 ± 0,005 ± 0,006 0,043 ± 0,007 Equazione r2 Y=1,0386x Y=1,043x Y=0,9443x Y=0,9558x Y=0,9578x 0,9201 0,9138 0,9552 0,8813 0,5745 Y=1,0033x Y=0,9324x 0,9128 0,7229 Y=0,9776x Y=0,970x Y=0,9479x 0,7446 0,880 0,7651 Tab 2.9. Evapotraspirazione potenziale media giornaliera (mm o L/m2) della piana di Albenga (SV), calcolata su una media decennale di osservazioni. Mese I Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno 0,82 1,79 2,18 2,55 3,37 3,54 Decade II 0,95 1,66 2,03 2,98 3,75 4,01 Mese III 1,25 1,94 2,44 3,06 3,71 4,52 I Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre 4,66 4,71 3,88 2,49 1,29 1,53 Decade II 4,67 4,50 3,55 2,11 2,39 1,07 III 4,95 4,26 2,97 1,76 1,30 0,95 1.3.1 La misura diretta della evapotraspirazione. La misura diretta della evapotraspirazione è effettuata con metodi gravimetrici (bilance) o con sensori per la misura dell’umidità del substrato in alcuni vasi-campione. Attualmente in commercio esistono diversi sensori per la determinazione dell’umidità del terreno. L’umidità del suolo può essere espressa, in termini di potenziale idrico (tensione matriciale) o di contenuto idrico volumetrico (VWC). 30 Bilancia elettronica per il peso di piante di gerbera, per il calcolo diretto della ET della coltura. Il potenziale idrico è una grandezza direttamente correlata al livello di stress idrico della pianta: infatti, come già descritto nei paragrafi precedenti, un potenziale matriciale di 100 hPa indica, nel caso dei substrati, la fine dell’acqua disponibile. Il potenziale idrico si misura con i tensiometri idraulici, i quali sono poco diffusi nell’applicazione pratica a causa della necessaria manutenzione, oltre che della loro fragilità ed del loro elevato costo. Negli ultimi anni si sono diffusi sensori dielettrici che valutano il contenuto idrico volumetrico, attraverso la misura di alcune costanti dielettriche di un mezzo (permettività e/o conducibilità elettrica del mezzo o bulk EC). In questo caso il dato, per poter essere utilizzato, deve essere accompagnato dalla conoscenza della curva di ritenzione idrica del mezzo per stabilire il valore del contenuto idrico volumetrico (VWC) corrispondente al punto di appassimento. L’uso dei sensori dielettrici permette di tener conto delle continue variazioni della ET dovute alle condizioni ambientali, riducendo ai valori minimi desiderati la LF. Alcune di queste sonde sono in grado anche di misurare la conducibilità elettrica del mezzo (bulk EC) dalla quale, attraverso opportune calibrazioni substrato-specifiche si può calcolare la EC dell’acqua della soluzione circolante (EC dell’acqua contenuta nella microporosità): queste sonde permettono quindi non solo di automatizzare l’irrigazione, ma anche di modulare, automaticamente, sia la frazione di lisciviazione che il livello di 31 fertilizzazione in base ai valori di salinità misurati nel vaso. Al momento esistono già in commercio centraline dotate di sensori di umidità del terreno in grado di fare l’irrigazione dopo il superamento di una soglia di umidità fissata dall’utente e fertirrigatori in grado di modificare il livello di lisciviazione in base al valore di salinità all’interno del vaso. Da sinistra verso destra: alcuni sensori dielettrici utilizzati per la misura del solo contenuto idrico volumetrico (SM200, Delta-T Device; Terrasense 2, Netsens) o anche della bulk EC del mezzo (GS03, Decagon Device; WET-1, Delta-T device). Il problema spesso riscontrato nell’uso dei metodi diretti è costituito dalla rappresentatività del campione di piante scelte come riferimento. E’ sempre opportuno scegliere piante dalle quali ci si aspetta un consumo idrico leggermente superiore alla media, ad esempio piante più grandi e/o dislocate sui bordi dei bancali o nei punti più soleggiati della serra o del vivaio. Una volta posizionato, il sensore non dovrebbe essere più rimosso fino alla fine della stagione, a meno che la pianta monitorata non abbia uno sviluppo significativamente diverso dalla media delle piante del settore irriguo considerato. Il sensore, inoltre, deve essere collocato nella zona di maggiore densità radicale che di solito coincide con la zona con maggiori oscillazioni di VWC nel vaso (normalmente vicino al gocciolatore). Nei vasi di dimensioni superiori a 4 litri di volume, il sensore dielettrico non misura il VWC dell’intero vaso, ma solo di una sua parte: è quindi opportuno fare sempre una auto-calibrazione in loco del sensore, che consiste nel correlare, dopo qualche giorno dalla sua installazione nel vaso, il VWC letto dal sensore con l’effettivo contenuto idrico dell’intero vaso, misurato con una bilancia. In questo modo si sceglie la soglia di VWC minima sotto la quale occorre attivare l’irrigazione, in base alla variazione di umidità desiderata. Una volta messo in funzione il controllo automatico dell’irrigazione, è necessario eseguire dei periodici controlli del drenato prodotto nel settore irriguo, in modo da stabilire se la soglia di VWC e il vaso scelto siano rappresentativi del settore. Se così non fosse, è necessario modificare la soglia di intervento irriguo, in modo da ottenere la LF desiderata. 32 TEXTBOX 2.2. Sviluppo e validazione di un sistema automatico per l’irrigazione di piante in vaso basato su sensori dielettrici. Nelle attività del Progetto SEGIF, in collaborazione con la ditta NETSENS s.r.l di Sesto Fiorentino (FI), è stato sviluppato e testato un software in grado di modificare in automatico il volume irriguo distribuito ad intervalli predefiniti sulla base della misura di contenuto idrico volumetrico (VWC) letto da sensori dielettrici in alcuni vasi campione. Nell’azienda Enrico&Lanzalaco è stata installata una centralina meteo a cui erano collegati in maniera wireless 6 nodi, ciascuno dei quali aveva due sensori di umidità del suolo (mod. Terrasense 2). Nell’azienda è stata anche installata la centralina per il pilotaggio dell’irrigazione WI-SENSE, in grado di essere programmata in remoto tramite un’interfaccia WEB e in collegamento con la stazione meteo. I ricercatori dell’università di Pisa assieme a quelli della NETSENS hanno implementato nella centralina un algoritmo in grado di modulare il volume irriguo, da distribuire in occasione d’interventi irrigui prestabiliti nella giornata, in funzione della VWC letto dai sensori dielettrici nella mezz’ora antecedente l’inizio dell’irrigazione. Mappa del posizionamento dei 6 nodi collegati a sensori dielettrici per il controllo dell’irrigazione nell’azienda Enrico&Lanzalaco. Ogni nodo ha due sensori dielettrici per la misura del VWC. Lisimetro per la raccolta del drenato dei vasi, per la verifica del drenato prodotto dall’algoritmo per la modulazione del volume irriguo in funzione del contenuto idrico volumetrico del vaso campione. La prova di validazione del sistema, eseguita nel mese di aprile 2014 su due settori di aromatiche irrigate a pioggia con il metodo tradizionale a timer o con il metodo innovativo sviluppato, ha dimostrato un risparmio idrico di circa il 26% rispetto al controllo aziendale. Quando la quantità di acqua da somministrare era poca e non superava il valore minimo irriguo per avere un’accettabile uniformità di distribuzione, l’intervento irriguo non era eseguito. 33 Nel sistema sopradescritto, l’irrigazione è attivata quando il VWC letto dal sensore dielettrico scende sotto una determinata soglia per un tempo prefissato, pari al VIL: questo metodo però pone l’inconveniente che il settore irriguo sarà irrigato a orari sempre diversi, in quanto l’attivazione dipende dall’andamento della evapotraspirazione della coltura. Questo approccio, basato su volumi irrigui fissi e frequenze variabili non è sempre di possibile applicazione a livello aziendale, specialmente dove i settori irrigui sono numerosi ed è necessario invece imporre orari fissi di attivazione per avere il tempo di irrigare tutti i settori, oppure quando non si vuole che l’irrigazione venga effettuata in alcuni periodi della giornata. Nelle attività del progetto SEGIF, si è messo a punto, assieme alla collaborazione con la ditta NETSENS s.r.l di Sesto Fiorentino (FI), un algoritmo con cui, attraverso il monitoraggio del VWC letto dal sensore dielettrico in prossimità dell’orario pre-stabilito dell’intervento irriguo, si modifica la durata dell’irrigazione in modo da ristabilire il contenuto idrico massimo nel vaso ottenendo la percentuale di drenaggio desiderata (approccio della frequenza fissa e del volume irriguo variabile, vedi Textbox 2.2). L’algoritmo è stato testato presso l’azienda Lanzalaco di Albenga, ottenendo risparmi idrici variabili dal 15 al 25% a seconda dello stadio colturale delle piante. BIBLIOGRAFIA Incrocci G., Incrocci L., Carmassi G., Diara C., Pulizzi R., Cozzi P., Fibbi F., Marzialetti P., Pardossi A., 2012. Uso di concimi a rilascio controllato.Clamer informa 07-08/2012. Incrocci L., Marzialetti P., Incrocci G., Di Vita A., Balendonck J., Bibbiani, C., Spagnol S., Pardossi A. 2014. Substrate water status and evapotranspiration irrigation scheduling in heterogenous container nursery crops. Agric. Water Manag. 131: 30– 40. Pardossi A., Incrocci l., Incrocci G., Malorgio F., Battista P., Bacci L., Rapi B., Marzialetti P., Hemming J., Balendonck J., 2009b. Root Zone Sensors for Irrigation Management in Intensive Agriculture. Sensors 9, 2809-2835. Putievsky E., Ravid U., Dudai N., 1986. The influence of season and harvest frequency on essential oil and herbal yields from a pure clone of sage (salvia officinalis) grown under cultivated conditions, Israel, Department of Medicinal and Aromatic Plants, Agricultural Research Neve Ya'ar. Vender C., Voltolina G., Fusani P., D’andrea L., 2004. Schede colturali, Trento, Italia , Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - Unità di ricerca per il Monitoraggio e la Pianificazione forestale. 34 Capitolo 3 - LA CONCIMAZIONE DELLE COLTURE FLOROVIVAISTICHE Michele Siena, Luca Botrini, Luca Incrocci, Carmassi Giulia, Flavio Ceccarelli, Giovanna Mancini, Pasquale Restuccia, Alberto Pardossi 3.1 INTRODUZIONE Un razionale piano di fertilizzazione consiste nel somministrare alla coltura un’adeguata quantità di elementi nutritivi riducendo al minimo le possibili perdite, in modo da limitare l’impatto ambientale e il costo della concimazione. Questo obiettivo è di difficile realizzazione soprattutto nelle coltivazioni in vaso perché: 1) il volume di substrato a disposizione della radice di una pianta è di un ordine di grandezza più piccolo di quello che avrebbe la pianta se coltivata in suolo (1-10 litri nel substrato contro i 30-150 litri del terreno) 2) i substrati di solito hanno una capacità di scambio cationico bassa o nulla, che rende limitato il buffer di nutrienti, normalmente trattenuti da questa come fosforo, potassio, calcio, magnesio e ammonio; 3) la lisciviazione nel vaso è molto più alta rispetto a quella di un terreno e quando gli elementi nutritivi sono fuoriusciti dal vaso, questi non sono più disponibili per la pianta. La bassa efficienza irrigua, tipica delle colture florovivaistiche in vaso, influenza negativamente anche l’efficienza di assorbimento dei nutrienti ed è per questo che un’attenta gestione irrigua può portare ad un minore spreco di fertilizzanti e ad un miglior utilizzo di questi. Le specie florovivaistiche sono per la maggior parte anche poco resistenti alla salinità: in condizioni di elevata salinità la pianta riduce la propria crescita, peggiorando anche l’aspetto estetico con la comparsa di necrosi fogliari e ingiallimenti. In questo caso è importante frazionare il più possibile la fertilizzazione in modo da evitare eccessivi innalzamenti della salinità nel substrato. Inoltre, per evitare accumuli, è buona norma fornire gli elementi nutritivi in una quantità adeguata al loro tasso di assorbimento. Per far ciò, è necessario conoscere la quantità e il rapporto degli elementi nutritivi assorbiti dalla pianta durante ogni fase del suo ciclo produttivo, in modo da scegliere un concime con un rapporto dei nutrienti il più simile possibile a quello assorbito dalla coltura. Conoscere in modo chiaro le esigenze nutritive delle numerose specie coltivate nel settore del florovivaismo, è molto difficile in quanto non ci sono in bibliografia pubblicazioni che riportino in dettaglio le esigenze minerali delle centinaia e centinaia di specie coltivate. Inoltre, tale dettaglio spesso potrebbe rivelarsi inutile in quanto è 35 praticamente impossibile, a livello aziendale, effettuare una concimazione specifica per ogni singola specie. Dal punto di vista applicativo risulta invece più interessante una suddivisione delle specie coltivate, sulla base del loro fabbisogno di nutrienti (basso, medio o alto). In generale, le latifoglie, le sempreverdi, le piante coltivate in serra ed in contenitore tendono ad avere esigenze superiori a quelle, rispettivamente, delle conifere, delle specie decidue e delle piante coltivate a terra ed in piena aria. Le tabelle 3.1 e 3.2 consentono di suddividere le specie in tre gruppi in funzione della concentrazione ottimale di nutrienti nelle foglie. Tab. 3.1. Intervalli di sufficienza (% sostanza secca) del contenuto minerale delle foglie di alcuni gruppi di specie ornamentali (valori indicativi ricavati da testi diversi). Specie Specie ornamentali in genere Specie da vaso fiorito Specie da bordura fiorita Specie da fiore reciso Arbusti ornamentali Conifere Azoto (N) 3,5 – 5,5 3,0 – 5,0 3,5 – 4,5 4,0 – 6,0 2,5 – 3,5 1,3 – 3,0 Fosforo (P) 0,4 – 1,0 0,3 – 0,7 0,4 – 0,7 0,2 – 0,6 0,2 – 0,5 0,2 – 0,5 Potassio (K) 2,0 – 8,0 2,5 – 4,0 2,0 – 6,0 3,5 – 6,0 1,5 – 3,0 1,0 – 2,0 Tab. 3.2. Classificazione delle specie ornamentali in funzione del loro fabbisogno nutritivo, stimato in base alla concentrazione fogliare (% sost. secca) di macronutrienti. Nutriente Azoto (N) Fosforo (P) Potassio (K) Fabbisogno nutritivo della coltura Basso 1,7 – 2,4 0,2 – 0,3 1,0 – 1,5 Medio 2,4 – 3,0 0,3 – 0,5 1,6 – 2,2 Alto > 3,0 > 0,5 > 2,2 3.2 METODI UTILIZZATI NELLA FERTILIZZAZIONE DELLE COLTURE IN VASO La fertilizzazione delle piante in vaso può essere effettuata attraverso interventi in pre-trapianto ed in copertura. La concimazione pre-trapianto consiste nell’aggiungere al substrato di coltivazione una certa quantità di fertilizzanti, sia solubili (cioè di pronto effetto) sia a lenta cessione in modo da garantire una sicura riserva nutritiva. Le dosi non devono essere eccessive sia per favorire una rapida formazione delle radici dopo il trapianto, sia per evitare stress salini. I concimi a pronto effetto si solubilizzano in poco tempo e rilasciano quindi subito gli elementi nutritivi: per evitare picchi di eccessiva salinità, che potrebbero danneggiare le radici occorre somministrarli in piccole e frequenti dosi di questi. Normalmente occorre 36 non superare la dose 0.8-2 g per litro di substrato in funzione anche della EC già presente nel substrato e dello stadio di sviluppo della pianta. 3.2.1 Concimi a lenta cessione e a rilascio controllato I concimi a lenta cessione in realtà si suddividono in due differenti tipologie (anche se nell’uso comune sono utilizzati indifferentemente), distinte l’una dall’altra in funzione del meccanismo di rilascio degli elementi nutritivi contenuti: i “concimi a lento rilascio” (CRL) e i “concimi a rilascio controllato” (CRC). La principale differenza tra CRL e CRC consiste nel fatto che nei primi i meccanismi di rilascio non sono facilmente controllabili (possono dipendere da bassa solubilità o da attacco microbiologico), mentre nei secondi il granulo è interamente rivestito da una membrana semipermeabile che regola la fuoriuscita dei nutrienti nel tempo con meccanismi di rilascio ben conosciuti e quindi facilmente controllabili. La lenta cessione nei CRL interessa esclusivamente la frazione azotata, mentre tutti gli altri elementi nutritivi, essendo solubili in acqua, sono prontamente distribuiti. Generalmente la durata di rilascio dell’azoto è breve (inferiore ai 2-3 mesi) ed è influenzata da alcune variabili ambientali: temperatura, pH, livello di umidità e componente microbica nel terreno I CRL possono essere suddivisi in tre specifiche categorie: 1) composti inorganici a lenta solubilità. In questo caso il rilascio dell’elemento fertilizzante è causato dalla scarsa solubilità dei composti da cui derivano. A questo gruppo appartengono, per esempio, tutti i composti con formula generale MeNH4PO4×H2O, dove Me indica un catione bivalente come Mg, Zn, Fe e Mn. Questi concimi hanno il difetto di avere un basso titolo di azoto (non superiore al 10%) ed elevato in fosforo (fino al 50% di PO2), e soprattutto il rilascio non è facilmente controllabile. 2) prodotti con N organico di sintesi, solubilizzato in seguito a processi biologici (es. urea-formaldeide) o chimici (es. isobutilidendiurea o IBDU prodotto commerciale: Nitroposka Gold®; crotonilidendiurea o CDU, prodotto commerciale: Triabon®);. 3) concimi organici azotati. La legge 748/1984 definisce i concimi organici come “prodotti formati da composti organici a base di carbonio derivati da animali e piante”, con esclusione di qualsiasi forma di carbonio organico di sintesi (come l’urea). Sono prodotti che contengono azoto legato a matrici organiche che nel terreno si degradano lentamente, favorendone una graduale cessione. Nel settore florovivaistico i prodotti di questo tipo maggiormente usati sono gli scarti della lavorazione del cuoio, gli scarti della macellazione degli animali (cornunghia, farine di carne e di sangue). I concimi a rilascio controllato (CRC) invece, sono granuli di concime complesso, contenenti NPK e microelementi rivestiti da una resina semipermeabile polimerica in maniera da consentire una fuoriuscita lenta e costante del fertilizzante. Oggi esistono in commercio due principali tipi di resine: di tipo alchidico (usata ad esempio nei concimi noti come Osmocote®) o poliuretanico (ad esempio, quelli dei prodotti Plantacote® e 37 Multicote®). La composizione e lo spessore della resina determinano il meccanismo e la durata di cessione che va dai 2/3 fino ai 16/18 mesi. Occorre ricordare che la durata di cessione indicata dal produttore si riferisce a condizioni standard e costanti di temperatura (21 o 25°C), assai inferiori a quelle effettive nel contenitore nei mesi estivi all’aperto o in serra (durante le ore centrali della giornata si può arrivare a temperature nel vaso anche fino a 40-45°C): ciò accorcia notevolmente la durata “teorica” di cessione del concime e spiega l’opinione diffusa che l’efficienza d’impiego dei CRC possa differire, anche sensibilmente, rispetto a quanto dichiarato “in etichetta”, in particolare per i prodotti a rilascio più differito nel tempo (8-9 mesi o più). Negli ultimi anni, sul mercato sono stati immessi nuovi CRC, i cui granuli hanno, tutti o solo in parte, un secondo rivestimento che impedisce l’inizio della cessione prima della sua degradazione: in questo modo è possibile far iniziare la cessione solo dopo che la pianta è radicata oppure avere una curva di cessione del nutriente bifasica, spostando nella seconda parte del ciclo il maggiore rilascio di elementi minerali, cercando così di avvicinarsi al ritmo di assorbimento della stessa pianta. L’uso di CRC è consigliato soprattutto nei periodi invernali e piovosi, quando non è possibile utilizzare frequentemente la fertirrigazione e la lisciviazione del vaso è alta: in questo caso l’uso di CRC può evitare la comparsa di carenze minerali e soprattutto limitare le perdite di nutrienti per lisciviazione. Prove effettuate a Pistoia mettendo a confronto piante di fotinia e lauroceraso allevate con impianto a goccia, fertirrigate o fertilizzate utilizzando CRC, hanno dimostrato che l’uso di CRC riduce fino all’80% e al 75% le perdite per lisciviazione rispettivamente di azoto e fosforo. Rimane tuttavia il problema che andamenti climatici anomali possono velocizzare o ritardare la fuoriuscita del fertilizzante dal granulo, creando una anomala cessione degli elementi che non segue le reali richieste nutritive della pianta. E’ quindi necessario seguire la coltura durante l’intero ciclo di crescita, monitorando settimanalmente la presenza di sintomi da carenza o da eccesso di elementi, l’EC, il pH del drenaggio ed eventualmente del substrato. 3.2.2 La fertirrigazione La fertirrigazione consiste nel somministrare una soluzione nutritiva attraverso l’impianto di irrigazione, in modo che gli elementi nutritivi veicolati dall’acqua possano essere più facilmente assorbiti, e quindi concimare con minor spreco. Con questa tecnica è possibile variare facilmente il tasso di nutrienti apportati mantenendo il loro rapporto simile a quello di assorbimento della pianta. La fertirrigazione per colture in serra su substrato deve essere continua a causa dello scarso buffer nutritivo del substrato e dell’alto tasso di crescita sostenuto dalle condizioni climatiche ottimali garantite dalla serra. Per le colture ornamentali e aromatiche invece, a più lento accrescimento, la fertirrigazione si esegue a cadenza settimanale. 38 Textbox 3.1. Utilizzo di sensori dielettrici per l’aumento dell’efficienza nell’uso di acqua e dei nutrienti della margherita allevata in vaso Nell’ambito del progetto SEGIF è stato collaudato un sistema automatico per l’irrigazione di piante da fiore allevate in vaso in serra. La pianta presa come riferimento è stata la margherita in vaso, specie molto importate per l’economia delle aziende di Albenga. Nell’azienda Zerbone Marco Filippo è stato installato un impianto costituito da 6 nodi con due sensori dielettrici, in grado di monitorare altrettanti settori irrigui indipendenti. Nella primavera del 2014, è stata effettuata una prova per verificare il risparmio idrico e di nutrienti che questi sistemi automatici possono produrre rispetto alla tecnica comunemente adottata, individuando due settori irrigui distinti, uno irrigato secondo la pratica aziendale e l’altro irrigato in funzione del superamento di una soglia minima di umidità nel substrato (32% di VWC, che corrispondeva ad un potenziale matriciale di circa -40-50 hPa), misurata attraverso sensori dielettrici (mod Terrasense, Netsens, Sesto Fiorentino). La durata dell’irrigazione nel caso del settore controllato dai sensori dielettrici era pre-stabilita per fornire un volume irriguo netto di circa 500 ml/vaso. Canalette contenenti margherite per il recupero della soluzione drenata, installate nell’azienda Zerbone Marco Filippo. Si notino i sensori dielettrici installati nelle prime piante, per il monitoraggio dell’umidità nel substrato (controllo, fila a destra), o per attivare in automatico l’irrigazione nel caso del trattamento con attivazione in base al superamento di una soglia minima di umidità (fila a sinistra). 39 I dati, raccolti nel periodo compreso tra il 21 Febbraio e il 7 Aprile 2014, hanno dimostrato che la tesi con sensori dielettrici ha effettuato ben 27 interventi con il volume irriguo prestabilito (2,2 L/m2), mentre il testimone aziendale ne ha effettuati molto meno (un terzo meno) ma con volumi praticamente doppi. I risultati forniti dal sistema e il drenato appositamente raccolto e analizzato per l’azoto (N) hanno evidenziato oltre al notevole risparmio idrico, una consistente riduzione della lisciviazione dell’azoto con una consistente riduzione dell’impatto ambientale della coltivazione, come riportato nella tabella sottostante: PARAMETRI Irrigazioni Volume medio (L) Consumo idrico (L) Drenato (L) LF (%) Contenuto N-NO3 dren. (mg/L) N lisciviato (Kg/ha) Controllo Sensore Umidità 18 4,1 73,3 27 2,2 59,4 differenza % rispetto al controllo +50% -46% -20% 43,3 59.1% 14,1 17.4% -67% -70% 137 59 91 13 -33% -78% I parametri fondamentali da conoscere nella fertirrigazione sono tre: il pH e la conducibilità elettrica (EC) della soluzione nutritiva e il rapporto fra gli ioni ovvero la ricetta nutritiva. Il pH deve essere compreso fra 5 e 6, con eccezione per le acidofile (azalee, rododendri), per le quali può oscillare nel range 4.4-4.8: pH inferiori possono causare danni alle radici, mentre pH superiori la precipitazione di diversi elementi nutritivi causando pericolosi accumuli nei tubi dell’irrigazione, con il pericolo di occlusione dei gocciolatori. Per ottenere il pH desiderato è importante fare la neutralizzazione dei bicarbonati come già illustrato nel capitolo 2 di questo manuale. La EC di una soluzione nutritiva è un parametro correlato con la quantità totale di sali presenti nella soluzione. Soluzioni con la stessa EC possono avere composizione ioniche differenti. Normalmente la EC viene utilizzata anche per controllare la crescita e la qualità della pianta coltivata in serra. Aumentando la EC si innalza il potenziale osmotico e di conseguenza: 1) si rende più difficile l’assorbimento dell’acqua, contrastando, ad esempio, l’effetto della filatura, specie in condizioni di temperature elevate e di bassa luminosità; 2) nel caso di ortaggi da frutto si innalza il grado zuccherino dei frutti, limitando la quantità di acqua caricata nel frutto. La composizione della soluzione nutriva o ricetta nutritiva, rappresenta la concentrazione degli elementi nutritivi, macronutrienti o micronutrienti, presenti nella stessa. Per evitare accumuli o deficienze nella zona radicale, tale concentrazione dovrebbe essere simile alla concentrazione di assorbimento della coltura, e cioè al rapporto fra la 40 quantità di elemento assorbita dalla coltura in milligrammi e la quantità di acqua evapotraspirata, espressa in L, riferito ad un dato periodo di tempo. Un altro criterio, spesso usato nello stabilire la concentrazione degli elementi nella soluzione nutriva, è il tasso di crescita della pianta: ad esempio, una pianta di pomodoro riesce a produrre fino a 6-7 g di sostanza secca al giorno, contro tassi di crescita di alcune ornamentali pari a 0.5- 1.0 g di sostanza secca ed è chiaro che in questo caso la concentrazione di nutrienti sarà inferiore rispetto al primo. Altri due aspetti fondamentali di una ricetta nutritiva sono il rapporto fra azoto ammoniacale e azoto totale e il rapporto fra i cationi. L’azoto ammoniacale nelle soluzioni nutritive non supera mai, di solito, il 10% dell’azoto totale (ad eccezione della rosa in cui può arrivare fino al 25%) e comunque la quantità totale di N-NH4 non dovrebbe superare più di 2-3 mM (30-40 ppm), per evitare fenomeni di fitotossicità in condizioni di alta temperatura. Il valore del rapporto è importante per il controllo del pH nel substrato: valori bassi (e cioè con poco azoto ammoniacale), tendono ad innalzare il pH del substrato e viceversa. Il rapporto fra i principali cationi (potassio, calcio e magnesio) è importante per evitare fenomeni di antagonismo tra di loro nell’assorbimento radicale: il rapporto ottimale K:Ca:Mg, espresso in milliequivalenti e fatta pari a 100 la loro somma, è di 40:40:20. Le Tabb. 3.3 e 3.4 riportano, a titolo di esempio, le composizioni delle soluzioni nutritive raccomandate per alcune delle più comuni specie florovivaistiche. Per i microelementi di solito si usano prodotti nei quali il ferro è chelato con acidi organici (EDTA, EDDHA, DPTA) o con sostanze complessanti: lo scopo è quello di preservare dall’immobilizzazione e dalla ossidazione il Fe, in modo che questo sia scambiato dalla sostanza veicolante direttamente a livello radicale. Per gli altri microelementi metallici (Mn, Cu, Zn) si possono utilizzare sia i sali semplici (di solito meno costosi) sia i chelati (assai costosi, ma indispensabili per piante con difficoltà di assorbimento per alcuni microelementi). Una volta stabilita la ricetta nutritiva e conosciuta la composizione dell’acqua irrigua, occorre effettuare il calcolo dei concimi e acidi da aggiungere all’acqua irrigua per ottenere la concentrazione desiderata. Si omette la descrizione dei calcoli necessari, consigliando l’utilizzo di software che provvedono al calcolo automatico come ad esempio “SOL-NUTRI”, sviluppato dal dott. Luca Incrocci dell’Università di Pisa e scaricabile gratuitamente dal sito web http://www.azort.it/software/solnutri/index.html. 41 Textbox 3.2. Software SOL-NUTRI Il calcolo delle quantità di acidi e concimi necessari per preparare le soluzioni stock per fare una fertirrigazione di una coltura a terra o in fuori suolo può essere fatto utilizzando il software SOL-NUTRI, ideato da L. Incrocci (Università di Pisa), liberamente scaricabile come file eseguibile presso il sito www.azort.it oppure come file Excel® al sito http://cespevi.it/softunipi/softunipi.htm. Il software presenta due database, modificabili da parte dell’utente: uno per le formule (ricette) nutritive e uno per le caratteristiche dei concimi e degli acidi utilizzati nel calcolo. Una serie di winzard guida l’utente nel calcolo, in tre step successivi: 1) l’utente inserisce i dati necessari per il calcolo: composizione ionica dell’acqua irrigua, scelta del pH, EC e soluzione nutritiva da distribuire alla coltura; volume e fattore di concentrazione delle due soluzioni stock e della soluzione di acido; 2) il software calcola, in modalità automatica (consigliata) o manuale, la concentrazione di acidi e/o sali delle soluzioni stock e informa l’utente anche sul rischio di precipitazioni saline nel caso di soluzioni stock particolarmente concentrate; 3) stampa del report, dove oltre alla quantità di sali e acidi da sciogliere in ciascun contenitore stock si riporta anche il costo per la preparazione delle soluzioni. START Valutazione acqua irrigua Test Formula nutritiva Sali e acidi Dati fertirrigatore database database Test precipitazione sali No Seleziona Formula nutritiva No Si Inserisci nuova formula nutritiva Nuova concentrazione soluzioni stocks Si pH and EC Report Aggiustamento formula nutritiva Seleziona sali e acidi (stampa) stampa) Calcolo Calcol Diagramma di flusso del software SOL-NUTRI. 42 Tab. 3.3. Concentrazione (mg/L o ppm) di macroelementi in soluzione nutritive per diverse specie coltivate in idroponica. Specie Rosa Gerbera Crisantemo Garofano Piante in vaso Media N-NO3150 150 140 180 140 140 N-NH4+ 14 14 14 14 7 14 P 40 40 35 40 40 40 K 200 210 200 240 210 215 Ca 130 130 160 140 120 120 Mg 25 25 25 30 25 25 S 50 50 50 50 50 50 Tab. 3.4. Concentrazione (ppm) di microelementi in soluzione nutritive per diverse specie coltivate in idroponica. Specie Fe B Cu Zn Mn Mo Rosa 1,40 0,25 0,06 0,32 0,55 0,10 Gerbera 2,00 0,35 0,06 0,32 0,28 0,10 Crisantemo 2,20 0,35 0,06 0,32 0,55 0,10 Garofano 1,40 0,35 0,06 0,32 0,55 0,10 Piante in vaso 1,20 0,25 0,06 0,32 0,55 0,10 Media 1,50 0,30 0,06 0,32 0,55 0,10 3.3 LE ESIGENZE NUTRIZIONALI DELLE AROMATICHE Uno degli scopi del progetto SEGIF è stato quello di studiare le asportazioni delle principali aromatiche coltivate nella zona di Albenga per poter fornire indicazioni e protocolli di concimazione, atti a produrre piante di qualità e con il minor impatto ambientale possibile (lisciviazione di acqua e nutrienti). Come detto in precedenza non esistono molte informazioni sui contenuti minerali nelle piante aromatiche: i pochi studi ritrovati in letteratura riguardano essenzialmente gli effetti della fertilizzazione sulla sintesi dei composti di interesse dell’industria cosmetica come gli oli essenziali. Per questo motivo, nell’ambito del progetto SEGIF è stato avviato uno studio per determinare le asportazioni e concentrazioni di riferimento per i nutrienti presenti nei tessuti vegetali di 8 specie aromatiche. Nel 2012 e 2013 sono stati spediti da Albenga all’Università di Pisa, con cadenza di 30-45 gg, vasi di piante raccolte in varie aziende della piana di Albenga (aziende Enrico&Lanzalaco, Zerbone Marco Filippo, Denegri Mirko e Pizzo Marino), utilizzate per effettuare analisi distruttive allo scopo di determinare la quantità di sostanza secca presente nella pianta e la concentrazione di N, P2O5, K2O, CaO, MgO, Fe, Mn, Zn, Cu e B. Nell’arco dei due anni sono stati analizzati ben 600 campioni e i dati medi del contenuto di elementi nutritivi nella parte aerea di queste piante sono riportati in Tab. 3.5. I valori dei contenuti fogliari dei vari macroelementi sono generalmente leggermente inferiori (in particolare per azoto e potassio) a quelli di riferimento riportati da Mills (1991), almeno nel caso di rosmarino, salvia, timo e lavanda, le uniche specie considerate da questo Autore. La concentrazione fogliare di azoto per tutte le specie è prossima a 2 g/100g, con 43 valori massimi per l’origano e per la salvia (rispettivamente con 2,2 e 2.1 g/100 g) e valori minimi per il rosmarino prostrato (1.5 g/100g). La concentrazione nei tessuti della parte aerea di fosforo è abbastanza costante per tutte le specie considerate (0.35 g/100 g di sostanza secca). La concentrazione media di K2O, CaO, e MgO nei tessuti delle 8 specie aromatiche prese in considerazione è stata rispettivamente pari a 2.1, 0.9 e 0.4 gr/100 gr di sostanza secca. Per i microelementi, le concentrazioni più alte sono state riscontrate per il ferro (33.6 mg/100 g), seguito dal manganese (15.3 mg/100 g), ed infine dallo zinco e boro con valori prossimi a 10 mg/100gr di sostanza secca. I valori, specialmente se confrontati con le specie ortive, appaiono abbastanza contenuti, confermando che queste specie non sono molto esigenti in fatto di fertilizzazione. Lavanda Lavanda stoechas Maggiorana Origano Rosmarino Rosmarino Prostrato Salvia Timo Media Min Max Tab. 3.5- Concentrazioni fogliari dei principali elementi nutritivi di otto diverse specie di piante aromatiche coltivate in vaso nella zona di Albenga. Le misure sono la media di 10 campionamenti suddivisi in due esperimenti (giugno 2012-marzo 2013 e agosto 2013-maggio 2014). Per ogni specie è riportata anche la media dei valori minimi e massimi osservati nei vari campionamenti. 1,8 1,8 1,8 2,2 1,7 1,5 2,1 1,9 1,9 1,5 2,2 Parametro N (g/100g) P (g/100g) 1,2-2,6 1,2-2,6 1,1-2,6 0,9-3,0 1,2-2,6 1,1-2,4 1,1-3,1 1,2-3,1 0,3 0,3 0,4 0,4 0,3 0,4 0,3 0,2-0,4 0,2-0,4 0,3-0,7 0,3-0,4 0,2-0,4 0,2-0,5 0,2-0,5 K (g/100g) 2 1,8 2,2 2,4 2,1 1,8 2,3 0,3 0,3 0,3 0,4 2,1 1,8 2,4 0,9 0,7 1,1 0,4 0,3 0,4 0,2 0,5 1,8 1,4-2,5 1,4-2,4 1,5-3,1 1,6-2,2 1,6-2,6 1,4-2,6 1,5-3,2 1,1-2,4 Ca (g/100g) 1 0,8 1 0,7 0,9 1,1 1,1 0,9 0,8-1,4 0,5-1,2 0,5-1,7 0,5-0,9 0,6-1,4 0,7-1,7 0,8-1,6 0,6-1,2 Mg (g/100g) 0,4 0,4 0,3 0,3 0,4 0,4 0,4 0,3 0,3-0,5 0,2-0,5 0,2-0,6 0,2-0,4 0,2-0,6 0,2-0,6 0,3 -0,6 0,2 -0,4 Fe (mg/100g) 38 41 28 41 26 27 20 -60 14 -95 17 -42 10 -90 12 -59 12 -47 Mn (mg/100g) Zn (mg/100g) B (mg/100g) 32 36 18 -45 27 -55 15 35 16 7 10 9 11 19 10 -18 7 -28 8 -35 5 -11 7 -16 6 -18 6 -19 13 -25 10 11 9 9 9 7 9 9 6 -13 7 -17 6 -11 4 -14 4 -18 4 -10 5 -12 5 -11 14 7 8 12 5 6 14 8 4 -39 4 -30 4 -15 8 -45 3 -25 4 -17 4 -42 4 -11 44 33,6 26,0 41,0 15,3 7,0 35,0 9,1 7,0 11,0 9,3 5,0 14,0 Lavanda Lavanda stoechas L. stoechas vaso 18 Maggiorana Origano Rosmarino Rosmarino vaso 18 Rosmarino Prostrato Salvia Timo Media Tab. 3.6: Asportazione media (kg/ha) dei principali nutrienti (N, P2O5, K2O, MgO, CaO, Fe, Mn, Zn e B). Le misure sono la media di 10 campionamenti suddivisi in due esperimenti (giugno 2012-marzo 2013 e agosto 2013-maggio 2014). Per ogni parametro è riportato anche il valore medio delle specie aromatiche prese in esame. 6,22 5,97 7,44 7,68 6,68 8,84 8,26 9,29 8,74 8,61 7,77 125,8 104,9 136,8 146,1 148,9 157,3 126,9 153,8 168,1 158,4 142,7 P2O5 (kg/ha) 42,6 38,0 54,8 57,7 54,5 54,0 60,0 62,2 65,9 51,9 54,2 K2O (kg/ha) 133,3 130,6 165,1 184,7 195,7 178,8 174,5 211,9 226,7 170,0 177,1 CaO (kg/ha) 75,1 64,6 77,8 85,2 60,7 101,1 69,7 95,8 128,0 62,8 82,1 MgO (kg/ha) 38,3 38,6 42,0 30,0 26,4 49,4 19,6 42,5 55,6 31,0 37,3 Fe (kg/ha) 2,5 2,3 3,2 2,0 2,8 2,5 2,0 2,4 2,9 2,7 2,5 Mn (kg/ha) 1,5 1,2 2,5 1,2 0,8 0,9 0,8 2,1 1,7 1,5 1,4 Zn (kg/ha) 1,3 1,0 2,4 1,0 0,6 0,9 0,3 0,7 0,8 0,8 1,0 B (kg/ha) 0,5 0,3 0,6 0,5 0,8 0,3 0,6 0,4 0,9 0,4 0,5 Parametro Biomassa secca (t/ha) N (kg/ha) Maggiorana Origano Rosmarino Rosmarino vaso 18 Rosmarino Prostrato Salvia Timo 6,22 5,97 7,44 7,68 6,68 8,84 8,26 9,29 8,74 8,61 7,77 427,3 29 4 26 13 5 0,6 0,4 0,3 0,1 469,5 22 4 23 10 5 0,5 0,3 0,2 0,1 446,1 31 5 31 12 6 0,7 0,6 0,5 0,1 532,4 30 5 29 12 3 0,4 0,2 0,2 0,1 566,7 26 4 29 8 3 0,5 0,1 0,1 0,1 495,6 32 5 31 14 6 0,5 0,2 0,2 0,1 459,9 29 6 31 11 3 0,4 0,2 0,1 0,1 471,1 24 6 37 17 5 0,5 0,4 0,1 0,1 497,5 41 6 37 19 7 0,6 0,3 0,2 0,2 415,1 31 6 34 11 4 0,7 0,4 0,2 0,1 478,1 29,5 5,1 30,8 12,7 4,8 0,5 0,3 0,2 0,1 45 Media L. stoechas vaso 18 Biomassa secca (t/ha) ET (m3/ha) N P K CaO MgO Fe Mn Zn B Lavanda stoechas Parametro Lavanda Tab. 3.7. Concentrazione di assorbimento (mg/L) dei principali nutrienti (N, P, K, Mg, Ca, Fe, Mn, Zn e B) calcolata come media di tutto il ciclo colturale. Le misure sono la media di 10 campionamenti (3 repliche per ciascuno) suddivisi in due esperimenti (giugno 2012-marzo 2013 e agosto 2013-maggio 2014). Anche la produzione di biomassa durante il ciclo colturale è inferiore rispetto alle comuni piante ortive (Tab. 3.6), attestandosi nelle due prove mediamente su circa 7,77 t/ha (0,78 kg/m2). Fra le 8 specie i rosmarini, la salvia e il timo sono le specie con maggiore produzione di sostanza secca nel ciclo colturale (mediamente 8,75 t/ha), mentre le due specie di lavande e l’origano sono le specie con minor accrescimento (mediamente 6,58 t/ha). In Tab. 3.6 sono riportate anche le asportazioni complessive degli elementi nutritivi per ognuna delle 8 specie di aromatiche indagate. I valori non sono apparsi così differenti fra specie e specie e poiché spesso, a livello aziendale, è impossibile separare la fertilizzazione fra le differenti specie, è stato anche calcolato il valore medio di ogni elemento complessivamente asportato dalle specie aromatiche. I valori di asportazione netti di nutrienti delle specie aromatiche appaiono piuttosto ridotti rispetto ad altre colture quali per esempio le ortive. L’azoto e il potassio mostrano asportazioni medie rispettivamente di 142 e di 177 Kg/ha (la salvia mostra le asportazioni nette maggiori con 168 Kg/ha di azoto e 226 Kg/ha di potassio), il fosforo è molto inferiore con circa 54 Kg/ha (la salvia presenta il valore maggiore con 66 Kg/ha), il calcio viceversa raggiunge gli 87 Kg/ha, mentre nel magnesio, pur avendo valori medi di asportazione prossimi ai 37 Kg/ha, troviamo il rosmarino e la salvia che presentano valori molto elevati (in media 48 kg/ha). Per i microelementi le asportazioni maggiori si riscontrano nel ferro con valori intorno a 2,5 kg/ha, segue il manganese con 1,4 kg/ha ed infine troviamo lo zinco e il boro e con valori prossimi ad un 1 Kg/ha. Le asportazioni seguono, come prevedibile, la produzione di sostanza secca durante il ciclo colturale e così salvia e rosmarino (in misura minore il rosmarino prostrato) sono le specie maggiormente esigenti in fatto di quantità di elementi fertilizzanti, così come le due specie di lavande sono le specie meno esigenti fra le 8 indagate. Utilizzando le asportazioni totali e dividendole per la quantità totale di acqua evapotraspirata durante il ciclo colturale è possibile calcolare la concentrazione di assorbimento (Tab.3.7). Le concentrazioni di assorbimento essendo direttamente collegate alle asportazioni mostrano gli stessi andamenti, in quanto i valori cumulati delle evapotraspirazioni sono più o meno simili (oscillano tra un valore minimo come per il timo, pari a 415 m3/ha, ad un valore massimo per l’origano pari a 566 m3/ha). I valori riportati in Tab. 3.7 rappresentano quindi le concentrazioni dei principali elementi di una soluzione nutritiva nel caso si utilizzasse una fertirrigazione integrale, e cioè se si somministrasse acqua e nutrienti tutte le volte che viene effettuata l’irrigazione. Nella pratica aziendale è difficile poter differenziare la concimazione delle varie specie aromatiche. Inoltre, visto i lenti ritmi di crescita e di asportazione dei nutrienti di queste specie, la concimazione può essere semplificata individuando, durante il ciclo colturale, delle fasi caratterizzate da un rapporto medio fra gli elementi asportati costante; in questo modo, è possibile utilizzare durante una specifica fase, una concimazione con un rapporto fra gli elementi nutritivi unico per tutte le specie aromatiche (scegliendo quindi un concime complesso con rapporto NPK) e modulando da specie a specie solo la quantità di nutriente da apportare. 46 P2O5 K2O CaO MgO 0,37 1,17 0,57 0,34 0,31 0,92 0,42 0,28 0,38 0,74 0,39 0,21 0,30 1,24 0,33 0,21 0,34 0,89 0,40 0,19 0,25 1,03 0,49 0,32 0,26 0,74 0,35 0,17 0,39 1,14 0,77 0,24 0,26 1,03 0,48 0,16 0,33 0,89 0,51 0,15 0,32 0,98 0,47 0,23 0,39 1,24 0,77 0,34 0,25 0,74 0,33 0,15 I: trapianto-seconda spuntatura P2O5 K2O CaO MgO 0,3 1,0 0,5 0,2 I: trapianto-agosto P2O5 0,30 0,29 0,42 0,46 0,38 0,46 0,58 0,29 0,35 0,56 0,41 0,58 0,29 K2O 1,08 1,37 1,20 1,00 1,19 1,34 1,44 1,54 0,77 0,70 1,16 1,54 0,70 P2O5 K2O CaO MgO 0,4 1,2 0,6 0,2 III: novembreIV: gennaio dicembre CaO MgO P2O5 K2O CaO MgO P2O5 K2O CaO 0,56 0,20 0,32 1,20 0,42 0,26 0,27 1,14 0,69 0,92 0,26 0,35 0,92 0,23 0,23 0,45 1,17 0,42 1,00 0,43 0,41 1,23 0,26 0,24 0,39 0,95 0,46 0,66 0,35 0,27 1,27 0,61 0,15 0,33 1,16 0,37 0,41 0,15 0,27 0,75 0,38 0,15 0,33 1,13 0,26 1,00 0,27 0,34 1,15 0,70 0,29 0,40 1,40 0,54 0,77 0,36 0,31 1,81 1,18 0,38 0,33 1,10 0,40 1,40 0,39 0,27 1,27 0,85 0,33 0,53 1,49 0,82 0,68 0,18 0,28 0,82 0,41 0,17 0,29 1,18 0,51 1,24 0,45 0,25 0,76 0,46 0,26 0,31 1,14 0,43 0,86 0,30 0,31 1,12 0,55 0,25 0,36 1,19 0,49 1,40 0,45 0,41 1,81 1,18 0,38 0,53 1,49 0,82 0,41 0,15 0,25 0,75 0,23 0,15 0,27 0,95 0,26 II: da II spuntatura a completo accestimento II: settembre-ottobre MgO 0,13 0,12 0,03 0,06 0,04 0,08 0,10 0,07 0,16 0,07 0,09 0,16 0,03 VI: marzo-fine ciclo P2O5 K2O CaO MgO 0,5 2,0 0,8 0,4 P2O5 K2O CaO MgO P2O5 K2O CaO MgO 0,31 1,52 0,84 0,44 0,50 1,87 0,65 0,40 0,40 1,59 0,80 0,50 0,34 1,58 1,02 0,56 0,47 1,43 0,84 0,17 0,37 1,62 0,37 0,93 0,54 2,55 1,18 0,39 0,70 1,79 0,45 0,33 0,36 1,99 0,46 0,32 0,67 3,17 1,09 0,49 0,28 1,38 0,53 0,21 0,32 1,32 0,57 0,32 0,43 1,54 0,61 0,29 0,70 1,65 0,64 0,33 0,49 2,02 0,84 0,30 0,71 1,90 0,74 0,37 0,28 1,72 0,54 0,46 0,41 2,78 1,49 0,48 0,32 1,28 0,50 0,22 0,54 2,86 1,06 0,49 0,39 1,70 0,71 0,33 0,53 2,05 0,81 0,47 0,54 2,55 1,18 0,50 0,71 3,17 1,49 0,93 0,28 1,28 0,46 0,17 0,32 1,32 0,37 0,32 III: da accestimento a commercializzazione V: febbraio 47 Legenda: LA= Lavanda angustifolia; LS= Lavanda stoechas; MA= maggiorana; OR= origano; R= rosmarino; RP= rosmarino prostrato; SA= salvia; TI= timo; 19= pianta coltivata in vaso diametro 19 anziché in vaso diametro 14 LA LS LS19 MA OR R R19 RP SA TI Media Min Max Specie Tab. 3.8. Rapporto di asportazione dei macronutrienti in 6 fasi del ciclo colturale di 8 specie aromatiche, fatto pari a 1 la quantità asportata di N. Per ogni elemento e per ogni fase è riportato il rapporto medio di asportazione rispetto a N fatto pari a 1 e il valore minimo e massimo registrato fra le specie prese in esame. E’ possibile semplificare lo schema accorpando le fasi aventi rapporti di asportazione simili, in sole 3 fasi: I trapianto-seconda spuntatura, II dalla seconda spuntatura al completo accestimento, e infine III dall’accestimento a fine ciclo. % N asportato 100.0 80.0 48.3 38.5 30.0 19.9 24.4 48.7 38.8 51.9 60.0 59.4 40.0 44.3 50.5 52.6 39.3 42.4 32.5 32.0 20.0 0.0 9.4 LA 17.3 17.4 20.7 18.8 16.1 LS MA OR R RP 25.1 21.9 SA TI III II I % P2O5 asportato 100.0 80.0 27.3 45.7 40.8 45.4 26.9 48.1 42.5 52.7 60.0 51.5 53.7 40.0 44.9 43.7 37.1 42.1 38.9 34.7 19.0 13.0 12.7 OR R RP III II I 20.0 0.0 9.4 15.5 12.5 LA LS MA 21.6 20.3 SA TI % K2O asportato 100.0 80.0 49.2 48.4 43.4 38.3 54.2 41.8 56.0 57.7 60.0 40.0 41.9 43.1 39.8 7.6 11.8 14.7 LA LS MA 37.2 47.6 32.8 31.3 14.1 13.0 11.0 OR R RP 20.0 0.0 28.0 21.0 16.0 SA TI III II I Specie Ripartizione percentuale di N, P2O5 e K2O asportati nell’intero ciclo colturale da 8 specie aromatiche in tre fasi colturali: I dal trapianto alla seconda spuntatura, II dalla seconda spuntatura al completo accestimento e infine III da accestimento a fine ciclo. Le specie prese in esame sono LA: Lavanda angustifolia; LS= Lavanda stoechas; MA= maggiorana; OR= origano; R rosmarino; RP= rosmarino prostrato; SA= salvia; TI= timo. Nell’ambito di ciascuna specie, i numeri rappresentano la percentuale di elementi asportati nella singola fase rispetto al totale di elementi assorbiti nel ciclo colturale. 48 % CaO asportato 100.0 80.0 50.7 49.6 41.2 34.2 48.3 36.1 48.8 43.2 60.0 46.8 40.0 48.4 40.6 38.5 8.7 11.9 10.4 LA LS MA 44.2 38.4 38.2 36.3 19.0 13.5 14.9 19.8 18.4 OR R RP SA TI 40.3 45.5 III III I 20.0 0.0 % MgO asportato 100.0 80.0 58.1 50.8 43.5 40.0 49.9 59.8 60.0 40.0 20.0 0.0 32.5 36.5 41.4 40.4 45.1 32.9 42.0 III II I 27.5 9.3 12.6 15.2 19.6 17.3 12.8 14.6 12.5 LA LS MA OR R RP SA TI % Fe asportato 100.0 80.0 55.0 45.6 35.0 34.6 48.2 46.9 36.8 44.3 60.0 32.3 44.4 40.0 33.0 20.0 0.0 43.0 42.4 38.7 39.8 13.1 13.3 R RP 46.6 III II I 33.1 11.9 12.0 LA LS 20.6 MA OR 20.3 SA 9.1 TI Specie Ripartizione percentuale di CaO, MgO e Fe asportati nell’intero ciclo colturale da 8 specie aromatiche in tre fasi colturali: I dal trapianto alla seconda spuntatura, II dalla seconda spuntatura al completo accestimento e infine III da accestimento a fine ciclo. Le specie prese in esame sono LA: Lavanda angustifolia; LS= Lavanda stoechas; MA= maggiorana; OR= origano; R rosmarino; RP= rosmarino prostrato; SA= salvia; TI= timo. Nell’ambito di ciascuna specie, i numeri rappresentano la percentuale di elementi asportati nella singola fase rispetto al totale di elementi assorbiti nel ciclo colturale. 49 A tale scopo si è analizzato (Tab. 3.8) il rapporto ionico dei macronutrienti asportati (N, P2O5, K2O, CaO, MgO), suddividendo il ciclo colturale nei 6 periodi di prelievo effettuati (I: trapianto-agosto; II settembre-ottobre; III Novembre-dicembre; IV gennaio; V Febbraio; VI marzo-fine fine ciclo), impostando pari ad 1 la quantità di azoto assorbito nel singolo periodo e per la singola specie. I risultati evidenziano che i rapporti ionici degli elementi assorbiti sono più o meno simili in alcuni periodi e così l’intero ciclo colturale può essere suddiviso in tre soli periodi: quello che va dal trapianto alla seconda spuntatura (fase I), quello che comprende l‘autunno-e parte dell’inverno, dalla seconda spuntatura al completo accestimento (fase II ) e infine il periodo finale, compreso fra la fine dell’accestimento e la commercializzazione (fase III ). In particolare il rapporto medio fra N, P2O5, K2O, CaO, MgO nella prima fase è di 1,0 - 0,3 - 1,0 - 0,5 - 0,2, molto simile a quello della seconda fase pari a 1,0 - 0,4 - 1,2 - 0,6 - 0,2, mentre si modifica sostanzialmente nella terza fase, nella quale il rapporto essere (1,0 - 0,5 - 2,0 - 0,8 - 0,4) soprattutto per un assorbimento proporzionalmente maggiore di potassio e magnesio, in misura minore, di tutti gli altri elementi rispetto all’azoto,. Nelle figure a pagina 48 e 49 sono poi riportate le asportazioni percentuali per ogni singola fase fatto pari a 100 la quantità totale di N, P2O5, K2O, CaO, MgO e Fe asportate in tutto il ciclo da ogni singola specie: naturalmente ci sono delle differenze per elemento e per specie, differenze che a livello operativo in azienda possono essere mediate: dallo studio si può concludere che mediamente le aromatiche assorbono circa il 15% del loro fabbisogno totale di elementi nutritivi nella prima fase, circa il 40% nella seconda fase e il restante 45% nella terza fase (dalla fine dell’accestimento che per la zona di Albenga coincide da metà a fine gennaio). 3.4 IL PIANO DI CONCIMAZIONE DELLE AROMATICHE Un razionale piano di concimazione deve prendere in esame i seguenti parametri: a) quantità di sostanza secca prodotta durante le varie fasi del ciclo colturale; b) concentrazione dei principali elementi nutritivi nella sostanza secca nelle varie fasi del ciclo colturale; c) modalità di somministrazione degli elementi fertilizzanti. Nel paragrafo precedente sono stati forniti dati sulle asportazioni medie in elementi nutritivi delle principali specie aromatiche coltivate nella zona di Albenga e le percentuali di asportazione dei singoli elementi nelle tre fasi, in cui i rapporti ionici di assorbimento sono differenti. La modalità di somministrazione è molto importante perché può influenzare l’efficienza di uso dell’elemento nutritivo. Il problema del ridotto buffer nutritivo, tipico del vaso, costringe ad effettuare numerose somministrazioni di fertilizzante (con cadenza settimanale) per evitare eccessi di salinità nel substrato, eccessive perdite per dilavamento e al tempo stesso garantire una concentrazione di elemento sufficiente a sostenere la crescita regolare della pianta. Intervenire manualmente con la somministrazione di fertilizzante nel vaso è molto costoso se gli interventi sono fatti a mano. Quindi è consigliato somministrare 50 gli elementi nutritivi con la fertirrigazione almeno nei mesi in cui le irrigazioni sono frequenti e somministrare poi nel periodo invernale una dose di concime a lento rilascio (CRL) o meglio a rilascio controllato (CRC), in modo da limitare il più possibile il dilavamento dei nutrienti. Ad esempio, recentemente Incrocci et al. (2012) hanno dimostrato che l’impiego di CRC ha ridotto drasticamente le quantità di N e di P (gli elementi più importanti del punto di vista dell’impatto ambientale, per il loro ruolo nei processi di eutrofizzazione delle acque superficiali o contaminazione di acque di falda) distribuite o lisciviate da colture in vaso di fotinia: - 28% e – 37% dell’N e del P distribuito; - 81% e -56% dell’N e del P disperso con le acque di drenaggio. L’impiego dei CRC presenta anche altri vantaggi rispetto alla fertirrigazione a pioggia, come ad esempio un minore rischio di salinizzazione del substrato e la possibilità di garantire un adeguato livello di nutrienti anche nei periodi piovosi e dove l’irrigazione è sporadica. Ovviamente, la lunghezza del ciclo costringe a scegliere un prodotto con un tempo di cessione molto lungo, oppure ad effettuare delle riconcimazioni nel vaso. Alla fine dell’accestimento, quando inizia la terza fase, dove è necessario somministrare circa il 45% del fabbisogno nutritivo complessivo, si può utilizzare una soluzione mista, rifacendo una riconcimazione nel vaso con un CRL (meglio se CRC) ed effettuando uno o due interventi mensili di fertirrigazione specie sulle aromatiche a più elevato richiesta di nutrienti come ad esempio rosmarino e salvia. . 3.5 IL MONITORAGGIO DELLA COLTURA IN CONTENITORE I controlli da effettuare nella gestione di una coltura in contenitore sono i seguenti: 1) misura della quantità di drenato prodotto: la quantità non dovrebbe mai scendere sotto la media giornaliera del 10-20%, in funzione anche della qualità dell’acqua irrigua. La percentuale di drenaggio va misurata settimanalmente e quando si hanno sospetti che l’irrigazione sia gestita male va misurata su tutte le irrigazioni effettuate nella giornata: infatti eventuali diminuzioni indicano o una riduzione della quantità di irrigazione data o un aumento nella domanda evapotraspirativa della coltura e del clima e quindi la necessità di effettuare una nuova impostazione dei tempi e degli orari degli interventi irrigui. Tuttavia anche se giornalmente il volume di drenato prodotto appare corretto, è necessario sporadicamente misurarlo su tutti gli interventi irrigui effettuati in un giorno, allo scopo di verificare se esiste un’eccessiva variabilità fra un intervento irriguo e il successivo: se così fosse, si troverebbero interventi irrigui che producono oltre il 50-60% di drenato (sono interventi effettuati troppo presto rispetto all’evapotraspirazione della pianta) e altri che invece producono percentuali di drenato prossime a 0 e che quindi sono stati fatti in ritardo rispetto alla evapotraspirazione effettiva o con volumi irrigui non errati. 2) misura della EC e del pH del drenato raccolto. Il valore non si dovrebbe discostare più di 0.5 punti rispetto ai valori di EC pre-stabiliti per la soluzione nutritiva o per l’acqua in entrata. La prima cosa da fare in caso di anomalia è quella di controllare il buon funzionamento del fertirrigatore (sonde, set-point impostato, funzionamento delle 51 pompe). Se il problema persiste si può cercare di risolverlo seguendo le istruzioni riportate di seguito. a). Aumento dell’ EC: può essere causato, da un accumulo di salinità nel substrato per insufficiente frazione di drenaggio o per una somministrazione eccessiva di concime prontamente solubile o a lento rilascio. I rimedi sono quelli di aumentare la frazione di drenaggio, e nel caso di valori superiori a 2.5 mS/cm effettuare un “lavaggio” dei vasi per allontanare l’eccesso di salinità; b) Abbassamento del pH: normalmente si verifica successivamente a periodi molto piovosi dove si sono dilavati buona parte dei cationi presenti nel substrato (calcio e magnesio) e del nitrato. In questo caso occorre intervenire prima possibile con nitrato di calcio e/o di magnesio, in modo da ristabilire un corretto equilibrio fra i cationi presenti nel substrato. Un repentino abbassamento del pH, può verificarsi anche a causa di un eccesso di ioni ammonio nel substrato (es. dovuti ad una riconcimazione con una dose eccessiva). In tal caso occorre ridurre e sostituire, per quello che possibile, la % ammonio in favore di quella del nitrato. Anche la presenza di acque con bassi livelli di bicarbonato o peggio ancora l’uso di acqua piovana, spesso si traducono in facili sbalzi di pH, dovuti al ridotto potere tampone di questa nei confronti dell’assorbimento radicale selettivo. E’ opportuno quindi arricchire la soluzione nutritiva di 0.5-1 mmol/L di bicarbonato di potassio e innalzare il set-point di acidificazione. In serra ed in vivaio è spesso necessario analizzare i substrati di coltura per meglio gestire l'irrigazione e la concimazione e chiarire, eventualmente, le cause di una crescita stentata delle piante o della comparsa di una fisiopatia d’incerta eziologia. Non sempre, però, è possibile ricorrere alle tradizionali (e costose!) analisi di laboratorio, soprattutto quando occorre avere una risposta “in tempi brevi”. Grazie alla ricerca scientifica ed allo sviluppo tecnologico nel campo del monitoraggio ambientale ed industriale, oggigiorno sono disponibili in commercio dei veri e propri laboratori tascabili con i quali è possibile misurare, in pochi minuti ed in modo sufficientemente accurato, il pH, la EC ed il contenuto dei principali elementi nutritivi dei substrati di coltura. Un'analisi di questo tipo, restringendo il campo d'indagine ai parametri sopra elencati, costa solo pochi euro per campione, includendo l'ammortamento della strumentazione, il cui costo si aggira al massimo intorno ad un migliaio di euro. Esistono due protocolli principali per l’analisi rapida (on-farm), quella dell’estratto acquoso 1:2 in volume e quello del percolato indotto. Qualunque sia il protocollo utilizzato, occorre campionare almeno una decina di vasi, evitando di raccogliere campioni di vasi con specie diverse e/o riempiti con substrati diversi. Il metodo dell’estratto acquoso 1:2 in volume consiste nell’eseguire una estrazione su un substrato o un terreno, mettendo in due volumi di acqua deionizzata (es. 400 ml) in un contenitore a vite e aggiungendo, mescolando, 1 volume di substrato precedentemente umidificato a capacità di contenitore (il punto è identificato da un sottile velo di acqua libera sul fondo del contenitore). Si agita il miscuglio per 3-5 minuti e dopo 52 circa 20 minuti, si misura, sul tal quale, il pH e poi si procede al filtraggio effettuando sul filtrato le determinazioni di EC e l’eventuale contenuto in ioni, utilizzando i kit rapidi di analisi. Il metodo del percolato indotto è un metodo apparentemente molto semplice, ma l’interpretazione è più difficile rispetto al metodo dell’estratto acquoso e consiste nel somministrare dell’acqua deionizzata lentamente sulla cima del vaso, dopo la fine di una irrigazione, in modo da far fuoriuscire dal fondo del vaso una pari quantità di soluzione presente all’interno di questo. Il metodo richiede la standardizzazione del volume d’acqua aggiunto al vaso; orientativamente, per un vaso del 18 sono necessari non meno di 150 ml, in modo da raccogliere circa 100 ml di percolato. E’ importante utilizzare questo metodo fin dalle primissime fasi di coltivazione; in pratica, il primo campionamento deve essere fatto subito dopo il trapianto, quando presumibilmente i valori dei vari parametri chimici (pH, EC, concentrazione di nutrienti) sono quelli ottimali per la coltura in esame; in questo modo è possibile determinare per ogni coltura i valori di riferimento dei vari parametri. In tab. 3.9 e 3.10 si riportano i valori di riferimento per i parametri misurati con i due tipi di analisi rapida. Tab. 3.9.Valori di riferimento per le analisi dei substrati di coltivazione condotto secondo il metodo dell’estratto acquoso (rapporto volumetrico di estrazione 1:2, substrato:acqua). Indicativamente, i valori dei vari parametri determinati nell’estratto acquoso sono inferiori di 2,5 (EC, concentrazione di K) o 3 volte (approssimativamente) rispetto a quelli della soluzione all’interno del substrato di coltivazione. Parametro Fabbisogno nutritivo della coltura basso medio alto pH 5,0 – 6,5 EC (mS/cm) <0,80 0,80 - 1,50 >1,50 N-nitrato (mg/L) <30 30 – 70 >70 N-ammonio (mg/L) <20 20 – 30 >30 K (mg/L) <70 70 – 100 >100 P (mg/L) <3 3-6 >6 Ca (mg/L) <50 50 – 80 >80 Mg (mg/L) <20 20 – 35 >35 Na e Cl (mg/L) <20 20 – 80 >80 Fe (mg/L) <0,2 0,2 –1,0 >10 Microelementi (mg/L) <0,01 0,01 – 0,03 >0,3 53 Tab. 3.10. Valori di riferimento per le analisi dei substrati di coltivazione condotte secondo il metodo del percolato indotto. pH EC (mS/cm) 5,0 – 6,5 0,5 – 0,8 mS/cm (coltura fertirrigata di specie sensibili alla salinità) 0,8 – 1,5 mS/cm (coltura fertirrigata della maggior parte delle specie) 0,4 – 1,0 mS/cm (coltura fertilizzata con concimi a lento rilascio) BIBLIOGRAFIA Boyle T.H., Craker L.E., 1991, Growing Medium and Fertilization Regime Influence Growth and Essential Oil Content of Rosemary, UK, Department of Plant and Soil Sciences, University of Massachusetts, Amherst, “HORTSCIENCE 26(1):33-34.” . Incrocci G., Incrocci L., Carmassi G., Diara C., Pulizzi R., Cozzi P., Fibbi F., Marzialetti P., Pardossi A., 2012. Uso di concimi a rilascio controllato.Clamer informa 07-08/2012. Mills H.A., Benton J.J., Wolf B., 1991. Plant Analysis Handbook II, Athens, Georgia, USA, MicroMacro. Noble R., Fuller D., Warwick HRI, 2011. Nutrient Requirements for Field Grown Herbs, Warwick Crop Centre, University of Warwick, Agriculture and Horticulture Development Board. Putievsky E., Ravid U., Dudai N., 1986. The influence of season and harvest frequency on essential oil and herbal yields from a pure clone of sage (salvia officinalis) grown under cultivated conditions, Israel, Department of Medicinal and Aromatic Plants, Agricultural Research Neve Ya'ar. Vender C., Voltolina G., Fusani P., D’andrea L., 2004. Schede colturali, Trento, Italia , Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - Unità di ricerca per il Monitoraggio e la Pianificazione forestale. 54 Capitolo 4 - ALTERAZIONI DI ORIGINE FUNGINA E BATTERICA DELLE PRINCIPALI SPECIE AROMATICHE E POSSIBILITÀ DI LOTTA Andrea Minuto, Anna Lanteri, Cinzia Bruzzone, Giovanni Minuto 4.1 INTRODUZIONE La coltivazione delle specie aromatiche per uso officinale e, soprattutto, alimentare nella piana di Albenga, ha assunto nel tempo sempre maggiore rilievo, passando da poche centinaia di migliaia di vasi prodotti fino al 1991 ad una produzione stimata di 30 e 50 milioni di vasi rispettivamente nel 2008 e nel 2011. Tra le aromatiche coltivate la lavanda rappresenta il 30-40% del totale seguito in ordine di importanza dalla salvia, dal rosmarino e da diverse specie di Thymus sp. A questa rapida evoluzione del settore florovivaistico ad Albenga, però, è corrisposta l'insorgenza di problemi fitopatologici raramente osservati in precedenza. La relativa semplicità di coltivazione di queste specie ed i bassi investimenti necessari connessi con il loro allevamento contrastano spesso con la manifestazione di gravi attacchi di parassiti sia animali sia, soprattutto, fungini e batterici, il cui contenimento appare di difficile attuazione, visto anche l’attuale quadro normativo in atto. A ulteriore testimonianza di tale aspetto occorre ricordare, ad esempio, che nel 2008 circa il 23% delle consulenze fatte dal laboratorio fitopatologico del CeRSAA, sono state fatte per specie aromatiche. Il successo economico di tali coltivazioni è fondamentalmente legato al limitato costo di produzione ed alla possibilità di arrivare sul mercato con elevati volumi di prodotto sano ed omogeneo in periodi dell’anno anche molto concentrati e che possono essere compresi tra la fine del mese di gennaio e la fine del mese di giugno. Di seguito si descrivono alcune malattie di origine fungina e batterica recentemente segnalate prevalentemente nella zona di Albenga e che potrebbero rappresentare, nel medio periodo, alterazioni emergenti e, pertanto, da mantenere sotto stretta osservazione. Alcuni cenni saranno fatti anche relativamente ad altre alterazioni ricondotte a virus e fitoplasmi. 4.2 IL ROSMARINO Il rosmarino (Rosmarinus officinalis) è una specie che riveste grande interesse sia per la produzione da destinare al consumo fresco o trasformato, sia per la produzione di piante da utilizzare per scopo ornamentale (bordure, siepi) o per uso domestico. A carico della parte aerea sono stati segnalati attacchi di mal bianco e di Alternaria sp., agente di necrosi fogliari spesso così gravi da causare violente filloptosi sulle piante infette. 55 Infezioni di mal bianco su rosmarino. Sempre a livello fogliare, già da alcuni anni, sono state rinvenute infezioni di Rhizoctonia solani. Si tratta in questo caso di danni particolarmente gravi quando presenti su piante nella fase di radicazione in vivaio, potendo portare a morte rapidamente numerosissime piante. E’ stata anche indicata la presenza di infezioni basali e rameali di Sclerotinia sclerotiorum, particolarmente su rosmarino prostrato. Più recentemente, con una sintomatologia simile ma non identica, in particolare per il caratteristico portamento dei rami alterati, è stata rinvenuta la presenza di Phoma multirostrata, capace di vere e proprie esplosioni epidemiche soprattutto a seguito di piogge intense, in seguito alle quali è decisamente raccomandabile effettuare trattamenti con formulati a base di rame. A livello della porzione basale della pianta, come agenti di marciume radicale e del colletto e, pertanto, di deperimenti e morte di piante intere, sono state segnalate in Sicilia Phytophthora nicotianae e P. drechsleri e già in precedenza in Liguria nel 1996. Anche l’agente della muffa grigia, Botrytis cinerea, già nel 1999, è stato segnalato quale causa di disseccamenti di singoli rami di rosmarino nella vicina Provenza francese: in tali casi le infezioni sono state già identificate a partire dai residui fiorali in corrispondenza delle prime fioriture di febbraio. Il disseccamento di rami di piante di rosmarino è stato osservato anche in Italia ed in particolare su colture allevate in pieno campo in Liguria a cavallo tra l'inverno e la primavera ed, in particolare, a seguito di fenomeni intensi di fioritura. Di recente sono stati indicati danni su rosmarino causati da Agrobacterium tumefaciens, un parassita comunemente presente, anche in Liguria, ove infetta piante ornamentali tra cui la margherita. Infine, anche su rosmarino, sono stati evidenziati danni 56 causati anche da Pseudomonas viridiflava e Pseudomonas sp., agente di necrosi fogliari distruttive e repentine nella loro esplosione, in particolare in autunno e all’ inizio della primavera. Infezioni di Alternaria sp. su rosmarino Ancor più recentemente, inoltre, è stata individuata presso il CeRSAA la presenza di deperimenti radicali causati da infezioni di Thielaviopsis sp.; in questo caso il patogeno, potenzialmente confuso a livello sintomatologico con infezioni di Phytophthora sp., si è manifestato nel mese di luglio 2014 su coltivazioni di rosmarino messe a dimora da non più di un mese, ma già sottoposte a fenomeni di eccesso idrico a causa di un andamento climatico caratterizzato da continue piogge. Occorre, inoltre, segnalare che, soprattutto in fase di propagazione, potrebbero essere di un certo rilievo le infezioni di Rhizoctonia solani e Pythium spp., recentemente osservate presso il Laboratorio Fitopatologico Ce.R.S.A.A. Si tratta in realtà di casi spesso legati all’adozione di condizioni operative generali non particolarmente corrette, ma che possono causare anche gravi danni. In particolare proprio R. solani è comunemente riconosciuta quale problema di rilievo soprattutto sulle colture in propagazione e soprattutto a carico principalmente della porzione aerea della pianta. Le cause di tali danni, in realtà, possono trovare solo una parziale spiegazione nella presenza di funghi noti come patogeni a 57 livello dei tessuti dei giovani fusti e del fogliame. Più in generale l’effettuazione di taleaggi su piante molto sfruttate a tale scopo, l’inopportuna gestione dell’irrigazione, l’uso di acqua di scarsa qualità ricca di sali (elevata EC) possono rappresentare fattori che favoriscono il successivo deperimento della coltura. Similmente va rammentato che tra il 2013 ed il 2014 su piante di recente trapianto è stata rinvenuta la presenza di Fusarium tabacinun (Plectosphaerella cucumerina, anamorfo Plectosporium tabacinum). Si tratta di un’alterazione basale e radicale che è stata segnalata alla fine degli anni ’70 su basilico, ma che, di fatto, non ha mai fatto registrare gravi danni. L’alterazione si riconosce abbastanza bene grazie alla progressiva necrosi delle porzioni basali del fusto, talora presenti sino a 5-8 cm di distanza dal colletto. Associata a tale necrosi si può facilmente osservare una degenerazione dei tessuti corticali dell’apparato radicale, evidenti anche a 7-10 cm di profondità, sempre rispetto al colletto. Tali sintomi sono accompagnati da una generale riduzione della vigoria delle piante in particolare nei periodi invernali, Caratteristica molto particolare di questa alterazione, comunque, è la quasi totale assenza di fenomeni di avvizzimento delle piante benché infette. Tale aspetto ne permette il riconoscimento rispetto a R. solani che, generalmente, non “lascia scampo” alla coltura. Per la difesa da questo patogeno, oggi ritornato prepotentemente alla ribalta in suolo come anche in fuori suolo, va rammentato il ruolo fondamentale delle pratiche di igiene e, soprattutto l’adozione di interventi che, prima ancora dell’insediamento della coltura, favoriscano la presenza di microflora capace di colonizzare il substrato di coltivazione limitando il dilagare di un patogeno non letale, ma dannoso, come P. tabacinum. Danni causati da infezioni batteriche su rosmarino. 58 Sempre nella zona di Albenga la segnalazione di infezioni di AMV (virus dell’erba medica), CMV(virus del mosaico del cetriolo) e fitoplasmi possono rappresentare una novità su rosmarino. In questo caso, ancora una volta, è confermato il potenziale rischio legato ad alterazioni facilmente trasmissibili mediante la propagazione a partire da piante infette e non opportunamente controllate dal punto di vista fitosanitario. Relativamente alla difesa, come già in precedenza indicato, non sono molte le possibili strategie di intervento diretto adottabili. Nei confronti del mal bianco la lotta può essere effettuata anche con il solo utilizzo di formulati bagnabili a base di zolfo. E' importante ricordare che il mal bianco colpisce con maggiore intensità piante allevate in aree di terreno in ombra. Un mezzo biologico attivo sui mal bianchi di numerose colture orticole e aromatiche è Ampelomyces quisqualis, che non sempre, però, garantisce un adeguato contenimento del patogeno. La lotta nei confronti di Alternaria sp., risulta decisamente più complessa vista l'assenza di mezzi chimici fungicidi espressamente ammessi su rosmarino, soprattutto in particolare quando tale coltura non è destinata per usi ornamentali. Recenti valutazioni sugli effetti dei trattamenti sulla diffusione e incidenza delle infezioni di Alternaria sp. hanno indicato una maggiore efficacia dell’applicazione di formulati a base di rame tra cui, ad esempio, il solfato di rame tribasico. Altre strategie di lotta indiretta, in particolare, su colture effettuate in pieno campo, sono l'uso di una rete ombreggiante a bassa intensità, in grado di intercettare l'acqua di condensa che si deposita sulle foglie nelle ore notturne durante il periodo di coltivazione. Tuttavia, questa tecnica, è di difficile all’applicazione su larga scala a causa delle necessarie e costose strutture di protezione. La difesa dalle infezioni di S. sclerotiorum, sembra che non sia necessaria per il R. officinalis. Va comunque fatto notare che per S. sclerotiorum occorre operare al fine di limitare la persistenza di lunghi periodi di bagnatura sulla coltura. Inoltre, vista la facilità con la quale il patogeno si diffonde attraverso infezioni ascosporiche aeree, l’attenta eliminazione di focolai eventualmente presenti su coltivazioni circostanti (lattuga, cavolo, aneto) può essere considerata una misura precauzionale. 4.3 LA LAVANDA Tra le gravi alterazioni osservate di recente anche in Italia ricordiamo la Phytophthora nicotianae var. parasitica, su coltivazioni in vaso di Lavandula officinalis, Lavandula x Allardii e di Lavandula angustifolia x intermedia “Dutch”, particolarmente danneggiate quando sono allevate nel periodo estivo e in pieno campo, in assenza di protezione dall'eccessivo irraggiamento e riscaldamento. In Sicilia, su L. angustifolia su bordure ornamentali messe a dimora durante il periodo estivo è stata riscontrata come agente di marciume radicale e collasso epigeo, anche P. palmivora 59 Marciumi radicali causati da P. nicotianae su lavanda Su lavanda, ed in particolare su L. spica e L. stoechas, è stata segnalata anche la presenza di infezioni di Alternaria alternata, mentre L. dentata, L. stoechas, L angustifolia e L. latifolia sono state individuate quali ospiti di Septoria lavandulae. Va sottolineato che soprattutto su L. officinalis, ma anche su L. x Allardii e L. angustifolia x intermedia “Dutch”, nella zona di Albenga sono state già da tempo segnalate epidemie anche gravi di Alternaria sp., il cui decorso appare marcato a partire dall'autunno e durante i mesi invernali, causando estesi disseccamenti fogliari con conseguente riduzione della qualità del prodotto finale. Come già indicato per il rosmarino, le infezioni causate da Alternaria sp., appaiono talora decisamente gravi, soprattutto in vista della reale difficoltà di adottare efficienti strategie di lotta preventive e curative. Molto recentemente è stata osservata la presenza di alterazioni fogliari su L. officinalis e L. stoechas causate da infezioni batteriche. Su diversi isolati ottenuti da alterazioni fogliari della lavanda, sono stati identificati almeno tre diversi agenti patogeni appartenenti alla specie Pseudomonas viridiflava, Xanthomonas campestris e Pantoea sp.. Questi tre diversi agenti sono stati rinvenuti durante la stagione di produzione già a partire dal mese di settembre. Sempre di recente presso il Laboratorio fitopatologico del CeRSAA, su materiale propagativo in fase di radicazione, è stata individuata la presenza di Rhizoctonia sp. 60 Essudati batterici su foglie di lavanda Infezioni di Rhizoctonia sp. su piante di lavanda in fase di coltivazione Si tratta di casi sporadici, ma potenzialmente molto pericolosi. Eventuali infezioni, non particolarmente gravi, possono rapidamente diffondersi sulle talee in fase di propagazione. La diagnosi non pare molto semplice, in quanto, in diverse circostanze i 61 deperimenti sul materiale in fase di radicazione potrebbero essere favoriti da altre cause, incluse cause non parassitarie. A tale riguardo è utile ricordare che il riutilizzo di contenitori di radicazione rappresenta un rischio molto elevato per la diffusione delle infezioni di Rhizoctonia sp.. Al fine di limitare tale rischio, sarebbe opportuno adottare adeguate pratiche di disinfezione (impiego di sostanze ossidanti) dei contenitori, da effettuare in seguito all’eliminazione dei residui di materiale organico e terroso provenienti dai precedenti cicli di utilizzo.. Sicuramente di minore importanza, ma potenzialmente anche molto gravi sono le proliferazioni di funghi riconducibili al gruppo dei mixomiceti. Si tratta di organismi fungini plasmodiali in grado di sopravvivere quali saprofiti a spese di tessuti vegetali degradati. Su lavanda la presenza di mixomiceti è stata osservata durante la fase di produzione delle barbatelle. I casi osservati presso il laboratorio del CeRSAA, anche se sporadici, hanno permesso di verificare che condizioni di allevamento vivaistico caratterizzate da ridotta luminosità, elevata umidità e scarsa igiene sono predisponenti l’attacco di tali funghi. In queste condizioni, infatti i mixomiceti ricoprono il materiale propagativo in fase di radicazione impedendone o rallentandone lo sviluppo. La produzione di barbatelle a partire, inoltre, da talee raccolte su piante debilitate o fortemente sfruttate e caratterizzate da presenza di fogliame nella parte basale è facilmente preda di proliferazioni soprattutto se il fogliame presente alla base della talea va incontro a degenerazione. Per tale motivo la pulizia della base della talea è, in genere, una buona strategia preventiva. infezioni di P. lamii su salvia 4.4 LA SALVIA Su Salvia officinalis e S. sclarea è stata accertatala presenza di infezioni di Erysiphe polygoni, e più recentemente di Golovinomyces (sin. Erysiphe) biocellatus. Ultimamente sono stati osservati anche gravi danni su S. officinalis allevata in vaso causati da Peronospora lamii , un patogeno comunque capace di infettare altre specie di salvia. Su impianti ornamentali di S. leucantha, sono stati recentemente segnalati attacchi sulle radici da parte di Phytophthora cryptogea: in Sicilia, ove l'alterazione è stata osservata per la prima volta, le infezioni di questo patogeno causano marciumi basali e radicali 62 accompagnati da violenti fenomeni di collasso. Su S. officinalis allevata in vaso, nella zona di Albenga è stata osservata la presenza di infezioni di Sclerotinia sclerotiorum, causa di un marciume dei fusti e del fogliame, in alcuni casi anche grave. Similmente sono state segnalate infezioni di B. cinerea su materiale di propagazione in fase di radicazione. Proprio in queste condizioni B. cinerea rappresenta un grave rischio, in quanto può diffondersi rapidamente e danneggiare in modo irreparabile la coltivazione stessa. Attacchi di muffa grigia su salvia Nel 2012, sempre su impianti di S. officinalis dedicati alla produzione di rami recisi per il consumo fresco, è stata osservata, per la prima volta almeno in Italia, la presenza di Cylindrocarpon destructans. La sintomatologia si manifesta con un progressivo fenomeno di deperimento delle piante poste a dimora in terra; successivamente si manifesta un evidente disseccamento apicale dei rametti e del fogliame, accompagnato da una evidente clorosi sulla restante parte del fogliame. I sintomi sono dovuti a marciume radicale, soprattutto a carico delle radici principali e non del capillizio radicale, il quale tuttavia può mostrare isolati fenomeni di disfacimento. La difesa della coltura da C. descructans si basa principalmente sulla prevenzione, evitando ristagni idrici ed eccessive irrigazioni, utilizzando substrati abbastanza drenanti, evitando reimpianti in terreni infetti senza effettuare una adeguata disinfezione del terreno. Per il controllo con mezzi di difesa diretti, vale la pena ricordare che l’impiego di microrganismi antagonisti, riconducibili al genere Trichoderma, è indicato in letteratura nel trattamento in fase di pre-trapianto di colture suscettibili a diverse specie di Cylindrocarpon sp.. 63 Purtroppo la disponibilità di agrofarmaci attualmente utilizzabili sulle “erbe fresche” e quindi sulla salvia, è in alcuni casi minima: per questo motivo, è importante attuare tutti gli interventi agronomici atti a limitare le infezioni fungine, in particolare quelle della B.cinerea Danni causati da S. sclerotiorum su timo 4.5 TIMO, ORIGANO, MAGGIORANA, MENTA, MELISSA Oggi, a differenza del passato, queste specie rappresentano una quota importante nella produzione di aromatiche in vaso, soprattutto per il timo, per il quale sono oggi disponibili numerose selezioni e specie caratterizzate da profumi e aspetto di estremo interesse sia alimentare che ornamentale. Certamente, l’aumento di importanza di tale specie ha favorito il rapido diffondersi di numerose alterazioni. Su Thymus x citriodorus è stata recentemente indicata la presenza di infezioni di un mal bianco (Minuto et al., 2003) e di infezioni di Sclerotinia sclerotiorum (Garibaldi et al., 2004), agente di un marciume dei fusti e del fogliame spesso così grave da portare a morte l'intera pianta (vedi figura sopra). Tra le novità, però, va sicuramente ricordato che dal 2009 sono stati osservati su Thymus sp. gravi danni causati da Rhizoctonia, in particolare in aree di coltivazione caratterizzate da ridotta ventilazione. I danni sono stati essenzialmente evidenziati a carico dell’apparato fogliare con deperimento e necrosi del fogliame, seguita da violenti fenomeni di filloptosi. La semplice osservazione delle piante alterate, inoltre, ha sempre permesso con una certa facilità di ritrovare la presenza di micelio sui fusti e sul fogliame deperito. In nessun caso, però, è stato osservato un danno ai tessuti corticali e sottocorticali dei fusti delle piante che spesso, probabilmente in quanto già sufficientemente lignificati, ricacciano 64 nuova vegetazione successivamente al mutamento delle condizioni climatiche e, in particolare, dopo la riduzione dell’elevata umidità. La presenza di gravi infezioni di Rhizoctonia sp. a carico dell’apparato fogliare anche se apparentemente singolare e non comune, di fatto non deve stupire essendo numerose le osservazioni di tali alterazioni, non solo su piante di interesse quali specie aromatiche. In ordine di tempo, certamente, la segnalazione fatta su timo, trova una conferma in quanto osservato su menta in Israele. Anche in questo caso i maggiori danni sono stati osservati in stagioni caratterizzate da clima caldo (temperature > 24°C), anche se il fattore climatico maggiormente favorente le infezioni è apparsa l’umidità relativa, in grado di influenzare in modo più che proporzionale la gravità delle infezioni. Occorre anche ricordare Rhizoctonia spp., che si caratterizza per la produzione di ammassi miceliari tali da permettere l’adesione del patogeno non solo a parti di ospite, ma anche a manufatti (bancali, contenitori di radicazione, tappeti e teline anti-alga): per evitare infezioni è quindi importantissimo ripulire correttamente le aree di propagazione dal materiale vegetale presente ed allontanare prontamente gli individui che si manifestano infetti durante la coltivazione. Esperienze svolte dal CeRSAA. di Albenga nell’ambito del progetto MIPAF-OIGA “Estensione dell’impiego di alcuni principi attivi su colture minori ‘aromatiche’ di interesse economico/commerciale in Liguria” hanno confermato che la strategia chimica maggiormente efficace è, almeno per il contenimento delle infezioni di Rhizoctonia AG-A su timo e salvia, quella basata sulla adozione di formulati a base di strobilurine (azoxystrobin, pyraclostrobin) in associazione o meno a boscalid. Al contrario, di scarsa efficacia si è dimostrata l’applicazione di formulati a base di rame e di iprodione, principio attivo questo ultimo non ammesso sulla coltura. Tali osservazioni, però, vanno considerate valide per le infezioni di Rhizoctonia AG-A su fogliame e potrebbero non essere altrettanto valide per quanto riguarda infezioni a livello basale di Rhizoctonia afferente ad altri gruppi di anastomosi (AGs). Come già in precedenza osservato su salvia, anche su Mentha x piperita, Origanum majorana e Melissa officinalis allevate in vaso sono stati recentemente osservate infezioni di muffa grigia e mal bianco. Su Origanum vulgare e su Thymus x citriodorus, inoltre, sempre su colture allevate in contenitore è stata osservata la presenza di S. sclerotiorum e, almeno su origano, di Phytophthora tentaculata. In particolare S. sclerotiorum è favorita da condizioni di elevata umidità relativa e da temperature miti (17°- 18°C) e sicuramente può giungere sulle colture grazie anche alla diffusione ascosporica da coltivazioni infette poste nelle vicinanze. 4.6 POSSIBILITÀ DI CONTROLLO Oltre alle informazioni già in precedenza riportate va aggiunto che, in molti casi, la limitata disponibilità o la completa assenza di mezzi chimici costringe l'adozione di pratiche alternative di lotta. In realtà, senza considerare le produzioni certificate come biologiche, almeno nella fase di produzione del materiale propagativo (semenzai) il ricorso a mezzi chimici è limitato, ma, comunque ammesso. In Tab.4.1 si riportano alcune 65 indicazioni relative all’efficacia di principi attivi o di famiglie di principi attivi nei confronti dei principali patogeni in precedenza brevemente descritti, includendo anche microrganismi e sostanze di origine naturale. Per tutti vale sempre la medesima raccomandazione ovvero: verificare la registrazione del formulato sulla coltura (considerando anche l’ambiente di coltivazione e la modalità di applicazione) e assicurarsi che il formulato in questione non sia causa di fenomeni di fitotossicità sulla coltura stessa. Trichoderma spp.* Coniothyrium minitans* Ampelomyces quisqualis* Zolfo Strobilurine Mancozeb Propamocarb Mandipropamide Fluopicolide Fenhexamide Iprodione Fenilammidi Boscalid Prodotti a base di silicati Agenti patogeni Prodotti a base di rame Tab. 4.1. Efficacia di principi attivi, microrganismi, sostanze di origine naturale sui principali agenti di alterazione fungina e batterica di specie aromatiche. Agenti di alterazione batterica x (fogliare) Agenti di mal bianco x x x x Alternaria sp. x x x x B. cinerea x x x x x x Cylindrocarpon sp. x x Peronospora lamii. x x x x x x x Phoma multirostrata x x Plectosphaerella cucumerina x x Pythium sp., Phytophthora sp. x x x x Rhizoctonia sp. x x x x Sclerotinia sclerotiorum x x x x x x Thielaviopsis basicola x x * isolati selezionati e autorizzati all’impiego come prodotti fitosanitari dal Min. della Salute Sulla base del quadro fitosanitario in precedenza tracciato e della limitata possibilità di lotta diretta, è estremamente importante la prevenzione e quindi limitare o sfavorire il processo infettivo. Nel progetto SEGIF si è quindi effettuato un lavoro di ricerca bibliografico e di raccolta di dati in campo, allo scopo di raccogliere informazioni sui metodi da attuare per prevenire l’attacco delle malattie fungine e batteriche. I risultati di questa attività sono raccolti nella Tab. 4.2, dove si riportano alcune informazioni che si ritengono utili per favorire la messa in atto di corrette pratiche agronomiche e in Tab. 4.3, dove si riportano le condizioni ambientali scatenanti l’infezione. 66 Tab. 4.2. Indicazioni circa aspetti della biologia ed epidemiologia dei principali agenti di alterazione fungina e batterica di specie aromatiche. L’asterisco indica quando la condizione è vincolante per il manifestarsi dell’infezione. Infezioni favorite da presenza di velo di acqua su foglie Infezioni favorite da presenza di ferite sui siti di infezione si* si* no no si si si si n.a. no si * no si si (no) si n.a no Agenti patogeni Tessuti, organi, apparati principalmente alterati Agenti di alterazione batterica (fogliare) Foglie, fusti non agostati Agenti di mal bianco Foglie, fusti non agostati Alternaria sp. Foglie, fusti non agostati B. cinerea Foglie, fusti, fiori o loro residui Cylindrocarpon sp. Apparato radicale Peronospora lamii Foglie Residui colturali, oospore Phoma multirostrata Fusti, colletto Residui colturali, picnidi Plectosphaerella cucumerina Fusti, colletto Residui colturali, Pythium sp., Phytophthora sp. Apparato radicale (colletto) Residui colturali, altre specie ospiti, oospore Rhizoctonia sp. Colletto, apparato radicale, fusti, foglie Residui colturali, altre specie ospiti Terreno infetto, manufatti contaminati n.a. no Sclerotinia sclerotiorum Foglie, fusti colletto Residui colturali, altre specie ospiti, sclerozi Terreno infetto, ascospore diffuse per via aerea si (ascospo -re) no Thielaviopsis basicola Apparato radicale Residui colturali, clamidospore Principali modalità di conservazione dell’inoculo Principali modalità di diffusione dell’inoculo Residui colturali, altre specie ospiti Residui colturali, cleistoteci Residui colturali, altre specie ospiti Residui colturali, altre specie ospiti, sclerozi Residui colturali, altre specie ospiti, clamidoconidi Materiale propagativo, spruzzi di acqua Materiale propagativo Materiale propagativo, spruzzi di acqua Materiale propagativo, spruzzi di acqua 67 Terreno infetto, manufatti contaminati Materiale propagativo, spruzzi di acqua Materiale propagativo, terreno infetto Terreno infetto, manufatti contaminati Terreno infetto, zoospore diffuse attraverso acqua irrigua Tab. 4.3. Condizioni ambientali favorenti le infezioni. Parassita Intervallo termico ottimale (°C) Durata del periodo di bagnatura dei siti di infezione (ore) Agenti di alterazione batterica (fogliare) 10-20 >1 Agenti di mal bianco 15-25 n.a. Alternaria sp. 5-15 >5 B. cinerea 10-15 6-8 Cylindrocarpon sp. 15-25 n.a. Peronospora lamii 15-25 >4 Phoma multirostrata 15-25 >2 Pythium sp. 10-15 n.a. Phytophthora sp. 20-35 n.a. Plectosphaerella cucumerina 15-25 n.a Rhizoctonia sp. 15-25 n.a. 10-20 6-8 (ascospore) 15-25 n.a. Sclerotinia sclerotiorum Thielaviopsis basicola Fase fenologica maggiormente sensibile Germogli in fase di attivo sviluppo Germogli in fase di attivo sviluppo Germogli in fase di attivo sviluppo Produzione materiale propagativo, fioritura, Piante mature eventualmente ricoltivate Fogliame disteso Germogli in fase di attivo sviluppo Produzione materiale propagativo, radicazione nei contenitori di coltivazione Radicazione nei contenitori di coltivazione Radicazione nei contenitori di coltivazione Produzione materiale propagativo Germogli in fase di attivo sviluppo Radicazione nei contenitori La sanità del materiale di propagazione è la pratica di profilassi più importante e, in molti casi, dovrebbe far preferire l'acquisto dello stesso presso strutture vivaistiche specializzate ed attrezzate piuttosto che la produzione interna all'azienda, in condizioni spesso non ottimali sia dal punto di vista fitosanitario sia agronomico. Relativamente all’adozione di opportune pratiche agronomiche, quali ad esempio la rotazione, esse sono da considerare sempre con maggiore attenzione soprattutto per specie allevate in vaso. I rischi sono infatti causati dalla capacità, per alcuni parassiti fogliari (P. lamii, Alternaria sp.) e diversi parassiti basali (S. sclerotiorum, R. solani), di poter sviluppare resistenza o di rimanere sui residui fogliari o residui radicali per periodi sufficienti a diffondere le infezioni all’interno delle coltivazioni di nuovo impianto. 68 Textbox 4.1. NON SOLO AROMATICHE Nell’area produttiva di Albenga la produzione delle specie aromatiche si è sviluppata parallelamente alla produzione della margherita per vaso fiorito. Si tratta di una specie che ben si è adattata alle condizioni colturali della piana albenganese potendo essere allevata in serra ed in piano campo. Come sulle specie aromatiche, però, anche sulle coltivazioni di margherita i patogeni maggiormente temibili sono numerosi e qui di seguito esamineremo solo i tre considerati più importanti: il virus TSWV (Tomato Spotted Wilt Virus, , la peronospora e la tracheofusariosi della margherita. Da diversi anni tecnici e coltivatori convivono con le infezioni di TSWV adottando misure di lotta volte, in prevalenza, a limitare la diffusione del virus attraverso materiale propagativo infetto e a combattere la Frankliniella occidentalis, vettore considerato di primaria importanza. Su margherita la presenza di infezioni di TSWV induce una generale riduzione di sviluppo delle piante cui si associa costantemente la presenza di giallumi fogliari. I giallumi, inoltre, sono associati a mosaicature non molto vistose, ma facilmente distinguibili da una semplice clorosi. Margherita con evidenti segni di ingiallimenti e maculature, dovute a infezione da TSWV. Nel 2002 su margherita è stata segnalata la presenza di Peronospora sp. su piante della cv Tania ad Albenga. Durante l’annata 2007/08 e 2010/11 si sono verificati numerosi e, spesso, molto gravi casi di infezioni causati da Peronospora sp., in particolare in pieno campo. Fattore determinante nel favorire tali fenomeni è stato certamente l’andamento climatico, caratterizzato da fenomeni piovosi in grado di mantenere elevata l’umidità relativa sulla coltura. Il riconoscimento tardivo della malattia, in alcuni casi scambiato per infezioni di TSWV e forti squilibri nutrizionali, hanno aggravato molto la situazione. Le 69 piante attaccate dal patogeno presentano riduzione dello sviluppo con estesi ingiallimenti, talora gravi, solo su alcune branche o germogli della pianta. Sul fogliame, inoltre, associato ad un evidente ingiallimento, si osserva la distorsione del lembo fogliare soprattutto a carico dei giovani germogli apicali. I rami attaccati assumono quindi un aspetto molto particolare che interessa l’apice ed i germogli secondari prodotti a seguito dell’accestimento della pianta. Le foglie così alterate oltre a presentarsi quasi completamente gialle e non correttamente distese, con elevata umidità relativa, soprattutto a livello della pagina fogliare inferiore, si ricoprono di un’efflorescenza di colore grigio tendente al bruno. La tracheofusariosi della margherita (Fusarium oxysporum f.sp. chrysanthemi), descritta per la prima volta in Italia alcuni anni fa nella zona di Albenga (SV), è un agente patogeno fungino particolarmente favorito dalle elevate temperature, caratteristiche della stagione estiva, e produce delle tracheopatie considerate molto dannose. La prevenzione è il principale metodo di lotta: infatti, la produzione di margherita per la produzione di vaso fiorito si basa, sull’impiego di materiale propagativo auto-prodotto in azienda, da piante madri, generalmente allevate a terra, sotto ombrari. In queste condizioni, vista la possibilità del patogeno di conservarsi anche per diversi anni nel terreno sotto forma di clamidospore, è necessario il ricorso all’uso della disinfestazione del terreno di coltivazione prima dell’impianto delle piante madri e porre la maggiore attenzione possibile nell’introdurre i propaguli durante le ripetute e frequentissime operazioni di taleggio, con attrezzi e manufatti infetti o il trasporto di terra infetta. 4.7 CONCLUSIONI La coltivazione di specie aromatiche e officinali rappresenta un settore di ridotta importanza nel contesto agricolo nazionale. Tuttavia, per la zona di Albenga esso rappresenta un settore di rilevante importanza per l’economia locale. L’esempio di Albenga ha dimostrato come il forte incremento della coltivazione di tali specie, anche per la produzione di piante in contenitore, abbia rapidamente favorito la comparsa e quindi la diffusione di patogeni scarsamente noti o, comunque, di scarso interesse. Certamente tra i fattori importanti ci sono, oltre che l’intensificazione colturale, anche la realizzazione di coltivazioni forzate. Una reale aggravante è, come già accennato, la scarsità di mezzi chimici di lotta registrati su tali colture e la necessità di soddisfare particolari esigenze di mercato (es. produzioni biologiche) che impongono di effettuare coltivazioni secondo protocolli produttivi ulteriormente restrittivi dal punto di vista dei mezzi chimici. BIBLIOGRAFIA Colla L., 2005. L’agricoltura dell’albenganese. Dimensione economica, interdipendenze, struttura aziendale e tipologie produttive. Ed. CCIAA Savona, 72 pagg. Ferrari M., 2001. Malattie e parassiti delle piante da fiore, ornamentali e forestali. Il Sole 24 Ore Edagricole, 2 voll, 1839 pagg. Scortichini M 1995. Le malattie batteriche delle colture agrarie e delle specie forestali. Edagricole, 436 pagg. 70 Capitolo 5 - CONCLUSIONI Pasquale Restuccia, Giovanna Mancini, Luca Incrocci, Alberto Pardossi Appare evidente che una corretta gestione dell’irrigazione e fertirrigazione è essenziale nell’agricoltura intensiva in quanto permette di ottenere piante di migliore qualità, ridurre la predisposizione allo sviluppo di malattie e, nel contempo, di diminuire i costi energetici e le perdite di acqua e nutrienti salvaguardando l’ambiente. Il progetto SEGIF, rivolto specificatamente alle colture aromatiche ed alla margherita ad alberello allevate in vaso nella piana di Albenga, ha prodotto e collaudato nuovi sistemi per il pilotaggio dell’irrigazione (volume e turno irriguo) e ha fornito precise conoscenze sulle esigenze nutrizionali delle principali specie di aromatiche coltivate ad Albenga, in modo da aumentare gli standard qualitativi della produzione e contemporaneamente ridurre al minimo l’impatto ambientale di queste coltivazioni. Il progetto ha chiaramente dimostrato che le nuove tecnologie per il controllo dell’irrigazione, in particolare l’uso di sensori dielettrici per il controllo dell’umidità del substrato, sono oramai robuste, economicamente convenienti e pronte ad essere introdotte nelle aziende disposte a fare investimenti su di esse, permettendo una maggiore accuratezza nell’irrigazione, risparmiando così acqua, divenuta una risorsa sempre più da preservare. Inoltre un’efficace gestione dell’irrigazione significa anche ridurre fortemente la lisciviazione di nutrienti e erbicidi, in particolare dell’azoto che in alcune zone della piana di Albenga è giunto a livelli preoccupanti nelle falde e nei corsi d’acqua superficiali. Lo studio condotto sulle esigenze nutrizionali delle aromatiche ha permesso di mettere in evidenza che la concimazione può essere ottimizzata alternando l’uso della fertirrigazione, da utilizzarsi nei mesi con scarsa piovosità e con alte temperature, all’uso di concimi a rilascio controllato (CRC), da utilizzare invece in inverno o nei periodi piovosi. La lotta antiparassitaria non ha visto l’introduzione di tecniche innovative negli ultimi anni, ma un attento monitoraggio dei dati climatici, risulta utile per poter individuare le condizioni meteorologiche predisponenti a malattie fungine, permettendo così di intervenire con misure agronomiche e trattamenti preventivi, sicuramente di minor impatto sulla coltura e sull’ambiente. Concludiamo con l’augurio che i protocolli e i consigli messi a punto e collaudati con il progetto SEGIF possano fornire un valido aiuto a tecnici e agricoltori della piana di Albenga e più in generale per tutti i florovivaisti Liguri per migliorare la competitività delle proprie aziende e la sostenibilità ambientale della loro attività produttiva. 71