di Molière versione italiana di Valerio Magrelli Madame Pernelle
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di Molière versione italiana di Valerio Magrelli Madame Pernelle
di Molière versione italiana di Valerio Magrelli Madame Pernelle, madre di Orgon Orgon Elmire, moglie di Orgon Damis, figlio di Orgon Mariane, figlia di Orgon Valère, innamorato di Mariane Cléante, cognato di Orgon Tartufo Dorine, dama di compagnia di Mariane Monsieur Loyal Un ufficiale di polizia Flipote, domestica di Madame Pernelle scena e costumi di Catherine Rankl musiche di Andrea Nicolini luci di Sandro Sussi regia di Marco Sciaccaluga produzione: Teatro Stabile di Genova Massimo Cagnina Eros Pagni Mariangeles Torres Gennaro Apicella Elisabetta Mazzullo Pier Luigi Pasino Antonio Zavatteri Tullio Solenghi Barbara Moselli Alberto Giusta Marco Avogadro Desirée Tesoro Storia del falso devoto raccattato sui gradini di una chiesa da un ricco borghese e da questo portato a insediarsi da padrone nella sua famiglia, Il Tartufo è una commedia dalla comicità travolgente che - come ricordava già Voltaire - fu giudicata a suo tempo opera scandalosa per essere poi ben presto interpretata come una lezione di morale. Quando, solo nel terzo atto, Tartufo entra in scena, lo spettatore sa ormai quasi tutto di lui, avendo assistito a come la sua presenza stia dividendo la famiglia di Orgon. Da una parte, ci sono il padrone di casa e sua madre Madame Pernelle; dall’altra tutti i personaggi, e con loro anche il pubblico, che vedono con la massima chiarezza l’ipocrisia del nuovo venuto. I temi centrali della commedia diventano, pertanto, quelli riguardanti le conseguenze nefaste cui “l’innamoramento” di Orgon per Tartufo sta conducendo la sua famiglia e le vie attraverso le quali l’ipocrisia del nuovo venuto può essere smascherata. E nel divenire di scene caratterizzate da una travolgente comicità, Molière costruisce con implacabile determinazione un “giallo” della coscienza, punteggiato da “delitti” contro la logica e la dignità, destinato a risolversi in un sorprendente happy end. Rappresentata per la prima volta nel 1664 al Teatro di Corte di Versailles con il titolo Le Tartuffe ou l’imposteur (tre atti destinati poi a diventare cinque), la commedia di Molière fu subito oggetto di una violenta campagna censoria da parte della congregazione dei “devoti”, sostenuti dalla regina madre; tanto che lo stesso re Luigi XIV fu costretto a intervenire per proibirne la rappresentazione. Tra suppliche dell’autore indirizzate al sovrano e rinnovati attacchi da parte dei benpensanti che erano molto forti a Corte, la querelle si protrasse per alcuni anni, sino a che nel 1669, anche perché i tempi ormai erano cambiati, il re concesse definitivamente l’autorizzazione a rappresentare la commedia, con un clamoroso successo nel Teatro del Palais Royal. Ipocrisia e disposizione a farsi illudere, sino a preferire il proprio sogno egotistico alle autentiche relazioni umane, sembrano sintonizzarsi sino a quando non giungono sull’orlo del tragico, in una azione scenica magistrale per risorse comiche. Note di Regia Prima ancora che Tartufo entri in scena, anche lo spettatore non ha alcun dubbio: la ragione sta tutta dalla parte di coloro che lo giudicano un impostore e un ipocrita. Lo spettatore sa chi è obnubilato (Orgon e sua madre) e chi invece vede (tutti gli altri). Molière non mette lo spettatore davanti a un caso morale e alla responsabilità di decidere chi ha torto e chi ha ragione. La verità sta con evidenza tutta da una parte, ma l'arte di Molière ci costringe a ridere del fatto che non basta vedere per non essere ciechi, costruendo il ridicolo proprio sullo scarto tra il pensiero e l'azione, che è presente anche nel raisonneur Cléante, al quale Molière affida evidentemente qualcosa di autobiografico. Il Tartufo è una commedia strutturata a suspense: il pubblico, come quasi tutti i personaggi, sa chi è l'assassino; ma, attraverso il comico, siamo tutti costretti a vivere nell'angoscia perché proprio colui che ha il potere in quella casa non se ne accorge, portando così la famiglia alla rovina. Ne Il Tartufo, il problema non è quello di distinguere il bene dal male, il vero dal falso; ma solo di sapere come andranno le cose, dopo che Orgon ha scelto di guarire dai suoi sensi di colpa, portandosi a casa un pericoloso avventuriero. Non c'è dialettica interna in questa commedia: c'è solo ciò che vi accade, la determinazione con cui Molière porta una Frammenti di Rassegna Stampa Una felice riproposta dell’immenso capolavoro di Molière. La magnifica compagnia, con punte di diamante in Eros Pagni e in Tullio Solenghi, valorizza l’arguta nuova versione di Valerio Magrelli in versi non privi, spesso, di rime spiritose. Masolino D’Amico - La Stampa ph - Ansaldi; Maritati situazione sino alle estreme conseguenze. Ma è proprio questo che insieme ci fa ridere e ci fa paura. Non c'è alcuna catarsi razionale in Orgon. Anche in Il Tartufo (come in L'avaro o in Il malato immaginario), a Molière riesce l'impresa grandiosa di rendere comica e interessante la stupidità umana. Marco Sciaccaluga Tullio Solenghi fa un Tartufo divertente ma non privo di livori, anche cupi, nel finale. Eros Pagni regala momenti inediti di tristezza indifesa. L’insieme diverte e molto. Margherita Rubino - Il Secolo XIX Una grande festa, ove l’intera compagnia canta i versi di Molière, fra i partecipi applausi della sala, conclude Il Tartufo. Imponenti e lussuose le scene e appropriati i costumi di Catherine Rankl. Resi Romeo - La Repubblica MARTEDÌ 31 MARzo, MERCoLEDÌ 1 e GIoVEDÌ 2 ApRILE 2015 oRE 20.45