voci della nostra gente - Centro Socio

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voci della nostra gente - Centro Socio
6a Edizione
Premio letterario
“Città di Corridonia”
VOCI
DELLA NOSTRA GENTE
Poesie
A cura del Centro Socio-Culturale e Ricreativo
“Mons. Raffaele Vita”
2014
Città di Corridonia
Saluto del Sindaco
Voglio esprimere innanzitutto un vivo ringraziamento al Presidente del Centro
Sociale “Mons. Raffaele Vita” per aver programmato e realizzato anche
quest’anno una così impegnativa iniziativa, quale può essere un Premio
Letterario.
Il Centro si conferma così come un sodalizio che persegue scopi culturali e non
solo sociali e ricreativi a vantaggio dei soci iscritti e di tutta la città che bene
accoglie e valorizza il Centro stesso con tutte le attività realizzate. Un concorso
di Poesia in modo particolare consente di esprimersi perché dà spazio alla
interiorità e alla riflessione: aspetti della vita poco valorizzati che così possono
emergere.
A maggior merito va sottolineato che questa sesta edizione del Premio di Poesia
si è ulteriormente sviluppata ampliando la sezione dialettale con l’invito rivolto
ad un maggior numero di autori. Ma anche e soprattutto, direi coinvolgendo
gli alunni delle quinte classi della scuola primaria che, stimolati e guidati dalle
insegnanti, si sono accostati al Mondo della Poesia. Sono stati così realizzati,
ispirati alla Poesia e ai temi delle poesie in concorso, piccole opere e disegni
che sono stati raccolti ed esposti in mostra presso il Centro Sociale stesso.
Questa meritevole iniziativa si pone nell’ambito di una rinnovata vita culturale
e sociale della città di Corridonia che vede il suo fulcro nel Teatro Storico “G.B.
Velluti” restaurato e restituito alla Città, teatro in cui si svolge il Premio Letterario.
Con molto piacere ho appreso dell’alto numero di poesie complessivamente
pervenute da molte regioni: segno inequivocabile che gli organizzatori hanno
visto giusto e hanno voluto dare opportunità e visibilità alle autrici e agli autori
che hanno avuto modo di manifestare sentimenti, stati d’animo e considerazioni
sulla natura stessa degli esseri umani.
Ancora un compiacimento e un invito infine a proseguire sulla giusta strada
intrapresa.
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Nelia Calvigioni
REGIONE MARCHE
Passione per la poesia, amore per l’arte, ricerca interiore, esplorazione nella memoria,
riflessione profonda sulla realtà che cambia a ritmi frenetici. Il Premio letterario “Città
di Corridonia” 2014, giunto alla sesta edizione, interpreta tutto questo ma non solo. E’
anche occasione di confronto e crescita, momento di coesione e senso di appartenenza
alla comunità, esempio - espresso in versi poetici - dello spirito di laboriosità, altruismo
e solidarietà che caratterizza la terra delle Marche.
La caratterizzazione popolare del Premio attraverso la sezione di poesia in dialetto
rappresenta una felice intuizione, che attribuisce al concorso ulteriore valore e merito.
Come scriveva Pier Paolo Pasolini, che vedeva nel dialetto l’ultima sopravvivenza di
ciò che ancora è puro e incontaminato e come tale deve essere protetto, “il contadino
che parla il suo dialetto è padrone di tutta la sua realtà”.
Un plauso, dunque, all’iniziativa del Centro Socio-Culturale e Ricreativo di Corridonia
che, grazie al grande impegno organizzativo, continua a crescere anche a livello
nazionale e ad attrarre partecipanti provenienti da moltissime città italiane, suscitando
interesse di intellettuali e stampa di settore. E’ per tutti questi motivi che la Regione
Marche ha riconosciuto con entusiasmo il patrocinio a questa lodevole iniziativa.
Gian Mario Spacca - Presidente
PROVINCIA DI MACERATA
Il Concorso letterario “Città di Corridonia”, organizzato dal Centro socio-culturale e ricreativo Mons. Raffaele Vita, è un’iniziativa che la Provincia di Macerata accoglie con molto
favore. Anno dopo anno - questa è la sesta edizione - il Premio non solo ha assunto un
rilievo nazionale, richiamando partecipanti da ogni parte d’Italia, ma si è rivelato capace
di esaltare il valore sociale delle attività culturali.
Esso, infatti, si rivolge ai poeti dilettanti iscritti ai Centri ANCeSCAO, stimolando così
gli anziani ad impegnarsi nella scrittura, nella creatività e nella continua riscoperta del
linguaggio poetico. Quest’anno, inoltre, mi piace evidenziare il fatto che una sezione del
Concorso è dedicata alla poesia dialettale, a mettere in luce ancora di più le nostre tradizioni genuine. Desidero, quindi, a nome dell’Amministrazione provinciale, far giungere
i più sinceri apprezzamenti al presidente ed ai componenti del Centro socio-culturale di
Corridonia; un saluto cordiale a tutti i partecipanti e le più vive felicitazioni ai vincitori del
Concorso, con l’augurio di maggiori e sempre nuovi successi.
Antonio Pettinari - Presidente
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ANCeSCAO
Siamo dunque a una nuova e più qualificata edizione del Premio di poesia. Sin dall’inizio, Ancescao Nazionale ha creduto nell’importanza della manifestazione e incoraggiato ad andare avanti.
Nel corso degli anni essa si è consolidata e allargata oltre i confini regionali. Oggi è diventata una
delle più importanti testimonianze di una Associazione di Centri sociali che proiettano la propria
attività oltre il tradizionale, sempre di più luoghi d’incontro, di attività e di promozione sociale e
culturale. Il successo del Premio di poesia è un premio a chi nel corso di questi anni vi ha messo
impegno e passione. Nel rinnovare il nostro sostegno, un ringraziamento agli amici di Corridonia
per il loro lavoro e un grande plauso a quanti, con i loro versi, danno sostanza alla manifestazione.
Con l’augurio di sempre nuovi successi.
On. Lamberto Martellotti - Presidente Nazionale
Corridonia affonda le sue origini nell’antichità, ma non ha mai inteso compiacersi di queste sue
ataviche tradizioni, mettendosi continuamente in gioco con iniziative che danno lustro al territorio
e all’intera regione. Una di queste è il Concorso Nazionale di Poesia, che vede impegnato, in
primo luogo, il Centro Mons. Raffaele Vita, ma che coinvolge tutta la città, dal primo cittadino, alle
scolaresche e a gran parte della cittadinanza che, soprattutto attraverso la sezione in vernacolo,
sente spontaneamente più vicini quei versi che, del resto, fanno intimamente parte della nostra
cultura. Come Associazione Regionale non possiamo non essere lieti dell’importante ruolo di
primo piano che, nel panorama culturale espresso dai nostri circoli disseminati nel territorio, gli
amici di Corridonia hanno saputo conquistare sul campo, preferendo ai propositi, spesso sterili
e inconcludenti, fatti concreti e tanto lavoro e risorse. Nella prossima manifestazione conclusiva,
avremo il piacere di vedere volti che hanno già sorriso nelle precedenti edizioni e volti nuovi,
indipendentemente dall’età, perché la poesia non tiene conto dei dati anagrafici, ma dei valori
dell’anima che crescono con il passare dei decenni quando si guarda indietro alla vita trascorsa. E
sono proprio questi i momenti in cui le parole servono per accarezzare i ricordi. Questi i sentimenti
che affido a questa mia presentazione, nella quale ho forse più che altro lasciato parlare il cuore,
ma che non poteva essere tessuta con fili più ruvidi, non idonei certamente in queste circostanze.
Vittorio De Seriis – Presidente Regionale
Grazie a voi tutti, partecipanti a questa VI° edizione del Premio letterario Città di Corridonia, per i
sentimenti e le emozioni che i vostri versi ci regalano. Grazie perché le vostre poesie ci ricordano
che il tempo trascorre velocemente e, come petali al vento, ci portano lontano, ci accarezzano e
cullano i nostri pensieri. Voi che con spontanea naturalezza riuscite a esprimere ciò che ciascuno
di noi sente nel proprio intimo ma non sa esternare. Ogni verso è un petalo dell’anima, una foto di
se stesso, che il poeta sa cogliere e regalare .
“E poi ti regalerò un bel libro di poesie e lo leggeremo insieme nei prati” (Alda Merini)
Angelo Formica - Presidente del Coord. Provinciale
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Poesie in lingua italiana
Sin dall’inizio del secondo anno del mio mandato di Presidente del Centro
Sociale ho voluto pensare a un Premio di Poesia più strutturato rispetto alle
precedenti edizioni, più aperto al sociale e al mondo della Scuola. Con un
impegno organizzativo notevole richiesto da tale programmazione, questa
sesta edizione del Premio Letterario, che ormai si caratterizza sempre più
come uno degli obiettivi più importanti tra le attività del Centro, ha voluto
ampliare la sezione riservata alle poesie dialettali e, in collaborazione con le
Scuole Elementari della Città e la direzione de “LA RUCOLA”, un periodico
mensile diffuso nei comuni della provincia, ha coinvolto gli scolari avvicinandoli
al mondo della Poesia.
Testimonianza della nuova identità di questa ultima edizione del Premio è anche
la composizione del tradizionale libretto che da sempre ne illustra i contenuti.
Oltre alle poesie premiate, suddivise in base al risultato ottenuto, vengono
pubblicate anche opere non premiate, scelte fra le molte che sarebbero state
parimenti meritevoli e non pubblicate solamente per mancanza di spazio. Dette
poesie, pubblicate nella parte finale del libretto, intitolata Piccola Antologia, sono
state scelte in quanto rappresentative della molteplicità delle ispirazioni che
abbiamo scoperto nei nostri poeti, nonché delle diverse caratteristiche culturali
tipiche dell’ambito sociale delle molte regioni italiane in cui sono state concepite
e scritte. Ciò anche a testimonianza del successo ottenuto nell’estendere la
partecipazione al Premio Letterario a tutte le sezioni dell’ANCeSCAO.
Per i risultati ottenuti non posso che ringraziare tutti i collaboratori che, con il
loro sforzo organizzativo, hanno reso possibile questa edizione del Premio.
Antonio Marzioni - Presidente Centro Sociale
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Bambine mie
Io cammino veloce,
loro molto più piano,
le aspetto, le tengo per mano …
le aspetto, le tengo per mano.
Sono tanti
i momenti importanti,
i gesti d’amore,
i giochi di ore,
le favole narrate,
i vestiti da fate,
i coriandoli, le stelle filanti,
i sorrisi, i pianti,
i rimproveri, le carezze
le paure, le certezze
tra tanti pensieri,
oggi è già ieri
un attimo e sono cambiate
Diventate ragazze,
dolci e un poco pazze
sulle labbra il rossetto,
agli occhi la matita
vanno incontro alla vita.
I baci per gioco dati di getto
quando bambine
erano in braccio
sono ora d’affetto
mentre mi stringono
in un tenero abbraccio.
Sono sempre più belle
non sto nella pelle,
ormai sono donne
non certo madonne.
1 a Classificata
Loro sono sincere,
acqua da bere
per l’uomo assetato
che si è innamorato.
Il loro passo è veloce
io cammino più piano,
mi aspettano, mi danno una mano…
mi aspettano, mi danno una mano.
(Cinzio Cacaci)
E’ una storia tratta dal grande libro della vita, una favola d’amore raccontata per condividere con chi
legge, emozioni e sensazioni suscitate da momenti vissuti nell’inesorabile trascorrere del tempo.
Motivazione della giuria:
Affetti, ricordi, emozioni: con forma elegante ed appropriata la poesia esprime la
parabola della vita come una sorta di passaggio di testimone tra generazioni.
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Vecchia casa
C’è un tempo per tornare
tra radici disseccate di pietre e fatiche
che respirano ancora
a folate tenere e malinconiche.
2 a Classificata
Ricordi ammucchiati odorano di zolle,
di granai, di mucchi di fieno,
di piccoli fuochi accesi negli orti,
di aromi trafugati da persiane socchiuse.
Vecchia casa dalle ringhiere senza più vernice
e dai muri che affondano nell’edera;
i miei passi suonano solitari al vento
che rotola lontano ombre e soli di stagioni perdute,
lembi di cielo sfuggenti
avanzi del mio ieri.
(Angela Catolfi)
Richiami improvvisi
di panni che svolazzano al sole,
del mormorio di una fonte
mescolarsi a sussurri di foglie,
di qualcosa di me rimasto
ad errare per queste strade.
Da crepe agonizzanti inseguo
la danza delle ombre allo sfavillio del camino:
ceppi bruciano pensieri ormai stinti,
mentre ad una ad una si dipanano
sembianze di persone amate,
rumori di piatti e cassettiere,
la voce di mia madre che chiama.
Nelle tasche del suo grembiule
ritrovo briciole di pane,
le sue mani piene d’insonnia
cullano le mie braccia
col battito lieve delle ali d’un angelo.
Paziente continua a cucire il nostro passato
sulle trame d’una tela di lino,
ricamando con occhi commossi
i lineamenti degli anni vissuti.
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Non si possono dimenticare le proprie radici, i luoghi, gli affetti, la casa dell’infanzia.
I ricordi sono il nostro passato, ma anche il fondamento su cui poggiano il presente e le illusioni future.
Motivazione della giuria:
Un ritorno al passato, a cose lontane ma mai dimenticate, un tuffo dentro i propri
sentimenti espressi in maniera incisiva e mai banale.
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La solitudine
Una giornata scialba,
come tante altre,
senza una sola emozione.
È mattino, ancora una volta,
mi accosto alla finestra,
a spiare il mondo.
Cerco un palpito,
per modellare un sogno.
Sulla terrazza di fronte,
passeggiano due piccioni,
formando un largo cerchio.
Due ragazzi innamorati,
corrono sotto la pioggia.
Fa freddo, il cielo è livido.
Il cuore, piccolo piccolo,
si è riparato in fondo al petto.
Torno al tavolo che ha visto
altri scritti, altri lavori.
Non ho voglia di scrivere,
ancor meno di pensare.
Mi tuffo nei ricordi,
si rincorrono sensazioni,
fantasie, ritornano i sogni,
la voglia di pensare,
piano piano, senza fretta.
Dalla finestra scruto
in fondo, oltre la pianura.
Là, dove batte il mio cuore,
si è aperto il cielo.
Spioverà?
3 a Classificata
Nei momenti difficili ci si aggrappa alle cose più care, lavoro, famiglia, figli … non si sbaglia mai.
Motivazione della giuria:
Con immagini suggestive, legate al vivere quotidiano, la poesia ci conduce dentro
una giornata grigia che coinvolge stati d’animo e pensieri, accentuando il senso di
solitudine e di tristezza.
(Aldo Palmas)
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La vita e la serenità
È tristemente vecchio chi,
abbarbicato al suo mondo passato,
rifiuta noncurante e infastidito,
tutto il nuovo che dal presente
gli viene di continuo elargito.
Premio speciale
Marcella Tomassoni
Assegnato dal Consiglio Direttivo
del Centro Sociale
È tristemente vecchio chi,
davanti all’alba luminosa,
foriera di un nuovo giorno,
non si rallegra perché può destarsi,
ancora una volta dal sonno
È tristemente vecchio chi
non prova amarezza e sgomento
di fronte ad ogni giornaliero, immutato,
squallido o triste avvenimento.
È tristemente vecchio chi
ha perso la voglia di fare, la curiosità di imparare
e, senza speranza, si lascia andare,
come le foglie, che cadono in autunno,
non sanno dove andranno a posare.
È serenamente vecchio chi,
nonostante i capelli bianchi,
tutti i danni che apportano gli anni,
sa apprezzare ed amare la vita
e vuole viverla pienamente
fino a quando non sarà finita.
(Gina Massini)
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Se gli anziani restano attivi, contribuendo con il loro impegno ai bisogni di se stessi, della
famiglia e della società, non potranno mai chiamarsi “vecchi”, in senso negativo, anzi saranno
un punto di riferimento importante per le nuove generazioni.
Motivazione:
Il Consiglio Direttivo del Centro Sociale ha voluto premiare la poesia per il messaggio
positivo che essa trasmette. L’anziano che non si chiude in se stesso, ma rimane interessato
ai cambiamenti, alla bellezza, alle problematiche del mondo che lo circonda, potrà vivere
serenamente ed essere un importante elemento di riferimento per la società.
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Acva d’val
Premio Speciale
ANCeSCAO
Attribuito
dai
dirigenti
Int un silënzi màgich d’una séra dell’Associazione
dśmindghêda iquè da un tëmp sëŋza un’etê,
l’acva dla val la cónta - e l’è sinzéra -
‘na fôla vëcia cmé l’eternitê.
Chisà se li la tréma sëŋza vlér
o se la schérza, invézi, bén vluntìra
cun e’ vintgì d’marëna, e da e’ piaśér
la frèm, cóm in amór, e la suspìra.
E’ sól ch’u s’è arpunê da dri dal cânn
u i ha stéś sóra un vél d’un róss curàll,
e li, préma che e’ scur u i dëga dânn,
l’ha piturê e’ su vérd cun macć ad zall.
Cal dó śgarźét śmarìdi int l’uriźónt
al zérca e’ nid o fórsi e’ zil, chisà;
l’acva dla val l’ha fat, parò, i su cónt:
al durmirà cun li; li l’al sà źà!
(Bruno Zannoni)
Acqua di valle
In un silenzio magico di una sera / dimenticata qui da un tempo senza età, / l’acqua della valle
racconta –ed è sincera!- / una favola vecchia come l’eternità. /
Chissà se lei trema senza volere / o se scherza, invece, ben volentieri / col venticello di marina,
e dal piacere / freme, come in amore, e sospira. /
Il sole che si è nascosto dietro le canne / e ha steso sopra un velo rosso corallo, / e lei, prima
che il buio le dia danno, / ha dipinto il suo verde con macchie di giallo. /
Quelle due garzette smarrite nell’orizzonte / cercano il nido o forse il cielo, chissà / l’acqua della
valle ha fatto, però, i suoi conti: / dormiranno con lei; lei lo sa già.
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Da secoli, l’acqua della valle “vive” magiche emozioni procuratele dalla brezza marina, dal sole
al tramonto, dagli uccelli che cercano il nido per il riposo notturno.
Motivazione:
Il componimento delinea un’atmosfera magica, fuori dal tempo, in cui gli elementi della
natura, interagendo tra loro, creano vibranti emozioni, policroma bellezza e la dolce tenerezza
dell’accoglienza.
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La poetessa italo-francese Maria Salamone, appassionata sostenitrice del nostro
Concorso fin dalla prima edizione, ci ha fatto omaggio anche quest’anno di una sua
ispirata lirica che pubblichiamo con grande piacere.
Dialogar con le stelle...
Quando buia e misteriosa vien la sera,
e nell’animo s’accende lieve una preghiera,
per sfuggire alla malinconia
che mi sprofonda nell’oscurità,
dando via libera alla fantasia
accedo ad un mondo d’evasione,
ad un barlume di serenità...
elevandomi oltre i confini dell’irrealtà.
Seguo allora un soffio di vento
ed il mio sguardo si libra, si perde,
nel vasto firmamento;
come la scia di una cometa
per l’immenso erra,
senza limiti, senza meta...
La poetessa italo-francese Maria Salamone, appassionata sostenitrice del nostro
Concorso fin dalla prima edizione, ha personalmente scelto una poesia a cui attribuire
il proprio personale “Premio Maria Salamone”.
Sul sentiero dei ricordi
Lungo sentieri tortuosi di memoria,
tra anfratti di ricordi ogni giorno cammino
per raccogliere frammenti del passato.
Quel passato sempre vivo nella memoria
quel passato che è la mia storia.
Pian piano torno indietro nel tempo
a quella stagione del viver contento.
È solo per poco, è solo un momento
il quotidiano ha il sopravvento.
(Liliana Ianni)
E mentre quaggiù tutto è buio, tutto tace...
lassù, al chiarore della luna, regna un’apoteosi
che fa vibrare il cuore di un’armonia di pace.
E io, sospesa, fra sogno e realtà
non so più se piangere o ridere di questa follia,
che pian piano m’invade, mi spinge, come per magia
ove mi aspettano già mille lucciole belle,
con cui dialogar io potrò... dialogar con le stelle!
(Maria Salamone)
Nel mondo in cui viviamo, un mondo dove a causa delle nuove tecnologie manca
il dialogo, la comprensione ... basta alzare gli occhi al cielo e scoprire la più bella
Momenti
della edzione
tecnologia: il Creato! 2013
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Maria Salamone ci ha fatto omaggio anche quest’anno di una sua ispirata lirica che
pubblichiamo con grande piacere.
Dialogar con le stelle ...
Quando buia e misteriosa vien la sera,
e nell’animo s’accende lieve una preghiera,
per sfuggire alla malinconia
che mi sprofonda nell’oscurità,
dando via libera alla fantasia
accedo ad un mondo d’evasione,
ad un barlume di serenità...
elevandomi oltre i confini dell’irrealtà.
Seguo allora un soffio di vento
ed il mio sguardo si libra, si perde,
nel vasto firmamento;
come la scia di una cometa
per l’immenso erra,
senza limiti, senza meta...
Poesie in dialetto
E mentre quaggiù tutto è buio, tutto tace...
lassù, al chiarore della luna, regna un’apoteosi
che fa vibrare il cuore di un’armonia di pace.
E io, sospesa, fra sogno e realtà
non so più se piangere o ridere di questa follia,
che pian piano m’invade, mi spinge, come per magia
ove mi aspettano già mille lucciole belle,
con cui dialogar io potrò... dialogar con le stelle!
Nojo ... volevom savuar ...
(Maria Salamone)
Nel mondo in cui viviamo, un mondo dove a causa delle nuove tecnologie mancano
il dialogo, la comprensione ... basta alzare gli occhi al cielo e scoprire la più bella
tecnologia: il Creato! 18
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Lu Ppinzionatu
Ovvero: Dato che non fai cò.
1 a Classificata
Me chiamo Ugé. Ugè de Gattifò.
Dopo quarantun’ anni de lavoro,
So ditto co Marì: “Vaco in penziò.
La vojio rlcordà prima che moro.
Vasta! A sta’ ‘rchiusu dentro la fornace;
Finalmente me sento un Patreternu!
Faccio tutte le cose che me piace,
Ppo, non fatico e paga lu governu.”
‘Na settimana è stata un’euforia.
Libberu comme l’aria; Spenzieratu!
A me ‘rrizzavo quanno me parìa:
Senza impegni, credeteme ero ‘rnatu!!
Me la sindio che non putìa durà;
Lu Luniddì, vè fijiama, Gigliola,
“Dato che non fai cò, babbu..” Me fa:
“Me purrlsci portà li frichi a scola ?”
Ce manghiria, Gigliò, te ce Ii porto.
Lu jiornu ‘ppresso, pronta anche Renata:
“Dato che non fai cò, vangheme l’orto,
Me ce piandi du sorghe de ‘nzalata.
Te ce vengo Renà, vanghimo l’ortu ...
Premetto che Marì già me ‘ssillava,
La casa jé puzzia de gattu mortu,
se ‘ngne la puliscìo ce sse ‘mmalava!
Era spiccato tenne, scindiletti,
Svotato armadiu, mensole, vitrine,
“Puliscia tutto; tando te ce metti:
Le porte, le finè, le serrandine.
Giacché ci stai fa pure lu suffittu!
“Scine; Lu pavimendu, le vetrate;
Scete ‘na croce donne!! Staco zittu !?
‘Ngora me dò la schiena e le costate!!
Ce mangava cugnatumu, ‘Ila lappa;
Sempre spippenne co ‘lli tizzi ‘ccesi;
“Ugè … che ‘mbardi jiorni, te cce scappa?”
Du’ jiorni è dovendati quattro mesi !!
Mi chiamo Eugenio Gattifoni. / Dopo quarantuno anni di lavoro, / Ho detto con mia moglie /
Maria: “Vado in pensione. / La voglio ricordare prima che muoio. /
Basta! a stare rinchiuso dentro la fornace; / Finalmente; mi sento un Padreterno/ Faccio tutte le
cose che mi piacciono, / Poi, non lavoro e paga Il governo.”/
Una settimana è stata un’euforia. / Libero come l’aria; Spensierato! / Mi alzavo quando meglio
mi pareva: / Senza impegni, credetemi ero rinato !! /
Me la sentivo che non poteva durare; / Il Lunedì, viene mia figlia, Gigliola, / “Dato che non fai
niente, babbo.. “ Mi fa: / “Mi potresti portare i bambini a scuola !” /
“Ci mancherebbe, Gigliola; te li porto.” / Il giorno appresso, pronta anche Renata: / “Dato che
non fai niente, vangami l’orto, / Mi ci pianti due solchi di insalata. /
Ti ci vengo Renata; vanghiamo l’orto! … / Premetto che Maria già mi assillava, / La casa le
puzzava di gatto morto, / se non gliela pulivo cl si ammalava! /
Aveva spiccato tende, scendiletti, / Vuotato armadio, mensole, vetrine, / “Pulisci tutto; tanto ti ci
metti: / Le porte, le finestre, le serrandine. /
Già che ci sei, pulisci anche il soffitto ! / “Sii; pure Il pavimento, le vetrate; / Siete una croce
donne!! Sto zitto !? / Ancora mi dolgono la schiena e le costate !! /
Ci mancava mio cognato, quella lappa; / Sempre spippettando con quel tizzi accesi; / Eugenio …
che un paio di giorni, ti ci scappano?” / “Due giorni sono diventati quattro mesi !! /
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E Glgliola! E Renata! E ‘Ila Befana!
E Ii niputi! E l’ortu! E la fornace!
Leata quella prima settimana
Non so più avuto un attimu de pace!!!
A vaco in giro discorrenne sulu.
lera so convocato la famijia:
“Che me scete scambiato per un mulu!?
A ‘rvaco a fatigà, se me ce ‘rpijia!!
lo non ce vojio jì fora de testa;
Ve ‘vviso: prima che finiscia male,
Là la C.G.I.L a fine de ‘sta festa,
Ve faccio ‘na vertenza sindacale!!!
(Giancarlo Campifioriti)
Questa è una poesia che nasce dalla realtà della vita dove tutti gli anziani si possono rispecchiare.
Questo anzlano signore dice di volersi ribellare a tutti coloro che gli procurano lavoro. Ma questo sfogo
comico nasconde il piacere di sentirsi orgoglioso di essere d’aiuto ai suoi e agli altri. Guai se non ci
fossero gli anziani a dare una mano alle giovani famiglie che lavorano, ed è una gioia sentirsi ancora utili
e talvolta necessari.
Motivazione della giuria
Con l’arguzia del linguaggio dialettale l’autore ha tracciato un quadretto perfetto della vita del pensionato
di oggi. L’argomento è stato affrontato con ironia e leggerezza risultando, allo stesso tempo, non privo di
una certa profondità.
E Gigilola! E Renata! E quella Befana! / E i nipoti! E l’orto! E la fornace! / Levata quella prima
settimana / Non ho più avuto un attimo di pace!!! /
lo vado in giro discorrendo solo. / Ieri ho convocato la famiglia: / “Ma che mi avete scambiato
per un mulo!? / Ritorno a lavorare, se mi ci ripiglia!! /
lo non ci voglio andare fuori di testa; / Vi avviso: prima che finisca male, / Là la C.G.I.L. a fine
di questa festa, / Vi faccio una vertenza sindacale!!!
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Momenti
della edzione
2013
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U m’è suzëst …
A séva apèna stê a e’ suparmarchê,
zirchènd d šbrighêm pr’andêr’ a e’ mi lavór,
ch’a veg un têl, un négar, par la strê:
a pẽns: “A-j sẽn, l’è e’ sölit scuciadór!”
2 a Classificata
Chisà d’in do’ ch’e’ vẽn, cvãnt ch’l’à viažê,
da cvelca pêrt l’arà la su fameja,
e fôrsi nẽnc di fiul ch’i sta aspitê,
e a sẽnt che dop a tot u-m s’asarmeja.
Cun e’ carël incóra pi a mitê,
a-n pos scapê!, mo nẽnc fašènd cõnt d gnit,
u-s férma a lè, l’insest e u-m vô mustrê
arloj, culãn, ucél, anel, tapit.
L’è in zérca, nẽnca lo, dla varitê,
e còma tot e’ cor, e’ cor dri a un sogn,
lutènd cun la fadiga de’ campê,
avãnti dè par dè, strichènd i pogn.
A-j deg ch’a vég in prisia, a m’ò d’ aviê,
a me u-n m n’infréga gnit d sta marcanzeja,
a-j dëg un euro a vdé s’u-m lësa andê,
a purt indrì e’ carël e lo u s’aveja.
Ormai u s’è fat têrd, a m’ò d’aviê,
a tir int la maneglia de’ spurtël,
a met in möt e incóra a sò a pinsê:
a-n l’ò cnusù, mo l’ẽra mi fradël.
L’avéva, so par žo, la mi etê,
e me a n’avéva incóra mes in möt,
ch’u m’è suzëst ch’a-m sò truvê a pinsê,
guardèndal tirês dri che su fagöt.
(Franco Ponseggi)
È ormai cosa comune incontrare “extracomunitari” davanti ai supermercati, che insistono per venderci
qualche cianfrusaglia o si accontentano di una monetina.
Spesso ci infastidiscono, perchè abbiamo sempre fretta, ma pensandoci .....
Motivazione della giuria
Con l’uso appropriato del dialetto è stato delineato un significativo tema di quotidiana
attualità come l’integrazione umana e sociale, risvegliando in noi tutti sentimenti di
partecipazione e di solidarietà sovente dimenticati.
Ero appena stato al supermercato, / cercando di sbrigarmi per andare al mio lavoro, / che vedo
un tale, un negro, per la strada: / penso: “Ci siamo, è il solito scocciatore!” /
Con il carrello ancora pieno a metà, / non posso scappare!, ma anche facendo finta di niente, /
si ferma lì, insiste e mi vuole mostrare / orologi, collane, occhiali, anelli, tappeti./
Gli dico che vado di fretta, me ne devo andare, / non me ne frega niente di questa mercanzia, /
gli do un euro per vedere se mi lascia andare, / porto indietro il carrello e lui se ne va. /
Aveva, su per giù, la mia età, / e io non avevo ancora messo in moto, / che mi è successo che
mi sono trovato a pensare, / guardandolo tirarsi dietro quel suo fagotto. /
Chissà da dove viene, quanto ha viaggiato, / da qualche parte avrà la sua famiglia, / e forse
anche dei figli che stanno ad aspettare, / e sento che dopo tutto egli mi assomiglia. /
È alla ricerca, anche lui, della verità, / e come tutti corre, corre dietro un sogno, / lottando con
la fatica del campare, / avanti giorno per giorno, stringendo i pugni. /
Ormai si è fatto tardi, me ne devo andare, / tiro nella maniglia dello sportello, / metto in moto e
ancora sono a pensare: / non l’ho riconosciuto, ma era mio fratello.
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Lendane
E decedèmme allora de partì,
gna de miseria ce ne steva tanda
e z’abbeiemme chiène e camenènne,
decèmme na preghiera a chella sanda.
3 a Classificata
La notte gna m’addorme me vè nsuonne,
culle paiese mia acchescì bielle
chella campagna chiena de chelure,
le sciume e le laghette Martenielle.
A la prima curva me veldève arrete,
p’arevedè la casa che lassava
nnend’a la porta, steva ferma mamma,
che a la Madonna ci’arracchemmanava.
La Chiezza, le meline e può le colle,
le vierne che la neve a la mendagna
la banda pe le vie de le paiese,
e chille iuorne a mète a la campagna.
“Abbada tu a ste figlie, sciabbendetta,
daie salute e falle sta chendiende
e fall’aremenì prieste a na casa,
ca zenza, nnè na vita, è ne termiende”.
Velera aremenì n-custe memende,
e tutte ve velera arrabbraccià
Madonna meia, damme tu la forza,
pecchè acchescì, i no, nen pozze sta.
E la Madonna, mamma l’ascheldatte,
e suò seccesse tanda belle cose
però da culle iuorne e suò vindenne,
nen zuò reviste cchiù culle paiese.
(Tiberio La Rocca)
La poesia affronta il tema dell’emigrazione, con i ricordi, struggenti, che continuamente si
affacciano alla mente. La voglia di tornare nel paese natio, sempre presente, e la consapevolezza
di non poter coronare il sogno rendono ogni giorno più triste.
Motivazione della giuria:
Il tratteggio dei luoghi abbandonati ed il dolore del distacco si uniscono in una
preghiera che il linguaggio dialettale rende più autentica e genuina.
E decidemmo allora di partire, / quando eravamo ridotti in miseria / ci avviammo piano e
camminando / recitammo una pregheria a quella santa. /
Alla prima curva mi voltai indietro, / per rivedere la casa che lasciavo / davanti alla porta era
ferma mamma, / che alla Madonna ci raccomandava. /
Bada tu a questi figli, benedetta, / dai loro salute e falli felici / e falli tornare presto a casa, /
senza di loro la vita è un tormento. /
E la Madonna, mamma l’ascoltò, / e sono accadute tante belle cose / però da quel giorno e
sono vent’anni, / non ho più rivisto il mio paese. /
La notte quando dormo sogno, / quel paese mio così bello / la campagna piena di colori, / il
fiume ed il laghetto Martinello. /
La piazza, il mulino ed il colle, / l’inverno con la neve su in montagna / la banda per le vie del
paese, / e i giorni a mietere in campagna. /
Vorrei tornare in questo momento, / e vorrei riabbracciarvi tutti / Madonna mia, dammi tu la
forza, / perché così, più non posso stare. /
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Piccola Antologia
Momenti
della edzione
2013
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Per l’edizione di quest’anno del nostro Premio sono pervenute più di cento poesie. Oltre a quelle
premiate, molte altre avrebbero meritato di essere pubblicate. Purtroppo, questioni di spazio
non lo hanno permesso. Pertanto abbiamo scelto di pubblicare in questa sezione soltanto
alcune opere che, senza alcuna valutazione di merito, abbiamo ritenuto rappresentative delle
diverse sensibilità, culture e modi di intendere la poesia.
Ne è scaturita una breve selezione indicativa anche della diffusione geografica del nostro
concorso.
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Giudice
Ciucciurummèlla
Seduto di fronte a me
Gli occhi gonfi
La bocca chiusa che mastica saliva
Le mani tremolanti in fondo a braccia sole
Lo sguardo fuori dal finestrino perso nel nulla
I segni di una età indefinita ma lontana
È sereno sul sedile riservato
Era tanto tempo che non lo vedevo
L’ultima volta lo chiamarono vostro onore
E tutti ci alzammo in piedi
Ciucciurummèlla ciavìa ‘na mula
tuttu lu sgiórno ce gìa a vittura
quanno lu vastu quanno la sella
viva viva Ciucciurummèlla”
(Romano Treré – Bologna)
L’aurora
L’aurora silente,
chiara e preziosa,
cancella le stelle
e illumina il mondo
avvolgendo ogni cosa.
Riprendon gli impegni,
gli studi, i lavori,
con pianti e sorrisi,
ansie e conquiste,
gioie e dolori.
Ogni attimo è un dono,
ogni amore un affanno,
un delirio, un oblio,
o un dolce abbandono.
Volan svelte le ore,
scorre, scorre la vita,
sia grande o meschina,
e ogni giorno che passa
l’ultima aurora
si fa più vicina.
“Ciucciurummèlla” chi sarìa statu?
Questa stroffella non ne fa fiatu
vicino ‘u fóco lu nonno cantava
a ‘u niputucciu che fissu ‘u guardava.
Ócchj vispritti vuccuccia raperta
manuccia ncollata a l’andra più gnèrta
su ‘lli genócchj che lénti s’arzava
lu nipotucciu ridenno sardava.
“Ciucciurummèlla” su dajie ‘na spinta
lascia lu vastu e la sella dipinta
fa’ che i genócchj diventi la “mula”
e gió a galoppo pe’ fajie vittura.
Rride ‘u nipote e rride lu nonno
vicino ‘u fóco c’è tuttu lu mónno:
unu a l’inizziu e l’andru a declino
le ma’ ntrecciate: è quistu ‘u destino!!!
(Emilia Manzoli Borsetti - Ferrara)
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(Maria Scattolini - San Severino Marche)
“Ciucciurummèlla aveva una mula / e tutto il giorno ci andava a vettura / quando col basto
quando in sella / viva viva Ciucciurummèlla. /
“ Ciucciurummèlla” chi sarà mai? / Questa canzoncina non ce lo dice / vicino al fuoco il nonno
cantava / al nipotino che fisso lo guardava. /
Occhi vivaci boccuccia aperta / manina incollata all’altra più forte / sopra le ginocchia che
lentamente si alzavano / il nipotino ridendo saltava. /
“Ciucciurummèlla” su dai una spinta / lascia il basto e la sella dipinta / fai che le ginocchia
diventino “mula” / e via al galoppo facendo vettura. /
Ride il nipote e ride il nonno / vicino al fuoco c’è tutto il mondo / uno a l’inizio e l’altro al declino
/ le mani intrecciate: è questo il destino!!!
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A mia moglie
Le pettegole dell’orto
Com’è bella stasera
quella stella sul mare.
Intorno c’è pace,
e il lieve sciabordio
delle onde sulla spiaggia
ti accarezza i piedi nudi.
Non un alito di vento
a scompigliare i tuoi capelli
resi ancora più neri
dalla buia notte.
Non la luna
ad illuminare il tuo volto
che si appoggia languido
alla mia spalla.
Non una persona
a rompere il meraviglioso silenzio
che abbiamo cercato insieme
per sognare.
A ‘na grossa e rotonna* melanzana,
co’ le forme da vera maggiorana
che faceva ‘mpo’ indivia all’altre piante,
je capitò nel sogno ‘st’avventura:
sognò de fa’ ‘n viaggio là pe’ l’orto
sentenno le commente pizzichente,
e spece quelle d’una sellerona*,
che al concorso mirava al “Pomo-doro”.
Javeva ditto* forte e a chiare note
che lee c’aveva ‘n testa le patate,
come quel tipo senza pepe e sale,
quel gran carciofo che, da vero broccolo,
se la credeva, e nun capiva un ca..volo.
Da di’ ce l’ebbe pure ‘na lumaca
che saliva lenticchia su ‘na pianta
co’ ‘na lunga scarola a più pirozze*;
‘nvece la riverì ’n tipo da spiaggia,
un certo ros..marino che j’annò
proprio a faciolo*, tutto ‘mprofumato,
ma timoroso, come quel bel timo,
amico d’una pianta de la Persia.
La melanzana, vidde poe ‘mbel fusto,
ma per avecce ‘na testa de rapa,
se strusciò a quel cetrone*, e poe stulzò**
quanno scoprì che adera* un gran finocchio!!!
Se mise allora a fuggia*, tra le verze** e le risate de tutte l’ortagge,
ma prese subbito ‘na gran cipolla,
cascò pe’ terra, e fu la su’ fortuna,
ché se svejò col di’ forte: “Accicoria*,
che paura c’ho avuto, ma so’ salvia!”.
(Giuseppe Argenziano - Rimini)
Sogni d’amore
Se nei fumi
potesse scorrere il tuo amore
vorrei essere il mare.
Se il sole irradiasse il tuo amore
vorrei essere la terra.
Se nel tuo cuore
non c’è posto per me
lasciami almeno sognare…
(Ferrante Ragaini - Lucrezia - PU)
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rotonda
sentendo i commenti piccanti
grosso sedano
detto
pioli
fagiolo
cetriolo - sussultò
era
fuggire - versi
accidenti
(Mario Olimpieri - Cellere - VT)
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Parole senza tempo
Lupara bianca
Invano ti ho cercato
guardando tra la gente.
Vicino e pur lontano,
ma sempre vanamente.
Ero ormai rassegnato,
non ci speravo più,
Discreta ed elegante
mi sei apparsa tu.
Rivedo nei ricordi
simbiosi ed armonia,
e pur se nei disagi,
senza monotonia.
Parole senza tempo
quando c’è lealtà
Rispetto e tolleranza
danno serenità.
Come è veloce il tempo!
Fa sibilar gli orecchi.
Pur prossimi bisnonni
Non ci sentiamo vecchi.
L’estate è ormai lontana,
coscienti … senza impaccio
al caldo dell’autunno
affronteremo il ghiaccio.
Totò … Totò …
Fighiuzzu miu,
seanni sunnu passati,
ri tia chiunnenti ammu saputu.
Lu giurici ni rissi,
ca cu la lupara bianca
si statu eleminatu.
Contru la mafia ti eri scatinatu,
tu la lupara nun avevi imbracciatu,
sulu cu li paroli avevi parratu,
li puvireddi e oprissi addifinnevi,
cu li picciotti parravi.
Ri l’artigli ri la mafia chistu
populu vulevi libirari.
Iddi la vucca t’annu vulutu tappari.
Allura:
“Si scantarunu ri tia, fighiuzzu miu”.
Tu cu li paroli, iddi cu li pistoli,
Ma li pinseri tua nun ponnu ammazzari.
Tutti li bravi cristiani t’hannu a ricurdari.
E ri tia pissempri sinnavi a parrari.
Chianciu u fighiu miu ammazzatu,
ca nunaghiu chiu truvatu.
Comu cittadinu, ravanti a tia minchinu … Totò…
Ca lu curaggiu ri sfirarli nun te mancatu.
(Angelo Massaro – Palermo)
(Elio Mirimao - Narni - TR)
Totò ... Totò … / figlio mio, / sei anni sono passati, / di te più niente abbiamo saputo. / Il giudice
ci ha detto, / che con la lupara bianca / sei stato eliminato. / Contro la mafia, ti eri scagliato, / Tu
la lupara non avevi imbracciato, / solo con le parole avevi parlato, / poveri e oppressi difendevi,
/ con i giovani comunicavi, / dagli artigli della mafia, / questo popolo volevi liberare. / Loro la
bocca t’hanno tappato. / Allora: Hanno avuto paura di te, figlio mio. / Tu con le parole, loro
con le pistole. / Ma i pensieri tuoi non possono ammazzare. / Tutti i bravi cristiani ti debbono
ricordare, / di te per sempre se ne deve parlare. / Piango il figlio mio ucciso, / che neanche
da morto ho più trovato. / Come cittadino, / davanti a te m’inginocchio …Totò …, / che il
coraggio di sfidarli non ti è mancato.
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Voglia d’azzurro
Terra
La voglia d’un cielo azzurro
smerigliato di fresco
la porti dentro
alternativa alla cappa che preme.
Ma forse, a ben guardare,
quel terso colore è lì
a portata di occhi distratti.
I silenzi
disgiunti dall’aria di fuori
hanno il rumore dell’acqua
che goccia a goccia
cade sulla dura crosta.
Un mormorio lento, costante
di lontani e vicini pensieri
che si alternano e schizzano via
lievito e freno
del permanente groviglio.
Un fiore nel pantano
può annullarsi
per dare respiro
a un variopinto giardino.
Morirò con la terra negli occhi,
nella bocca il suo aspro sapore,
nelle orecchie i dolci rintocchi
di campane che rincorron le ore.
Siamo fatti di fagioli e di grano,
siamo fatti di acqua di fiume,
siamo fatti di vino nostrano,
siamo fatti di umili brume.
Siamo ruvidi, chiusi, severi,
siamo rotti ad ogni fatica,
siamo uguali a quelli di ieri,
agli avi che ci han dato la vita.
O terra dura di zolla,
o terra di calcare grigia,
o terra di gente un po’ folle,
coi sogni ben chiusi in valigia,
o terra ti odio e ti amo,
o terra di aspri rimpianti
che rabbia mi ha preso per mano,
ed ho frainteso i tuoi canti.
(Maini Enrico - Castel San Giovanni - PC)
Romina
(Angelo Gandolfi - Fidenza - PR)
La terra era troppo piccola per te,
volevi nuovi spazi
cieli azzurri e infiniti,
nuvole bianche, rosa
e in quel cielo tu ti sei immersa,
ti si vede correre con le tue ali dorate
tenendo per mano tanti angioletti,
fare girotondo, proteggerli
e nel buio della notte abbracciarli tutti insieme
tenendoli stretti nel tuo cuore
perché loro non hanno più la loro mamma.
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(una nonna – Bruna Gismondi - Corridonia - MC)
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Realizzato con la collaborazione di:
sentiti ringraziamenti
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La parte grafica è stata curata dalla pittrice
Mariella Ciammella di Corridonia
Finito di stampare
nel mese di Maggio 2014
presso la Tipolitografia TAF srl - Corridonia
in 1.000 esemplari
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Esterno del Centro Sociale