Dopo trent`anni resto sempre il Beruscao
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Dopo trent`anni resto sempre il Beruscao
(iN) Primo Piano l (10) (iN) Europa - 14 Dicembre 2009 ECCO “PRONTO RAFFAELLA?” Nel 1983 debutta a mezzogiorno su Raiuno “Pronto Raffaella?” (nella foto la Carrà), una “pietra miliare" della tv italiana: si anticipa l’avvio delle trasmissioni Rai (prima iniziavano con il telegiornale delle 13) e, per la prima volta, interviene il pubblico da casa telefonando in studio (storico resta il gioco dei fagioli contenuti nel vaso dei quali bisognava indovinare il numero). Ricordi e progetti di Enrico Beruschi appena diventato nonno «Dopo trent’anni resto sempre il Beruscao...» Come giudica quel periodo? Credo che gli anni ‘80 avessero qualcosa di bello dentro. Nella storia esistono talvolta periodi particolarmente felici. Pensa a cosa ha rappresentato la “Scapigliatura” nell’Ottocento. Ecco, con le dovute differenze, gli anni Ottanta sono stati per certi versi una sorta di crocevia che ha permesso di scoprire, con leggerezza, numerose strade. Molti non sanno che prima di iniziare la carriera artistica lei ha fatto, per 15 anni, l’impiegato, fino a diventare vicedirettore commerciale della “Galbusera”. E sì e i miei compagni del Derby non ci credevano! (ride, ndr.) Fu proprio Walter Valdi, storico comico del locale, a spingermi a salire su quell’importante palcoscenico. Un giorno mi venne a trovare in ufficio con Boris Makaresco. «Vogliamo vedere Enrico!», dissero ridendo alla mia segretaria che in maniera formale rispose: «Il Signor Beruschi? Attendet e , p r ego». Al Derby i n t e rpretavo un i m p i egato vessa- Enrico Beruschi si è esibito come attore, cantante, presentatore... Qui è la voce narrante in “Pierino e il lupo” to dal capoufficio e loro credevano di trovarmi in quella situazione! Una volta arrivati nel mio ufficio, con grande scrivania, sedia dirigenziale e seconda segretaria in minigonna, non ridevano più, erano intimoriti! Quindi decise di lasciare il posto fisso e di avventurarsi nel mondo dello spettacolo. Come arrivò a Canale 5? Avevo già fatto trasmissioni di successo sulla Rai come “Non stop”, “La Sberla”, “Luna Park” e “Tutto compreso”. Incontrai Silvio Berlusconi nel 1982, al concerto di Lisa Minelli e mi disse: «Ueh, hai visto che ho iniziato a fare la tv sul serio? Cosa aspetti a venire anche tu?». Poco dopo mi fece un contratto in esclusiva. E così iniziò “Drive In”, trasmissione cult di quegli anni. Perché segnò così fortemente quel periodo? Perché, come una buona torta, aveva gli ingredienti e i tempi giusti. Eravamo un gruppo di validi artisti, tutti con la voglia di dimostrare quello che sapevamo fare. Antonio Ricci e Giancarlo Nicotra mi vollero come primo protagonista del programma. Oltre a un comico milanese come me, ne serviva un altro che fosse romano così proposi Gianfranco D’Angelo che c o n oscevo e che si era sempre comportato bene. In che senso? Ma sì, le solite sciocche invidie. Avevo avuto, anni prima, la copertina di “Tv Sorrisi e Canzoni” e qualcuno aveva “storto il naso”. Cose che, fra l’altro, non mi sono mai interessate davvero. Una copertina in fondo è solo carta, no? Beh, l’unico che si era comportato correttamente nei miei confronti era stato proprio D’Angelo. Ed Ezio Greggio? Lo scoprii, anni prima, tra i figuranti di una trasmissione Rai e in seguito lo volli come mia spalla, con Margherita Fumero, nel programma “Tutto compreso”. Dopo quell’esperienza entrò di diritto del cast di Drive In. Proprio con Margherita Fumero ha dato vita allo sketch sul “povero Enrico”, marito vessato da una moglie rompiscatole. Com’è nata quella collaborazione? Io e Margherita ci siamo conosciuti nel 1979 in teatro durante “L’angelo azzurro” con Minni Minoprio. Lì la scelsi perché era perfetta per interpretare la moglie! Oggi Margherita vorrebbe dare una festa per il nostro “trentesimo anniversario di matrimonio”, ovviamente artistico! A quale personaggio di Drive In è rimasto più legato? A Beruscao. Era una parodia che facevamo sulle Telenovelas e credo che sia, ancora oggi, il personaggio più amato dal pubblico. Pensa che qualche settimana fa ho premiato un regista polacco al Festival dei “Corti di Lovere” e mi dicevo “In che lingua gli parlerò?” Invece non solo lui conosceva l’italiano ma, avendo vissuto da bambino nel nostro Paese, ricordava perfettamente il mio personaggio. Quando gli ho fatto “Orologiao ao, ao, ao”, è esploso in una risata! Parlando del dopo Drive In, lei si è dedicato molto al teatro intervallando classici shakespeariani a commedie leggere fino ad approdare alla lirica e alla regia. Non ha più pensato di tornare in televisione? Mah, credo che per me certi canali siano ormai chiusi. Oggi conta più l’indice di ascolto che quello di gradimento. Ma il punto è un altro. Non è detto che se uno mette in onda “una porcheria”, passami il termine, che genera curiosità e ascolto, questa si trasformi in buon prodotto. Una “porcheria” rimane una “porcheria”. Non solo. Vedo in giro poca umiltà. Vedi, io non mi sono mai dato delle arie, ho sempre avuto un certo pudore… tutte caratteristiche che non vanno DRIV molto di moda oggi. Progetti? Mi hanno offerto un musical, ma devo ancora valutare. Sono infatti nonno da 13 mesi e non ho più voglia di fare tournée troppo lunghe. Col nuovo anno porterò in scena “Sogno di una notte di mezza estate” e rifarò la commedia “Gli uomini preferiscono le bionde”, anche se sento il bisogno di rinnovarmi. Di solito lo faccio ogni 15 anni ed è arrivato il momento. In che modo? Con dei progetti rivolti ai giovani. La lirica e le lettere di Guareschi riadattate per loro. Jonny Pisa: «I paninari stanno tornando, ma gli originali erano tutt’altra cosa» Costume (tgr) Da dirigente ad attore di successo, da regista a cantante lirico con una laurea honoris causa in Scienze della Comunicazione fresca, fresca. Questo è Enrico Beruschi (nelle foto), istrionico personaggio che ha saputo rinnovarsi nel tempo. Assente dal piccolo schermo da oltre 17 anni, ha cavalcato gli anni Ottanta partecipando a uno dei programmi cult di quel periodo, “Drive In”, e diventando testimone di una televisione che non c’è più. Ripercorriamo con lui la sua carriera, dagli esordi a oggi, con qualche interessante anteprima sui progetti futuri. ALL’INIZ (tgr) E’ un giovane idraulico di Torino, ma nel suo cuore batte un’anima da paninaro. Jonny Pisa (nella foto), quarantenne, sposato con un figlio, gli anni Ottanta li ha vissuti così, attraverso uno dei movimenti giovanili più famosi dell’epoca. «I paninari che dire... troppo giusti! - ci racconta - In quegli anni il tipico paninaro era colui che “stava bene di soldi” e che si differenziava dagli altri per le griffe». Un movimento totalmente apolitico, ben diverso dai gruppi giovanili impegnati tipici degli anni Settanta. I paninari stanno tornando, almeno le tendenze della moda sembrano confermarlo. I paninari doc, però, quelli “The original” erano un’altra cosa. Il movimento nacque nel 1982 ai piedi della Madonnina di Milano tra liceali benestanti che avevano in comune la passione per la moda, il divertimento e le vacanze in certi posti considerati allora esclusivi. Figli della “Milano da bere”, un termine nato da uno spot che indicava la società anni Ottanta “patinata” come una rivista di alta moda, i paninari seguivano la nuova tv commerciale e i modelli americani che li volevano “fighi”, simpatici, scanzona-