Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla

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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla
Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Leonardo Bistolfi rappresenta una figura rilevante per l'arte italiana, interprete di un momento di passaggio
significativo verso l'arte moderna. Soprattutto, l'opera di Bistolfi si offre come espressione di una cultura
artistica sentitamente piemontese che in Piemonte ha lasciato tracce persistenti. È il caso, in particolare,
della scultura, ospitata presso la Galleria Sabauda, grazie al prestito del MART di Rovereto e che prelude alla
realizzazione di una tomba di famiglia a Cuneo.
La presenza di Bistolfi in Piemonte è documentata sia dalle numerose commissioni sia da quella
straordinaria raccolta di opere, in studio e preparatorie, terrecotte, disegni, bozzetti e modelli, conservati
presso la gipsoteca a lui dedicata a Casale Monferrato.
Per questa ragione, è sembrato opportuno affiancare alla Sfinge del 1892 presentata in Sabauda, due gessi
che permetteranno ai visitatori della Galleria di contestualizzare e confrontare l'opera, per la prima volta
accompagnata dagli studi preparatori.
Grazie al prestito del Mart e ai gessi della gipsoteca di Casale, la Galleria Sabauda, che a breve avrà nuovo e
definitivo assetto museografico all'interno del Polo Reale, si propone come luogo espositivo di eccellente
capacità propositiva, dal Rinascimento alla modernità.
Il Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte
Mario Turetta
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
La Galleria Sabauda riunisce oggi tre opere legate in vario modo a La Sfinge, un noto gruppo scultoreo di
Leonardo Bistolfi. Bistolfi, nativo di Casale Monferrato, è riconosciuto dalla critica moderna quale voce
autorevole e originale dell’universo figurativo italiano a cavallo tra XIX e XX secolo. Un artista senza confini,
che pure restò sempre e autenticamente piemontese. Infatti, sebbene abbia affrontato soggetti comuni alla
cultura europea e sia stato capace di affermare il proprio nome ben oltre i confini delle Alpi, mai egli
interruppe i legami con il territorio d’origine, dove si conservano ancora oggi sue prove estremamente
significative. In tale categoria rientra a pieno titolo La Sfinge, appunto, opera chiave del suo linguaggio
eseguita per la tomba della famiglia Pansa, nel cimitero di Cuneo, dove è tuttora visitabile.
Risulta dunque già adesso palese che un primo significato dell’iniziativa odierna si gioca sul moderno
rapporto fra Museo e territorio. In concreto, s’intendono porre in rilievo ed eventualmente riannodare alcuni
fili, alcuni valori di ordine culturale che legano la Galleria Sabauda al contesto piemontese. Sotto
quest’aspetto l’esposizione bene si inserisce nel percorso di osmosi, di mutuo scambio inaugurato con l’avvio
del trasferimento della Galleria dalla vecchia alla nuova sede. Tale percorso può schematicamente
riassumersi in due fasi. La prima fase ha visto la Sabauda aprirsi alle ragioni del territorio, facendo sì che le
sue collezioni si proiettassero su luoghi particolarmente qualificati della città o della regione: di qui per
esempio le mostre in collaborazione con la Reggia di Venaria o con la Pinacoteca dell’Accademia di Torino.
Ecco ora la seconda fase, caratterizzata da una polarità inversa. È la Galleria Sabauda, stavolta, a porre
l’accento su un capolavoro piemontese – La Sfinge nel cimitero di Cuneo, appunto – e conseguentemente ad
accogliere al proprio interno opere provenienti dal territorio, quali il gesso e la terracotta della Gipsoteca
Bistolfi di Casale Monferrato, o a farsi tramite e garante di un prestito di notevole importanza, il marmo in
deposito presso il MART di Rovereto.
La mostra getta poi un fascio di luce verso il futuro assetto espositivo della Galleria Sabauda, che sarà
caratterizzato da un’inedita sensibilità per le collezioni del XIX e del XX secolo. Un riferimento ormai
d’obbligo, dati il numero e l’importanza delle opere in Galleria attinenti a questo periodo – ben illustrati in
questo medesimo catalogo dal saggio della direttrice Anna Maria Bava – come pure i traguardi raggiunti in
questo campo dalla storiografia specifica. Nel nuovo allestimento vi sarà perciò spazio, ad esempio, per la
notevole serie di smalti realizzata nella prima metà del XIX secolo da Abrahm Constantin, non a caso
riportata all’attenzione del pubblico torinese già nel 2011 in occasione della mostra organizzata in Armeria
Reale per il restauro della loggia di Carlo Alberto. Ma non basta. Pari attenzione godranno alcuni autori
riconosciuti fra i più significativi del XX secolo, da Luigi Spazzapan agli esponenti del gruppo ricondotto
sotto il nome dei “Sei di Torino”, Carlo Levi, Enrico Paolucci, Francesco Menzio in testa.
Infine, l’iniziativa apre uno spiraglio verso le prospettive della Galleria Sabauda. Com’è noto, essa si deve al
forte spirito collaborativo stabilito fra la nostra Soprintendenza e la Direzione Regionale da un lato, alcune
forze vive del territorio piemontese – come le Amministrazioni Comunali di Casale Monferrato e di Cuneo –
e un istituto di ormai provato respiro internazionale, come il MART di Rovereto, dall’altro. Bene, sono
esattamente queste – ovvero le connessioni da stabilirsi volta per volta, sulla base di concreti progetti
culturali, con il territorio e con le realtà internazionali – le due direttrici di lavoro della Galleria Sabauda:
direttrici, nessi, prospettive che d’altronde risultano coerenti vuoi con il Polo Reale nel suo complesso, di cui
la Galleria è di fatto parte integrata e integrante, vuoi con la stessa Torino, una città che, senza gettare da
canto le qualità del proprio retaggio, negli ultimi anni si è impegnata per proporsi con forza sullo scacchiere
europeo e mondiale.
Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
Edith Gabrielli
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Come cittadino casalese sono lieto che la Soprintendenza per i beni storici artistici del Piemonte abbia scelto
dal MART di Rovereto una scultura di Leonardo Bistolfi quale opera d’arte da esporre nella prestigiosa sede
della manica nuova della Galleria Sabauda.
E come Sindaco della città di Casale Monferrato, e amministratore pubblico, ho l’onore di presiedere
l’istituzione museale cittadina che comprende, oltre alla ricca e prestigiosa Pinacoteca, un patrimonio unico:
la gipsoteca Bistolfi, uno spazio dedicato allo scultore casalese che raccoglie in cinque sale ben centosettanta
opere tra terrecotte, terrecrude, disegni, bozzetti e modelli in gesso, oltre ad alcuni marmi e bronzi che
permettono al visitatore di comprendere il percorso artistico di uno dei più importanti artisti del periodo
simbolista.
Della scultura esposta alla Galleria Sabauda, dal titolo La Sfinge, nella gipsoteca casalese conserva tutto il
lavoro preparatorio, avendo in esposizione, infatti, il bozzetto in terracotta della testa, grazie alla generosa
disponibilità degli eredi dello scultore, il bozzetto e il modello in gesso. È inoltre presente un interessante
dipinto di Giovanni Giani, che raffigura lo scultore in abiti da lavoro con la Sfinge alle spalle.
È con particolare gioia, quindi, che abbiamo accolto la richiesta del Soprintendente di trasferire
temporaneamente il bozzetto in gesso di proprietà civica e il bozzetto in terracotta con l’assenso del
proprietario, a cui esprimiamo la nostra affettuosa gratitudine, perché permetteranno ai visitatori di carpire
tutti i passaggi compiuti dall’artista per realizzare una così apprezzata opera.
Una scelta che si inserisce nei numerosi progetti per lo sviluppo e la valorizzazione del Museo Civico e della
Gipsoteca Bistolfi, che ho avviato nell’arco del mio mandato in qualità di Sindaco, in collaborazione con i
colleghi della Giunta, convinto dell’importanza che rivestono l’arte e la cultura sul territorio.
Per questo motivo, nonostante un momento non certo facile per le finanze degli enti locali, si è voluto
comunque investire sulla sede museale di Casale Monferrato: si è ampliato l’orario di apertura al pubblico a
24 ore settimanali - come previsto dagli standard museali regionali -, si sono concesse in prestito numerose
opere d’arte per prestigiose esposizioni nazionali e internazionali e si è proveduto, grazie a un contributo
della Regione Piemonte, alla recente ristampa dell’apprezzato e utile catalogo della Gipsoteca Bistolfi.
Accanto a tutto questo, come accennato in precedenza, è continuo e incessante il lavoro di valorizzazione del
patrimonio museale, con una particolare attenzione proprio all’illustre Leonardo Bistolfi: negli ultimi anni si
sono susseguite iniziative, manifestazioni, visite guidate e laboratori didattici incentrati sull’opera del grande
scultore, affinché l’arte di uno dei più importanti esponenti del simbolismo italiano possa continuare a
trasmettere, a distanza di un secolo, le emozioni che resero Bistolfi celebre in tutto il mondo.
Il Sindaco di Casale Monferrato
Giorgio Demezzi
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
La Città di Cuneo non può che complimentarsi e aderire con motivazione, nei contenuti e non per formalità,
all’iniziativa diretta e organizzata dalla Soprintendenza per i Beni storici artistici ed etnoantropologici del
Piemonte e volta a celebrare il genio di Leonardo Bistolfi, scultore prolifico e capace di lasciare - anche nel
nostro capoluogo - segni indelebili del suo personalissimo linguaggio artistico.
Grazie al generoso contributo della famiglia Pansa, già nell’anno 2002, sempre sotto l’egida del Ministero
competente e con la piena collaborazione dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Casale Monferrato e
del Museo Civico Gipsoteca Bistolfi, il Museo Civico di Cuneo ospitò e allestì l’evento espositivo dal titolo
“Leonardo Bistolfi (1859-1933). La sfinge al Cimitero Urbano di Cuneo. Narrazione di un restauro”, per
valorizzare il riuscito risanamento conservativo del “Monumento funebre della Famiglia Pansa”, capolavoro
scultoreo d’ambito cimiteriale del maestro simbolista, meglio noto come “La Sfinge”. Il nutrito riscontro
d’interesse e di pubblico che ne seguì fu l’ultima conferma dell’ottima riuscita della mostra e dell’importanza
dell’opera di Leonardo Bistolfi.
L’iniziativa culturale che ora si propone, nella prestigiosa sede della nuova Galleria Sabauda, coinvolge Enti,
Istituzioni e professionisti del settore di fama internazionale, dimostrando ancora una volta come la
complessità dell’attuale congiuntura socioeconomica non deve essere d’ostacolo allo svolgimento di
manifestazioni di ampio respiro, in omaggio a grandi personalità artistiche, perché esistono valori che solo la
Cultura e l’Arte con “le maiuscole” riescono a trasmettere con i loro specifici linguaggi.
L’originale interpretazione della poetica del simbolismo, di cui Leonardo Bistolfi è a buon diritto considerato
fra i maggiori scultori europei, è senza dubbio “messaggio” da divulgare e comprendere, con gli occhi e con la
mente, per ricostruire un passaggio centrale della nostra storia dell’Arte.
Un ringraziamento sentito e profondo va pertanto a tutti coloro che a vario titolo e con competenze diverse,
ma con grande professionalità e passione, hanno contribuito all’ottima riuscita dell’evento espositivo, della
sua promozione e del relativo catalogo. L’apporto di ciascuno è stato indispensabile.
Il Sindaco di Cuneo
Federico Borgna
L’Assessore per la Cultura
Alessandro Spedale
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Leonardo Bistolfi e l’enigma de La Sfinge
Alessandra Lanzoni
“Leonardo Bistolfi - lo scultore della morte - ha finalmente la soddisfazione di veder finita, collocata a
posto la sua grande opera, la figlia nella quale si è tanto compiaciuto. […] La Sfinge è andata ad
arricchire il camposanto di Cuneo, suscitando anche là l’ammirazione e l’impressione profonda che
aveva destato a Torino in tutti coloro che ebbero la fortuna di contemplarla quando ancora era nello
studio del fortissimo artista” 1.
È il 1° novembre 1892 quando si inaugura nel cimitero di Cuneo la monumentale dedica funeraria che lo
scultore casalese concepisce nel 1889 su commissione dell’imprenditore Pansa come sepolcro per la sua
famiglia2.
Considerato tra le opere cardine nella produzione di Bistolfi, il monumento cuneese, meglio noto come La
Sfinge, segna il passaggio dalle giovanili espressioni veriste di area scapigliata alle poetiche di matrice
simbolista che, sia pure con declinazioni diverse, si andavano affermando in gran parte dell’Europa a
partire dagli anni ottanta dell’Ottocento.
Bistolfi così racconta nel 1896 alla giornalista inglese Helen Zimmern la genesi e lo stesso titolo dell’opera:
“L'idea originale era di rappresentare con una figura simbolica la Morte, la Morte come la vediamo noi
moderni; anche se non versiamo lacrime per le crudeli pene del fuoco dell'Inferno del Padre Eterno,
siamo sempre disturbati ed inquietati dal pensiero inafferrabile dell’infinito sconosciuto. Nell'esprimere
questa idea, quasi incoscientemente, e certamente senza premeditazione, la figura della Morte assumeva
l'aspetto di una sfinge” 3. Seduta su un alto trono a gradini una donna dallo sguardo lontano e dalle
membra raggelate è avvolta fino a terra da un ampio mantello. Le mani ossute e rigide come artigli sono
posate sulle ginocchia. Al rigoglio, sulla sinistra, di elementi floreali dall’evidente significato simbolico papaveri, crisantemi e gigli - e resi con sapiente virtuosismo tecnico si oppone, sulla destra, uno spazio
vuoto che visualizza il passaggio dalla vita alla morte.
Se lo studio della futura collocazione dell’opera nel cimitero giocò sicuramente un ruolo nell’esasperazione
delle proporzioni allungate della figura, la costruzione ieratica e frontale della donna è fatta risalire dalla
critica alla fascinazione esercitata sullo scultore dall’arte egizia. Sandra Berresford cita in proposito la
statua seduta di Thutmosi III, conservata presso il Museo Egizio di Torino4. Il soggetto prescelto, inoltre, si
inquadra perfettamente in quel repertorio di “donne fatali” che percorre l’intero universo simbolista nelle
sue varie declinazioni – sirene, chimere, ondine - sia nelle arti figurative che in letteratura5. Ma la Sfinge è
anche “il tributo più elevato offerto alla cultura lombrosiana”, come sostiene Walter Canavesio6: la
frequentazione del cenacolo torinese nato intorno all’affascinante personalità di Cesare Lombroso si rivela,
1
M. dell'Oro Hermil, La Sfinge, in «Gazzetta del Popolo della Domenica», 30 ottobre 1892, anno X, n. 44, p. 421.
Ricordiamo che l’opera costò la considerevole somma di 90.000 lire.
3
Leonardo Bistolfi a Helen Zimmern, 1896, in S. Berresford (a cura di), Leonardo Bistolfi 1859-1933. Il percorso di
uno scultore simbolista, catalogo della mostra (Casale Monferrato, Chiostro di Santa Croce, 5 maggio – 17 giugno
1984), Casale Monferrato 1984, p. 65.
4
S. Berresford, Leonardo Bistolfi 1984, p. 64. Per un approfondimento sul tema si veda il saggio di W. Canavesio, Una
Sfinge simbolista tra scultura e letteratura, in B. Signorelli, P. Uscello (a cura di), Egittologia in Piemonte, Torino
2004, pp. 99-123.
5
Si ricorda in proposito Fosca (1839), il romanzo scapigliato di Iginio Ugo Tarchetti.
6
W. Canavesio, Leonardo Bistolfi e il “Poema della Morte”, in P. G. Dragone, Pittori dell’Ottocento in Piemonte. Arte
e cultura figurativa 1895-1920, Torino 2003, p. 111 (pp. 110-116).
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
infatti, fondamentale per le sue implicazioni spiritualiste e per le discussioni intorno alle esperienze oltre i
limiti della esistenza terrena.
Il marmo esposto in mostra, appartenente a una collezione privata e attualmente in deposito presso il
MART - Museo di Arte contemporanea di Trento e Rovereto, costituisce uno dei tasselli di questa vicenda
artistica. Mentre il bozzetto in gesso dell’opera e il modello in terracotta della testa della figura femminile
appartenenti alla Gipsoteca Leonardo Bistolfi di Casale Monferrato - anch’essi esposti in questa occasione sono da tempo ritenuti elementi preparatori alla realizzazione del complesso del cimitero di Cuneo7, la
genesi del marmo è ancora oggetto di indagini. La data di realizzazione sembra essere plausibilmente
ravvicinabile al 1892, ma il livello di finitezza esecutiva e la quasi sovrapponibilità dimensionale con il gesso
di Casale lasciano emergere una duplice ipotesi. L’opera potrebbe infatti considerarsi un modello
definitivo, e più dettagliato del bozzetto in gesso, da presentare alla famiglia Pansa o identificarsi come una
replica in scala ridotta del capolavoro bistolfiano8. Ipotesi, questa, supportata dall’alta qualità della
realizzazione e dalla scelta del materiale pregiato, piuttosto raro per un bozzetto. L’immediato successo di
pubblico e di critica che accompagnò immediatamente l’opera sembrerebbe avvalorare la tesi della
richiesta di una seconda versione del monumento.
La consapevolezza di aver inaugurato con la Sfinge una stagione nuova era comunque ben presente
nell’artista, tanto che il figlio Lorenzo afferma nel 1937: “Egli sentiva che la ‘Sfinge’ avrebbe dovuto
affermare i suoi sogni ed alla creazione dedicò tutta la fiamma della sua passione”9.
Il viso di donna raffigurato, come dichiara l’artista, è inoltre riconducibile a quello di Maria Gusberti, che
Bistolfi avrebbe sposato poco tempo dopo, nel 1893: “Io volli, in quel volto, imprimere i segni rivelatori
della creatura che offerse al mio sacrificio tutte le forze della passione di donna e di madre, diventando
essa pure l'anima della mia anima”10. È un volto ormai pacificato, che guarda l’aldilà, mentre le mani
ancora tentano di aggrapparsi alla vita.
La Sfinge è dunque un enigma moderno: la materializzazione delle inquietudini e delle perplessità
dell’uomo in merito alle spiegazioni scientifiche fornite dal diffondersi, in quegli anni, delle teorie
positiviste. È la personificazione del momento del trapasso e la consapevolezza dell’impenetrabilità del
mistero della morte, di cui la Sfinge è guardiana.
“La pura bellezza, quasi immateriale, splende in volto a quest’immagine della morte. […] Sul viso di
questa Morte, non è il terrore con cui gli antichi la dipingevano. Pare che inviti ad andare a lei, e mentre
le sue mani quasi s’alzano ad afferrarti, la serenità dei suoi lineamenti pare prometterti pace infinita,
l’ebbrezza di non sentirsi soffrire. Una doppia sensazione passa su quel volto, colpito nell’istante de
distacco supremo. Le ultime fibre della vitalità si staccano ancora; l’essenza umana trasmigra lontano, e
tutta la fisionomia vibra nell’intensità psichica della separazione, mentre la materia si sprofonda nella
serenità del nulla, nella beatitudine del riposo”11.
7
Si confronti in proposito in G. Mazza (a cura di), La Gipsoteca Leonardo Bistolfi, Savigliano 2001, pp. 68-69
(ristampa aggiornata 2013.
8
Si veda in proposito Alfonso Panzetta, in Nuovo dizionario degli scultori italiani dell'Ottocento e del primo
Novecento, Torino 2003, vol. I., p. 161.
9
Leonardo Bistolfi, lettera al senatore Galimberti, 9 settembre 1937 (documentazione in copia presso l’Archivio del
Museo Civico di Cuneo, faldone Mostra “La Sfinge”). Si ringraziano per la disponibilità la conservatrice del Museo
Civico di Cuneo Michela Ferrero e tutto il personale del Museo.
10
Leonardo Bistolfi, 1940 in S. Berresford, Leonardo Bistolfi 1984, p. 64.
11
Cesare Sobrero, in «Gazzetta del Popolo della Domenica», 30 ottobre 1892 , p. 13.
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Leonardo Bistolfi, Monumento Funerario Pansa detto La Sfinge, 1892.
Cuneo, Cimitero
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Leonardo Bistolfi, Monumento Funerario Pansa detto La Sfinge, 1892 (particolare).
Cuneo, Cimitero
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I bozzetti de La Sfinge e la Gipsoteca Leonardo Bistolfi a Casale Monferrato
Alessandra Montanera
“Quando devo cominciare un’opera, sento quel che ho dentro di me, ma non lo so. Più che un’ispirazione,
ho un desiderio. Con la matita o col carbone non potrei cercare di definirlo; ci riesco qualche volta, di rado,
per un bassorilievo o una medaglia. Ma per una statua, per un gruppo, per un monumento ho bisogno
della creta, del bel monte di creta sul mio trespolo. Non ho mai avuto un’idea separata dalla forma”. Con
queste, illuminanti, parole Leonardo Bistolfi illustrava a Ugo Ojetti la genesi delle proprie opere, attraverso
il personale approccio alla materia e le modalità di trasposizione dell’idea nella tridimensione. E
proseguiva dichiarando che “le mie mani cercano, frugano in quella creta morbida e duttile […] e d’un
tratto, nelle masse di luce e d’ombra suscitate dalle mie dita, intravedo la meta, l’opera mia”12. Certo, il
percorso per giungere alla realizzazione finale dell’opera, in marmo o in bronzo, sarebbe stato ancora lungo
e meditato, ma è nel bozzetto plasmato in argilla, plastilina o terracruda, in cui si ritrova concentrato tutto
l’afflato artistico dello scultore. È da lì, da “quel bel monte di creta”, che tutto ha inizio, in un assolo artistico
che verrà poi sviluppato coralmente, con il contributo delle maestranze specializzate – dei formatori,
fonditori, marmisti - addette esclusivamente all’esecuzione.
Non è nell’approccio diretto ed estemporaneo alla materia che si esplicita il modus operandi dello scultore,
fatto invece di passaggi graduali - dal bozzetto al modello - che conducono alla realizzazione dell’opera
finale. Sono questi, veri e propri “materiali di lavoro”, che a lungo sono stati oggetto di un’ingiusta
damnatio memoriae, responsabile ancora oggi delle difficoltà che le gipsoteche incontrano nella corretta
fruizione da parte del grande pubblico, spesso confuse come raccolte di “calchi” o “repliche”. Al contrario,
questi luoghi svelano e permettono di penetrare nel mistero della creazione artistica dello scultore. E la
“Gipsoteca Leonardo Bistolfi” di Casale Monferrato può essere presa a paradigma di tutto ciò.
A soli quattro anni dalla morte dello scultore, in città, già se ne auspicava la costituzione e l’anno dopo, nel
1938, si rendeva omaggio al grande artista simbolista con una mostra retrospettiva promossa da Camillo
Venesio, il banchiere casalese, che vent’anni più tardi, in concomitanza con il venticinquesimo anniversario
della morte dello scultore, avrebbe poi donato il primo nucleo di materiali – un centinaio di pezzi in tutto –
destinato all’apertura della Gipsoteca.
Vicende conservative travagliate, hanno messo a dura prova la sopravvivenza stessa di molti, preziosi,
materiali, giungendo solo con gli anni ‘70 del secolo scorso, complice la riscoperta di Leonardo Bistolfi da
parte della critica, ad azioni di valorizzazione che, nel decennio successivo, si sarebbero concretizzate con
l’attuazione di una prima, sistematica, campagna di restauro13. A cinquant’anni dalla morte dell’artista,
Casale Monferrato celebrava il suo illustre cittadino con una mostra curata da Rossana Bossaglia e Sandra
Berresford e la pubblicazione di un catalogo, un vero e proprio repertorio completo delle opere, all’epoca
note, che rimane, ancora oggi, un importante riferimento per gli studi bistolfiani14. Bisognava tuttavia
attendere altri dieci anni con la riapertura del Museo Civico15, nel 1995, negli spazi dell’ex convento
12
U. Ojetti, Ritratti di artisti italiani, Milano 1911, pp. 132-133, citato in L. Somaini, Il disegno di Bistolfi.
Considerazioni sul laboratorio di uno scultore simbolista, in G. Mazza (a cura di), La Gipsoteca Leonardo Bistolfi,
Savigliano 2001, p. 20 (ristampa aggiornata 2013).
13
Per un maggiore approfondimento delle vicende storiche e conservative si veda G. Mazza, La Gipsoteca Leonardo
Bistolfi, in G. Mazza (a cura di), La Gipsoteca 2001, pp. 47-52.
14
S. Berresford (a cura di), Leonardo Bistolfi 1859-1933. Il percorso di uno scultore simbolista, catalogo della mostra
(Casale Monferrato, Chiostro di Santa Croce, 5 maggio – 17 giugno 1984), Casale Monferrato 1984.
15
G. Mazza, C. E. Spantigati (a cura di), Le collezioni del Museo Civico di Casale Monferrato. Catalogo delle opere
esposte, Casale Monferrato 1995. A pag. 161 fornisce una breve presentazione della Gipsoteca, rimandando al catalogo
di Berresford del 1984.
14
Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
agostiniano di Santa Croce, per offrire definitivamente alla fruizione pubblica la collezione di Camillo
Venesio, arricchita nel tempo di altre opere, grazie alla generosa e sensibile partecipazione di Andrea
Bistolfi, nipote dello scultore, con importanti donazioni e depositi. Oggi, dopo l’ultimo incremento del
200116, le cinque sale della Gipsoteca ospitano più di centosettanta opere tra terrecotte, disegni, plastiline,
terrecrude, bozzetti e modelli in gesso, oltre ad alcuni marmi e bronzi.
L’attuale allestimento della Gipsoteca, grazie all’organicità dei materiali e all’assetto museologico e
museografico conferitole, permette di ripercorrere ed evocare la genesi di molte opere e di comprendere le
varie fasi del procedimento artistico17. È questo il caso - anche - del “Monumento funerario Pansa” di
Cuneo, meglio noto come La Sfinge, il cui iter creativo è testimoniato dalla prima fissazione del particolare
della testa nel bozzetto in terracotta, dal modello complessivo in gesso e dal particolare del calco di parte
del modello18. È noto che il monumento conobbe, fin da subito, una notevole fortuna critica, riconoscendo
in esso un precoce esempio di quel “poema della morte”19 che emblematicamente segnerà il passaggio dai
primi lavori veristi di Bistolfi ad una ricerca tesa all’elaborazione di una nuova sintassi della forma. Non a
caso, il pittore Giovanni Giani, nel dipinto oggi conservato nella Gipsoteca casalese, sceglierà di ritrarre
Bistolfi, a mezza figura, proprio di fronte all’opera da poco conclusa, come a ribadirne l’importanza assunta
nel percorso artistico dell’artista.
Il caso della tomba Pansa non può che contribuire a ribadire il ruolo che la Gipsoteca casalese viene ad
assumere nei confronti di tutta la creazione artistica bistolfiana e restituire ai materiali, unici ed eterogenei,
in essa conservati, il ruolo primario di veri e propri “archives du sculpteur”20.
16
Al 2001 risale l’allestimento della “Sala V” della Gipsoteca e la pubblicazione del catalogo delle opere esposte, G.
Mazza (a cura di), La Gipsoteca 2001.
17
G. Mazza e C. E. Spantigati, L’ordinamento della Gipsoteca, in G. Mazza, La Gipsoteca Leonardo Bistolfi, in G.
Mazza Mazza (a cura di), La Gipsoteca 2001, pp. 53-55.
18
I materiali citati sono attualmente esposti in “sala 1”. Cfr. G. Mazza (a cura di), La Gipsoteca 2001, pp. 68-69.
19
W. Canavesio, Leonardo Bistolfi e il “Poema della Morte”, in P.G. Dragone, Pittori dell’Ottocento in Piemonte. Arte
e cultura figurativa 1895-1920, Torino 2003, pp. 110-116. Si segnala, tra gli scritti critici che si sono occupati della
Tomba Pansa di Cuneo, M. Vinardi, Bistolfi. Scultura come visione, in “Ricerche di storia dell’arte”, 109, 2013, pp. 1830, in cui sono state pubblicate alcune fotografie storiche della Sfinge, tratte dal Fondo Carrara, donato al Museo Civico
di Casale Monferrato nel 2008, di cui si dava già riscontro in P. Soffiantino, I contatti tra Leonardo Bistolfi e la
famiglia Lombroso: tangibili e plasmati indizi, in S. Montaldo, P. Trappero, Il Museo di antropologia criminale
“Cesare Lombroso”, Torino 2009, p. 142 (n).
20
A. Pingeot, Bistolfi, au loin de son pays, in G. Mazza (a cura di), ), La Gipsoteca 2001, pp. 39-44.
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Leonardo Bistolfi, La Sfinge, bozzetto in terracotta della testa per il monumento Pansa, Cuneo, 18901892.
Casale Monferrato, Museo Civico e Giposteca Bistolfi, deposito Andrea Bistolfi.
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Leonardo Bistolfi, La Sfinge, bozzetto in gesso del Monumento Pansa, Cuneo, 1890-1892.
Casale Monferrato, Museo Civico e Gipsoteca Bistolfi, inv. 338.
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Leonardo Bistolfi nel territorio di Casale Monferrato
Giorgio Ettore Careddu
La Gipsoteca Leonardo Bistolfi di Casale Monferrato, annessa al Museo Civico, custodisce il più ingente
nucleo di opere dell’artista casalese allestite, per lo più, in cinque sale del piano terra, nella sede dell’ex
convento di Santa Croce21. La maggior parte delle opere fanno parte della collezione di Camillo Venesio,
donata alla Città nel 1958 e in seguito incrementata soprattutto grazie alle donazioni e ai deposti di Andrea
Bistolfi, nipote di Leonardo, avvenuti a partire dal 1984. Negli anni 1994 e 1995, in vista dell’apertura della
Gipsoteca, fu effettuata un’importante campagna conservativa, condotta sotto la direzione della
Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte e ad opera dallo Studio
Gabrieli e Traversi di Bergamo, che portò al restauro di numerosi bozzetti e modelli in gesso, tipologia assai
trascurata in passato in quanto considerata, ingiustamente, di minore importanza rispetto all’opera ultima.
Oltre al patrimonio della Gipsoteca, la Città di Casale e il territorio circostante custodiscono ulteriori
testimonianze dell’artista, molte delle quali si trovano in spazi aperti, che consentono di ripercorrere la sua
vicenda evolutiva22.
Agli anni giovanili, contraddistinti dall’esecuzione di numerosi ritratti di personaggi illustri, è da ricondurre
la scultura a Urbano Rattazzi (1883-87), sita nella piazza omonima23. L’opera, di impostazione
tradizionale, è stata restaurata nel 2009 ponendo rimedio all’avanzato stato di degrado nella quale versava.
È possibile ripercorre la genesi del monumento, realizzato in bronzo e con piedistallo in granito rosso di
Baveno, grazie ai documenti conservati presso l’Archivio Comunale di Casale tra i quali è presente il
contratto di affidamento dell’opera.
Agli ultimi due decenni dell’Ottocento risalgono, poi, l’esecuzione di tre sculture, conservate nel porticato
di Palazzo San Giorgio, sede del Municipio, che ritraggono personaggi legati alla storia di Casale: si tratta
della lapide commemorativa in marmo bianco per l’artista Giovanni Cabria del 1887 e di due busti in
bronzo, uno del 1896 ad Aristide Oggero, Sindaco di Casale dal 1870 al 1878 e uno ad Alessandro Savio del
1898-99, magistrato e anch’esso Sindaco, del quale la Gipsoteca custodisce il modello24. Sempre in tema di
personaggi illustri si trova, in Viale Piave, il monumento del 1890 a Giuseppe Antonio Ottavi, noto
agronomo del XIX secolo, in bronzo (busto e tondi) e marmo (basamento). La Gipsoteca ci aiuta anche in
questo caso a capire il modo di operare dello scultore in quanto conserva un piccolo bozzetto e i quattro
modelli in gesso dei tondi posti nel basamento, con la raffigurazione di putti simboleggianti le Stagioni25.
21
La Gipsoteca di Leonardo Bistolfi (nota redazionale), in Le Collezioni del Museo Civico di Casale. Catalogo delle
opere esposte, a cura di G. Mazza e C. Spantigati, Tortona 1995, p. 162; G. Mazza (a cura di), La Gipsoteca Leonardo
Bistolfi, Savigliano 2001, p. 20 (ristampa aggiornata 2013); G. Mazza (a cura di), 100 anni Museo Civico Casale
Monferrato, Chivasso 2010.
22
R. Bossaglia, Bistolfi Scultore Simbolista, in S. Berresford (a cura di), Leonardo Bistolfi 1859-1933. Il percorso di
uno scultore simbolista, catalogo della mostra (Casale Monferrato, Chiostro di Santa Croce, 5 maggio – 17 giugno
1984), Casale Monferrato 1984, pp. 11-18; S. Berresford, Bistolfi e il “Bistolfismo”, in S. Berresford (a cura di), Bistolfi
1984, pp. 19-23; R. Bossaglia, Bistolfi: la scultura come trasfigurazione della materia, in G. Mazza (a cura di), La
Gipsoteca 2001, pp. 9-16; A. Panzetta, Nuovo dizionario degli scultori italiani dell’Ottocento e del Primo Novecento,
Torino 2003, vol. I, pp. 94-95, ill. p. 161; R. Bossaglia, Bistolfi itinerario delle opere e dei monumenti di “Leonardo
Bistolfi”, in Casale Monferrato, (pieghevole a cura del Museo Civico della Città di Casale Monferrato), Villanova
Monferrato.
23
S. Berresford, Repertorio opere scultoree, in S. Berresford (a cura di), Bistolfi 1984, pp. 250-251, III.4.
24
S. Berresford, Repertorio opere scultoree, in S. Berresford (a cura di), Bistolfi 1984, p. 251, III.6, p. 254, III.14 e 15;
G. Mazza (a cura di), La Gipsoteca 2001, p. 161.
25
S. Berresford, Repertorio opere scultoree, in S. Berresford (a cura di), Bistolfi 1984, p. 252, III.8; G. Mazza (a cura
di), La Gipsoteca 2001, pp. 66-67 e p. 161.
18
Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Diversi monumenti di Bistolfi si trovano nel cimitero di Casale Monferrato, che custodisce anche le sue
spoglie (cippo per Giuseppe Olearo del 1886 - cappella sepolcrale per Andrea Nicola e Famiglia del 1894 monumento sepolcrale per i coniugi Cova del 1904 ca. - lapide funeraria Aliora del 1909-1913)26. Tali
lavori, tra i quali spicca la cappella Nicola, già realizzata secondo il gusto liberty, si inseriscono nella vasta
produzione di gruppi cimiteriali che darà vita anche ad autentici capolavori come la “Sfinge” per la famiglia
Pansa del cimitero di Cuneo27.
Gli anni Novanta, vedono emergere appieno lo stile bistolfiano caratterizzato da un linguaggio espressivo
volto al Simbolismo. È a questo periodo che risale l’esecuzione delle sedici statue site nella cappella XVI
“Salita di Gesù al Calvario” al Sacro Monte di Crea (1892-1895), una delle poche opere di soggetto sacro,
realizzate in una pasta di sabbia e calce e dipinte grazie anche all’apporto del pittore Giovanni Giani28.
Esposto nello scalone di Palazzo San Giorgio troviamo anche il maestoso modello in gesso del celebre
monumento funebre marmoreo per Giovanni Segantini a Saint-Moritz, “La bellezza liberata dalla
materia”, noto come “L’Alpe”, realizzato nel 1906 dopo la morte del pittore, nel quale viene svolto il tema
della trasfigurazione del corpo, tipico della produzione di Bistolfi29.
Un’altra testimonianza presente nel territorio è la lapide per il Generale Finazzi del 1907 di Villanova
Monferrato, realizzata in marmo e il cui modello in gesso della parte destra, con la raffigurazione di tre
soldati, è allestita nella Gipsoteca30.
Nei pressi del Museo Civico, in via Cavour e all’interno del cortile di Santa Croce sono da menzionare due
opere: la targa commemorativa per Ottavio Ottavi (figlio di Giuseppe Antonio e anch’esso agronomo),
bassorilievo bronzeo del primo decennio del Novecento31 e la trasposizione in bronzo della statua “Verso la
luce: la Morte”, riferita al monumento funerario Abegg di Zurigo (1912-1913), del quale la Gipsoteca
conserva il bel modello in gesso colorato32.
Nell’importante monumento dei Caduti (1925-1928), ubicato nei giardini pubblici di Casale, il linguaggio
maggiormente naturalistico utilizzato nella fase matura è soprattutto evidente nella figura della Primavera
Italica, realizzata con tratto fluido e armonioso. Il complesso, restaurato nel 1999 è a forma di esedra, con
quattro cariatidi in marmo bianco e le celebri statue in bronzo raffiguranti, appunto, la Primavera italica
che scende la scalinata e il Fante33.
26
Dinnanzi alla tomba di Bistolfi è posta una copia del “Cristo cammina sulle acque” (Piazzola sul Brenta 1986-1899)
della quale nella Gipsoteca di Casale sono allestiti il bozzetto in terracotta, il modello e il calco della testa. Cfr.: S.
Berresford, Repertorio opere scultoree, in S. Berresford (a cura di), Bistolfi 1984, p. 298; G. Mazza (a cura di), La
Gipsoteca 2001, pp. 76-77.
27
S. Berresford, Repertorio opere scultoree, in S. Berresford (a cura di), Bistolfi 1984, p. 220, II.4, p.222, II.11, p.232,
II.35, p.239, II.59.
28
S. Berresford, Repertorio opere scultoree, in S. Berresford (a cura di), Bistolfi 1984, pp. 296-297, VI.3; Le Cappelle
del Sacro Monte di Crea (a cura del personale del Parco Naturale del Sacro Monte di Crea), in Sacro Monte di Crea, a
cura di A. Barbero e C. Spantigati, Alessandria 1998, p. 163.
29
Di tale opera nella prima sala della Gipsoteca sono esposti il primo e il secondo modello. Cfr.: S. Berresford,
Repertorio opere scultoree, in S. Berresford (a cura di), Bistolfi 1984, p.227; S. Berresford e R. Bossaglia, Opere
scultoree, in S. Berresford (a cura di), Bistolfi 1984, pp.79-82; G. Mazza (a cura di), La Gipsoteca 2001, p. XI.
30
S. Berresford, Repertorio opere scultoree, in S. Berresford (a cura di), Bistolfi 1984, p. 263, III.48; G. Mazza (a cura
di), La Gipsoteca 2001, p. 115.
31
S. Berresford, Repertorio opere scultoree, in S. Berresford (a cura di), Bistolfi 1984, p. 270, III.68.
32
La Gipsoteca conserva anche, del medesimo monumento, il modello della statua “Verso la luce: la Vita”. Cfr.: S.
Berresford, Repertorio opere scultoree, in S. Berresford (a cura di), Bistolfi 1984, p. 240, II.63; S. Berresford e R.
Bossaglia, Opere scultoree, in S. Berresford (a cura di), Bistolfi 1984, pp. 117-118; G. Mazza (a cura di), La Gipsoteca
2001, p. 102 e p. XI.
33
Nella Gipsoteca di Casale sono conservati il modello del Fante, due bozzetti della Primavera italica (uno dei quali in
bronzo), uno di cariatide e uno dell’intero monumento. Cfr.: S. Berresford, Repertorio opere scultoree, in S. Berresford
(a cura di), Bistolfi 1984, p.278, III.94; S. Berresford e R. Bossaglia, Opere scultoree, in S. Berresford (a cura di),
Bistolfi 1984, p.130; G. Mazza (a cura di), La Gipsoteca 2001, p. 153 e p.164.
19
Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Leonardo Bistolfi, Monumento ai Caduti
Casale Monferrato
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Leonardo Bistolfi, Monumento ai Caduti, La Primavera Italica (particolare)
Casale Monferrato
21
Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Le collezioni della Galleria Sabauda: l’Ottocento
Anna Maria Bava
Le raccolte della Galleria Sabauda annoverano un interessante nucleo di opere ottocentesche di pittura e di
scultura, rappresentative della cultura figurativa piemontese del tempo e delle scelte collezionistiche dei
Savoia34. Si tratta soprattutto di testimonianze significative di primo Ottocento, legate al gusto e agli
interessi artistici di Vittorio Emanuele I (di cui conserva il ritratto marmoreo, opera di Giacomo Spalla, che
nel 1819 viene nominato dal re responsabile della scuola di scultura all’Università di Torino), agli
orientamenti figurativi di Carlo Felice e alle acquisizioni di Carlo Alberto, principe di Savoia Carignano35;
esempi pregnanti di quei vivaci anni culturali che precedono l’istituzione della Reale Galleria, inaugurata
ufficialmente da Carlo Alberto il 2 ottobre 1832, dopo la quale invece gli acquisti si orienteranno, per la
maggior parte, verso un arricchimento delle collezioni con opere esemplificative del Rinascimento italiano.
Il rinnovamento dell’Accademia delle Belle Arti di Torino, in particolare del suo corpo docente, voluto da
Carlo Felice negli anni della Restaurazione, è ben rappresentato da tele come Il rimorso di Caino, datato
1817, e La predicazione del Battista di Giovanni Battista Biscarra, opere che testimoniano l’adesione
dell’artista, futuro direttore e riformatore dell’Accademia torinese, alla cultura neoclassica romana, o Il
Cristo della moneta del casalese Carlo Sapelli, eseguito a Roma nel 181936.
Di notevole interesse è la serie di acquerelli su carta raffiguranti battaglie, paesaggi e vedute del torinese
Giuseppe Pietro Bagetti, artista di calibro internazionale, molto apprezzato anche presso la Corte sabauda,
dalla quale ricevette durante tutto il corso della sua carriera incarichi di primo piano37.
Un’atmosfera diversa si respira invece in due vedute urbane con scorci di Milano e Venezia
dell’alessandrino Giovanni Migliara, eseguite presso il capoluogo lombardo intorno al 1814; esempi
significativi del vedutismo di età romantica, i due dipinti di piccolo formato si rifanno ai grandi modelli del
genere e, sulla scia dei capricci settecenteschi, uniscono elementi realistici a particolari fantastici attraverso
34
Guide brevi della Galleria Sabauda. Terzo settore. Collezioni dinastiche: Da Carlo Emanuele III a Carlo Felice
1730-1831, Torino 1991; P. Astrua, Collezioni dinastiche. Da Carlo Emanuele III a Carlo Felice (1730-1831), in P.
Astrua, C. E. Spantigati (a cura di), La Galleria Sabauda di Torino, Milano 2000, pp. 74-75; P. Astrua, A. M. Bava e C.
E. Spantigati, Il progetto museologico: i settori espositivi nello sviluppo del percorso museale, in P. Astrua, C. E.
Spantigati (a cura di), La Galleria Sabauda di Torino. Dal Collegio dei Nobili alla Manica Nuova di Palazzo Reale,
Torino 2012, pp. 174-176.
35
Per la cultura figurativa di questi anni si vedano: Cultura figurativa e architettonica negli Stati del Re di Sardegna,
1773-1861, catalogo della mostra a cura di E. Castelnuovo e M. Rosci, 3 voll., Torino 1980; S. Pinto (a cura di), Arte di
corte a Torino da Carlo Emanuele III a Carlo Felice, Torino 1987; F. Dalmasso, La pittura in Piemonte nella prima
metà dell’Ottocento, in E. Castelnuovo (a cura di), La pittura in Italia. L’Ottocento, I, Milano 1991; Roma Torino
Parigi 1770-1830, catalogo della mostra a cura di G. Romano, Torino 1993; P. Dragone (a cura di), Pittori
dell’Ottocento in Piemonte. Arte e cultura figurativa 1800-1830, Torino 2002; G. Romano (a cura di), Diplomazia
Musei Collezionismo tra il Piemonte e l’Europa negli anni del Risorgimento, Torino 2011.
36
M. Tomiato, Giovanni Battista Biscarra, in P. Dragone (a cura di), Pittori dell’Ottocento in Piemonte. Arte e cultura
figurativa 1800-1830, Torino 2002, pp. 316-317, con bibliografia precedente.
37
Per le opere di Bagetti conservate presso la Galleria Sabauda si confronti: P. Astrua, Fortuna di Giuseppe Pietro
Bagetti ed alcune indicazioni in margine alla cultura figurativa in Piemonte, tra topografia militare, architettura e
pittura di paesaggio, in Cultura figurativa e architettonica negli Stati del Re di Sardegna, 1773-1861, catalogo della
mostra a cura di E. Castelnuovo e M. Rosci, Torino 1980, I, pp. 232-286; S. Pinto, Affermazione europea di Giuseppe
Pietro Bagetti e Giacomo Spalla, in S. Pinto (a cura di), Arte di corte a Torino da Carlo Emanuele III a Carlo Felice,
Torino 1987, pp. 115-119; Giuseppe Pietro Bagetti, catalogo della mostra a cura di M. Viale Ferrero, Torino 2000; M.
Tomiato, Giuseppe Pietro Bagetti, in P. Dragone (a cura di), Pittori dell’Ottocento Torino 2002, pp. 311-313, con
bibliografia precedente.
22
Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
ricercati contrasti di luce38. Alle due opere si affianca una piccola raccolta di paesaggi e vedute
architettoniche appartenenti alla sua produzione, acquistati nel 1865 presso la pittrice Teodolinda
Migliara, figlia dell’artista.
Ancora per quel che concerne la pittura di paesaggio, genere che in Piemonte godette di particolare fortuna
durante tutto il secolo39, la Galleria Sabauda ospita apprezzabili esiti dell’attività pittorica di Massimo
d’Azeglio (direttore del museo dal 1854 al 1866), come Il castagno di Loveno, dono di Emanuele d’Azeglio,
e della sensibilità poetica di Antonio Fontanesi (L’andata al pascolo e Il mattino)40.
Di particolare rilievo all’interno delle raccolte ottocentesche è la rara e preziosa collezione comprendente
diciassette placche su porcellana di Sèvres, acquistate a Firenze da Carlo Alberto nel 1826, copie dai grandi
capolavori del Rinascimento provenienti dalle collezioni granducali toscane e conservati nei musei
fiorentini degli Uffizi e di Palazzo Pitti, realizzate tra il 1820 e il 1825 da Abraham Constantin, illustre
ginevrino amico di Stendhal, che fin dalla giovinezza si distingue nel disegno delle stampe di Raffaello e
Michelangelo e risulta apprezzato copista a Parigi per Vivant Denon e l’imperatrice Giuseppina41. Nel 1829
Carlo X donò poi a Carlo Alberto una copia in smalto su porcellana, sempre eseguita da Constantin, del
dipinto di Paul Delaroche che lo raffigura alla presa del Trocadero. Che si trattasse di un nucleo
particolarmente caro al sovrano sabaudo è dimostrato dalla sua scelta di esporlo fin dall’inizio nella Real
Galleria, riservandogli una sala del piano nobile di Palazzo Madama, accanto ai maggiori capolavori delle
antiche collezioni sabaude42.
Ancora all’attività collezionistica di Carlo Alberto si devono i garbati dipinti del pittore fiammingo JeanLouis Demarne (Il cane danzante e Il guado, entrambi realizzati entro la prima metà del secondo decennio
dell’Ottocento e donati da Carlo Alberto nel 1847) e il grande ritratto equestre dello stesso sovrano di
Horace Vernet. Commissionato al pittore nel 1834, mentre questi si trovava a Roma dove ricopriva la
carica di direttore dell’Accademia di Francia, l’opera venne inviata a Torino l’anno successivo. Nella
composizione del dipinto l’artista fa uso di un fortunato modello iconografico già impiegato a partire dal
1824 per i ritratti equestri dello zar Alessandro I di Russia, del duca di Angoulème e di Carlo X di Francia43.
38
Sull’artista alessandrino si rimanda a P. Manchinu, Giovanni Migliara in P. Dragone (a cura di), Pittori
dell’Ottocento Torino 2002, pp. 345-346, con bibliografia precedente.
39
G. Romano, Studi sul paesaggio, Torino 1978 e 1991.
40
Per una puntuale lettura dell’opera della Galleria Sabauda si rimanda alla presentazione di R. Maggio Serra del 5
novembre 1996 nell’ambito delle letture dell’opera del mese della Galleria Sabauda, dattiloscritto presso la
Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte. Per Fontanesi: Antonio Fontanesi 18181882, catalogo della mostra a cura di R. Maggio Serra, Torino 1997; Antonio Fontanesi e la pittura di paesaggio in
Italia 1861-1880, catalogo della mostra a Reggio Emilia a cura di E. Farioli e C. Poppi, Milano 1999.
41
Per la preziosa raccolta della Galleria Sabauda si veda da ultimo: R. Maggio Serra, Abraham Constantin e Carlo
Alberto, in Capolavori in smalto e avorio. Pietro Bagatti Valsecchi e la miniatura d’après, catalogo della mostra a cura
di F. Mazzocca e S. Rebora, Milano 2004, pp. 98-106; Lusso ed eleganza: la porcellana francese a Palazzo Pitti e la
manifattura Ginori, 1800-1830, catalogo della mostra a cura di Andreina D’Agliano, Firenze 2013.
42
Sulle opere allestite a Palazzo Madama all’inaugurazione della Real Galleria: P. Astrua, Carlo Emanuele Alfieri di
Sostegno e Roberto d’Azeglio per la Reale Galleria di Torino, in G. Romano (a cura di), Diplomazia Musei
Collezionismo 2011, pp. 145-172.
43
C. Omodeo, Horace Vernet. Ritratto equestre di Carlo Alberto, Re di Sardegna, in I quadri del Re. Torino, Europa.
Le grandi opere d’arte della Galleria Sabauda nella Manica Nuova di Palazzo Reale, catalogo della mostra a cura di
Edith Gabrielli,Torino 2012 pubblicato sul sito web www.sabaudaeducational.com.
23
Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Tra Verismo e Simbolismo: alcune testimonianze nelle raccolte ottocentesche
del Mart. Da Leonardo Bistolfi a Umberto Moggioli
Alessandra Tiddia
La bellissima scultura in marmo di Leonardo Bistolfi, acquisita dal Mart attraverso il generoso deposito di
un collezionista privato che ha affidato questa straordinaria opera alle collezioni museali, rendendola così
disponibile al pubblico, si inserisce nelle raccolte d’arte ottocentesche del Mart, come significativa
integrazione delle sue collezioni, ma soprattutto potenzia l’esiguo nucleo di opere già presenti dello scultore
piemontese, ovvero un busto in gesso e un bassorilievo in bronzo.
Entrate a far parte delle raccolte civiche di Trento agli inizi del secolo scorso (1907-1908), esse ci rivelano
un inedito legame fra Bistolfi e il Trentino.
Il bassorilievo in bronzo dedicato all’Allegoria della Primavera figurava infatti tra le opere esposte alla
Mostra degli oggetti d’arte offerti a favore del Monumento ad Alessandro Vittoria, realizzata a Trento nel
1907 per raccogliere dei fondi destinati alle celebrazioni dello scultore rinascimentale trentino44. In
quell’occasione il Museo trentino aveva acquistato il bassorilievo successivamente confluito nelle raccolte
del Mart.
In seguito a questa acquisizione, nel 1908, l’allora Museo Nazionale acquisì il gesso raffigurante La
Bellezza liberata dalla materia, donata dallo stesso scultore piemontese forse come ringraziamento per il
precedente acquisito del bassorilievo in bronzo, l’anno prima, o semplicemente come omaggio alla patria
ideale dell’amico pittore. Da qualche anno peraltro egli attendeva al monumento commissionatogli dalla
città di Arco per onorare il luogo natale di Segantini45, seguente a quello celeberrimo di Saint Moritz,
L’Alpe (conosciuto anche con il titolo di Bellezza o La Bellezza liberata dalla materia), più volte riprodotto
a figura intera o solo per la parte del busto.
Con l'omaggio all'amico pittore, destinato a diventare l'icona del simbolismo italiano ed europeo sul fronte
della pittura, Bistolfi sanciva a sua volta il suo ruolo di protagonista della cultura figurativa simbolista in
Italia nell'ambito della scultura, ruolo che si andrà consolidando fin dai primi anni ’90, attraverso un
percorso stilistico che ha il suo primo capitolo proprio in opere come la Sfinge46, la grande scultura
44
Mostra degli oggetti d'arte offerti a favore del Monumento ad Alessandro Vittoria in Trento, Archivio Trentino, s.n.,
Trento 1907, p. 122. Si veda anche L. Camerlengo, F. De Gramatica, Documenti relativi alle acquisizioni della
Biblioteca e del Museo Comunali dalle origini al 1924, in Gli incanti dell'arte. Dieci anni di acquisizioni al Castello del
Buonconsiglio, Trento 2003, p. 15.
45
Per Segantini Bistolfi realizza due monumenti: nel 1906 quello per la tomba dell’artista a St. Moritz (attualmente
collocato sulla scala di ingresso del museo segantiniano della città elvetica) e nel 1909 quello per la città natale del
pittore divisionista. All’indomani della scomparsa di Giovanni Segantini (avvenuta il 28 settembre 1899 sulla cima
dello Schafberg, in Engadina), Arco si mobilita per onorare l’artista. Nasce un comitato pro monumento, che in breve
coinvolge tutti i protagonisti della vita sociale e culturale della cittadina, per allargarsi successivamente ad altri Comuni,
enti, associazioni, personaggi di spicco al di fuori dei confini del Trentino. Il nome di Leonardo Bistolfi, quale amico di
Segantini e valente scultore, è suggerito da Alberto Grubicy, mercante d’arte e mecenate del pittore. L’inaugurazione
del monumento avviene dieci anni più tardi, il 24 ottobre del 1909. Cfr. G. Nicoletti, Leonardo Bistolfi e i monumenti a
Giovanni Segantini: tra visione simbolica e gloria immortale, in Leonardo Bistolfi. I monumenti per Giovanni
Segantini, catalogo della mostra a cura di G. Mazza, G. Nicoletti, MAG, Arco 2009, pp. 39-44.
46
Cfr. C. Lombroso, Artisti contemporanei, Torino 1899, pp. 3-17; V. Pica, L’Arte Mondiale alla VI Esposizione di
Venezia, Bergamo 1905, p.180; A. Damigella, La pittura simbolista, Bari 1981, pp. 178-183; A. Panzetta, Nuovo
Dizionario degli Scultori Italiani dell’Ottocento e del primo Novecento. Da Antonio Canova ad Arturo Martini, Torino
2003, I, p. 161, fig. 147 (ripr.); E. Casotto, Bistolfi, Sfinge, ad vocem, in Nuovi ospiti a Palazzo delle Albere. Donazioni
e depositi dl XIX secolo 2004-2008, catalogo della mostra a cura di A. Tiddia, Rovereto 2008, pp. 122-123; Post
monument. XIV Biennale Internazionale di Scultura di Carrara, catalogo della mostra a cura di F. Cavallucci, Cinisello
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
destinata al Cimitero di Cuneo e il cui modello in gesso fu realizzato tra il 1889 e il 189047, mentre
l’esecuzione in marmo, oggi nelle raccolte del Mart, risale al 1892.
Come Bistolfi chiarisce a Grubicy nel corso della corrispondenza oggi conservata nell’Archivio Grubicy
presso il Mart, lo scultore concepisce quest’opera come la “serena e divina visione della Morte, la stessa
Sfinge che turba e solleva le anime”48. La scultura di Bistolfi segna il compiuto distacco dalle istanze realiste
poiché, come ha recentemente sottolineato Monica Vinardi49 “avvia un processo di sintesi plastica e
concettuale definitivo rispetto alla produzione tardo-verista precedente, premessa per gli svolgimenti futuri
volti alla sintesi architettonica dell’idea nel simbolo”.
Le parole che Bistolfi scrive a Vittore Grubicy rivelano la piena consapevolezza di questa svolta: “… io ho la
ferma ed intensissima persuasione che ormai nel presente abbia accennato a trovare bene la sua strada
sotto il vero e legittimo orizzonte dell’arte: cessando d’essere un pretesto decorativo ed una espressione
convenzionale della vanità umana – per diventare sinceramente, come le altre forme dell’arte, un mezzo
potente ed onesto atto a rendere, senza menzogne artificiali, le vergini sensazioni della natura viva. …”50.
Rispetto all'adesione al nuovo orientamento ideista che andava affacciandosi in Italia non senza qualche
difficoltà soprattutto in scultura, fu fondamentale per Bistolfi la frequentazione di Vittore Grubicy,
mentore, collezionista e mecenate anche di Segantini e di molti artisti di fine secolo.
Vittore Grubicy riveste un ruolo di assoluto rilievo anche nelle collezioni del Mart, non tanto e non solo sul
versante della sua produzione artistica, di cui il museo possiede un piccolo nucleo di opere fra cui spicca
una veduta di Anversa del 1895, quanto piuttosto sul piano della sua determinante azione di gallerista e
mecenate, ben documentata attraverso le carte d’archivio e i vari documenti conservati nell’Archivio
Grubicy - Benvenuti presso l’Archivio del ‘900 del Mart51.
Fra questi materiali troviamo la fitta corrispondenza fra Grubicy e Segantini e soprattutto la raccolta di
documenti e delle riproduzioni fotografiche delle opere segantiniane, commissionate da Grubicy ai
principali studi fotografici del tempo, che testimoniano quanto fosse decisiva la sua influenza nell'orientare
la ricerca artistica del pittore verso le forme più aggiornate della pittura europea.
Giovanni Segantini è rappresentato nelle nostre collezioni da alcune opere grafiche e da alcuni olii dei
primissimi anni, come Il campanaro (1879-1880), realizzato nel periodo milanese o le nature morte con
Ortensie (1880-1882) o la Natura morta con cacciagione (1880-81), dipinti ancora legati a tensioni di
impianto naturalistico e verista.
Segantini non fu l'unico artista trentino in contatto con Grubicy: infatti studi recenti hanno rivelato la
corrispondenza intercorsa anche con Eugenio Prati52.
Fra il 1882 e il 1884 Prati si era rivolto a Grubicy avido di consigli per soggetti e stile da adottare,
mettendolo al corrente dei suoi lavori in preparazione per la mostra di Roma del 1883: Grubicy lo ricorderà
nelle sue recensioni su “Cronache d’arte”, fra il 1887 e il 189253.
Balsamo 2010, p. 51; E. Casotto, Bistolfi, Sfinge, ad vocem, in Il Simbolismo in Italia 1890-1910, catalogo della mostra
a cura di F. Mazzocca, C. Sisi, Venezia 2011, p. 260.
47
Presso la Gipsoteca Leonardo Bistolfi del Museo Civico di Casale Monferrato è conservato un altro bozzetto, in
gesso.
48
LB a V. Grubicy, Mart, Gru. I.1.1.115.
49
M. Vinardi, Bistolfi. Scultura come visione, in “Ricerche di storia dell’arte”, 109, 2013, pp. 18-30.
50
LB a V. Grubicy, 7/06/1890; Mart, Gru.I.1.1.115.
51
Cfr. Vittore Grubicy e l’Europa. Alle radici del Divisionismo, catalogo della mostra a cura di A. P. Quinsac, Milano
2005; Fondo Vittore Grubicy. Inventario, a cura di Francesca Velardita, Museo di arte moderna e contemporanea di
Trento e Rovereto, Rovereto 2005.
52
Cfr. Eugenio Prati (1842-1907). Tra Scapigliatura e Simbolismo, catalogo della mostra a cura di G. Belli, A. Pattini,
A. Tiddia, Cinisello Balsamo 2009.
53
A. Tiddia, Grubicy promotore di Eugenio Prati. Documenti dal Fondo Grubicy, in Eugenio Prati (1842-1907),
Cinisello Balsamo 2009, pp.80-83.
25
Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Le segnalazioni di Grubicy non solo concorsero a promuovere l'arte di Prati a livello nazionale ed europeo,
ma contribuirono a far maturare nell'artista trentino un nuovo orientamento della sua pittura, derivante
dal suo passaggio dal Naturalismo al Simbolismo.
La formazione di Prati, che può essere considerato senza dubbio un personaggio di spicco nel panorama
pittorico della seconda metà dell’800 nel Trentino, era avvenuta prima a Venezia, dove era entrato in
contatto con le novità pittoriche legate alle poetiche realiste, mentre a Firenze, qualche anno dopo aveva
avuto modo di conoscere la pittura di macchia. Rientrato definitivamente in Trentino, nel paese di Agnedo,
in Valsugana, negli anni ottanta aveva eletto a protagonisti delle sue tele gli usi e costumi della sua gente e i
paesaggi naturali del Trentino: nei dipinti di questi anni si percepisce un senso più nuovo della natura,
come ne la Ragazza che legge (1898-1900) o nella Contadina sorridente del 1894, dove mostra un’intima
e lirica partecipazione alle vicende dei suoi soggetti, memore della lezione dei suoi maestri veneziani,
Grigoletti, Momenti e Blaas.
Nel 1895 espone alla Biennale di Venezia Solitudine: protagonista del dipinto è il compositore Wagner
colto mentre medita sotto le volte di una cattedrale creata da una fitta foresta di platani. Il paesaggio
diventa così il tramite espressivo di un lirismo non privo di accenti mistici che nei primi anni del '900
evolve la sua pittura in direzione simbolista, come nel dipinto La Poesia della Montagna del 1903, nel
quale una grandiosa malinconia pervade il dipinto e in cui la natura sembra fondersi con la figura umana.
Oltre a Grubicy il giovane Prati era in contatto con lo scultore trentino Andrea Malfatti54, suo sodale per le
aspirazioni irredentistiche, quanto interprete plastico di quella stagione oscillante tra Verismo e
Simbolismo. L’amicizia fra i due è testimoniata peraltro da un intenso ritratto dello scultore, realizzato da
Prati fra il 1871 e il 1874, e oggi nelle raccolte del Mart. In quegli anni e precisamente nel 1872 Malfatti
esordiva come scultore all'Esposizione di Belle Arti di Milano dove presentava due marmi di soggetto
patriottico, Roma liberata e l'Emancipazione, i cui bozzetti in gesso sono oggi conservati al Mart, nel
nucleo con più di 200 opere di varie dimensioni, in gesso e terracotta ricevuti dal Comune di Trento nel
1912, in cambio del vitalizio concesso allo scultore fino alla sua morte avvenuta nel 1917. Malfatti fu autore
di molti gruppi funebri per i principali cimiteri monumentali, da Milano a Parigi, a Trieste. Nel 1878 aveva
partecipato all’Esposizione Internazionale di Parigi nel 1878, anticipando, con Lacci d’amore, una
sinuosità che diverrà propria del Liberty.
Docente all'Accademia di Brera negli anni '80, rappresentò, insieme a Segantini e Prati, il Trentino alla
Esposizione Nazionale di Belle Arti di Roma nel 1883, dove espose Schiava ribelle, simbolo del Trentino
assoggettato all’Austria.
Prati, Malfatti e Bartolomeo Bezzi rappresentano i punti apicali della cultura figurativa in Trentino fra ‘800
e ‘900, e testimoniano, seppure ognuno in maniera differente, l’evoluzione di un linguaggio figurativo che
dalle istanze realiste muove verso un nuovo orientamento simbolista. A questo processo contribuì anche
l’apertura della Biennale veneziana nel 1895, che offrì un ampliamento significativo delle conoscenze della
pittura straniera e contribuì a rinnovare l’offerta formativa di Venezia, che da poco aveva rinnovato il corpo
docente dell’Accademia di Belle Arti. Molti degli artisti trentini decisero quindi di formarsi non più a
Milano, ma a Venezia: fra questi i citati Prati, Bezzi e il giovane Umberto Moggioli, che possono essere
presi come esempi paradigmatici dell’evoluzione della pittura a cavallo fra ‘800 e ‘900.
Prati e Bezzi elaborano su un impianto compositivo derivante dalla pittura di genere la lezione di uno dei
massimi rappresentanti della pittura verista, Giacomo Favretto: Moggioli appartenente alla generazione
successiva, abbandonerà la figura umana inserita in un contesto paesaggistico affidando a questo soggetto
e alla sua rappresentazione (o meglio alla sua interpretazione) il compito di esprimer uno stato d’animo
interiore, piuttosto che la sua verosimiglianza.
54
Scatti di pietra. Sculture di Andrea Malfatti tra Otto e Novecento, catalogo della mostra a cura di L. Dal Prà, L.
Giacomelli, A. Tiddia, Provincia autonoma di Trento, Soprintendenza per i beni storico-artistici, Trento 2011.
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
A questo riguardo sono esemplari i due dipinti di Prati e Bezzi concepiti come omaggio al maestro
veneziano: Favretto al Liston, dipinto da Prati nel 1893-94, prende spunto dal Liston moderno, a cui
Favretto lavorava nel 1887, anno in cui morì improvvisamente e prematuramente di febbre tifoidea55,
mentre Giorno di magro, realizzato da Bezzi nel 1895 reinterpreta un altro dipinto del maestro veneziano,
Mercato in Campo San Polo del 1883, e gli attribuisce un significato sociale, come si percepisce sin dal
titolo.
Il dipinto, scelto da Bezzi per la I Biennale veneziana ottenne la medaglia d’argento all’Esposizione
Universale di Parigi nel 1900, proprio per il suo intenso verismo: “esso rappresenta la pescheria in campo
S. Margherita in tempo di pioggia; tutto è umido in questa tela, vi si sente il malessere dell’acquerugiola
caduta di fresco e l’affaccendarsi dei compratori nello sfondo arioso, e il viscidume dei pesci bianchi
agonizzanti nelle canestre, sul prezzo dei quali stanno forse ragionando due popolane trionfanti di salute
che coi loro scialli chiassosi, alla veneziana, formano sul davanti quella macchia sommamente pittoresca
che ha ispirato l’artista” (“Il Raccoglitore”, Milano 1895).
Fra i suoi allievi ci sarà Umberto Moggioli, che alla Biennale veneziana del 1907 esordì con Giardino di
sera, un silenzioso quanto intenso misterioso giardino veneziano, crepuscolare, quasi un notturno, oggi
nelle collezioni del Mart, insieme a un cospicuo nucleo di dipinti dell'artista scomparso solo pochi anni
dopo, nel 1919, che può essere considerato uno dei protagonisti della stagione capesarina, ma soprattutto
uno fra gli interpreti più veritieri e al contempo lirici della pittura di paesaggio56.
55
E. Casotto, Bistolfi in Nuovi ospiti 2008, pp. 114-115.
Umberto Moggioli (1886-19191).La collezione del Mart, catalogo della mostra a cura di A.Tiddia, Cinisello Balsamo
2011.
56
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Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Leonardo Bistolfi, La Sfinge
Rovereto, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, deposito.
28
Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
Leonardo Bistolfi, Allegoria
Rovereto, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.
Leonardo Bistolfi, La bellezza liberata dalla materia
Rovereto, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.
29
Per Leonardo Bistolfi (1859-1933). La Sfinge alla Galleria Sabauda
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