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Settembre
Musica
Torino Milano
Festival Internazionale
della Musica
04_ 21 settembre 2014
Ottava edizione
Torino
Auditorium Rai
Arturo Toscanini
La Grande Guerra
Sabato 13.IX.2014
ore 17
Coro della S.A.T.
Società degli Alpinisti Tridentini
Mauro Pedrotti direttore
Un progetto di
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Partner Istituzionale
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I Canti della Grande Guerra
Coro della S.A.T.
Società degli Alpinisti Tridentini
Mauro Pedrotti, direttore
Sui monti fioccano
Trentino – Armonizzazione di Luigi Pigarelli
Vecchio canto popolare trentino passato in eredità agli Alpini,
che lo cantavano per consolare la loro nostalgia di casa. Il soldato scrive alla “morosa” una lettera sgrammaticata, ma piena di
sentimento e… “con le parole d’oro”.
Monte Nero
Canto degli Alpini – Armonizzazione di Andrea Mascagni
Nel patrimonio dei canti popolari degli Alpini nella Grande
Guerra, questo ha un valore storico: ricorda infatti la tragica
conquista del Monte Nero, sul confine italo-jugoslavo, nei giorni
15 e 16 giugno 1915.
Mamma mia, vienimi incontro
Canto degli Alpini – Armonizzazione di Antonio Pedrotti
Un canto che risale alla battaglia di Adua, trasmesso da un protagonista di quella triste esperienza ai suoi nipoti. Lo stesso canto
venne poi ripreso nella guerra ’15/18, però con il titolo E Cadorna
manda a dire e con le opportune varianti nel testo, mentre lo
spirito della musica rimane inalterato.
Una riprova della trasformazione del canto popolare nel tempo,
che va adattandosi alla storia della propria generazione.
Siam prigionieri
Siberia 1914/1918 – Armonizzazione di Renato Dionisi
“Lontanissimo”: questa indicazione, apposta in partitura da
Renato Dionisi sulla parte melodica del basso, rende con estremo
realismo la disperazione dei soldati trentini, arruolati nell’esercito
austriaco, catturati sul fronte della Galizia e mandati in Siberia
nei campi di prigionia. Durante la detenzione essi assimilarono melodie tipiche del folklore russo alle quali adattarono testi
improvvisati. Le terribili condizioni di vita di quei prigionieri, a
migliaia di chilometri da casa, trovano nella asciutta armonizzazione un’eco di assoluta drammaticità.
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La mia bela la mi aspeta
Lombardia (Valcamonica) – Armonizzazione di Arturo Benedetti
Michelangeli
Canto di sicura antica origine, riscoperto e diffuso dopo l’ultimo
conflitto. Un tema melodico di popolaresca semplicità, nel suo
nobile, quasi funebre incedere: un grido di disperazione per il
forzato abbandono degli affetti familiari e della terra natale e per
la consapevolezza della tragedia della guerra e dell’incerto destino
del soldato. L’essenzialità dell’armonizzazione, consapevolmente
spoglia, che differenzia le tre strofe con semplici ma coinvolgenti
variazioni tonali, evidenzia con grande raffinatezza la tragica
grandezza del canto.
Dove sei stato mio bell’Alpino
Canto degli Alpini – Armonizzazione di Antonio Pedrotti
Musicalmente valido già nell’andamento melodico, questo canto
è ulteriormente valorizzato dalla raffinata armonizzazione che
affida al controcanto discendente dei baritoni e dei bassi il
compito di far risaltare maggiormente la linea melodica.
Tipico canto degli Alpini, di derivazione veneta, è cantato anche
con varianti riferite alle diverse zone di reclutamento alpino.
Al comando dei nostri ufficiali
Canto degli Alpini – Armonizzazione di Antonio Pedrotti
È uno dei canti nati o ripresi durante la Grande Guerra che, svolgendosi in gran parte sulle montagne, ha coinvolto pesantemente
le truppe alpine. In questo canto riecheggia la nostalgia di casa e
della propria terra, ma anche l’orgoglio di appartenere al glorioso
“corpo” degli Alpini. Nella raffinata armonizzazione la “coda”
a bocca chiusa accentua drammaticamente il contrasto tra gli
aspetti celebrativi del testo e la dura realtà della guerra.
L’artigliere
Canto degli Alpini – Armonizzazione di Luigi Pigarelli
Vivace e ingenuo canto che si presume nato fra le truppe alpine durante l’ultimo conflitto mondiale. La melodia è semplice
e piana e si adatta benissimo al testo sconclusionato e a volte
contraddittorio, tipico del folklore popolare.
E Cadorna manda a dire
Canto degli Alpini – Armonizzazione di Andrea Mascagni
Questo canto (versione modificata di Mamma mia, vienimi
incontro, canto dei soldati italiani in Africa nel 1896) è contenuto
nella raccolta di canti del tenente degli Alpini Pietro Jahier, con
le armonizzazioni del tenente Vittorio Gui, pubblicata a Trento
nel 1919.
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Era una notte che pioveva
Canto degli Alpini – Armonizzazione di Luigi Pigarelli
Il canto, di origine relativamente recente, rievoca i disagi dell’Alpino di guardia al fronte, mentre infuriano vento e tempesta.
Anche il riposo, alla fine del turno, è turbato dalla sofferenza, che
offusca e sovrasta perfino i ricordi più belli.
La melodia esemplare, a cadenza prettamente popolare, completa
degnamente il quadro evocativo tradizionale delle truppe alpine.
Sono un povero disertore
Lombardia – Armonizzazione di Luigi Pigarelli
Versione trentina di un tragicomico poemetto popolare portato
certamente in alta Italia dai cantastorie ambulanti. Naturalmente,
subì i più strani adattamenti durante il suo cammino per ogni
contrada della penisola.
L’armonizzazione porta la dedica dell’Autore a Silvio Pedrotti ed
è datata 12 febbraio 1947.
Ta-pum!
Canto degli Alpini – Armonizzazione di Antonio Pedrotti
Canto diffusosi durante la Grande Guerra ma forse risalente a un
tema originale dei minatori impegnati nel traforo del Gottardo. Il
testo narra le quotidiane vicende belliche degli Alpini, continuamente sottoposti alle fucilate del nemico. Il rumore dello sparo,
reso per l’appunto con la parola “ta-pum!”, accompagna ossessivamente tutte le strofe del canto.
La si taglia i biondi capelli
Trascrizione di Renato Dionisi
È la variante “militare” – nata sul Piave durante la Grande
Guerra – di un noto e antico canto popolare veneto. L’andamento
melodico, schiettamente popolaresco e perfettamente assecondato dall’armonizzazione di Renato Dionisi, accompagna la bella
storia della ragazza che affronta quattro anni di dura guerra
accanto al suo primo amore.
La penna dell’Alpino
Canto degli Alpini – Armonizzazione di Luigi Pigarelli
È un caratteristico canto degli Alpini, di cui non si conosce esattamente la provenienza, di epoca relativamente recente. La bellezza
della melodia si adatta efficacemente, con l’aiuto dell’armonizzazione, al testo, ingenuo ed evocativo a un tempo. Il richiamo alla
penna del cappello di ordinanza – e quindi alla sua simbologia – è
tipico dei canti degli Alpini.
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La sposa morta
Piemonte – Armonizzazione di Antonio Pedrotti
Questo canto piemontese ha raggiunto un livello raro tra le spontanee espressioni dei canti popolari. Un ampio ritmo funebre
accompagnato dall’ossessionante rintocco delle campane che
accoglie il ritorno dell’emigrante. Egli è colto da un triste presentimento: quel lugubre suono non gli dà pace. Giunto a casa trova
la spietata conferma: le campane accompagnano il funerale della
sua sposa. Un testo conciso ed essenziale sostenuto da un’armonizzazione incredibilmente scarna: è proprio questa apparente
povertà di mezzi che riesce a creare un’atmosfera di altissima
drammaticità.
Sui Monti Scarpazi
Romania 1914/1918 – Armonizzazione di Antonio Pedrotti
Questo canto ha origine tra i soldati trentini arruolati nell’esercito austro-ungarico e mandati a combattere sul fronte orientale
durante la Grande Guerra. Il dolore della sposa che trova, sul
campo di battaglia nella zona dei Carpazi, la croce indicante la
tomba del suo caro è reso potentemente sia dalla semplicità del
testo sia dalla struggente melodia. L’armonizzazione di Antonio
Pedrotti eleva poi il canto a un assoluto valore artistico.
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Non solo canti alpini. E non è l’ennesimo ammiccamento celebrativo al centenario della Grande Guerra. La poematica popolare
incarnata da quasi novant’anni dal Coro S.A.T. di Trento, fin
dagli inizi ebbe una parentela stretta con le emozioni cocenti,
seppure conservate ed espresse con riserbo anche se dolorosissime, scaturite dal tragico evento bellico. In Trentino, estremo
lembo meridionale dell’Impero, la Guerra iniziò nell’agosto del
1914 con gli arruolamenti coatti e l’invio dei coscritti nei lontani
fronti jugoslavi, di Galizia, verso i Carpazi (quindi finiti nei campi
di prigionia in Siberia). La disgraziata contabilità finale comprese
non solo morti, irredentismi perseguitati o soffocati nel sangue,
ma anche trasferimenti forzati della popolazione civile non militarmente utile nelle “città di legno” di Boemia, Moravia e Austria,
la distruzione totale di valli e paesi (da cui il dramma conseguente dell’emigrazione, altro tema forte dell’epopea popolare
della S.A.T.) e il rimpatrio posticipato di due anni dei prigionieri
dei fronti orientali. Anche i fondatori del coro, internati con la
famiglia nel campo di Mitterdorf dove appresero e memorizzarono (e poi, cantandole, le conservarono per sempre) le prime
melodie che hanno reso celebre il loro repertorio, crebbero col
fiato pesante della Guerra sul collo. Ma a quell’età, delle grandi
tragedie i ragazzi d’istinto conservano i frammenti comunque
spensierati, legati alla terra d’origine, alle sue leggende agropastorali; e credono nel domani.
Allo stesso modo il programma I Canti della Grande Guerra riassume e esorcizza l’epica bellica. Lo fa raggruppando alcune tra
le più belle opere di poesia musicale degli storici armonizzatori
“satini”: Antonio Pedrotti, Luigi Pigarelli, Renato Dionisi, Arturo
Benedetti Michelangeli e Andrea Mascagni. Ma al di là della
bellezza intrinseca e della commozione che susciteranno anche
in chi le scoprirà oggi, la proposta è documento intenso dei mille
piccoli drammi, individuali e diversamente strazianti, che i libri
di storia dedicati al più spaventoso dramma collettivo vissuto
dalla giovane nazione (che per la prima volta si affacciò tragicamente unita sul palcoscenico della storia) non hanno avuto modo
di raccontare così: semplicemente ma non banalmente. Senza
retorica né patriottismi o folklorismi logori.
Nati e intonati al fronte – anzi sui diversi fronti – in lunghe
e fradice nottate di sentinella, ritmati dal passo funesto della
cannonate, ora durante la marcia (ferroviaria o a piedi) di avvicinamento al confine o calati nella realtà sociale e sonora del
paese in cui si torna (inaspettatamente vivi, ma talvolta senza più
vita né felicità come nella Sposa morta, più spesso morti), I Canti
della Grande Guerra raccontano e testimoniano, in diretta e senza
politica, quanto umana e quotidiana, paesana e privata, sia stata
la tragedia mondiale 1914-1918. Il contenuto sembra quello delle
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migliaia di lettere, sgrammaticate ma tenere e sincere, spedite
dai soldati alla famiglia ma usa la via diretta e colloquiale del
canto insieme: non accademico ma “composto” e praticato con
professionalità. Carneficine e turni di guardia, assalti e caporetti,
colpi di mortaio e spari fanno da fondale inesorabile ma attutito
ai drammi veri di tutti: la paura, la solitudine, la nostalgia e il
ricordo della morosa. C’è la Rosina del primo canto – Sui monti
fioccano è un esempio perfetto di esorcizzazione nel ritmo lieve
e nel gioco delle voci a falsetto, del terrore dell’ignoto: le cime
innevate del fronte di destinazione – a cui scrivere la “littera”
ma con “le parole d’oro”. Ma anche la ragazza dai “biondi capelli” (La si taglia) il cui eroico affetto risulta paradossale e comico
come suggerisce il finale musicale stranito e dissonante, appena
rischiarato dai falsetti.
Da qui deriva l’epica dolente e amara, serena e bozzettistica,
rassegnata ma dignitosa, dei poemetti per voci maschili. L’epopea
è contadina e paesana più che militare: prostrata dalla disperazione e priva di risentimenti. L’atteggiamento fiero degli Alpini e
della gente di montagna crea una barriera di contegno: le angosce della guerra non intaccano la dignità dell’uomo, il sorriso del
padre, la nobiltà del buon comandante, l’ottimismo (o le gelosie)
del fidanzato o della morosa, l’affetto spasmodico eppure schivo
della mamma (ma lo strazio dell’esplosione corale “ho lasciato la
mamma mia” c’è tutto).
La guerra, così come la celebrano questi titoli, è una sventura infinita, da cui nessuno è indenne, ma anche l’invettiva
“Maledetta la sia questa guerra” (Sui Monti Scarpazi) vibra
addolorata più che astiosa. A leggere di seguito i testi di questa
letteratura pre-post-bellica spontanea che la moderna coralità
maschile ha trasformato in repertorio di studio e concerto, si
capisce quanto abbiano sofferto tutti i protagonisti di quelle
piccole, spesso funeste, storie. Ma si sorride, anche, e ci tocca
l’ingenuità schietta delle immagini, l’elementarità sana degli
affetti cantati. I loro anonimi autori esorcizzarono l’orrore vissuto e i ricordi luttuosi con una poesia rurale e ingenua, affidando
la memoria a melodie schiette, talvolta ricalcate su quelle di
precedenti canti di lavoro (Ta-pum) o di precedenti guerre (come
in E Cadorna manda a dire): i testi semplici, le rappresentazioni
paesane e contadine – gergali e ingenue – hanno disincentivato
paure e scostato atrocità. Così fecero i quattro ragazzi Pedrotti
quando nel 1918 lasciarono le baracche austriache per tornare
a Trento, segnati per sempre dalla Grande Guerra: avendo però
scoperto il valore salvifico e pacificante dell’autentica poesia
popolare cantata in coro.
Angelo Foletto
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Il Coro della S.A.T. (Sezione della Società degli Alpinisti
Tridentini) è nato a Trento nel 1926: risale infatti al 25 maggio
di quell’anno la prima esibizione ufficiale del Coro con la denominazione di Coro della S.O.S.A.T. che mantenne fino ai primi
anni Trenta.
Fondatori e animatori ne furono i fratelli Enrico, Mario, Silvio e
Aldo Pedrotti che, insieme a un gruppo di amici progressivamente
cresciuto, inventarono un nuovo modo di cantare e interpretare il
patrimonio della tradizione e della cultura popolare. L’iniziativa
artistica non tardò a interessare il mondo musicale, tanto che
iniziò quasi immediatamente la collaborazione con musicisti
come Luigi Pigarelli e Antonio Pedrotti: questi ebbero il grande
merito di comprendere l’inventiva e la novità interpretativa del
Coro, valorizzandole sapientemente dal punto di vista tecnico.
Il Coro è andato ampliando sempre più il repertorio, formato in
massima parte da canti del popolo tramandati di generazione in
generazione, mediante una ricerca sistematica del canto popolare, in particolare nella propria zona di origine – il Trentino – ma
spaziando anche in altre regioni d’Italia e fuori dai confini nazionali.
Si allargò gradatamente anche l’elenco dei musicisti che trovavano vivo interesse nell’attività del Coro, arricchendolo di nomi
di prestigio internazionale quali Renato Dionisi, Arturo Benedetti
Michelangeli, Andrea Mascagni, Bruno Bettinelli, Aladar Janes,
Renato Lunelli, Giorgio Federico Ghedini, Lino Liviabella, Teo
Usuelli: tutti firmarono numerose armonizzazioni dei canti popolari espressamente dedicate al Coro della S.A.T. Anche la critica
ad alto livello si è interessata al “fenomeno S.A.T.” e segnatamente Massimo Mila, nome tra i più prestigiosi tra i musicologi,
definì il Coro “il Conservatorio delle Alpi”. Più recentemente,
altri nomi si sono aggiunti all’elenco: Giovanni Veneri, Luciano
Chailly, Mauro Zuccante, Armando Franceschini, Bruno Zanolini,
Sandro Filippi – tutti musicisti di prestigio – hanno arricchito il
repertorio del Coro con le loro elaborazioni.
Merita di essere segnalato in modo particolare il rapporto del
Coro con Arturo Benedetti Michelangeli, che elaborò ben 19 canti
popolari nell’arco di 40 anni: lavori che rappresentano un fatto
assolutamente eccezionale, perché costituiscono l’unica attività
compositiva dell’artista. Nel 1997 questi gioielli musicali sono
stati nuovamente registrati e riuniti in un cd che rappresenta la
prima monografia nella storia discografica del Coro.
La speciale attenzione riservata al Coro da prestigiosi esponenti del
mondo musicale, il valore artistico assoluto delle armonizzazioni e
il livello di qualità esecutiva e interpretativa, oltre a distinguerlo da
ogni altro complesso del genere, testimoniano il suo superamento
dei limiti della definizione di “coro popolare” o “coro di montagna” e il raggiungimento di un prestigio consolidato nell’ambito
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della musica “colta”. In oltre 85 anni di attività, il Coro della
S.A.T. ha effettuato circa 2000 concerti in moltissime città italiane e in parecchie capitali europee (Parigi, Berlino, Amsterdam,
Bruxelles, Vienna, Copenhagen, Mosca, Praga), sempre in sale
di grande prestigio; si è spinto anche oltre oceano, portando il
proprio messaggio in Canada, negli Stati Uniti, in Messico, in
Brasile e nella Corea del Sud. Ha una vasta discografia – le prime
registrazioni risalgono al 1933 – che comprende oggi oltre 250
canti. Fra le più recenti produzioni spiccano il doppio cd realizzato in occasione del 70º anno di attività (1996), le raccolte monografiche dedicate ai canti armonizzati rispettivamente da Antonio
Pedrotti (2001), Renato Dionisi (2003) e Luigi Pigarelli (2005), il
cd di canti natalizi Natal! (2009) e il cd Coro S.A.T. 2013.
Naturalmente, per ragioni anagrafiche il Coro ha gradatamente
rinnovato il proprio patrimonio umano; ma, pur nell’inevitabile
mutazione fisica, il Coro della S.A.T. prosegue sulla strada tracciata dai fondatori, mantenendo immutati il suono e lo spirito,
continuamente assorbiti dai nuovi elementi mediante un processo di assimilazione che si avvale di una preziosa eredità culturale,
artistica e umana.
Mauro Pedrotti è nato a Trento il 30 gennaio 1946. Ha compiuto
gli studi universitari presso l’Università di Padova, sede distaccata
di Verona, presso la facoltà di Economia e Commercio e gli studi
di pianoforte presso il Liceo musicale “Gianferrari” di Trento.
Dal 1988 è direttore artistico del Coro della S.A.T. di Trento, del
quale ha fatto parte come corista dal 1965, e dal 1992 è presidente della Fondazione Coro della S.A.T. È stato inoltre presidente
dell’Associazione Culturale Antonio Pedrotti (ente organizzatore
del Concorso internazionale per direttori d’orchestra) dal 1995 al
2003. Gli sono stati conferiti i titoli di Cavaliere e di Ufficiale al
merito della Repubblica Italiana.
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