Scheda tratta da Fiamminghi e Olandesi. Dipinti dalle collezioni
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Scheda tratta da Fiamminghi e Olandesi. Dipinti dalle collezioni
Scheda tratta da Fiamminghi e Olandesi. Dipinti dalle collezioni lombarde, catalogo della mostra tenutasi a Milano nel 2002, Cinisello Balsamo 2002 Willem Van mieris Leida 1662 - 1747 Cimone e Ifigenia Tavola, 27 x 34,8 cm (n. inv. 4735) Firmato e datato in basso a sinistra: W van Mieris fe/anno 1698 Iscrizioni Sul verso, in alto a sinistra un cartellino con due numeri scritti a matita in mano moderna; 1858 e 41249; più a destra un altro cartellino con stampato sopra Paintings by the OldMasters /H Giovanelli Gallery/2, Borgo Ognissanti, Florence, e scritta a mano a penna e inchiostro bruno: Willem van Mieris anno c1662-1747 EHXXX nel mezzo un terzo cartellino, con la scritta moderna, a penna e inchiostro blu: Simone ed Ifigea/ del Boccaccio. Firmato e datato/1698./Figura al no 21 del catalogo rag:/nato del Smith di Londra. In basso tre timbri di gomma lacca antichi - uno dei quali illeggibili - non identificati Provenienza: C. Reygersbergen van Cauwerven, Signore di Middelburg; vendita C. Reygersbergen van Cauwerven, Leida (Van der Eyk), 31luglio 1765, n. 36 (per fl. 180 venduto a L. de Moni, da cui lo acquista Paul van Spijk); vendita Paul van Spijk, Leida, 23 aprile 1781, n. 75 (per fl. 505 venduto a J. Tak); Lemaître, Laon; vendita Paris, Drouot, 5 marzo 1874, n. 33 (per 705 FF); antiquario H. Giovannelli, Firenze (cfr. cartellino sopraccitato); Emma Stradella Grilli, Milano; da lei legato al museo, 1999 Willem van Mieris, figlio del ben noto Feinmaler Frans van Mieris I, fu il pittore leidense più rinomato della sua generazione. Nei suoi dipinti la fattura preziosa e cristallina ed il lustro dei colori, secondo lo spirito più genuino della tradizione pittorica locale, spesso sembrano quasi prendere il sopravvento sull’equilibrio anatomico ed espressivo-drammatico delle figure e perfino sui temi raffigurati, anziché esserne al servizio. Oltre ad un certo numero di ritratti, in buona parte la sua produzione consiste di quadri di formato relativamente piccolo, con scene di musicanti in atto di brindare, trombettieri, piccoli negozi di vario genere, venditrici di frutta, verdura, uccellami, spezie ed altri commestibili, cui talora si accosta una cliente. Secondo la tradizione di Leida, non raramente le figure si affacciano ad una finestra centinata, il cui parapetto reca un rilievo con puttini. Tuttavia, il Van Mieris figlio fu anche autore di una serie di dipinti di soggetto e tono più elevati, tra i quali, nel campo profano, opere dal tema derivato dalla mitologia classica e, con minore frequenza, dalla letteratura europea di secoli più recenti, che egli poteva conoscere nelle loro traduzioni in olandese. Il popolare Rinaldo e Armida dalla Gerusalemme Liberata del Tasso è l’argomento del dipinto del Van Mieris che fu venduto a più caro prezzo (tavola, 66,8 x 85,7 cm, datato 1709; LAia, Mauritshuis; cfr. Sluijter in Leida 1988 pp. 42-43, fig. 19; Broos 1993, pp. 216-223, ripr., anche per altre versioni), mentre le versioni di Preciosa riconosciuta come Costanza, tra le quali quella giovanile del 1687 (PalazzoBianco, Genova, tavola, 33 x 42 cm; si vedano Gaskell 1982, passim; Fontana, Plomp 1998, p. 174, n. 233, ripr.), risalgono alla novella La Gitanella di M. Cervantes. Il soggetto dell’opera in esame deriva invece dal Decamerone del Boccaccio (V, 1). Il Boccaccio racconta come nel regno di Cipro il ricco Aristippe inviasse il figlio, bello e distinto di aspetto, ma di indole rozza - ragione per la quale venne chiamato Cimone, cioè bestione -, ad abitare con i contadini, conducendo una vita a lui più consona. Un giorno, arrivato in un verde prato contornato da begli alberi, il giovane vide presso una fontana - unico elemento della novella mancante nel nostro dipinto - sul verde tappeto d’erba una bellissima fanciulla addormentata, il cui corpo quasi nudo era bianco come la neve, affiancata da due serve e un accompagnatore. Cimone, appoggiato al bastone, non fece che contemplarla, come se non avesse mai incontrato una donna. Da questo incontro con la cosa più bella che avesse mai visto, egli cominciò ad elevare il suo stile di vita ed a nobilitare i suoi pensieri. Il dipinto milanese è un esempio squisito del talento del Van Mieris, come già indicato dal sopraccitato catalogo della vendita Paul van Spijk del 1781, che lo descrive come “Tutto in un paesaggio gradevole questo quadro è stato disegnato in maniera bella, di esecuzione straordinariamente potente, il migliore da lui conosciuto”. Eseguita nello stesso anno dei pendants Paride e Oenone e Venere e Cupido della Wallace Collection di Londra (Ingamells 1992, pp. 220, 221, nn. P 179, P 181, ripr.), ambedue di formato più piccolo e con una donna nuda seduta in un paesaggio accompagnata da una figura secondaria, l’opera milanese si distingue per il suo equilibrio più ponderato. La posizione del Cupido dormiente con la testa sulle braccia del dipinto della Wallace Collection è peraltro simile a quella del compagno dormiente di Ifigenia. Oltre a questa figura, e più in generale ad una vena classicheggiante, i due dipinti condividono alcuni particolari dell’ambientazione: il ramo con foglie che pende dall’alto, la cui connessione con l’albero accanto è tagliata dal margine del dipinto e, in basso, la presenza di un ciuffo di arbusti. Al 1698, quando il Van Mieris dipinse il quadretto del Museo Poldi Pezzoli e fu anche capo della corporazione dei Pittori di Leida (Ekkart in Leida 1988, p. 152) risale anche il Ratto delle Sabine del Museo di Angers (fotografia RKD, L’Aia). Già il Van Gool (1750, I, pp. 198-199) ci tramanda che, in occasione di una sua visita alla bottega del pittore, vide il Van Mieris impegnato nell’esecuzione di alcuni piccoli paesaggi con figurette e animali. Egli ricorda inoltre di aver visto tempo prima, in una collezione di Amsterdam, un Baccanale del Van Mieris, con un bel paesaggio di sfondo e il primo piano copiosamente ornato con erbe e piante, probabilmente non dissimili dai particolari che ravvivano il Cimone e Ifigenia. Ai fini della raffigurazione del testo del Boccaccio, il Van Mieris unisce l’esecuzione preziosa, tipica dei Feinmaler di Leida, all’atmosfera incantata delle scene mitologiche e ad un paesaggio di tipo italianeggiante. Il richiamo all’Italia serve in particolare a collocare la scena e il soggetto nel loro habitat originale. Ancora densi di echi classici sono le pose dell’Ifigenia dormiente, distesa su un drappo di seta verde preziosa, e della sua compagna più a destra, ambedue pressoché nude e testimoni di un interesse per la statuaria antica. La serva che giace con il braccio intorno alla testa e con le gambe l’una sopra l’altra riprende la posa della celebre Arianna dormiente del Cortile del Belvedere nel Vaticano, nota dall’inizio del Cinquecento fino ai tempi di Winckelmann come Cleopatra morente (Pray Bober, Rubenstein 1986, pp. 113-114, n. 79, ripr.). La forma e la posa sdraiata classicheggianti di Ifigenia, con il ginocchio sollevato, ricordano invece le Danae tizianesche e, attraverso il grande veneziano, risalgono alle tombe medicee di Michelangelo e al Primaticcio (Wethey 1969-75, III, pp. 56-57, 132-136, ripr.). L’interesse per l’antico e per il Rinascimento italiano che traspare dalle figure del dipinto milanese da tempo era tematica ben nota alla pittura olandese. Ciò vale inoltre per l’articolazione spaziale del paesaggio, nella sua struttura montuosa e nella sua vegetazione, sia per le rovine romane che stanno sulla destra sia per la calda luce meridionale e per l’atmosfera idillica. Tra i vari possibili modelli olandesi di poetiche rappresentazioni dell’antichità classica evocata in un paesaggio meridionale, il Van Mieris sembra riallacciarsi in questo caso alla tradizione di Cornelis van Poelenburch (1594/5-1667) e dei suoi allievi, come risulta dalle corrispondenze nella forma e nello spirito tra il dipinto milanese e la piccola tavola (29 x 36 cm) con Venere e Amore dormienti con satiri dell’Accademia Carrara di Bergamo, firmato da Daniel Vertangen (1598-1684), allievo del Poelenburch (cat. 6). Ovviamente, l’opera del Van Mieris appartiene ad una fase più tarda. Già prima della traduzione figurativa della storia boccaccesca di Cimone e Ifigenia fornita dal Van Mieris, nella civiltà figurativa olandese la posa dell’Ariadne, pur filtrata dall’interpretazione che ne dà Tiziano nelle sue Veneri, fu utilizzata per la figura principale femminile nell’incisione eseguita da Jacob Matham (15711631) (Meijer in Amsterdam 1991, n. 45, ripr.) ed in seguito negli anni trenta anche da Abraham Bloemaert (1564-1661) (Roethlisberger 1993, nn. 498, 499, figg. 682, 683, tav. XXV). Mentre Cimone ed Ifigenia di Rubens del 1616-17 ca. (Vienna, Kunsthisrorisches Museum; Griseri 1999, p. 170, ripr.) è un contributo d’eccezione dei pittori attivi nelle Fiandre alla fortuna del tema, furono invece in particolare gli artisti dei Paesi Bassi settentrionali, tra i quali Govaert Flinck, Jacob Adriaensz Backer, Gerbrandt van den Eeckhout, Cornelis van Poelenburch, Bartholomaeus Breenbergh - circa una decina di volte negli anni trentae quaranta - e molti altri tra i quali Romeyn de Hooghe nel 1697 (si veda Von Teréy 1919, pp. 241-248; Pigler 1974, lI, pp. 453-454; Roerhlisberger 1981, passim; Griseri 1999, pp. 169-175) a rappresentarlo con più frequenza. Certamente la sua diffusione venne amplificata dalle prime edizioni della traduzione del Decamerone di Boccaccio, pubblicata da Dirck Volckertsz Coornhert con il titolo Vijftigh lustighe historien (cinquanta storie gradevoli; per le varie edizioni del 1565 ca., 1583, 1607 ecc, pubblicate a Haarlem, Anversa ed Amsterdam si veda Clemens 1964, nn. 6, 45, 48, 50B e passim). Quella di Cimone e Ifigenia, che in questa antologia in olandese figura come il n. 19, è l’unica delle novelle del Decamerone ad aver goduto una così ampia fortuna nella rappresentazione figurativo-artistica del Secolo d’Oro. A quale preciso motivo la storia boccaccesca debba questa particolare fortuna non è facile rintracciare. La traduzione del Coornhert e la didascalia della stampa del Matham, che ad essa e al numero 19 fa esplicito riferimento, spiegano, come morale del racconto, che non solo l’amore, come aveva detto il Boccaccio, ma anche la bellezza in sé apre al cuore umano la conquista di insospettati orizzonti di saggezza, intelligenza e pietà. Certamente, oltre a questo, anche la natura suggeriva dell’episodio e le possibilità di dare carne ed ossa alla rappresentazione della Bellezza furono tra i motivi che resero così popolare il soggetto presso il Van Mieris ed i suoi connazionali per tutto l’arco del Seicento. All’interno di questa tradizione secentesca, il pittore leidense offri con il suo quadro ora a Milano uno degli ultimi e più pregevoli esempi. Bert W. Meijer Bibliografia aggiornata al 2004 J. Smith, A Catalogue raisonné of the works of the most eminent Dutch, Flemish, and French Painters, London 1829-1842; I, 1829, p. 94, n. 21. C. Hofstede de Groot, Beschreibendes und kritisches Verzeichnis der Werke der hervorragendstem holländischen Maler des XVII Jahrhunderts, 10 voll., Stuttgart, Paris 1907-1928; X, 1928, cat. 129, p. 136. G. Jansen, B.W. Meijer, P. Squellati Brizio, Repertory of Dutch and Flemish Paintings in Italian Public Collections. II Lombardy, Firenze 2001-2002; II, p. 48; n. 529, p. 88. B.W. Meijer, in Fiamminghi e Olandesi. Dipinti dalle collezioni lombarde, a cura di B.W. Meijer, catalogo della mostra tenutasi a Milano nel 2002, Milano 2002, cat. 52, pp. 101-103.