Un`analisi dei rendimenti delle small cap quotate in Italia e

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Un`analisi dei rendimenti delle small cap quotate in Italia e
SMALL CAP INVESTING:
Un'analisi dei rendimenti delle small cap quotate in Italia e
comparazione con il Private Equity
Alberto Dell'Acqua
Massimiliano Barabino
Pubblicato su Economia & Management, n.5/2011.
Per la versione originale è necessario fare riferimento alla rivista editata.
1
1. Introduzione
Lo small cap effect è quel fenomeno rilevato sul mercato azionario per cui i titoli a più
bassa capitalizzazione tendono a sovra-performare rispetto ai titoli a maggiore
capitalizzazione e rispetto all'indice di mercato. Il nostro lavoro di ricerca si pone
l'obiettivo di testare la presenza dello small cap effect sul mercato azionario italiano,
come fondamento razionale per un'attività d'investimento specificatamente dedicata al
segmento delle PMI quotate in Borsa, e di confrontare i rendimenti di un portafoglio
small cap con quelli di un investimento comparabile, rappresentato dalle performance
dei fondi di Private Equity italiani. In conclusione del lavoro esamineremo le possibili
conseguenze gestionali delle nostre evidenze per il management dell'industria
finanziaria nel contesto attuale del mercato azionario italiano.
2. L'extra-rendimento dei titoli a bassa capitalizzazione: evidenze empiriche
e determinanti
Evidenziando nel più noto dei suoi studi l’esistenza di una relazione inversa tra
capitalizzazione e rendimento, Banz (1981) fu il primo a far emergere la presenza di uno
small cap effect nel mercato statunitense. Egli osservò come le azioni delle società a più
bassa capitalizzazione avevano mediamente ottenuto rendimenti più elevati rispetto alle
azioni delle società ad alta capitalizzazione. Il fenomeno è stato oggetto di un ampio
dibattito nel corso degli anni: inizialmente è stato classificato come un'evidenza
segnaletica di un'inefficienza di mercato ma studi successivi sembrano aver dimostrato
come una serie di fattori, propri di un investimento in small cap, siano in realtà in grado
di giustificare tale extra-rendimento. I principali fattori in grado di spiegare il sovrarendimento dei titoli a più bassa capitalizzazione sono il maggiore rischio non catturato
dai più noti modelli di rischio-rendimento, i maggiori costi di transazione, la presenza di
un’informazione limitata e l'illiquidità dei titoli small cap. Banz (1981) e Reinganum
(1981) furono i primi a giustificare la presenza dell’extra-rendimento con il maggiore
rischio caratterizzante una società a bassa capitalizzazione: i loro studi confermavano la
presenza di un sovra-rendimento dei titoli a bassa capitalizzazione anche in presenza di
2
rendimenti azionari risk adjusted. A sostenere che le small cap incorporassero un
maggiore rischio fu anche Chan (1985), il quale espose come le aziende a più bassa
capitalizzazione fossero soggette ad un tasso di fallimento relativamente elevato: l’extrarendimento non era altro che una compensazione per il maggiore rischio. Le aziende a
bassa capitalizzazione sembrano quindi incorporare un maggiore rischio, che sarebbe in
grado di giustificare una parte dell’extra-rendimento offerto dalle small cap. Tuttavia, lo
small cap effect persiste anche dopo avere considerato rendimenti aggiustati per il
rischio. I costi di transazione rappresentano un altro fattore individuato per la
spiegazione dello small cap effect. Le small cap infatti sono caratterizzate da maggiori
costi di transazione dovuti al maggiore spread bid/ask, in parte conseguenza della
minore liquidità. A considerare per primi l’effetto dei costi di transazione furono Stoll e
Whaley (1982) che replicarono gli studi effettuati da Banz (1981) e Reinganum (1981)
introducendo i costi di transazione. I due autori utilizzarono i dati delle società quotate al
NYSE nel periodo compreso tra il 1960 e il 1979. I costi di transazione per una small cap
risultarono essere più del doppio di quelli per una big cap. Considerando il rendimento al
netto dei costi di transazione l’extra-rendimento offerto dal portafoglio composto dalle
small cap si annullò completamente e si delineò il fenomeno opposto: il portafoglio
composto dalle big cap sovra-performava il portafoglio composto dalle small cap
mediamente del 17% su base annuale. Gli stessi autori tuttavia dimostrarono come
semplicemente prolungando il periodo di detenzione dei titoli (c.d. holding period) si
potessero osservare nuovamente i risultati ottenuti da Banz (1981) e Reinganum (1981),
confermando la presenza di uno small cap effect di medio-lungo termine. Altri studi sono
stati orientati all’analisi dell’informazione limitata come motivazione alla base dello small
cap effect. Klein e Bawa (1977) mostrarono come le azioni delle società per le quali
erano disponibili poche informazioni offrissero un rendimento maggiore rispetto alle
azioni delle società per le quali era disponibile una grande quantità di informazioni.
Infatti, avendo a disposizione una grande quantità di informazioni riguardo una società, il
mercato dovrebbe essere in grado di prezzarne correttamente le azioni, che dovrebbero
quindi offrire extra-rendimenti aggiustati per il rischio prossimi a zero. D’altra parte,
avendo a disposizione poche informazioni sulla società, vi è un rischio maggiore di
valutarne erroneamente il valore e il potenziale. Perciò tale rischio di stima, dovrebbe
portare un investitore a richiedere un premio supplementare, un extra-rendimento per
compensare l’assenza di informazioni. Di questo fenomeno, denominato neglected
effect, si occuparono anche Arbel e Strebel (1983) che, analizzando i titoli quotati tra il
3
1970 e il 1979, dimostrarono come un portafoglio composto dalle aziende seguite dal
minor numero di analisti aveva offerto mediamente un extra-rendimento annuale del
10,7% rispetto ad un portafoglio composto dalle aziende seguite dal maggior numero di
analisti. Ulteriori verifiche sono state eseguite nel corso degli ultimi anni su diversi
mercati internazionali, tra queste riteniamo necessario citare il lavoro di Fama e French
(1992) che ha introdotto una nuova metodologia (c.d. "three factor model") per
analizzare i rendimenti dei titoli azionari: tale metodo è stato successivamente impiegato
da molti autori per verifiche empiriche. Rathinasany e Mantripragada (1996) hanno
anch'essi analizzato lo small cap effect attraverso misure innovative (Treynor e Sharpe
portfolio index) confermando la presenza di un extra-rendimento rispetto al rischio delle
small cap, con la sola eccezione dei rendimenti nel mese di Gennaio. Attraverso
l'applicazione di modelli econometrici più sofisticati Timmermann e Quiros (2000) sono
pervenuti ad analoghe conclusioni evidenziando come l'extra-rendimento dei titoli small
cap si amplifichi in periodi di recessione ed espansione economica. L'elevato numero di
studi sul tema rende tuttavia difficile proporre in questa sede un esaustivo lavoro di
sintesi dell'intera letteratura di riferimento, ci limitiamo pertanto a fornire nella tabella 1 i
dati più significativi delle principali evidenze empiriche sul mercato statunitense. Altri
riscontri dello small cap effect sono riportati anche da studi effettuati su mercati diversi
da quello statunitense (Annaert et al. (2002); Bauer et. al. (2010)), mentrenon è stato
rilevato nessuno analogo studio sul mercato azionario italiano nella letteratura di
riferimento. Il nostro studio che ha l'obiettivo di verificare la presenza dello small cap
effect sul mercato italiano e di sottolineare le possibili ricadute manageriali assume
pertanto un carattere di innovatività e può essere utile al fine di comprendere ed
orientare l'attività d'investimento degli investitori che operano sul mercato italiano
nonché stimolare ulteriori ricerche su questa tematica.
4
Tabella 1. - Le principali evidenze empiriche dell'extra-rendimento dei titoli a bassa capitalizzazione nei mercati azionari
statunitensi
Extrarendimento
mensile
Extrarendimento
annuale
Periodo
analizzato
Mercato analizzato
0,4%
4,8
1963-1975
NYSE
Reinganum(1981)
2%
20%
1963-1977
NYSE e AMEX
Roll (1981)
n.d.
18%
1962-1977
NYSE
Brown, Kleydon e Marsh (1983)
1,85%
n.d.
1962-1978
NYSE
Keim (1983)
2,52%
n.d.
1963-1979
NYSE
Chen e Hsieh (1985)
2%
n.d.
1958-1977
NYSE
Lamoureux e Sanger (1989)
2%
n.d.
1973-1985
Nasdaq
Lamoureux e Sanger (1989)
1,7%
n.d.
1973-1985
NYSE/AMEX
Fama e French (1992)
0,63%
n.d.
1962-1990
NYSE/AMEX/Nasdaq
Hawawini e Keim (1992)
n.d.
7,9%
1951-1989
NYSE/AMEX
Hawawini e Keim (1998)
n.d.
8,8%
1962-1994
NYSE/AMEX
Dijk (2007)
n.d.
6,8%
1927-2006
NYSE/AMEX/Nasdaq
Autore
Banz (1981)
Fonte: nostra elaborazione su The Size Effect Paradox, van Dijk (2007) ed altri contributi in letteratura (2010).
5
3. Obiettivi, struttura e dati della ricerca
L'obiettivo della nostra ricerca è verificare la presenza o meno di un sovra-rendimento
delle small cap sul mercato azionario italiano. La metodologia di ricerca è analoga a
quella impiegata da Banz (1981) sul mercato azionario statunitense. L'analisi è stata
pertanto suddivisa in tre fasi:
i.
Nella prima fase sono analizzati mediante grafici ad istogrammi i rendimenti di
tutte le azioni quotate suddivisi per dieci decili dimensionali, per verificare la
presenza di una relazione tra il rendimento e la capitalizzazione. Il risultato atteso
da questa fase è la conferma o la negazione dello small cap effect sul mercato
azionario italiano. 1
ii. La seconda fase prevede un’analisi comparata dei rendimenti del portafoglio
costituito dai titoli di minore dimensioni (“small”), di quello formato dai titoli a
capitalizzazione più elevata (“big”) e dell’indice di mercato MSCI Italia, in modo
da esaminare la presenza di sovra rendimenti in vari periodi di detenzione (c.d.
holding period).
iii. La terza fase consiste nell'introdurre i costi di transazione nel modello d’analisi
per comprendere come si modifichino i rendimenti dei titoli a bassa
capitalizzazione includendo tale ulteriore effetto.
Il campione dell'analisi è costituito da tutte le azioni ordinarie quotate sul mercato
azionario italiano nel periodo 21 Dicembre 1988 - 21 Dicembre 2009, per un orizzonte
temporale complessivo di 21 anni (252 mesi). Il totale delle società considerate è di 560,
avendo compreso anche quelle non più quotate alla data di svolgimento della ricerca.
Per definire la grandezza di una società è stata utilizzata la capitalizzazione di mercato,
definita dal prodotto tra il prezzo dei titoli azionari ed il numero delle azioni:
1
La capitalizzazione di mercato è stata impiegata in numerosi studi come parametro di misura della dimensione
d'impresa per testarne la relazione con i rendimenti azionari. Alcuni studiosi, in particolare Berk (1995) hanno evidenziato
una serie di limiti nell'utilizzo della capitalizzazione di mercato come misura adeguata della dimensione d'impresa,
impiegando misure alternative per la definizione del parametro dimensionale. Ciononostante nel nostro studio abbiamo
deciso di confermare l'utilizzo di tale misura poiché a nostro avviso coerente con i principali studi cui facciamo riferimento
(Banz, Reinganum, 1981), nonché con le prassi dell'industria finanziaria per la segmentazione su base dimensionale dei
titoli azionari.
6
MVt = (Pt)*(Nt) 2
(1.)
Per i rendimenti dei titoli è stato preso in considerazione il total shareholder return che,
oltre al prezzo dei titoli azionari, tiene conto anche dei dividendi pagati:
Rt = ((PtNt-Pt-1Nt-1)/Pt-1Nt-1) + DtNt/ Pt-1Nt-1 3
(2.)
Come indice di riferimento è stato impiegato l’indice MSCI Italia, comprendente tutti i
titoli italiani quotati sui segmenti mercati principali ed esistenti nei periodi dell’analisi
(MTA, Nuovo Mercato ed Expandi). Tutti i valori sono stati rilevati mensilmente, nel
giorno 21 di ogni mese (fonte: Datastream). 4
4. Metodologia della ricerca
4.1 La relazione tra capitalizzazione e rendimento
Per verificare la relazione tra capitalizzazione e rendimento dei titoli quotati in Italia e
testare la presenza di uno small cap effect si è proceduto nel modo seguente:
mensilmente, tutte le azioni sono state ordinate a seconda della capitalizzazione e
suddivise in decili. Ogni decile è andato a costituire un portafoglio di titoli, ricomposto su
base mensile. Ad ogni portafoglio è stato poi attribuito un numero in ordine crescente:
con il numero “1” si identifica il portafoglio composto dalle aziende a più bassa
capitalizzazione, con il numero “10” il portafoglio composto dalle aziende a più alta
capitalizzazione.
2
3
P = Prezzo unitario azione; N = Numero azioni.
R = Total Shareholder Return; D = Dividendo per azione.
4
Per i valori antecedenti al 1999, e quindi espressi in lire, si è proceduto alla conversione in euro, secondo il
cambio 1 euro = 1936,27 lire.
7
4.1.1. Risultati dell'analisi
In Figura 1. sono presentati i rendimenti medi attesi comparati ai rendimenti medi
riscontrati nella realtà ed è riportato il rendimento medio dell’indice MSCI Italia come
termine di paragone. 5
Figura 1. - Confronto tra relazione teorica (retta di regressione) e rendimenti medi reali dei titoli azionari quotati sul
mercato azionario italiano (1988-2009)
Fonte: Nostre elaborazioni (2010).
Dall'analisi grafica della figura emerge che:
-
I titoli appartenenti al portafoglio “1”, ossia quello composto dalle società a più
bassa capitalizzazione, sovra-performano in maniera significativa l’indice di
mercato e tutti gli altri titoli del campione;
-
Non vi è però un rendimento inversamente proporzionale alla capitalizzazione
così come definito dalla retta di regressione. Fatta eccezione per i titoli
appartenenti al portafoglio “1”, tutti gli altri titoli non sembrano avere un
rendimento crescente al diminuire della capitalizzazione.
5
Tutti i rendimenti sono espressi su base mensile. I rendimenti medi attesi sono stati estrapolati mediante l’impiego
della retta di regressione avente come variabile dipendente il rendimento azionario e come variabile indipendente la
capitalizzazione di mercato. Tale retta di regressione definisce la relazione “teorica” e lineare tra rendimento azionario
e capitalizzazione di mercato.
8
La retta tracciata dalla regressione sembra dunque catturare un trend influenzato
principalmente
dal
notevole
extra-rendimento
offerto
dai
titoli
a
più
bassa
capitalizzazione. La relazione lineare non appare comunque la più adatta ad esprimere
la relazione tra capitalizzazione e rendimento. Sebbene non di natura lineare come
inizialmente ipotizzato, abbiamo potuto comunque osservare una relazione inversa tra
rendimento e capitalizzazione, che ha portato le azioni a più bassa capitalizzazione ad
ottenere il rendimento più alto in assoluto, sovra-performando anche l’indice di mercato.
Nel periodo considerato dalla nostra analisi la presenza di uno small-cap effect nel
mercato italiano è di conseguenza confermata.
4.2. Il confronto tra portafogli "small" e "big"
I risultati preliminari sono stati ulteriormente indagati attraverso la costruzione di due
portafogli d’investimento estratti dal campione d'analisi e rappresentati dai soli titoli di più
bassa e più alta capitalizzazione. L'obiettivo è comprendere la relazione tra
capitalizzazione e rendimento in differenti holding period. I due portafogli esaminati,
indicati con le sigle “SMALL_1” e “BIG_10”, sono rappresentati rispettivamente dal
decile comprendente le aziende a più bassa capitalizzazione e dal decile comprendente
le aziende a più alta capitalizzazione. L'analisi consiste nel confronto dei rendimenti
ottenuti dai due portafogli, ipotizzando sempre un continuo reinvestimento degli utili e
dei dividendi, in considerazione di diversi holding period (1 mese, 3 mesi, 1 anno, 3 anni,
5 anni, 7 anni e 10 anni) per osservare come e se la significatività dello small-cap effect
cambi a seconda dell’orizzonte temporale.
9
Tabella 3. Confronto tra i rendimenti medi dei portafogli “SMALL_1” e “BIG_10” nei diversi holding period
Holding
Period
Numero
osservazioni
1 mese
3 mesi
1 anno
3 anni
5 anni
7 anni
10 anni
252
250
240
216
192
168
132
SovraSovraRendimento Rendimento Rendimento
rendimento rendimento
medio
medio
medio
SMALL_1 vs SMALL_1 vs
SMALL_1
BIG_10
MSCI Italia
BIG_10
MSCI
1,58%
5,22%
22,33%
104,06%
253,64%
432,94%
765,27%
0,67%
2,04%
8,35%
37,86%
70,52%
103,54%
183,79%
0,73%
2,18%
8,34%
36,08%
69,07%
104,82%
179,43%
0,91%
3,18%
13,98%
66,20%
183,12%
329,40%
581,48%
0,85%
3,04%
13,99%
67,98%
184,57%
328,12%
585,84%
Fonte: Nostre elaborazioni (2010).
4.2.1. Risultati dell'analisi
I risultati dei due portafogli, riportati unitamente ai rendimenti medi dell’indice MSCI Italia
nella Tabella 3., permettono di osservare come il rendimento medio ottenuto dal
portafoglio “SMALL_1” sia superiore a quello ottenuto dal portafoglio “BIG_10” e
dall’indice di mercato per tutti gli holding period. Il sovra-rendimento appare ancora più
significativo se consideriamo l'intero periodo preso in esame: ipotizzando di aver
investito 100 in ciascuno dei due portafogli e nell’indice di mercato in data 21 Dicembre
1988, è possibile determinare il capitale finale accumulato. La Figura 2. mostra il valore
al 21 Dicembre 2009 del tale capitale investito nelle tre alternative.
10
Figura 2. – Confronto tra il rendimento cumulato di un investimento iniziale di 100 in small cap, in big cap e nell’indice di
mercato in Italia (1998-2009)
Fonte: Nostre elaborazioni (2010).
Al 21 dicembre 2009, ultima data del nostro rilevamento, il portafoglio “SMALL_1” valeva
ben 2.322, contro un valore di soli 292 per il portafoglio “BIG_10” e di 339 per l’indice
MSCI Italia. 6 Qualunque sia l’orizzonte temporale considerato, le small cap sembrano
offrire un extra-rendimento elevato sia nei confronti del portafoglio “BIG_10” che
dell’indice di mercato. Definitone la misura, riportiamo inoltre i risultati della frequenza di
questo extra-rendimento. La Tabella 4. illustra la frequenza percentuale di rendimenti del
portafoglio “SMALL_1” superiori ai rendimenti del portafoglio “BIG_10” e dei rendimenti
dell’indice MSCI Italia, considerando i differenti holding period.
6
Come possiamo osservare l’indice MSCI Italia ha un andamento molto simile al portafoglio composto da big
cap. Ciò è dovuto al fatto che l’MSCI Italia è un indice value-weighted, pertanto il peso di ciascun titolo risulta
proporzionale alla capitalizzazione, con la conseguenza che i titoli a più alta capitalizzazione hanno un peso notevole
sulla composizione dell’indice, contro il peso quasi ininfluente dei titoli a più bassa capitalizzazione.
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Tabella 4. - Frequenza di sovra-rendimento del portafoglio “SMALL_1” rispetto al portafoglio “BIG_10” e all’indice MSCI
Italia nei diversi holding period
Holding Period
Numero
osservazioni
1 mese
3 mesi
1 anno
3 anni
5 anni
7 anni
10 anni
252
250
240
216
192
168
132
Volte nelle quali
Rend. SMALL_1 >
Rend. BIG_10 in %
Volte nelle quali
Rend. SMALL_1 >
Rend. MSCI in %
50%
54,40%
50%
56,40%
70,53%
70,12%
75,16%
84,34%
98,88%
100%
74,76%
74,97%
95,29%
100%
Fonte: Nostre elaborazioni (2010).
Possiamo osservare come all’aumentare dell’holding period aumenta la percentuale di
volte nelle quali il portafoglio “SMALL_1” registra una performance più elevata del
portafoglio “BIG_10” e dell’indice MSCI Italia. 7
4.3. L’analisi dei costi di transazione
Per rendere ancor più aderente alla realtà ed “operativa” la nostra analisi abbiamo
successivamente analizzato l’impatto dei costi di transazione sui rendimenti dei
portafogli small cap. L’obiettivo è verificare se in presenza di costi di transazione,
normalmente più elevati per le società di minore capitalizzazione data la minore liquidità
e gli spread bid/ask più ampi, l’effetto small cap tenda ad annullarsi. L'analisi dell'impatto
dei costi di transazione ha richiesto l'inserimento di alcune specifiche ipotesi:
-
una ricomposizione del portafoglio annuale;
7
Infatti, se per un holding period di un mese il portafoglio “SMALL_1” ha performance superiori del portafoglio
“BIG_10” e dell’indice solo nel 50% dei casi, ovvero una volta su due, mostrando una sostanziale parità e quindi
imprevedibilità, per un holding period pari o superiore ad un anno questa percentuale è sempre maggiore del 70%, sino
ad essere addirittura del 100% per un holding period di 10 anni.
12
-
un numero di società comprese nel portafoglio small e big pari a 25 8;
-
un holding period di 10 anni;
-
costi di transazione per un’operazione completa di acquisto e vendita pari al 4%
per una small-cap e all’1,5% per una big-cap9.
Successivamente sono stati composti un portafoglio “SMALL”, comprendente le 25
aziende a più bassa capitalizzazione, e un portafoglio “BIG”, comprendente le 25
aziende a più alta capitalizzazione. I portafogli hanno un valore iniziale di 1.000, un
orizzonte temporale di 10 anni e sono ricomposti su base annuale. 10 Per avere un valido
termine di paragone è ipotizzato un eguale investimento nell’indice MSCI Italia.
Attraverso queste ipotesi è possibile esaminare l'impatto dei costi di transazione prima
menzionati sui rendimenti dei portafogli. 11
4.4.1. Risultati dell'analisi
I costi di transazione hanno avuto un impatto sul valore finale del portafoglio “SMALL”
mediamente pari a 921 e hanno determinato una diminuzione media del rendimento
annuale dell’1,63%, mentre hanno avuto, mediamente, un impatto sul valore finale di un
8
Pari a circa il 10% di 253, il numero medio di titoli quotati nel periodo considerato. Un portafoglio composto da
un numero di titoli fisso e non più pari al 10% di tutte le azioni quotate ci permetterà di limitare le operazioni all’acquisto e
alla vendita dei titoli che entrano od escono dal portafoglio, eliminando la necessità di un bilanciamento continuo di tutti i
titoli. Questo, insieme ad una ricomposizione annuale anziché mensile, ci permette di considerare un impatto dei costi di
transazione coerente con un modello d'investimento con obiettivi di medio-lungo periodo.
9
Pari al 2% per ogni singola operazione di acquisto o vendita di una small-cap e allo 0,75% di una big-cap. Tale
costo incorpora le commissioni e lo spread bid-ask. Fonte: Keim, Madhavan (1998).
10
La ricomposizione servirà non solo per introdurre i nuovi titoli quotati ed eliminare quelli non più quotati, ma
anche per vendere i titoli che cessano di avere le caratteristiche per appartenere a un portafoglio e introdurre quelle che
invece le acquisiscono. Alla fine di ogni anno il valore dei titoli dismessi sarà suddiviso equamente tra i nuovi titoli
acquistati.
11
Prendendo ad esempio un portafoglio “SMALL”: i costi di transazione saranno pari a 20 (il 2% di 1000) al
momento della composizione, al 4% del valore dei titoli oggetto di turnover (il 2% per la vendita dei vecchi titoli più il 2%
per l’acquisto dei nuovi titoli) al termine di ognuno dei primi nove anni, al 2% del valore finale al momento della
liquidazione, al termine del decimo e ultimo anno.
13
portafoglio “BIG” pari a 99 e hanno determinato una riduzione del rendimento annuale
solo dello 0,39% (si veda Tabella 6.). L’impatto annuale dei costi di transazione sul
portafoglio “SMALL” è stato più che quadruplo rispetto all’impatto su un portafoglio
“BIG”. Ciò è dovuto a due ragioni: la maggiore incidenza dei costi e il maggiore turnover
di titoli in un portafoglio composto da small cap.
Mediamente, ogni anno, in un
portafoglio “SMALL” sono sostituite 7 aziende, contro le 4 che sono sostituite in un
portafoglio “BIG”. Nonostante ciò, i portafogli che investono in small cap mantengono un
rendimento medio annuale del 19,21%, con un sovra-rendimento pari al 9,64% rispetto
ai portafogli che investono in big cap e al 9,33% rispetto all’indice MSCI Italia.
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Tabella 6. - Confronto tra i rendimenti netti del portafoglio “SMALL”, “BIG” e dell’ indice MSCI Italia (1988-2009)
SMALL
Periodo
Valore
finale
dic-88 dic-98
mar-89 mar-99
giu-89 giu-99
set-89 set-99
dic-89 dic-99
mar-90 mar-00
giu-90 giu-00
set-90 set-00
dic-90 dic-00
mar-91 mar-01
giu-91 giu-01
set-91 set-01
dic-91 dic-01
mar-92 mar-02
giu-92 giu-02
set-92 set-02
dic-92 dic-02
mar-93 mar-03
giu-93 giu-03
set-93 set-03
dic-93 dic-03
mar-94 mar-04
giu-94 giu-04
set-94 set-04
dic-94 dic-04
mar-95 mar-05
giu-95 giu-05
set-95 set-05
dic-95 dic-05
mar-96 mar-06
giu-96 giu-06
set-96 set-06
dic-96 dic-06
mar-97 mar-07
giu-97 giu-07
set-97 set-07
dic-97 dic-07
mar-98 mar-08
giu-98 giu-08
set-98 set-08
dic-98 dic-08
mar-99 mar-09
giu-99 giu-09
set-99 set-09
dic-99 dic-09
Media periodo
3936
3524
2409
2791
3311
6565
4295
6946
7437
6698
5150
5254
7418
8274
5619
6995
7258
7931
5313
6361
9382
7580
4321
5618
6953
8224
7086
8828
8773
11303
9629
10191
11888
11406
11208
9432
7559
3383
3573
3491
2694
2548
2637
2612
2666
6366
MSCI Italia
BIG
ExtraExtraRendimento Valore Rendimento Valore Rendimento rendimento rendimento
SMALLvsBIG SMALLvsMSCI
annuale
finale
annuale
finale
annuale
14,69%
13,42%
9,19%
10,81%
12,72%
20,70%
15,69%
21,39%
22,22%
20,95%
17,81%
18,04%
22,19%
23,53%
18,84%
21,47%
21,92%
23,01%
18,18%
20,32%
25,09%
22,45%
15,76%
18,84%
21,40%
23,46%
21,63%
24,33%
24,26%
27,44%
25,42%
26,13%
28,09%
27,56%
27,34%
25,16%
22,42%
12,96%
13,58%
13,32%
10,42%
9,80%
10,18%
10,08%
10,30%
19,21%
2353
2581
2460
1972
2563
3024
2996
3662
4370
2740
2923
1967
3711
2857
2845
2618
3044
1985
2353
2269
2843
2026
2173
2239
3190
2793
2888
3213
4399
3833
3413
4349
5841
3656
3293
3070
3227
1379
1268
1703
1142
694
861
1143
1144
2690
8,94%
9,95%
9,42%
7,02%
9,87%
11,70%
11,60%
13,86%
15,89%
10,61%
11,32%
7,00%
14,01%
11,07%
11,02%
10,10%
11,77%
7,09%
8,93%
8,54%
11,01%
7,32%
8,07%
8,39%
12,30%
10,82%
11,19%
12,38%
15,97%
14,38%
13,06%
15,83%
19,30%
13,84%
12,66%
11,87%
12,43%
3,26%
2,40%
5,47%
1,33%
-3,59%
-1,49%
1,35%
1,36%
9,57%
3218
3461
3314
2605
3070
4020
3384
4315
5412
3885
3608
2728
3672
3640
3317
3491
3164
2402
2616
2190
2669
2177
2131
2237
2734
2804
2864
2996
3529
3440
3034
3621
3570
3166
3304
2650
2367
1478
1242
1298
876
641
835
1042
969
2782
12,40%
13,22%
12,73%
10,05%
11,87%
14,93%
12,97%
15,74%
18,39%
14,53%
13,69%
10,56%
13,89%
13,79%
12,74%
13,32%
12,21%
9,16%
10,10%
8,16%
10,32%
8,09%
7,86%
8,38%
10,58%
10,86%
11,10%
11,60%
13,44%
13,15%
11,74%
13,73%
13,57%
12,22%
12,70%
10,24%
9,00%
3,98%
2,19%
2,65%
-1,32%
-4,35%
-1,78%
0,41%
-0,31%
9,88%
5,75%
3,48%
-0,23%
3,79%
2,85%
9,00%
4,09%
7,53%
6,33%
10,34%
6,49%
11,04%
8,17%
12,46%
7,82%
11,37%
10,15%
15,91%
9,24%
11,79%
14,08%
15,13%
7,69%
10,44%
9,10%
12,64%
10,44%
11,95%
8,29%
13,06%
12,35%
10,30%
8,79%
13,72%
14,68%
13,29%
9,99%
9,70%
11,18%
7,85%
9,08%
13,40%
11,67%
8,73%
8,94%
9,64%
2,29%
0,20%
-3,54%
0,76%
0,85%
5,78%
2,73%
5,64%
3,82%
6,41%
4,12%
7,49%
8,30%
9,74%
6,10%
8,16%
9,71%
13,85%
8,08%
12,17%
14,78%
14,36%
7,90%
10,45%
10,82%
12,59%
10,53%
12,74%
10,81%
14,29%
13,68%
12,40%
14,52%
15,34%
14,64%
14,92%
13,42%
8,98%
11,39%
10,67%
11,74%
14,16%
11,97%
9,67%
10,62%
9,33%
Fonte: Nostre elaborazioni (2010).
15
5. La comparazione con i rendimenti del Private Equity
Per offrire maggiori spunti all'interpretazione dei risultati della nostra analisi nell’ottica
delle ricadute gestionali sull'industria finanziaria, abbiamo ritenuto interessante
comparare i rendimenti di una strategia di investimento in small cap quotate con i
rendimenti ottenibili investendo in fondi di Private Equity italiani. Le due strategie di
investimento presentano delle analogie e delle differenze. Le analogie sono ascrivibili
alla ricerca di opportunità d’investimento in società di piccola e media dimensione e la
maggiore enfasi sulla capacità del gestore di individuare le migliori opportunità
d'investimento rispetto a gestioni passive e benchmark driven. Le differenze sono
rintracciabili nella sostanziale illiquidità dell'investimento in fondi di Private Equity rispetto
all'investimento
in
società
small
cap
quotate
e ai meccanismi di
controllo
dell'investimento che nel caso del Private Equity sono demandati agli investment
manager mentre nel caso di investimenti sul mercato azionario sono guidati dai
regolamenti di comunicazione delle informazioni tra società quotate e mercato.
Considerando solamente il profilo di rischio-rendimento delle attività sottostanti, le due
soluzioni d'investimento possono però essere considerate assimilabili ed alternative
nella prospettiva di un investitore. Per la nostra analisi sono confrontati i rendimenti
annualizzati medi ottenuti dai portafogli “SMALL" con i rendimenti annualizzati medi
ottenuti dai fondi italiani di Private Equity. 12 Il confronto parte dall'anno 1999, anno in cui
il portafoglio iniziale formato nel 1988 delle nostre rilevazioni è stato liquidato. 13 Il
rendimento medio annualizzato dei portafogli "SMALL" liquidati nell'anno è comparato
con il rendimento medio calcolato con il medesimo metodo da AIFI, l’associazione
italiana degli investitori di Private Equity, per i fondi di Private Equity. Come ultimo anno
12
I dati relativi ai rendimenti medi dei fondi italiani di Private Equity sono stati raccolti dalle statistiche ufficiali
(AIFI, 2009). Tali rendimenti medi riflettono il risultato di una popolazione di fondi eterogenea e pertanto non sempre
comparabili a livello unitario ad una strategia d'investimento in società di piccole e medie dimensioni. Abbiamo ritenuto
però ugualmente significativo tale confronto nell'ottica dell'investitore che in prima analisi può decidere di comparare la
categoria generale dei prodotti d'investimento in small cap quotate (es. fondi comuni azionari o investment firm
specializzate in small cap) con la categoria generale dei fondi di Private Equity, assumendo analoghe attività sottostanti,
lasciando poi ad un secondo momento l'attività di selezione del singolo prodotto in funzione delle specifiche
caratteristiche di gestione.
13
Abbiamo deciso di considerare all’interno dell’anno 1999 anche il portafoglio liquidato in data 21 Dicembre
1998, per evitare di avere un anno (1998) caratterizzato da una sola osservazione.
16
valido per il confronto è stato scelto il 2008 poiché era l’ultimo anno in cui i rendimenti
dei fondi di Private Equity erano disponibili al momento della nostra analisi. Nella Tabella
7. sono riportati i rendimenti annualizzati medi dei portafogli “SMALL”, al lordo e al netto
dei costi di transazione, ed i rendimenti annualizzati medi degli investimenti di Private
Equity, al lordo e al netto dei costi di gestione e dei carried interest, per ogni anno del
periodo considerato.
Tabella 7. - Confronto rendimenti annualizzati del portafoglio “SMALL” e del Private Equity (1999-2009)
SMALL
PRIVATE EQUITY
Anno
Rendimento
Lordo
Rendimento
Netto
Rendimento
Lordo
Rendimento
Netto
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
Media
13,7%
21,7%
21,4%
23,1%
23,3%
21,2%
25,1%
28,5%
27,4%
14,1%
11,7%
22,0%
12,2%
20,0%
19,8%
21,4%
21,7%
19,6%
23,4%
26,8%
25,6%
12,6%
10,1%
20,3%
36,2%
47,1%
34,2%
34,9%
17,8%
24,7%
25,1%
28,5%
29,2%
18,9%
N/A
29,7%
21,7%
28,3%
20,5%
20,9%
10,7%
14,8%
15,1%
17,1%
17,5%
11,3%
N/A
17,8%
Fonte: Nostre elaborazioni (2010).
Come possiamo osservare, un investimento di Private Equity ha generalmente un
rendimento lordo maggiore di un investimento in small cap, offrendo un extrarendimento medio del 7,7%. Considerando però il rendimento netto, la situazione appare
diversa: un investimento in small cap offre un extra-rendimento annuale medio del 2,5%.
Il sostanzioso extra-rendimento lordo degli investimenti di Private Equity è interamente
annullato dai maggiori costi, al netto dei quali gli investimenti in small cap sovraperformano gli investimenti di Private Equity in ben 7 dei 10 anni considerati. Nel calcolo
dei rendimenti netti abbiamo sinora escluso l’effetto della tassazione. Mentre per un
investimento azionario è prevista, al momento in cui si scrive, una flat tax del 12,5%, la
tassazione per il Private Equity può essere differente a seconda dell’investitore e del
veicolo di investimento utilizzato. Non esiste pertanto un’aliquota universale, ma si passa
dall’assenza di tassazione per investitori privati ed imprese che investono attraverso un
17
fondo chiuso ad un’aliquota del 40% pagata da investitori qualificati che investono
attraverso società di investimento. Nel presente studio non analizzeremo tutti i singoli
casi, riportiamo comunque nella Tabella 8. i rendimenti al netto delle tasse dei portafogli
small cap e li confrontiamo con i rendimenti ottenuti dal Private Equity, ipotizzando per
questi ultimi la fattispecie di individui privati e imprese che hanno investito attraverso
fondi chiusi e sono dunque esenti da tassazione. Anche al netto della tassazione, i
rendimenti medi annualizzati ottenuti dai portafogli small cap sono in linea con quelli
ottenuti dal Private Equity.
Tabella 8. - Confronto tra rendimenti dell'investimento nel portafoglio “SMALL” e in Private Equity al netto delle tasse
(1999-2009)
SMALL
Anno
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
Media
PRIVATE EQUITY
Rendimento al netto Rendimento al netto
delle tasse
delle tasse*
10,5%
17,5%
17,4%
18,8%
19,0%
17,2%
20,5%
23,4%
22,3%
10,9%
8,7%
17,7%
21,7%
28,3%
20,5%
20,9%
10,7%
14,8%
15,1%
17,1%
17,5%
11,3%
N/A
17,8%
Fonte: Nostre elaborazioni (2010).
6. Limiti dell'analisi e prospettive di ricerca
Per una trattazione completa non possiamo esimerci da identificare brevemente i
possibili limiti della nostra analisi e gli stimoli che ne possono scaturire per future
ricerche. Nell'analisi dello small cap effect alcune limitazioni possono risiedere nelle
assunzioni sulla modalità tecnica di composizione e ricomposizione dei portafogli e la
stima dei costi transazione per il portafoglio “SMALL”. Inoltre l'evidenza sulla presenza
dello small cap effect potrebbe essere testata nuovamente su differenti orizzonti
18
temporali per verificare la relazione tra i sovra-rendimenti delle small cap ed i cicli
economici nonché l'impatto della stagionalità, analizzando la possibile presenza del c.d.
“January effect”. Ulteriori prospettive di ricerche si possono rilevare in un'analisi più
approfondita delle motivazioni sottostanti lo small cap effect, che indaghino nello
specifico come e quali determinanti del rischio siano alla base di tali extra-rendimenti.
Per tutti questi motivi riteniamo interessante la possibilità di avviare ulteriori ricerche in
futuro che ripetano ed approfondiscano l'analisi presentata in questo contributo, anche
con ipotesi diverse, per continuare a testare la presenza dello small cap effect sul
mercato azionario italiano, indagarne le cause e validare le conseguenze gestionali che
esso determina.
7. Implicazioni manageriali e conclusioni
Il nostro lavoro di ricerca ha prodotto alcuni risultati rilevanti per le implicazioni gestionali
all'interno dell'industria finanziaria. In prima istanza la ricerca ha permesso di rilevare la
presenza di un sovra-rendimento dei titoli small cap sul mercato azionario italiano su un
ampio arco temporale e la persistenza di tale effetto pur considerando l'impatto dei costi
di transazione. Per sfruttare tale effetto è possibile assemblare e gestire fondi small cap
specializzati nell'investimento in piccole e medie imprese quotate. Inoltre il confronto con
i rendimenti dei fondi di Private Equity ha permesso di rilevare come l'offerta di fondi
azionari small cap potrebbe porsi come ideale prodotto sostitutivo dei fondi di Private
Equity nei portafogli di investimento, soprattutto nel caso di una preferenza
dell'investitore per la liquidabilità dell'investimento. Collocando i nostri risultati di ricerca
nell’attuale contesto del mercato dei capitali italiano possiamo tracciare ulteriori
implicazioni rilevanti. Se la presenza dello small cap effect fosse in grado di giustificare
la creazione di fondi azionari small cap questa conseguenza potrebbe elevare l'offerta di
capitali per imprese di piccole e medie dimensioni, migliorando la liquidità di specifici
segmenti del mercato azionario dedicati alle PMI (come l'AIM Italia recentemente
costituito) ed elevando l'attrattività della prospettiva di quotazione su tali mercati per le
piccole e medie imprese. Tale effetto favorirebbe il consolidamento dell'infrastruttura dei
mercati azionari per le PMI e contribuirebbe a risolvere le annose inefficienze nel
funzionamento di tali specifici segmenti di mercato che hanno portato in passato al
19
fallimento di alcune esperienze di mercati azionari costituiti ad hoc nel contesto italiano,
come il Mercato Ristretto o il MAC.
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