San Luigi Maria Grignion de Montfort

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San Luigi Maria Grignion de Montfort
San Luigi Maria Grignion de Montfort
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Luigi Maria Grignion de Montfort, ovvero Louis-Marie Grignion de Montfort (Montfort-laCane, 31 gennaio 1673 – Saint-Laurent-sur-Sèvre, 28 aprile 1716), è stato un sacerdote
francese, fondatore della Compagnia di Maria e delle Figlie della Sapienza.
Nominato missionario apostolico da papa Clemente XI esercitò il suo ministero nelle
regioni nord-occidentali della Francia: nel Poitou (soprattutto in Vandea) e in Bretagna.
Trascorse i primi anni di sacerdozio, occupandosi degli ospedali e dei poveri, mentre dopo
l'incontro con il pontefice si dedicò quasi esclusivamente alla predicazione delle missioni.
L'attività missionaria lo rese molto popolare e amato dagli abitanti di quelle regioni, nelle
quali, con il suo apostolato, diffuse ulteriormente il cattolicesimo ricevendo però aspre
critiche dai protestanti e dai giansenisti, con i quali si scontrò più frequentemente.
Fu autore di diversi testi nei quali presenta la sua dottrina spirituale che predicava nelle
missioni. La sua opera principale è il Trattato della vera devozione alla Santa Vergine nel
quale espone la sua dottrina mariana: Luigi Maria infatti promosse il culto mariano, nella
forma che chiamava "la vera devozione", e la pratica del Rosario.
Fu proclamato santo da papa Pio XII nel 1947 e nel 2000, sotto il pontificato di papa
Giovanni Paolo II, fu aperta una causa, tuttora in corso, per proclamarlo dottore della
Chiesa.
Biografia - L'infanzia
Nacque il 31 gennaio 1673 a Montfort-la-Cane (oggi Montfort-sur-Meu), vicino a Rennes,
in Bretagna, da Jean-Baptiste Grignion – un avvocato che lavorava nel tribunale di
Montfort – e Jeanne Robert. I due ebbero diciotto figli, dei quali sette morirono a pochi
mesi dalla nascita. Luigi Maria era il secondogenito e divenne il figlio maggiore dopo la
morte, all'età di quattro mesi, del primogenito che era nato nel febbraio 1672. Il piccolo
venne battezzato il giorno dopo la nascita, il 1º febbraio (non è certo se con il nome
completo di Luigi Maria: secondo alcuni testimoni, infatti, aggiunse il secondo nome solo
dopo la Cresima).[1]
Qualche settimana dopo la nascita, venne mandato nella casa rurale di proprietà paterna
chiamata "La Bachellaraye", dove fu affidato a mère Andrée, una contadina del luogo che
gli fece da nutrice. Nell'estate del 1675, il padre acquistò il maniero di Bois-Marquer, una
vecchia residenza signorile medioevale a Iffendic, vicino Montfort, e Luigi Maria tornò a
vivere con la propria famiglia.
Nel 1684, all'età di 11 anni, si iscrisse alla scuola del collegio gesuita "Saint-Thomas" di
Rennes; nel 1690 completò gli studi classici-umanistici; poi studiò per due anni filosofia;
nel 1692, infine, iniziò a studiare teologia.[2]
Lo zio sacerdote Alain Robert, che ne seguiva l'istruzione dal 1684, terminata la prima
fase di studi, disse del nipote:
« Tutti i suoi insegnanti ebbero per lui un affetto e una stima singolari; essi lo
proponevano a tutti i suoi compagni come esempio raro di diligenza e di applicazione
allo studio; così che egli, alla fine di ogni anno, riportava premi. Passava la maggior
parte delle sue ricreazioni a fare miniature e piccoli quadretti di pietà; e vi riusciva così
bene che avendo mostrato un giorno, ad un Consigliere del Parlamento, un'immagine
fatta con le sue mani di un piccolo Bambin Gesù che gioca con san Giovanni Battista,
quest'ufficiale gli diede un luigi d'oro.[3] »
Gli studi in seminario e l'ordinazione sacerdotale
Lasciò il collegio Saint-Thomas il 2 novembre 1692, per dirigersi a Parigi, dove frequentò il
seminario della chiesa di Saint Sulpice (che si appoggiava all'Università della Sorbona per
l'insegnamento della teologia).
Volle percorrere i quasi 400 km tra Rennes e Parigi a piedi, rifiutando il cavallo offertogli
dal padre; inoltre, lungo il percorso, diede tutto ciò che aveva ai mendicanti che
incontrava, tanto che, arrivato a Parigi, non possedeva nemmeno il denaro necessario per
pagarsi la retta del seminario, e nemmeno quella, più moderata, del "piccolo seminario" a
cui si iscrivevano gli studenti meno facoltosi.
Luigi Maria dovette quindi studiare per tre anni in piccole comunità per seminaristi poveri –
legate sempre al seminario dei sulpiziani e alla Sorbona, ma ancora più economiche. A
pagare la sua retta inizialmente fu una ricca nobildonna parigina, amica di famiglia, una
certa madamoiselle de Montigny. Ella, venuta a sapere che i Grignion avevano parecchi
problemi economici e molti figli da accudire, volle aiutarli finanziando gli studi di Luigi
Maria e prendendosi carico di una delle sue sorelle, Guyonne-Jeanne. Nell'inverno del
1693, però, la nobildonna smise di pagare la retta di Luigi Maria, che, per poter continuare
gli studi, si prese l'incarico, insieme ad altri tre suoi confratelli, di vegliare il cimitero della
chiesa di Saint-Sulpice.
Nel 1695 fu finalmente ammesso al "piccolo seminario", dove ebbe come direttore
spirituale François Leschassier. Questi, accortosi ben presto della già buona preparazione
di Luigi Maria, gli fece frequentare solamente le lezioni riassuntive serali. Luigi venne
nominato bibliotecario del seminario - cosa che gli permise di leggere moltissimo, come
dirà lui stesso nel Trattato della vera devozione alla Santa Vergine: «Ho letto quasi tutti i
libri che parlano della devozione alla Santa Vergine».[4]
Nel 1699, per i suoi meriti scolastici, venne scelto, insieme ad un altro seminarista, per
rappresentare il seminario di Saint Sulpice all'annuale pellegrinaggio alla cattedrale di
Chartres, dove si venerava la Vergine fin dai primi secoli del Cristianesimo in Francia.[5]
Il 5 giugno 1700, anno del Giubileo, venne ordinato sacerdote. Luigi avrebbe voluto
svolgere il suo ministero in Canada come missionario (su proposta del vescovo di
Québec), ma Leschassier (diventato superiore generale dei sulpiziani nello stesso anno) lo
impedì, preferendo che rimanesse in seminario per occuparsi della formazione dei
candidati al presbiterato.
Luigi Maria rifiutò l'incarico: venne dunque inviato a Nantes (nella Loira Atlantica), presso
la comunità di Saint-Clément – una comunità di sacerdoti che predicava le missioni. Entro
pochi mesi si manifestò la sua delusione per l'esperienza a Saint-Clément: la considerava
solo un'occasione di vita comunitaria, che non gli dava la possibilità di praticare
nessun'attività pastorale.
L'apostolato a Poitiers
Dopo la morte della signorina de Montigny avvenuta nello stesso 1700 a Parigi, la
marchesa di Montespan, sua amica, si prese in carico tre sorelle di Luigi Maria, GuyonneMarie, Sylvie e Françoise-Marguerite che insieme alla marchesa si ritirarono nell'abbazia
di Fontevrault, dove la sorella della nobildonna era badessa. Nell'aprile 1701 in occasione
della vestizione di sua sorella Sylvie, Luigi Maria incontrò nuovamente la marchesa per la
prima volta dopo l'ordinazione e le raccontò della sua esperienza poco soddisfacente nella
comunità di Nantes. La marchesa gli suggerì allora di andare a Poitiers per esporre i suoi
progetti al vescovo Antoine Girard, che era stato precettore dei figli della marchesa.
A Poitiers Luigi Maria non riuscì ad incontrare il vescovo, che era assente, così nell'attesa
visitò l'ospedale della città, che era anche un ospizio per anziani e senza tetto. Da diverso
tempo l'ospedale non aveva avuto cappellani, così decise di ricoprire quest'incarico fino a
quando il vescovo non fosse rientrato in città. Dopo quasi un mese dovette tornare a
Nantes per concludere il suo servizio a Saint-Clément, ma il 25 agosto 1701 venne
richiamato da mons. Girard a Poiters che in una lettera gli scrisse: «I nostri poveri
continuano a desiderare il tuo arrivo [...]».[6] A novembre Luigi Maria tornò a Poiters e il
vescovo lo nominò ufficialmente cappellano dell'ospedale. In una sala dell'ospedale che
chiamò "La Sapienza" riuniva una dozzina di ricoverati con maggiore vocazione religiosa
con lo scopo di formare una comunità di preghiera.
A Poitiers, conobbe Marie-Louise Trichet, una diciassettenne di buona famiglia che andò a
confessarsi da lui e che scelse il giovane prete come guida spirituale. Nell'estate del 1702,
infatti Marie-Louise divenne conversa delle Canonichesse di Sant'Agostino, ma la madre,
non condividendo la decisione della figlia, la richiamò a casa prima che questa prendesse i
voti. Marie-Louise si rivolse quindi a Luigi Maria, che con l'aiuto del vescovo le diede un
posto di governante all'ospedale. Marie-Louise non aveva però abbandonato il desiderio di
diventare suora, così Luigi Maria la fece entrare nella comunità della "Sapienza" e la vestì
dell'abito della sua comunità, facendola diventare la prima Figlia della Sapienza.
Alcuni dirigenti dell'ospedale cominciarono ad opporsi all'operato di Luigi Maria che dopo
diversi conflitti dovette lasciare Poitiers nella primavera del 1703. Tornò quindi a Parigi e
forte dell'esperienza di Poitiers, volle occuparsi dei malati dell'ospedale generale
Salpêtrière. Anche questa volta non fu gradito all'amministrazione e venne allontanato.
Decise allora di fare visita ai suoi vecchi professori e ai suoi confratelli, ma al seminario
erano giunte notizie negative sul suo conto e non ebbe una buona accoglienza: veniva
considerato un prete "singolare ed eccentrico". Deluso dalla pessima ospitalità che
ricevette a Parigi, si recò dagli eremiti di Mont-Valérien, per dedicarsi esclusivamente alla
preghiera. A Mont-Valérien viveva una comunità di laici che faceva vita eremitica, assistita
da qualche sacerdote inviato dall'arcivescovo di Parigi per amministrare i sacramenti.
L'arcivescovo accettò la richiesta di Luigi Maria di diventare il sacerdote della comunità:
qui poté esercitare il suo ministero, dimenticando le vicende passate e adattandosi allo
stile di vita degli eremiti.[7]
L'esperienza eremitica durò circa un anno, nel marzo 1704 infatti Leschassier ricevette
una lettera dall'ospedale di Poitiers che diceva:
« Noi, quattrocento poveri, vi supplichiamo molto umilmente, per il più grande amore e
la gloria di Dio, di farci ritornare il nostro venerabile pastore, colui che ama tanto i
poveri, il signor Grignion.[8] »
Luigi Maria fece nuovamente ritorno all'ospedale di Poitiers come direttore generale, e
avvalendosi della nuova carica poté riprendere la sua opera di riforma: rese l'ospedale più
ordinato e pulito, fece restaurare la chiesa e ingrandì la sua comunità. Dopo circa quindici
mesi però ripresero le ostilità con gli amministratori locali e su suggerimento del nuovo
vescovo de la Poype si dimise lasciando l'ospedale in mano a suor Marie-Louise.
Il vescovo di Poitiers gli propose allora di iniziare a predicare le missioni in città e nella sua
diocesi, Luigi Maria accettò subito l'incarico, visto che questo era il suo sogno da quando
era stato ordinato sacerdote. Preparò quindi un programma, con l'approvazione del
vescovo, che prevedeva: missioni nelle parrocchie, catechesi per ragazzi e adulti, ritiri
spirituali e anche la costruzione o il restauro di chiese e cappelle. Dopo il lavoro svolto alla
chiesa dell'ospedale, uno dei restauri più importanti fu quello del battistero di San
Giovanni, vicino alla cattedrale di Poitiers.
Nell'inverno 1705 incontrò un giovane laico, Mathurin Rangeard, in procinto di diventare
cappuccino. Mathurin Rangeard volle seguire Luigi Maria nelle sue missioni e gli rimarrà al
suo fianco fino alla sua morte. Intanto alle ostilità che continuava ad avere con gli
amministratori locali si aggiunsero i contrasti con il vicario generale della diocesi, che
durante un'assenza del vescovo, interruppe Luigi Maria durante la Messa e lo rimproverò
pubblicamente: il vescovo al suo ritorno non poté che consigliargli di lasciare nuovamente
la diocesi.
L'incontro con Clemente XI
Come sempre Luigi Maria obbedì, ma dopo essersi consultato con il suo confessore,
decise di andare a Roma per chiedere consiglio al papa, ma anche con lo scopo di farsi
assegnare una missione fuori dalla Francia.
Partì da Poitiers nel marzo 1706, fece il viaggio a piedi e si sa che arrivò a Roma a fine
maggio, perché il suo nome compare nei registri della casa d'accoglienza per religiosi
annessa alla Chiesa di San Luigi dei francesi dal 20 al 26 maggio 1706. Riuscì a
incontrare papa Clemente XI agli inizi di giugno: dopo che Luigi Maria gli espose la sua
situazione, Clemente XI gli consigliò di rimanere ad operare in Francia.
« Lei ha un campo abbastanza grande per esercitare il suo zelo. Non vada altrove e
lavori sempre in perfetta sottomissione ai vescovi delle diocesi in cui sarà chiamato. In
questo modo Dio benedirà il suo lavoro. [...] Nelle sue diverse missioni, insegni con
forza la dottrina al popolo e ai ragazzi e faccia rinnovare solennemente le promesse del
battesimo.[9] »
Il Papa lo nominò quindi missionario apostolico e gli regalò un crocifisso che Luigi Maria
porterà sempre con sé fino al giorno della sua morte. Finito l'incontro con il pontefice, si
rimise in viaggio e fece ritorno a Poitiers il 25 agosto; entrato in città incontrò per primo il
fedele Mathurin e poi andò a colloquio con il vescovo, il quale però gli disse di lasciare la
città il giorno dopo. Partì per Angers, dove il rettore del seminario della città gli suggerì di
predicare una missione nella sua regione d'origine, la Bretagna.
In Bretagna con Leuduger
Nel viaggio verso la Bretagna, accompagnato da Mathurin, si fermò qualche giorno
all'abbazia di Fontevrault dove, dopo cinque anni, rivide la sorella Silvye. Fece poi un
pellegrinaggio al Mont Saint-Michel dove visitò il santuario di San Michele al quale era
particolarmente devoto e arrivò a Rennes in ottobre.
Agli inizi del 1707 si unì ad un gruppo di missionari guidati da Jean Leuduger con i quali
lavorò per parecchio tempo nelle diocesi di Saint-Brieuc e Saint-Malo. Leuduger utilizzava
il "metodo bretone" di Julien Maunoir, metodo che piacque subito a Luigi Maria, perché
che prevedeva una partecipazione di massa sia del clero sia dei parrocchiani che
venivano coinvolti con cerimonie pubbliche e processioni, senza tuttavia pretendere di
sostituire la pastorale parrocchiale ordinaria.
Con le missioni di Leuduger nella diocesi di Saint-Malo, riuscì anche a tornare a Montfort
dopo diciassette anni di assenza: venne accolto con gioia da parenti e compaesani. Nel
luglio iniziò una missione, estesa, oltre a Montfort-la-Cane, anche a Bécherel e SaintSuliac.
La sua permanenza con i missionari di Leuduger, però, non gli fece perdere di vista il suo
programma. Passando per La Chèze vide in rovina la cappella di Notre Dame de Pieté e
decise di ricostruirla coinvolgendo gente del mestiere dei vari comuni vicini; il giorno
dell'inaugurazione celebrò una Messa alla quale parteciparono una trentina di parrocchie.
I missionari non mancarono di sottolineare l'"eccentricità" di Luigi Maria, i cui metodi, non
condivisi dagli altri missionari, porteranno Leuduger ad allontanarlo. Alla fine di una
predica sulla preghiera per i morti che aveva commosso particolarmente i fedeli, Luigi
Maria pensò di chiedere l'elemosina da utilizzare per le celebrazioni funebri. Chiedere del
denaro andava però contro il regolamento dei missionari, che ne approfittarono per
allontanarlo.[10]
Questo secondo rifiuto lo scoraggiò più di quello di Poitiers; decise così di andare in ritiro
insieme al fedele Mathurin e a Jean, un altro laico che scelse di seguirlo, a Saint-Lazare
vicino a Montfort. Su un terreno di proprietà paterna c'erano i resti di un vecchio lazzaretto
costruito nel medioevo dai Cavalieri di San Lazzaro. I tre iniziarono subito a renderlo
abitabile, ristrutturarono la cappella nella quale Luigi Maria costruì personalmente il
crocifisso, una statua della Madonna della Sapienza e una colomba a simboleggiare lo
Spirito Santo e fecero vita eremitica. Tuttavia la vita solitaria durò solo poche settimane,
perché, appena si seppe della presenza dei tre a Saint-Lazare, la gente iniziò a fargli
faceva visita per portargli del cibo. L'eremo poi divenne una sorta di parrocchia perché i
fedeli venivano ad assistere alle Messe, alla recita del Rosario e alle lezioni di catechismo.
Questo diede fastidio ai parroci vicini e nell'inverno 1708 Luigi Maria lasciò Saint-Lazare
su ordine del vescovo.
Il "grande Calvario" di Pontchâteau
Si diresse quindi a Nantes su invito del vicario generale Jean Barrin, suo amico. Iniziò a
predicare una missione a Pontchâteau a 30 km da Nantes insieme al sacerdote Gabriel
Olivier. Disse alla gente che voleva costruire un "grande Calvario", un luogo di
pellegrinaggio con cappelle e statue che ricordasse la collina sulla quale morì il Cristo.
Luigi Maria trovò una piana di forma quasi circolare, che chiamò "landa della Maddalena"
sulla quale pensava di erigere questa collinetta artificiale larga 330 metri con un fossato
attorno. Chiesti i permessi ai proprietari, diede inizio ai lavori nell'estate 1709. Questo
progetto ottenne subito un grande successo, anche perché ebbe il sostegno della diocesi.
Olivier stesso lo testimonierà:
« Mentre facevamo questa missione andavamo una volta la settimana, nel giorno del
riposo, ad incitare la popolazione a lavorare. La prima volta che io ci andai, c'erano già
pronte sessanta carrettate di terra estratte dai fossati, per cominciare la montagna.
Durante questa missione, ho visto normalmente in quel luogo quattro o cinquecento
persone a lavorare, di cui alcune vangavano la terra, altre la caricavano e altre ancora
la trasportavano con le gerle e tutte si accontentavano di un pezzo di pane nero che
portavano in tasca.[11] »
Mathurin dirigeva i lavori mentre Luigi Maria e Gabriel Olivier andavano a predicare
missioni invitando la gente a partecipare al loro progetto. Nella primavera del 1710 durante
la missione di Assérac Olivier fa un altro bilancio della situazione:
« Il concorso di popolo aumentava di giorno in giorno, di modo che ho contato circa
cinquecento persone e ben cento buoi per tirare le carrette; tutte le persone lavoravano
con un coraggio sorprendente. [...] Ho visto lavorarci ogni sorta di persone, signori e
signore di alto rango e anche parecchi preti portare la gerla per devozione. Ho visto
intere popolazioni venirci da ogni parte: dalla Spagna e anche dalle Fiandre [...].[12] »
A settembre sulla collinetta furono poste le tre croci con il Cristo e i due ladroni, le statue di
Maria, di San Giovanni e di Maria Maddalena, su un fianco furono poi erette delle piccole
cappelle e altre statue raffiguranti altri momenti della Passione, infine venne piantato un
boschetto a forma di corona del Rosario.
Dopo quindici mesi di lavoro, il colle era ormai terminato e si pensò di inaugurarlo il 14
settembre 1710 per la festa dell'Esaltazione della Santa Croce. Alla vigilia però arrivò
l'ordine del vescovo di non inaugurarlo, perché da Versailles era addirittura arrivato
l'ordine di raderlo al suolo. La corte infatti pensò che la posizione troppo vicina alla costa,
le trincee e la posizione sopraelevata, sarebbero potute essere sfruttate dagli inglesi per
invadere la Francia.
Luigi Maria dopo aver passato la notte del 14 con il vescovo per capire le ragioni di questa
sua decisione, tornò il giorno successivo al calvario che non poteva essere inaugurato;
questo non impedì i festeggiamenti che si fecero ugualmente. Due settimane dopo il
comandante della milizia di Pontchâteau ricevette l'ordine di distruggere il calvario e
radunò 500 uomini che inizialmente si rifiutarono. Poi, essendo costretti, non poterono
disobbedire agli ordini e lo demolirono il più lentamente possibile, come dirà nel suo
rapporto lo stesso comandante: «Sembra che quegli uomini avessero avuto braccia di
ferro per edificarlo e braccia di lana per demolirlo».[13] Dopo questi mesi di attività
frenetica, decise di prendersi un po' di riposo facendo qualche giorno di ritiro spirituale dai
gesuiti di Nantes.
Luigi Maria rimase in città diversi mesi, che trascorse predicando nelle parrocchie,
formando gruppi di preghiera per la recita del Rosario, ma soprattutto in un piccolo
ospedale per incurabili, il Cour Cathuit, dove trovò due ragazze che lo aiutavano Elisabeth
e Marie Dauvaise. Frequentò anche una parrocchia nel quartiere Saint-Similien, vicino al
Cour Cathuit, dove collaborò con il gruppo di preghiera degli "Amici della Croce", al quale
darà un forte sostegno e per il quale scrisse la "Lettera agli Amici della Croce".
Missionario in Vandea
La vicenda del Calvario lo fece diventare ancora più popolare e venne invitato dai vescovi
di Luçon e La Rochelle nelle loro diocesi.
Così dopo 150 km di marcia arrivò in Vandea agli inizi del 1711. Iniziò subito una missione
a Sallertaine, nella diocesi di Luçon, che concluderà costruendo un Calvario. Questa volta
però non farà le cose in grande coinvolgendo l'intera nazione, ma si farà aiutare dai soli
parrocchiani della zona per costruire qualche piccola cappella e qualche statua da porre
su una collinetta naturale, un progetto che durò appena un mese e che riuscì ad
inaugurare, anche se, per gli stessi motivi del precedente, sarà poi distrutto dalle autorità
militari. Questo fatto lo costrinse ad abbandonare la diocesi.
Nel maggio del 1711 arrivò a La Rochelle su invito del vescovo Étienne de Champflour,
che gli affidò una parrocchia a Lhoumeau, un piccolo paesino costiero vicino La Rochelle.
Negli ultimi cinque anni di vita organizzerà moltissime missioni in particolare nelle province
di Aunis e del Poitou, arrivando anche nel capoluogo della Vandea, Fontenay-le-Comte,
inoltre predicò una missione a Parigi nel 1713, a Rouen nel 1714 e una anche a Saint-Lô
mentre tornava da Rouen.
Le frequenti missioni in Vandea lo videro presente sia nella parte settentrionale, dove c'era
una maggiore presenza di monasteri, chiese, confraternite e un maggior numero di
sacerdoti e di vocazioni in generale, sia in quella meridionale che nonostante fosse più
ricca era meno devota: in alcune zone si era diffuso il protestantesimo, anche se nell'intera
regione la percentuale di protestanti restava particolarmente bassa.
Grazie alle esperienze missionarie passate, in Vandea, aveva acquisito un suo personale
metodo di missione: anzitutto invitava la gente a seguire le sue predicazioni, che
preparavano alla confessione individuale, sacramento al quale ci si doveva accostare
frequentemente durante la missione, e alla partecipazione all'Eucarestia; le prediche
erano poi seguite da cantici scritti da lui stesso (secondo il metodo di Maunoir) che i fedeli
imparavano; si svolgevano celebrazioni pubbliche e processioni; si restauravano chiese e
cappelle; infine alla Messa conclusiva, Luigi Maria faceva rinnovare le promesse
battesimali, come gli aveva consigliato Clemente XI, proponendo un "contratto di alleanza
con Dio", che era una forma di consacrazione a Cristo per mezzo di Maria che si firmava
davanti all'altare;[14] raccomandava la recita del Rosario anche dopo la fine della missione;
e infine faceva piantare una croce o faceva costruire un piccolo calvario in un luogo ben
visibile come ricordo della missione.[15]
Anche in Vandea non si fece mancare gesti eclatanti. A Roussay interruppe la predica per
entrare nella taverna vicina, dove dopo aver rovesciato tutti i tavoli, costrinse i clienti a
seguirlo in chiesa. A La Rochelle entrò nella casa di tolleranza per farne uscire clienti e
prostitute. Spesso si scontrava pubblicamente con borghesi e nobili protestanti, cosa che
la maggior parte dei missionari solitamente evitava, e in alcuni casi queste discussioni
portarono alla conversione dei protestanti. La nobile madame de Mailly fu convertita al
cattolicesimo dopo poco tempo. Bénigne Pagès, una nobildonna protestante che insieme
con altre signore e i rispettivi mariti avevano interrotto una predica del missionario bretone
con lo scopo di deriderlo e intimidirlo, scoppiò in lacrime ad una risposta di Luigi Maria e
dopo qualche tempo entrò nelle clarisse.[16]
Nel settembre del 1712 si incominciò ad ammalare. Dovette subire una dolorosa
operazione alle vie urinarie nell'ospedale Aufrédy di La Rochelle, ma nonostante
l'intervento fosse riuscito e non fosse ancora anziano, sentiva che non avrebbe vissuto a
lungo. Nei due anni seguenti subì diversi attentati: a L'Île-d'Yeu rischiò di essere catturato
dai pirati; in una stradina di La Rochelle si trovò faccia a faccia con un assassino, dal
quale però riuscì a scappare; durante una missione gli misero del veleno nel suo brodo,
ma riuscì a sopravvivere grazie ad un antidoto. Secondo lui i mandanti di questi tentati
assassinii erano i protestanti. Jean-Bapiste Blain, suo amico e confratello del seminario, lo
rivide nel 1714 e nella sua biografia dirà:
« Quando lo vidi, lo trovai molto cambiato, sfinito e spossato dal lavoro e dalle
penitenze; fui certo della sua fine non lontana.[17] »
Rendendosi conto che la sua vita non sarebbe durata ancora a lungo, pensò di dedicarsi
al progetto che gli stava più a cuore, come scrisse in una lettera che inviò a Leschassier
nel dicembre 1700:
« [Desidero] continuamente con preghiere una piccola e povera Compagnia di preti che
[...] sotto lo stendardo e la protezione della Santissima Vergine Maria, vadano in
maniera povera e semplice, a fare catechismo ai poveri della campagna e ad incitare i
peccatori alla devozione a Maria.[17] »
Per questo motivo tornò al seminario di Saint-Sulpice a Parigi, nella speranza di trovare
giovani sacerdoti che volessero unirsi a lui per la creazione di quella che chiamerà
"Compagnia di Maria". Al seminario distribuì il regolamento della compagnia scritto nel
1713, a cui poi darà il nome di "Regola dei sacerdoti Missionari della Compagnia di Maria".
Il regolamento prevedeva di fare voto di povertà e obbedienza e la "preghiera
infuocata",[18] una preghiera, che scrisse probabilmente in quegli stessi mesi, che descrive
il genere di sacerdoti che cercava.
Tornato a La Rochelle per continuare le sue missioni, nell'aprile 1714 terminò la missione
di Taugon-La-Ronde e scrisse a Marie-Louise Trichet. Le chiese di raggiungerlo per
potersi occupare della fondazione del ramo femminile della Compagnia di Maria, partendo
dalle Figlie della Sapienza, che sotto la guida di Marie-Louise erano diventate
un'importante realtà a Poitiers, tanto che già dal 1708 reggevano l'ospedale generale, di
cui Marie-Louise divenne la direttrice generale nel 1712.
A giugno partì per Rouen per chiedere all'amico Jean-Baptiste Blain di unirsi a lui. Tuttavia
Luigi Maria sapeva già che Blain, diventato canonico, probabilmente non avrebbe lasciato
il suo posto per seguirlo nella sua neonata compagnia di poveri sacerdoti, ma volle
ugualmente fare questo tentativo, che però, come aveva previsto, fallì. Blain, per seguire
Luigi Maria avrebbe dovuto cambiare vita, perché da canonico conduceva nella capitale
della Normandia una vita abbastanza agiata e ricopriva un ruolo di prestigio, mentre con
Luigi Maria avrebbe dovuto rinunciare a tutto, vivere in povertà e fare vita missionaria.
Nella primavera del 1715 fece ritorno in Vandea, dove rivide Marie-Louise, che aveva
fondato una scuola. I due scrissero quindi la "Regola primitiva della Sapienza" che ottenne
l'approvazione di mons. de Champflour il 1º agosto 1715 e una settimana dopo
pronunciarono i loro voti Marie-Louise e Catherine Brunet, la prima ragazza che si unì a
Marie-Louise dopo che Luigi Maria venne cacciato da Poitiers. Questa "regola" era diversa
da quella della Compagnia di Maria: Luigi Maria, infatti, diede maggiore spazio a MarieLouise che non trattava più come una discepola alla quale impartire ordini - come faceva a
Poitiers - ma al contrario le affidò completamente le Figlie della Sapienza, lasciando che
fosse lei a prendere decisione sul loro futuro. Volle che Marie-Louise fosse la cofondatrice
dell'istituto: anche per questo motivo la "regola" risultava quasi priva della spiritualità di
Luigi Maria e sembrava una semplice costituzione che fissava delle regole pratiche
piuttosto che una regola di vita spirituale vera e propria.
Nei mesi successivi fino alla primavera del 1716 si trasferì a Vouvant, fece quindi una
missione a Fontenay-le-Comte, una a Mervent, dove a fine missione visse da eremita in
una grotta per qualche mese, e a Saint-Pompain dove organizzò un gruppo di persone, i
"Penitenti bianchi di Saint-Pompain", che andassero in pellegrinaggio a Saumur al
santuario della Santa Vergine per «ottenere da Dio buoni missionari».[19]
Infine il 1º aprile 1716 iniziò la sua ultima missione a Saint-Laurent-sur-Sèvre. Per la prima
volta il vescovo della diocesi comunicò che gli avrebbe fatto visita il 22 aprile e per
l'occasione Luigi Maria volle organizzare una grande accoglienza, ma già debole nel fisico
per gli sforzi compiuti in quei giorni e quasi al termine della missione si ammalò di
polmonite. Morì la sera del 28 aprile 1716. Fu sepolto a Saint-Laurent-sur-Sèvre nella
basilica che oggi porta il suo nome.
Culto
Il "Padre di Montfort" era morto in fama di santità, la gente iniziò ad andare in
pellegrinaggio alla sua tomba a Saint-Laurent-sur-Sèvre, che fu soprannominata per
questo motivo "la città santa della Vandea".[20] Gli furono attribuiti miracoli di guarigione, i
devoti lo pregavano per ottenere grazie, ma soprattutto continuavano a partecipare alle
missioni dettate con frequenza dai pochi missionari della Compagnia di Maria, secondo il
metodo del loro fondatore. A differenza del ramo maschile, le Figlie della Sapienza ebbero
subito un grande sviluppo e venivano richieste dagli ospedali e dalle scuole.[21]
I provvedimenti repressivi nei confronti di istituti e ordini religiosi attuati durante la
Rivoluzione francese, coinvolsero anche i monfortani, inoltre nella zona dove operavano la Francia nordoccidentale - scoppiarono le guerre di Vandea, che Pio XII attribuiva
all'apostolato di san Luigi Maria: «La Vandea del 1793 era opera delle sue mani»,[22] che
misero in ginocchio l'intera regione per più di 20 anni. I monfortani dovettero quindi
aspettare il ritorno della monarchia e solo verso il 1820 i due istituti riuscirono a
riorganizzarsi.[23]
Per introdurre la causa di beatificazione si andarono a riprendere tutti gli scritti che Luigi
Maria aveva tenuto per sé, cominciando dal "Trattato della vera devozione alla Santa
Vergine" che verrà pubblicato per la prima volta nel 1842. La causa intanto andava avanti
e dopo la fase diocesana in Francia, che lo fece diventare servo di Dio, giunse a Roma
dove papa Gregorio XVI lo proclamò venerabile il 7 settembre 1838.
Venne poi beatificato il 22 gennaio 1888 da papa Leone XIII, che apprezzò
particolarmente la sua dottrina spirituale. Dopo la beatificazione la dottrina di Luigi Maria
divenne oggetto di studio e di ispirazione per la Chiesa e soprattutto per le molte
congregazioni missionarie che nacquero tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento.
Ad esempio, papa Pio IX il 27 dicembre 1908 scrisse una dedica su una copia del
"Trattato di vera devozione" con la quale concesse la benedizione apostolica ai lettori:
«Raccomandiamo vivamente il Trattato di vera devozione a Maria, scritto in modo così
meraviglioso dal Beato di Montfort, e di grande cuore accordiamo la Benedizione
Apostolica a tutti quelli che leggeranno questo Trattato».[24]
Fu canonizzato il 20 luglio 1947 da papa Pio XII, divenuto molto devoto a san Luigi Maria
tanto che volle un reliquiario nella sua cappella privata e spesso nei suoi discorsi appariva
questa ammirazione nei confronti del Santo.
Papa Giovanni Paolo II era particolarmente devoto a san Luigi Maria e al "Trattato di vera
devozione": è stato il pontefice che maggiormente ha promosso la spiritualità monfortana
che è molto presente nel suo magistero. Come suo motto scelse le parole: «Totus tuus»
che derivano proprio dal "Trattato" come spiega lo stesso pontefice:
« Ecco spiegata la provenienza del Totus Tuus. L'espressione deriva da san Luigi
Maria Grignion de Montfort. È l'abbreviazione della forma più completa dell'affidamento
alla Madre di Dio, che suona così: Totus Tuus ego sum et omnia mea Tua sunt. Accipio
Te in mea omnia. Praebe mihi cor Tuum, Maria.[25] »
Ricorda san Luigi Maria anche nell'enciclica Redemptoris Mater:
« [...] mi è caro ricordare, tra i tanti testimoni e maestri di tale spiritualità, la figura di san
Luigi Maria Grignion de Montfort, il quale proponeva ai cristiani la consacrazione a
Cristo per le mani di Maria, come mezzo efficace per vivere fedelmente gli impegni
battesimali.[26] »
Giovanni Paolo II il 20 luglio 1996 inserì san Luigi Maria nel calendario dei Santi[27] e il 19
settembre dello stesso anno si recò in pellegrinaggio sulla sua tomba a Saint-Laurent-surSèvre. Il 9 febbraio 2000 venne aperta una causa per la proclamazione di San Luigi Maria
a dottore della Chiesa, su richiesta del vescovo di Luçon François Charles Garnier e dei
superiori generali delle tre congregazioni monfortane, le due congregazione interessate: la
Congregazione per le cause dei santi e la Congregazione per la Dottrina della Fede
aprirono la causa (che è ancora in corso) nominando come postulatore padre Battista
Cortinovis, S.M.M.
La basilica di san Luigi Maria a Saint-Laurent-sur-Sèvre è visitata ogni anno da circa
25.000 pellegrini.[20]
Opere
Trattato della vera devozione alla Santa Vergine
« Almeno ogni anno, nel medesimo giorno, rinnoveranno la stessa consacrazione,
osservando le medesime pratiche durante le tre settimane. Anche ogni mese e ogni
giorno, potranno rinnovare ciò che hanno fatto, usando poche parole: «Io sono tutto tuo
e tutto ciò che possiedo è tuo, mio amabile Gesù, per mezzo di Maria, tua santa
Madre.». »
(Dal Trattato della vera devozione alla Santa Vergine, 233)
Il Trattato della vera devozione alla Santa Vergine è l'opera principale di san Luigi Maria.
Fu scritta negli ultimi anni di vita, probabilmente attorno al 1712, nella sua piccola
abitazione di La Rochelle. Non si conosce con certezza la storia del "Trattato" e il perché
rimase nascosto per quasi 130 anni. Si pensa però che Luigi Maria lo consegnò al
vescovo di La Rochelle per custodirlo e il motivo lo scrive nello stesso "Trattato":
« Prevedo molte belve arrabbiate, che arriveranno con furia per strappare con i loro
denti diabolici questo piccolo scritto e colui del quale lo Spirito Santo si è servito per
scriverlo, o almeno per avvolgerlo nelle tenebre e nel silenzio di un baule, affinché non
venga Lui conosciuto; costoro anzi attaccheranno e perseguiteranno quelli e quelle che
lo leggeranno e cercheranno di metterlo in pratica.[28] »
È probabile che si riferisse ai giansenisti con i quali si scontrò, proprio in quegli anni, sul
tema della devozione mariana e che si mostrarono molto critici nei confronti del
missionario bretone e delle sue attività. Si pensa che durante la Rivoluzione francese e la
guerra civile scoppiata in quella regione il Trattato fu nascosto dai monfortani in una cassa
sepolta nel campo attorno alla loro casa madre di Saint-Laurent-sur-Sèvre per evitare che
andasse distrutto. Passato il periodo della Rivoluzione, la cassa venne dissotterrata; il
Trattato verrà ritrovato casualmente nella libreria della casa madre da padre Gabriel
Deshayes (poi fondatore dei Fratelli di San Gabriele) il 29 aprile 1842.
Il manoscritto si presentava con diverse pagine mancanti nella parte iniziale e qualche
foglio mancante alla fine. Insieme con le pagine iniziali si era perso anche il titolo. Nel
testo l'unico riferimento al titolo sembra essere nell'ottavo capitolo dove tratta delle
pratiche della devozione a Maria: «Come ho già detto nella prima parte di questa
preparazione al Regno di Gesù Cristo»,[29] il titolo "Trattato della vera devozione alla Santa
Vergine" fu scelto dal superiore dei monfortani al momento della pubblicazione (1843).
Il "Trattato" è suddiviso in tre parti. Nella prima parte espone la sua dottrina mariana
incentrata sulla necessità di una devozione a Maria, in quanto la reputa il mezzo più sicuro
e necessario per consacrarsi a Dio:
« Se la santissima Vergine è necessaria a Dio, di una necessità detta ipotetica, e cioè
derivante dalla sua volontà, bisogna dire che ella è ancor più necessaria agli uomini per
raggiungere il loro ultimo fine. [...].[30] »
Nella seconda parte, prima di parlare della devozione, fissa quelle che chiama "verità
fondamentali della devozione a Maria" e cioè che la devozione mariana deve avere Gesù
Cristo come fine ultimo; se invece è fine a sé stessa allora prende il nome di "falsa
devozione". I "falsi devoti" si possono distinguere in sette tipi: critici, scrupolosi, esteriori,
presuntuosi, incostanti, ipocriti, interessati. Si differenziano nel tipo di devozione che
praticano: i devoti critici sono coloro che sono contrari a tutte le pratiche di pietà mariane; i
devoti scrupolosi sono coloro che ritengono sbagliato venerare Maria più del Cristo; i
devoti esteriori sono coloro che fanno consistere tutta la loro devozione a Maria in pratiche
esteriori; i devoti presuntuosi sono coloro che ritengono che la devozione mariana possa
nascondere i propri peccati; i devoti incostanti sono coloro che manifestano la loro
devozione quando lo ritengono opportuno; i devoti ipocriti sono coloro che nascondono i
propri peccati dietro la devozione apparendo in modo diverso da quello che sono
realmente; infine i devoti interessati sono coloro che ricorrono alla Vergine perché
esaudisca i loro desideri.
La seconda parte si conclude con la presentazione della "vera devozione" e con l'elenco
delle pratiche interiori e ed esteriori:
« Scoperte e condannate le false devozioni alla Vergine santa, bisogna definire
brevemente quella vera. Essa è: 1. interiore; 2. tenera; 3. santa; 4. costante; 5.
disinteressata.[31] »
La "vera devozione" è interiore, perché deve partire dal cuore e dalla mente; è tenera,
perché si deve riporre in Maria una fiducia come quella di un bambino; è santa, perché
allontana dal peccato; è costante, perché allontanandosi dal peccato non si abbandonano
le pratiche di pietà; ed infine è disinteressata, perché si pone come unico fine quello di
arrivare a Cristo attraverso Maria.
Nella terza parte del "Trattato", Luigi Maria espone il punto centrale della sua dottrina
mariana ovvero la consacrazione totale a Cristo per mezzo di Maria:
« [...] Bisogna darle tutto quanto abbiamo nell'ordine della natura e della grazia e tutto
quanto potremo avere nell'ordine della natura, della grazia o della gloria. [...] E ciò per
tutta l'eternità e senza pretendere né sperare altra ricompensa per la nostra offerta e il
nostro servizio che l'onore di appartenere a Gesù Cristo per mezzo di Maria e in Maria,
quand'anche questa amabile sovrana non fosse, come lo è sempre, la più generosa e
la più riconoscente delle creature.[32] »
Seguono poi le pratiche interiori ed esteriori necessarie per potersi "consacrare". Propone
sette pratiche esteriori: esercizi preparatori alla consacrazione; la recita quotidiana della
"Coroncina della Santissima Vergine"; indossare una catenina di ferro benedetta per
simboleggiare che si è "schiavi di Gesù in Maria"; celebrare la solennità
dell'Annunciazione; la recita quotidiana dell'Ave Maria e del Rosario; la recita del
Magnificat; il distacco dal mondo. Le pratiche interiori invece consistono nell'agire in
quattro modi: per mezzo di Maria, con Maria, in Maria e per Maria, cioè agire secondo lo
spirito di Maria, agire imitando Maria, agire uniti a Maria e agire al servizio di Maria.
Conclude il "Trattato" mettendo in appendice un metodo, costituito da pratiche interiori ed
esteriori, per prepararsi all'Eucarestia e per riceverla, e allegando il testo per la
consacrazione da pronunciare e firmare.
L'amore dell'Eterna Sapienza
L'amore dell'Eterna Sapienza è una delle opere più importanti di san Luigi Maria e
costituisce la base sulla quale ha scritto tutte le altre opere e in particolare il Trattato di
vera devozione. Luigi Maria scrisse L'amore dell'Eterna Sapienza nel 1703 mentre si
trovava a Parigi, dopo aver lasciato l'ospedale della Salpetrière e prima di recarsi dagli
eremiti di Mont-Valérien, trascorse qualche mese in una piccola casetta vicino al noviziato
dei gesuiti. Non avendo incarichi da svolgere, si dedicò alla preghiera, alla meditazione e
alla lettura, sfruttando la biblioteca che i gesuiti gli avevano messo a disposizione, e quindi
alla stesura della sua prima opera.
Luigi Maria inizia questa sua prima opera spiegando che l'Eterna Sapienza è una «scienza
necessaria» e che per questo va ricercata:
« Si può amare ardentemente ciò che si conosce soltanto imperfettamente? Perché si
ama tanto poco la Sapienza eterna ed incarnata, l'adorabile Gesù? Perché non la si
conosce affatto o pochissimo.[33] »
Distingue due tipi principali di sapienza, la vera e la falsa sapienza: la vera sapienza è «il
gusto della verità senza menzogna o travestimento. Quella naturale è la conoscenza delle
cose naturali viste in modo eminente nei loro principî; la soprannaturale è la conoscenza
delle cose soprannaturali e divine nella loro origine»;[34] la falsa sapienza invece: «È il
gusto della menzogna velata dall'apparenza di verità. Quella falsa è la sapienza o
prudenza del mondo, e lo Spirito Santo la distingue in terrena, carnale e diabolica.».[34]
Spiega quindi l'origine della Sapienza riportando diverse citazioni dei testi della Bibbia e di
sant'Agostino senza usare parole sue per: «[...] timore di diminuirne lo splendore e la
sublimità»[35] per poi presentare "le meraviglie della sapienza divina" che vede nella
creazione del mondo e dell'uomo e la "bontà e la misericordia della sapienza divina" in
seguito del peccato originale : «Davanti alla rovina del povero Adamo e dei suoi figli, la
Sapienza eterna è vivamente commossa. [...] così l'amorosa e augusta sovrana offre sé
stessa in sacrificio al Padre per [...] strappare l'uomo dalla schiavitù del demonio e dalle
fiamme dell'inferno e meritargli un'eternità felice.».[36]
Elenca poi doni che riceve chi possiede l'Eterna Sapienza: la capacità di giudizio; la
capacità di farla conoscere agli altri; gioia, dolcezza e pace; le virtù teologali, cardinali e
morali;[37] e infine che ispira grandi imprese per la gloria di Dio e la salvezza delle anime.
Dedica la seconda parte del libro a trattare della "Sapienza Incarnata", riassume cioè la
vita del Cristo partendo dall'Annunciazione a Maria e andando ad analizzare la nascita, la
vita, le sue azioni e la sua predicazione, fino alle sue sofferenze sulla Croce: «La santa
Chiesa ci fa dire ogni giorno con verità: "Il mondo non lo riconobbe" (Gv 1, 10). Sì, il
mondo non conosce Gesù Cristo, l'incarnata Sapienza. E ragionando sanamente, è
un'assurdità conoscere quel che nostro Signore ha patito per noi e non amarlo con ardore,
come fa il mondo.».[38] Soffermandosi sulla Croce fa una riflessione che costituisce una
delle parti più importanti di tutta l'opera e della sua dottrina:
« Ecco, secondo me, il più grande "segreto del re", il più grande mistero dell'Eterna
Sapienza: la Croce.[38] »
La croce, "oggetto di scandalo e umiliazione", è vista come il mezzo di cui la Sapienza si
servì per "riscattare il mondo" e manifestare la gloria di Dio e per questo motivo la
Sapienza: «[...] non accoglie nessun figlio se non l'ha come segno distintivo, né riceve
alcun discepolo se non la porta sulla fronte senza arrossire, sul cuore senza disgusto e
sulle spalle senza trascinarla o respingerla. [...]».[39]
Infine nell'ultima parte dell'opera elenca "i quattro mezzi per acquistare la divina
Sapienza": un desiderio ardente, cioè il desiderio di acquistare la Sapienza come premio
per la perfetta osservanza dei comandamenti; una preghiera continua, che rappresenta la
"fatica" necessaria per ottenere la Sapienza; una mortificazione universale, cioè il
distaccarsi dal mondo vivendo in povertà e umiltà e di unire a questa mortificazione
esterna anche quella del giudizio e delle volontà; e infine il quarto mezzo è la "vera
devozione a Maria": «Ecco il più grande mezzo, il più meraviglioso dei segreti per avere e
conservare la divina Sapienza: una tenera e vera devozione a Maria Vergine»,[40] in
questa parte finale spiega brevemente cos'è la "vera devozione" e perché questa è
necessaria per consacrarsi a Dio, ma proprio per l'importanza che ricopre della spiritualità
monfortana dedicherà a questo argomento la sua opera principale.
Il Segreto di Maria
Il Segreto di Maria fu scritto dopo il "Trattato di vera devozione" e presenta la stessa
dottrina del "Trattato" in modo più semplice e breve.
Nell'introduzione che intitola "Il grande segreto per diventare santo", sembra che indirizzi
questo libro a qualcuno, probabilmente ad un suo confratello: «Ecco un segreto, o anima
predestinata, che l'Altissimo mi ha rivelato e che io non ho potuto trovare in alcun libro, né
vecchio, né nuovo.»,[41] che, come tale, non può essere rivelato ("se non alle persone
meritevoli") e che richiede una certa preparazione prima di leggerlo: «Prima però di
appagare il tuo desiderio ardente e naturale di conoscere la verità, recita devotamente in
ginocchio l'Ave Maris Stella e il Veni Creator, per chiedere a Dio la grazia d'intendere e
gustare questo mistero divino.».[42]
Il libro si divide in due parti. Nella prima parte, esattamente come nel "Trattato", spiega la
necessità di santificarsi per mezzo di Maria e descrive il ruolo che Maria ha avuto presso
Dio e gli uomini e nuovamente ribadisce la necessità della devozione mariana. Nella
seconda parte presenta invece la "vera devozione", senza descrivere le "false devozioni",
descrive tre tipi di devozione: compiere i doveri di cristiano, evitando il peccato e pregando
Maria; nutrire per la Vergine, stima, amore, confidenza e venerazione; devozione totale a
Maria, che è quella di cui si occupa in questo libro.
Ripropone quindi alcune tematiche principali della sua dottrina mariana come la "schiavitù
in Gesù per Maria" riassumendo i tre tipi di schiavitù: «Schiavitù di natura: gli uomini buoni
e cattivi, sono schiavi di Dio in questa maniera [...]; schiavitù per forza, e schiavi di Dio in
questo modo sono i demoni e i dannati [...]; schiavitù d'amore e di volontà, ed è quella con
cui noi dobbiamo consacrarci a Dio per mezzo di Maria, cioè nel modo più perfetto con il
quale una creatura possa darsi al suo Creatore.»;[43] e la "consacrazione a Gesù per
mezzo di Maria" indicando l'importanza e gli effetti che questa porta a chi la pratica, e
riassumendo schematicamente le pratiche interiori ed esteriori che deve praticare chi si
consacra.
Infine presenta due sue preghiere a Gesù e a Maria che non sono presenti nel "Trattato" o
in altri libri, così come la conclusione che intitola "L'Albero della Vita, ossia il modo di far
vivere e regnare Maria in noi":
« Se hai trovato il tesoro nascosto nel campo di Maria. [...] Se lo Spirito Santo ha
piantato nella tua anima il vero Albero della Vita, che è la devozione che ti ho esposto,
devi porre ogni cura nel coltivarlo, perché ti dia il suo frutto a tempo opportuno.[44] »
Spiega quindi in sette punti come "coltivare" questo "Albero della Vita" perché se ben
coltivato il frutto che darà sarà Gesù: «A tempo opportuno darà il suo frutto di onore e di
grazia, cioè l'amabile ed adorabile Gesù, che fu e sarà sempre l'unico frutto di Maria.».[45]
Conclude "Il Segreto di Maria" mettendo in appendice la preghiera di consacrazione con la
quale conclude "L'amore dell'Eterna Sapienza".
Il segreto ammirabile del Santo Rosario
Il segreto ammirabile del Santo Rosario, per convertirsi e per salvarsi, fu scritto da san
Luigi Maria negli ultimi anni di vita, probabilmente dopo il 1710. Il libro è diviso in cinque
parti, tante quante sono le decine della corona del Rosario e che costituiscono il titolo di
ognuno dei cinque capitoli, e a sua volta ogni "decina" è suddivisa in dieci paragrafi, tanti
quanti sono i grani, "rose", del Rosario.
Nella "prima decina" che intitola "L'eccellenza del Santo Rosario nell'origine e nel nome"
parla delle origini del Rosario e del suo nome raccontando la storia di san Domenico
tramite il libro "De Dignitate psalterii" di Alano della Rupe.
Nella "seconda decina" intitolata "L'eccellenza del Rosario nelle preghiere che lo
compongono", analizza e commenta le preghiere del Rosario, soffermandosi
particolarmente sul Padre Nostro e l'Ave Maria, analizzando ogni rigo delle due preghiere,
e soprattutto all'Ave Maria dedica una maggiore riflessione perché:
« [...] È la mia preghiera preferita, è la mia pietra di paragone sicura per distinguere
quelli che sono condotti dallo spirito di Dio da quelli che sono nell'illusione dello spirito
maligno.[46] »
Nelle "terza decina" intitolata "L'eccellenza del Rosario nella meditazione della vita e della
Passione di N.S. Gesù Cristo", analizza i misteri del Rosario: «Cosa sacra che
difficilmente si può comprendere è un mistero. [...] Ben a ragione le opere di Gesù e della
sua santa Madre sono dette "misteri" perché sono ricolme delle innumerevoli meraviglie,
perfezioni, delle sublimi e profonde istruzioni che lo Spirito Santo rivela agli umili ed ai
semplici che le apprezzano.».[47]
Analizzare i 15 misteri del Rosario nella "prima rosa" e dedica le altre nove rose alla
meditazione dei misteri spiegando l'importanza di quest'ultima che essendo un "mezzo di
grande perfezione" non deve essere tale solo per i sacerdoti e i religiosi ma anche per i
laici.
Nella "quarta decina", intitolata "L'eccellenza del Rosario nelle meraviglie da Dio operate
in suo favore", presenta gli effetti prodotti dalla recita del Rosario narrando alcuni eventi,
accaduti a importanti personaggi storici, dovuti alla recita quotidiana del Rosario.
Infine nell'ultima "decina", che intitola "Modo di recitare il Rosario", ammonisce ad una
recita attenta, senza distrazioni, in ginocchio a mani giunte e con la corona fra le dita; è
meglio recitarlo a due cori "con fede, con umiltà, fiducia e perseveranza".
Il libro si conclude senza riportare la "cinquantesima rosa" che è costituita dal testo che ha
allegato a questo libro e cioè i "Metodi santi per recitare il Santo Rosario". In totale fornirà
cinque metodi, ma solo due sono allegati al "Segreto del Rosario". Il terzo metodo è
derivato da un libro di preghiere del 1761 e che diede in uso alle Figlie della Sapienza,
mentre il quarto e il quinto li allegherà ad un altro suo testo, il "Libro delle Prediche". In
appendice ai "Metodi santi per recitare il Santo Rosario, scrive "Le principali regole del
Santo Rosario" dove riassume in modo schematico il "Segreto del Rosario".