A. Gallois: Il Maggio delle ragazze a Riolunato

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A. Gallois: Il Maggio delle ragazze a Riolunato
Albert Gallois
Il Maggio delle ragazze a Riolunato
in “Lo Scoltenna”, V (1908-1909), pp. 89-95
Nel fascicolo antecedente descrissi un Matrimonio a Riolunato; in questo continuerò a narrare
degli antichi costumi delle nostre montagne, descrivendone uno assai curioso e molto antico, il quale
è, credo, solamente ancora vivo nel paese di Riolunato; cioè Il Maggio delle ragazze.
Nella notte dal 30 aprile al 1° maggio, tutti i giovinotti del paese, accompagnati da suonatori di
violino, mandolino e chitarra, percorrono le contrade del villaggio, fermandosi sotto le finestre di
ogni casa, e cantando una specie di serenata alla primavera: poi, dove si ritrovano ragazze, o persone
notevoli, cantano certe strofe chiamate I rispetti. Quando fra i giovinotti ve n’è uno che abbia
l’innamorata, esso fa cantare sotto la finestra della ragazza una strofa speciale chiamata L’ambasciata.
Questa specie di serenata, cantata con una melodia lenta e soave, produce di notte, una impressione
assai singolare e piacevole. Trascriviamo l’intero Maggio, e un saggio dell’ambasciata:
Ecco il ridente Maggio,
Ecco quel nobil mese
Che sprona ad alte imprese
I nostri cuori.
In questa parte e in quella,
A far il nido.
Il fanciullo Cupido
Che per noi spiega l’ali,
Con arte tien gli strali
E le saette.
E’ carico di fiori,
Di rose e di viole,
Riluce come il sole
Ogni riviera.
In ordine si mette
Per salutar le ninfe,
Per salutar le ninfe
E varii augelli.
Ecco la primavera,
Ecco il tempo novello
Tornar che più mai bello,
E più giocondo.
Ecco li pastorelli,
Coi loro ardenti canti,
Intorno alle campagne
E lungo i campi;
Ecco che tutto il mondo
Si riempie d’allegrezza,
Di gaudio e di dolcezza
E di speranza.
Eccoci tutti quanti,
Col bel maggio fiorito
Che a noi fa dolce invito
A far ritorno.
La va per ogni stanza,
La vaga rondinella
L’ambasciata (saggio)
Io son venuto per ambasciatore
Davanti a Voi, magnifica donzella.
Qui mi ha mandato il caro vostr’amore;
Per lui io canto, e per lui ho favella.
Qui mi ha mandato il caro vostr’aiuto;
Per lui vi parlo e per lui vi saluto.
E vi saluto tante volte, e tante
Quante ne può pensar la vostra mente:
E vi ama tanto che struggere si sente.
Or tocca a Voi ad essere costante;
Quale speranza in cuor più nutrirete
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Se non d’amor? E ora amar Lui dovrete!
Questa è la prima parte della singolare usanza, che vige in questo paese. La seconda parte si svolge
generalmente la domenica dopo.
La mattina della domenica tutti i giovinotti, che hanno cantato il Maggio nella notte del 1° Maggio,
si riuniscono, e vanno a tutte le case, sotto le finestre delle quali hanno cantato, per raccogliere le
offerte preparate per loro, cioè dolci, paste, crescente, fiaschi e bottiglie di vino, uova cotte, sigari,
ecc. ecc.
Il dopo pranzo poi i medesimi si mettono in corteo, e preceduti da suonatori e da una bandiera,
percorrono tutto il paese, portando su apposite tavole ed entro cestini ben decorati tutti i regali che
hanno raccolto: finalmente si radunano, seguiti da invitati e dalle ragazze, nella casa designata, e là
l’intera comitiva, riunita in una sala, mangia i dolci e beve il vino in mezzo all’allegria e alla più
schietta concordia.
La festa è rallegrata dal suono della musica.
Poesie esaltanti la primavera vengono recitate da giovani poeti locali; brindisi sono dedicati agli
invitati, alle ragazze, ed anche ai suonatori.
Alla festa che si fa a Riolunato per il Maggio delle ragazze assistono molte persone notevoli del
paese, fra le quali il Sindaco, che, in un discorso di circostanza, ringrazia ed incoraggia la gioventù,
consigliandola a perseverare nel rispetto delle tradizioni e nella conservazione degli usi dei loro
antenati, invitando tutti a vivere in unione, in accordo ed in buona armonia, poiché in questo modo
facendo, il paese si farà onore, e godrà una pace e una tranquillità sconosciuta dalle città e dai grandi
centri, pur troppo turbati per le lotte e gli odi di partito.
Così si termina questa bella festa e cotale gentile costume, ricordo dei tempi antichi e dei nostri
antenati.
Albert Gallois
Mi permetta l’egregio signor Gallois un po’ di coda al suo interessante articolo.
Il territorio di Riolunato è quasi l’unico che conserva sempre molte delle antiche costumanze, e il
suo borgo l’aspetto quasi medioevale. Perché tu vedi in questo ancora i muri, le vie, gli androni e le
case, che hanno le volte, i porticati, gli stemmi, gli archi, i rosoni delle porte e finestre, e perfino i
battenti de’ secoli XV, XVI e XVII. Ne’ suoi oratorii e sulle pareti degli edifici guardano ancora con
quegli occhioni fissi, immobili, con quelle loro membra stecchite le madonne e i santi bizantini e
dell’arte avanti al rinascimento. Nel popolo soprattutto della campagna vivono sempre i pregiudizi e
le superstizioni medioevali, e Belzebù e le streghe, davanti al sasso della Livelanda (territorio di
Castello) e i tesori segreti hanno pia fede ancora.
Cotesta vita quasi medioevale vissuta da un popolo, che sino al nostro tempo per la mancanza delle
vie di comunicazione e di commercio, è stato separato e lontano dalla nuova civiltà invadente, ha
fatto pure che egli conservasse cotali antiche e gentili cose che sono il Maggio delle ragazze, il
Maggio dramma e il Maggio delle anime. In un prossimo fascicolo studieremo quest’ultimo Maggio,
ch’è uno de’ costumi più strani e curiosi de’ nostri popoli montanari.
Qui ci basti osservare che la forma presente del maggio delle ragazze non ci pare possa risalire se
non al secolo XVII, o al XVIII e dimostra chiaramente la derivazione dalla vicina Toscana, di cui
vediamo in esso il grazioso rispetto, e nel canto ne udiamo la sua nota. Non ci sembra però
improbabile che sia una modificazione di composizione anche più antica. Si potrebbe dubitare di un
costume così gentile, nato tra gli incolti e fieri abitatori dell’appennino, figli de’ liguri, se non ancora
pensassimo alla derivazione dello stesso costume, dalla Toscana, ove il Calendimaggio ringiovaniva
ogni anno il vecchio Comune fiorentino sino dal secolo XIII; ove a ogni ritorno di primavera, nel
primo del mese delle rose, si eleggeva il Re dell’amore, il quale passava sopra un carro trionfale per
le vie e i dintorni della città fiorita, seguito da clamorosi drappelli di popolani e di sollazzevoli
cavalieri, che andavano ai giuochi, ai conviti, alle danze, a cui le fanciulle venivano sorridenti
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incontro, portando il ramo fiorito di mirto, quasi, giocondo stendardo, e ricantando tutti insieme la
canzone, fresca d’ebbrezza primaverile
Ben venga Maggio – E il gonfalon selvaggio
Venite alla frescura
Delli verdi arbuscelli:
Ogni bella è sicura
Fra tanti damigelli:
se non pensassimo, che la piacevole costumanza si era propagata per altri luoghi d’Italia, come a
Bologna, a Ferrara e a Modena stessa.
Quando questa abbia cominciato nel nostro alto appennino è difficile congetturarlo. Non ci pare
improbabile che sia stata trasportata nel secolo XV al tempo della conquista e dominazione lucchese
di alcune terre del medesimo. Forse la gentilezza di tale costume etrusco sostituì qualche selvaggia
salutazione ligure, o gallica al Maggio. Nel plenilunio della selva le vecchie cornamuse suonavano,
e le fanciulle barbare, inghirlandate di giunchi e di bacche, cantavano, danzano, ebbre di amore. La
luna illustrava di candori argentei le querce e i castagni millenari, monumenti titanici dell’epoca
favolosa.
Checchessia, questo Maggio delle ragazze è assai graziosa cosa, e noi ringraziamo l’egregio
segretario del nostro Circolo, il quale va con amore raccogliendo gli antichi usi, che tra poco
spariranno, del vecchio borgo, ove per la grande via, quasi compiuta, della Provincia è cominciata ad
entrare la novella civiltà, di cui sentiamo già il colpo del martello, che sta atterrando i muri cadenti
delle antiche case, e costruendo la nuova Riolunato, cacciando via, la miscredente! Belzebù, i tesori
e le streghe.
C. B. Ricci
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