il nord albania - Cooperazione italiana in Albania
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IL NORD ALBANIA Contesto socio-economico e proposte di intervento a cura delle ONG italiane in Albania Maggio 2007 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Indice INDICE Prefazione………………………………………………………………………………………………. 1. SETTORE SOCIO-EDUCATIVO 1.1. Introduzione 1.1.1. Metodologia di lavoro…………………………………………………………………….. 1.1.2. Background………………………………………………………………………………... 1.2. Istruzione 1.2.1. Analisi della situazione attuale…………………………………………………………… 1.2.2. Obiettivi prioritari di sviluppo……………………………………………………………… 1.2.3. Attività consigliate…………………………………………………………………………. 1.3. Minoranze etniche 1.3.1. Analisi della situazione attuale…………………………………………………………… 1.3.2. Obiettivi prioritari di sviluppo……………………………………………………………… 1.3.3. Attività consigliate………………………………………………………………………… 1.3.4. Ostacoli e/o fattori limitanti……………………………………………………………….. 1.4. Minori 1.4.1. Analisi della situazione attuale…………………………………………………………… 1.4.2. Obiettivi prioritari di sviluppo……………………………………………………………… 1.4.3. Attività consigliate…………………………………………………………………………. 1.4.4. Ostacoli e/o fattori limitanti……………………………………………………………….. 1.5. Donne 1.5.1. Condizione della donna…………………………………………………………………… 1.5.2. Obiettivi prioritari di sviluppo…………………………………………………………….. 1.5.3. Attività consigliate……………………………………………………………………….. 1.5.4. Risorse esistenti…………………………………………………………………………. 1.5.5. Ostacoli e/o fattori limitanti……………………………………………………………… 1.6. Tossicodipendenze 1.6.1. Analisi della situazione attuale………………………………………………………….. 1.6.2. Obiettivi prioritari di sviluppo…………………………………………………………….. 1.6.3. Attività consigliate…………………………………………………………………………. 1.6.4. Ostacoli e/o fattori limitanti………………………………………………………………. 1.7. Handicap e malattia mentale 1.7.1. Analisi della situazione attuale………………………………………………………………. 1.7.2. Obiettivi prioritari di sviluppo……………………………………………………………. 1.7.3. Attività consigliate………………………………………………………………………… 1.7.4. Ostacoli e/o fattori limitanti………………………………………………………………. 1.8. Conclusione 1.8.1. Obiettivi generali di sviluppo dei servizi socio-educativi……………………………….. 1.8.2. Risorse esistenti…………………………………………………………………………… 1.8.3. Ostacoli e/o fattori limitanti……………………………………………………………….. 1.9. Fonti……………………………………………………………………………………………….. 2. SETTORE SOCIO-SANITARIO 2.1. Introduzione………………………………………………………………………………………. 2.2. Analisi della situazione attuale 2.2.1. Il servizio sanitario in Albania…………………………………………………….……… 2.2.2. La riforma del Sevizio Sanitario Primario…………………………………….………… 2.2.3 Elementi di criticità del sistema sanitario albanese……………………………..…… 2.3. Obiettivi prioritari di sviluppo………………………………………………………………….…. 2.4. Attività consigliate………………………………………………………………………………… 2.5. Ostacoli e/o fattori………………………………………………………………………………… 1 3 3 5 6 7 8 9 9 10 10 12 12 13 14 14 15 16 17 19 20 20 20 21 21 22 22 24 25 25 26 29 30 33 34 36 36 38 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento 2.6. Fonti……………………………………………………………………………………………….. 3. SETTORE AMBIENTE E SVILUPPO RURALE 3.1. Introduzione………………………………………………………………………….……………. 3.2. Ambiente 3.2.1. Analisi della situazione attuale……………………………………………...………….. 3.2.2. Obiettivi prioritari di sviluppo……………………………………………….…………….. 3.2.3. Attività consigliate………………………………………………………………………… 3.2.4. Risorse esistenti………………………………………………………………………….. 3.2.5. Ostacoli e/o fattori limitanti………………………………………………...……………. 3.3. Sviluppo rurale 3.3.1. Analisi della situazione attuale…………………………………………..…………….. 3.3.2. Obiettivi prioritari di sviluppo……………………………………………...…………….. 3.3.3. Attività consigliate………………………………………………………..………………. 3.3.4. Risorse esistenti…………………………………………………………..……………... 3.3.5. Eventuali ostacoli e/o fattori limitanti……………………..……………………………. 3.4. Fonti............................................................................................................................... 4. SETTORE: MIGRAZIONE 4.1. Introduzione……………………………………………………………………………………….. 4.2. Emigrazione verso l’estero 4.2.1. Analisi della situazione attuale……….………………………………………………… 4.2.2. Obiettivi prioritari di sviluppo………………………..……………………………………. 4.2.3. Attività consigliate…………………………………..…………………………………….. 4.2.4. Ostacoli e/o fattori limitanti…………………………………………………………..….. 4.3. Rientro dei migranti 4.3.1. Analisi della situazione attuale………………………………………………….……… 4.3.2. Obiettivi prioritari di sviluppo………………………………………………...…………. 4.3.3. Attività consigliate……………………………………………………………….……….. 4.3.4. Ostacoli e/o fattori limitanti ………………………………………………………… 4.4. Rimesse dall’estero 4.4.1. Analisi della situazione attuale……………………………………………….…………. 4.4.2. Obiettivi prioritari di sviluppo……………………………………………………….……. 4.4.3. Attività consigliate………………………………………………………………….……. 4.4.4. Ostacoli e/o fattori limitanti……………………………………………………….……. 4.5. Fonti………………………………………………………………………………………………… Indice 38 39 39 42 43 43 44 44 47 49 50 50 50 52 53 55 55 56 56 59 59 60 61 62 63 64 65 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Prefazione Prefazione Questo documento nasce dal comune intento ed interesse delle ONG italiane in Albania e dell’Ufficio di Cooperazione allo Sviluppo dell’Ambasciata d’Italia a Tirana – Unità Tecnica Locale (UTL) a rielaborare ed attualizzare un’indagine preparata nel 2004, per iniziativa di questa Ambasciata, dalle ONG italiane allora operanti nel Paese, su condizioni di sviluppo, elementi di criticità e conseguenti proposte di intervento per le regioni del Nord Albania. La scelta di concentrare lo studio su tale area geografica rispetta le indicazioni del Governo albanese che, nella strategia varata per favorire lo sviluppo e l’integrazione dell’Albania nell’Unione Europea, ha individuato il Nord come regione particolarmente svantaggiata e bisognosa di interventi, per contribuire al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale. Alla proposta di aggiornare il documento presentato nel 2004, hanno aderito numerose ONG italiane, molte delle quali già presenti con progetti sul territorio, altre interessate ad avviare interventi in Albania. Nel corso di un primo incontro di coordinamento (Tirana, 24 gennaio 2007) UTL ed ONG si sono confrontate ed hanno concordemente stabilito la metodologia di lavoro. I rappresentanti delle ONG aderenti si sono dunque costituiti secondo gruppi di lavoro tematici, ognuno dei quali responsabile per la stesura di una strategia di settore, comprendente: - un’analisi delle condizioni attuali di sviluppo, - la definizione degli obiettivi prioritari di intervento, - la presentazione delle attività, - la ricerca delle risorse già disponibili sul territorio, - la denuncia di eventuali ostacoli alla realizzazione degli interventi. Sono stati formati quattro gruppi di lavoro, per ciascuno dei quali è stata nominata una ONG capofila, focalizzati rispettivamente sui settori: ‘Socio-educativo’, ‘Socio-sanitario’, ‘Ambiente e Sviluppo Rurale’, ‘Migrazione’. Nei mesi di febbraio e marzo 2007, i gruppi di lavoro si sono organizzati autonomamente e hanno proceduto all’aggiornamento della strategia, contribuendo ciascuno secondo le proprie specifiche competenze ed esperienza maturata nel settore. Nel corso di un secondo incontro di coordinamento (Scutari, 28 marzo 2007) i referenti dei quattro gruppi di lavoro hanno presentato all’UTL ed all’assemblea delle ONG l’esito delle ricerche effettuate, mettendo in luce in particolare le novità ed i cambiamenti rispetto a quanto riscontrato nel 2004. Nei mesi di aprile e maggio la strategia è stata ulteriormente messa a punto, finalizzata ed organizzata in un unico documento, presentato ufficialmente nel corso di un terzo incontro di coordinamento, svoltosi a Tirana il 31 maggio 2007. Suo intento è fornire una cornice conoscitiva, utile alla preparazione di un pacchetto di progetti ONG promossi, volti allo sviluppo delle regioni del Nord Albania e capace di offrire una risposta ad alcune delle criticità rilevate e ritenute prioritarie dal Governo albanese. Alla base di tale idea vi è la consapevolezza che il coordinamento e l’integrazione degli interventi, lo scambio di informazioni tra i partners coinvolti e lo stabilirsi/rafforzarsi delle sinergie in campo sono elementi importanti per la buona riuscita e la garanzia di sostenibilità di un’iniziativa di cooperazione. 1 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Prefazione GRUPPI DI LAVORO 1. Socio-educativo: VIDES, ACLI-IPSIA, AVSI, Caritas Italiana, CEFA, CIES, Comunità Emmanuel, Comunità Papa Giovanni XXIII, Comunità Sant’Egidio, COSPE, Dokita, ENGIM, LVIA, MAGIS, VIS. (Capofila: Sr. Carolina Costabile, VIDES). 2. Socio-sanitario: AISPO, CICa, Comunità Sant’Egidio, COSPE, MAGIS. (Capofila: Dott. Filip Vila, AISPO) 3. Ambiente e Sviluppo Rurale: LVIA, COSPE. Con il contributo di CEFA. (Capofila: Dott. Andrea Lo Iacono, LVIA) 4. Migrazione: ACLI-IPSIA, Caritas Italiana, COOPI. Con il contributo di ENGIM e VIS. (Capofila: Dott. Marco Zecchinato, ACLI-IPSIA) 2 1. SETTORE SOCIO-EDUCATIVO 1.1. Introduzione 1.1.1. Metodologia di lavoro Nel settore socio-educativo sono state inserite come oggetto di indagine tutte le problematiche che investono il soggetto nel suo percorso formativo e nel suo rapporto con la società. Per la sua ampiezza e complessità, sono state identificate 6 aree di analisi: Istruzione; Minoranze etniche; Minori; Condizione della donna; Tossicodipendenze1; Handicap. Tali aree sono state trattate separatamente per dare maggiore chiarezza all’elaborato. Bisogna comunque sottolineare che esistono legami tra i diversi ambiti e che spesso i problemi di fondo sono comuni e tra loro connessi. Si rileva inoltre l’importanza della trasversalità di genere a tutte le aree. Benché, infatti, la questione femminile venga affrontata di seguito in termini di disagio e difficoltà, va al tempo stesso sottolineato che le donne non sono soggetto debole o svantaggiato di per sé, ma sono tra i motori del cambiamento e dello sviluppo di un Paese2. 1.1.2. Background Il Nord dell’Albania, a causa delle mancate o inadeguate politiche sociali e della scarsità di finanziamenti destinati alla zona, presenta un alto tasso di povertà e un sempre maggiore divario tra poveri e ricchi, soprattutto nelle città. Nel 2003, il totale dei fondi investiti nei lavori pubblici, nell’educazione e nella sanità, così come gli investimenti del Ministero del Governo Locale e del Decentramento è stato il più basso degli ultimi tre anni. Nel 2005 le spese per l’educazione sono aumentate anche al Nord, pur rimanendo su livelli tra i più bassi in Albania. È invece sensibilmente calato, nel 2005, il finanziamento agli enti locali. Circa il 30% della popolazione dell’area vive in condizioni di povertà relativa3, mentre sono in aumento i soggetti vulnerabili al limite della povertà che decidono di lasciare le zone rurali alla volta di quelle urbane. Queste famiglie, stabilitesi irregolarmente nelle città e perciò prive di ogni autorizzazione e riconoscimento istituzionale, non possono essere registrate nei rispettivi uffici di stato civile dell’unità amministrativa e, di conseguenza, non possono fruire dello schema di assistenza sociale all’interno del nuovo contesto urbano, risultando così escluse dall’accesso a scuole, servizi sanitari e sociali4. 1 Rispetto al documento preparato nel 2004, si è sostituita alla precedente voce ‘Alcool e tossicodipendenze’ l’attuale ‘Tossicodipendenze’ poiché, nelle ricerca effettuate, i pochi dati emersi hanno riguardato soprattutto la tematica delle droghe. Va comunque evidenziato che la questione ‘dipendenze’ è in Albania piuttosto complessa e sfaccettata, ed include problematiche quali: 1) alcool-dipendenza (nonostante sia una questione spesso ‘dimenticata’, l’alcool è una sostanza di cui i Paesi balcanici sono tradizionalmente grandi consumatori); 2) tabagismo e 3) gioco d’azzardo (forme di dipendenza diffuse e visibili, benché generalmente tollerate dalla popolazione e dalla cultura corrente). Si rileva pertanto la necessità di approfondire l’indagine per consentire una lettura più completa del fenomeno. 2 Per completezza di informazione, si precisa che non è stata affrontata la delicata questione delle condizioni dei detenuti, mentre al problema emergente degli anziani si è fatto solo un breve accenno. 3 Povertà in termini sia economici (molte persone non sanno gestire adeguatamente le proprie risorse), sia culturali (limitato accesso all’istruzione e difficoltà di organizzazione all’interno di contesti diversi da quello d’origine). 4 Per maggiori informazioni sul fenomeno migratorio nel Nord Albania, in termini sia di migrazione interna sia di migrazione verso l’estero, si rimanda al capitolo IV di questo documento. Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo Gli investimenti strutturali, poi, sono concentrati nelle aree urbane maggiori, mentre sono quasi assenti nelle aree rurali. In tale contesto, la famiglia sembra essere il soggetto più debole, facilmente vittima di questo genere di processi di trasformazione socio-culturale, che spesso sono all’origine della sua disgregazione. Proprio sulla famiglia, infatti, ricadono responsabilità sempre più ampie e si concentra una pluralità di problematiche tale da rendere molto difficile, se non impossibile, individuare soluzioni adeguate. In genere, sono le donne a pagare il prezzo più alto della disgregazione della famiglia, soprattutto in un sistema di welfare e tutela sociale che in Albania, dopo la caduta del regime, non è stato in grado di rigenerarsi, continuando invece a caricare la donna di tutte le responsabilità connesse alla cura della famiglia. Il metodo di lavoro degli operatori sociali (ognuno concentrato sulle attività della propria organizzazione/struttura) non permette l’ottimizzazione delle già scarse risorse e risulta nel complesso disomogeneo e parcellizzato. L’intervento di sostegno alla famiglia deve infatti fornire un mix di aiuti e di professionalità interagenti, che consenta di rispondere coralmente alle istanze più urgenti e faciliti l’assunzione di un’ottica di genere consapevole del carico di responsabilità che grava sulle donne. In particolare, si ritiene determinante sostenere e promuovere politiche di welfare pubblico che facciano incontrare istituzioni e società civile, pubblico e privato sociale, diritti ed economia. L’indagine sui bisogni socio-educativi di un territorio non può prescindere dall’analisi delle condizioni di sviluppo di altri settori di intervento correlati (come ambiente, sviluppo economico, etc.). Cambiamenti in tali ambiti, infatti, portano a modifiche anche nel contesto socio-educativo, e viceversa5. Una delle prime carenze rilevate riguarda le politiche di welfare pubblico che, a livello centrale e locale, devono essere in grado di ridare dignità e centralità all’istruzione, alla sanità di base ed al lavoro. Tali temi, da trattare secondo un’ottica di diritti di piena cittadinanza ed una prospettiva di genere, dovrebbero veder coinvolto quel complesso di istituzioni e società civile, preposto alla costruzione di una democrazia inclusiva e capace di garantire il rispetto e la tutela dei diritti per tutti. Un altro problema sociale rilevante è la carenza di infrastrutture (strade, sistema di produzione e distribuzione dell’energia, scuole) necessarie per un corretto sviluppo economico e culturale della popolazione. L’inefficienza delle strade rende complicati gli scambi commerciali e spesso ostacola la fruizione dei servizi essenziali da parte delle persone che vivono nelle zone più isolate6. La carenza di energia elettrica in tutto il Paese, in particolare nel Nord e nelle campagne dove l’elettricità viene erogata solo in particolari fasce orarie e con voltaggi bassi ed incostanti, comporta costi altissimi per chi deve produrre in proprio e costringe all’isolamento chi dipende dalla fornitura statale. Nel 2005, benché si sia notato un certo miglioramento al sud, almeno per le grandi città, nelle regioni del Nord continuano tagli alla corrente elettrica per enti privati che superano anche le otto ore al giorno, provocando i danni maggiori a Scutari ed incidendo negativamente sulla stabilità e sulle possibilità di crescita economica della Regione. La popolazione ne ha poi risentito in termini di limitato accesso ai servizi idrico, educativo e sanitario. La popolazione è caratterizzata da una consistente presenza di giovani (la fascia d’età 0-19 anni rappresenta il 41,7% del totale). Nella Regione di Scutari il tasso di disoccupazione è piuttosto alto (26.8% in generale, 37% nelle aree urbane): in base a dati del censimento del 2001, nelle sei città di questa area vi erano 16.326 persone in cerca di lavoro. La maggior parte dei disoccupati risulta avere tra i 20 e i 24 anni, o superare i 34 anni7. Nelle zone rurali, poi, sta aumentando il numero di persone anziane abbandonate e/o con inabilità fisiche o mentali prive di cure, soprattutto a causa della tendenza dei membri più giovani della 5 È vero anche che miglioramenti al sistema socio-educativo di un dato territorio influiscono positivamente sul livello di sviluppo di molti altri settori. 6 Le condizioni del terreno nelle aree di montagna e lo stato precario delle strade sono un grave ostacolo al raggiungimento delle strutture scolastiche da parte dei bambini. 7 Il primo gruppo include giovani che hanno terminato il sistema scolastico di base o la scuola secondaria dopo il 1990, mentre il secondo i lavoratori in soprannumero, le cui capacità non rispecchiano le esigenze del mercato del lavoro. 4 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo famiglia ad emigrare. La situazione degli anziani è particolarmente problematica in quanto si tratta di una fascia di popolazione impoverita, che non riesce a provvedere alle proprie esigenze vitali. La creazione di piccole strutture residenziali per anziani non autosufficienti, insieme con la previsione di interventi integrati di natura sociale e sanitaria, è un altro punto chiave dello sviluppo sociale del Nord Albania. Talora, infine, si è riscontrato nelle persone un atteggiamento di noncuranza verso il prossimo, insieme con l’assenza di un codice etico di comportamento basato su una forma di solidarietà e di responsabilità civile individuale. 1.2. Istruzione 1.2.1. Analisi della situazione attuale Il sistema scolastico albanese, secondo la riforma recentemente entrata in vigore, prevede 2 cicli scolastici: uno primario, costituito dalla cosiddetta scuola ‘novenale’ (in sostituzione della precedente ciclo di otto anni) ed il ginnasio, della durata di tre anni (mentre in passato era di quattro anni). Per ottenere il diploma, i ragazzi possono iscriversi a scuole per corrispondenza, dove non è prevista la frequenza ai corsi, ma solo il superamento di alcuni esami finali8. Questa pratica è tuttavia in calo, dal momento che sono pochissime le scuole riconosciute e abilitate a tale servizio (ve ne sono, ad esempio, una a Scutari ed una a Tirana). La riforma governativa del settore si basa sinteticamente sulle seguenti linee guida: - stabilire un sistema di formazione professionale orientato ai sistemi adottati nei Paesi europei, tenendo nella dovuta considerazione la particolare situazione sociale ed economica albanese; - definire un quadro legislativo appropriato, che stabilisca i rapporti, i ruoli e le responsabilità delle istituzioni preposte, e in particolare del Ministero dell’Educazione e del Ministero del Lavoro, Affari Sociali e Pari Opportunità; - favorire la creazione di centri di formazione sul territorio albanese, specializzati nelle aree formative dove sono maggiori le potenzialità di sviluppo occupazionale, e capaci di identificare profili formativi adeguati. Per quanto riguarda il sistema universitario, le Facoltà hanno accesso limitato, basato su un test d’ingresso che seleziona i candidati idonei9. Il costo degli studi universitari risulta spesso insostenibile per la maggior parte della popolazione. LE CONDIZIONI NEL NORD ALBANIA Le ricerche mostrano che l’istruzione rimane caratterizzata da una bassa qualità, per carenze infrastrutturali (edifici scolastici non a norma, dove mancano luce, riscaldamento ed adeguate condizioni igieniche), la mancanza di attrezzature e libri di testo, la scarsa qualificazione degli insegnanti e l’utilizzo di programmi poveri e inadeguati alle mutate esigenze del mercato del lavoro e di una società in continua evoluzione10. Il fatto che molte delle carenze elencate si presentino già 8 A tal proposito, si è riscontrato un grado di corruzione degli esaminatori così alto che spesso, ai fini del risultato, non contano le reali capacità dei ragazzi, ma la quantità di denaro consegnata nel corso della prova scritta. 9 In realtà, spesso la selezione si basa su conoscenze, e non sul merito. 10 Nei tre distretti della regione di Scutari sono molti gli insegnanti che mancano delle competenze e delle qualifiche per esercitare la loro professione. Questo si riflette direttamente sulla scarsa qualità dell’insegnamento, così come sul basso tasso di apprendimento degli alunni. Nella scuola di base, ad esempio, vi sono 4.989 insegnati privi di competenze specifiche. Inoltre, va ricordato che gli insegnanti che hanno ottenuto il titolo di studio attraverso le scuole per corrispondenza, e con bassi risultati, rivelano lacune nelle competenze pedagogiche e scientifiche. Questa categoria di insegnanti, pertanto, insieme con coloro che non possiedono competenze rilevanti, necessita di seguire costanti corsi di aggiornamento. 5 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo a livello di scuola primaria spiega la scarsa preparazione degli studenti all’ingresso del ciclo scolastico successivo (anticamera, questa, dell’abbandono scolastico). Durante l’anno scolastico 2003-2004 il 66% delle scuole primarie presentava 474 “classi unificate”, con 6.492 alunni, ovvero circa il 24% del totale degli alunni registrati11. La problematica che coinvolge principalmente i minori è l’abbandono scolastico, dovuto alla mancanza di infrastrutture, alla condizione di povertà estrema delle famiglie, al fenomeno della ‘vendetta di sangue’, alla discriminazione etnica (intere popolazioni, come i Rom e Magyup, non hanno accesso alla scuola) e di genere (le donne sono spesso relegate ai ruoli tradizionali, e pertanto escluse dall’acceso all’istruzione). Il lavoro minorile, in genere in campo agricolo, rappresenta un contributo all’economia familiare, privando nel contempo i bambini del diritto all’educazione, fondamento della moderna società civile. Oltre all’abbandono scolastico reale, va sottolineato anche quello nascosto, dovuto alla presenza di bambini che, pur avendo concluso la scuola dell’obbligo, non sanno né leggere né scrivere (nell’anno scolastico 2003-2004, sono stati inoltre rilevati 3.728 casi di bambini con forti difficoltà di apprendimento oppure con problematiche come la dislessia, il 94.3% dei quali proviene da zone rurali). La qualità degli investimenti per la riabilitazione ed il mantenimento delle strutture scolastiche è una delle altre questioni rilevanti. Nel distretto di Scutari, ultimamente sono state riabilitate 62 scuole, ma di queste 22 necessitano di ulteriori ristrutturazioni. Il budget richiesto per coprire tali spese, tuttavia, non è sufficiente. Considerata la forte spinta all’emigrazione nel nord Albania, appare fondamentale potenziare le opportunità formative per i giovani dell’area. La richiesta di formazione giovanile in Albania è, infatti, largamente superiore all’offerta, spesso inadeguata proprio in quelle aree a maggior potenziale di sviluppo occupazionale (in settori quali edilizia, impiantistica, elettronica, informatica e servizi). 1.2.2. Obiettivi prioritari di sviluppo Potenziare il sistema educativo è una sfida che il Paese deve affrontare per ogni ordine e grado di istruzione, per garantire il rispetto dei diritti e l’ampliamento delle opportunità per i giovani e le nuove generazioni. A beneficiare della riforma del sistema scolastico devono essere: 1. gli allievi (per i quali vanno potenziate le possibilità di collegamenti e scambi educativoculturali); 2. gli insegnanti (che devono essere accreditati ed ai quali va garantito un costante aggiornamento professionale); 3. la comunità educante in generale (docenti, educatori, operatori sociali, etc.), dei quali vanno garantite la professionalità ed il possesso delle competenze richieste. Si propone di intervenire su più livelli, per: a. contrastare il rischio di abbandono scolastico primario e/o secondario per i ragazzi provenienti da famiglie a basso o bassissimo reddito; b. aumentare la qualità dell’insegnamento e dei curricula scolastici, per garantire agli studenti un livello di formazione diploma e post-diploma in grado di rispondere alle richieste del marcato del lavoro nazionale ed internazionale; c. sviluppare un sistema di formazione permanente e di aggiornamento professionale per adulti. 11 Le classi vengono unificate a seconda del numero di alunni. Di solito vengono unite la prima e la terza classe, la seconda e la quarta. Questo abbassa considerevolmente le concrete possibilità di accesso dei bambini all’educazione primaria. 6 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo Tra le istanze più urgenti, si evidenzia la necessità di: - sostenere le istituzioni locali nell’elaborazione ed implementazione di politiche locali di contrasto all’abbandono scolastico, ricercando la collaborazione di tutti i soggetti che operano sul territorio; - garantire l’accesso universale all’istruzione di base su tutto il territorio (con particolare attenzione alle zone rurali e montane); - fornire un’adeguata istruzione tramite personale docente qualificato; - accompagnare l’apprendimento scolastico con un sostegno sociale e psicologico all’interno della scuole; - adeguare i programmi formativi agli standard europei per facilitare l’ingresso dei giovani albanesi nel mercato internazionale del lavoro; - formare e qualificare risorse umane in vista di uno sviluppo e/o potenziamento della cooperazione tra sistema scolastico e sistema imprese-ricerca-sviluppo tecnologico; - incentivare la collaborazione di rete tra istituzioni locali e ONG (internazionali e locali); - orientare l’istruzione alla ricerca occupazionale e/o alla creazione di attività imprenditoriali; - promuovere attività di orientamento durante e al termine del percorso scolastico, come risorsa educativa trasversale; - garantire ed ampliare il servizio di orientamento ed accompagnamento al lavoro (Informalavoro) per tutti i cittadini; - potenziare l’educazione alla legalità; - favorire il protagonismo dei giovani e delle donne nella società. 1.2.3. Attività consigliate Per rispondere agli obiettivi sopra elencati, si suggeriscono interventi come: pianificazione e realizzazione di attività pilota (analisi, ricerca-azione, collaborazione concreta con scuole e istituzioni per inserimenti di bambini e bambine nelle scuole, accompagnamento e mediazione familiare, etc.), che siano parte di una politica istituzionale locale concertata tra istituzioni e società civile; capacity building delle istituzioni locali, per definire e/o realizzare modelli di gestione dei servizi essenziali di pubblica utilità e contribuire alla formazione/aggiornamento del personale responsabile delle politiche sociali; aggiornamento ed adeguamento dei programmi scolastici al contesto ed alle esigenze territoriali, così come alle linee guida comunitarie in materia di istruzione; attenzione ai processi di apprendimento dei ragazzi (attività di formazione per famiglie ed insegnanti sulle dinamiche dell’apprendimento in ciascuna fase dello sviluppo); mappatura delle scuole presenti e delle loro condizioni strutturali; ristrutturazione ed equipaggiamento delle scuole (incluse attrezzature per attività di laboratorio, sportive e culturali); corsi di riqualificazione e aggiornamento professionale per insegnanti12; incentivi all’insegnamento (aumento delle retribuzioni del personale docente, apertura di circoli culturali per i docenti); inserimento nelle scuole di figure professionali quali assistenti sociali, psicologi o educatori; promozione e sostegno di servizi per l’infanzia propedeutici all’avvio del percorso scolastico (asili nido, scuole materne e ludoteche)13; promozione e sostegno a spazi e centri aggregativi per l’empowerment di giovani e donne; diffusione di competenze informatiche ed educativo-multimediali nelle scuole secondarie, per potenziare lo sviluppo di discipline quali turismo, educazione ambientale e formazione tecnica; 12 Va rilevato, a tal proposito, che il Ministero dell’Educazione e della Scienza è interessato ad avviare collaborazioni con istituzioni disponibili ad organizzare e tenere corsi di qualificazione e riqualificazione del personale docente. 13 Il gioco e lo stimolo alla creatività sono parti integranti del processo educativo. 7 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo applicazione di pacchetti educativi sui temi della legalità e dell’educazione civica; attenta pianificazione di attività di orientamento al lavoro, comprensiva di: raccolta dei curricula delle persone in cerca di lavoro, creazione di una banca dati elettronica, organizzazione di colloqui ed incontri di orientamento formativo/professionale14, raccolta delle offerte di lavoro ed intermediazione con le imprese sul territorio, avvio di percorsi di inserimento lavorativo per particolari categorie di utenti particolarmente svantaggiate15, etc. apertura/potenziamento degli sportelli informativi e di orientamento per l’accesso al mondo del lavoro (evoluzione del servizio di ‘Informagiovani’ nella direzione di centro ‘Informalavoro’, in grado di mediare e mettere in contatto chi cerca e chi offre lavoro16); incremento della collaborazione tra lo sportello Informagiovani di Scutari e l’ufficio del lavoro (Zyre Punes) per lo scambio della documentazione17, ed avvio della cooperazione con altre strutture che operano sul territorio, per favorire l’accesso ai servizi di informazione-lavoro nelle aree disagiate della città (in genere abitate da persone provenienti dalle zone di montagna, che rappresentano una percentuale rilevante della popolazione disoccupata18); attività di sensibilizzazione delle famiglie come contrasto alla tendenza all’abbandono scolastico; sensibilizzazione dei media per la produzione e trasmissione di format educativi; costruzione di una banca dati dei ragazzi formati all’interno dei diversi centri professionali sul territorio, per facilitarne l’inserimento lavorativo o l’orientamento in caso di mobilità e riqualificazione; ampliamento della rete di istituti di formazione professionale, con il potenziamento delle strutture esistenti e l’apertura di nuovi centri; incremento delle capacità e del numero di convitti e semiconvitti per studenti (per favorire la frequenza scolastica da parte dei giovani residenti in zone rurali o di montagna); attivazione di corsi per adulti, che garantiscano la formazione di base per chi non abbia completato la scuola dell’obbligo o la riqualificazione professionale per chi rivesta ruoli educativi o dirigenziali. attivazione di autolinee a servizio degli studenti provenienti dai villaggi. 1.3. Minoranze etniche 1.3.1. Analisi della situazione attuale In Albania esistono diversi gruppi di minoranze etniche, che lo Stato finora non è stato in grado di integrare, nonostante la sottoscrizione di convenzioni e dichiarazioni internazionali in materia19. In 14 La prima attività si riferisce alla possibilità di sostenere colloqui individuali di orientamento e di auto-valutazione al di fuori della scuola. La seconda riguarda un servizio di orientamento rivolto agli studenti delle ultime classi delle Scuole Medie Superiori, mirato all’orientamento al lavoro ed alla scelta universitaria. 15 L’accompagnamento al lavoro, in questi casi, è articolato in una serie di colloqui di autovalutazione e di orientamento, cui seguono il vaglio di una stretta cernita di opportunità di lavoro, una prima visita di accompagnamento sul luogo di lavoro e da una serie di incontri di monitoraggio e valutazione dell’inserimento lavorativo. Per aumentare le possibilità di successo di questo percorso, è auspicabile disporre delle borse di inserimento lavorativo. 16 Tale ufficio deve raccogliere dati sull’offerta di lavoro per settore produttivo, fare opera di intermediazione con le imprese, promuovere l’utilizzo della banca dati ed approfondire l’aspetto comunicativo nei confronti della cittadinanza per la promozione delle attività sul territorio. 17 Questo aspetto è di particolare importanza perché vuole contribuire a risolvere il problema dell’eccessiva diffusione dell’aiuto economico per le famiglie indigenti come strumento di welfare. A questo proposito, l’ufficio di informazionelavoro per i giovani intende porsi nei confronti della propria utenza come strumento di welfare esso stesso. 18 Si possono prevedere, ad esempio, servizi di targeting territoriale, attraverso la distribuzione, raccolta ed analisi di schede-utente, i cui dati possano essere inseriti nel database informatizzato. 19 L’articolo 30 della Dichiarazione Universale sui Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite, ratificato nel 1992 dallo Stato albanese, sancisce che: “Negli stati dove esistono minoranze etniche, religiose, linguistiche o persone di origine autoctona, ad un bambino appartenente ad una minoranza o autoctono, non può essere negato il diritto ad avere la propria cultura, esercitare e praticare la propria religione e usare la propria lingua con i membri del suo gruppo”. Nella 8 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo realtà, nessuno dei principi cui lo Stato albanese si è sottoposto, soprattutto nelle regioni del Nord, viene rispettato (in particolare in riferimento ai gruppi di origine Rom). Nel nord Albania, le minoranze più consistenti sono i Rom e la minoranza Egiziana, conosciuta in Albania anche con l’appellativo di “popolo in movimento”. I Rom, presenti in America, Europa, Asia ed Africa, ma storicamente di origine indiana, conservano una lingua propria (il “Romani”). Tali due gruppi vengono spesso confusi tra loro (equivoco, questo, alimentato dalla loro tendenza a fondersi l’uno con l’altro). In realtà, si tratta di gruppi con una forte identità, che lottano per un’integrazione che, a volte, ne compromette la stessa sopravvivenza culturale. Oltre che per la mancanza di integrazione, queste minoranze soffrono anche per le gravi condizioni di povertà e di abbandono in cui vengono lasciati, tanto dallo Stato quanto dalla società civile. Sono infatti frequenti episodi di razzismo e discriminazione, legati soprattutto al colore della pelle e ad un pregiudizio diffuso in Albania, secondo cui questa gente ha un “sangue diverso”. Per le condizioni di marginalità cui sono relegati, Rom ed Egiziani sono costretti ai lavori più umili (raccolta dei rifiuti, rottamazione del ferro, riparazione delle scarpe, etc.). I bambini Rom, fin da piccoli, aiutano i genitori nella manovalanza e solo raramente vanno a scuola. Per questo, è altissimo il numero degli analfabeti. A livello statistico, risulta molto difficile censire la popolazione Rom, dal momento che, non essendo registrati (pur vivendo in genere nelle periferie delle città), di fatto per lo Stato albanese non esistono. Secondo i dati più recenti, ad ogni modo, i Rom costituiscono circa il 2,8% della popolazione del Nord Albania, pari a circa 109.000 persone. 1.3.2. Obiettivi prioritari di sviluppo Sostenere l’elaborazione ed implementazione di politiche di integrazione delle minoranze in un’ottica di promozione della piena cittadinanza e di valorizzazione delle differenze, attraverso azioni pilota che affrontino innanzitutto la questione del diritto all’istruzione; Difendere il diritto all’istruzione come diritto universale, attraverso azioni pilota come gli inserimenti scolastici graduali; Formare i minori albanesi e di altri gruppi etnici al concetto di cittadinanza attiva; Proporre e garantire attività ricreative per il tempo libero. 1.3.3. Attività consigliate Formazione/aggiornamento di educatori ed operatori sociali che lavorano con minori e ragazzi a rischio di emarginazione; Sviluppo, in ogni quartiere, di un sistema di educazione territoriale20, ad integrazione dei servizi scolastici; Attività interculturali e di valorizzazione delle differenze, per la promozione di una cultura dei diritti e di cittadinanza attiva; Attività integrate e coordinate a livello istituzionale e della società civile, per il miglioramento delle condizioni di vita ed il rispetto dei diritti delle minoranze; Sensibilizzazione dello Stato da un lato e della minoranza Rom dall’altro alla registrazione; Sensibilizzazione delle famiglie Rom alla scolarizzazione dei figli; Costituzione albanese, all’articolo 20, si legge poi: “ Le persone che appartengono alle minoranze nazionali godono della piena uguaglianza, dei diritti e delle libertà umane di fronte alla legge”. 20 Per educazione territoriale si intende quella attività di formazione volta allo sviluppo di capacità di orientamento sul proprio territorio, di convivenza con la comunità, di impiego dei servizi che le agenzie educative e sociali offrono sul territorio e, in generale, di divenire cittadinanza attiva. 9 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo Elaborazione di programmi di inserimento delle minoranze nelle scuole pubbliche; Promozione di campagne di informazione e sensibilizzazione della cittadinanza sui temi dei diritti umani, della non-violenza, della valore delle differenze e delle pari opportunità. 1.3.4. Ostacoli e/o fattori limitanti Diffidenza e reticenza all’interculturalità ed all’integrazione da parte di gran parte della popolazione albanese; Scarso interesse da parte delle istituzioni locali a sviluppare politiche di integrazione e rispetto delle differenze culturali (atteggiamento, questo, all’origine della mancata registrazione di un vasto numero di famiglie Rom e Magyup); Diffuso tasso di analfabetismo nei gruppi Rom e Magyup. 1.4. Minori 1.4.1. Analisi della situazione attuale In tutta l’Albania si contano molte strutture atte al “ricovero” di alcune categorie di minori, emarginate in quanto portatori di disagi dei quali la società non ha ancora imparato a farsi carico (soprattutto orfani, minori abbandonati, diversamente abili o con disagio psichico). La presenza di queste strutture chiuse: - solleva le istituzioni e la società dal farsi carico di tali problematiche, - impedisce a queste persone di vivere una condizione di piena cittadinanza, - congela risorse umane (operatori ed utenti), - impiega cospicue risorse finanziarie a solo scopo contenitivo21. Il superamento di questa cultura dell’istituzionalizzazione del disagio diventa importante anche perché si tratta di una concezione ricorrente e che si ritrova, ad esempio, anche in riferimento ai Convitti. I Convitti, molto diffusi in Albania, costituiscono uno strumento importante per garantire alle fasce più deboli della popolazione un buon livello di scolarizzazione. A Scutari sono presenti 6 convitti, 3 maschili e 3 femminili, che ospitano rispettivamente circa 180, 170, 280 ragazzi e 250 ragazze. Sono molti gli aspetti controversi di queste strutture, che ne limitano il potenziale e mettono in discussione l’efficacia: carenze infrastrutturali e tecniche, sovraffollamento, poca abitudine alla programmazione ed all’effettiva presa in carico dei problemi degli utenti, fenomeni di violenza e di abuso (in particolare su bambine e adolescenti), una gestione molto istituzionalizzata che limita gli spazi di autonomia e di responsabilizzazione, mancanza di stimoli ambientali (spazi chiusi o limitati, poche attività ricreative, etc.) ed assenza di iniziative di socializzazione ed orientamento alla vita futura fuori dal convitto. Si deduce dunque che chi lavora in queste strutture svolge prioritariamente funzioni di custodia e protezione, controllo ed assistenza logistica (a causa anche del considerevole divario tra personale addetto e numero di minori presenti). Dall’indagine condotta, è inoltre emerso che, sempre più frequentemente, i convitti accolgono "orfani" e ragazzi in stato di abbandono, che poi lo Stato non riesce a “ricollocare” (integrare nella società) nel momento in cui, per ragioni di età, non possono più rimanere nelle strutture di accoglienza residenziale per minori. Si crea dunque una circolo vizioso senza speranza: dentro i convitti, infatti, questi giovani adulti sono spesso apertamente considerati come una categoria 21 In Albania, infatti, non ha ancora preso forma una cultura della ‘presa in carico sociale’, attraverso attività di inserimento sociale e lavorativo che inducano lo sviluppo di percorsi di autonomia individuale. Sono ancora rari i centri di accoglienza diurna che, se da una parte assistono le famiglie (spesso disgregate ed incapaci di fornire un’educazione ed una formazione adeguata ai ragazzi), dall’altra non vogliono sostituirsi ad essa per non far perdere il valore insostituibile del nucleo familiare. 10 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo sociale marginale, oggetto di un certo pregiudizio sociale che ruota attorno ad avvenimenti tragici, come la morte dei genitori o l' abbandono da parte della famiglia di origine. Il solo ricovero e la protezione garantiti dai convitti, dove tuttavia non vengono pianificati percorsi di accompagnamento verso la vita adulta, non consentono lo sviluppo di una piena maturità per questi ragazzi, che spesso necessitano di assistenza anche dopo la maggiore età. La presenza di forti stimoli ambientali e di attività ludico-ricreative è fondamentale per sollecitare la mente nel corso dell’età evolutiva e fornire al bambino ulteriori strumenti di crescita. Come nei convitti, anche in molti villaggi del Nord Albania e nelle periferie delle città mancano o scarseggiano le attività ricreative (culturali, sportive, di socializzazione) per il tempo libero, ciò a discapito della crescita culturale, associativa e morale dei ragazzi. Se a ciò si aggiunge lo scarso livello del sistema educativo e le limitate opportunità di occupazione, si capisce l’origine di un diffuso atteggiamento di sfiducia verso il futuro, che aumenta il rischio per i giovani di diventare vittime della droga o della criminalità locale (delinquenza, spaccio, prostituzione). Non stupisce, dunque, che un ragazzo su tre di età compresa tra i 18 e i 20 anni desidera emigrare. Un’altra importante questione da sottolineare nell’indagine sulle condizioni dei minori nel Nord Albania riguarda il cosiddetto fenomeno delle ‘vendette di sangue’, problema serio ma non conosciuto a sufficienza. Queste vendette derivano da conflitti di lunga durata tra uomini appartenenti a famiglie rivali, che possono sfociare in omicidi (faide), dai quali le possibili vittime si difendono attraverso atteggiamenti di difesa passiva, come l' auto-reclusione in casa per tutti i parenti dal lato paterno. La Hakmarrje o Gjakmarrje, come viene chiamata in Albania la prassi della vendetta di sangue, è regolata da una serie di tradizioni di diritto consuetudinario, raccolte nel Kanun. È il disonore il motivo principale all’origine della vendetta22. Legittimando la faida, il Kanun rende lecite agli occhi della popolazione una serie di soprusi e violenze anche efferate. Tuttavia, nel Nord Albania, la consuetudine delle faide non rispetta letteralmente i dettami della Gjakmarrje, ma si traduce in vere e proprie violenze nei confronti di uomini, donne e bambini non in risposta ad un’offesa dell’onore, ma per semplice sentimento di odio o sete di rivalsa. Generalmente, vittime di questi feroci atti non sono gli uomini, diretti responsabili di questa prassi, ma le donne e i bambini, a loro malgrado coinvolti in questa spirale perché parte della cerchia familiare. I cosiddetti ‘minori sotto vendetta’ sono generalmente costretti a condizioni di isolamento forzato, il che impedisce loro di andare a scuola, socializzare con i coetanei e più semplcemente vivere l’infanzia con la consueta serena spensieratezza. Questi bambini si ritrovano infatti reclusi (a volte senza neppure la possibilità di avere rapporti con gli altri ragazzi) e costretti a vivere in un clima di terrore dove imparano ad odiare la famiglia che li opprime. Mancano in loro la fiducia nello Stato ed ogni stimolo alla convivenza sociale ed al rispetto della norme di convivenza civile. Non è possibile conoscere con esattezza il numero di famiglie coinvolte nella Gjakmarrje per le ancora rare denunce sporte e per le condizioni di clandestinità in cui vivono i membri delle famiglie potenzialmente vittima di vendetta23. 22 Secondo la tradizione: “Il disonore non si vendica con compensi, ma con spargimento di sangue o con un perdono generoso (fatto in seguito all’intervento di buoni amici)”. L’offesa dell’onore è così grave da poter essere risarcita solo con il sangue, ed è a sua volta un disonore non farlo. Nel Codice viene elencata una serie di azioni che possono disonorare un uomo (Libro Ottavo capo XVII), il quale per recuperare l’onore “non si appella alla giustizia […] ma si fa giustizia da se“. Mantenere integro il proprio onore è quasi un atto di fede, una prescrizione assoluta, con una caratteristica di sacralità che però spinge a conseguenze estreme ed inclina verso un uso diffuso della violenza. 23 Le fonti ufficiali riportano dati discordanti, nettamente inferiori rispetto alle dichiarazioni di rapporti indipendenti di organizzazioni internazionali. Un’analisi di UNICEF del 1998 stima che in Albania sarebbero circa 6.000 i ragazzi chiusi in casa. L’ex responsabile della prefettura di Lezhe del Comitato Nazionale di Riconciliazione nell’ottobre 2004 dichiarò che 1.376 bambini albanesi vivevano reclusi, mentre 711 non frequentavano la scuola. Più recentemente, l’Albanian Human Rights Group ha calcolato che le famiglie in auto-reclusione domiciliare per il fenomeno delle vendette di sangue sono salite a 1.400. L' Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, che dal 2004 segue il fenomeno nell' area di Scutari e nelle montagne circostanti, ha trovato e sta assistendo con programmi specifici più di 150 persone (di cui la metà bambini) solo nel comune di Scutari e nei villaggi circostanti. 11 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo 1.4.2. Obiettivi prioritari di sviluppo In base all’analisi effettuata, per affrontare complessivamente le tematiche legate alla protezione e tutela dei minori, si ritiene prioritario: - affiancare le istituzioni locali nella promozione di politiche giovanili atte ad aumentare le opportunità e prevenire/curare i disagi (attività, queste, che richiedono la collaborazione e la sinergia della società civile, in un’ottica di democrazia inclusiva e cittadinanza attiva); - offrire attività di formazione e prevenzione del disagio per i minori; - favorire l’integrazione delle minoranze; - avviare processi di risoluzione non violenta dei conflitti che permettano la riappacificazione tra famiglie e una diminuzione dei casi di vendetta di sangue; - sensibilizzare le istituzioni sul problema della vendetta, affinché vengano applicate le leggi vigenti e ci si avvii verso un' eliminazione generale del fenomeno; - ottenere statistiche precise ed attendibili sul numero e la dislocazione geografica delle famiglie costrette all’isolamento per sfuggire alla vendetta; - favorire la conoscenza e promuovere il rispetto della legge (per aumentare la fiducia della popolazione nel sistema giudiziario); - incentivare le istituzioni ad aumentare la collaborazione con le ONG nella prevenzione e nel contrasto al fenomeno della ‘vendetta’; - favorire l' accesso all' istruzione per i minori che vivono in condizioni di auto-reclusione e facilitare il riconoscimento di un percorso di studi alternativo a quello ufficiale (per esempio quello domiciliare/per corrispondenza); - promuovere programmi ed interventi sull’educazione all’equità di genere tra i minori e gli educatori. 1.4.3. Attività consigliate Elaborazione concertata ed avvio di azioni pilota a favore dei giovani, da parte delle istituzioni locali in collaborazione con la società civile; Promozione e sostegno alle associazioni di giovani; Formazione ed aggiornamento di educatori, operatori sociali ed animatori che lavorano con l’infanzia e la gioventù a rischio di emarginazione; Sviluppo in ogni quartiere di un sistema di educazione territoriale, ad integrazione dei servizi scolastici; Creazione di spazi di aggregazione e centri giovanili gestiti da gruppi di giovani, per la promozione di una cultura giovanile basata sul rispetto delle differenze (prima tra tutte la differenza di genere), l’organizzazione di attività di orientamento e formazione o di stimolo alla creatività, progettazione partecipata e ricerca di opportunità; Attivazione di centri di ascolto e orientamento per minori a rischio; Ripensamento delle modalità di accoglienza e cura dei minori diversamente abili e/o senza famiglia, attraverso la creazione di case famiglia e strutture di riabilitazione diurne e aperte24 (per un approfondimento sulle case famiglia si rimanda alla scheda in calce al § 1.7); Promozione di iniziative di scambio con Paesi che abbiano affrontato problematiche simili, che consentano occasioni di riflessione per individuare percorsi innovativi e stimolino la pianificazione di interventi di cooperazione frutto del confronto di più esperienze e metodologie. 24 Simili strutture dovrebbero essere luoghi di incontro dove i minori possano maturare e sviluppare la fiducia in se stessi. In essi va garantita ai ragazzi la possibilità di una formazione integrale attraverso: sostegno scolastico-educativo, sport, attività ricreative e di socializzazione. Un’altra importante funzione di questi centri è formare le famiglie al senso di responsabilità, a farsi carico di situazioni difficili, a sviluppare una più profonda attenzione verso gli altri, al rispetto della legalità (soprattutto entro le mura domestiche). 12 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo Con riferimento specifico al fenomeno delle vendette di sangue: potenziamento della collaborazione con la società civile e le istituzioni locali nell’identificazione e nel monitoraggio del fenomeno; promozione del rispetto della legge e del ricorso alla denuncia come forma di contrasto e lotta al fenomeno; sensibilizzazione dell’opinione pubblica; promozione di forme di auto-organizzazione per donne e giovani, in alternativa alla concezione tradizionale formalizzata nel Kanun (per la promozione di una nuova cultura dei diritti e della legalità); assistenza legale per le vittime; aumento delle sinergie tra istituzioni locali, società civile ed ONG, per meglio percepire e rispondere con efficacia ai bisogni delle vittime di vendetta; garanzia di accesso all' istruzione e di sostegno psico-sociale per bambini isolati e gruppi vulnerabili; attività di formazione professionale ed avviamento al lavoro per i genitori/familiari dei bambini a rischio vendetta, come incentivo all’autosostentamento economico; campagne di informazione sugli interventi realizzati e sulle opportunità offerte dal Governo e da associazioni/missioni/comitati, per il supporto e la riabilitazione delle vittime della vendetta; formazione di giornalisti e professionisti dell’informazione, per garantire una trattazione professionale del fenomeno e non alimentare meccanismi psicologici di incentivo alla vendetta. 1.4.4. Ostacoli e/o fattori limitanti Per quanto riguarda il ricorso a strutture quali i convitti, si nota: - una tendenza all’istituzionalizzazione del disagio, affrontato solo con atteggiamento assistenziale; - poca sinergia tra Convitti ed enti deputati all’istruzione; - l’assenza di luoghi di aggregazione per un confronto sulle problematiche sociali, etiche, civili; - l’assenza di enti, luoghi di ritrovo ed associazioni per i giovani; - un alto livello di disgregazione familiare (cfr. il fenomeno migratorio), con conseguenti ricadute negative sulla qualità dell’educazione genitoriale. In riferimento al fenomeno della ‘vendetta di sangue’ si segnalano invece: La mancanza di una mappatura delle zone del Nord dell' Albania in cui tale fenomeno è più diffuso; la mancanza di fiducia nelle istituzioni da parte delle famiglie albanesi, soprattutto quelle che abitano nei villaggi e nelle montagne; la paura diffusa nella popolazione, per la particolare efferatezza delle vendette; la scarsa coscienza pubblica su legge e diritti e l’ancor meno diffusa fiducia nel sistema giudiziario; la mancanza di cooperazione tra organizzazioni non governative ed istituzioni; la mancanza dell' istruzione e della trasmissione di valori positivi ai minori coinvolti nelle violenze nel corso dell’età evolutiva; lo stato di estrema miseria e povertà in cui vivono le famiglie ‘vendetta’, che si traduce in un senso forte di impotenza e di auto-svilimento (si assiste ad un forte calo della auto-dignità, anche per l’incapacità di questi nuclei familiari di provvedere al proprio sostentamento economico). 13 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo 1.5. Donne 1.5.1. Condizione della donna La valorizzazione del ruolo delle donne è un contributo importante ad un positivo sviluppo sociale e, per questo, garantire loro l’accesso all’istruzione, alle pari opportunità ed una piena partecipazione alla vita sociale e politica del Paese è fondamentale per far acquisire alle donne piena coscienza dei propri diritti e per veicolare il riconoscimento del loro ruolo attivo di cittadine. Il livello e la qualità della partecipazione femminile alla vita politica di una nazione sono uno dei termometri con cui analizzare il grado di valorizzazione del ruolo della donna in una data società. In proposito, va notato che circa il 55% delle donne iscritte all’associazione Forum delle Donne di Tirana possiede un grado medio di istruzione. Dati ancor più sconfortanti si riferiscono al numero ed alla preparazione delle donne impegnate nella politica locale, specialmente nelle zone rurali o di montagna. In Albania, dal 1998 la competenza a livello istituzionale sulle tematiche di genere è passata al Comitato Donna e Famiglia, che fa capo direttamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (in precedenza era il Ministero del Lavoro, Affari Sociali e Pari Opportunità ad avere al suo interno e alle sue dipendenze un Ufficio Donna). Questo cambiamento istituzionale ha avuto il merito di aumentare la visibilità delle iniziative rivolte alle donne, benché le autorità albanesi, tuttavia, continuino a riservare scarsa attenzione ai bisogni delle donne25. La nuova Costituzione ribadisce la parità di diritti per uomini e donne, ma il divario tra ciò che afferma la legge e la sua applicazione é ancora enorme. Tra i passi positivi compiuti negli ultimi anni, va ricordata l’approvazione della legge sulla violenza domestica, mentre è tuttora in fase di revisione il Codice della Famiglia. Si tratta di strumenti legislativi che tutelano maggiormente le donne ma occorrerà verificare la corretta applicazione. 1.5.2. Obiettivi prioritari di sviluppo Oggi si ammette universalmente che l’empowerment della donna non è marginale rispetto a tutte le questioni legate allo sviluppo di una società moderna ed è ad esse trasversale. Soprattutto, non c’è processo di democratizzazione, di sviluppo sostenibile o di cambiamento senza il contributo delle donne. Da ciò deriva l’importanza di elaborare percorsi che favoriscano l’interdisciplinarietà, la reciprocità e l’uguaglianza di genere. Alcuni obiettivi prioritari di intervento sono: - promuovere la cultura delle pari opportunità tra uomini e donne; - favorire la formazione e l’inserimento lavorativo delle donne; - prevenire le violenze sulle donne e il traffico di esseri umani; - offrire tutela e protezione alle donne vittime di violenza e/o della tratta e favorire il loro reinserimento nella vita sociale; - perseguire penalmente i responsabili di maltrattamenti e abusi sulle donne e le persone coinvolte nel traffico di esseri umani; - assicurare il diritto all’istruzione per bambine e adolescenti; - superare gli ostacoli legali, economici, politici e culturali che ostacolano o impediscono l’accesso e/o la partecipazione delle donne ai processi di costruzione della società; - riconoscere e sostenere il ruolo attivo che la donna ha nel processo di democratizzazione e sviluppo sostenibile della società; - incrementare la partecipazione delle donne nei processi decisionali, con particolare riferimento alla gestione ed organizzazione delle politiche sull’istruzione; - favorire ed aumentare il grado di partecipazione della donna alla vita politica locale. 25 Lo stesso Comitato Donna e Famiglia, a dire il vero, ha poche risorse a disposizione per attuare le sue politiche. 14 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo 1.5.3. Attività consigliate Alla luce degli obiettivi sopra indicati, si ritiene prioritario: promuovere e sostenere le forme di associazionismo femminile, per contribuire alla analisi critica di una cultura della violenza, patriarcale e clanica, in favore di una cultura inclusiva delle differenze, intese come valore e opportunità; sensibilizzare l’opinione pubblica e la società civile sui diritti delle donne tramite mezzi di comunicazione sociale ed incontri tematici (seminari, conferenze, etc).; potenziare i servizi di formazione, orientamento ed accoglienza (convitti), con particolare attenzione alle giovani in situazioni di forte disagio residenti nelle periferie delle città o provenienti dai villaggi; realizzare iniziative di formazione sui diritti riproduttivi della donna, per incentivare la cura della persona, la pratica della prevenzione e l’adozione di comportamenti sessuali consapevoli e responsabili; attivare servizi sanitari territoriali per le donne; creare centri e spazi pubblici per le donne auto-promossi ed auto-gestiti da gruppi di donne, dove sperimentare e coniugare il bisogno di socialità e di aggregazione con servizi di vario genere (ricerca del lavoro, forme di lavoro sociale, lobbing istituzionale per portare dentro le istituzioni la voce delle donne); favorire l’erogazione di microcredito a gruppi/associazioni di donne; organizzare corsi di aggiornamento e seminari per formatori, insegnanti ed operatori sociali sui temi della violenza e della tratta; favorire l’inserimento nei programmi scolastici di moduli dedicati alla conoscenza e prevenzione del fenomeno della tratta di esseri umani; sensibilizzare gli studenti sulle tematiche di genere (differenza di genere, diritti umani e delle donne, conseguenze della violazione di tali diritti, valorizzazione delle differenze, etc.); identificare, tramite un’accurata mappatura territoriale, le zone più affette dal fenomeno della tratta; costruire un database per la raccolta ed analisi dei dati relativi alla tratta di esseri umani; favorire la diffusione di servizi di pronto intervento per fornire assistenza in tempo reale alla vittime del traffico (es. numero verde contro la tratta, centri d’ascolto, strutture di prima accoglienza per le vittime, etc.); promuovere e sostenere anche nelle zone periferiche centri di ascolto e case rifugio per donne e bambini vittime di violenza gestite da associazioni di donne che garantiscano l’empowerment delle utenti e non solo assistenza; aprire case per la protezione delle donne vittime del trafficking; favorire la relazione tra enti, istituzioni e ONG che operano nella campo della prevenzione e del contrasto al traffico di esseri umani, per incentivare il lavoro di rete ed assistere al meglio le vittime della tratta e/o di fenomeni di violenza nel percorso di reinserimento sociale (tavoli locali inter-istituzionali contro la violenza, accordi tra società civile e istituzioni per l’accoglienza delle vittime, raccolta dati e best practices, etc.); formare e aggiornare i rappresentanti degli enti nazionali e locali, impegnati nella lotta alla tratta e alla violenza; creare condizioni di più facile accesso per le donne alla vita politica locale (attraverso, ad esempio, la garanzia di continuità del percorso formativo)26. 26 Per concorrere a cariche politiche di rilievo, ai candidati è richiesto un livello di istruzione universitario. 15 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo 1.5.4. Risorse esistenti Negli ultimi anni, grazie all’impegno di istituzioni, organizzazioni internazionali, enti no profit e società civile, sono stati compiuti passi in avanti nella realizzazione di interventi a favore delle donne. Tra questi, si ricordano in particolare una serie di centri ed associazioni che lavorano, a vario titolo e con diversi focus, sulle tematiche di genere: - ‘Centro del Lavoro delle Donne e delle Ragazze’, che opera a Scutari ed offre servizi gratuiti di formazione professionale; - Centro Donna “Passi Leggeri” di Scutari, nato nel 2001 e che sinora ha realizzato: a. una antenna di studio e di analisi permanente della condizione sociale delle donne residenti a Scutari, per meglio orientare le azioni di potenziamento, visibilità e sostegno del ruolo sociale delle donne, in virtù di una trasformazione della realtà scutarina27, b. una collaborazione strutturale con alcune istituzioni locali, che ha dato vita a 1) un tavolo inter-istituzionale che vede coinvolti il comune di Scutari, la polizia, il tribunale, i servizi sanitari e l’ospedale, atto a meglio accogliere e difendere le donne vittime di violenza, formare le istituzioni sul tema, predisporre campagne di sensibilizzazione e prepare l’applicazione della nuova legge sulla violenza domestica e 2) un gruppo istituzionale di monitoraggio sull’applicazione del vigente protocollo sul ‘percorso nascita’ e per la difesa dei diritti riproduttivi delle donne, che vede coinvolti comune di Scutari, Ospedale e servizi sanitari di base della città di Scutari, c. un asilo, babyparking, ludoteca per bambini, d. attività di bar-ristorazione-catering, e. spazio accoglienza e informazione, f. attività di counselling su salute e vulnerabilità, g. corsi di formazione professionale, h. lavoro sociale nei quartieri disagiati della città in una logica di welfare mix in un’ottica di genere; - ‘Associazione cristiana delle donne albanesi’, che fornisce servizi di babysitteraggio e relativi corsi di formazione per ragazze albanesi ed attività di formazione rivolta alle mamme per la crescita e l’educazione dei figli; - ‘Fondazione Donna e Integrazione’, che svolge attività di analisi e sensibilizzazione su tematiche quali istruzione, genere e sviluppo, pari opportunità, integrazione di genere. In particolare, tali attività comprendono: a. l’elaborazione di una panoramica dei ruoli e del grado di coinvolgimento delle donne nei diversi stadi e settori del sistema educativo, b. l’identificazione dei possibili fattori che ostacolano lo sviluppo di condizioni di pari opportunità tra uomini e donne, e l’elaborazione di conseguenti proposte di intervento, c. la denuncia dei bisogni specifici delle regazze/donne, in tema di istruzione e formazione professionale e la pianificazione di misure ad hoc per rispondere a tali istanze, d. la promozione di una equa partecipazione e divisione delle responsabilità tra uomini e donne, nelle attività di pianificazione, organizzazione, gestione, amministrazione e distribuzione dei fondi relativi all’istruzione; e. sostegno al ‘QAG’ (Centro legale per le donne), che offre una consulenza legale e psicosociale gratuita per donne vittime di molestie, abusi o violenze. Il Centro cura la pubblicazione di una rivista periodica trimestrale, in albanese ed inglese28, e 27 A tal propposito, sono state prodotte una ricerca-azione sulla condizione della donna a Scutari nel 2002, una ricerca sul sistema di welfare a Scutari nel 2003 ed una mappatura costante dei servizi presenti a cui le donne possono accedere. E’ poi stato attivato un servizio anti-violenza con centro di ascolto, accompagnamento e consulenza legale. 28 “La legge opportunità di sviluppo per le donne”, Rruga Sami Frasheri, Pal.20, Scala 1, Ap.8, Tirana, Albania; Cas. Post.1549. 16 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento - Settore Socio-educativo gestisce un progetto di “Monitoraggio dei Progetti di legge da parte della Società civile nel contesto di genere”, finanziato da SOROS29. ‘Fondazione Rozafa’, che svolge un importante servizio a favore dell’imprenditorialità femminile, in particolare per la commercializzazione in Albania e all’estero di prodotti artigianali e tessili. La Fondazione, registata nel dicembre 2006 presso il Tribunale di Tirana, è costituita interamente da donne albanesi che conoscono e hanno collaborato con l’associazione SHIS30. Essa costituisce un importante patrimonio ed uno strumento per lo sviluppo ulteriore della microimprenditorialità femminile e per la realizzazione di nuove iniziative. L’attenzione della politica albanese alle tematiche di genere è testimoniata anche dalla recente produzione di studi e di analisi sul tema. Tra questi, vanno citati il documento “Violenza in famiglia, situazione attuale in Albania”, prodotto dal Ministero del Lavoro, Affari Sociali e pari Opportunità (aggiornato ale 20.11.2006) e la ricerca, condotta da Fadil Kepi, su "La donna nel Focus della legislazione delle Assicurazioni sociali" (aggiornato al 24.11.2006). 1.5.5. Ostacoli e/o fattori limitanti La situazione della donna nelle regioni del Nord Albania risulta particolarmente complessa per una serie di fattori, quali: forte discriminazione legata al genere (circa il 40% delle bambine/adolescenti, ad esempio, non frequenta oppure abbandona la scuola. Inoltre non vi è accesso alla scuola superiore dopo i 16 anni). All’origine di tale tendenza all’emarginazione vi sono ragioni di carattere tanto economico (povertà)31 quanto culturale (tradizione patriarcale che opprime e limita la libera scelta delle donne, immagini stereotipate che bloccano le potenzialità delle ragazze, scarso sviluppo della coscienza di genere, peso delle responsabilità domestiche); insufficienti tutele istituzionali: la caduta del regime e la conseguente crisi economica, insieme con il ritorno a forme arcaiche di controllo sociale sulle donne (come il Kanun) e la diffusione di nuove forme di sfruttamento delle donne (tratta di esseri umani, ai fini dello sfruttamento della prostituzione), hanno aumentato il grado di vulnerabilità delle donne. Molte di loro, infatti, nei primi anni Novanta hanno perso il lavoro, tornando così economicamente dipendenti dalla famiglia; limitate opportunità lavorative: molte donne, oggi, pur di lavorare accettano di svolgere attività mal pagate e poco qualificanti e senza alcuna forma di tutela (basti pensare, ad esempio, al caso di molte fabbriche manifatturiere di recente apertura); isolamento o scarsa partecipazione alla vita sociale del villaggio/paese; scarso sostegno politico e sociale alle donne, spesso caricate di nuove forme di responsabilità: oltre ai tradizionali oneri legati alla sfera domestica, è in forte aumento il numero di donne capo-famiglia, incaricate non solo della cura ma anche del sostentamento economico dei figli e degli anziani32. La mancanza di un sostegno alla famiglia e alle donne oberate da responsabilità sempre maggiori (e con sempre minori strumenti, anche culturali, per l’esercizio di una genitorialità consapevole) è certamente all’origine di un maggiore ricorso alle strutture residenziali per categorie ‘problematiche’ (nelle strutture per orfani, ad 29 Alcuni dei testi di legge monitorati sono: a) Modifiche sulla legge 7650, del 17.12.1992 “Per l’adozione dei minori da parte di stranieri e per alcune modifiche nel codice della famiglia”, b) Modifiche sulla legge 9062, del 08.05.2003 “Codice della Famiglia”, c) Modifiche sulla legge 8950, del 10.10.2002 “Per la situazione civile”, d) Legge 9198, del 26.02.2004 “Per una società di Pari Opportunità”, e) Progetto di legge “Per la ratifica della Convenzione europea sul ricompenso delle vittime per crimini violenti. 30 SHIS è una ONG albanese partner di AVSI nella realizzazione di un intervento, finanziato dalla Cooperazione italiana, per la promozione ed incentivazione della microimprenditorialità femminile. 31 Nelle aree rurali, dopo la spartizione delle terre tra gli abitanti dei villaggi ed il contemporaneo intensificarsi della tendenza degli uomini ad emigrare, la mancanza di macchinari agricoli adeguati e di finanziamenti ha costretto le donne ad occuparsi del duro lavoro dei campi, per garantire il sostentamento della famiglia. 32 Questo deriva principalmente dalla presenza di un alto numero di famiglie “in vendetta” (in cui gli uomini sono costretti al totale isolamento lavorativo e sociale) e dall’alto tasso di emigrazione maschile per motivi di lavoro. 17 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo esempio, vengono spesso ricoverati anche bambini con i genitori, ma provenienti da situazioni familiari difficili); inadeguatezza dei servizi ginecologici e di ostetricia. Molte operatrici sociali che lavorano nel campo della salute sottolineano l’esigenza di potenziare i servizi legati alla salute riproduttiva (cfr. i consultori) dal momento che oggi i pochi servizi di prevenzione esistenti sono disponibili solo presso l’ospedale33. Queste carenze impediscono alle donne di affrontare serenamente le questioni legate alla salute e disincentivano la ricerca di condizioni migliori per il proprio benessere; scarsa informazione e formazione delle donne sui diritti riproduttivi, in particolare nelle aree isolate e maggiormente affette da carenze infrastrutturali; il ricorso al matrimonio forzato, anche in età precoce, come unica prospettiva per molte giovani donne delle zone rurali e montane (può accadere che siano i genitori a scegliere lo sposo della figlia, anche contro la sua volontà o senza che la ragazza abbia nemmeno visto il futuro marito); ancora diffuso ricorso alla violenza nei confronti della donna, spesso oggetto di maltrattamenti ed abusi da parte dell’uomo, soprattutto all’interno della sfera domestica34; mancanza di protezione/tutela delle donne che denunciano o cercano di fuggire una situazione di violenza: non esistono forme di supporto psicologico per le vittime degli abusi e l’abbandono del tetto coniugale o il divorzio sono spesso oggetto di pregiudizio sociale35; carenza dei servizi di assistenza sanitaria e psicologica per donne vittime di violenza: sono ancora pochi i servizi anti-violenza e le strutture di emergenza o prima accoglienza, per donne che vorrebbero lasciare la propria famiglia ma che non hanno un luogo alternativo in cui andare36; diffusione del fenomeno della tratta a fini della prostituzione. Il ricorso allo sfruttamento della prostituzione, di donne di età compresa tra i 14 ed i 55 anni, è stato e continua ad essere un fenomeno dilagante, cui è difficile porre freno (nel complesso, oltre 20.000 donne albanesi sono state portate all’estero e costrette a prostituirsi)37. Va segnalato inoltre la presenza di fenomeni legato allo sfruttamento della prostituzione anche dentro l’Albania; difficile reinserimento socio-lavorativo di ragazze e donne ex vittime della tratta, poiché stigmatizzate dalla società e spesso rifiutate dalla stessa famiglia d’origine, che le accusa di averla disonorata. Nel Nord Albania, sono ancora poche le strutture di accoglienza ed i servizi a sostegno della vittime della tratta. 33 I servizi di prevenzione sono spesso considerati accessori, un di più sul quale si può investire solo quando siano garantiti i servizi di emergenza. 34 Le violenze contro la donne rappresentano un problema nazionale estremamente serio. Le donne vittime di violenza sono circa il 64% della popolazione femminile complessiva. Il 70% delle vittime ha subito violenza all’interno della famiglia. 35 A limitare il numero di denunce di violenza, infatti, non è solo la scarsa fiducia nelle istituzioni giudiziarie ma soprattutto il timore di dover affrontare l’opinione pubblica e l’alto rischio di emarginazione sociale. Di fatto, per la donna è difficile lasciare la propria famiglia, sia per ragioni economiche sia per una mentalità ampiamente diffusa, che richiede loro di restare in famiglia, in ogni caso e a qualunque costo. 36 La necessità di incentivare e sostenere l’apertura di tali strutture è tanto maggiore quanto più si considera che, spesso, in determinate condizioni di cronicità nell’abuso, le vittime tendono ad arrendersi all’ineluttabilità delle loro condizioni, opponendo una resistenza sempre minore, fino all’assenza di reazione ed all’assuefazione. 37 Alcune tra le cause principali all’origine del traffico di esseri umani sono: il ricorso alla violenza sulle donne; la scarsa educazione femminile e le poche opportunità occupazionali; le misere condizioni economiche ed il desiderio di una vita migliore; l’inconsapevolezza del proprio destino dopo l’espatrio; le possibilità, per la rete criminale, di maturare alti profitti a costi e rischi relativamente bassi; una rete internazionale di contrasto al fenomeno ancora debole; una limitata osservanza della legge; la persistenza di una domanda di mercato del sesso nei Paesi di destinazione. 18 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo 1.6. Tossicodipendenze 1.6.1. Analisi della situazione attuale Il fenomeno della tossicodipendenza, in Albania, è ormai una vera e propria emergenza, sulla quale, tuttavia, gli unici dati attendibili a disposizione, fatti propri anche dalle istituzioni pubbliche, provengono da una ricerca UNICEF del 2002 (Rapid Assessment and Response on HIV/AIDS among Young Drugs Users). Secondo tale studio, nel 2002 si contavano nel Paese 30.000 tossicodipendenti, di cui 10.000 nella sola Tirana38. Altrettanto urgente il problema dell’alcoolismo, sul quale mancano comunque riferimenti statistici precisi. Questi fenomeni risultano tanto più gravi perché diffusi in un contesto di pericolosa tolleranza e su un territorio in cui mancano o scarseggiano strutture e servizi di aiuto e sostegno delle persone affette da alcool o tossicodipendenza. Scutari è particolarmente esposta al rischio ‘droga’, dal momento che ha una popolazione mediamente giovane ed è una tappa nota sulla rotta del traffico degli stupefacenti39. Se a ciò si sommano la difficoltà dello Stato, che dispone di mezzi scarsi, di condurre una repressione efficace e la mancanza di adeguati servizi sul territorio, il quadro complessivo appare drammatico. L’eroina è la droga di più larga diffusione, utilizzata fin dagli anni Novanta. Successivamente sono apparse anche la Cannabis sativa (marijuana, hashish) e la cocaina. La coltivazione e produzione di Cannabis sativa a Scutari sono iniziate nel 1992 (solo nel 2001 nell’area sono state distrutte circa 22.000 radici di Cannabis). I riferimenti legislativi in materia di sostanze stupefacenti non mancano. La legge n. 7975 del 1995 sui narcotici e le sostanze psicotrope, che stabiliva le regole circa le attività di produzione, fabbricazione, importazione, esportazione, commercio, uso, controllo e custodia di sostanze stupefacenti, è stata emendata prima dalla legge n. 8279 del 1998 poi, nel febbraio 2001, da un secondo emendamento che depenalizza l’uso di droga quando si detengono non più di 2 dosi (in caso di detenzione di 3 o più dosi, invece, è prevista una pena di reclusione fino a 15 anni). Nel dicembre 2001, poi, il Parlamento albanese ha aderito alla Convenzione ONU contro i traffici illegali di sostanze narcotiche, e nel marzo dello stesso anno ha approvato una legge per la prevenzione del traffico illegale delle sostanze narcotiche, istituendo anche un Comitato Interministeriale per il Controllo della Droga40. La Strategia Nazionale per i Servizi Sociali 2002-2007 tratta il fenomeno elencando anche misure da attuare per contrastarne la diffusione, ma la successiva Strategia Nazionale per i Servizi Sociali 2005-2010 dedica poco spazio al tema, rimandando per competenza alla Strategia Nazionale Antidroga 2004-2010 varata dal Ministero della Sanità (DM n. 292 del 07.05.2004), che tuttavia non presenta novità di rilievo rispetto a quanto già evidenziato dai Servizi Sociali. Il Ministero della Sanità, denunciando la gravità della situazione, elenca una serie di misure volte alla repressione del fenomeno in Albania e propone alcuni interventi di prevenzione primaria, secondaria e terziaria. 38 La stima di coloro che fanno uso di droghe in Albania nell’anno 1995 era di 5.000, nel 1999 si è arrivati a 20.000 e nel 2002 a circa 32.000. Per Scutari, lo studio Unicef descritto sopra indica che i tossicodipendenti risultano essere 760 (nel 2001). La maggior parte di questi ha un’età compresa tra i 17 e i 21 anni, ma è in crescita anche il numero di coloro tra i 15 e i 17 anni. Il rapporto maschi/femmine risulta essere 12/1. Ci sono stati alcuni casi di overdose, ma non di morte da overdose, anche perché questi sono diagnosticati come avvelenamento. Sempre a Scutari, si è rilevato che cause principali della dipendenza sono conflitti o disgrazie in famiglia, depressione e mancanza di prospettive per il futuro, abuso fisico. La maggior parte dei tossicodipendenti di Scutari ha interrotto gli studi dopo la scuola elementare, gli altri al termine della scuola media. 39 La posizione geografica di Scutari, che si affaccia sul Mar Adriatico e confina con il Montenegro, la rende un luogo strategico per tutti i tipi di traffici, in particolare per il traffico di droghe. 40 Va inoltre evidenziata l’approvazione della Legge n. 8494 del 27.5.99, con cui è stata ratificata dal Parlamento albanese una convenzione siglata tra Comunità Emmanuel, Caritas e Ministero del Lavoro e degli Affari Sociali per la costruzione ed il funzionamento del Centro Sociale Polivalente di Vaqarr a Tirana (l’unico centro riabilitativo dell’Albania e dei Balcani). 19 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo Nella Strategia, inoltre, si sostiene che la realizzazione delle attività elencate è sicuramente superiore alle possibilità attuali del paese; tuttavia, si auspica il coinvolgimento di istituzioni internazionali e ONG straniere per favorire l’attuazione delle Strategie Nazionali. 1.6.2. Obiettivi prioritari di sviluppo I precisi indirizzi strategici descritti nella Strategia Nazionale dei Servizi Sociali 2002-2007 e ripresi nella Strategia Nazionale Antidroga 2005-2010 sono: − costruire ed avviare dei Centri di Riabilitazione; − istituire dei Centri Integrati per lo sviluppo e l’educazione professionale e culturale degli ex tossicodipendenti; − sensibilizzare e stimolare la partecipazione delle strutture pubbliche, delle scuole e delle forze di polizia nel contrasto al fenomeno; − formare personale specializzato (medici, terapeuti, psicologi, assistenti sociali, etc.); − fare opera di prevenzione territoriale, attraverso la costruzione di centri culturali e sportivi per i giovani e centri di informazione e counseling; − favorire la realizzazione di attività di prevenzione e sensibilizzazione sul tema nelle scuole; − incentivare e valorizzare il ruolo della società civile e delle ONG nel campo della sensibilizzazione e della prevenzione della tossicodipendenza; − Istituire più centri residenziali sul territorio, oltre all’unico oggi esistente (Centro Emmanuel a Vaqarr41). 1.6.3. Attività consigliate Alla luce di quanto descritto, le azioni da intraprendere per contrastare la diffusione della tossicodipendenza possono comprendere: Attività di prevenzione nelle scuole e in altri luoghi di aggregazione giovanile. Attività di informazione e counseling per giovani e genitori (attraverso specifiche “scuole di genitori”); Attività di formazione di operatori sociali ed educatori specializzati; Attivazione di servizi di prima accoglienza (costituzione di gruppi di terapia e centri, apertura di ‘centri di crisi e orientamento’, etc.); Apertura di strutture per l' accoglienza residenziale e per l’accompagnamento psicopedagogico dei beneficiari dell’intervento (occorre prevedere interventi di recupero terapeutico, a livello non solo individuale, ma anche di nucleo familiare e sociale); Strutturazione di percorsi di reinserimento socio-lavorativo, con particolare attenzione alla qualificazione ed aggiornamento professionale, in settori occupazionali in crescita. 1.6.4. Ostacoli e/o fattori limitanti Come evidenziato anche dallo studio UNICEF citato in precedenza (§ 1.6.1.), i maggiori fattori di criticità nell’attuazione di misure di contrasto e/o contenimento del fenomeno della tossicodipendenza sono: − la tendenza diffusa dei tossicodipendenti ad assumere più tipi di sostanze e per endovena; − il considerevole rischio di overdose tra i tossicodipendenti e di trasmissione di varie malattie (veneree, HIV, epatiti, etc.); − la mancanza di servizi pubblici o privati che si occupino del problema; − il basso livello di informazione ed educazione su questi temi. 41 Il Centro Emmanuel è infatti l’unica struttura che in Albania offre un modello di intervento e di contrasto al fenomeno. 20 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo 1.7. Handicap e malattia mentale 1.7.1. Analisi della situazione attuale Nonostante l’accento posto dalla comunità e dalle organizzazioni internazionali sul tema dell’handicap42 (cfr. l’approvazione da parte delle Nazioni Unite di un documento in cui viene elencata una serie di regole standard per l’integrazione delle persone portatrici di handicap), si nota in Albania una completa assenza della cosiddetta “cultura dell’accettazione”. Questa lacuna culturale interessa sia le famiglie del disabile che la società nel suo complesso. La famiglia, pur ricorrendo al sussidio statale previsto, tende a “nascondere” l’esistenza del portatore di handicap. Spesso, inoltre, anche all’interno delle stesse famiglie non si conoscono né le cause né le caratteristiche dell’handicap (come nel caso di forme di disabilità dovute ad anomalie cromosomiche, malformazioni genetiche o cause di origine organica) che, al contrario, viene spiegato attraverso il ricorso a credenze e saperi popolari. Ancora oggi, in molti villaggi del nord Albania gran parte della popolazione ignora molte delle cause all’origine di alcune forme di handicap, come ad esempio alterazioni delle funzionalità successive alla fecondazione dell’ovulo, disturbi sorti nei primi mesi di vita del feto (infezioni virali), errato utilizzo del forcipe al momento del parto, infezioni del liquido amniotico, virus che colpiscono il neonato, etc. Già all’interno della famiglia di appartenenza, dunque, il portatore di handicap vede ledere i propri diritti umani. Pertanto, ci si deve interrogare innanzitutto su come intervenire per far sì che la società albanese inizi a comprendere appieno le caratteristiche e le implicazioni di tale fenomeno. Anche laddove esistano strutture di accoglienza e riabilitazione (numericamente limitate), è comunque evidente la tendenza da parte della famiglia del portatore di handicap a demandare totalmente alla struttura il compito dell’accoglienza e delle pratiche di riabilitazione. In passato, nelle strutture medico sanitarie albanesi venivano realizzate valutazioni cliniche e diagnostiche alquanto sommarie: il risultato era una stigmatizzazione del “portatore di handicap”, nonostante molte patologie rientrassero invece nel novero di disturbi psichici a valenza psicologica (e non psichiatrica o neuro-psichiatrica) e necessitassero quindi di interventi di sostegno di natura “psicosocio-affettiva”43. 1.7.2. Obiettivi prioritari di sviluppo Molteplici sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere attraverso l’integrazione di persone in situazione di handicap o affette da disturbi di natura psichica. Innanzitutto, va evidenziato che questa integrazione nella società non è utile solo a chi soffre di tali disturbi, ma anche alla società in generale che, sperimentando nuove forme e occasioni di interazione, vive un’importante occasione di crescita e maturazione civile e culturale. Occorre dunque: − incentivare la presa di coscienza e presa in carico del problema da parte del Governo, delle autorità locali e della società civile; − garantire ai portatori di handicap adeguata assistenza sanitaria e sociale; − garantire l’integrazione dei disabili nella società a diversi livelli (formazione, lavoro, attività ricreative); − fornire un sostegno concreto alle famiglie dei disabili. 42 Si intende per ‘portatore di handicap’ o un ‘diversamente abile’ una persona incapace di provvedere interamente o parzialmente alle necessità della vita di ogni giorno. Questa deficienza congenita o acquisita crea una conseguente incapacità individuale, familiare o sociale. 43 Si tratta infatti di disturbi dovuti non a fattori organici o biologici, ma ad episodi di natura sociale (dinamiche all’interno della famiglia), occorsi durante l’infanzia. 21 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo 1.7.3. Attività consigliate Per quel che riguarda l’handicap, si suggeriscono interventi volti a: promuovere l’introduzione di moduli di educazione civica nelle scuole; sensibilizzare i mezzi di comunicazione ad un’attenta e adeguata copertura e trattazione delle tematiche legate all’handicap; − realizzare una mappatura del territorio per individuare il numero dei disabili e il tipo di disabilità; − creare centri zonali diurni per i portatori di handicap, per garantire servizi di prima accoglienza; − realizzare percorsi di sostegno individuale e favorire l’inserimento graduale dei singoli utenti all’interno delle strutture pubbliche; − istituire la figura del tutor nelle scuole per guidare i disabili nella formazione; − formare, accompagnare e sostenere le famiglie e gli operatori sociali nella gestione dell’handicap (organizzare formazioni e training periodici); − apportare le opportune modifiche alle strutture pubbliche per facilitare l’accesso dei portatori di handicap; − istituire Case Famiglia per l’accoglienza a lungo termine (per maggiori informazioni su questo genere di struttura, si rimanda alla scheda al termine del § 1.7.); − creare strutture adatte alla riabilitazione ed alla fisioterapia, possibilmente integrandole con il Servizio Sanitario Nazionale44; − fornire orientamento ed assistenza legale per le famiglie dei disabili; − fornire assistenza domiciliare o possibilità di ricovero dei portatori di handicap all’interno di strutture di breve degenza (per sollevare temporaneamente la famiglia della presa in carico). Per quel che riguarda la malattia mentale, si suggeriscono interventi volti a: − sollecitare il Governo ad applicare integralmente le linee–guida stabilite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per la preparazione di una corretta riforma dei servizi connessi alla trattazione dei disturbi psichiatrici nel Paese45; − incentivare la partecipazione ed il contributo attivo delle istituzioni statali e private nella gestione della tematica, a livello locale e internazionale, in conformità con la normativa e le linee-guida comunitarie; − creare specifiche strutture statali che curino il progressivo inserimento nella società dei malati psichici attraverso un’azione di accoglienza e di recupero; − garantire ai malati psichici e alle loro famiglie una dignitosa assistenza sanitaria e sociale; − avviare la progressiva chiusura dei quattro ospedali psichiatrici, ormai fatiscenti, presenti nel Paese, e parallelamente dare inizio alla costituzione di ambienti residenziali (case– famiglia) per i malati psichici attualmente ricoverati presso i suddetti ospedali46. 1.7.4. Ostacoli e/o fattori limitanti Tra i fattori di maggiore ostacolo alla realizzazione di interventi in questo ambito si segnalano: − la scarsa informazione, comunicazione e sensibilizzazione della popolazione su tale tema; − le poche risorse economiche e l’insicurezza sociale; 44 Come esempio, va ricordato l’ambulatorio per la riabilitazione fisica dei minori handicappati residenti nel distretto di Lezhe, aperto dalla Comunità di Sant’Egidio nel 1994, nell’ambito di un progetto finanziato dalla Cooperazione Italiana. 45 Ciò che viene sollecitato è un nuovo approccio alla cura della malattia psichica, non più unicamente legato al contenimento e alla costrizione dei malati affetti da tali patologie, ma volto all’analisi dei singoli “casi” ed al coinvolgimento delle rispettive famiglie, sotto l’aspetto sociale e assistenziale, nella gestione delle problematiche emergenti. 46 A tal proposito, possono essere segnalate due valide esperienze attualmente in funzione: la casa famiglia aperta ad Elbasan dall’OMS e quella di Tirana gestita dalla Comunità di Sant’Egidio. 22 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento − − − − − Settore Socio-educativo la mancanza di un pacchetto di norme urbanistiche e architettoniche che permettano agli handicappati di essere autonomi nella società; la chiusura del mercato del lavoro ai portatori di handicap; la scarsa tutela legale (non c’è una legge di condanna della discriminazione dei portatori di handicap); l’inedia delle istituzioni statali e private, a livello locale e nazionale, nell’adeguamento alle normative europee; l’inefficienza e non adeguatezza della rete di trasporto pubblico alle esigenze degli handicappati. Agire consapevolmente al fine di risolvere queste problematiche può garantire alla persone con problemi di handicap, insieme ai malati psichici, gli stessi diritti di tutti gli altri cittadini. Ancora, può far valere concretamente il diritto di “uguaglianza” per queste persone che, in altri contesti istituzionali europei sono diventati “diversamente abili”. Per Case Famiglia, secondo una consuetudine già affermata in Italia, si intendono strutture perfettamente inserite nella vita sociale del territorio e di stimolo alla sensibilizzazione della comunità nel suo complesso, che, a differenza di molti istituti attualmente presenti in Albania, intendono contrastare la pratica dell’isolamento sociale degli utenti, sviluppando al contrario un modello di accoglienza basato sull’apertura e l’interazione con l’esterno. Le casa famiglia sono dunque comunità educative residenziali, con dimensioni e caratteristiche affettive, educative, funzionali ed organizzative di tipo familiare. Si caratterizzano per una forma di convivenza stabile e continuativa, garantendo la presenza di tutors che, vivendo un legame diretto con le persone in difficoltà, sviluppano una relazione di tipo genitoriale, in un ambiente familiare sostitutivo a quello d' origine (basti pensare che la casa famiglia costituisce domicilio abituale degli utenti). Questa forma di accoglienza garantisce alle persone in difficoltà, in stato di abbandono o di svantaggio (indipendentemente dalle cause del disagio) la possibilità di crescere in un contesto di vita familiare, adatto a sostenere e incentivare un processo di evoluzione positiva e di maturazione. Vengono infatti perseguite e tutelate relazioni stabili, personalizzate ed affettivamente significative, all’interno di una rete comunitaria, improntata ad una condivisione adeguata all' età ed al livello di maturazione di ciascun soggetto. La pratica della condivisione, infatti, costituisce di per sé una risposta ai bisogni profondi dell’individuo, dal momento che riduce notevolmente il rischio di isolamento, emarginazione, non riconoscimento delle diversità come risorsa. Nelle case famiglia vengono stimolate la creatività e la libera iniziativa dei soggetti, che sviluppano così capacità specifiche ed acquisiscono stima di sé. La casa famiglia diventa una base sicura, con valenza terapeutica e riabilitativa, in grado di guarire e prevenire. Vi sono accolte persone di ogni età, genere, nazionalità, condizione socio-affettiva e psico-sanitaria. Comune denominatore è il loro bisogno di una momentanea collocazione extra-familiare (per un periodo di tempo più o meno prolungato), per meglio affrontare una condizione di disagio o di patologia fisica e/o mentale. Le case famiglia, dunque, si contraddistinguono per: - forme di convivenza stabile delle persone accolte, cui vengono affiancate figure di riferimento significative per una maggiore personalizzazione degli interventi educativi (modalità relazionali di tipo interpersonale e costruzione di percorsi individualizzati); - organizzazione della vita quotidiana in base ad un modello di vita familiare, rispettoso dei ritmi, delle capacità e delle potenzialità delle persone accolte; - ricorso a competenze e professionalità specifiche (ad esempio psicoterapeuti, logopedisti, fisioterapisti, etc.) in base alle patologie o problematicità presentate da ciascuno dei soggetti accolti (tali figure professionali sono in genere strutturati presso i servizi sociali del territorio); - finalizzazione di ogni intervento educativo allo sviluppo delle capacità specifiche dell’individuo ed alla maturazione di una consapevolezza del Sé; - assunzione e presa in carico responsabile dei diversi casi, con la disponibilità a garantire l' accoglienza fino al raggiungimento di tutti gli obiettivi possibili. Il personale impiegato presso queste strutture deve essere motivato e consapevole della scelta di condivisione diretta e professionalmente qualificato, sotto il profilo non solo pedagogico ma anche, se 23 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo necessario, psico-sociale e/o sanitario. Agli operatori possono affiancarsi anche altre figure professionali, adeguatamente formate e preparate, che collaborano alla gestione ordinaria della casa famiglia, così da rendere possibile l' equilibrio dinamico della convivenza. E' anche prevista la presenza di volontari, collaboratori temporanei, obiettori in servizio civile ed altre figure con mansioni di supporto e compiti precisi. Per le sue caratteristiche, le case famiglia in genere si trovano all’interno di edifici situati nei normali contesti abitativi e seguono i parametri delle normali abitazioni. Gli spazi sono organizzati per la vita di una comune famiglia allargata, secondo una zona giorno, una cucina, una sala da pranzo ed una zona notte. Si tende ad abbattere le barriere architettoniche, garantendo comunque un numero di servizi sanitari proporzionato alla capacità ricettiva e rispettando la normativa vigente in materia di impianti tecnologici ed abitabilità. 1.8 Conclusione 1.8.1. Obiettivi generali di sviluppo dei servizi socio-educativi Sulla base dell’analisi effettuata, si è pervenuto alle seguenti conclusioni. Per garantire un complessivo ed efficace miglioramento della qualità e sostenibilità dei servizi socio-sanitari per il Nord Albania, occorre: − operare nella direzione di un welfare mix che coniughi diritti ed economia, lavoro sociale e lavoro istituzionale, sviluppo di risposte con sviluppo di lavoro qualificato; − promuovere azioni sociali di tipo comunitario, per rafforzare il tessuto sociale attraverso la comprensione ed accoglienza del disagio; − realizzare investimenti per migliorare le condizioni dei quartieri periferici e delle zone rurali, intervenendo su più fronti (riabilitazione strutturale ed infrastrutturale, potenziamento della cornice legislativa, empowerment delle autorità locali, coinvolgimento istituzionale e sociale); − costruire le prime basi di cittadinanza sociale, attraverso un lavoro sui diritti di cittadinanza rivolto a tutta la popolazione47; − intervenire sui problemi legati ai diritti di proprietà della terra ed alla regolarizzazione della residenza (occorre creare una sinergia tra associazionismo e istituzioni pubbliche per operare contemporaneamente a livello giuridico, culturale e sociale ed assicurare alle famiglie adeguato sostegno e accompagnamento nell’iter burocratico-amministrativo); − rafforzare il decentramento istituzionale, per avvicinare le istituzioni pubbliche alla popolazione. Si tratta di sostenere da un lato le istituzioni locali nell’elaborazione e promozione di politiche di welfare mix in un’ottica di genere, dall’altro tutte quelle forme di organizzazione della società che possano sviluppare azioni di mediazione tra municipalità e cittadinanza; − creare spazi pubblici di aggregazione, socializzazione, mobilitazione, progettazione partecipata, sviluppo di creatività sociale, orientamento e tutela. La nascita di questi spazi dovrà essere accompagnata da azioni che consentano e promuovano lo sviluppo di forme auto-organizzate della popolazione anche in relazione ai diversi bisogni di cui è portatrice; − dotare ogni villaggio e quartiere dei servizi di base nel campo della scuola e della salute e creare le condizioni per un lavoro integrato; − promuovere interventi integrati e coordinati tra strutture ed operatori di servizi diversi; − realizzare interventi domiciliari di sostegno alle famiglie, integrati tra diversi servizi; − costruire centri polifunzionali, a cui gli abitanti possano accedere non solo in caso di emergenza o impellente bisogno, ma anche per momenti di incontro e condivisione dei problemi48; 47 Va operata una trasformazione culturale che sposti la richiesta di un aiuto “dovuto” al momento del bisogno, alla consapevolezza dei diritti di cittadinanza. Questo processo potrebbe favorire anche una compartecipazione delle persone nel cercare di dare risposta alle problematiche esistenti. 24 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento − − Settore Socio-educativo potenziare le capacità e promuovere l’utilizzo di sportelli informativi sui servizi e le opportunità di lavoro sul territorio (es. Informagiovani e Informalavoro); formare figure professionali specifiche (operatori ed assistenti sociali, psicologi, educatori, fisioterapisti, consulenti legali, etc.) ed aumentare le possibilità di inserimento degli utenti in strutture adeguate (servizi sociali territoriali, ospedali, ricoveri per malati di mente o handicappati, convitti, orfanotrofi, etc.). 1.8.2. Risorse esistenti − − − − − Radicata presenza di ONG (internazionali e locali) e di gruppi religiosi in tutta l’area considerata, in grado di offrire una vasta e diversificata gamma di servizi; Alto numero di giovani in cerca di occupazione che, grazie ad un livello di scolarizzazione medio-alto, specialmente nelle aree urbane, costituiscono una importante risorsa sociale per la riqualificazione del territorio; Sviluppo di un sistema diffuso e particolarmente dinamico di micro e piccole imprese, con cui dialogare ed in grado, se opportunamente sostenuto, di assorbire mano d’opera anche qualificata; Attenzione ed impegno delle istituzioni a sostenere lo sviluppo dell’area; Potenzialità di rapidi mutamenti legislativi che possano sostenere e favorire le iniziative del settore. 1.8.3. Ostacoli e/o fattori limitanti − − − − − − − − − − − Persistenza di condizioni socio-economiche di povertà o di estrema povertà, che incentivano la tendenza alla migrazione e/o accentuano i fenomeni di marginalità e disagio sociale; Grossa concentrazione di popolazione nelle aree urbane e bassissima densità abitativa nelle aree rurali e di montagna; Infrastrutture carenti e conseguenti difficoltà di trasporto, spostamenti e collegamento; Alto costo dei trasporti, specialmente per chi proviene dalle zone più isolate; Difficoltà nell’elaborazione di strategie tese a garantire la sostenibilità dei nuovi servizi; Scarsa fiducia nei servizi sociali e nelle istituzioni in genere; Scarse risorse finanziarie e professionali a disposizione; Bassa qualificazione del personale; Carenza numerica e qualitativa dei servizi; Scarso coordinamento tra istituzioni e difficile integrazione dei servizi; Rapidi mutamenti legislativi. 48 In questo modo, le persone imparano a riconoscere che i loro bisogni sono anche problemi sociali comuni ad altri, mettono in campo risorse individuali che aiutano ad uscire da una situazione di dipendenza e inaugurano una prassi di mutuo scambio e reciproco aiuto. 25 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-educativo 1.9. Fonti Bibliografia e riferimenti legislativi ISTRUZIONE − Governo albanese – Presidenza del Consiglio dei Ministri, Per strutture e organizzazioni ai direttori dell’istruzione regionale (DAR) e agli uffici dell’istruzione (ZA), 2003. − Ministero dell’Educazione – Qendra Kombetare e Vleresimit dhe provimeve, Per la creazione del centro nazionale d’istruzione della valutazione delle prove, 2001. − Ministero dell’Educazione – Qendra e Trajnimit dhe Kualifikimit per Arsimin, Per la creazione di centri di training e qualificazione per l’istruzione, 2001. − Ministero dell’Educazione, Per l’organico del Ministero Istruzione e Scienze, 2002. − Ministero del Lavoro, Affari Sociali e Pari Opportunità – Decentramento dei Servizi Sociali Pianificazione territoriale dei servizi sociali (atti del seminario), 2005. − UNDP, Promoting local development through the MDGs, 2004. MINORI − P. Dodaj, P. Resta, Il Kanun di Lek Dukagjini – le basi morali e giuridiche della società albanese, Besa editrice, 1996. − D. Gellçi, GJAKMARRJA: Albanian Highlander' s "Blood Feud" as Social Obligation, AIIS, Tirana, Albania, 2005. − Country Information and Policy Unit Immigration and Nationality Directorate Home Office, Republic of Albania, Country Report, United Kingdom, 2003. 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Violence against women, 2006. - CE DAW, Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione sulla donna, Art.34/180 del 18.12.1979 (aggiornata in data 29.10.2006). - UNICEF, Progetto per la Consulenza di Gruppo QKGV (Centro di consulenza per donne ragazze)49. TOSSICODIPENDENZA 49 Sedi del progetto sono state Tirana, Berat, Pogradec e Scutari. Il progetto, durato 9 mesi ed avviato nell’ottobre 2003, era volto alla formazione del personale dell’amministrazione pubblica (municipi) sul tema della violenza domestica. A Scutari i training sono stati svolti per potenziare la conoscenza di base sul fenomeno della violenza in famiglia e per sostenere gli individui vulnerabili e le vittime di maltrattamenti. Località del Nord Albania interessate dal progetto sono state: Scutari, Kukes, Puka, Lac, Mirdita, Has, Lezhe, Tropoja, Malesia e Madhe. Il QKGV offre consulenza individuale e di gruppo e servizi psico-sociali a Tirana ed a Scutari. 26 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento − − − − − − − Settore Socio-educativo Comunità Emmanuel, Atti della Conferenza “Droga e Società”, Università di Tirana, 2006. UNICEF, Rapid Assessment and Response on HIV/AIDS among Young Drugs Users, 2002. UTL e ONG italiane in Albania, Strategie di sviluppo per macro-settori di intervento in Albania, 2000. Governo albanese – Servizi Sociali Statali, Strategia Nazionale a medio termine dei servizi sociali 2002-2007, 2002. Governo albanese – Servizi Sociali Statali, Strategia Nazionali per i Servizi Sociali 20052010, 2005. Ministero del Lavoro, Affari Sociali e Pari Opportunità, Pianificazione territoriale dei servizi sociali, in "Workshop nazionale. Progetto sul Decentramento dei Servizi Sociali", 2005. Governo albanese, Strategie Nazionali Antidroga della Repubblica di Albania 2004-2010, Decreto Ministeriale n. 292 del 07.05.2004, 2004. HANDICAP E MALATTIA MENTALE Governo Albanese – Ministero del Lavoro, Affari Sociali e Pari Opportunità, Legge nr. 9355 del 10.03.2005 “Per Ndihmen dhe Sherbimet Shoqerore”, 2005. - Governo albanese – Ministero del Lavoro, Affari Sociali e Pari Opportunità, Art. nr. 15 della Legge nr. 8626, del 22.06.2000 “Statusi i invalidit paraplegjik dhe tetraplegjik”, 2000. - Governo albanese – Ministero del Lavoro, Affari Sociali e Pari Opportunità, Art. nr. 12 della Legge nr. 9464, del 28.12.2005 “Per buxhetin e shtetit te vitit 2006”, 2005. - Associazione Papa Giovanni XXIII, Presidio socio-assistenziale Casa Famiglia. Esposizione sintetica per una definizione legislativa. - Associazione Papa Giovanni XXIII, Presidio socio-assistenziale Casa Famiglia. Fondamenti educativi. - Associazione Papa Giovanni XXIII, Relazione descrittiva della tipologia del presidio socioassistenziale denominato Casa Famiglia. - Governo albanese – Consiglio dei Ministri, “Sui criteri, documentazione e misure del profitto per il compenso delle persone con capacità limitate”, 200650. - Governo Albanese, Legge nr. 7767 del 09.11.9351. - Governo albanese – Consiglio dei Ministri, Modifica della decisione nr. 723 del 19.11.1998 “Per l’esecuzione della legge nr. 7889 del 14.12.94, “Per lo status dell’invalido”, 1998. - Governo albanese, Decisione nr. 31 del 20.01.2001 “Sui profitti dallo status del paraplegico e tetraplegico“. - Governo albanese – Consiglio dei Ministri, Decisione nr. 221 del 10.04.2003 su alcune modifiche della decisione nr. 671 del 15.12.2000 “Per la creazione della commissione che stabilirà la cecità“. - Governo albanese, Decisione nr. 850 del 17.12.2004 “Sulle tariffe telefoniche e pagamenti della luce da parte di soggetti portatori di handicap“. Sitografia MINORI − Federal Court of Australia, Ministry for Immigration and Multicultural and Indigenous Affairs Report, http://judgments.fedcourt.gov.au/2004/J040860.yes.doc.htm 50 Basandosi sulle Leggi nr.9355 del 10.03.2005, nr. 8626 del 22.06.2000 e nr. 9464 del 28.12.2005, il Consiglio dei Ministri ha approvato una modifica alla normativa vigente, a favore di questa fascia sociale, entrata in vigore in data 01.09.2006. 51 Il Governo albanese presentò il primo rapporto presso la Segreteria Generale degli Stati Uniti, in ottemperanza ai propri doveri come parte sottoscrivente, e di seguito anche come parte statale, della ‘Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne’, ratificata dal Parlamento albanese. Il rapporto presentato illustra nella sua prima parte un riassunto della situazione politica e socio-economica della donna in Albania, delle misure legislative, costituzionali ed amministrative introdotte per l’eliminazione della discriminazione delle donne, nonché dei programmi previsti a seguito della Ratifica della Convenzione (1994-2000). L’ultimo aggiornamento è del 29.10.2006. 27 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento − − − − − − Settore Socio-educativo Wikipedia, http://en.wikipedia.org/wiki/Gjakmarrja Wikipedia, http://fr.wikipedia.org/wiki/Vendetta_(justice_priv%C3%A9e) Associated Press, Albanians Turn Against Each Other, July 2000, http://www.balkanpeace.org/hed/archive/july00/hed291.shtml Federal Court of Australia – Ministry for Immigration and Multicultural and Indigenous Affairs, An Albanian refugee casework against the Australian Ministry for Immigration & Multicultural & Indigenous Affairs, http://judgments.fedcourt.gov.au/2004/J040860.yes.doc.htm Association Albania, "Le Kanun et la Vendetta en Albanie, du mythe à la réalité", in Le Courier des Balkans, 2003 http://balkans.courriers.info/article2784.html 12a riunione interparlamentare PE-Albania, progetto di processo verbale, Tirana, 2006 http://www.futurdeleurope.parlament.gv.at/intcoop/euro/id/dsee/minutes/2005_11_25_alban ia_it.pdf HANDICAP E MALATTIA MENTALE - UNHCR, International Convention on the Protection of the Rights all Migrants Workers and Members of Theirs Families, 2006. http://www.ohchr.org - UNESCO, www.unesco.org/education 19.10.2006 - G. Puglisi, Intervento di presentazione del Decennio dell’Educazione allo Sviluppo sostenibile, 19.12.2005. http://www.unesco.it Fonti in loco − − − − − − − − − − − − − − − Associazione “Uguali e Diversi” Albania Comune di Blinisht Comune di Shkrel Documento di Programmazione INTERREG III A INSTAT IOM Ministero dell’Educazione Ministero del Lavoro, Affari Sociali e pari Opportunità Ministero della Sanità OMS Prefettura di Lezhe Servizi Sociali di Lezhe Servizi Sociali di Scutari UNDP UNICEF 28 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-sanitario 2. SETTORE SOCIO-SANITARIO 2.1. Introduzione IL SISTEMA SANITARIO IN ALBANIA: ANALISI STORICA Prima della seconda guerra mondiale, in Albania si contava un numero esiguo sia di medici, la maggior parte dei quali aveva ricevuto formazione all' estero, sia di ospedali, gestiti in prevalenza da gruppi religiosi. La gran parte della popolazione non aveva accesso ai servizi sanitari, generalmente localizzati entro i perimetri urbani. La possibilità di accedere a tali servizi migliorò dopo il 1945, quando il sistema sanitario venne ridefinito sul modello sovietico del "Semashko". Fu allora che moltissimi medici cominciarono ad uscire dall’Albania per specializzarsi nei Paesi dell’ex Unione Sovietica. Nel 1959 venne aperta la prima Scuola di Medicina a Tirana. Nonostante la rottura tra Albania ed ex URSS, maturata alla fine degli anni Sessanta, il Paese continuò ad ispirarsi al modello socialista. Con gli anni Sessanta, il Governo iniziò dunque a sviluppare un sistema sanitario di base, preoccupandosi di dotare ogni villaggio di almeno un' infermiera specializzata in ostetricia. Durante gli anni Settanta, la priorità passò invece allo sviluppo dei servizi ospedalieri veri e propri. Fu così costruito un ospedale per ogni distretto, in modo da fornire le cure di base ai ricoverati, mentre attraverso la rete dei policlinici si assistevano i pazienti che non necessitavano di ricovero. Alla fine degli anni Ottanta, il Ministero della Sanità garantì ad ogni distretto tutti i servizi sanitari e ne regolamentò il funzionamento: gli amministratori di ciascun distretto ricevevano le direttive dal Partito, godendo di una libertà estremamente limitata in termini finanziari e di gestione del personale. I servizi sanitari erano infatti organizzati in programmi gestiti dal Partito stesso ed amministrati a livello distrettuale da direzioni separate, responsabili solo delle cure mediche. Durante questo periodo, gli operatori del sistema sanitario non ricevettero alcun tipo di formazione nè sul sistema di gestione e sulle procedure, nè in materia di prestazioni mediche. Pochissimi, poi, furono i fondi per ricerca e sviluppo. All' epoca, la qualità dei servizi era estremamente bassa, la formazione dei medici carente, negli ospedali il personale era in esubero e gli stipendi molto bassi. Anche il livello tecnologico e le apparecchiature erano obsolete, a causa della bassa quota di investimenti nel settore sanitario. All' inizio degli anni Novanta, si è calcolato, l' età media delle apparecchiature mediche in Albania era di circa 25 anni. L' alto tasso di mortalità infantile e la ricorrenza di malattie contagiose nel decennio 1980-1990 evidenziano inoltre l' incapacità del sistema operante di rispondere efficacemente ai problemi sanitari del tempo. Con il crollo del regime, tra il 1991 ed il 1992 vennero distrutti la maggioranza dei centri sanitari delle zone rurali, quasi un quarto dei centri di salute delle aree urbane ed alcuni ospedali in diversi distretti. Anche se non completamente ristabilito, il sistema sanitario albanese era comunque nuovamente operativo quando, nel 1997, si verificò un’ondata di disordini socio-politici che, gettando il Paese in una nuova crisi, provocò anche una perdita consistente di attrezzature sanitarie e medicinali. Nei 1998, inoltre, il sistema venne messo a dura prova dalla necessità di accogliere e fornire cure alle migliaia di profughi, giunti dal Kosovo52. Per far fronte a questa nuova emergenza, venne impiegata la quasi totalità delle già scarse risorse umane disponibili, il che rallentò ulteriormente il difficile processo di riforma intrapreso. Riassumendo si può dire che: Sotto il regime, il sistema sanitario in Albania era sottoposto ad un forte controllo da parte del Governo centrale. Oltre alla vasta rete del servizio di assistenza primaria (costituita principalmente dal Servizio Prenatale e dal Servizio di Vaccinazione), venne potenziato anche il servizio sanitario secondario. Il Ministero della Sanità era responsabile del 52 Il servizio sanitario albanese accolse e prestò cura a circa 4000 rifugiati. Altrettanti vennero sistemati presso gli ospedali, per la mancanza di altri posti di alloggio. 29 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-sanitario coordinamento e dell’efficienza dell’intero sistema, mantenendo autonomia decisionale in materia di risorse finanziarie e di distribuzione del personale su tutto il Paese. Nel corso degli anni Novanta, le vicende storico-politiche del Paese, gli avvicendamenti al vertice, il grave fenomeno della corruzione ed i consistenti spostamenti di popolazione (all’interno della stessa Albania) contribuirono a deteriorare il sistema sanitario, carente a livello sia di infrastrutture, sia di offerta dei servizi essenziali, compreso il Servizio di Vaccinazione ed i programmi di sanità ambientale (tra cui, ad esempio, il controllo di qualità della rete idrico-fognaria). A seguito della crisi socio-politica del 1997, quasi un terzo del personale sanitario del Paese lasciò il posto di lavoro. L’emergenza Kosovo, poi, attrasse tutte le risorse esistenti e paralizzò il processo di riforma strutturale del settore da poco intrapreso. Durante la meta degli anni Novanta si cominciò ad avviare una riforma del settore, mirata al decentramento della gestione del servizio sanitario primario (responsabilizzazione dei dipartimenti distrettuali di sanità pubblica nell’assunzione di funzioni precedentemente di competenza ministeriale). Un altro intento della riforma era favorire la privatizzazione del settore farmaceutico e di gran parte di quello odontoiatrico, oltre che promuovere la creazione di un istituto delle assicurazioni del servizio sanitario che tenesse conto dei graduali cambiamenti del sistema finanziario sanitario. 2.2. Analisi della situazione attuale 2.2.1. Il servizio sanitario in Albania Oggi, il servizio sanitario in Albania si compone del: - Servizio della Sanità Pubblica; - Servizio Sanitario Primario; - Servizio Ospedaliero (secondario e terziario). Esso è organizzato come illustrato nel seguente diagramma: DIRETTORE DELLA SANITA’ PUBBLICA Direttore Servizio Sanitario Primario (SSP) Servizio ambulatoriale Servizio d’Igiene Epidemiologia Ambulatori Direttore Servizio Ospedaliero (SO) Servizio dentario Poliambulatorio Ospedali Centri sanitari 30 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-sanitario Il Servizio di Sanità Pubblica (SP) Al centro del Servizio di Sanità Pubblica vi sono i programmi nazionali per la Vaccinazione, la TBC, l’HIV/AIDS e l’ ST, i programmi di sorveglianza epidemiologica per le malattie infettive e croniche (connesse alla presenza ed all’uso di acqua o cibo infetti ed alle scarse condizioni di igiene ambientale), i programmi di sicurezza e di controllo degli alimenti ed i programmi per la salute riproduttiva. I servizi di salute pubblica e di promozione della salute sono erogati dai Centri di Salute Pubblica, che fanno parte del servizio sanitario primario e sono controllati dall’Istituto di Assicurazione Sanitaria (IAS). L’Istituto di Sanità Pubblica (ISHP)53 è responsabile della protezione della salute e della prevenzione/controllo delle malattie infettive. Ad esso spetta la gestione dei programmi nazionali per le vaccinazioni, per la salute ambientale e per il monitoraggio delle condizioni dell’acqua potabile e dell’aria. Questo istituto lavora soprattutto tramite la rete dei centri sanitari pubblici. L’Istituto di Sanità Pubblica è un’istituzione nazionale di livello tecnico, responsabile per la gestione, il coordinamento e la valorizzazione delle attività volte alla prevenzione delle epidemie, delle endemie e di altre patologie. Sono 36 i dipartimenti del servizio sanitario primario in ciascun distretto (36 in totale), tutti responsabili per l’implementazione delle attività decise a livello distrettuale, per il controllo delle malattie infettive e per la realizzazione di attività preventive antiepidemiologiche, implementate tramite i rispettivi settori epidemiologici a livello locale. Il dipartimento per il controllo delle malattie infettive gestisce i sistemi di sorveglianza, coordinando la propria attività con quella dei servizi epidemiologici erogati dai dipartimenti distrettuali. Tale dipartimento realizza gli interventi di identificazione e prevenzione delle malattie di natura epidemica. A tal proposito, nel quadro del Patto di Stabilità, l’Albania ha cominciato a svolgere numerose attività volte a rafforzare il sistema di informazione/sensibilizzazione sulle malattie infettive, ad accrescere le capacità di gestione dei casi d’emergenza, a potenziare l’armonizzazione ed il coordinamento dei servizi a livello distrettuale. Il Servizio Sanitario Primario (SSP) Il servizio sanitario primario, responsabile del primo contatto con il paziente, è la base del sistema sanitario albanese. Esso è organizzato sul territorio secondo una rete estensiva, composta dai centri sanitari urbani e rurali e dagli ambulatori di molti piccoli villaggi. Il servizio sanitario primario, oltre ai servizi sanitari di base, comprende anche un pacchetto di programmi preventivi, che include servizi per la vaccinazione e per la salute riproduttiva, realizzati tramite una rete di 640 centri sanitari e 1500 ambulatori. Il servizio sanitario primario è erogato dai centri sanitari primari, situati nelle città o nei villaggi. I poliambulatori generali e le cliniche dentarie si trovano nelle città principali dei 36 distretti. Solo a Tirana esiste invece un poliambulatorio specializzato. Tutti i poliambulatori, ad eccezione di quello specializzato di Tirana, dipendono e sono gestiti dagli ospedali distrettuali. E’ il personale medico degli ospedali che offre il servizio presso tali strutture. I servizi di odontoiatria in Albania, volti tanto alla cura quanto alla prevenzione, sono privati nel 7080% dei casi. Per il resto, il servizio pubblico, che garantisce la copertura medica anche delle emergenze ed è gratuito per i minori, viene erogato presso le scuole inferiori e superiori e nei centri di ogni distretto. 53 Instituti I Shendetit Public. 31 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-sanitario I servizi di consulenza per famiglie e donne in stato di gravidanza, così come i servizi per la pianificazione familiare, sono offerti all’interno dei centri sanitari e fanno parte della struttura del servizio sanitario primario. Dati relativi al SSP nella Regine di Lezhe N. 1 2 3 Totale Distretto Medici Infermieri Popolazione Lezhe Kurbin Mirdite 40 30 15 128 90 95 70000 73000 38000 85 313 181000 Il Servizio Ospedaliero Questo servizio viene prestato ai pazienti che necessitano di un trattamento presso le strutture ospedaliere o specializzate (terziarie). I servizi sanitari secondari sono disponibili presso i 42 ospedali pubblici (la cui ricettività complessiva è di 8.866 posti letto) e presso una rete di policlinici specializzati pubblici e privati, situati in prevalenza nelle aree urbane. Si è calcolato che il rapporto tra numero dei posti letto e popolazione è di 3.2/1000 cittadini. Il servizio ospedaliero è garantito dagli ospedali generali e da quelli specializzati. Gli ospedali generali, distribuiti uniformemente in tutto il Paese, sono: - Centro Ospedaliero Universitario; - Ospedale Militare; - Ospedali regionali, od ospedali Centro delle Regioni (12 in totale); - Ospedali dei distretti (24 in totale). Gli ospedali specializzati sono ospedali nazionali che offrono servizi ospedalieri unici, come: - gli Ospedali di Ostetricia e Ginecologia, a Tirana (Nr. 1 e Nr. 2); - l’Ospedale delle Malattie Pneumologiche “Shefqet Ndroqi”, a Tirana; - gli Ospedali di Psichiatria a Valona ed Elbasan; - il Centro Nazionale della Buona Crescita, dello Sviluppo e della Riabilitazione del Bambino, a Tirana. Delle istituzioni nazionali fanno parte anche: - Il Centro Nazionale per la Trasfusione del sangue; - Il Centro Nazionale di Biomedicina; - Il Centro Nazionale di Controllo delle medicine; - Il Centro Nazionale della Buona Crescita, dello Sviluppo e della Riabilitazione del Bambino; - La Clinica Stomatologica Universitaria. Bisogna poi ricordare che, in Albania, esistono istituzioni private operanti nel settore sanitario. La rete di tali istituzioni private si compone di: − Medici generici o specializzati, che conducono attività privata; − Policlinici specializzati e cliniche dentarie; − Laboratori; − Farmacie54. Nel Paese esiste inoltre un Istituto di Assicurazione Sanitaria (IAS). Si tratta di una istituzione nazionale autonoma, creata nel 1995 e dipendente direttamente dal Parlamento, strutturata in 12 54 L' attività delle farmacie è controllata dal Ministero della Salute, tramite il Dipartimento Farmaceutico ed il Centro Nazionale del Controllo delle medicine. 32 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-sanitario dipartimenti regionali (DR), 2 settori con la stessa funzione dei DR (Saranda e Tropoja) e 22 Agenzie Regionali (AR). I DR operano nelle maggiori città della prefettura o del distretto, mentre i settori sono posizionati nelle città più periferiche, come Saranda o Tropoja. Le AR dipendono dai DR ed operano al loro interno (sono situate in distretti diversi dai centri della prefettura). I DR hanno funzioni esecutive, mentre le AR hanno funzioni di controllo e non hanno nessuna responsabilità finanziaria (non gestiscono i fondi per le attività). Il finanziamento dell’IAS passa attraverso due risorse principali, assicurazioni sanitarie e contributi statali. L’ammontare delle assicurazioni sanitarie è ancora limitato. Da uno studio LSMS del 2002, risulta che solo il 39% della popolazione ha dichiarato di aver stipulato un’assicurazione sanitaria. Tale dato varia a seconda dell’area geografica (a Tirana e nei centri urbani, i contributi sono maggiori rispetto alle zone rurali o di montagna). L' assicurazione sanitaria copre una serie di servizi, come: rimborso spese per alcune categorie di medicinali (in totale, 361 articoli); servizio ospedaliero del distretto di Durazzo55; alcuni esami costosi, eseguiti nel Centro Sanitario Universitario di Tirana; il servizio sanitario primario in tutto il Paese. Per quanto riguarda i contributi statali, il Ministero delle Finanze decide l’ammontare del contributo statale sulla base delle spese e delle risorse dell’IAS. Il budget dello Stato serve a garantire: - Il rimborso delle spese sanitarie per la popolazione non attiva (medicinali, medico di famiglia, esami clinici e trattamenti terziari); - la copertura delle spese dell' ospedale di Durazzo. Le voci di spesa sono ripartite a seconda delle categorie corrispondenti (medicinali per la popolazione attiva e non attiva, salari e spese relative ai medici di famiglia, esami terziari, Ospedale di Durazzo). 2.2.2. La riforma del Servizio Sanitario Primario Dal gennaio 2007, il Servizio Sanitario Primario è stato oggetto di un’ambiziosa riforma strutturale, parte della complessiva riforma del Servizio Sanitario nazionale, avviata già nel dicembre 2006. Uno dei principali obiettivi di tale intervento è migliorare le performances del Servizio Sanitario Primario, attraverso l’unificazione delle fonti di finanziamento (in futuro le risorse proverranno interamente dall’Istituto di Assicurazione Sanitaria. Tale riforma risponde ai dettami della Decisione del Governo Nr. 857, del 20.12.2006 “Per il Finanziamento dei Servizi Per la Cura Sanitaria Primaria”. In essa si sancisce: - l’unificazione dei fondi per il SSP presso l' Istituto delle Assicurazioni Sanitarie (IAS); - la retribuzione secondo le performances; - l’autonomia manageriale dei Centri Sanitari (CS), cui verrà data la possibilità di stabilire obiettivi e modalità di gestione della struttura, nonché di disporre autonomamente delle risorse connesse ai servizi erogati; - l’erogazione di servizi secondo un pacchetto approvato dal Ministero della Sanità; - la pianificazione dei servizi sulla base delle esigenze della popolazione di ciascuna Regione. Brevemente, si riportano ora le linee guida della riforma: - i finanziamenti proverranno da un’unica fonte; - sarà modificata la formula per il finanziamento dei Centri Sanitari, da calcolarsi in rapporto agli spostamenti interni della popolazione; - il meccanismo contrattuale dovrà assicurare che la retribuzione sia proporzionale alle indicazioni di qualità del servizio; 55 Si tratta di un progetto pilota per il finanziamento diretto del servizio secondario tramite ISKSH. 33 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento - Settore Socio-sanitario l’autonomia dei Centri Sanitari consentirà loro di operare finanziariamente tramite i conti bancari, secondo contratti stipulati con l' Istituto delle Assicurazioni Sanitarie; il Centro Sanitario funzionerà in base ad un regolamento generale, dove saranno indicate le procedure e le pratiche relative alla stipula del contratto (compresi i diritti e doveri delle parti), le modalità di pagamento e le attività di monitoraggio dei servizi sanitari primari; il contratto identificherà chiaramente i servizi che il Centro Sanitario deve essere in grado di garantire, distinguendoli per fasce di età e categorie di popolazione (è il medico di famiglia il primo riferimento per tutta la popolazione residente nella zona di responsabilità del CS); il Centro Sanitario erogherà servizi sulla base delle indicazioni contenute nel ‘Pacchetto dei Servizi’ predisposto dal Ministero della Sanità ed approvato dal Consiglio dei Ministri56. 2.2.3. Elementi di criticità del sistema sanitario albanese A. Le condizioni del Servizio Sanitario, con particolare riferimento al Servizio Sanitario Primario, sono ancora precarie57. Nello specifico si sono riscontrati: - gravi carenze nel livello e nella qualità dell’assistenza sanitaria, in particolare nel servizio ambulatoriale; - un sotto-utilizzo del servizio sanitario primario da parte degli utenti, che si rivolgono generalmente ad altre strutture, sia pubbliche che private. Ciò avviene per la bassa qualità del servizio primario e/o per la carenza di personale medico ed infermieristico58; - una generale assenza di precisi standard di riferimento per l’assistenza sanitaria e di protocolli per le terapie dei pazienti59; - scarsità di personale qualificato per condurre attività di monitoraggio e di valutazione dei protocolli; - diffusa pratica di richiesta di pagamento agli utenti per l’erogazione di servizi gratuiti da parte degli operatori sanitari a differenti livelli. B. Il Servizio di Urgenza non riesce a rispondere alle esigenze del territorio, sia per la carenza di personale medico qualificato e competente, sia per la mancanza di mezzi ed apparecchiature indispensabili a garantire un servizio di qualità nei Centri di Pronto Soccorso e sulle autoambulanze60. C. Il livello delle cure natali e prenatali non è soddisfacente61. - Dai dati emerge che, benché dal 1997 al 2002 solo 1/5 delle donne in gravidanza non abbia goduto dell’assistenza sanitaria, le cure prestate non sempre sono state qualitativamente soddisfacenti (nel 70% dei casi la cura prenatale è risultata inadeguata e solo una donna su cinque ha effettuato un controllo medico dopo il parto). - Da alcuni dati risulta un tasso di mortalità infantile più alto nelle aree di montagna, mentre sono controverse le cifre relative ai decessi per parto (dalle statistiche ufficiali, nel 2003 risultano 18 morti materne ogni 100.000 nascite - un calo del 30% rispetto agli ultimi 20 anni - , mentre fonti UNICEF parlano, per il 2000, di un rapporto di 55 morti per parto ogni 100.000 nascite). - La qualità delle infrastrutture e delle apparecchiature dei centri sanitari abilitati al servizio ‘Madre&Figlio’ è preoccupante. Anche quando sono disponibili i mezzi 56 Tale Pacchetto dei Servizi comprende: 1) il servizio per gli adulti, 2) il servizio pediatrico, 3) la salute della donna e la salute riproduttiva, 4) la pianificazione familiare, 5) i servizi d' emergenza, 6) il pronto soccorso e la stabilizzazione clinica, 7) i servizi di minilaboratorio (erogabili anche in assenza di uno specialista). 57 Analisi basata sul Rapporto della Banca Mondiale (febbraio 2006). 58 Tali inefficienze vanno a discapito soprattutto delle famiglie a basso reddito, costrette a spostamenti spesso difficili e dispendiosi. 59 Anche quando esistono, si è riscontrato che tali standard non sono comunemente conosciuti dal personale sanitario. 60 Generalmente le autoambulanze vengono impiegate come mezzi di trasporto per accompagnare i pazienti presso il Centro Sanitario o l’ospedale. 61 Fonte: Banca Mondiale, 2006. 34 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento - Settore Socio-sanitario tecnici (spesso offerti dai donatori), manca il personale specializzato per il loro corretto utilizzo (a Scutari, ad esempio, vi è una Rx per le mammografie, ma mancano uno specialista per la lettura del referto ed un anatomopatologo per l’esame istologico). In stretta relazione al settore materno–infantile va poi messa in evidenza, in particolare nelle zone rurali, nelle località di recente insediamento e nelle nuove periferie delle principali città (Scutari, per il Nord Albania), l’esistenza di ampie sacche di malnutrizione infantile, quantificabili intorno ad una percentuale del 15% della popolazione esaminata62. Tale fenomeno è riconducibile a molti fattori, tra cui la diffusa carenza di adeguati nutrienti alimentari per l’infanzia, la mancanza di una congrua educazione sanitaria delle madri, ma anche la scarsa preparazione degli stessi operatori sanitari, i quali non sono in grado di indirizzare le famiglie verso le necessarie scelte volte alla corretta crescita dei bambini. D. Le capacità delle autorità locali di svolgere attività di programmazione, coordinamento ed amministrazione delle istituzioni socio-sanitarie sono ancora limitate. Per evidenti ragioni storico-poitiche, le municipalità (in particolare il Comune di Scutari, per l’interesse specifico di questa indagine) hanno poca esperienza in materia, competenze limitate e scarsi finanziamenti per la programmazione, l’implementazione ed il coordinamento dei servizi socio-sanitari, soprattutto in favore dei disabili (fisici, mentali, sensoriali) e dei malati psichiatrici cronici. Il Comune non ha a disposizione risorse umane sufficienti a ricoprire i propri compiti, aumentati nel quadro delle politiche di decentramento dei servizi sociali (la municipalità di Scutari, nel 2007, è infatti diventata direttamente responsabile della pianificazione, organizzazione e amministrazione delle istituzioni che erogano servizi sociosanitari). E. Il personale sanitario albanese rimane professionalmente isolato e privo di opportunità di aggiornamento e crescita professionale63. Fino ad oggi, i tentativi di aggiornamento del personale del servizio ambulatoriale sono stati sporadici e tra loro non coordinati. Si è rilevato che medici ed infermieri del Servizio Ambulatoriale, in genere, non sono sufficientemente preparati a svolgere un’efficiente attività di prevenzione, diagnosi e terapia delle malattie64. Nel quadro di esecuzione della Riforma nel Servizio Sanitario Primario, risulta poi indispensabile potenziare la qualificazione dei Direttori dei Centri Sanitari, con nozioni base in materia di direzione ed amministrazione delle strutture sanitarie. F. Permangono forti carenze infrastrutturali. Nonostante l’aumento degli investimenti statali e l’ammontare dei contributi dei paesi donatori, la gran parte dei centri sanitari necessita di una profondo intervento di ricostruzione/riabilitazione, equipaggiamento e potenziamento tecnico (ad esempio, interventi di manutenzione agli impianti elettrico, idraulico, di riscaldamento, etc.). Occorre inoltre costruire nuovi ambulatori. G. Il personale medico-sanitario non è sufficiente. Secondo le rispettive Direzioni di Sanità Pubblica, nel distretto di Scutari mancano 11 medici di famiglia, in quello di M.Madhe ne manca uno, come anche nel distretto di Puke. H. Inefficienze e/o ritardi nel trattamento di particolari categorie di disagio/disabilità. I bambini affetti da sordità preverbale, ad esempio, vengono segnalati solo al momento dell’inserimento nella scuola dell’obbligo. Tale considerevole ritardo in fase di identificazione della problematica inevitabilmente si ripercuote anche sui tempi di avvio delle procedure diagnostiche e terapeutiche. 62 Fonte: Igiene e Sanità Pubblica, 2007. Fonte: Banca Mondiale, 2006. 64 Dalla missione condotta dagli esperti AISPO, è risultato che USAID, tramite Pro Shendeti tiene corsi di formazione nelle Regioni di Scutari, Lezhe e Diber (non a Kukes). 63 35 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-sanitario 2.3. Obiettivi prioritari di sviluppo Sulla base delle analisi condotte, dei dati raccolti e delle problematiche emerse, si rileva come obiettivo generale per l’ulteriore sviluppo del settore la promozione ed il sostegno a politiche sociosanitarie a livello centrale e di decentramento, in un’ottica di rispetto e garanzia dei diritti di cittadinanza. Alla luce di ciò, sono stati identificati i seguenti obiettivi specifici: 1. Miglioramento della qualità dei servizi sanitari, in termini di: - innalzamento del livello professionale degli operatori sanitari; - ottimizzazione del servizio di riferimento per i pazienti; - miglioramento della pratica professionale. 2. Innalzamento del livello di accesso ai servizi sanitari, attraverso: - una maggiore copertura del territorio; - il potenziamento del servizio esistente; - la costruzione di nuovi ambulatori, secondo i bisogni dell’area. 3. Supporto istituzionale per il governo locale nel processo di decentramento dei servizi sociosanitari, attraverso: - promozione di politiche di welfare mix socio-sanitarie in un’ottica di diritti di cittadinanza; attività di informazione; analisi dei bisogni e programmazione degli interventi in ambito socio-sanitario; coordinamento delle varie attività sul territorio; graduale abbandono delle strutture residenziali per malati mentali e per disabili, da sostituire con Case Famiglia o servizi diurni. 4. Potenziamento del servizio di Educazione e Promozione della Salute nel attraverso, in particolare, campagne di prevenzione rivolte all’intera cittadinanza. territorio 2.4. Attività consigliate 1. Per il miglioramento della qualità dei servizi sanitari, si suggerisce la pianificazione delle seguenti attività: - corso teorico-pratico di pronto soccorso per medici ed infermieri della zona interessata; - corso formativo per la prevenzione del tumore al seno (comprensivo di moduli di studio sull’uso della Rx mammografia per radiologi, chirurghi e oncologi); - corso sulla prevenzione del tumore dell’utero (pap-test, colposcopia); - corso di aggiornamento professionale per ostetriche degli ambulatori periferici e dei poliambulatori centrali (formazione sul percorso di gravidanza, sui protocolli della cura prenatale e post-nascita); - corso di formazione sulla ‘Medicina di famiglia per medici ed infermieri del servizio sanitario primario (Regione di Kukes); - corsi di formazione per medici ed infermieri, sulla terapia palliativa per malati terminali e sulla salute mentale; - corso di formazione per i nuovi direttori dei Centri Sanitari su norme e tecniche di gestione ed amministrazione delle strutture sanitarie; - ridefinizione dei modelli organizzativi e delle competenze dei diversi servizi, secondo una logica di integrazione tra ambito sociale ed ambito sanitario, per un diritto alla salute garantito a tutti/e; 36 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento - - Settore Socio-sanitario rafforzamento di competenze, spazi e attrezzature a ciascun livello di servizio; promozione di associazioni, su modello del Tribunale del Malato, che tutelino gli interessi e i bisogni dei pazienti e siano capaci di portare avanti le istanze dei malati e degli utenti in genere, secondo un’ottica di diritto alla salute come diritto di cittadinanza; impostazione di un programma di diagnosi a livello genetico (attraverso il coinvolgimento dei pediatri dei punti nascita e dei pediatri che operano sul territorio, è auspicabile avviare un programma coordinato di prevenzione). 2. Per garantire un innalzamento del livello di accesso ai servizi sanitari, sono auspicabili attività come: - elaborazione di una mappa del territorio per la programmazione dei possibili interventi a livello di infrastruttura sanitaria; - potenziamento del sistema di pronto soccorso; - organizzazione di un sistema di autoambulanze con medico ed infermiere, per raggiungere le aree prive della copertura sanitaria di base; - completamento dei presidi sanitari degli ambulatori presenti sul territorio; - equipaggiamento delle autoambulanze con apparecchi di elettrocardiografia; - Implementazione di una strategia per l’identificazione precoce dei bambini affetti dalla nascita da forme disabilitanti: motorie, uditive, visive; - Avvio di procedure di riabilitazione motoria, uditiva e visiva, a partire dal primo anno di vita; - Inserimento precoce dei bambini disabili nelle strutture pre-scolastiche e/o scolastiche; - realizzazione di campagne di prevenzione e informazione rivolte in particolare alle donne, le prime responsabili della cura della famiglia; - sostegno alle organizzazioni sociali sul territorio che operano in un’ottica di integrazione tra ambito sociale ed ambito sanitario. 3. Per fornire supporto istituzionale al governo locale nell’adeguamento al processo di decentramento dei servizi socio-sanitari, occorre: - rafforzare e sostenere gli uffici comunali preposti alle politiche socio-sanitarie, attraverso sia la creazione di osservatori sulla salute a livello comunale sia la promozione di tavoli permanenti di coordinamento tra istituzioni e società civile, per l’elaborazione di interventi congiunti di prevenzione, informazione e realizzazione di azioni pilota; - affiancare le istituzioni nella promozione di una cultura che intenda le politiche di welfare pubblico e mix come parte integrante delle politiche sui diritti di cittadinanza; - costruire una rete di servizi sul territorio volti ad affrontare precise forme di disagio (es. handicap, disagio mentale, etc.), in una logica di welfare mix e di deistituzionalizzazione. 4. Per contribuire al potenziamento del servizio di Educazione e Promozione della Salute nel territorio, si considera prioritario: - sostenere il servizio di Educazione e di Promozione della Salute già presente sul territorio, nella realizzazione di attività di informazione e sensibizzazione della popolazione locale; - promuovere campagne di prevenzione attraverso un lavoro sinergico volto a favorire la collaborazione tra società civile ed enti erogatori dei servizi socio-sanitari; - predisporre il materiale divulgativo per le campagne di sensibilizzazione su diverse tematiche65. 65 A tale riguardo, va rilevato che la Comunità di Sant’Egidio ha diffuso ormai da diversi anni, nella rete degli ambulatori da essa gestiti e in molti di quelli appartenenti alle comunità religiose, un manuale di educazione sanitaria dal titolo “Si je me shëndet?”, rivolto sia alle madri sia agli operatori sanitari interessati. Esso contiene i principi essenziali di educazione sanitaria, alimentare e non. Tale manuale potrebbe essere uno strumento di base, valido e utile, per contribuire al 37 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Settore Socio-sanitario 2.5. Ostacoli e/o fattori limitanti − − − − − − − turn-over dei dirigenti medici in ambito sanitario, sia nel servizio di base che in quello ospedaliero; assenza o inefficienza delle strutture sanitarie del servizio di base (problemi ricorrenti sono legati alla dstribuzione/erogazione di acqua e di corrente elettrica, alle condizioni del sistema di riscaldamento, alla presenza di spazi ed arredi adeguati, all’efficienza della linea telefonica) ; difficoltà di accesso alle strutture sanitarie, per le condizioni del sistema stradale e la mancanza di mezzi di trasporto pubblici; assenza o inadeguatezza delle apparecchiature, della strumentazione medica e dei medicinali; ritardi nel varo della nuova riforma del sistema sanitario di base; diffusa corruzione del personale medico e infermieristico; difficoltà di monitoraggio delle strutture sanitarie decentrate, nelle aree più isolate e/o meno accessibili. 2.6. Fonti Bibliografia - Government of Albania - Council of Ministries, The Long-Term Strategy for the Development of Albanian Health System, 2004. - Government of Albania - Ministry of Health, Draft Health System Strategy 2007 to 2013, 2007. - World Bank, "Albania-Health Sector Note", in World Bank Report, 2006. - B. Nuri, Health Care Systems in Transition, Ellie Tragakes eds., 2002. - Igiene e Sanità Pubblica, Università di Roma Tor Vergata, Roma, Nr. 1, 2007. Fonti in loco Le osservazioni riportate in questo studio sono risultate da una serie di incontri, tenutisi fra una delegazione di esperti AISPO venuta in missione in Albania ed i referenti di enti, istituzioni, partners locali, ONG, etc., attivi nel settore socio-sanitario nell’area di indagine. Tali incontri sono stati organizzati per raccogliere informazioni aggiornate e recepire le istanze ritenute maggiormente urgenti da chi quotidianamente opera nei distretti del Nord Albania66. Ciascuna delle ONG aderenti al gruppo di lavoro ha poi contribuito con apporti puntuali, in base alle proprie specificità operative ed esperienza sul territorio. necessario potenziamento della cultura di educazione sanitaria, oggi oltremodo carente nel Paese, ma essenziale per il miglioramento delle condizioni di vita di uno dei gruppi più vulnerabili dell’intera popolazione albanese. 66 Si sono tenuti incontri con: Comune di Scutari , Distretto di Sanità Pubblica di Scutari e di M. Madhe, CAFOD, Caritas Ambrosiana, ProShendet USAID, Papa Giovanni XXIII, Suore Scalabriniane, l’opera Madonnina del Grappa, OMS, COSPE, Passi Leggeri, SHESHIT, Comunità di Sant’Egidio. 38 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Ambiente e Sviluppo Rurale 3. AMBIENTE E SVILUPPO RURALE 3.1. Introduzione Il presente documento nasce dall’aggiornamento di due distinti studi strategici predisposti nel 2004, che avevano come oggetto lo sviluppo rurale e l’ambiente. L’esperienza passata ha reso evidente che esistono numerose tematiche comuni ai due settori, come: agricoltura biologica, ecoturismo, tutela delle risorse naturali, etc. Va inoltre considerato il fatto che, per loro stessa natura, le questioni ambientale e dello sviluppo rurale sono "trasversali" e pertanto difficilmente esauribili all’interno di un unico macrosettore. Solitamente, infatti, nelle strategie e nei piani di azione plurisettoriali, tali tematiche non sono oggetto di una trattazione a sé stante, ma ricorrono piuttosto, intrecciandosi l’uno con l’altro, all’interno di più settori di intervento (sanità, sviluppo economico, etc.). Si ritiene pertanto corretto un approccio di tipo multisettoriale, in cui ciascun aspetto della strategia tenda intrinsecamente verso la promozione del cosiddetto ‘sviluppo sostenibile’. Il presente documento non intende essere esaustivo, né rispetto alla descrizione della situazione attuale, né rispetto all’individuazione dei problemi o delle azioni da intraprendere. In primo luogo, l’analisi seguente riflette gli ambiti di intervento delle ONG italiane nel Nord Albania ed intende evidenziare delle linee di azione che possano essere praticate dalle ONG che ancora non conoscono il contesto albanese o che hanno lasciato il Paese negli ultimi anni. Va poi sottolineato che ogni tipo di intervento nel campo ambientale e dello sviluppo rurale non ha alcuna possibilità di successo se calibrato per i soli due-tre anni in cui normalmente viene realizzato un progetto di sviluppo ONG promosso (entro certi limiti questo è vero anche per gli interventi pilota). A questo riguardo, è necessario sottolineare che ogni proposta progettuale non dovrà solamente curare la sostenibilità finanziaria, ma affidarsi a e supportare una controparte istituzionale solida. Altrettanta importanza (dopo anni di cooperazione) riveste il ruolo delle ONG locali che sono chiamate a sviluppare gli interventi e che spesso partecipano al processo di sviluppo. Occorre inoltre adottare un approccio di genere che tenga conto dei differenti ruoli degli uomini e delle donne nella cultura rurale locale, attraverso cui proporre interventi tesi a riconoscere e promuovere il ruolo delle donne nello sviluppo rurale. Un approccio di genere diviene in questo contesto tanto più necessario se si tiene conto della cultura profondamente patriarcale ancora diffusa in questa parte del paese, che lede in maniera spesso visibile e aperta i diritti delle donne (limitando quindi processi di sviluppo umano, sociale ed economico che non possono fare a meno delle donne). Da questo punto di vista, diventa centrale un approccio comunitario che attivi risorse umane interne per dare soluzioni a problematiche differenti attraverso forme di autoorganizzazione comunitaria alternative anche alle forme tradizionali di gestione della comunità, che spesso limitano processi di cambiamento e di sviluppo. L’auto-organizzazione delle donne e la promozione di percorsi di empowerment per donne e giovani devono essere considerati centrali per un cambiamento reale e sostanziale delle condizioni di vita e di prospettiva futura delle aree rurali del nord. Intervenendo attraverso progetti pianificati e sviluppati in collaborazione con le comunità locali e finalizzati al rafforzamento delle capacità gestionali delle risorse, si ritiene possibile riuscire a porre in essere condizioni atte alla rinascita della fiducia in una politica al servizio della gente, della cultura, del lavoro e della legalità. 3.2. Ambiente 3.2.1. Analisi della situazione attuale Le problematiche fondamentali del Nord Albania inerenti all’ambiente possono essere così 39 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Ambiente e Sviluppo Rurale sintetizzate: - mancanza delle basilari infrastrutture a servizio di una corretta gestione ambientale; - scarsità di programmi di formazione, sensibilizzazione ed azione sul tema ambientale; - mancanza di una diffusa gestione eco-sostenibile delle risorse naturali. Mancanza delle basilari infrastrutture a servizio di una corretta gestione ambientale Il Paese è letteralmente invaso dai rifiuti solidi urbani: il servizio di raccolta non è sempre ed ovunque efficiente, e comunque parte della popolazione non può ancora usufruirne. Attualmente esistono tasse locali sulla raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, differenziate per tipo di utenza e sul cui pagamento le amministrazioni comunali stanno insistendo molto. La priorità riguarda dunque le infrastrutture (discariche, depuratori, etc.), ancora largamente assenti in tutta l' area d’indagine, e la cui costruzione non è più procrastinabile (non solo per gli aspetti prettamente ambientali, ma anche e soprattutto per ragioni di igiene e profilassi sanitaria del territorio). Dal punto di vista dello sviluppo rurale e della tutela ambientale, risulterà estremamente rilevante l’individuazione dei siti per le discariche. La presenza di centri abitati è pressoché uniforme nelle principali aree di facile accesso. La diffusione di un’economia rurale familiare rende estremamente difficile l’individuazione dei siti. La gran parte delle zone pianeggianti e di collina sta vivendo un intenso sviluppo agricolo. La difesa di questi ambienti ‘antropizzati’ rappresenta l’unica possibilità di sopravvivenza per un’economia rurale diffusa. Va inoltre considerato che queste infrastrutture hanno costi multimilionari, quindi non sono finanziabili esclusivamente con progetti promossi o affidati67. Occorre dunque che tali opere vengano realizzate attraverso altri canali di finanziamento, come la cooperazione bilaterale e/o multilaterale. Scarsità di programmi di formazione, sensibilizzazione e azione sul tema ambientale L’educazione ambientale nelle scuole esiste solo sulla carta. Nonostante le oltre 100 ONG ambientaliste locali presenti su tutto il territorio nazionale, in Albania manca una concreta consapevolezza ecologista: tutto il lavoro compiuto e/o in corso ha una valenza strettamente localistica e settoriale ed un impatto alquanto modesto. La peculiare geografia dell' area (singolare bellezza dell’ambiente marino, lagunare, lacustre, collinare, pedemontano e alpino) rafforza certamente le potenzialità di sviluppo legate all' ecoturismo ed ad una gestione accurata delle risorse naturali (pesca, raccolta di erbe aromatiche/officinali e funghi, etc.). Tali potenzialità, tuttavia, sono fortemente limitate dagli effetti dell’abusivismo edilizio (si costruisce dove, come e quanto si vuole) e da una disarmante incuria per l’ambiente e la salute pubblica. Sono infatti all’ordine del giorno fenomeni quali la combustione di rifiuti in città (con evidenti rischi legati alla liberazione di diossina), l’abbandono sul territorio di sostanze di scarto, la costruzione di pozzi per l' acqua accanto a fosse settiche, la pesca con la dinamite ed una deforestazione condotta a ritmi e con criteri insostenibili. Molte aree del Nord Albania, ancora incontaminate e caratterizzate da un’altissima biodiversità, rappresentano un grande potenziale per lo sviluppo del turismo, un’attività che potrebbe portare guadagni e contribuire alla protezione di ecosistemi di riconosciuto valore. Nelle zone montane, in particolare, il turismo internazionale può giocare un ruolo importante per l’economia locale. In questo documento, il tema dello sviluppo ecoturistico è trattato solamente nei termini della sensibilizzazione ambientale. La mancanza di una diffusa gestione eco-sostenibile delle risorse naturali 67 Il limite per la realizzazione di opere civili all’interno di progetti ONG affidati e/o promossi è del 40% del finanziamento MAE. 40 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Ambiente e Sviluppo Rurale Nonostante l’ambiente rurale albanese sia ancora largamente incontaminato, si sono dovuti affrontare numerosi problemi legati all’erosione del suolo, alle inondazioni, alla deforestazione ed al pascolo degli animali. Tali fenomeni hanno provocato una serie di conseguenze, tra cui una riduzione della biodiversità ed il declino delle sostenze organiche del suolo (dunque una diminuzione della capacità di trattenere l’acqua). Le foreste e le risorse idriche sono inoltre state sovrautilizzate per usi domestici e industriali. Questo quadro rende necessario un intervento a sostegno delle istituzioni, al fine di migliorare le loro capacità di valutare ed indirizzare i metodi di implementazione degli interventi volti allo sviluppo e ad una gestione sostenibile del territorio. In Albania sono state istituite le Agenzie Regionali dell' Ambiente, competenti per il territorio del Qarku (Regione), responsabili del rilascio del cosiddetto "permesso ambientale" per le costruzioni (in sede di concessione di licenza edilizia), del coordinamento delle diverse attività ambientali sul territorio (da parte di ONG, donatori, etc.), di eventuali studi e monitoraggi, ed infine incaricate di ispezionare e vigilare sui reati ambientali e sulla applicazione delle leggi ambientali. Il deterioramento delle capacità di autoregolazione/rinnovamento dei sistemi naturali in conseguenza dell’intervento umano limita le possibilità di utilizzo di quelle stesse risorse per fini economici e di sviluppo. Pertanto, il tema della tutela ambientale è trattato in questo capitolo anche come tutela della possibilità di generare reddito per le popolazioni che vivono delle risorse naturali. Il lago di Scutari, seppur di superficie elevata, ha un limitato volume d’acqua, il che fa ritenere che un intervento di risanamento del lago possa avere buone possibilità di successo. La composizione biochimica delle acque del primo corso del fiume Buna risente del fatto che in esse confluisce lo scarico delle acque nere della città di Scutari. Altra fonte di inquinamento delle acque del lago è rappresentato dal Kombinat in Montenegro. Numerosi studi condotti in passato per il monitoraggio delle acque non sono stati in grado di fornire una visione globale e hanno pertanto fallito il proprio intento strategico/programmatico. Per quanto riguarda la pesca (ci riferiamo essenzialmente al lago di Scutari), sebbene siano stati fatti ingenti interventi infrastrutturali (Shiroka, Zogaj) e siano in atto progetti di tutela ambientale, lo sfruttamento delle risorse del lago risulta ancora non pianificato e spesso in mano a interessi locali che non tengono conto dei processi di cambiamento a livello delle comunità locali. In questo caso il sostegno ad alcune forme di auto-organizzazione delle comunità che vivono sul lago può costituire la chiave di un possibile miglioramento della tutela e valorizzazione. Il settore delle erbe officinali ed aromatiche è certamente di grande interesse, soprattutto in funzione del mercato estero. Grandi quantità di tali prodotti vengono già ora esportate in tutto il mondo, ma il valore aggiunto rimane in gran parte nelle mani dei centri di trasformazione e degli intermediari commerciali. La debolezza e la difficoltà di monetizzare il lavoro dei raccoglitori nelle zone montane, associate alla rapacità dei centri di trasformazione (che seguono ciecamente le leggi di un mercato globalizzato), rendono lo sfruttamento delle erbe officinali estremamente aggressivo ed insostenibile. La raccolta delle piante officinali è un’attività prettamente femminile, basata anche su un sapere che potrebbe essere utilizzato per il mantenimento della biodiversità e la promozione di queste risorse naturali, oltre che per valorizzare una competenza femminile, ora invece svalutata, proprio per le modalità di gestione di questo mercato. Anche in questo contesto, la promozione di forme di auto-organizzazione di raccoglitrici è importante non solo per riuscire a dare alle donne lo spazio e gli strumenti per una maggiore contrattazione, ma anche per garantire una maggiore professionalizzazione su alcuni aspetti della trasformazione delle piante stesse. Inoltre, va sottolineato anche un altro importante aspetto legato all’uso delle erbe officinali, connesso all’autocomsumo, soprattutto nelle aree marginali ed isolate. La difficoltà delle comunicazioni (specialmente in inverno) e la lontananza dei presidi sanitari, infatti, rendono l’uso delle erbe officinali ancora una volta provvidenziale. Pensiamo dunque che occorra riportare alla memoria tradizioni e conoscenze di medicina popolare, che in gran parte si sono affievolite L' intervento degli attori locali che da anni si impegnano per il supporto delle comunità montane 41 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Ambiente e Sviluppo Rurale sarà dunque fondamentale per la buona riuscita dell' azione. 3.2.2. Obiettivi prioritari di sviluppo A. Favorire lo sviluppo della raccolta differenziata e del riciclo dei rifiuti; B. Sviluppare la coscienza ambientalista nella popolazione; C. Migliorare le capacità nazionali e regionali di valutare ed indirizzare interventi di sviluppo e gestione sostenibile del territorio; D. Migliorare la gestione delle risorse naturali e delle foreste. A. Favorire lo sviluppo della raccolta differenziata e del riciclo dei rifiuti Nel settore dei rifiuti solidi urbani, le ONG devono intervenire per contenere la quantità di rifiuti che vengono gettati nelle discariche. Questa scelta deriva da più di un motivo: per dare una pianificazione agli interventi che informalmente ruotano attorno alla risorsa ‘discarica’, per allargare la gamma dei prodotti da riciclare, per fornire un reddito ad una fascia di popolazione (bambini compresi) costretta, per l’estrema povertà, a raccogliere in discarica e per avviare una corretta gestione ambientale della risorsa rifiuto. Questo genere di iniziativa ha un’importanza fondamentale, non solo per i centri urbani, ma anche per le zone di montagna nelle quali la questione ‘rifiuti’ diviene facilmente un’emergenza che mina alla radice una vera miniera, l’ecoturismo. B. Sviluppare la coscienza ambientalista nella popolazione L’obiettivo è quello di stimolare una nuova visione del rapporto uomo-territorio attraverso un’opera di sensibilizzazione e di educazione che renda chiari i rischi di una cattiva gestione ambientale. Lo scopo è avvicinare la popolazione, in particolare le donne ed i giovani, alle tematiche, fra loro correlate, dell’ambiente e dello sviluppo del territorio, da affrontare con un approccio multidisciplinare ed in collaborazione con le istituzioni. C. Migliorare le capacità nazionali e regionali di valutare ed indirizzare interventi di sviluppo e gestione sostenibile del territorio; Per capacity building si intende un’azione volta al potenziamento dell’insieme delle risorse e delle capacità nel campo scientifico, tecnologico, organizzativo ed istituzionale che un Paese possiede. Obiettivo di tale forma di intervento è favorire l’accesso al ed il trasferimento del know-how, in materia di gestione ambientale e nel campo della tecnologia. Il tema della gestione sostenibile delle risorse è di grande interesse e riguarda ambiti molto vasti ed interconnessi tra loro. Nel presente documento prenderemo in considerazione due questioni che più di altre ci sembrano cruciali da un punto di vista strategico: il Lago di Scutari e le aree forestali. Per quanto riguarda il sistema idgrografico, composto dal Lago di Scutari e dai fiumi Buna e Drin, è necessario chiarire quale è l' obiettivo di carattere ambientale che si intende perseguire Il punto di approdo (per il quale la ricerca scientifica può essere utile) può essere individuato nella preparazione di un rapporto periodico riguardante la situazione ecologica del sistema delle acque. Lo strumento del rapporto ecologico è utile per l' individuazione dei problemi cogenti e per l' elaborazione dei piani di gestione ecologica e delle acque. Al fine di comprendere l' importanza di un futuro intervento sulla questione dello scarico delle acque nere, è necessario infatti valutare il futuro potenziale ecologico del sistema, privo della sorgente inquinante degli scarichi cittadini. Un’indagine sulle variabili chimiche è certamente il punto di partenza per ottenere un quadro della situazione, ma deve essere al contempo finalizzata allo studio d' impatto delle acque sulla flora e sulla fauna, e quindi sulla catena alimentare. Completare tale indagine con ricerche di carattere biologico/ecologico consentirebbe di giungere ad una descrizione complessiva della situazione, 42 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Ambiente e Sviluppo Rurale che attualmente manca. Infatti è la comprensione della catena trofica del sistema che può rendere intelligibili i dati provenienti dalle analisi sui tessuti animali e vegetali. In altre parole, la comprensione del sistema ecologico può fornire una base metodologica per impostare la ricerca e per interpretare i dati. D. Migliorare la gestione delle risorse naturali e delle foreste Per quanto riguarda le risorse forestali, un approccio istituzionale deve mirare al rafforzamento ed all’ampliamento delle zone protette, per garantire la difesa del paesaggio naturale e della biodiversità e per avviare dei programmi di sfruttamento sostenibile delle risorse. Una gestione sostenibile delle zone montane non può poi non riguardare il recupero delle zone colpite da fenomeni erosivi (dovuti alla deforestazione, etc). La questione, di evidente valore strategico, necessita però di un piano strutturato e di ingenti risorse. Per quanto riguarda la pesca, è importante intervenire su più ambiti. Da un lato è necessario garantire il rispetto delle leggi vigenti, dall’altro potenziare lo sviluppo di pratiche di pesca sostenibile. Per quanto riguarda le acque, si rimanda al rispetto della normativa in vigore in materia (n. 7908 5-4-95, n. 8870 21-3-02), che pone in luce il concetto di ‘cogestione delle risorse’, includendo così tra i soggetti gli stessi pescatori. A questo proposito, le ONG hanno la possibilità di supportare la spinta associativa dei pescatori, dando assistenza nel contrasto alla pesca di frodo e diffondendo tecniche di pesca sostenibili. Sulle risorse naturali, ed in riferimento alle zone montane, l' obiettivo rimane quello della stabilità economica e sociale delle famiglie. Per quanto concerne le erbe aromatiche ed officinali, la raccolta deve seguire criteri di sostenibilità e deve consentire la produzione ed il commercio di prodotti più elaborati, tali da far prospettare maggiori margini di guadagno (imprese che lavorano in questo settore sono già una realtà a Bajzë, Kçirë, Hajmel, Pukë e Laç). 3.2.3. Attività consigliate Da quanto riportato, si ritengono prioritarie le seguenti tipologie di intervento: a. Creazione di cooperative per la raccolta differenziata ed il riciclo dei rifiuti; b. Potenziamento dei mezzi e dei servizi di raccolta dei rifiuti solidi e liquidi urbani (cassonetti, compattatori, fogne, collettori, etc.); c. Formazione del personale preposto al servizio di raccolta e smaltimento rifiuti; d. Supporto alla società civile nell’opera di sensibilizzazione delle popolazioni locali sui temi dell' ambiente; e. Previsione di curricula e corsi di educazione ambientale nelle scuole di ogni ordine e grado; f. Supporto alle istituzioni preposte alla pianificazione, monitoraggio e gestione del territorio; g. Sostegno alle istituzioni per l’applicazione delle leggi vigenti in materia ambientale; h. Sostegno alle istituzioni per la gestione e valorizzazione dei parchi e delle aree protette; i. Sostegno alle associazioni di pescatori per limitare la pesca illegale e diffondere metodologie di pesca sostenibili ed alle associazioni di donne che ricoprono nella pesca un ruolo importante per tutte le attività di trasformazione del pesce; j. Incremento della coltivazione e della lavorazione delle erbe aromatiche ed officinali, attraverso sessioni di training sulla gestione sostenibile delle risorse e sulla trasformazione delle stesse. Promozione di forme di associazionismo tra le donne raccoglitrici per una maggiore capacità di contrattazione e salvaguardia della bio-diversità. 3.2.4. Risorse esistenti - Bassa densità della popolazione; 43 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento - Ambiente e Sviluppo Rurale Presenza di aree protette in fase di creazione e/o estensione (Theth e Vermosh, Lago di Scutari e Fiume Buna); Presenza sul territorio di una Facoltà di Scienze Naturali (Università di Scutari) e di un Istituto Medio Superiore Forestale (Shkolle e Mesme Pyjore); Presenza di ONG ambientaliste locali; Presenza di 7 diverse fasce eco-geologiche (la Regione di Scutari si estende dal livello del mare fino agli oltre 2200 metri delle Alpi albanesi); Presenza di una biodiversità così ricca (specialmente di flora per kmq), da raggiungere i massimi livelli in Europa; Presenza sul territorio di progetti e programmi della comunità internazionale a sostegno dello sviluppo sostenibile; Presenza di imprese informali di raccolta differenziata per il riciclo dei rifiuti; Presenza di fonti energetiche rinnovabili (biomassa, energia idrica, energia eolica); Presenza di monumenti di natura e particolari paesaggi di potenziale interesse turistico; Grande potenziale ittico (il lago di Scutari fornisce grandi quantità di pesce apprezzato dalla popolazione locale, garantendo un sostentamento a basso costo); Presenza di piante officinali e aromatiche (Malesi e Madhe, Puke); Presenza di funghi e prodotti del sottobosco (Malesi e Madhe, Puke); Presenza di micro forme di auto-organizzazione comunitaria che devono essere sostenute (produttori e produttrici, donne e giovani, gruppi di interesse sociale). 3.2.5. Ostacoli e/o fattori limitanti - Basso livello di senso civico e di cittadinanza attiva nelle popolazioni locali, accompagnato, al contrario, da un forte senso di abbandono da parte dello Stato, che induce a considerare l' ambiente come risorsa da sfruttare, senza interrogarsi sulle conseguenze; Diffusa cultura patriarcale, che limita fortemente le capacità e le risorse femminili, importanti per lo sviluppo ed il cambiamento; Scarso coordinamento tra le istituzioni preposte all' ambiente (Agenzia Regionale Ambiente, Corpo Forestale, Municipi, Polizia Edilizia, Polizia Finanziaria, etc.); Basso grado di motivazione, mezzi e risorse economiche per garantire un adeguato rispetto delle leggi; Gestione incontrollata e carente del patrimonio boschivo e ittico; Abusivismo edilizio e mancanza di pianificazione territoriale; Carenza nel servizio di raccolta dei rifiuti solidi e liquidi ed assenza di impianti di smaltimento (inceneritori, depuratori o discariche); Scarsa sensibilità ambientale della popolazione; Scarso intervento per la difesa della biodiversità; Sfruttamento incontrollato ed illegale delle risorse ittiche e boschive. 3.3. Sviluppo rurale 3.3.1. Analisi della situazione attuale Gli elementi essenziali per la comprensione dei problemi odierni dello sviluppo rurale del Nord Albania possono essere così sintetizzati: - difficoltà di accesso alla terra ed ai mezzi di produzione; - carenza di infrastrutture (mercantili e stradali etc.); - debolezza delle filiere produttive; - cultura individualistica, patriarcale, poco concentrata sul senso della comunità quanto piuttosto sull’appartenenza al clan. 44 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Ambiente e Sviluppo Rurale Difficoltà di accesso alla terra ed ai mezzi di produzione La proprietà agricola ripristinata come diritto personale dal 1991 (legge 7501) è caratterizzata da una parcellizzazione infinitesimale: sono state create 467.000 piccole aziende agricole su una superficie di 600.000ha di terra, per una media di 1,3ha per azienda agricola. Il fenomeno è inoltre acutizzato dal fatto che questa superficie media è in realtà un insieme di parcelle più piccole (in tutto il Paese si sono così create 1,8 milioni di parcelle). Secondo dati INSTAT, circa il 59,9 % delle aziende agricole ha a disposizione meno di 1ha di terreno, il 30% da 1 a 2ha, meno del 10% più di 2ha. Se ne deduce che la dimensione delle aree colturali non permette l' introduzione di una pur necessaria meccanizzazione agricola, condizionando così il rendimento della produzione e costringendo gli agricoltori alla mera sussistenza. Non è infatti possibile creare un vero e proprio valore aggiunto, fondamentale motore dello sviluppo. In alcune zone montane, con limitate risorse agricole, i contadini hanno ricevuto meno di 0,2ha per nucleo familiare, dal momento che boschi e pascoli sono rimasti demaniali (legge 7699). Generalmente, nelle zone montane le terre non sono state assegnate con la procedura prevista dalla legge. In numerosi casi, si sono ripristinate le proprietà precedenti al periodo comunista, anche se la legge non le riconosce. Questa soluzione, nel complesso, non ha generato conflitti, trattandosi di zone marginali ed essendo diffuso il riconoscimento culturale delle norme consuetudinarie in merito al diritto fondiario. Al momento, sulla carta esiste la possibilità di utilizzo da parte delle comunità delle risorse forestali, su cui il Comune ha un diritto di uso. Tale zone marginali sono: montagna scutarina (8 comuni, 55 villaggi), Malesia e Madhe (4 comuni, 40 villaggi), Puka (10 comuni, 76 villaggi), Mirdita (5 comuni, 83 villaggi), Kukes, Has, Tropoja (24 comuni, 189 villaggi), Dibra, Bulqize, Mat (31 comuni, 280 villaggi). Carenza di infrastrutture Il secondo aspetto da non trascurare riguarda le infrastrutture. E'doveroso riconoscere i progressi fatti negli ultimi anni (soprattutto nella rete stradale), inimmaginabili fino a poco fa. I bisogni sono tuttavia talmente vasti che è difficile pensare che nelle zone rurali e montane si arrivi ad una soluzione delle problematiche riscontrate nel medio termine. Il panorama generale della dotazione di infrastrutture (rete stradale) e dell’accesso ai servizi essenziali (luce ed acqua innanzitutto) nelle zone rurali è piuttosto negativo. La carenza di tali strutture essenziali è un forte ostacolo allo sviluppo socio-economico e culturale del territorio. La loro inefficienza rende difficili gli scambi commerciali da e per la periferia, relegando alla marginalità economica tutte le aree di difficile accesso. La carenza di aree mercantili è legata a quella infrastrutturale ed al mancato sviluppo di una generale pianificazione a favore della commercializzazione interna. Ciò favorisce l' importazione di prodotti provenienti da Paesi limitrofi, che hanno costi di produzione unitari inferiori. La situazione attuale è comunque ad un punto di svolta importante. La D.B.U. (Drejtoria e Bujqesise dhe Ushqimit)68 di Scutari ha ad esempio realizzato un' area di mercato all' ingrosso di prodotti agricoli che servirà tutta la città. Tra le infrastrutture la cui carenza più limita lo sviluppo agricolo, soprattutto di alcune zone (Zadrima), vanno ricordate le opere di canalizzazione delle acque, rispetto alle quali significativi investimenti sono stati realizzati dal Governo proprio negli ultimi due ultimi anni. La nascita dei consorzi di bonifica ha dato occupazione e buoni risultati. Evidentemente, la soluzione della problematica avrebbe un significativo impatto sulle aree rurali (infatti, l' allagamento dei campi impone ai contadini scelte colturali non sempre remunerative). Debolezza delle filiere produttive Inquadrando la questione da una prospettiva generale, si può dire che a livello strategico è necessario intervenire sugli anelli deboli delle filiere produttive, da individuare caso per caso. 68 Direzione dell’Agricoltura e dell’Alimentazione. 45 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Ambiente e Sviluppo Rurale Analogamente, è doveroso sottolineare che il settore agricolo soffre di una generale mancanza di servizi tecnici di filiera, in primo luogo nel settore della trasformazione. Senza lo sviluppo dell' agroindustria, infatti, la produzione rimarrà limitata alla domanda locale di prodotti freschi ed i vantaggi economici legati alla trasformazione verranno persi. Il fenomeno dell' emigrazione rende ancor più critica la situazione dei servizi all' agricoltura anche a livello di forza lavoro. Il tema dell’agricoltura biologica è in questa sede trattato come uno dei temi di pertinenza agricola ed ambientale. Dal punto di vista del mercato dei prodotti agricoli, il biologico albanese nel breve termine non può competere con gli stessi prodotti provenienti dai Paesi del Mediterraneo che hanno un’agricoltura più progredita, una sensibilità più sviluppata (dal produttore al consumatore) e non soffrono né di carenze infrastrutturali né delle difficoltà dovute all’irrisolta questione dei diritti di proprietà sulle terre. E’ certamente vero che l’agricoltura “a ciclo chiuso” rappresenta l’elemento di contatto tra il biologico e l’impresa agricola familiare albanese, ma questo non è sufficiente per penetrare il mercato estero. Fino a che in Albania non si svilupperà ulteriormente il mercato interno, al biologico non verrà dato uno spazio significativo. Si sta dunque attraversando ora una fase in cui è necessario sensibilizzare il consumatore sul valore dei prodotti Bio e delle certificazioni. Cultura individualistica, patriarcale, poco concentrata sul senso comunitario quanto piuttosto sull’appartenenza al clan Oltre ai problemi menzionati sopra, occorre rilevare che una diffusa cultura individualistica e clanica (oltre che patriarcale) ha, dalla fine del regime, impedito lo svilupparsi di una senso di appartenenza comunitario, a livello anche di villaggio, che dia l’opportunità alle singole persone/famiglie di individuare collettivamente soluzioni a problemi comunitari. Basti pensare a come i servizi pubblici esistenti non siano affatto curati dalla comunità, così come alcuni problemi legati all’acqua non sono mai stati risolti proprio per mancanza di organizzazione comunitaria. Inoltre, le storiche divisioni tra clan ed una cultura tendenzialmente gerarchica non favoriscono lo spirito comunitario, riducendo invece le potenzialità delle donne e dei giovani nella promozione del cambiamento. Tutti gli elementi citati concorrono in gran parte al fenomeno dell' emigrazione. Si tratta infatti di problematiche all’origine di molte emigrazioni definitive. Il reddito medio di una famiglia che vive di un' agricoltura tradizionale è ragionevolmente stimato intorno ai 13.000 Leke al mese (poco più di 100 euro), condizione che rende impossibile qualsiasi ipotesi di investimento e dotazione di meccanizzazione, mantenendo inalterata la spirale del seguente circolo vizioso: scarsa produzione, poco reddito, impossibilità di investimenti, scarsa produzione, emigrazione. Il fenomeno dell' emigrazione è accompagnato da un comportamento all’apparenza contraddittorio: le terre coltivabili non sono cedute, limitando così il mercato fondiario ed una ricomposizione delle aziende agricole. L' attaccamento alla terra di origine porta invece i migranti ad investire i loro risparmi in un settore non produttivo, l’edilizia. Si spiega così la costellazione di numerose nuove abitazioni, anche di dimensioni notevoli, costruite proprio nelle aree dove l' emigrazione è emigrazione oltre confine si aggiunge l' esodo verso le città, si comprende come massiccia69. Se all' il fenomeno migratorio sia stato, soprattutto nel Nord del Paese, un fatto ‘totalizzante’, all’origine di un drastico mutamento nella configurazione stessa del territorio, urbano e rurale (in termini di distribuzione della popolazione e destinazione d' uso, tutela e valorizzazione del territorio). Oltre alle cifre di sintesi, vanno citati anche i tanti villaggi, in particolare di montagna, che hanno fatto registrare un abbandono mediamente superiore al 30%, con punte anche del 60%. Sul piano ambientale, l’abbandono delle zone montane altera un equilibrio creatosi in secoli di antropizzazione. L’effetto è ben conosciuto in Paesi come l’Italia, che hanno già vissuto questo 69 Il fenomeno è ben rappresentato nell' area della Zadrima le cui terre coltivabili sono molto fertili. Nonostante ciò, sono moltissime le case costruite recentemente, proprio dove il 40% delle famiglie ha almeno un componente all' estero. 46 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Ambiente e Sviluppo Rurale fenomeno, sfociato nell’innalzamento del livello di rischio idrogeologico. In riferimento allo sviluppo agricolo, si assiste poi ad un ulteriore calo produttivo, causato proprio dalla fuga della forza lavoro. Effetto indiretto, ma importante, dell' emigrazione, è anche l' affievolirsi di molte attività artigiane, segno di un' identità culturale ancora viva nel mondo rurale. Il settore artigiano deve dunque rigenerarsi nel nuovo contesto sociale e produttivo attraverso nuove forme e spazi economici che non neghino il proprio fondamento culturale autentico. Un’altra forma di sviluppo che il turismo può assumere è l’agriturismo, risorsa economica importante per lo sviluppo agricolo delle zone rurali, in particolare se legato allo sviluppo delle produzioni biologiche e tipiche. 3.3.2. Obiettivi prioritari di sviluppo A. B. C. D. E. Ampliare la superficie media coltivata; Favorire l' accesso ai mezzi produttivi necessari; Garantire un più facile accesso al mercato; Rafforzare alcune filiere produttive, a partire dalle produzioni tipiche locali; Rafforzare la rete dei servizi tecnici all' agricoltura. A. Ampliare la superficie media coltivata Il problema di fondo da risolvere è rendere la terra disponibile. Ovviamente, un lavoro preliminare spetta alle istituzioni che devono completare l’assegnazione delle proprietà per garantire la sicurezza degli investimenti. La politica di sviluppo rurale, perseguita dai Paesi della Comunità Europea negli anni che seguirono la seconda guerra mondiale, e con diverse modalità seguita fino ad oggi, era volta, in estrema sintesi, a garantire alla famiglia rurale una stabilità economica, propedeutica alla stabilità sociale. Esattamente l' opposto è successo negli ultimi anni in Albania. L' insicurezza economica ha provocato infatti un’altissima mobilità sociale, a sua volta causa di gravi problemi di gestione e protezione del territorio e dell' ambiente. La strategia ministeriale si propone come obiettivi l' aumento produttivo e lo sviluppo del mercato delle terre agricole, attraverso un’azione di tipo innanzitutto amministrativo (completamento della registrazione delle terre). Per garantire l’efficacia di tale azione, è necessario fornire agli agricoltori gli strumenti finanziari necessari a compiere questo processo. Per le aree più marginali ed economicamente più depresse, la strategia deve inoltre prevedere un' azione ancora più prossima alle comunità locali. Per ottenere la stabilità economica, la famiglia rurale deve poter disporre di una superficie fondiaria sufficiente a garantirsi un livello di vita dignitoso ed i mezzi necessari a lavorarla. Tale questione è stata in parte risolta in alcune aree della Comunità Europea, dove si sono fornite ai contadini disponibilità finanziarie specifiche, adeguate alla loro realtà e sostanzialmente diverse da quelle che possono offrire i normali Istituti di Credito. Si tratta del cosiddetto CREDITO AGRARIO, che ha due caratteristiche fondamentali: bassi, se non bassissimi, tassi di interesse e tempi di restituzione medio-lunghi o molto lunghi. Come già evidenziato, la situazione nelle zone montane presenta differenze di cui occorre tenere conto anche in sede di pianificazione dell’intervento. Accanto allo strumento del credito agrario (che in questo caso deve trovare delle forme specifiche), è necessario impegnare risorse a supporto della crescita delle comunità locali (comuni e villaggi), per ampliare la capacità di sfruttamento sostenibile delle risorse. Sulla questione della proprietà della terra è importante anche un lavoro i termini di diritti, dal momento che non sempre la legislazione, in particolare sulle questioni legate all’ereditarietà, viene 47 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Ambiente e Sviluppo Rurale rispettata. Ancora una volta, tale riferimento riguarda in particolare le donne, nonostante le molte donne capo-famiglia. B. Favorire l'accesso ai mezzi produttivi necessari Nessun contadino albanese, disponendo di 1ha di terreno, è in grado di far fronte ai costi necessari per potersi dotare di mezzi produttivi (dovrebbe infatti poter disporre di una superficie almeno tre volte superiore)70. La strategia ministeriale fa riferimento alla tematica proponendo una riduzione delle tariffe per servizi e costi di produzione. Da un lato è necessario proporre la creazione di fondi di credito specifici per la meccanizzazione, dall’altro occorre sostenere la nascita di cooperative per la meccanizzazione agricola che inneschino lo sviluppo del ‘contoterzismo’. Dopo questa prima fase sarà possibile ampliare il ricorso all’affitto dei terreni ed infine al loro acquisto (il perseguimento di tale obiettivo intende dunque favorire anche il raggiungimento dell’obiettivo A). C. Garantire un più facile accesso al mercato La difficoltà di accesso ai mercati cittadini pone le famiglie residenti nelle zone rurali in una situazione di precaria autosufficienza e di estrema vulnerabilità. Rafforzando il livello di trasformazione dei prodotti nei luoghi di produzione primaria, si riuscirebbe a mantenere per le popolazioni delle zone rurali un buon margine di reddito ed a favorire la commercializzazione (vedi obiettivo D del settore Ambiente). D. Rafforzamento di alcune filiere produttive, a partire dalle produzioni tipiche locali Un settore che da alcuni anni ha cominciato a dare un discreto reddito è la viticoltura. A riprova del fatto che questo obiettivo coincide con l’intervento del Ministero dell’Agricoltura, va sottolineato il significativo sforzo finanziario per la realizzazione di nuovi impianti (intervento che interessa anche l’olivicoltura e la frutticoltura in genere). In Malesia e Madhe, Puke, Mirdite si potrebbero recuperare vasti terreni a specifica vocazione viticola, ora per lo più abbandonati. Un aspetto di estrema attualità è anche la costituzione di un Catasto Viticolo (un adempimento, questo, richiesto all’Albania dall' UE). Tuttavia, esso assume valore solo nella misura in cui diventa uno strumento di valorizzazione del prodotto, obiettivo raggiungibile tramite l' elaborazione di disciplinari di produzione e la certificazione di qualità. Queste attività sono proprie delle Associazioni di Produttori. A tal proposito, le ONG possono svolgere un ruolo determinante nel rafforzamento delle associazioni di produttori. Un progetto regionale di Catasto Viticolo si articola su diversi livelli, dalla delimitazione topografica, all' attività ampelografica. Si tratta, quindi, di un' attività sul campo per lo sviluppo di nuovi vigneti e di nuove tecnologie di vinificazione. Il progetto deve investire inoltre le Associazioni di Produttori e prevedere la costituzione di Cantine Sociali, a modello e garanzia della commercializzazione del prodotto. Un livello istituzionale, infine, riguarda sia la definizione dei disciplinari di produzione, sia il controllo di qualità a garanzia, tanto dei consumatori quanto delle stesse Associazioni di Produttori. Analoghi interventi devono essere realizzati in prospettiva per altre filiere (come frutticoltura, olivicoltura, orticoltura e quella dei prodotti zootecnici), agendo da un lato sull' innalzamento della qualità, la difesa delle produzioni locali e degli ecotipi, dall' altro sulla trasformazione. La strategia ministeriale relativa alla produzione zootecnica prevede un intervento ben strutturato incentrato sul ruolo dei servizi statali (servizio veterinario, inseminazione ed extension), mentre in 70 Questo è un problema di ordine generale per l' Albania, che non può essere affrontato totalmente nell’ambito di un progetto ONG promosso, sperimentale ed elaborato a partire dalla visione, per necessità limitata, delle ONG stesse. Tuttavia, si ritiene doveroso affrontarle la questione, trattandosi dell' unica strada percorribile per offrire condizioni di stabilità economica e sociale alle famiglie rurali e quindi per porre le basi di un più generale sviluppo economico. 48 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Ambiente e Sviluppo Rurale materia di ortofrutta fa riferimento alle produzioni biologiche, alle nuove tecnologie produttive ed al rafforzamento dei servizi fitosanitari. Per un effettivo rilancio delle produzioni tipiche è necessario inoltre agire anche a livello vivaistico. È pertanto auspicabile un interessamento dell' Istituto di Frutticultura di Valona, al fine di tutelare il patrimonio di biodiversità del Nord Albania. Parallelamente a questo intervento di tipo istituzionale, è necessario sostenere le comunità che nei secoli hanno selezionato varietà ed ecotipi, attraverso la realizzazione di campi di conservazione in situ del patrimonio genetico. Tra le produzioni di maggiore interesse strategico vanno menzionati il miele e gli altri prodotti dell’apicoltura (la cui filiera necessita di un controllo sanitario sistematico, lavoro spesso svolto dalle associazioni di produttori). L’apicoltura è l’unico settore dell’allevamento che non ha conosciuto momenti di crisi negli ultimi dieci anni in Albania. Dal momento, poi, che queste produzioni non interferiscono con le problematiche relative alla riforma agraria e alla proprietà dei terreni, esistono garanzie consistenti per un promettente sviluppo del settore e per la sostenibilità dell’intervento. A tale proposito, occorre accennare anche alle prospettive di mercato: sebbene la produzione di miele sia costantemente aumentata negli ultimi anni, il prezzo della vendita al dettaglio si mantiene molto alto. Se ne deduce che la domanda di miele sul mercato potebbe aumentare parallelamente alla produzione, se i prezzi al dettaglio iniziassero a scendere. E. Rafforzamento della rete di servizi tecnici all'agricoltura Altro campo di intervento è il sostegno alla nascita di società ed associazioni di servizio all' agricoltura. Secondo la strategia del Ministero dell' Agricoltura, le D.B.U. territoriali dovranno sempre più lavorare in collaborazione con i privati. Pertanto, è auspicabile che tale collaborazione faciliti la diffusione dei servizi (dalla meccanizzazione alla trasformazione), fino alla costituzione di un vero e proprio circuito di servizi integrato, che possa seguire tutta o parte della filiera produttiva. È anche auspicabile un maggiore coinvolgimento delle istituzioni locali nel promuovere politiche di sviluppo rurali. 3.3.3. Attività consigliate Da quanto riportato, si ritengono prioritarie le seguenti forme di intervento: a. Costituzione di una sistema di microcredito rurale per l' ampliamento della proprietà contadina; b. Sostegno alla crescita associativa di comunità montane per il recupero e la gestione delle risorse forestali; c. Costituzione di uno specifico fondo di credito per la meccanizzazione e per la creazione di cooperative per la meccanizzazione agricola; d. Realizzazione di centri di trasformazione dei prodotti nelle zone rurali e montane; e. Rafforzamento del ruolo delle comunità rurali attraverso un' opera di promozione territoriale, con particolare attenzione a donne e giovani; f. Rafforzamento della filiera viticola. Costituzione di un catasto viticolo. Sostegno alle associazioni di produttori nell' elaborazione di disciplinari di produzione che valorizzino la tipicità; g. Supporto alla ricerca varietale. Difesa degli ecotipi attraverso uno specifico sostegno ai vivai esistenti o di nuova istituzione; h. Supporto a produttori selezionati che tutelino attraverso campi di riproduzione in situ le varietà e gli ecotipi del Nord; i. Sostegno alle associazioni di apicoltori nelle attività di difesa alle patologie, attraverso un' opera di monitoraggio sanitario e sostegno al marketing per la nascita di marchi comuni; j. Supporto alla nascita di società di servizi all' agricoltura, attraverso un' opera di training tecnico ed organizzativo; k. Sostegno a politiche di decentramento che rafforzino il ruolo degli enti locali nella promozione di politiche di sviluppo rurale. 49 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Ambiente e Sviluppo Rurale 3.3.4. Risorse esistenti - - Completamento dell’assegnazione della proprietà dei terreni in alcune zone; Diminuzione dell’impegno diretto delle famiglie nelle attività colturali, come motore per la crescita di un mercato dei terreni (in vendita o in affitto) e della pratica del contoterzismo (pratica, questa, in grado di accrescere la redditività e favorire così l’acquisto di mezzi di produzione); Presenza di un’area di mercato all' ingrosso di prodotti agricoli che servirà tutta la città; Impulso statale alla realizzazione di opere di sistemazione agraria e di pulizia dei canali; Forte impulso allo sviluppo delle filiere produttive: vivaismo, agroindustria, etc.; Presenza di numerosi ecotipi di interesse agronomico; Forte predisposizione per l' agricoltura tradizionale, quindi potenzialmente biologica; Maggiore potere degli enti locali nel determinare politiche di sviluppo rurale locale. 3.3.5. Ostacoli e/o fattori limitanti - L’ingresso di prodotti alimentari da paesi limitrofi con un più basso costo di produzione; Mercato incontrollato ed utilizzo di antiparassitari che rendono difficile la definizione di aree a produzione biologica; Scarso livello di sviluppo del mercato dei prodotti agricoli albanesi; Forte carenza del sistema viario, a detrimento dello sviluppo turistico (molte località di grande valore naturalistico e paesaggistico sono difficilmente accessibili e fruibili). 3.4. Fonti Bibliografia Ambasciata d’Italia a Tirana, Albania. Programmi nel settore agricolo e dello sviluppo rurale, Tirana, 1999. Bio & Eco, Università di Scutari, Scutari, 1999-2003. EU, Albania. Stabilisation and Association. Report 2004, Bruxelles, 2004. Government of Albania - Ministry of Economics, Annual Report 2003, Tirane, 2003. Government of Albania, Ministry of Environment, Compendium of Environmental Legislation of Albania, 2004, Tirana. Government of Albania - Ministry of Food and Agriculture, Annual Report 2003, Tirane 2003. Government of Albania - Ministry of Food and Agriculture, Strategy for Agriculture and Food (2003-2007), Tirane, 2003. L.V.I.A., Mappatura del Comune di Shkrel, Shkodër 2000. MAE/DGCS, L' Albania e le riforme strutturali dell' economia, Tirana, 1999. MBU & INSTAT, L' agricoltura in cifre, Tirana, 2002-2003. Red Data Book of Albania, REC, 1997, Tirana. SIDA & CARITAS, Strategia per lo sviluppo rurale della Regione di Kukes, Tirana, 2004. Studim per zhvillimin e bujqësisë, blegtorisë dhe industrisë Agro-ushqimore për vitet 19982005. Shkoder 1998. Shkodra District 2003, Qarku Shkoder. The Biota and Limnology of lake Skadar, Karaman & Beeton Eds., Titograd (Montenegro), 1981. UNDP, Strategia per lo sviluppo rurale della Regione di Scutari, Tirana, 2004. UNDP, Strategia per lo sviluppo rurale della Regione di Kukes, Tirana, 2004. “Albania: un' agricoltura in transizione”, in Option Méditerranéennes, Serie B, No. 15, CIHEAM 1997. “La cooperazione italo-albanese per la valorizzazione della biodiversità”, in Option 50 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Ambiente e Sviluppo Rurale Méditerranéennes, CIHEAM 2000. Contatti Alexsander Nacev, Senior Officer, Banca Mondiale, Washington (USA); Anna Ricciardi, Delegazione della Commissione Europea a Tirana; Bardhi Shllaku, Dirigente dell’Ufficio di Coordinamento e Sviluppo della Prefettura di Scutari; Dhimiter Dhora, docente di Zoologia della Facoltà di Scienze Naturali dell’Università di Scutari; Drita Dade, Environment Officer, Delegazione della Banca Mondiale in Albania; Marash Rakaj e Adem Bekteshi, Università di Scutari; Martin Schneider-Jacoby, Euronatur, Konstanz (Germany); Pellumb Abeshi, Segretario Generale del Ministero dell’Ambiente; Perlat Ramçaj, Sindaco di Koplik; Viktor Jubani, ex Direttore dell’Agenzia Regionale per l’Ambiente di Scutari; Zamir Dedej, Direttore del Dipartimento per la Biodiversità e le Aree Protette del Ministero dell’Ambiente; Zemaida Kastrati, Dirigente dell’Ufficio di Coordinamento e Sviluppo del Comune di Scutari; Zoran Mrdak, Direttore del Parco Nazionale del lago di Scutari, Podgorica, Montenegro (SGC). - 51 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Migrazione 4. MIGRAZIONE 4.1. Introduzione In seguito alla riunione del 24 gennaio 2007 tra UTL e ONG presenti in Albania, è stato proposto di inserire un nuovo Settore ‘Migrazione’ nella preparazione del documento per una strategia regionale di intervento sull’area Nord dell’Albania. Questa decisione riflette la crescente attenzione verso il fenomeno delle migrazioni e la presenza di numerosi progetti realizzati da ONG italiane in tale ambito. I flussi migratori interessano trasversalmente tutti i settori di tradizionale intervento della cooperazione, ma era finora mancato un approccio specifico sulle diverse componenti di questo settore. Considerata la complessità dell’argomento, i partecipanti hanno deciso di suddividere il lavoro in quattro filoni, ciascuno da approfondire secondo le competenze delle diverse ONG partecipanti al gruppo di lavoro: - filone Emigrazione verso l’estero (a cura di Patronato Acli-Ipsia); filone Rientro dei Migranti (a cura di Caritas e Coopi); filone Rimesse dall’estero (a cura di Patronato Acli-Ipsia); filone Migrazione Interna (a cura di VIS e Engim). A lavori avviati, per l’ultimo filone (Migrazione Interna), si è tuttavia preferito non procedere ad una sistematizzazione degli spunti emersi, ma inserire direttamente le riflessioni raccolte all’interno di questa introduzione. Oltre a quelle sopraccitate, altre ONG che hanno partecipato agli incontri di gruppo (Ceses, Papa Giovanni XXIII, Caritas Albania e Hope for the Future) hanno fornito spunti e riflessioni durante la discussione. Si sono tenuti tre incontri del Tavolo Migrazione, il 6 e il 15 febbraio 2007 a Tirana ed il 7 marzo 2007 a Scutari. Sono stati inoltre incontrati o presi contatti con rappresentanze del Consolato di Tirana, Consolato di Scutari, INSTAT Albania, MADA (Mountain Areas Development Agency)71 ed Interagency Working Group72 sul tema delle rimesse dei lavoratori albanesi migranti. Tali contatti sono stati utili per il reperimento di informazioni, dati e statistiche sulle cui basi costruire un quadro più completo della situazione. Tra le considerazioni generali, è possibile affermare che la carenza di dati e di statistiche affidabili limita fortemente la capacità di comprensione ed analisi del fenomeno migratorio albanese. Tale aspetto è riscontrabile in riferimento sia alla migrazione verso l’estero sia alla migrazione interna al Paese. I due fenomeni (migrazione interna e verso l’esterno) presentano delle analogie soprattutto per quanto riguarda il motivo di fondo che spinge le persone a compiere questo passo. A riprova di ciò, basti ricordare le parole di una donna Albanese di Gramsh, secondo cui “Una famiglia povera è quella che non ha nessun familiare che può emigrare”. Nonostante le notevoli difficoltà di analisi, sono comunque riscontrabili alcuni trend di fondo. Attualmente l’Albania sta attraversando una fase migratoria verso l’estero più regolare rispetto agli anni passati, che si manifesta principalmente sottoforma di ricongiungimenti familiari, aumento dei rimpatri volontari, perdurante spopolamento delle zone montane e di campagna ed aumento degli inurbati nei quartieri periferici più degradati delle città. Alcune ricerche suggeriscono che la migrazione verso l’estero è maggiore nel Sud del Paese, mentre dal Nord si emigra prima verso le città principali, poi eventualmente all’estero. Tuttavia, l’alto numero di visti per l’Italia rilasciati dal Consolato di Scutari ed il rientro di numerosi emigranti nell’area Nord del Paese indicano che il 71 Il MADA è un’agenzia governativa responsabile per la gestione del programma nazionale per la promozione e lo sviluppo delle aree montane del Paese. 72 Si tratta di un Comitato costituito e coordinato da IOM/ILO, nell’ambito di un progetto finanziato dalla Cooperazione italiana per il potenziamento della gestione delle rimesse dei lavoratori migranti. Dell’IWA fanno parte rappresentanti del Governo albanese, di banche ed istituti di credito, di organizzazioni non governative e del mondo accademico. 52 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Migrazione fenomeno migratorio pone sfide simili in tutto il territorio albanese. Le considerazioni di seguito esposte, quindi, pur cercando di tener conto della specificità dell’area Nord dell’Albania, possono ritenersi valide per l’intera nazione. Uno dei principali testi utilizzati per la preparazione di questo documento, la National Strategy on Migration elaborata da IOM e dal Governo albanese, contiene una serie di raccomandazioni sui diversi aspetti del fenomeno migratorio. Occorre tuttavia specificare che la maggior parte di queste indicazioni riguarda l’implementazione di politiche di pertinenza del Governo albanese, mentre nel nostro documento ci siamo concentrati maggiormente sugli obiettivi raggiungibili dal settore noprofit. In particolare, si è rilevato che un monitoraggio più attento rispetto ai flussi migratori interni ed esterni: - consentirebbe una pianificazione di sviluppo a diversi livelli (statale, di enti locali, consolare, imprenditoriale); - aumenterebbe la trasparenza e la regolarità della posizione dei migranti; - faciliterebbe i legami tra emigrati ed investimenti dall’estero; - consentirebbe di migliorare l’impatto che le rimesse hanno sul tessuto produttivo locale. Le ONG sono consapevoli che l’emigrazione, prima che un problema da affrontare, è una delle strategie più efficaci contro la povertà. Essa non è pertanto un fenomeno arrestabile fino a quando le condizioni socio-economiche dell’Albania non saranno sufficientemente sviluppate da evitare ad una larga fascia di popolazione il ricorso alla migrazione o allo spostamento verso le città come unica fonte (o fonte preferenziale) di sopravvivenza. La consapevolezza di questa inevitabilità non deve però impedire il tentativo di gestire al meglio tale fenomeno e di contribuire a creare i presupposti per uno sviluppo che sappia anche valorizzare le esperienze migratorie del presente e del passato. 4.2. Emigrazione verso l’estero 4.2.1. Analisi della situazione attuale Il fenomeno migratorio è ampiamente diffuso in Albania ed in modo particolare nel Nord del Paese. Di fondamentale importanza sono, pertanto, sia l’analisi delle cause che determinano la dinamica migratoria della diaspora albanese, che la presa in considerazione delle conseguenze che essa genera sullo sviluppo territoriale locale. Il Nord dell’Albania presenta numerose povertà che alimentano un divario crescente tra ricchi e poveri soprattutto nelle città. Sta aumentando così il numero di soggetti vulnerabili al limite della povertà che decidono di lasciare le zone rurali alla volta di quelle urbane (migrazione interna), o di emigrare direttamente all’estero. Ne consegue che in tutta l’Albania, ma in particolare nel distretto di Scutari, la migrazione è stata un fenomeno molto consistente nel corso di tutto l’ultimo decennio. L’International Organization for Migration (IOM) ha rilevato che nel Nord del Paese il fenomeno migratorio ha ricalcato maggiormente rotte all’interno del Paese, mentre si emigra all’estero più spesso dal Sud del Paese. Le motivazioni principali alla base del fenomeno migratorio sono di ordine economico, politico e sociale. Alla luce delle vicissitudini storico-politiche che hanno travagliato il Paese fin dalla caduta del comunismo, non stupisce che l’Albania sia uno degli stati con i più alti flussi percentuali di emigrazione al mondo. Secondo i dati riportati nella National Strategy on Migration, sono oltre 710.000 le persone che hanno lasciato l’Albania (390.000 uomini e 320.000 donne) dal 1991 al 2005. Ad emigrare sono prevalentemente giovani in età da lavoro che tendono a dirigersi in Grecia, in Italia ed altrove in Europa. Le preferenze geografiche di destinazione dei migranti sono influenzate da svariati fattori: facilità di accesso al lavoro, maggiori livelli salariali, possibilità di migliorare l’acquisizione delle proprie competenze professionali, presenza di familiari o amici nei Paesi accoglienti, vicinanza geografica di tali luoghi e facilità di ingresso al loro interno. 53 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Migrazione Come già sottolineato nell’analisi presentata dalle ONG del settore ‘Ambiente e Sviluppo Rurale’, l’impatto dell’emigrazione incide sul tessuto economico territoriale provocando un calo dello sviluppo produttivo, specialmente nei settori dell’agricoltura e delle attività artigianali. Tuttavia, come viene rilevato da numerose organizzazioni internazionali, l’emigrazione è allo stesso tempo una delle strategie più efficaci per sfuggire alla povertà. In Albania, in particolare, essa è stata in passato utilizzata, e a tratti finanche incoraggiata dal Governo, come fattore di pressione sui Paesi maggiormente interessati dall’esodo albanese per strappare concessioni di aiuti e accordi di cooperazione. Oggi l’emigrazione albanese sta conoscendo una fase più adulta. Chi emigra lo fa generalmente in condizioni di maggior sicurezza, con una discreta conoscenza della realtà che lo attende all’estero, dove spesso raggiunge familiari o conoscenti. A riprova di questo, nel 2005 sono stati concessi ai cittadini Albanesi 23.530 visti per l’Italia, dei quali il 21,9% per motivi di lavoro ed il 63,5% per motivi familiari73. Il solo Consolato di Scutari nello stesso periodo ha ricevuto circa 12.000 domande di visto per diversi motivi, concedendone circa 7.000. L’alta percentuale di visti concessi per motivi familiari testimonia il mutato profilo dell’emigrante e della situazione nel Paese di destinazione. Una volta stabilizzatosi, l’emigrante albanese, in prevalenza maschio e giovane, può pensare al ricongiungimento della famiglia. Il Governo albanese giudica tuttavia una priorità continuare a rafforzare l’informazione per i potenziali migranti, in particolare per quanto concerne le conseguenze dell’emigrazione irregolare, i canali di emigrazione regolare percorribili, le possibilità di mediazione per la ricerca di lavoro all’estero, i diritti dei lavoratori migranti nei Paesi di destinazione, gli obblighi di registrazione prima e dopo la partenza, la protezione sociale ed il regime fiscale applicato agli emigranti ed infine l’aiuto concreto a reperire modulari o documenti ed a compilare i formulari. Nella National Strategy on Migration questi compiti vengono affidati ai Centri Regionali per l’Impiego, ma sono auspicati il coinvolgimento delle ONG ed una regolamentazione del settore privato, specie con riferimento alle agenzie di mediazione e per la ricerca di lavoro. Tuttora, chi decide di emigrare fa parte di un gruppo vulnerabile, non consapevole dei propri diritti e vittima di falsi mediatori, trafficanti, procacciatori di affari inesistenti o di documenti falsi. Una delle caratteristiche che si attribuiscono all’emigrazione albanese, almeno in Italia, è quella di essere “temporanea”, ovvero vissuta con l’obiettivo di rientrare in patria a breve-medio termine. Vero o falso che sia, questo tipo di emigrazione “mordi e fuggi” è oggi auspicata dal Governo albanese. L’idea è che l’arricchimento di competenze e conoscenze derivante da una permanenza all’estero di qualche anno possa essere sfruttata in patria al momento del rientro. Agevolare, a livello istituzionale, una forma di migrazione “circolare” comporta vantaggi quali: - la possibilità, per gli immigrati, di rientrare nel proprio Paese di origine senza perdere tutti i diritti nel Paese di emigrazione; - la stipula di accordi bilaterali per la determinazione di quote di lavoratori stagionali; - incentivi, da parte dei Paesi ospitanti, a ripetere l’esperienza migratoria per quei migranti che hanno rispettato i termini di uscita dal Paese. L’approccio al fenomeno migratorio albanese da parte dell’Unione Europea, invece, si è distinto finora per una visione parziale, limitata alla lotta contro l’immigrazione irregolare, piuttosto che a rafforzare l’integrazione della diaspora albanese o a favorire la migrazione circolare dei cittadini albanesi. Particolare rilevanza, nel contesto di una migrazione circolare, assumono gli studenti universitari all’estero. Gli Albanesi rappresentano il primo gruppo di universitari stranieri in Italia, quantificato in circa 10.000 unità74. Il rischio di brain drain ed il mancato rientro di almeno una parte di questi studenti formatisi all’estero è un problema con conseguenze anche sul lungo periodo (cfr “From 73 74 Fonte: Dossier Caritas 2006. Fonte: Dossier Caritas 2006. 54 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Migrazione brain drain to brain circulation”, citato in National Stategy on Migration). Da alcune ricerche75 risulterebbe che appena il 5% degli studenti all’estero ha intenzione di rientrare in patria. Nonostante l’art. 22 della Legge n. 9668 del 18.12.2006 “Sull’emigrazione dei cittadini albanesi per motivi di lavoro” preveda di incoraggiare il rientro di migranti con alto livello di educazione e professionalità, non sono state sviluppate concrete politiche di intervento. 4.2.2. Obiettivi prioritari di sviluppo Sulla base del quadro delineato emerge la necessità di affrontare la questione migratoria albanese prestando attenzione ai seguenti obiettivi: - Aumentare l’informazione su emigrazione e rientro; Aumentare la conoscenza dei dati posseduti dal Governo albanese sui flussi migratori; Integrare dati, studi ed azioni tra gli organi competenti (italiani ed albanesi); Coinvolgere le organizzazioni di migranti in progetti di cooperazione al fine di far emergere e rafforzare l’associazionismo albanese; Sviluppare relazioni transnazionali tra cittadini albanesi favorendo la circolazione di persone, competenze e capitali; Favorire la mediazione tra il livello istituzionale e quello individuale dei migranti, spesso distanti tra loro. Nel tentativo di perseguire gli obiettivi sopra elencati servono strategie che incentivino i migranti a partecipare come soggetti attivi alla politica di cooperazione per il co-sviluppo, attraverso cui dispiegare effetti positivi sia nei contesti di origine che in quelli di destinazione. Si creerebbe così un’interazione virtuosa tra migranti, ONG e istituzioni locali. Nonostante l’enfasi crescente posta sulla necessità di intensificare le politiche relative alle migrazioni internazionali, gli interventi istituzionali restano frutto di elaborazioni unilaterali degli Stati di destinazione, che i Paesi di emigrazione subiscono passivamente. Ciò fa lievitare gli effetti negativi delle migrazioni riducendo il loro potenziale positivo. L’Italia, in particolare, è caratterizzata dalla contraddizione tra sollecitazioni di un mercato del lavoro che richiede più apertura ai nuovi ingressi e la chiusura di politiche governative sfavorevoli all’arrivo di nuovi immigrati. Ne deriva un modello migratorio che sotto-utilizza le capacità dei migranti, dando luogo alla cosiddetta integrazione subalterna, che recluta manodopera nelle fasce inferiori dei mercati del lavoro locali. 4.2.3. Attività consigliate Per rispondere in modo adeguato alle esigenze dei migranti albanesi diventa prioritaria la realizzazione delle seguenti attività: - Aumento dell’informazione e dell’assistenza relative alle modalità di migrazione regolare con azioni dirette (apertura di sportelli, consulting ed altre forme di disseminazione) o rafforzando le capacità delle risorse esistenti (uffici del lavoro); - Offerta di orientamento pre-partenza e post-ritorno che includa: opportunità lavorative e settori d’impiego all’estero, training per la reintegrazione (sociale e lavorativa), informazioni economiche sulla gestione ed investimento delle rimesse, stesura di curricula, business plan, business start up; - Elaborazione di un sistema di registrazione e censimento obbligatori per migranti e rimpatriati, gestito dallo Stato a livello nazionale; - Implementazione di una raccolta dati su emigranti e rientrati, con un’analisi su aspettative, difficoltà incontrate, opportunità e vocazioni; - Diffusione dei dati raccolti per favorire l’implementazione, da parte degli enti istituzionali e di cooperazione, di politiche che possano incontrare le esigenze di partenti e rimpatriati; 75 Horvat, 2004. 55 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento - Migrazione Creazione di accordi tra università, imprese, istituzioni italiane ed albanesi per favorire la migrazione temporanea di alcune categorie di migranti (studenti, lavoratori specializzati, professionisti); Aumento della visibilità e delle relazioni tra associazioni albanesi in Italia e dei loro legami con la madrepatria, anche attraverso progetti di cooperazione; Attivazione di progetti di cooperazione che prevedano attività da realizzare in entrambi i Paesi, con componenti di sviluppo territoriale in Albania e di integrazione/scambio/conoscenza delle comunità albanesi in Italia. Coinvolgimento del settore profit a livello di aziende, istituti finanziari e banche, per contribuire alla realizzazione di progetti di sviluppo che favoriscano gli investimenti da parte della diaspora albanese, la professionalizzazione dei migranti rientrati e l’accesso al credito a rientrati e potenziali migranti. 4.2.4. Ostacoli e fattori limitanti Le scarse possibilità di occupazione, le condizioni di vita precarie dovute a carenze infrastrutturali e ad un limitato accesso a servizi fondamentali (ad es. mancanza di elettricità, acqua, abitazione, carenza/difficoltà di accesso ai servizi sanitari ed educativi), la debolezza delle istituzioni presenti a livello territoriale, così come la scarsa tutela dei diritti fondamentali alimentata da problemi di sicurezza pubblica sono i fattori più ricorrenti all’origine dell’emigrazione della popolazione albanese. Come già accennato, uno dei maggiori ostacoli alla definizione e all’implementazione di strategie organiche sulla migrazione è rappresentato dalla mancanza di dati certi. La Legge sullo Stato Civile prevede la possibilità per i cittadini albanesi di registrarsi presso le ambasciate albanesi all’estero, mentre la Legge sull’Emigrazione per Motivi di Lavoro ha istituito un “registro per emigranti” gestito dal Ministro del Lavoro, Affari Sociali e Pari Opportunità. Le registrazioni, tuttavia, avvengono su base volontaria e comunque riguardano solo coloro che emigrano per scopo di lavoro. Non è chiaro inoltre cosa comporti la registrazione, né quale utilità possa avere per lo Stato disporre di informazioni tanto parziali. Considerate le dimensioni del fenomeno migratorio, è sconfortante che l’Albania non si sia ancora dotata di un sistema di registrazione obbligatorio per chi emigra e per chi rientra. La mancanza di un registro impedisce non solo una quantificazione attendibile del fenomeno migratorio, ma anche la stessa pianificazione sul territorio albanese. Un sistema integrato tra anagrafe, INSTAT, Ministero del Lavoro, Affari Sociali e Pari Opportunità, Consolati e Polizia di frontiera dovrebbe consentire di colmare le lacune statistiche sulla popolazione residente e facilitare la comprensione dei flussi migratori. Un altro problema è rappresentato dalla relativa disgregazione della diaspora albanese e dalla debole rete associativa delle realtà albanesi in Italia. La diaspora albanese costituisce una rete a bassa visibilità anche perché tra inserimento lavorativo e integrazione sociale si frappone spesso il pregiudizio etnico. Mancano inoltre una mappatura ed un’azione efficace di networking tra le associazioni albanesi attive sul territorio italiano, così come tra queste e le ONG italiane operanti in Albania. 4.3. Rientro dei migranti 4.3.1. Analisi della situazione attuale Il fenomeno migratorio in Albania è attualmente giunto alla cosiddetta ‘Quinta fase’ (in cui si notano una riduzione dell’emigrazione clandestina ed una crescita dell’emigrazione stagionale verso i 56 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Migrazione Paesi vicini all’Albania, insieme con un cambiamento del rapporto tra emigranti irregolari e regolari, a vantaggio di questi ultimi76). Pur basandosi su dati e statistiche di diverse agenzie nazionali ed internazionali, il seguente documento non intende fornire una lettura precisa ed esaustiva del fenomeno migratorio e del rientro volontario o forzato dei cittadini albanesi. Da un’indagine statistica di Caritas Italiana si evince che la maggioranza (56%) degli emigranti di lungo termine ha dichiarato di voler tornare a vivere in Albania. La propensione al ritorno rispecchia la combinazione di molti fattori sia nel Paese di residenza, sia in Albania. Basandosi sull’ipotesi che il ciclo di emigrazione duri 14-18 anni (come per la maggior parte degli immigrati in Italia), si potrebbe prevedere che gli emigrati albanesi di lungo termine cominceranno a ritornare nei prossimi anni. Questa tendenza al ritorno presumibilmente aumenterà nel periodo 2010-2015, per poi ridimensionarsi. Sono in corso diverse indagini sul profilo dei migranti che rientrano in Albania, che tuttavia poco tengono in considerazione le condizioni socio-economiche delle persone, e ancor meno il livello di disagio sociale e familiare che un’esperienza di migrazione fallimentare porta con sé. Nelle due ricerche condotte da Caritas e Coopi per la preparazione del presente documento sono stati presi in considerazione circa 380 rientri (50 Coopi e 330 Caritas). Da una breve comparazione dei due progetti si può affermare che, sostanzialmente, il profilo dei migranti è comune così come i disagi riscontrati, le prospettive di reinserimento e le linee guida per gli interventi da attuare77. Il profilo del rientrato che emerge dalle esperienze maturate nel settore e, in modo più specifico, dai dati raccolti è il seguente: Dato Coopi Caritas Maschi 80% Femmine 20% Maschi 85% Femmine 15% Località di Provenienza* Nord 45% Centro-Sud 55% Nord 27.5 % Centro 26.8 % Sud 45.7 % Età 20-47 anni Sud: 20-35 anni 18-19 anni 5.63% 20-29 anni 50.35 % 30-39 anni 29.22 % 40-49 anni 11.27% 50-59 anni 3.52 % Genere * I dati sono influenzati dal tipo di dislocazione e contatti delle ONG sul territorio albanese, oltre che dalla presenza di uffici e personale delle ONG coinvolte. Inoltre, si è riscontrato che: - Pochi degli intervistati hanno seguito corsi di formazione o studi in Italia; - Molti sono ritornati volontariamente sulla base di ragioni personali o familiari. Nel caso di Caritas il 52% è stato rimpatriato forzatamente (Tale percentuale è data dalla collaborazione al progetto della Polizia di frontiera albanese nell’individuare i beneficiari a Rinas e Durazzo); 76 Questa, in sintesi, è la cronografia della migrazione albanese: Prima fase: 1991-1993, Seconda fase: 1994/1996, Terza fase: dicembre 1996 - aprile 1997, Quarta fase: 1998-2002. 77 Caritas e Coopi stanno attuando due progetti finanziati secondo le linee guida AENEAS-W.A.R.M. dell’Unione Europea, per il reinserimento socio-economico degli emigranti rientrati, con particolare attenzione a quelli forzatamente rimpatriati. 57 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento - Migrazione Le preferenze per la formazione professionale si orientano, per gli uomini, verso il settore edilizio/mercato della costruzione, per le donne, verso le attività di parrucchiera, estetista, sarta e cuoca. In pochi hanno richiesto di continuare gli studi superiori. Professionalità richiesta Caritas Agricoltura / allevamento 3.5 % Commercio – Piccola Impresa – Servizi alla persona 29.8% Edilizia – Meccanica 30.2 % Artigianato 9.8 % Nuove tecnologie 5.3% Qualsiasi tipo di lavoro / altro* 21.4 % totale 100 % * Una piccola parte vorrebbe continuare gli studi. Gli altri hanno espresso l’urgenza di trovare un lavoro e, generalmente, sostiene di aver lavorato nell’edilizia e di poter continuare a lavorare in questo settore. Va inoltre specificato che il 65% degli intervistati ha svolto lavori nel campo dell’edilizia durante il periodo migratorio e che la gran parte degli intervistati ha svolto lavori in nero. Dopo una prima fase di contatto con i migranti emerge quanto sia importante anche il reinserimento in termini socio-psicologici delle persone e/o dei nuclei familiari. Le motivazioni che hanno caratterizzato il rientro delle persone contattate nell’ambito dei progetti di Caritas e COOPI sono prevalentemente da ricercarsi nell’impossibilità di trovare un lavoro stabile o di ottenere documenti regolari. Un dato pressoché comune a tutti gli intervistati è lo stato di depressione dovuto alla presa di coscienza del fallimento del proprio percorso migratorio ed alla totale mancanza di fiducia nelle istituzioni e nel sistema politico albanese. Anche se esiste una notevole differenza tra chi rientra volontariamente e chi, invece, è costretto, i migranti di ritorno vivono generalmente situazioni simili e problemi comuni, come il confronto con il proprio progetto migratorio, spesso percepito come fallimentare, la difficoltà a riadattarsi ad un contesto socio-culturale differente o la scarsità di prospettive. Per questo, pur avendo coscienza delle differenze in questione, ha senso considerare i migranti di ritorno come un gruppo relativamente omogeneo, che presenta esigenze e bisogni uniformi. In tal senso, in Albania i servizi e i percorsi di inserimento di chi rientra volontariamente o forzatamente possono essere simili. Le istituzioni albanesi responsabili di analizzare i flussi migratori e realizzare attività/politiche connesse al fenomeno migratorio sono: - il Ministero degli Interni (Direzione della Polizia di Confine e della Migrazione) che svolge un importante ruolo nell’applicazione degli Accordi di Riammissione; - INSTAT, che raccoglie e gestisce i dati sui flussi migratori; - il Ministero del Lavoro, Affari Sociali e delle Pari Opportunità, che risponde degli accordi occupazionali e la Direzione delle Politiche Migratorie, la quale risponde della migrazione ai fini di collocamento al lavoro, in collaborazione con l’Ufficio per la Registrazione dei Beni, il Servizio Nazionale per l’Impiego, il Servizio Sociale Statale e l’Istituto per le Assicurazioni Sociali78; 78 Zyra e Regjistrimit të Pasurive (ZRP), Sherbimi kombetar I punesimit (SHKP), Sherbimi Social Shteteror (SHSSH), Instituti i Sigurimeve Shoq rore (ISSH). 58 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento - Migrazione il Ministero degli Esteri, responsabile della gestione dei visti e dei servizi per la migrazione all’estero. Detto questo, è importante ribadire che gli interventi di appoggio al reinserimento socio-economico dei migranti di ritorno hanno un valore politico estremamente differente nel caso dei rientri volontari e di quelli forzati. Nel primo caso si interviene infatti all’interno di una dinamica migratoria che si vuole circolare, all’interno della quale il rientro non è un fallimento completo ma una fase naturale di un percorso più articolato che prevede un alternarsi di partenze e rientri. Nel caso dei rimpatri forzati, invece, l’accompagnamento al reinserimento realizzato da ONG locali ed internazionali si inserisce all’interno delle politiche di gestione dei flussi migratori – in buona parte regolate in modo unilaterale dai Paesi di destinazione della migrazione – , colmando un vuoto (l’accompagnamento dopo l’espulsione), che rischierebbe di vanificare l’efficacia dei rimpatri. Si interviene quindi, da un lato, per rendere positivo un momento critico del percorso migratorio individuale, dall’altro, per completare una deficienza di uno strumento legale. La consapevolezza di questa distinzione è necessaria per collocare in modo corretto il lavoro svolto dalle ONG sul terreno ed in un contesto di dialogo con le istituzioni italiane e albanesi. 4.3.2. Obiettivi prioritari di sviluppo Molteplici sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere attraverso l’integrazione delle persone rientrate. In primo luogo si vuole cercare di dare una nuova possibilità e nuove speranze a chi, per i motivi più diversi, ha voluto o ha dovuto rientrare. In secondo luogo si vuole cercare di arginare il fenomeno migratorio: la creazione di nuove imprese, dunque di nuovi posti di lavoro, può contribuire ad innalzare la qualità della vita e a far diminuire il desiderio di lasciare il proprio Paese. Tali obiettivi sono realizzabili a partire da una politica di networking seria che veda coinvolti sia gli attori istituzionali che quelli della società civile, in quanto la problematica migratoria è trasversale ai diversi settori ed aree di intervento. Per elaborare e realizzare interventi efficaci rispetto a queste problematiche è necessario poter descrivere il fenomeno in termini quantitativamente affidabili. Lo sforzo che molte organizzazioni stanno mettendo in atto per cercare di raccogliere ed elaborare dati statistici deve essere assolutamente coordinato per evitare di creare (peraltro con grande fatica) molti piccoli database, singolarmente di valore limitato ma che, unificati, potrebbero costituire una importante base di conoscenza. Riguardo al reinserimento dei migranti di ritorno nella vita economica e sociale dei Paesi di origine, è importante sottolineare la difficoltà di riuscire a valorizzare correttamente il potenziale di queste persone in termini di esperienza acquisita sia nel proprio Paese sia destinazione del percorso migratorio. Questa esperienza potrebbe collocare i migranti in una posizione privilegiata (per la duplice esperienza da loro vissuta, sotto il profilo tanto geografico quanto culturale), posizione che permetterebbe loro di giocare un ruolo attivo molto importante nello sviluppo del Paese d’origine. Date le difficoltà di ordine materiale e psicologico che spesso i migranti incontrano in fase di rientro, l’azione di supporto spesso si concentra soprattutto sugli aspetti legati all’inserimento lavorativo. Ciò, tuttavia, impedisce di affrontare la questione del rientro da una prospettiva più ampia, che consenta un reinserimento sociale più generale, possibile solo grazie ad una corretta valorizzazione del potenziale acquisito dai migranti durante il percorso migratorio. Anche l’esperienza più negativa costituisce infatti una ricchezza, che le ONG dovrebbero riuscire ad individuare e far fruttare, nell’interesse della persona e della sua comunità di origine. 4.3.3. Attività consigliate Per la pianificazione di interventi focalizzati sulle aree del nord Albania ed a beneficio dei migranti di ritorno, si deve poter contare su una conoscenza il più dettagliata possibile del territorio e del fenomeno del rientro. Le azioni che si vogliono intraprendere abbracciano una larga fascia di 59 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Migrazione popolazione in continuo movimento e devono essere costruite all’interno di una seria politica di networking e collaborazione con le parti sia locali che internazionali. Gli attori che a partire da questo tavolo di coordinamento si occupano del fenomeno migratorio devono collaborare tra loro come con le istituzioni Italiane ed Albanesi. Pertanto, i Consolati, l’Ufficio di Cooperazione allo Sviluppo, le ONG italiane ed i partner locali dovrebbero essere chiamati ad un serio e partecipato lavoro di active management. Nello specifico si possono identificare i seguenti ambiti di lavoro ed approfondimento: - Indagine conoscitiva del profilo del migrante, al fine di una miglior conoscenza delle problematiche di reinserimento sociale ed economico; - Indagine statistica presso comuni e municipalità del Nord sulla popolazione residente79; - Creazione di un registro degli emigrati e di un registro dei rientri (è frequente il caso di rientrati in possesso di regolari permessi di soggiorno, che mantengono la loro residenza nel Paese di destinazione ed intraprendono nuovi business in Albania); - Promozione di percorsi formativi ed educativi, per favorire una professionalità maggiore e la valorizzazione delle esperienze acquisite in Italia e del proprio curriculum professionale; - Creazione di centri di formazione nelle aree sub urbane, soprattutto nelle città che stanno vivendo un forte fenomeno di migrazione interna (Scutari, Lezhe), e dalle quali molto spesso inizia la fase di migrazione verso altri Paesi (coloro che non riescono nel proprio progetto migratorio e ritornano nelle aree suburbane vivono infatti una doppia problematica di disagio e reintegro); - Miglioramento del sistema di informazione sul mercato del lavoro, attraverso la promozione dei centri di avviamento al lavoro, apertura di sportelli di informazione per le aree depresse e/o ‘infogiovani’ con connesse attività di informazione per migranti e per rientrati, applicazione di best practices e nuove tecnologie per i servizi, collaborazione con gli altri sportelli informativi80. - Applicazione di programmi di stimolo occupazionale, ricerca sul mercato del lavoro, analisi e costituzione di un registro di indagine sulle quote di popolazione impiegate nei vari settori dell’economia del Paese; - Intersezione con progetti socio-sanitari ed educativi81. In sintesi, rimane quindi l’importanza di un lavoro di approfondimento, conoscenza e lettura complessiva dei fenomeni migratori che, a partire dalla realtà del Nord, mettono in luce una situazione comune a molte aree suburbane delle più grandi città albanesi, dove le periferie stanno vivendo una crescita forte e poco controllata, con la formazione, talvolta, di veri e propri slums abitati dalle genti che provengono dalle aree montane o dall’interno del Paese. 4.3.4. Ostacoli e fattori limitanti La difficoltà di indagine è data dalla carenza di dati certi, a partire da quelli di INSTAT Albania, che si riferiscono a diversi anni fa. Non c’è stata una vera e propria politica di aggregazione dei dati e questo rende possibile individuare solo un trend piuttosto che scattare una reale istantanea del presente. Considerare il fenomeno migratorio anche in relazione ai rimpatri significa riconoscere la tendenza dell’Albania a procedere verso una crescita ed uno sviluppo economico molto rapidi, ad aprirsi a nuovi mercati ed a garantire una sempre più ampia mobilità delle persone, in prospettiva di una pur difficile e lenta integrazione europea. Ciò può far pensare che i futuri flussi migratori, ed anche i rimpatri ad essi connessi, possano subire modifiche significative nell’arco di poco tempo, e quindi rendere ancora più complessa la lettura e l’analisi statistica di questi fenomeni. 79 Il fenomeno della diaspora albanese coinvolge ampi segmenti di popolazione e molto spesso non si hanno dati e statistiche da comparare con quelli relativi a richieste di visto, decreti di espulsione, motivazioni ed origine dei migranti. 80 Un intervento di questo tipo persegue un’ottica di miglioramento degli standard dei servizi, per contribuire, anche in materia di migrazione, al processo di integrazione dell’Albania alla comunità Europea (cfr. fondi IPA etc.). 81 Fatta eccezione per la questione occupazionale, di specifica pertinenza del settore Migrazione, le problematiche connesse al rientro (disagio psico-sociale, sanitario, formativo, d’istruzione) possono essere sviluppate anche nell’ambito di altri settori di intervento. 60 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Migrazione Lo scenario si complica ulteriormente se si considera che mancano dati affidabili ed aggiornati sui flussi migratori (sia all’esterno che all’interno del Paese) e che, spesso, è difficile riunire insieme tutti gli attori (governativi e non) che operano in questo campo. Per impostare interventi in ambito sociale, sanitario, economico, agricolo, etc. che prendano in considerazione anche la questione dei flussi migratori, con particolare attenzione alle problematiche legate al rimpatrio, occorre da un lato conoscere le tendenze dello sviluppo economico, dall’altro concentrare gli interventi di sviluppo all’interno delle comunità e dei nuclei familiari albanesi. Oltre ad un’essenziale conoscenza del contesto albanese, è poi auspicabile una sempre più attenta e fattiva collaborazione tra ONG ed autorità italiane (Consolati, Ambasciata, Uffici di rappresentanza etc.) per lo scambio di informazioni e la promozione di iniziative di comune interesse. Lavorare sulla migrazione esige il coinvolgimento di diversi attori. Intervenire sulle politiche migratorie, specialmente di Stati tra loro confinanti, non significa solamente ‘fare governance’ (in termini di flussi e numero di visti o permessi di soggiorno), ma anche ricercare e studiare le cause all’origine della tendenza a migrare, così come i cambiamenti comunitari e familiari che i flussi migratori generano, e che spesso le ONG e la società civile possono cogliere da vicino. 4.4. Rimesse dall’estero 4.4.1. Analisi della situazione attuale Il tentativo di analizzare il nesso tra migrazioni e sviluppo non può prescindere dalla promozione di una gestione appropriata delle rimesse inviate in Albania dai lavoratori emigrati all’estero (soprattutto in Italia ed in Grecia). Infatti, la canalizzazione di tali flussi finanziari privati verso la realizzazione di investimenti produttivi risulta utile per avviare attività generatrici di reddito capaci di ridurre la disoccupazione dilagante nel Paese e dispiegare nuove potenzialità di sviluppo socioeconomico per il contesto albanese. Tale consapevolezza è stata acquisita anche dal Governo albanese che, nel 2005, ha adottato la National Strategy on Migration al fine di promuovere un’adeguata politica di gestione dei flussi migratori. Essa ha prestato notevole attenzione alla tutela dei diritti degli emigrati all’estero e ha promosso l’adozione di un approccio integrato per dialogare con le comunità di emigrati albanesi. Il Governo albanese ha così provato a stimolare un uso maggiore dei canali formali per il trasferimento delle rimesse dei migranti albanesi, cercando al contempo di incentivare i rientri volontari in patria. La valorizzazione delle rimesse come strumento di promozione dello sviluppo locale è diventata così una priorità del Governo. I migranti, attraverso il proprio capitale finanziario, umano e sociale, diventano soggetti in grado di attivare processi di democrazia partecipativa e di realizzare investimenti produttivi che sortiscono effetti positivi per l’intera comunità di appartenenza. Riguardo alle rimesse, bisogna sottolineare il notevole impatto positivo che esse determinano sull’economia albanese. A livello microeconomico tali risorse monetarie rappresentano il più importante meccanismo di riduzione della povertà delle famiglie albanesi riceventi, accrescendo in modo significativo il reddito da loro posseduto. A livello macroeconomico, invece, le rimesse sono estremamente importanti per garantire la stabilità socio-economica del Paese. Ciò è dimostrato dal fatto che esse sono un’importante fonte di capitale straniero che affluisce in Albania, riuscendo in parte a colmare il deficit commerciale della bilancia dei pagamenti albanese ed in parte a stimolare il risparmio e gli investimenti necessari per rivitalizzare i settori economici più produttivi del Paese. L’ammontare di tali flussi finanziari ha registrato un incremento costante nel tempo e la rilevanza assunta da tali risorse emerge in modo lampante dalla comparazione delle rimesse con gli altri principali indicatori macroeconomici del Paese. Dai dati pubblicati dalla Banca di Albania inerenti 61 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Migrazione alla bilancia dei pagamenti del Paese emerge infatti che, nel 2005, le rimesse inviate dai lavoratori albanesi sono state pari a 802 milioni di euro (un’incidenza percentuale sul GDP albanese dell’11,6%). Nel 2005 le rimesse, servite a colmare circa il 54% del deficit commerciale del Paese, sono risultate maggiori sia rispetto agli investimenti diretti esteri (IDE), che al reddito da esportazioni ed all’aiuto straniero82. Infine l’aiuto straniero erogato all’Albania, secondo quanto affermato dalla Banca Mondiale, sarebbe stato pari nel 2005 a 362,5 milioni di dollari USA, vale a dire il 4,3% del GDP. Se si rapporta poi l’ammontare totale di rimesse affluite in Albania al reddito pro-capite albanese, si ottiene la rimessa pro-capite. Tale indicatore, pari nel 2005 a circa 300 dollari USA pro-capite, designa il contributo delle rimesse nella riduzione della povertà e quindi la loro incidenza sui redditi familiari albanesi. Considerando, invece, solo le rimesse inviate in Albania dai lavoratori emigrati in Italia, nel 2005 esse sono ammontate a 75.650 milioni di euro83, rappresentando il 9,43% del totale delle rimesse affluite in Albania (esse risulterebbero anche maggiori rispetto ai flussi di denaro inviati in Albania dalla Cooperazione italiana, la cui incidenza sul GDP albanese nel 2005 è stata pari all’1,30%). Sulla base del quadro appena delineato viene quindi ribadita la necessità di promuovere la valorizzazione delle rimesse come strategia fondamentale per attivare lo sviluppo socio-economico albanese. 4.4.2. Obiettivi prioritari di sviluppo e relative azioni Nel tentativo di valorizzare l’effetto positivo delle rimesse in termini di impatto sul territorio albanese si suggerisce il perseguimento de i seguenti obiettivi: A. Facilitare l’accesso dei migranti ai servizi bancari formali; B. Migliorare la qualità dei servizi offerti ai migranti per trasferire le rimesse nei Paesi di origine; C. Realizzare attività di sensibilizzazione, informazione e formazione per i migranti e le loro famiglie; D. Coinvolgere attivamente in progetti di cooperazione decentrata le associazioni di migranti albanesi presenti all’estero; E. Coinvolgere le istituzioni di micro-finanza presenti sul territorio albanese al fine di valorizzare le rimesse ed implementare lo sviluppo di attività microimprenditoriali a livello locale. A. In riferimento al primo punto, diventa fondamentale l’elaborazione di strumenti innovativi che sappiano incontrare la domanda avanzata dalla clientela emigrata nei Paesi di destinazione. Un accesso più facile dei migranti ai servizi bancari formali è indispensabile per valorizzare le rimesse. Per fare ciò bisogna: - ridurre l’eccessiva burocrazia che spesso caratterizza alcune pratiche bancarie; - risolvere i problemi di mediazione culturale che intercorrono tra operatori bancari e migranti; - elaborare servizi ad hoc per la clientela immigrata; - favorire la diffusione capillare delle filiali bancarie nei Paesi che ricevono le rimesse; - promuovere politiche che incentivino i migranti a depositare i propri risparmi nei paesi di origine e ad incrementare la realizzazione di investimenti produttivi. B. Anche la qualità dei servizi offerti ai migranti può essere migliorata attraverso la creazione di strumenti innovativi che sappiano rispondere adeguatamente ai bisogni avanzati da tale segmento di clientela. Tali servizi devono presentare costi contenuti, rispettando criteri di efficienza, sicurezza, trasparenza, celerità. In tal modo i migranti sono incentivati ad 82 Gli IDE sono stati pari nel 2005 a 213 milioni di euro, rappresentando il 2,5% del GDP. Il reddito da esportazioni è invece ammontato a 530 milioni di euro costituendo il 7,9% del GDP. 83 Fonte: Dossier Caritas 2006. 62 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Migrazione utilizzare i canali formali sia nell’invio di rimesse nel proprio Paese di origine, che nelle operazioni di deposito e di richiesta di prestiti per l’avvio di nuove attività produttive. C. Questo tipo di attività è utile a veicolare informazioni inerenti alle opportunità di investimento in Albania, per far conoscere ai migranti ed alle loro famiglie il funzionamento del sistema bancario e per valorizzare il capitale finanziario, umano e sociale acquisito dai migranti nel corso del percorso migratorio. D. Il coinvolgimento attivo delle associazioni di migranti in progetti di cooperazione decentrata è un elemento chiave che non può essere trascurato nella promozione dello sviluppo locale albanese. I migranti coinvolti in tali iniziative possono veicolare le risorse monetarie accumulate in progetti di utilità sociale a vantaggio della comunità di appartenenza, stimolando inoltre l’avvio di processi di democrazia partecipativa, fondamentali per la creazione di nuove opportunità a livello territoriale e regionale. E. La collaborazione tra banche dei Paesi di destinazione dei flussi migratori albanesi ed istituzioni di micro-finanza presenti sul territorio albanese è indispensabile per veicolare le rimesse verso investimenti produttivi. Le rimesse possono infatti rendere più agevole l’accesso al prestito ed ai progetti di microcredito favorendo la creazione di nuove iniziative imprenditoriali locali. Inoltre, l’apertura di fondi di garanzia risulta positiva per l’attivazione di iniziative di utilità sociale che valorizzino pienamente le rimesse dei migranti. 4.4.3. Altre attività consigliate Le ONG devono realizzare azioni capaci di dispiegare l’effetto moltiplicativo delle rimesse, promuovendo interventi tesi a rafforzare il tessuto economico locale ed a contrastare i fattori di disagio sociale che inducono l’emigrazione. Il coinvolgimento attivo dei migranti nei programmi di cooperazione decentrata da un lato alimenta forme di mediazione culturale e di integrazione sociale che assicurano una maggiore governabilità e gestione dei flussi migratori, dall’altro innesca progetti di sviluppo che danno luogo ad iniziative qualificate ed adeguatamente calibrate sulle esigenze del contesto locale. Da una lettura più attenta dei bisogni del territorio possono così scaturire iniziative volte alla creazione di un indotto economico di Piccole e Medie Imprese locali in grado di sostenere la domanda interna albanese, aumentare le opportunità di reddito e di occupazione a livello locale, stimolare la nascita di nuove attività produttive capaci di promuovere nuovi investimenti. La possibilità di legare le rimesse allo sviluppo territoriale albanese dipende però dall’attivazione di un sistema partecipativo in cui associazioni di migranti, autonomie locali, istituzioni pubbliche, istituti bancari e finanziari e ONG dialoghino insieme per sfruttare pienamente le potenzialità di tali risorse. Fondamentali in tal senso sono: - l’utilizzo collettivo delle rimesse per creare migliori condizioni sul territorio; - l’attuazione di politiche di valorizzazione dell’emigrazione e del ritorno; - la creazione di istituzioni specializzate per il monitoraggio delle rimesse; - l’attuazione di politiche per accrescere i flussi monetari inviati in patria; - l’esistenza di un sistema di intermediazione bancaria stabile, fidato, concorrenziale, efficiente e diversificato; - la promozione di un quadro favorevole agli investimenti in Albania; - una maggiore regolamentazione dei canali di trasferimento informale per evitare azioni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo; - la stipula di accordi tra Paesi di destinazione dei flussi migratori e Governo albanese per valorizzare la doppia appartenenza dei migranti come elemento di innovazione e sviluppo; - una mappatura delle catene migratorie che legano contesto di origine e Paese di destinazione; - interventi di cooperazione allo sviluppo come strumento di raccordo tra banche dei Paesi di destinazione ed istituti di micro-finanza (IMF) presenti sul territorio albanese. 63 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Migrazione Il coinvolgimento del circuito della micro-finanza nelle politiche di valorizzazione delle rimesse è un aspetto particolarmente significativo per stimolare l’imprenditorialità dei migranti che potrebbero essere più facilmente supportati nello sviluppo di potenziali progetti di investimento. La creazione di fondi di garanzia, l’istituzione di matching funds, così come la formazione di partnerariati pubblico-privati rappresentano solo alcune modalità di intervento per espandere i settori economici più vitali del contesto albanese e per incentivare l’uso delle rimesse a beneficio dello sviluppo locale. Le ONG devono inoltre realizzare attività di formazione ed accompagnamento delle IMF nella gestione delle rimesse, nel tentativo di sostenere eventuali iniziative di sviluppo comunitario promosse dalla diaspora albanese. 4.4.4. Ostacoli e fattori limitanti Nonostante l’enfasi posta dallo stesso Governo albanese sulla necessità di promuovere una gestione oculata delle rimesse, manca tuttora una politica adeguata per conseguire gli obiettivi individuati e permangono ancora una serie di ostacoli che inibiscono il concreto dispiegamento di un circolo virtuoso tra migrazioni-rimesse-sviluppo. In primo luogo, va rilevato che numerosi emigrati albanesi continuano a trasferire il proprio denaro attraverso i canali informali e ciò limita fortemente il potenziale positivo delle rimesse. In secondo luogo, le rimesse vengono utilizzate dalle famiglie riceventi soprattutto per soddisfare i bisogni quotidiani (cibo, abbigliamento, etc.) e per accrescere il proprio tenore di vita (acquisto di elettrodomestici, arredi per la casa, etc.). Una parte delle rimesse è poi destinata alla costruzione di nuove abitazioni e solo una piccola percentuale di tali flussi finanziari è investita in agricoltura e nel settore dei servizi. In terzo luogo, nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni dal sistema bancario tradizionale per attrarre i migranti come nuovi utenti dei servizi bancari, la strada da percorrere in tale direzione è ancora lunga. Permangono infatti una serie di fattori che limitano fortemente l’accesso dei migranti ai servizi bancari tradizionali. A tal proposito si possono menzionare come elementi limitanti: - l’eccessiva burocratizzazione delle pratiche da compilare; - la richiesta di garanzie spesso troppo restrittive; - difficoltà di mediazione linguistica; - servizi scarsamente innovativi che non incontrano adeguatamente i bisogni manifestati dai migranti. In quarto luogo va annoverata la mancanza di strumenti informativi adeguati atti a sensibilizzare i migranti e le loro famiglie rimaste nei Paesi di origine, verso una gestione consapevole delle rimesse ed una diffusione di informazioni utili, inerenti al funzionamento del sistema bancario in generale. Altro fattore limitante è poi l’incapacità istituzionale di promozione di un quadro legale favorevole alla creazione delle pre-condizioni necessarie per l’avvio di piccole e medie imprese in Albania. Va infine evidenziata la carenza di istituti in grado di fornire analisi e dati statistici rilevanti relativi alla popolazione emigrata ed al numero di persone rientrate volontariamente in Albania, così come all’ammontare delle rimesse giunte annualmente nel Paese84. Da quanto detto finora emerge quindi la necessità di promuovere azioni capaci di creare un ambiente favorevole alla canalizzazione delle rimesse verso attività in grado di sopperire alle carenze sopra delineate nel tentativo di generare processi dinamici di sviluppo locale all’interno del territorio albanese. 84 La disponibilità di tali informazioni faciliterebbe la gestione dei flussi migratori albanesi e al contempo renderebbe possibile il monitoraggio dell’evoluzione dei flussi di rimesse che affluiscono nel tempo in Albania e la valutazione dei loro impieghi ai fini dello sviluppo locale. 64 Il Nord Albania: contesto socio-economico e proposte di intervento Migrazione 4.5. Fonti Bibliografia - A. Castaldo, J. Litchfield, B. Reilly, Who is most likely to Migrate from Albania?, Sussex Centre for Migration and Research, June 2005. C. Cattaneo, The determinants of actual migration and the role of wages and unemployment in Albania, LIUC Papers n. 196, Serie Economia e Impresa, 50, Novembre 2006. R. Devole, L’emigrazione albanese in Italia, ed. Agrilavoro, Roma 2006. V. Horvat, Brain Drain. Threat to successful transition in South East Europe?, Southeast European Politics, June 2004. Banca di Albania, Bilancia dei pagamenti 2005, 2005. Banca Mondiale, Global Economic Prospect 2006, 2005. Caritas italiana, Dossier Caritas Migrantes 2005, Nuova Anterem, Roma, 2005. Caritas italiana, Dossier Caritas Migrantes 2006, Nuova Anterem, Roma, 2006. Caritas italiana, Progetto Welcome Again: Reinsertion of Migrants (WARM) – Programma Aeneas (MIGR/2005/103559 - 2006), Comune di Roma e Caritas Italiana, 2006. Caritas italiana, "Research on Labour Market", in Progetto Welcome Again: Reinsertion of Migrants (WARM) – Programma Aeneas (MIGR/2005/103559 - 2006), Comune di Roma e Caritas Italiana, 2006. COOPI, Rimpatrio forzato e poi? Analisi dell’impatto delle espulsioni di differenti categorie di Migranti: un confronto tra Albania, Marocco, e Nigeria. Rapporto finale di ricerca prodotto nell’ambito del progetto ALNIMA project (2002/HLWG/26), Febbraio 2005. FMI, World Economic Outlook 2005, 2005. IOM, Governo Albanese, Commissione Europea, National Strategy on Migration e relativo Action Plan on Migration, 2005. ONG italiane, Proposte di intervento per il Nord dell’Albania, UTL Tirana, 2004. ONU, International Migration Report 2006, 2006. Sitografia • • • • • • • • • www.bankofalbania.org www.cespi.it www.demo.istat.it www.imf.org www.italcoopalbania.org www.oecd.org www.osservatoriobalcani.org www.un.org www.worldbank.org 65