Mario De Lena è il nuovo Direttore Scientifico di TuttoSanità

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Mario De Lena è il nuovo Direttore Scientifico di TuttoSanità
TuttoSanità
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Sommario
• L’atto aziendale
C. Di Cillo____________________pag.2
• Il controllo di gestione nelle A.USL
L.Caporale ___________________pag.6
• Le scelte della A.USL BA/2
S.Cannone____ _______________pag.10
• A.USL LE/2: bilancio positivo__ pag.14
• La cultura della donazione nella
A.USL BA/5 _________________pag.21
• I.R.C.C.S. “De Bellis” e i Dipartimenti A.P.Lacatena____________pag.22
• Il Progetto PRUO e Uso delle Risorse
C.Di Cillo____________________pag.24
• Le UVAR nel S.S.N. pugliese
G. Iannarelli, C.Marzo _______pag.25-26
• Il Progetto Ben-Essere al Miulli
R.Palmisano___________________pag.28
• Consultori: fuori dal sommerso
L.Provenzano__________________pag.30
• L’ E-Commerce in Sanità
P.Summa_____________________pag.36
• “L’Adi come supporto alle famiglie
G.Di Noya ___________________pag.40
• I prodotti fitosanitari
C.N.Pagliarone _______________pag.42
• Dipartimento Trasfusionale in Puglia
A.Mengano __________________pag.46
• Perché esiste un medico?
G.Perilli______________________pag.50
• Qualità e sistemi di gestione
G.Ceriani_____________________pag.52
Scientifico
• Problemi della Oncologia Geriatrica
L.Marinaccio, M. De Lena_______pag.56
• Il sistema DRG in Oncologia Medica
A.Mazzei_____________________pag.58
• Ospedale ed emergenze
S. Martano e altri _____________ pag.60
• Ossidanti e Antiossidanti
G.Vendemiale e altri____________pag.62
TuttoSanità
Anno 9° n. 49 - Agosto - Settembre 2000 Reg. Trib. Bari n. 1062 del 23-9-1991
Direttore Editoriale
Direttore Responsabile
MINO GRASSI
ENZO LORUSSO
Copertina e Grafica: CREATTIVA
di Massimo Danza (Bari) •
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Mario De Lena è il nuovo
Direttore Scientifico di TuttoSanità
Il dott. Mario De Lena è nato ad Orbetello
(Grosseto) l’11 marzo 1940. Laureatosi in Medicina e Chirurgia all’Università di Bari nell’1966,
si è specializzato in Ematologia nel 1970 ed in
Oncologia nel 1973.
Dal 1968 al 1981 ha prestato la sua opera
presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano.
Durante tale periodo è stato prima borsista e
quindi assistente ed aiuto della Divisione di
Oncologia Medica diretta dal dott. Bonadonna
e, contemporaneamente, responsabile dell’Ufficio Attività Didattiche alle dirette dipendenze
del prof. Veronesi, allora Direttore Generale dell’Istituto stesso.Durante la permanenza a Milano, ha contribuito alla sperimentazione clinica
di alcuni farmaci antitumorali (Adriamicina e
Bleomicina) ed alla messa a punto del trattamento di alcune neoplasie quali il carcinoma
mammario, i linfomi maligni, il carcinoma ovarico
e polmonare.Dal 1981 è primario della Divisione di Oncologia Medica dell’Istftuto
Oncologico di Bari, dove ha proseguito l’attività clinico-scientifica già avviata a
Milano contribuendo alla sperimentazione clinica di altri farmaci quali, ad esempio,
l’Epirubicina ed il Mitoxantrone.
Nel 1999 è stato nominato dal Ministero della Sanità membro della Commissione
Oncologica Nazionale. Nel luglio 2000 è stato nominato Direttore Scientifico dell’Istituto Oncologico di Bari, ruolo che aveva già ricoperto dal gennaio 1986 all’agosto 1993, allorché l’Ospedale Provinciale Specializzato in Oncologia ottenne il riconoscimento di Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico.
E’ autore, da solo o in collaborazione, di 330 pubblicazioni scientifiche per esteso su riviste nazionali ed internazionali. Ha curato l’edizione di 10 volumi di argomento
oncologico. E’ rappresentante delle Società Scientifiche Italiane in seno alla U.I.C.C.
Ha collaborato alla stesura definitiva delle linee guida relative alla diagnosi ed al
trattamento del carcinoma ovarico (CNR) e del melanoma maligno (WHO).
Ha svolto relazioni su invito oltre che in Italia, negli USA, in numerosi Paesi del
Sud America e dell’Europa, in Egitto e Corea del Sud.
E’ stato socio fondatore e, successivamente Presidente Nazionale, dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (MOM). E’ socio delle più importanti Società
Scientifiche Internazionali (European Society of Medical Oncology, American
Society of Clinical Oncology, American Association for Cancer Research).
E’ membro del Consiglio Scientifico della Scuola Italiana di Senologia diretta dal
Prof Veronesi, del Comitato Scientifico del “Gruppo Oncologico Cooperativo del
Sur Republica Argentina” (GOCS), dell’Editorial Academy della Rivista “Intemational
Journal of Oncology”, dell’Editorial Council del Croatian Journal of Oncology “Libri Oncologici”, del Comkato di Redazione della Rivista “Argomenti di Oncologi&’,
del Comitato Scientifico della Rivista “Geriatric and Medical Intelligence - Medicina
e Anziani”, del Comitato di Redazione della Rivista “Tumori”, del Consiglio Editoriale “Revisiones en Cancer” di Madrid, della Rivista “Journal of Chemotherapy” e
del Consiglio Scientifico di “Attualità” in Senologia, del Comitato Editoriale della
Rivista “Revista Iberoamericana De Patologia Mamari”.
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Una natura negoziale per l’atto aziendale
Carlo Di Cillo
L’8 e il 9 settembre scorsi ha avuto
luogo a Mattinata (FG) un seminario
interregionale su “Collaborazione tra
pubblico e privato nella gestione delle
aziende sanitarie: opportunità e limiti”,
su iniziativa dell’Associazione Economi Puglia e Basilicata (AEPEL) e dell’Azienda USL FG/1 di San Severo. Riportiamo a seguire l’intervento del dott.
Carlo Di Cillo, Dirigente Coordinatore
dell’Assessorato alla Sanità della Regione Puglia, che si è soffermato su “L’atto
aziendale previsto dal D.Lgs. 229/99 e il
ruolo delle Regioni”Il primo comma dell’art. 3 del D.lgs 229/
99 ha il significato di ribadire il ruolo essenziale dell’unità sanitaria locale nel contribuire , in quanto azienda, allo svolgimento dei compiti assistenziali che alla Regione compete, in ultima analisi, assicurare.
Sembra infatti il caso di scartare altre
interpretazioni, in particolare quella secondo cui tale norma riproporrebbe la configurazione dell’unità sanitaria locale come
ente strumentale della Regione.
Tale definizione, introdotta dal D.lgs
30 dicembre 1992, e cancellata dal D.lgs 7
dicembre 1993, n. 517, non è riproposta
dal decreto legislativo in esame. Neppure, a favore della natura strumentale di tale
azienda, potrebbe essere addotto il fatto
che nel testo attuale è stata tolta una norma in tal senso. E’ stata infatti soppressa
la disposizione secondo cui essa provvedeva ad assicurare nel proprio ambito territoriale determinati livelli di assistenza. Il
fatto non può essere inteso nel senso che
in tal modo sia venuta meno una specifica responsabilità dell’unità sanitaria locale. Come si avrà modo di vedere meglio
in seguito, una delle linee di fondo della
presente riforma riguarda proprio il rafforzamento del ruolo e dell’autonomia
dell’unità sanitaria locale.
Il D.lgs 502/1992 modificato dal D.lgs
517/1993 all’art. 3, comma 1, stabiliva
analiticamente che l’unità sanitaria locale
era dotata di autonomia organizzativa,
amministrativa, patrimoniale, contabile,
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gestionale e tecnica.
Secondo le recenti disposizioni essa,
invece, ha autonomia imprenditoriale; l’importanza dell’impiego di tale termine è posta ulteriormente in luce dalla successiva
precisazione per cui l’autonomia gestionale
tecnico-professionale è un attributo non
dell’unità sanitaria locale, ma di alcune
strutture operative al suo interno.
L’art. 3, comma 1, del D.lgs 229/99 stabilisce che l’organizzazione e il funzionamento delle unità sanitarie locali sono disciplinate da un atto aziendale di diritto
privato, nel rispetto dei principi e criteri
stabiliti con legge regionale.
A prima vista tale disposizione può
dare adito a dubbi; se si considera che le
unità sanitarie locali sono imprese pubbliche ( come da documenti del Ministero
della sanità, sul profilo aziendale dei soggetti gestori dei servizi sanitari, linee
guida n. 2/96), si può infatti pensare che
un atto organizzativo come quello in esame si inserisca in un’attività funzionalizzata e debba quindi adeguarsi alle
regole di questa.
Tuttavia , come si vedrà, nei confronti
dei terzi l’unità sanitaria locale agisce
mediante atti di diritto privato. Si può quindi ritenere che l’atto aziendale dell’unità
sanitaria locale abbia natura negoziale.
E’ quindi libero nel fine e solo in un
secondo tempo si pone il problema di una
sua verifica alla luce dell’interesse pubblico. La richiamata disposizione normativa introduce un elemento fortemente
innovativo, che tramite il meccanismo
delle nomine e del rapporto fiduciario coi
dirigenti di grado più elevato, si riproduce in altri livelli dirigenziali.
Alla guida, tramite procedure si sostituisce quindi quella basata sull’attribuzione di responsabilità: i singoli operatori
dispongono di maggiore libertà d’azione
salvo poi doverne rendere conto.
L’elemento di novità che tale principio introduce rispetto ai criteri tradizionali di organizzazione pubblica, è poi confermato dalla disposizione contenuta nel-
l’ultimo periodo del comma 1 bis che prevede strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale soggette a rendicontazione analitica.
Al fine di chiarire il significato delle
espressioni ora riportate è il caso di precisare che per strutture operative s’intendono anche i centri di costo e responsabilità di cui all’art. 5, comma 5, lett.d), e)
dello stesso D.lgs 229.
Tali centri devono tenere una contabilità analitica che consenta analisi comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati. I centri di costo e in particolare i
centri di responsabilità si pongono come
momento conclusivo di una serie di nuovi strumenti di gestione, dai circoli di qualità, ai progetti di qualità totale, ai progetti
di servizio, ecc., più degli altri modelli però
esse mostrano in forma chiara e scarna
l’idea di decentramento delle responsabilità che ne sta alla base.
Il comma 1 ter dell’art.3 del D.lgs 229/
99 contribuisce a definire la natura imprenditoriale dell’unità sanitaria locale, precisandone i vari aspetti.Indica anzitutto
come criteri dell’attività aziendale l’efficienza ossia la ricerca di un rapporto
ottimale fra le risorse impegnate e il prodotto ottenuto e, come condizione di efficienza, l’economicità ossia la razionalità
rispetto allo scopo piuttosto che la razionalità rispetto alla norma.In tale
impostazione rientra anche il principio del
pareggio del bilancio.
Discorso diverso deve essere fatto a
proposito del principio di efficacia che riguarda il conseguimento degli obiettivi e
i loro effetti sull’ambiente esterno.
Tale principio è di natura diversa dai
due precedenti. Non riguarda solo i mezzi
ma anche i fini e introduce la possibilità
che l’unità sanitaria locale e l’azienda
ospedaliera, oltre ad attuare gli obiettivi
indicati dalla Regione, possano stabilirne
autonomamente altri.
Di norma le aziende in questione agiscono mediante atti di diritto privato.
Quindi, Aziende sanitarie pubbliche
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organizzate e gestite come imprese private? Sembrerebbe di sì, almeno a leggere il
decreto legislativo n. 229/1999 ( Bindi) di
riforma del Servizio sanitario nazionale.
Pur tacciato di avere un’impostazione
“pianificatrice”, il decreto rafforza il ruolo di
principi aziendalistici e strumenti privatistici
nell’organizzazione della Sanità.
Le Aziende Ospedaliere e le ASL, spina dorsale dell’amministrazione sanitaria,
pur conservando un guscio pubblicistico
( la personalità giuridica “di diritto pubblico”), godranno di autonomia imprenditoriale, agiranno mediante atti di diritto
privato e, per acquistare servizi e forniture
di importo inferiore alla soglia comunitaria, non dovranno osservare le procedure
di evidenza pubblica.
La loro attività negoziale dovrà essere informata ai principi di efficacia, efficienza ed economicità. La loro organizzazione e il loro funzionamento saranno retti da un “atto aziendale di diritto privato”:
un atto che ha le stesse funzioni affidate
dal codice civile all’atto costitutivo e allo
statuto delle persone giuridiche private.
L’ordinamento privatistico delle aziende sanitarie costituisce una novità assoluta, non solo se paragonato al regime
organizzativo tradizionale delle amministrazioni pubbliche, ma anche rispetto alle
recenti tendenze di riforma dell’organizzazione burocratica.
Con il decreto legislativo 29/1993 (
modificato dal Dlgs 80/1998),infatti, il Governo aveva già posto mano alla
“depubblicizzazione” dell’organizzazione
amministrativa, assogettandola parzialmente alle regole del diritto privato.
Per effetto di quell’intervento, le pubbliche amministrazioni, sulla base di principi generali della legge, già oggi si limitano a definire le linee fondamentali di organizzazione degli uffici o le modalità di
conferimento degli incarichi, attraverso
atti pubblicistici simili ai tradizionali regolamenti, ma con un ambito di efficacia circoscritto alla cosiddetta macro-organizzazione. Il minuto disegno degli uffici è
invece affidato ai dirigenti (gli organi “preposti alla gestione”, per usare il linguaggio normativo), che agiscono < con le
capacità e i poteri del privato datore del
lavoro >, nei limiti fissati dalla legge e dagli atti organizzativi di diritto pubblico.
La separazione tra direzione politica e
gestione amministrativa , tra ordito
organizzativo pubblicistico e trama
privatistica, del resto, è una soluzione
coerente con la nuova centralità dei dirigenti-manager.
Essi, per realizzare in modo economi-
co, efficiente ed efficace gli obiettivi loro
affidati dai vertici politici, non possono
più essere esecutori zelanti di leggi , regolamenti e circolari, ma debbono godere
di un’autonomia simile a quella dell’imprenditore privato.
Con l’atto aziendale previsto dal decreto 229/1999, nella Sanità si compie però
un passo ulteriore. Nell’organizzazione
delle ASL e delle aziende ospedaliere si supera la distinzione tra livello “macro” e
“micro”: essa, infatti, è integralmente retta
dal diritto privato ( salvo i limiti generali stabiliti dalla legge).
L’atto aziendale, strumento di questa innovazione, non è perciò riconducibile alle usuali categorie pubblicistiche:
esso si distingue sia dagli atti di organizzazione degli enti pubblici economici, sia
dagli atti amministrativi in senso proprio,
sia, infine, dagli atti di normazione secondaria.
Sotto un primo profilo, gli atti di organizzazione degli enti pubblici economici
sono normalmente qualificati come atti
amministrativi, mentre il decreto Bindi
espressamente definisce l’atto aziendale
come atto “di diritto privato”.
Ma, al di là delle questioni nominalistiche, l’atto aziendale non si presta a
essere qualificato come atto amministrativo tout court, poiché esso non è il frutto
di un’attività organizzativa minuziosamente disciplinata dal diritto pubblico. Se uno dei cardini sui quali era infisso
il vecchio sistema era quello della
rilevanza pubblicistica dell’attività amministrativa in ogni suo aspetto, la concezione da cui muove la riforma della Sanità
è invece di segno opposto: non conta tanto il rispetto di regole formali nell’esercizio di un potere o nell’erogazione di un
servizio, quanto l’effettivo soddisfacimento degli interessi che quel potere
o quel servizio debbono garantire.
L’orientamento, insomma, non è al processo, ma al risultato.Infatti la grande ubriacatura azien-dalistica indotta dall’approvazione dei decreti legislativi 502 e 517 ha fatto emergere, con maggiore chiarezza di quanto non fosse mai avvenuto in precedenza,
la necessità di introdurre nel nostro sistema
Sanitario non solo forme di competizione
amministrativa e virtuose percezioni del valore del denaro e del corrispettivo economico concreto delle decisioni di allocazione
delle risorse e delle scelte in merito al loro
consumo, ma anche logiche di gestione più
precisamente improntate alla managerialità,
piuttosto che all’usuale azione amministrativa di vecchio stampo.
Successivamente il Governo italiano,
per mano del ministro Rosy Bindi, ha deciso - con decreto legislativo 229 – di abbandonare le logiche competitive e di riprodurre nel modello gestionale delle
aziende sanitarie il clichè della cooperazione già a suo tempo introdotto dalla 833.
In ogni caso, il movimento iniziale verso
l’introduzione di modalità di gestione
manageriale del SSN non sembra destinato ad arrestarsi e molte contaminazioni in
tal senso sembrano essersi ormai verificate in modo irreversibile .
Queste considerazioni obbligano, in
un certo senso, a domandarsi quanto il
229 possa contribuire a indebolire l’azione di coloro ai quali è richiesto di affrontare con piglio manageriale il mandato di
direzione delle aziende sanitarie e quanto, invece, il 229 possa rappresentare uno
strumento di rafforzamento.
Per dare corpo all’espressione, introdotta dal decreto 229, dell’autonomia imprenditoriale delle aziende sanitarie, il legislatore delegato ha ritenuto, con un
colpo di inventiva assolutamente
encomiabile, di mettere a disposizione
delle aziende stesse uno strumento, lo
“statuto aziendale”, che può rivelarsi, a
seconda dei contenuti che gli vorranno
dare, un mezzo estremamente efficace per
fare camminare questa specialissima autonomia imprenditoriale fra i meandri delle leggi che regolano la vita delle aziende.
Lo statuto è l’occasione per rimediare
a un eccesso di disciplina di cui soffrono
molti degli organismi e delle procedure
interne delle aziende.E’ l’occasione per
aprire le finestre e fare entrare aria nuova
che consenta di ridurre la burocrazia e faccia crescere la responsabilità e la competenza dei professionisti e dei dirigenti.
E’ l’occasione per avviare una
riorganizzazione che faccia tabula rasa delle
leggi e leggine che tutti i giorni ci dannano
la vita, che creano inutili vincoli nel corretto
rapporto fra impiego delle risorse e obiettivi
da raggiungere, dotando le aziende della
necessaria flessibilità orga-nizzativa. In altre parole è l’occasione per modellare l’organizzazione aziendale e le modalità di azione secondo le regole del diritto comune, in
relazione alle caratteristiche peculiari di ogni
azienda.
Bisogna, perciò, raccogliere la sfida dei
tempi e puntare ad un modello regionale di
atto aziendale di diritto privato.
E’ questa la grande occasione per approfondire le tematiche interne delle Aziende Sanitarie, vagliare l’esistente e costruire
un percorso organizzativo che tenda a sfruttare al meglio le opportunità di semplificazione ed autonoma offerta dalla legge.
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A proposito di Aziendalizzazione ...
Il controllo di gestione nelle Aziende Sanitarie
Luigi Caporale*
Il processo di Aziendalizzazione del
S.S.N, oltre ad aver comportato il
superamento del sistema di contabilità
finanziaria e l’introduzione del sistema
di contabilità economica ed analitica,
ha messo in luce all’interno dell’organizzazione delle Aziende Sanitarie, nuove tecniche gestionali a supporto del
management aziendale in grado di fornire allo stesso, in ogni momento, la corrispondenza tra gli obiettivi prefissati ed
i risultati conseguiti, in termini d’efficienza ed efficacia.
L’innovazione principale va sotto il
nome di Controllo di Gestione e con questo termine s’intende un sistema capace,
una volta formalizzati gli obiettivi, di valutarne il raggiungimento sia durante che
alla fine della gestione stessa, secondo
una tecnica propria delle aziende.
Pertanto secondo il Casati, ricercatore Bocconi, il Controllo di Gestione può
essere definito come “il meccanismo operativo con il quale l’azienda formula ed
articola gli obiettivi aziendali e crea le condizioni informative per garantire il
perseguimento”. In un’azienda che eroga
servizi qual è un’Azienda Sanitaria è stato compito non facile rimuovere ostacoli
ed incertezze da parte degli operatori
destinatari dell’attuazione di tale “meccanismo operativo” per due motivi che Mario Zanetti, illustre componente dell’Accademia di Medicina recentemente scomparso, individua così:
·Il primo di ordine tecnico. Ricercare
l’economicità in un’azienda di servizi senza fine di lucro o di reddito è difficile in
quanto mancano validi parametri di misurazione del prodotto (in termini di qualità
e quantità o di efficacia ed efficienza) perciò diventa difficile il raffronto tra costi e
benefici ed eventuali scelte alternative.
Manca poi un mercato dove, attraverso
lo scambio, può determinarsi il valore del
prodotto.
·Il secondo motivo è di ordine cultu-
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rale. La natura professionale dell’Azienda Sanitaria è caratterizzata dalla
conflittualità tra il sistema dei valori dei
professionisti e quelli dell’organizzazione aziendale. Pertanto ne deriva che l’ufficio Controllo di Gestione è ritenuto un
corpo estraneo, la cui ingerenza nel processo produttivo viene stimata come
sovrastruttura di tipo burocratico.
In definitiva però, conclude Zanetti, è
stato possibile dimostrare che soprattutto in aziende di notevoli dimensioni con
consistente dimensione economica e con
l’autonomia professionale e clinica, il lavoro dell’ufficio Controllo di Gestione ha
favorito i processi decisionali creando
forme di autocontrollo sulle attività e sui
risultati, di maniera che è venuta meno
automaticamente la concezione del controllo burocratico.
Su tali esperienze riteniamo di poter pertanto continuare a parlare del Controllo di
Gestione o Controllo Direzionale nella certezza che il raggiungimento dell’obiettivo
di garanzia della salute possa essere ispirato oltre che al principio di efficienza ed efficacia anche a quello dell’econo-micità.
Il manager sanitario pertanto, in
sintonia con il management aziendale,
deve considerare il principio
dell’economicità quale componente non
ultima da tener presente nel processo produttivo anche se opera in un’azienda
“non profit” qual è un’azienda sanitaria.
L’economicità nel sistema è il punto
di arrivo e di partenza per nuovi investimenti in tecnologie che consentono di
erogare più alte prestazioni in grado di
soddisfare più e meglio le richieste di bisogni sanitari e non da ultimo vedersi
riconoscere in termini concreti, per i risultati conseguiti, premi incentivanti che
possono essere di diversa natura (da quelli in danaro a quelli in investimenti per
l’unità operativa o facilitazioni per accessi
a scuole di perfezionamento che arricchiscano il bagaglio culturale individuale).
Dopo questo breve flash introduttivo
vediamo in particolare che cosa è un sistema di Controllo di Gestione e soprattutto come si articola.
Si deve a due grandi economisti esperti di economia e organizzazione aziendale
(Anthony e Young) la formulazione del
sistema di programmazione e controllo, in
4 fasi principali ed il loro modello sperimentato, è stato largamente accertato, alla
luce dei risultati conseguiti.
1° Fase: Programmazione.
Quest’attività, chiamata anche programmazione strategica, fa capo al management
aziendale attualmente costituito dal Direttore Generale, dal Direttore Amministrativo
e dal Direttore Sanitario. Il decreto 229/99,
conosciuto anche come decreto di riforma
sanitaria “Ter” o decreto Bindi, ha previsto
all’art.17 anche la costituzione di un Collegio di Direzione Strategica formato di massima oltre che dal management direzionale,
dai Direttori di Distretto, dai Dipartimenti e
dai Presidi Ospedalieri.
In qualche USL, oltre ai suddetti, si è
ritenuto ampliare ulteriormente il Collegio
di Direzione con la partecipazione del responsabile dell’Ufficio Programmazione e
Controllo di Gestione e dei responsabili
di Area. A tale collegio la legge ha riconosciuto la competenza a porre in essere
tutte le strategie rivolte al raggiungimento
degli obiettivi.
Parlando di strategie in una lezione
tenuta ai partecipanti ai corsi di formazione in materia di Controllo di Gestione, il
Prof. Del Vecchio della Bocconi, nel sottolineare che il termine era stato mutuato
dal mondo e dal gergo militare, concludeva che con tale termine s’intende centrare e raggiungere un obiettivo che per i
militari significa vincere la guerra.
Si distingue il termine strategia dalla
tattica, anch’esso un termine militare, che
è destinata a centrare e raggiungere obiet-
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tivi minori quali quello di vincere una battaglia. Pertanto si possono usare anche
diverse tattiche, purché alla fine si vinca
la guerra.
Con questo colorito paragone intendiamo che la strategia di un management sanitario deve centrare l’obiettivo di poter sempre rispondere alle necessità sanitarie che il
mercato richiede, nel miglior modo possibile e adeguando i mezzi a tali necessità.
Il poter strategicamente soddisfare la
domanda, così mutevole e complessa, è il
compito primario di un’azienda e quindi
anche delle aziende sanitarie, per acquisire e soddisfare quanto più clienti possibile secondo le leggi di mercato. Non a caso
perciò quello che prima si chiamava paziente, viene ora chiamato cliente.
Quindi la strategia aziendale deve tendere all’acquisizione di quanto più clienti
possibili ad incominciare da quelli interni
alla propria organizzazione evitando le
fughe in mobilità per prestazioni di ordinaria natura, che possono essere soddisfatte senza ulteriori altri costi aggiuntivi.
Conseguentemente, evitare che la clientela così acquisita tenti di spostarsi altrove prevedendone possibilmente anche i
bisogni futuri.
Le aziende industriali migliori e che
resistono ad ogni scossone di mercato
sono quelle che attraverso le politiche
dell’oggi, riescono a prevedere la domanda del futuro.
E’ il concetto di pianificazione, strettamente correlato alla programmazione, là
dove per pianificazione s’intende la
predefinizione degli stati futuri
dell’Azienda.E’ così anche per un’Azienda Sanitaria. Ciò presuppone una particolare attenzione dei bisogni sanitari richiesti dal Territorio, per tanto tempo trascurato, attraverso l’organizzazione
distrettuale e dipartimentale che deve fornire al sistema tutti gli input capaci di
orientare nel modo più soddisfacente la
scelta degli obiettivi.
In tutto questo scenario il compito del
Controllo di Gestione appare della massima importanza. Riuscire a monitorare e
leggere i messaggi dei Medici di Base e
dei Pediatri attraverso le prescrizioni di
qualsiasi natura (dalla farmaceutica, alla
specialistica ambulatoriale fino al ricovero ospedaliero) in tempi reali e potervi, in
altrettanti tempi reali rispondere a queste
domande di bisogni sanitari, significa aver
centrato l’obiettivo primario strategico di
un’Azienda Sanitaria.
I riferimenti all’organizzazione
distrettuale e dipartimentale dell’azienda,
dicevo finora trascurati in favore dell’organizzazione ospedaliera, hanno ultimamente evidenziato che per una più precisa e corretta programmazione occorre, in
controtendenza a quanto finora operato,
assegnare un ruolo preminente alle politiche del territorio. Non a caso i programmi nazionali previsti per il triennio 20002002 assegnano le risorse del Servizio
Nazionale per il 47% all’attività
ospedaliera e per il 53% per le attività dei
dipartimenti e degli distretti.
I dati forniti dal Controllo di Gestione,
debbono anche essere interpretati nella
maniera più corretta, distaccata ed il più
possibile in maniera tecnico-scientifica
per evitare disastrose decisioni (e nel passato ne sono state registrate tante). Basti
ricordare per tutte una certa tendenza a
riempire i magazzini degli ospedali di inutili apparecchiature elettromedicali senza
aver prima verificato le potenzialità interne per l’uso delle stesse o l’appropriatezza
alla domanda esterna.
E sulla programmazione e pianificazione si potrebbe dire ancora tanto ma a
noi basta fermare il concetto che programmazione e pianificazione significano, identificati gli scopi dell’Azienda e dopo aver
analizzato l’ambiente interno ed esterno,
fissare degli obiettivi e stabilire come si
devono raggiungere. Ciò ci introduce alla:
2° Fase: Formulazione del Budget.
E’ la fase in cui si assegnano ai vari
Centri di Responsabilità e di Costo determinate risorse per il raggiungimento dei
propri obiettivi. I Centri di Responsabilità, così come definiti dalla letteratura economica e di organizzazione dell’impresa,
sono le unità operative all’interno di
un’impresa alla cui testa vi è sempre un
responsabile che risponde dei risultati al
management aziendale.
Nelle Aziende Sanitarie il responsabile è un manager sanitario che deve realizzare gli obiettivi anche secondo i principi
dell’economicità nella gestione delle risorse assegnateli. I Centri di Responsabilità
si dividono in macrocentri di responsabilità o centri superiori e microcentri di responsabilità o inferiori. Ai primi sono preposti i Direttori di Presidio Ospedaliero, i
responsabili dei Distretti Sanitari e dei
Dipartimenti. Ai secondi sono preposti i
Primari Ospedalieri ed in genere i Direttori
di Servizi (laboratorio di analisi, radiologia, dei poliambulatori ecc.).
L’organizzazione dei centri di responsabilità è del tipo piramidale dove il Centro Superiore assorbe ed ingloba i sottoposti Centri Inferiori. Tutti comunque
hanno un budget da rispettare. Per utilità
pratica i risultati di tali centri si misurano
in termini monetari laddove le spese si
configurano con i costi e le entrate con i
ricavi. I costi, a loro volta possono essere
di diversa natura i diretti (costi fissi, personale ecc.), indiretti (costi variabili, costi ribaltati, costi generali, costi da centri
intermedi).
I ricavi sono costituiti per la maggior
parte, per gli ospedali, dai DRG prodotti,
dalle attività ambulatoriali quantificate
secondo Tariffario Regionale sia per interni che per esterni, dai Tickets e dalle
attività a pagamento rese dai sanitari in
regime di esercizio della libera professione intromoenia. Per le organizzazioni dipartimentali e distrettuali la voce ricavi è
particolarmente bassa.
Del resto, anche per gli ospedali a gestione diretta delle A.S.L., il flusso di danaro contante è soltanto fittizio (a parte gli
incassi per i Tickets) provvedendo a tutte
le spese la quota capitaria assegnata dal
F.S.N. e dalle Regioni per cui i DRG ed il
tariffario delle prestazioni ambulatoriali servono unicamente come indicatori per quantificare in termini monetari la produzione.
L’equilibrio tra costi e ricavi costituisce di per sé un’efficiente gestione. Se
poi il soddisfacimento del bisogno del
cliente è ottimale, tale equilibrio avrà risposto anche al requisito dell’efficacia.
Un avanzo di risorse evidenzierà anche che la gestione è stata improntata al
principio dell’economicità.
Alla costituzione e formazione del
budget, normalmente provvede la Direzione Strategica dell’azienda. In tal caso
si definisce il budget Top - down (voluto
dall’alto). Se invece alla definizione del
budget concorrono dal basso i responsabili dei Centri di Responsabilità, il budget
si definisce Bottom - up. Nella fattispecie
di aziende sanitarie, è auspicabile che la
determinazione del budget sia la risultante armonica di decisioni integrate (quelle
del vertice aziendale e quelle dei responsabili operativi), con piena soddisfazione
per la dignità professionale e la libertà clinica che prende coscienza delle proprie
capacità attraverso un sistema di
autocontrollo, di cui abbiamo parlato all’inizio citando Zanetti e interagisce più
facilmente con il vertice Aziendale nella
valutazione dei risultati.
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I centri di costo, infine, costituiscono
un’ulteriore suddivisione dei Centri di
Responsabilità in sottounità operative. Un
esempio. Una divisione di Chirurgia Generale, centro di responsabilità inferiore
rispetto a quello di un Presidio Ospedaliero, può essere articolata in 3 centri
di costo:
· Ricoveri ordinari o gestione della
corsia;
· Day Hospital (Day surgery);
· Attività ambulatoriale.
Caratteristica comune ai 2 centri è la
nomina sempre di un responsabile che risponda del proprio operato al diretto superiore.
Così definiti i centri di responsabilità
e di costo, possiamo passare alla:
3°- 4° Fase:Svolgimento attività e misurazione - Reporting e Valutazione.
In questa fase, tutte le unità produttive svolgono le proprie attività e i dati inerenti i risultati vengono inviati all’ufficio
Controllo di Gestione che li elabora, li valuta e controlla che gli stessi siano confacenti e in media con quelli previsti in sede
di determinazione del budget. Comunica
all’unità operativa eventuali scostamenti
perché la stessa provveda, nei limiti delle
proprie disponibilità, ad apportare variazioni e mettere in atto azioni correttive.
Stesse comunicazioni vengono inviate
agli organi di programmazione anche se
per quest’ultimo il dato da prendere in
considerazione è quello finale che normalmente comprende l’arco di un anno.
Perché questo meccanismo di
interazione fra unità operativa e ufficio
Controllo di Gestione funzioni, occorre
che i dati siano i più precisi e soprattutto
vengano inviati nei tempi prestabiliti, di
regola con cadenza trimestrale.
Debbono essere espressi in termini di
quantità, debbono essere sintetici e prevalentemente misurabili in termini monetari (D.R.G.-tariff. Reg.) allo scopo anche
di accrescere negli operatori la mentalità
economica.
I dati che dovessero pervenire con
enormi ritardi, rendono inutile ogni misura correttiva. L’ufficio inoltre elabora i dati
senza entrare nel merito, in quanto le cause che possano aver determinato eventuali scostamenti, possono essere indipendenti dalla volontà degli operatori e
pertanto saranno oggetto di valutazione
nelle sedi opportune.
Con ciò ritengo di poter rimuovere
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ogni residua resistenza in coloro che ritengono il compito di quest’ufficio come
indebita ingerenza di tipo burocratico
amministrativo. Infatti, il suo operato è
simile a quello svolto dai controllori di
volo (i famosi uomini radar) che una volta
preso in carico l’aereo, dal decollo fino
all’atterraggio, lo aiutano durante il volo,
correggendone soprattutto gli eventuali
scostamenti di rotta. Analogicamente, il
preposto a questo ufficio viene con termini aeronautici chiamato “controller” e,
si raccomanda nei testi di organizzazione
aziendale, deve possedere il carisma riconosciuto della veridicità delle elaborazioni e riscuotere la fiducia degli operatori.
Il contrario di ciò genera soltanto perdita di tempo prezioso e inutili discussioni e polemiche tendenti a giustificare comportamenti diversi, che abbiamo detto
sono estranee ai compiti dell’ufficio, e che
invece possono trovare accoglimento in
altre sedi.
Così concluso il ciclo, si ritorna alla
programmazione.
I dati elaborati vengono valutati. Il
management aziendale verifica la rispondenza dei risultati alle previsioni, esamina
fatti nuovi intervenuti ad ostacolare il regolare andamento di un centro di responsabilità, tiene conto attraverso i consuntivi della domanda e degli scostamenti
anche dalle previsioni di budget, valuta i
risultati in termini anche di economicità e
decide di riconfermare o promuovere nuovi programmi per l’azienda. Riparte così
in senso orario il ciclo composto dalle 4
fasi laddove l’ultima fase costituisce l’inizio di quella successiva.
Il ruotare delle 4 fasi costituisce quello
che gli economisti chiamano processo di
budget e nelle aziende la ruota gira all’infinito finchè dura la vita stessa dell’azienda.
Il Budget non è un documento contabile ma l’insieme di tanti fattori legati alla
produzione scaturiti appunto da un processo, che significa successione di fenomeni legati fra loro che si determina con
un certa regolarità.
Il budget non è il bilancio di previsione né un’assegnazione fissa di fondi lasciando la possibilità agli operatori di
modificare le proprie azioni al verificarsi
di condizioni non previste, in sintonia con
il management aziendale a nell’ambito del
globale bilancio dell’Azienda.
Non conosco lo stato d’attuazione e
di funzionamento nelle ASL pugliesi di
quest’ufficio. Per quanto riguarda la mia
ASL, sulla scorta dei dati raccolti relativi
l’anno 1999, la maggior parte di essi attinti
direttamente dai reports delle diverse unità
operative e per circa il 20% su proiezioni
di benchmarking, da dati parziali abbiamo
impostato il Budget sperimentale del 2000,
ponendo per tutti il raggiungimento dei
seguenti obiettivi in linea con il piano
triennale dell’azienda, con il piano regionale e nazionale e precisamente:
· Riduzione complessiva del 3% annuo
dei D.R.G. relativi a patologie curabili a
domicilio come individuate dalla Regione;
· Riduzione del tasso d’ospedalizzazione
dell’attuale 240%o al 160%o;
· Riduzione dei ricoveri impropri e riduzione dei ricoveri di 1 giorno;
· Riduzione della mobilità passiva nei
limiti imposti dalle strutture dell’azienda;
· Aumento delle attività ambulatoriali;
· Aumento delle prestazioni di diagnostica di laboratorio e d’immagini per
l’esterno;
· Recupero della voce passiva per circa 9 miliardi a debito, relativo alle ferie
non godute del personale.
I dati consuntivi consentiranno la redazione del budget 2001, relativo a tutte
le unità operative, con il sistema che entrerà a pieno regime al massimo nei primi
mesi dell’anno venturo.
Se ci fossero ancora degli scettici circa la validità di queste nuove tecniche
gestionali, vi dirò che l’esame particolareggiato delle migliaia di dati esaminati ha
messo in evidenza situazioni e fatti da rimanerne stupiti.
Alcuni dati, sottoposti ai rispettivi operatori, hanno destato la loro stessa meraviglia e incredulità, per cui sono certo che al
prossimo appuntamento esamineremo situazioni diverse da quelle del 1999.
Conclusioni
Alla luce delle pregresse esperienze
di provveditore e di quelle attuali, mi sono
chiesto se tra questi uffici non vi fosse
un comune denominatore.
Tanto perché da sempre, collegata all’attività di provvedere ai bisogni di una
comunità o di una qualsiasi organizzazione i funzionari a ciò preposti hanno anche
esercitato un’intensa attività di controllo.
Essi riguardano innanzi tutto la gestione dei magazzini, l’approvvigionamento
delle scorte, la loro distribuzione, i controlli sulle rimanenze, i controlli di qualità
in conformità alle caratteristiche dei beni
pattuite in sede di contrattazione con i
fornitori.
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Settembre
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Quando vi siete spinti oltre, aiutati
dalla vostra esperienza e dall’intuito professionale, nel ricercare le cause di un
consumo eccessivo di un determinato
bene, richiesto ai vostri magazzini e soprattutto a quelle delle farmacie interne il
vostro controllo ha mostrato i suoi limiti.
Si è fermato alla porta di un qualsiasi
reparto dove il primario, che non si era
mai interessato di sapere quanto materiale fosse prelevato dai suoi collaboratori,
contestato, rivendicava subito la propria
autonomia clinica, e tutta l’operazione si
concludeva al massimo con una raccomandazione al risparmio.
Tanto perché il genere di controllo esercitato non aveva la possibilità di andare
oltre mostrando appunto i suoi limiti.
La letteratura economica questo genere
di controlli li definisce “operativi”, e con
questo termine s’intendono i controlli legati alle attività e ai propri compiti come possono essere anche quelli ad esempio del
responsabile del personale che esercita il
controllo sulle presenze e ogni altro genere
di controllo legato a funzioni specifiche.
Da ciò scaturiscono due considerazioni.
La prima:
Il controllo di gestione vi dà la possibilità di superare questi limiti nel momento in cui offre dei dati ineccepibili per valutare anche i consumi di un reparto, in
relazione anche ella domanda di beni da
parte dei primari.
Poniamo ad esempio che vogliate controllare in consumo di un determinato farmaco che si usa unicamente per un trattamento post-operatorio in un reparto di
chirurgia generale.
Attraverso il controllo di gestione potrete sapere che quel reparto, nell’arco di un
anno ha avuto mille ricoveri di cui 600con
D.R.G. medici, 100 con D.R.G. di un giorno o
inferiore a 48 ore o ricoveri in appropriati e
solo 300 con interventi chirurgici.
Accertato il numero degli interventi e
la quantità media del farmaco da somministrare avrete subito il consumo reale
dello stesso.Se le richieste si discostano
notevolmente da tale numero, qualcosa
non funziona.
Applicate questa metodologia a tutte
le Unità Operative, ai Centri di responsabilità e di costo intermedi quali i laboratori di analisi, le radiologie, i blocchi operatori e sarete in grado di ottenere dati relativi ai consumi più attendibili di quelli
finora ottenuti con i soli controlli operativi, sicché essi diventeranno anche con-
Sì alla pubblicità dei medici su Internet
Una recente circolare della FNOM prevede tale possibilità, dopo
l’acquisizione del nullosta rilasciato dall’Ordine di appartenenza
Via libera alla pubblicità dei medici su Internet. Una circolare del 5 novembre
scorso, votata dal Comitato Centrale della FNOM, fornisce orientamenti anche
sull’utilizzo di questo canale informativo, prevedendo tale possibilità a condizione
tuttavia di avere acquisito il necessario “nullaosta” dell’Ordine di appartenenza e
comunque prescindendo dalle autorizzazioni comunali.
Nel silenzio che ha caratterizzato al riguardo l’ultima modifica legislativa apportata alla legge n. 175.1992 sulla pubblicità sanitaria (la legge n. 362.1999) che ha
allargato, com’è noto, la possibilità, per medici, case di cura e ambulatori mono e
polispecialistici, di fare pubblicità, prevedendo anche l’utilizzo di quotidiani e periodici di informazione, la FNOM ha deciso di uscire allo scoperto, prendendo posizione per quel che riguarda lo strumento telematico principe.
Nel rilasciare i nullaosta gli Ordini devono attenersi alla norme del Codice
deontologico e a quelle previste dalla citata legge n. 175.1992. Gli articoli del Codice
Deontologico interessati sono i numeri 53 e 54 (che riportiamo di seguito integralmente). Secondo la FNOM, l’art. 53 in particolare, sa da una parte vieta lo sfruttamento pubblicitario dell’attività medica tramite strumenti informatici, dall’altro “implicitamente” ne consente l’uso.
Art. 53
Pubblicità in materia sanitaria
“Sono vietate al medico tutte e forme, dirette e indirette, di pubblicità personale
o a vantaggio della struttura, pubblica privata, nella quale presta la sua opera. Il
medico è responsabile dell’uso che fa del suo nome, delle sue qualifiche professionali e delle sue dichiarazioni. Egli deve evitare, che attraverso organi di stampa,
strumenti televisivi e/o informatici, collaborazioni a inchieste e interventi televisivi,
si concretizzi una condizione di promozione e di sfruttamento pubblicitario del suo
nome o di altri colleghi.”
Art. 54
Informazione sanitaria
L’informazione sanitaria non può assumere le caratteristiche della pubblicità
commerciale. Per consentire ai cittadini una scelta libera e consapevole tra strutture,
servizi e professionisti è indispensabile che l’informazione con qualsiasi mezzo
diffusa, non sia arbitraria e discrezionale, ma utile, veritiera, certificata con dati
oggettivi e controllabili e previo nulla osta rilasciato per iscritto dal Consiglio dell’Ordine provinciale di appartenenza sulla base dei principi di indirizzo e di coordinamento della Federazione nazionale. Il medico che partecipi a iniziative di educazione alla salute, su temi corrispondenti alle sue conoscenza e competenze, deve
fornire, indipendentemente dal mezzo impiegato, informazioni scientificamente rigorose, obiettive, prudenti (che non producano timori infondati, spinte
consumistiche o illusorie attese nella pubblica opinione) ed evitare, anche indirettamente, qualsiasi forma pubblicitaria personale o della struttura nella quale opera.
trolli direzionali necessari alla programmazione e al raggiungimento degli obiettivi.
La seconda :
Alla luce di quanto sopra detto in collaborazione con l’ufficio controllo di gestione, il vostro lavoro sarà più qualificato nel senso che:
· Orienterete meglio le gare;
· Ottimizzerete gli acquisti;
· Eviterete inutili e dannose immobilizzazioni di magazzino e conterrete le scorte nell’ambito di una ragionevole e prudente consistenza;
· Eliminerete gli sprechi e la domanda
a volte irresponsabile di determinati beni;
· Avrete elementi per valutare, alla luce
dei dati di riscontro e degli obiettivi di
budget assegnati alle Unità Operative,
eventuali richieste di nuovi prodotti in
sintonia con le Unità Operative stesse,
per quanto sopra detto a proposito di
autocontrollo.
Ecco il comune denominatore che cercavamo all’inizio tra queste nuove tecniche di gestione e la pregressa organizzazione aziendale.
Il vostro operato trova nel controllo di
gestione la completezza di cui avevate bisogno per rendere il vostro lavoro più proficuo, più scientificamente ispirato al principio di economicità, più rispondente ai bisogni del paziente, utente o cliente che voglia
definirsi, più confacente all’interesse generale dell’Azienda della quale voi costituite
un settore non certamente trascurabile.
* Dott. Luigi CAPORALE- Direttore
uff. Studi, Programmazione e Controllo
di Gestione A.S.L. BA/1 Andriagià provveditore Ospedale di Andria.
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Foto
Le scelte di Politica Aziendale della A.USL BA/2
Savino Cannone *
Obiettivo principale dell’Azienda U.s.l.
è la tutela della salute e il miglioramento
della qualità della vita dei cittadini
In stretta coerenza con questo assunto, le
scelte di Politica Aziendale della A.u.s.l.
Ba/2 hanno previsto iniziative e azioni che,
ad ampio raggio prospettico, rendessero
ogni Servizio e Struttura dell’Azienda capace di accogliere gli utenti e soddisfare le
loro esigenze, offrendo prestazioni sanitarie efficaci ed appropriate con uniformi livelli di assistenza; il tutto perseguendo la
realizzazione ed il mantenimento dell’equilibrio economico-gestionale, nel rispetto
dei criteri di buona amministrazione.
Le strategie adottate derivano da una
visione dinamica dell’assetto aziendale e
da un uso duttile degli strumenti
gestionali, che consentono un’agile modulazione dei Servizi alla base delle
rilevazioni inerenti le richieste di prestazioni, sanitarie ed assistenziali.
Per quanto riguarda i Presidi
Ospedalieri, è stato previsto il
completamento del Piano di riordino della
Rete Ospedaliera, è stata avviata l’istituzione di nuovi servizi e ne sono stati potenziati alcuni già esistenti, per poter dare
risposte più complete alla domanda di
salute dei cittadini e aumentare l’attrazione dei pazienti verso gli Ospedali dell’Azienda.
Nello specifico, le maggiori azioni ed
investimenti sono stati rivolti a:
•
Dotare i Presidi Ospedalieri di attrezzature che consentano attività di diagnosi e cura più moderne ed aggiornate;
•
Potenziare alcune Unità Operative ritenute fondamentali rispetto ai vecchi e nuovi bisogni di cura e assistenza;
•
Migliorare il comfort alberghiero tramite interventi strutturali per
razionalizzare e rinnovare gli ambienti, l’acquisto di nuovi arridi e attrezzature, l’affidamento a ditte esterne specializzate dei
servizi di pulizia, lavanderia e ritorazione;
•
Perseguire un generale miglioramento della gestione del personale e del-
le risorse tecnologiche ed economiche.
Nell’anno 2001 è prevista l’apertura
del nuovo Ospedale di Barletta, sito nella
periferia nord della città. Questo permetterà di superare e risolvere annosi problemi quali l’insufficenza e l’inadeguatezza
degli ambienti ai moderni standard strutturali, il miglioramento del confort alberghiero, la disponibilità di adeguti spazi di
parcheggio, una viabilità agevole ed autonoma. Inoltre, in considerazione della
specificità che alcune strutture
ospedaliere hanno acquisito, si è realizzata una integrazione ed armonizzazione
complessiva dei Presidi Ospedalieri per
rendere fruibile agli utenti una più vasta
gamma di prestazioni sanitarie.
Per quanto riguarda, invece, le strutture del Territorio:
•
Si è posta particolare attenzione
alla necessità di ridurre i disagi dei cittadini, sia per quanto riguarda l’abbattimento delle liste di attesa, sia per quanto riguarda alcune azioni preliminari di accesso ai servizi: la prenotazione delle prestazioni specialistiche ambulatoriali al CUP,
che attualmente avviene presso farmacie
e studi medici professionali, e il pagamento del ticket per il quale sono in fase
attuativa ipotesi sperimentali soddisfacenti ed economiche.
•
Si è ampliata la gamma dl prestazioni specialistiche 0fferte presso i
Poliambulatori, modulando la scelta delle
branche e l’ incremento di ore sulla base
di una attenta analisi dei bisogni, e si è
adeguata e potenziata la dotazione strumentale degli ambulatori con nuovi acquisti ed investimenti.
•
E’ stato previsto un consistente
impegno migliorativo e dl potenziamento,
strutturale e di personale, di tutti i servizi
di forte impatto socio-sanitario sul territorio, quali la Medicina scolastica, i
Consultori familiari, le Unità Operative di
riabilitazione, l’Assistenza domiciliare integrata (ADI), i servizi dipartimentali di
Prevenzione, Salute mentale e delle Dipen-
denze patologiche.
Programmi finalizzati al la prevenzione,
primaria e secondaria, con particolare attenzione alle patologie individuate dal Piano Sanitario Nazionale, sono stati attivati
o sono in fase di progettazione, per garantire risultati efficaci ed efficienti; tali programmi saranno realizzati con il
coinvolgimento coordinato di più settori
dell’Azienda e dei Medici di medicina generale e Pediatri di libera scelta. importanti
ambiti della prevenzione sono rivolti al
controllo dello sviluppo psico-fisico del
bambino e alla prevenzione dell’handicap
in generale, sia in età evolutiva che adulta.
Sono in fase di sperimentazione ed
attivazione forme di deospedalizzazione
tramite un impulso della degenza in dayhospital laddove questa può sostituire il
ricovero ordinario, l’incremento della
ricettività di case-alloggio e gruppi-appartamento per i pazienti psichiatrici, l’attivazione dell’ADI.
E’ stato considerato un riassetto
organizzativo del servizio di Pneumologia,
che è stato anche dotato di nuove
strumentazioni, e troverà una soluzione
integrativa con l’ADI per quanto attiene
alla ossigenoterapia domiciliare.
Obiettivi in ambito di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori hanno
impegnato l’Azienda sia per quanto attiene i compiti di vigilanza, informazione e
consulenza verso imprese esterne con un
potenziamento dello SPESAL, sia per
Quanto attiene i propri operatori con la
costituzione del servizio aziendale di Prevenzione e Protezione.
Nel territorio di Molfetta sono stati
completati i lavori di adeguamento dell’ex
Preventorio, una struttura situata in posizione favorevolissima, dotata di tutti i più
moderni comfort alberghieri e di avanzate
attrezzature tecnologiche, presso cui
l’Azienda è proiettata a realizzare un importante Centro di riabilitazione ad alta
specializzazione, che possa contribuire a
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colmare la grave carenza di strutture
riabilitative presenti nella Regione.
In un ottica di attenzione e cura verso
il territorio l’Azienda, dopo aver favorito il
processo di deistituzionalizzazione dell’Ospedale Psichiatrico, ha assunto anche
l’impegno di collaborare e dare supporto
alla progettazione e realizzazione del processo di riconversione dell’istituto
Ortofrenico della Congregazione “Ancelle
della Divina Provvidenza” di Bisceglie in
collaborazione con il nuovo “management”
gestionale-amministrativo dell’ Ente.
La Qualità dei servizi, in generale, è
determinata dalla corretta gestione delle
risorse e dalla condivisione da parte di
tutti gli operatori della missione e degli
obiettivi dell’Azienda; pertanto è stata
dedicata una particolare attenzione all’attività di formazione e aggiornamento del
personale, dirigente e non, che deve realizzarsi in forte coerenza e adesione alle
finalità e agli obiettivi aziendali.
Nel 2001 l’avvio a pieno regime della
metodica di gestione per budget, a tal fine
sono stati già individuati i centri di costo
e di responsabilità, consentirà di
razionalizzare l’assegnazione delle risorse economiche ai vari Servizi e di perseguire un governo più mirato all’efficienza
oltre che all’efficacia dei risultati.
Infine, va ricordato che l’Azienda può
soddisfare le esigenze del cittadino e gestire con criteri di buona amministrazione
le proprie risorse solo se ha sviluppato
un adeguato sistema informativo, l’Amministrazione intende completare entro il
2001 il processo di informatizzazione
aziendale che sarà, in seguito, collegato a
quello regionale. Questo consentirà di
disporre di banche-dati, reporting e flussi
informativi che saranno il supporto fondamentale dell’attività di programmazione, verifica di risultati e controllo sulla
qualità e sull’uso corretto ed efficace delle risorse, che sono patrimonio della collettività.
La gestione economica dell’Azienda
è solida, tuttavia in considerazione della
qualità e complessità degli obiettivi conseguiti, dell’elevato livello e della gamma
di prestazioni che sono offerte, nonché
degli impegni che saranno certamente
condotti a buon fine, in favore della collettività, sarà opportuno che la Regione
Puglia riconsideri la quota capitaria FSR
da assegnare all’Azienda.
* Direttore Generale AUSL BA/2 Barletta
Errata Corrige TuttoSanità bimestrale N. 48 Luglio 2000
Chiediamo scusa ai lettori
Sul n. 48 di TuttoSanità abbiamo pubblicato a pag. 9 il riepilogo della spesa farmaceutica della Regione Puglia per gli
anni 1998 e 1999. Purtroppo, per via di un disguido verificatosi in tipografia, la tabella è stata riprodotta in maniera distorta
e fuorviante. Anche il breve commento ai dati è stato di riflesso vanificato.
Siamo profondamente rammaricati per l’inconveniente , per il quale chiediamo scusa ai lettori e ripubblichiamo correttamente la tabella in questione.
Az. Usl
Importo lordo
1998
Importo lordo
1999
"Var.%
9 9-98"
BA/01
69.139.294.000
72.794.527.000
BA/02
75.589.636.000
Spe sa lorda
pro capite
annua 1998
Spe sa lorda
pro capite
annua 1999
"Var.%
9 9-98"
6.060.432.000
255.912
270.780
5,81
6.903.007.000
6.708.267.000
237.204
243.072
2,47
Importo tic ke t
1998
Importo tic ke t
1999
5,29
6.267.850.000
77.181.473.000
2,11
BA/03
53.872.417.000
60.368.493.000
12,06
230.340
259.512
12,66
BA/04
183.482.929.000
194.955.735.000
6,25
16.147.585.000
15.662.818.000
271.572
290.400
6,93
BA/05
67.183.087.000
75.924.376.000
13,01
6.048.180.000
6.287.135.000
251.928
286.668
13,79
BR/01
104.620.252.000
116.616.208.000
11,47
10.270.232.000
10.610.354.000
218.016
244.548
12,17
FG/01
54.666.634.000
56.977.976.000
4,23
5.042.424.000
216.120
225.756
4,46
FG/02
58.121.043.000
59.568.671.000
2,49
239.508
245.820
2,64
FG/03
73.995.566.000
81.349.120.000
9,94
238.764
263.712
10,45
LE/01
139.589.610.000
152.317.049.000
9,12
263.376
288.336
9,48
LE/02
97.942.641.000
115.093.454.000
17,51
250.296
296.940
18,64
TA/01
172.090.874.000
192.583.072.000
11,91
252.636
284.676
12,68
Regione
1.150.293.983.000
1.255.730.154.000
9,17
247.284
271.464
9,78
8.693.142.000
101.899.538.000
102.691.774.000
Il raffronto tra la spesa farmaceutica lorda 1998 e quella 1999 della Regione Puglia vede un incremento percentuale del 9,17%
(9,78 % come spesa lorda pro capite).
In particolare in termini assoluti da L. 1.150.293.983.000 del 1998 l’importo risulta passato a L. 1.255.730.154.000 del 1999 (in
termini pro capite da L. 247.284 del 1998 a L. 271.464 del 1999).
Tra le 12 Aziende USL pugliesi, sempre per quel che riguarda la spesa pro capite, il picco di incremento più alto è fatto
registrare dalla LE/2 (+ 18,64%), seguita dalla BA/5 ( + 13,79%), TA/1 (+ 12,68%), BA/3 (+12,66%) e BR/1 (+ 12,17).
Gli incrementi più contenuti, invece, nel biennio 1998-99, sono quelli della BA/2 (+ 2,47 %) , della FG/2 (+ 2,64%) e della FG/
1 (+ 4,46%).
L’importo complessivo del ticket versato dagli utenti nel 1999 si è attestato su L. 102.691.774.000 (101.899.538.000 nel 1998).
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Un’Azienda Sanitaria orientata
ad un moderno progetto gestionale
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Pianta organica, concorsi, dirigenza Medica, adeguamento tecnologico, edilizia sanitaria, comunicazione aziendale, A.D.I. ... il punto della situazione con Santo Monteduro, Direttore Generale della Azienda
Sanitaria del Sud Salento AUSL LE/2 di Maglie
15 Primari Ospedalieri, 5 Direttori
di Distretto socio sanitario, 2 Direttori
di Servizi Sovradistrettuali, 30 Medici
Specialisti... il colloquio con il dr.
Monteduro inizia con questa anticipazione, nei prossimi giorni la AUSL LE/2 di
Maglie avvierà e provvederà alla pubblicazione o ripubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale dei Bandi per la selezione di importanti figure dirigenziali. Nel dettaglio
si tratterà di:
Foto
monteduro
A) n° 22 Direttori di Struttura Complessa, già 2° livello dirigenziale) per le
discipline di :
• Medicina Generale Ospedale di
Gagliano del Capo
• Cardiologia Ospedale di Gallipoli
• Pediatria Ospedale di Gallipoli
• Pediatria Ospedale di Casarano
• Radiologia Ospedale di Casarano
• Radiologia Ospedale di Scorrano
• Chirurgia Generale Ospedale di
Gagliano del Capo
• Chirurgia Generale Ospedale di
Gallipoli
• Neurochirurgia Ospedale di
Casarano
• Ortopedia Traumatologia Ospedale
di Casarano
• Ortopedia Traumatologia Ospedale
di Poggiardo
• Ostetricia Ginecologia Ospedale di
Casarano
• Ostetricia Ginecologia Ospedale di
Gagliano del Capo
• Urologia Ospedale di Gallipoli
• Anestesia - Rianimazione Ospedale
di Poggiardo
• Medicina Fisica e Riabilitazione Servizio centrale sovradistrettuale
• Medicina Scolastica Servizio centrale sovradistrettuale
• 5 Direzioni di Distretto Socio Sanitario
B) n° 30 Dirigenti Medici (già 1° Liv.
dirigenziale) :
• n° 1 Cardiologia
• n° 1 Psichiatria
• n° 3 Chirurgia Generale
• n° 5 Neurochirurgia
• n° 5 Ortopedia traumatologia
• n° 5 Radiiodiagnostica
• n° 10 Anestesia - Rianimazione
La AUSL LE/2 propone oggi, secondo il suo Direttore Generale, nella convinzione che la buona Sanità dipenda comunque sostanzialmente da buoni Medici, un
più complessivo ed organico tentativo di
arricchire le proprie risorse umane ponendosi alla ricerca di nuovi Dirigenti chiamati ad ulteriormente qualificare importanti
settori operativi ed a migliorare i livelli di
assistenza a favore dei Cittadini Utenti.
La nomina dei nuovi Dirigenti - dice
Monteduro - potrà avvenire in un arco di
tempo relativamente breve e sarà determinante per ridare certezza di riferimenti
organizzativi e nuovi contributi di professionalità ad importanti Unità Operative di
Ospedali che, in ambiti territoriali e con
bacini di utenza diversificati, svolgono
un ruolo essenziale per la realizzazione
delle finalità istituzionali della Azienda.
Peraltro si tratta solo di tasselli, sia
pur importanti, nel complesso mosaico
della Pianta Organica della Azienda, approvata , dopo un lungo lavoro di verifica, ricognizione e confronto con le parti
sociali alla fine del 1998 e di cui è stata
avviata la completa copertura con una
serie di procedimenti amministrativi già in
corso.
Attraverso la imminente applicazione
dei Contratti Collettivi Nazionali del personale di Comparto e della Dirigenza e
l’espletamento di tutti i CONCORSI già
banditi nei mesi scorsi e di prossima
indizione, sarà possibile adeguare la effettiva attività di tutte le Strutture ed Unità Operative in cui si articola la Azienda
agli obiettivi di ottimizzazione dei livelli
di efficienza ed economicità di tutte le prestazioni.
Per quel che concerne i posti di personale non dirigente, è noto che il CCNL
7.4.1999 impone alle Aziende Sanitarie di
procedere prima alla riclassificazione del
personale in servizio ed all’espletamento
delle procedure di progressione verticale
riservate agli interni prima di poter procedere alla copertura di posti mediante concorsi pubblici.
Una tappa fondamentale in questa direzione è stata compiuta dalla AUSL LE/
2, con la approvazione nei mesi scorsi,
dopo lungo confronto con le OO.SS., del
Contratto Integrativo Aziendale con il
quale, fra l’altro, sono state definite le risorse economiche, le procedure ed i criteri che consentiranno, a brevissimo termine, l’avvio della fase finale della applicazione di importanti istituti contrattuali. Il
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coincidente accumularsi di una serie di
procedure selettive particolarmente onerose e complesse ( che concernono la
applicazione dei Contratti e lo svolgimento dei concorsi sia interni che pubblici nel
contesto di una Azienda che ha circa 3550
dipendenti in servizio, 4034 posti di organico, 6 Distretti socio sanitari, 6 Ospedali
ed una infinità di strutture ed Unità Operative) stante la insufficienza quantitativa
delle risorse umane e strutturali a disposizione negli Uffici Amministrativi competenti, ha indotto la Direzione Generale
ad attribuire carattere di vera e propria
emergenza al problema. Pertanto, con il
contributo determinante della R.S.U. e
delle OO.SS. aziendali, è scelta precisa
della Direzione Generale quella di giungere nei prossimi giorni alla approvazione di
una serie di Progetti Obiettivo che, al meglio utilizzando le risorse economiche accantonate in sede di quantificazione degli appositi Fondi previsti dal Contratto,
consentiranno anche di adeguatamente
incentivare appositi gruppi di lavoro con
l’obiettivo di pervenire nel giro di pochi
mesi alla applicazione a regime del C.C.N.L.
ed all’espletamento di tutte le procedure
concorsuali, oltre che alla realizzazione di
taluni ulteriori obiettivi particolarmente
significativi sotto l’aspetto della innovazione tecnologica e della ottimizzazione
del rapporto costo benefici in importanti
settori di attività sanitaria ed aziendale.
La copertura dei posti di organico non
è operazione legata - dice Monteduro - a
contingenti necessità dei singoli Reparti
o Uffici, ma si inquadra negli obiettivi più
vasti e di medio termine contenuti da ultimo nel
PIANO GENERALE DELLA
AZIENDA 2000 - 2001
E’ stato approvato con deliberazione
n° 1212 10.5.2000.
Il Piano aziendale, definito dopo ampio confronto che ha visto coinvolta la
Rappresentanza della Conferenza dei Sindaci, il Consiglio dei Sanitari, i Medici di
Base, il Collegio Sindacale, le stesse
OO.SS., partendo da una analisi dettagliata e rigorosa dei dati di attività relativi alla
domanda di assistenza sia di livello territoriale che di tipo ospedaliero inquadrata
nei contesti strategici rappresentati da:
• Adozione della contabilità economi-
co patrimoniale;
• Adozione del sistema di controllo di
gestione e budget;
• Riorganizzazione delle strutture e dei
processi amministrativi;
• Completamento degli strumenti informatici di supporto, disegna alcuni
obiettivi di medio termine di particolare
valenza socio sanitaria; per estrema sintesi possiamo elencarne alcuni. riferiti a
diversi settori di attività:
OSPEDALI
Graduale applicazione, in funzione
della cronologia di raggiungimento dei
diversi obiettivi aziendali, del Piano di Riordino della Rete Ospedaliera e del Sistema
di Emergenza Urgenza, già approvati dal
Consiglio Regionale.
Tale obiettivo sarà raggiunto anche
attraverso l’accorpamento funzionale degli attuali Presidi Ospedalieri nei seguenti
tre poli:
• Polo Ospedaliero 1 ( SUD OVEST)
Casarano / Gagliano, dove lo “Stabilimento” di Casarano rappresenterà il Presidio
di riferimento;
• Polo Ospedaliero 2 ( NORD EST)
Maglie/Poggiardo/Scorrano, dove lo “stabilimento” di Scorrano sarà il Presidio di
riferimento;
• Polo ospedaliero (OVEST) 3 Gallipoli
All’interno di questi contenitori il Piano Strategico aziendale individua una serie di obiettivi e nuovi dimensionamenti
delle attività relative a:
• Area Riabilitativa
• Area di Terapia Intensiva e
Subintensiva
• Area Chirurgica
• Area Medica
• Area Materno Infantile
• Area dei Servizi di Supporto
• Area di Pronto Soccorso
Fermo per ora restando tale contesto programmatico, particolarmente importanti appaiono alcuni obiettivi più urgenti nella direzione della specializzazione
della assistenza ospedaliera, quali, in
AREA CHIRURGICA:
• Chirurgia toracica nel P.O. di Gallipoli
• Chirurgia plastica nel P.O. di Scorrano
• Chirurgia vascolare nel P.O. di Scorrano
• Odontostomatologia nel P.O. di
Gallipoli
• ovvero, nel contesto di Area Medica, la attivazione, definita prioritaria, di
• Oncologia nel P.O. di Casarano
• Pneumologia nel P.O. di Gallipoli
• Malattie Infettive nel P.O. di Gallipoli
• Gastroenterologia nel P.O. di Scorrano nonchè, nel rispetto delle necessarie
compatibilità finanziarie,
• Odontostomatologia nel P.O. di Scorrano
• Urologia nel P.O. di Poggiardo
• Oculistica nel P.O. di Poggiardo
• Neurologia nel P.O. di Gallipoli e di
Scorrano
Anche nel settore della Assistenza territoriale sono programmati precisi obiettivi di
breve e medio termine, con riferimento particolare a Assistenza Psichiatrica e della Riabilitazione dall’Handicap:
Consultori Familiari,
Assistenza domiciliare,
Assistenza pediatrica
Assistenza domiciliare pediatrica.
A conferma della attenzione rivolta
dalla Direzione Aziendale al reale andamento dei livelli di efficienza delle prestazioni ed alla qualità della domanda e della
offerta sanitaria, ci sono da un lato la attivazione, ormai in corso, della attività specialistica di SENOLOGIA nel Presidio
Ospedaliero di Casarano ( si tratta di una
importante anticipazione del più organico e complessivo disegno aziendale in
materia di Prevenzione e cura dei Tumori); dall’altro la stessa, recente, sospensione, formalizzata con deliberazione del
Direttore Generale n° 1835 22.6.2000, della Unità Operativa di Neurochirurgia nello stesso Presidio di Casarano; decisione
certamente difficile, ma resa necessaria,
come si legge nello stesso atto amministrativo, sia da situazioni di estremo disagio per gli utenti e per gli operatori, che
sono reiteratamente esplose investendo
organi giurisdizionali, politici, amministrativi sia da obiettive considerazioni tecnico sanitarie rappresentate fra l’altro dallo
stesso Dirigente responsabile.
Attrezzature ed Adeguamento
Tecnologico
Il dr. Monteduro ci riferisce che è in
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dirittura d’arrivo la procedura per l’installazione nell’Ospedale di Casarano delle
apparecchiature per la Risonanza Magnetica Nucleare che, colmando una grave
lacuna di tutta la rete ospedaliera
aziendale, migliorerà le capacità di diagnosi strumentale e permetterà la riduzione
del ricorso ad altre strutture sanitarie pubbliche o private, con ogni conseguente
beneficio finanziario.
Pur mancando ormai da anni specifiche assegnazioni finanziarie per acquisti
di attrezzature sanitarie in conto capitale,
nel corso dell’ultimo triennio, in parte utilizzando residue disponibilità delle disciolte UUSSLL, in parte con i fondi correnti
della gestione aziendale, si è provveduto
a fronteggiare adeguatamente le emergenze intervenendo nel ripristino e messa a
punto degli impianti, nella manutenzione
delle strutture e nell’acquisto di numerose apparecchiature sopratutto per gli
Ospedali e, in particolare, nel settore dell’emergenza (ambulanze, apparecchiature
di Anestesia e Rianimazione, tavoli operatori, gruppi di continuità, impianti ed
attrezzature per dialisi, defibrillatori,
videoendoscopi, laparoscopi, etc) Permane peraltro - ammette il Direttore - aggravandosi con il passar del tempo, una obsolescenza di fondo del patrimonio tecnologico, problema alla cui soluzione dovranno essere dedicati i massimi sforzi, a tutti i livelli istituzionali, nel
breve e medio termine. Le ristrettezze di
bilancio difficilmente sono accettate dal
Cittadino quale giustificazione valida per
un oggettivo scadimento dei livelli di assistenza, che mortifica anche le brillanti
capacità di numerosi Dirigenti Medici impotenti ad esprimere tutte le proprie
potenzialità.
E’ dunque alla studio un piano generale di ammodernamento tecnologico che,
attuato con gradualità e nel rispetto delle
varie priorità, porterà al rinnovo di grandi
impianti ed alla acquisizione di nuove importanti apparecchiature elettromedicali,
con positive ricadute sui livelli delle prestazioni sanitarie.
Ma la attenzione della Azienda è costantemente rivolta, ci dice ancora
Monteduro, agli essenziali momenti della
Prevenzione e della Riabilitazione. Ragioni di spazio ci impediscono di riferirne
compiutamente; ma ci pare che meriti particolare attenzione il Progetto “Rete” per
la attivazione in forma sperimentale di programmi di assistenza domiciliare integrata i (ADI) che hanno l’obiettivo di soddisfare le esigenze dei pazienti di qualunque età che hanno bisogno di assistenza
continuativa.
Tali necessità possono essere soddisfatte da interventi di natura socio-sanitaria (assistenza infermieristica, riabilitazione, interventi del medico d’assistenza
primaria, dello specialista, ecc.) e/o da interventi di tipo sociale, (pulizia dell’appartamento, invio di pasti caldi, disbrigo
di pratiche amministrative, ecc.).
Il concreto sviluppo di tale attività, risulta tanto più necessario, poiché, come
più volte rilevato in questo periodo dalla
Direzione Generale, il tasso di
ospedalizzazione dei cittadini residenti sul
territorio della AUSL, ha raggiunto livelli
storicamente mai raggiunti.
Inoltre, precise direttive regionali individuano un certo numero di DRG, presenti per altro in grande numero nella produzione dell’azienda, che possono e devono essere trattati a domicilio.
Dalle analisi svolte, appare però, con
una certa evidenza, che la maggioranza
dei ricoveri che generano tali DRG, si riferiscono a patologie che, di fatto, non richiedono un ADI in senso stretto, soprattutto quando riferiti a soggetti di età inferiore ai 65 anni e autosufficienti, ma piuttosto di una semplice assistenza del
MMG.
A fronte di tale esigenza, come previsto dal DPR-484/96, l’Azienda ha attivato
con i MMG il progetto di Assistenza
domiciliare Programmata, avente come
obiettivo quello di garantire a domicilio
del paziente non ambulabile, la presenza
effettiva e periodica degli stessi.
Per i soggetti che invece necessitano
di un’Assistenza Domiciliare Integrata, in
senso stretto, identificabili in particolare
con gli ultra sessantacinquenni, che nella
maggior parte dei casi sono parzialmente
o totalmente non autosufficienti, L’azienda sta per attivare i necessari meccanismi
gestionali ed operativi.
L’incidenza nazionale della categoria
degli anziani sul finanziamento della spesa ospedaliera (da dati del Ministero della Sanità), è del 18,8% per la fascia di età
65-74 anni e del 34,4% per la fascia > di 75
anni.
A determinare l’importante dato rela-
tivo all’incidenza del bisogno ospedaliero
da parte di soggetti anziani concorre l’impossibilità di deospedalizzare, nella fase
post-acuta, i pazienti anziani verso:
• le RSA, per la carenza di posti letto in tali strutture;
• il domicilio, per l’assenza del governo della gestione della rete integrata
di servizi domiciliari per gli anziani.
Da tali dati appare evidente quanta
efficacia, in termini di riduzione della spesa sanitaria e di soddisfazione dei bisogni dell’anziano, possa avere un’iniziativa volta alla riduzione dell’utilizzo delle
strutture ospedaliere a favore della gestione integrata dell’anziano, non solo nella
fase post-acuta ma anche nell’assistenza
della sua disabilità che trova espressione
nelle sue diverse forme patologiche cronico - degenerative.
Tale necessità appare tanto più urgente poiché la grande crescita demografica
della popolazione anziana è, infatti, un
fatto ormai noto, così come la tendenza
all’espansione del fenomeno che progressivamente andrà sempre più aggravandosi.
A causa della difficile integrazione dei
due servizi, il sanitario ed il sociale, la risposta ai problemi/esigenze della domanda si rivela non essere adeguata e per di
più caratterizzata da alcuni gravi difetti che
impattano in modo rilevante nell’ambito
socio-economico, quali:
• le già citate ospedalizzazioni improprie;
• le diagnosi mediche incomplete,
che non tengono conto della valutazione
funzionale di un soggetto;
• lo scarso coordinamento tra assistenza sanitaria e servizi sociali;
• il sotto utilizzo delle tecniche
riabilitative;
• l’eccessiva prescrizione di farmaci.
L’Azienda, in linea con gli obiettivi
nazionali e regionali, intende modificare
questo stato di cose, offrendo ai propri
residenti un servizio qualitativamente superiore (efficacia) e maggiormente efficiente, attivando forme di assistenza integrata socio-sanitaria che tengano in
adeguata considerazione le problematiche
sopra evidenziate.
L’obiettivo di efficacia vuole essere
raggiunto attraverso l’applicazione di un
modello organizzativo che individui meccanismi di integrazione forte non solo fra
i servizi offerti dall’Azienda, in forma di-
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retta, avvalendosi di strutture esterne private, ma anche con quelli socio assistenziali offerti dalle strutture dei Comuni.
Appare opportuno pertanto, definire
una strategia di assistenza che ampli l’utilizzo dei servizi disponibili sul territorio,
integrando la componente sanitaria con
quella sociale e cercando di prolungare il
più possibile la permanenza dell’assistito
al proprio domicilio, prima del ricovero in
RSA o altra forma di ospedalizzazione.
Nella consapevolezza di dover affrontare situazioni nuove e mai sperimentate,
l’Azienda USL Lecce 2, intende pertanto
mettere a punto un modello gestionale
organizzativo
innovativo,
di
coinvolgimento sia della componente sanitaria sia di quella socio-assistenziale.
L’obiettivo di integrazione passa attraverso la realizzazione, da sottoporre ai
Sindaci dei comuni sul territorio, di un
unico ‘Governo’ dell’utilizzo dei servizi
della rete costituito da un Consorzio tra
AUSL e Comune, per l’erogazione dei servizi, e che sviluppi attività di:
• organizzazione e gestione della
domanda di servizi socio assistenziali;
• controllo dell’efficacia ed efficienza dell’utilizzo dei servizi erogati dai nodi
della rete socio-sanitaria.
La risposta operativa ai bisogni della
popolazione anziana consiste pertanto
nella realizzazione di uno ‘Sportello Unico
Integrato’ socio-sanitario attraverso il quale
raccogliere e valutare la domanda di assistenza e che prenda in carico il cittadino e
lo guidi nella fruizione dei servizi della rete,
sotto il controllo del ‘case manager’.
A tale funzione saranno chiamati,
dopo adeguate selezione e formazione,
soggetti individuati tra gli infermieri professionali e gli assistenti sociali, facenti
parte dei gruppi operativi, individuati dalla Delibera del Consiglio Regionale, 3 dicembre 1996, n.162.
Uno sportello unico socio-sanitario
così concepito può bene integrarsi sia con
le strutture di ricovero (ospedale, RSA,
ecc.) sia con i MMG, erogando ai cittadini il servizio appropriato ed economicamente più vantaggioso.
Il modello che si vorrebbe adottare,
previo verifica con i Sindaci dei comuni
che insistono sul territorio dell’Azienda,
prevede la costituzione del Consorzio fra
la AUSL ed il Comune per la gestione dello ‘Sportello Unico Integrato’.
Attraverso tale struttura si prevede da
un lato di conoscere le esigenze dell’anziano disabile bisognoso di assistenza sia
sanitaria che sociale ovvero un insieme
delle stesse e dall’altro gestire
l’erogazione dei servizi .
La valutazione del disagio e del bisogno effettuata attraverso l’acquisizione di
tutte le informazioni necessarie da parte
del case manager porterà, in sede di Unità
di Valutazione Geriatrica, integrata dalla
presenza del case manager, alla definizione del programma di assistenza.
L’integrazione in sede di UVG del case
manager permetterà di individuare tutte
le procedure socio assistenziali necessarie e volte all’intensivo utilizzo di tutte le
risorse presenti e disponibili nel territorio
per favorire il più possibile la permanenza
dell’anziano al domicilio prima di ricorrere
al ricovero in RSA ovvero favorire, attraverso un contatto continuo con l’ospedale, la pronta deospedalizzazione al decadere dei motivi di acuzia.
Il monitoraggio periodico dell’anziano
al domicilio da parte del case manager garantirà la continua valutazione dell’assistito, al fine di apportare le eventuali
modificazioni alle procedure di assistenza.
Con lo sviluppo di tale progetto, la
Direzione ritiene di qualificare grandemente l’assistenza erogata ai propri assistiti,
ponendo l’Azienda al medesimo livello
delle più avanzate realtà regionali ma anche Europee.
L’attuale organizzazione del Servizio
Riabilitativo Territoriale della A.U.S.L. Le/
2 risente ancora delle conseguenze del
trasferimento delle funzioni del ex CCR alle
UU.SS.LL. Questo passaggio ha comportato situazioni di disomogeneità tra i sei
Distretti, carenza di personale dirigenziale e di medici specialisti. Difficoltà operative sono inoltre da imputare all’eccessivo numero degli ambulatori e centri di riabilitazione che, se da una parte viene incontro ai bisogni logistici degli utenti, dall’altro si riflette negativamente sulla qualità del servizio.
L’Azienda U.S.L. Le/2 si sta muovendo, per migliorare il livello delle prestazioni riabilitative, in varie direzioni.
E’ in via di ultimazione l’espletamento
di diverse gare (per l’ammontare di
80.000.000) per l’acquisto di arredi, sussidi diagnostici, materiale didatticoeducativo ed attrezzature per gli ambula-
tori e per i laboratori dei centri riabilitativi
per giovani adulti e dei centri socio educativi per l’età scolare.
E’ in corso di espletamento, d’intesa
con i Comuni interessati, anche a seguito
della recente normativa regionale, la gara
di appalto per ottimizzare il servizio di trasporto dei disabili dalle rispettive abitazioni alle strutture riabilitative dell’Azienda (ambulatori e centri).
A seguito di apposita convenzione
stipulata presso il Ministero della Difesa
a Roma dal 18 maggio u.s. è possibile l’utilizzo di obiettori di coscienza per l’assistenza a soggetti portatori di handicap.
Tale iniziativa rappresenta un’opportunità per i giovani interessati che potranno
chiedere di svolgere il servizio civile presso la riabilitazione dell’Azienda.
Sono stati destinati 500.000.000 per
interventi in favore di portatori di handicap in situazione di gravità per interventi
di prevenzione nonché per interventi socio-sanitari contemplati dalla L.104/92.
L’apposita commissione ha già esaminato diverse istanze e si sta provvedendo
alla erogazione dei relativi contributi.
E’ in via di attuazione un progetto,
approntato in collaborazione con l’Istituto Tecnico Commerciale di Maglie, per l’allestimento della banca dati degli operatori e degli utenti dei servizi di riabilitazione
ed integrazione scolastica e del quadro
delle patologie dell’handicap, dei disturbi e delle difficoltà di integrazione.
La consapevolezza della complessità
e dell’importanza del servizio riabilitativo
ha spinto la Direzione Generale a coinvolgere il prof. Adriano Ferrari, Direttore del
Presidio Regionale per le Disabilità Infantili dell’Azienda Ospedaliera “Arcispedale
S. Maria Nuova” di Reggio Emilia, che sta
collaborando nella elaborazione di un piano di riorganizzazione del servizio
riabilitativo.
…a proposito di Edilizia Sanitaria
Il riferimento alle RSA fa scivolare il
colloquio con il dr. Monteduro sul tema
importante della edilizia sanitaria. Ed a
questo punto il Direttore ci ricorda, sull’argomento, tante mezze cattedrali
ospedaliere, indicate da alcuni come monumenti allo spreco del pubblico denaro,
costruite negli scorsi decenni, al di fuori
di qualunque pianificazione, all’ombra
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soltanto dei campanili. Ricorda che il Senato ha di recente concluso una indagine, per la verità ormai vecchia quasi quanto il suo oggetto, tendente a realizzare
proprio una mappa delle “incompiute” di
questo tipo ed a capire le ragioni, caso
per caso, dei ritardi decennali accumulatisi. Nel nostro territorio alla fine del 1994 le
situazioni più critiche erano quelle del
nuovo Ospedale di Gallipoli ( iniziato nel
1973), del completamento dell’Ospedale
di Scorrano (iniziato nel 1975) e della attivazione della nuova ala dell’ospedale di
Maglie , ultimata da tempo ma tristemente
vuota. Ma già nel 1996 l’Ospedale di
Gallipoli è stato attivato per due dei tre
corpi di fabbrica di cui è costituito e proseguono attivamente i lavori per la
ultimazione della 3^ torre. Il cosiddetto
“Fungo” dell’Ospedale di Maglie ha potuto accogliere nel giro di pochi mesi, così
come prevedeva l’originario suo Progetto, il Laboratorio Analisi e la Radiologia;
più di recente si sono aggiunti i servizi di
Farmacia, di Anestesia, gli Ambulatori di
Chirurgia e anche l’ultimo piano ormai da
un anno è stato occupato da un nuovo
moderno Comparto Operatorio.
Nel 1997 è stata inaugurata la nuova
ala grande ala dell’Ospedale di Scorrano,
il che ha permesso il trasferimento dei principali Reparti di diagnosi e cura e l’avvio
di importanti ulteriori interventi di manutenzione straordinaria.
Sempre a Scorrano sono state costruite nuove Sale operatorie, già attive e funzionanti.
Qui di seguito tentiamo di riassumere in estrema sintesi le più recenti procedure che il Direttore Generale ci riferisce di aver posto in essere e finalizzate
alla piena utilizzazione degli appositi
fondi messi a disposizione dalla Giunta
Regionale, rivenienti dall’art. 20 della
L. 67\88.
COMUNICAZIONE AZIENDALE
Il discorso si sposta quindi sulle dimensioni e sulle caratteristiche territoriali
della Azienda; qui Monteduro ricorda lo
sforzo necessariamente effettuato per inserire la AUSL nei più moderni circuiti di
comunicazione sforzo che di recente ha
portato alla attivazione del nuovo Sito
WEB all’indirizzo:
HTTP://WWW.asl2maglie.le.it ed al
collegamento della Azienda stessa, a mez-
zo della propria Local Area Network ( LAN
), all’ “universo” di INTERNET.
La “autonomia imprenditoriale” delle
Aziende UU.SS.LL. introdotta dalla Riforma TER, la liberalizzazione dell’offerta nei
servizi sanitari, l’inserimento nel processo già da anni in corso di informatizzazione
della P.A. hanno imposto un intervento
che garantisse minimi livelli di efficienza
infrastrutturale e maggiore visibilità e conoscenza dei servizi offerti dalle strutture
sanitarie aziendali, insieme alla possibilità di accedere a banche dati di tutto il
mondo di importanza essenziale ai fini del
costante aggiornamento tecnico professionale e scientifico del personale di tutti
i servizi.
Dal punto di vista tecnico premessa
essenziale dell’intervento è stata la installazione degli apparati occorrenti per la
realizzazione della LAN aziendale, consistente di n° 12 Local Area Networks, una
per ognuna delle 12 sedi ospedaliere e territoriali interessate, intercollegate a mezzo di Router.
La esistenza e funzionalità della LAN
aziendale ha consentito, a costi relativamente limitati, una rapida connettività ad
INTERNET con la installazione e configurazione di un apposito SERVER WEB
di proprietà aziendale; contestuale è stata la realizzazione del Sito dinamico
aziendale WEB ( consistente di home
page, menu, diversi link per struttura, area
visitatori, spazio per news, posta elettronica, etc).
E’ in corso di attivazione lo specifico
software di INTRANET documentale
Aziendale, finalizzata ad ottimizzare le esigenze organizzative di coordinamento e
comunicazione fra tutti i servizi di tutte le
strutture aziendali; potranno così attivarsi le più moderne ed utili applicazioni operative di bacheca elettronica, di notiziario
flash, la rubrica telefonica comune e generale, di ricerca full text, una congrua
banca dati documentale, posta elettronica interna, etc
La pagina WEB realizzata offre al
“navigatore” esterno la visione analitica
dei servizi sanitari territoriali, dipartimentali ed ospedalieri in cui si articola la
AUSL; è così oggi possibile conoscere
on line i Reparti ospedalieri funzionanti, i
nomi dei Medici, gli orari degli Ambulatori, la esatta dislocazione di tutti i servizi, i
numeri di telefono, etc etc.; la struttura
Carta dei Servizi
del SITO WEB è tale da consentire in qualunque momento la realizzazione di ulteriori servizi di particolare utilità, con riferimento soprattutto a quelli di prenotazione unificata delle prestazioni sanitarie.
Il Sito realizzato ( e visibile, ripetiamo,
all’indirizzo www.asl2maglie.le.it) per buona parte rappresenta la versione telematica della GUIDA AI SERVIZI SANITARI,
pubblicata in forma cartacea dalla Azienda nei mesi scorsi, distribuita presso gli
URP aziendali, già inoltrata a tutti gli Enti
ed Istituzioni del territorio ed a parte delle
famiglie del territorio della Azienda.
La GUIDA AI SERVIZI SANITARI ,
aggiornamento della carta dei Servizi della Azienda USL LE\2, sia nella versione
cartacea che in quella on line è stata concepita anzitutto come uno strumento di
immediata consultazione e facile lettura
per il Cittadino.
Anche a costo di offrire una immagine di eccessiva sobrietà, si è preferito dare
priorità alle esigenze di immediata e facile
consultazione rappresentate dal singolo
utente esterno all’apparato, molto più che
a quelle degli addetti ai lavori o dei più
esperti cybernauti, realizzando uno strumento di comunicazione agile e snello,
gradevole e maneggevole anche nelle dimensioni e nella veste grafica, concepito
esso stesso un SERVIZIO in più per chi
ha bisogno di Sanità.
Si tratta di passi importanti del processo di unificazione sostanziale delle
Strutture e, dunque, di Aziendalizzazione,
processo che non può avvenire, secon-
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Pre v. co llettiva
A
Loca lizza zione
Dip a rtimento
di
preve nzione
A1
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5 .0 00
Se rvizi ter ritoria li
B
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S e rvizi
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strutture
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D1
2 .0 00
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2 .0 00
1 3 .500
1 0 .000
1 2 .000
7 .0 00
8 .0 00
P oggiar do
2 .0 00
Tric a se
2 .0 00
1 5 .550
1 3 .500
Ga gliano
S corr ano
Totale
per
A. U SL
Le /2 Ma glie
7 .0 00
8 .0 00
6 .0 00
8 .0 00
2 .0 00
Ca strignano
0
Lecc e
0
Uge nto
2 .0 00
2 .0 00
O tranto
0
Ale ss ano
0
S upe rs ano
0
a ltro C omune
5 .0 00
2 .5 00
4 .0 00
a ltro C omune
5 .0 00
1 .0 00
4 .0 00
1 .0 00
4 .0 00
a ltro C omune
a ltro C omune
4 .0 00
a ltro C omune
4 .0 00
a ltro C omune
4 .0 00
RSA es is tenti
4 .0 00
Totale
5 .0 00
0
1 0 .000
1 0 .000
4 .5 00
0
2 8 .000
5 .0 00
0
3 1 .500
2 1 .550
110 .5 50
(valori in milioni di Lire)
do Monteduro, se non garantendo
prioritariamente al Cittadino la conoscenza reale e dettagliata di tutte le articolazioni
funzionali della AUSDL; se è vero che
sia nella versione cartacea che in quella
informatica si è realizzato uno snello strumento di consultazione unificata e rapida
e servizi sanitari del basso Salento, che
ha contribuito ad avviare il superamento
di dannose concezioni campanilistiche
delle strutture sanitarie, rischio sempre in
agguato nel contesto di un territorio che
si articola in 57 Comuni, 350.000 abitanti
circa, 6 Distretti socio sanitari, 6 Presidi
Ospedalieri con oltre 60 fra Divisioni e
Servizi, 34 sedi di Guardia Medica, 3 Dipartimenti, 23 Consultori Familiari, 271
medici di base, 47 pediatri di base, 22
ambulatori di riabilitazione, 28 centri prelievo, 63 specialisti ambulatoriali, una se-
rie di strutture private transitoriamente
accreditate etc
La pubblicazione del NOTIZIARIO
( foglio di informazione aziendale ) , la
pagina 567 di TELEVIDEO regionale ( su
cui il cittadino utente può trovare notizie
di particolare interesse ed attualità relative ai servizi sanitari del territorio), la realizzazione del Logo Aziendale, i Posters
di comunicazione, insieme alla GUIDA
nelle sue versioni cartacea ed informatica
sono alcune delle testimonianze concrete
della attenzione che doverosamente si
dedica quotidianamente ai temi della Comunicazione, nella tentativo di contribuire a migliorare così il rapporto di fiducia
con il Cittadinoi utente.
Esigenze di spazio ci impediscono di
riportare integralmente il lungo colloquio
con Santo Monteduro; restano dunque
fuori da questo articolo importanti riferimenti alla Prevenzione ed alla Assistenza
Sanitaria di Base, al Dipartimento di Prevenzione, alla realizzazione di nuovi sistemi di contabilità generale e di contabilità
analitica per centri di costo; rimangono
fuori i riferimenti più diretti e problemi più
specifici di singoli Reparti e Servizi; il tema
del costruttivo rapporto con le Organizzazioni Sindacali Aziendali e della gestione del personale; le preoccupazioni legate all’andamento della spesa farmaceutica e numerosi altri aspetti di cui speriamo
di poterci in altra occasione occupare.
Dal colloquio viene però fuori la immagine di una Azienda viva, che esiste e
che tenta di crescere secondo un preciso
progetto gestionale, nel rispetto rigoroso
delle linee di indirizzo che in tutti i settori
vengono definite dall’Ente Regione.
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“OO.RR. Foggia: il coinvolgimento del personale
sugli obiettivi programmatici e aziendali
Il documento inviato alla dirigenza dell’Azienda Ospedaliera
La Direzione Generale degli Ospedali Riuniti di Foggia ha inviato ai dirigenti responsabili delle strutture
aziendali il “Documento di direttive”,
la nota informativa in cui sono raccolti
gli obiettivi programmatici, al fine di
coinvolgere tutto il personale dipendente, con riferimento ai rispettivi livelli di responsabilità funzionale.
Questo il testo del “Documento”:
“Sin dalla fine dell’anno 1999
l’Azienda ha formalizzato tutti i documenti di programmazione economico—finanziaria per l’anno 2000, procedendo, altresì, all’aggiornamento
del piano triennale e alla edizione di
quello annuale di interventi. La programmazione è stata mantenuta coerente con gli obiettivi e le azioni prioritarie previste dal Piano Sanitario
Nazionale e dagli strumenti di programmazione economico-funzionale
per il S.S.R. approvati dall’Amministrazione regionale.
L’intervento di importanti modifiche ordinamentali (nell‘anno 1999)
e, particolarmente, delle disposizioni
del D.Lgs. 229 del 19.6.1999 e del
D.Lgs. n. 517 del 21.12.1999, nonchè
l’approvazione del piano regionale
di riordino della rete ospedaliera
hanno comportato e comportano la
focalizzazione degli interventi della
Direzione sulla necessità di avviare
un’importante ridefinizione dell’Organizzazione Aziendale.
Il processo di dipartimentalizzazione è stato avviato e l’Azienda si
pone come punto di riferimento provinciale in tema di dipartimenti, in
ordine ai quali ha promosso anche
iniziative interaziendali, che sono
alla vigilia di prima applicazione
sperimentale e si possono considerare di “guida” per tutto il S.S.R.
Definiti gli adempimenti di competenza dell’Amministrazione regionale nei prossimi mesi sì darà anche
corso alla contrattazione dei protocolli attuativi di quelli di intesa tra
Regione e Università, al fine di consentire i1 completamento dell’architettura organizzativa aziendale con
la costituzione dei dipartimenti ad
attività integrata, previsti dall’art.
3 del citato D. Lgs. n. 517/99.
L’avvenuta sottoscrizione del
Contratto Collettivo Integrativo
Aziendale per il personale di comparto e la possibilità di sottoscrivere nei prossimi mesi quelli della Dirigenza, consentirà all’Azienda di
acquisire tutti gli elementi necessari
per definire la riorganizzazione
aziendale citata, con gli strumenti
della programmazione economicofinanziario.
Con costante attenzione al mantenimento di equilibrio economico,
si darà applicazione, anche graduale, agli strumenti del “riordino”,
alla completa dipartimentalizzazione aziendale e a quella, utile e possibile, interaziendale.
La consolidata applicazione di
sistemi di controllo direzionale e di
contabilità
analitica
aiuterà
l’Azienda in questo irnpegnativo
percorso.
La riprogettazione dell’organizzazione determinerà la complessiva
revisione del piano dei Centri di responsabilità, da ricostruirsi secondo
metodica innovativa che già costituisce know how avanzato aziendale.
Il processo di budget, per l’anno
2000, è stato avviato sin dalla fine
del 1999 con la citata definizione
del piano di interventi e la definizione degli obiettivi generali e specifici da conseguire. In particolare,
sin dall’inizio del mese di gennaio
2000 a tutte le Strutture aziendali
(ospedaliere, universitarie e generali) è stato formalmente partecipato il documento riepilogativo della
programmazione di periodo, con
l’esplicitazione delle modalità di
partecipazione dell’Azienda agli impegni regionali per il patto di stabilità interno (ex art. 28 della 1egge
n.448/1998) e la puntuale identificazione degli obiettivi da conseguire, sia in collegamento a quelli strategici del Piano Sanitario Nazionale
e della programmazione regionale
sia relativi a quelli specifici previsti
dall’Azienda.
Inoltre:
a) per gli obiettivi di collegamento con il Piano Sanitario Nazionale sono stati esplicitati i risultati
conseguiti nel periodo immediatamente precedente e sono state definite le nuove azioni, destinate al completamento di quelle già avviate, ovvero a nuovi steps di intervento;
b) per gli obiettivi regionali e
aziendali di coordinamento sono
state specificate sia mirate “azioni
positive” sia le corrispondenti performances attese, con contestuale
predeterminazione di appositi indicatori, che (ai fini di certezza dei
procedimenti di verifica e in tutti i
casi in cui è stato possibile) hanno
assunto evidenza numerica, assoluta
o relativa.
Per l’obiettivo di “adesione al
patto di stabilità interno” è stata
prevista continuità dell’impegno
aziendale di erogare servizi e assistenza sanitaria aggiuntivi a quelli
corrispondenti al finanziamento e
alla “remunerazione” garantita dal
S.S.N., pur garantendo condizioni di
mantenimento di equilibrio economico.
Tale ultimo vincolo non ha impedito all’Azienda di continuare a fìnanziare un adeguato piano annuale
di investimenti, per tecnologie sani-
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tarie e di elevato costo d’acquisto,
che per l’anno 2000 ha privilegiato il
rinnovo o il potenziamento di attrezzature sanitarie diagnostico-terapeutiche, di eccellenza e di elevato costo
d’acquisto, ritenute necessarie per
assicurare agli utenti un elevato grado di qualità tecnico-professionale e
all’Azienda il mantenimento di una
collocazione di riferimento anche per
gli altri soggetti pubblici erogatori di
assistenza sanitaria.
In coerenza anche con tali ultime
condizioni, nonché quale “contributo” al governo dell’offerta assistenziale e all’orientamento della domanda di salute verso le
Strutture
sanitarie pubbliche, nell’ambito
provinciale, hanno trovato motivazione le iniziative assunte dall’Azienda per la costituzione di
Strutture dipartimentali interaziendali, così rendendo effettività ai
principi di integrazione assistenziale, tra Ospedali e territorio, contenuti nell’innovata legislazione statale
e nei citati documenti regionali di
programmazione economico-funzionale per il SSR.
Finalizzati al miglioramento
complessivo della qualità
totale
dell’attività aziendale, sono stati assegnati come obiettivi comuni a tutti
i centri di responsabilità la progettazione e la sperimentale applicazione di percorsi diagnostico-terapeutici e/o di cura e assistenza.
L’aver approfondito l’esame della metodica da applicare consente
già all’Azienda di collaborare con
le ASL provinciali per la progettazione dei percorsi dell’utente, finalizzati per patologie di maggior frequenza o di particolare rilevanza assistenziale, ove ritenute, queste ultime, oggetto di interesse per interventi programmati e concertati.
Il raggiungimento di risultati
positivi, in relazione agli obiettivi
della programmazione di periodo
precedente, è stato anche conseguente allo sviluppo di managerialità della complessiva classe dirigenziale del1’Azienda e pone basi solide
per il perseguimento di ulteriori
azioni ed interventi riportati negli
strumenti di programmazione aziendali sopra richiamati e che sono considerati costitutivi del presente documento di Direttive”.
“Incontro alla vita” per la promozione
della cultura della donazione d’organo
Un progetto del coordinamento trapianti della AUSL BA/5
Non solo scienza ed organizzazione adeguata, ma anche e soprattutto una informazione efficace e trasparente per avviare una nuova cultura delle donazioni attraverso una “scelta ragionata e consapevole”. Sono questi i principi ispiratori della nuova
legge sui prelievi e trapianti di organi e tessuti, approvata in Italia, dopo un lungo e
travagliato iter burocratico.
Nella strategia culturale di informazione in atto nel Paese si inserisce il Progetto
di promozione della cultura della donazione “Incontro alla vita” del Coordinamento
Trapianti della Azienda USL BA/5; un progetto informativo-educativo che coinvolge gli Istituti Scolastici Superiori dei Comuni della ASL. Il primo elemento di
questo percorso è stato quello di verificare con un questionario -intervista negli
Istituti lo stato di conoscenza -consapevolezza in tema di donazione e trapianto.
Hanno aderito alla iniziativa 2887 (71% in media) tra studenti, docenti e personale
tecnico-amministrativo. Nella popolazione intervistata, l’opinione “favorevole alla
donazione” è risultata molto buona (83.3%); il grado di istruzione (laurea) ed il
sesso femminile sembrano influenzare in maniera positiva la scelta “favorevole”.
Le motivazioni “anch’io potrei aver bisogno di un trapianto” e del “ dono
libero e gratuito” sono state quelle più suffragate, anche se in percentuali diverse
nei tre gruppi, a testimonianza che i sentimenti di umanità e solidarietà, intrinseci
nell’atto di donazione, appaiono sufficientemente radicati; anche l’utilità sociale
della donazione e dei trapianti è ampiamente riconosciuta, pur in presenza di un
percepibile segno di logica individualista. I favorevoli sembrano avere idee molto
più chiare di quanto sembra emergere da chi esprime la contrarietà.
Sul versante della contrarietà, le motivazioni del “dubbio morte” e della “diffidenza Medici” sono quelle maggiormente espresse a conferma di meccanismi di
protezione verso la morte, negata dall’illusione pervasa nella nostra società che
vivremo molti anni, e verso il Servizio Sanitario Nazionale per presunte inadeguate
assistenze; in questo scenario trova terreno fertile anche la paura del commercio di
organi.
Al fine di avviare un’adeguata informazione ed avere idee molto più chiare su
cosa è un trapianto, sarà istituita in ottobre in ogni Istituto una Unità Didattica,
costituita da Docenti, Studenti e Personale tecnico-amministrativo, opportunamente “formati” dal Coordinamento Trapianti della ASL.
L’ Unità, integrata da Sanitari operanti nel settore trapiantologico, dalle Associazioni di Volontariato e da Testimonials, avvierà programmi di educazione che non
focalizzeranno l’attenzione sull’atto medico dei trapianti, che non si proporranno di
portare alla ribalta il trionfo della tecnologia, ma che convoglieranno i riflettori sul
valore sociale e morale del trapianto.
Un lavoro, complesso ed oneroso, che l’ Azienda USL BA /5 ha avviato con
obiettivi ben precisi:
- costruire una rete capillare tra USL e Scuola per favorire una educazione sanitaria attraverso un’informazione capillare sul ruolo del Servizio Sanitario Nazionale nella
tutela della salute;
- promuovere attraverso la conoscenza della donazione una maggiore solidarietà sociale;
- promuovere con un’adeguata informazione una “scelta ragionata e consapevole” in tema di donazione di organi alla luce della nuova normativa;
- affermare il diritto alla vita per i tanti pazienti in lista di attesa per trapianto.
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Un nuovo modello organizzativo all’avanguardia nella Sanità italiana
Parte la riorganizzazione dipartimentale
dell’I.R.C.C.S. “De Bellis” di Castellana Grotte
Con la nomina del Dott. Demma, primario chirurgo, a Direttore del Dipartimento di Terapia, l’Istituto di Ricovero
e Cura a Carattere scientifico Ospedale “S.de Bellis”ha avviato la fase di attuazione della riorganizzazione dipartimentale dell’Ente di Castellana Grotte
specializzato in Gastroenterologia, il
quale con tale atto si propone come
modello innovativodi organizzazione
sanitaria.
A tal proposito il Dott. Stefano
Bianco, Commissario Straordinario
dell’IRCCS, per il quale ben presto sarà
disponibile una nouva struttura moderna e all’avanguardia, ha dichiarato
“ Da tempo gli operatori dell’Istituto de Bellis avevano affrontato e
approfondito le problematiche e i
vantaggi della organizzazione dipartimentale, traendone indicazioni utili per risolvere i problemi del malato
in modo rapido ed adeguato. Condividendo tali obiettivi e su proposta
del Direttore Scientifico ho deliberato l’istituzione di 4 dipartimenti con
il relativo regolamento, redatto dal
Direttore Sanitario Dott. De Tommasi
capace di sperimentare una nouva
forma di organizzazione delle strutture sanitarie in grado di fornire prestazioni efficaci ed efficienti e di realizzare economie nell’interesse dell’azienda sanitaria.
Nell’ambito degli obiettivi propri
dei dipartimenti, per l’IRCCS de Bellis
considero prioritario sviluppare ed
esaltare le professionalità presenti,
superando la superbia dell’individualismo intellettuale per privilegiare il
lavoro interdisciplinare e responsabilizzando tutti gli operatori per assicurare al de Bellis una generazione di
manager della sanità del futuro che
sia in grado di vincere nella qualità la
concorrenza di strutture sanitarie europee e di garantire interventi e assi-
I Dipartimenti
1)
2)
3)
4)
Dipartimento di Diagnostica;
Dipartimento di Terapia;
Dipartimento di Ricerca di Base;
Dipartimento Amministrativo
1)
DIPARTIMENTO DI DIAGNOSTICA
Direzione Struttura Complessa: Patologia Clinica
“
“
“
Radiologia ed Ecografia
“
“
“
Anatomia e Istologia Patologica
“
“
“
Cardiologia
“
Struttura Semplice
Fisiopatologia Gastroenterologica.
Servizio con incarico Professionale Psicodiagnostica e Psicoterapia
2)
DIPARTIMENTO DI TERAPIA
Direzione Struttura Complessa Gastroenterologia Medica
“
“
“
Gastroenterologia Chirurgica
“
“
“
Ostetricia e Ginecologia
“
“
“
Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva
“
“
“
Endoscopia
Servizio con incarico Professionale Neonatologia
Direzione Struttura Semplice
Fisiopatologia della Riproduzione
Direzione Struttura Semplice
Pronto Soccorso
3)
DIPARTIMENTO DI RICERCA DI BASE
Direzione Struttura Complessa Biochimica Sperimentale
“
“
“
Biostatistica e Epidemiologia
“
“
“
Genetica
Direzione Struttura Semplice
Immunopatologia
Direzione Struttura Semplice
Fisiopatologia e Farmacologia Sperimentale
Direzione Struttura Semplice
Informatica Medica e Archivio Elettronico
4)
DIPARTIMENTO AMMINISTRATIVO
Direzione Struttura Complessa Provveditorato
Struttura Operativa Semplice Economato
Direzione Struttura Complessa Economico Finanziario
“
“ “
Personale
“
“ “
Legale e Affari Generali ,Servizio
Relazioni con il Pubblico
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stenza tecnica alle zone che si affacciano nel Mediterraneo.”
I dipartimenti “de Bellis”, costituiti
da unità operative omogenee, affini o
complementari, perseguono finalità
comuni a tutte le unità operative. La
loro composizione, così come
ridisegnano con approvazione e
coinvolgimento sostanziale di tutti gli
organismi istituzionali, prevede un Dipartimento di Terapia, costituito essenzialmente da Unità Operative con posti letto (Gastroenterologia Medica e
Chirurgia, Ostetricia e Ginecologia con
annesse Neonatologia e Fisiopatologia
della Riproduzione, Centro di
Rianimazione, Endoscopia e Pronto
Soccorso), un Dipartimento di Diagnosi, cui afferiscono il Laboratorio analisi, la Radiologia, l’Anatomia Patologica, la Cardiologia e la Fisiopatologia
Gastrointestinale,
un
Dipartimento di Ricerca di Base, costituito dalle Unità Operative di Biochimica, Epidemiologica, Genetica,
Immunopatologia, Fisiopatologia Sperimentale e Informatica Medica, e infine un Dipartimento Amministrativo.
Tali aggregazioni compiti assegnati, adottando regole condivise di comportamento assistenziale, didattico, di
ricerca, etico ed economico. In ciò il
Direttore di Dipartimento ha un ruolo
fondamentale, controllando l’aderenza dei comportamenti con gli indirizzi
generali, definiti dal Comitato di Dipartimento, nell’ambito della gestione del
personale, dei piani di ricerca, di studio
e di didattica e assicurando il funzionamento del dipartimento con l’attuazione dei modelli organizzativi stabiliti.
I dipartimenti deliberati sono tutti
finalizzati alla risoluzione dei problemi
di malattia e di ricerca in campo
gastroenterologicoe in quello della
procreazione assistita. Il nuovo modello di sperimentazione organizzativa
mira all’accrescimento dell’efficienza
delle prestazioni erogate, a razionalizzare i costi e ad una corretta gestione delle risorse, basti pensare ai
posti letto la cui gestione dipartimentale è finalizzata a risolvere i problemi
di salute del cittadino essendo svincolata dalla rigida appartenenza ai singoli reparti e quindi da logiche clientelari.
Il Cittadino, quindi, con i suoi problemi di salute sarà al centro del sistema sanitario.
MOBBING: diagnosi e valutazione
di un nuovo problema sanitario
Gianni Ferrucci *
Una forma di nevrosi determinata da fattori insiti nei rapporti di lavoro che
assume una importante connotazione se si considera che oggi, i processi di
“aziendalizzazione” e di “privatizzazione” hanno provocato una serie di sostanziali
cambiamenti nei ruoli e nelle modalità lavorative dei dipendenti. Il nuovo sistema di
lavoro, basato sui risultati e sul controllo della qualità e della produttività anche in
grandi organizzazioni erogatrici di servizi (come le ASL), comporta una inevitabile
revisione e della cultura e del modo di lavorare di molti dipendenti, forse eccessivamente abituati ad una organizzazione burocratica e, per taluni aspetti, meno responsabilizzante e di impegno routinario.
Il “mobbing” è una realtà esplosa di recente e che interessa, in modo specifico
categorie di lavoratori a particolare rischio come quelli della Sanità.
In termini concreti la parola deriva dal verbo inglese “to mob” che significa
“assalire, aggredire” per la qual cosa questa patologia,oggi tanto discussa, indica il
malessere derivante dal comportamento persecutorio di dirigenti e/o colleghi di
lavoro. In Italia si stima che vi siano circa 1 milione di lavoratori vittime di mobbing e,
seguendo studi iniziati non più di un decennio fa negli Stati Uniti ed in Svezia, questo
fenomeno dovrà certamente essere controllato e ulteriormente approfondito.
La stessa proposta di legge n° 1813 presentata alla Camera, il 9 luglio 1996, la
proposta di Legge n° 6667 presentata alla Camera il 5 Gennaio 2000 e il D.D.L.
presentato al Senato il 21 Ottobre 1999 mostrano particolare attenzione alla violenze
morali ed alle persecuzioni psicologiche nell’ambiente di lavoro.
Questa forma di nevrosi determinata da fattori insiti nei rapporti di lavoro assume una importante connotazione se si considera che oggi, i processi di
“aziendalizzazione” (vedi la Sanità) e di “privatizzazione” (come per taluni Enti)
hanno provocato una serie di sostanziali cambiamenti nei ruoli e nelle modalità
lavorative dei dipendenti. Il nuovo sistema di lavoro, basato sui risultati e sul controllo della qualità e della produttività anche in grandi organizzazioni erogatrici di
servizi (come le ASL) comporta una inevitabile revisione e della cultura e del modo
di lavorare di molti dipendenti, forse eccessivamente abituati ad una organizzazione
burocratica e, per taluni aspetti, meno responsabilizzante e di impegno routinario.
Il passaggio ad un nuovo sistema aziendale crea, inevitabilmente, una revisione
dei singoli ruoli di lavoro, richiede un maggior efficienza tecnica con l’introduzione
di procedure informatiche e nuove competenze, la necessità di formazione e di un
sostanziale cambiamento del proprio “modo di lavorare quotidiano” favorendo,
quindi la percezione di persecuzione di oppressione di inadeguatezza e quindi di
stress del lavoratore dipendente.
Il mobbing è dunque il risultato di più fattori che potremmo individuare principalmente nella crisi dei valori tradizionali e l’emergere di una società in cui il lavoro
è sempre più tecnicizzato e controllato.
Il Professor Trecca, docente di Psicopatologia Generale all’Università di Milano, ha evidenziato, tramite un suo studio come i lavoratori più colpiti siano quelli
degli ambienti Bancari, della Sanità e della Pubblica Amministrazione.
Non a caso settori lavorativi che negli ultimi tempi si sono caratterizzati per i
tentativi di profondi cambiamenti gestionali ed organizzativi.
Ciò dimostrerebbe quindi che il cambiamento di queste Amministrazioni, determinato negli ultimi anni, da riforme istituzionali ed adeguamenti agli standard europei, non è stato supportato da un necessario cambiamento “culturale” e professionale. D’altro canto può essere anche vero che le nuove responsabilità dirigenziali
hanno finito per “sovraccaricare” e creare maggior competitività e stress lavorativo.
C’è da rilevare, inoltre, che opinione da molti condivisa è che le nuove Leggi in
materia di lavoro e di Enti Pubblici non hanno “burocratizzato” il lavoro, anzi… .
Gli imperativi produttivi dettati dalle applicazioni tecnologiche ed informatiche
nel mondo del lavoro, le esasperazioni manageriali sul contenimento della spesa
soprattutto nel settore Sanità, il gran potere decisionale e gestionale delegato ai
direttori generali hanno quindi prodotto decisivi cambiamenti nella percezione dei
ruoli e dei rapporti tra colleghi all’interno del sistema aziendale Sanità.
Di mobbing se ne parlerà sempre più.
* Psicologo psicoterapeuta -Dirigente ASL BA/ 4
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Il Progetto PRUO quale strumento di
razionalizzazione nell’Uso delle Risorse
(Dal “Forum sull’appropriatezza dell’uso delle risorse. Il progetto PRUO
della Regione Puglia” svoltosi a Bari il 7 luglio 2000)
Carlo Di Cillo *
Numerosi sono gli elementi che concorrono a fare del tema della appropriatezza e della qualità delle prestazioni
erogate, un tema fondamentale per la Sanità del 2000.
Questa prima edizione del Forum, fortemente voluta dal collega Dott. Michele
Petroli e che ha visto la collaborazione di
tutti gli esperti che stanno conducendo
il Progetto PRUO (Protocollo di Revisione dell’ Uso dell’Ospedale), ha dato luogo ad un evento che personalmente considero di grande rilevanza.
Tale rilevanza scaturisce non solo dal
tema specifico concernente la appropriatezza nell’uso delle risorse e da quello strettamente correlato della razionalizzazione nell’uso delle stesse ma anche dal fatto che in questa sede, per la
prima volta, si da luogo ad uno scambio
diffuso di esperienze che hanno come
obiettivo essenziale quello della Salute
del Cittadino e, quindi, di tutti noi.
Il Presidente On.le Fitto, l’Assessore alla Sanità Dott. Mazzaracchio, la Giunta Regionale nel programma della VII Legislatura appena iniziata, in continuità
evolutiva con quanto già avviato dalla
precedente Amministrazione, hanno definito in questo importante ambito della
vita comune alcune priorità di attuazione
essenziali ed inderogabili:
a) la razionalizzazione nella
allocazione delle risorse e dei servizi sanitari, tenuto conto dell’effettiva domanda e del processo di deospedalizzazione
previsto dal PSSN;
b) la definizione delle azioni di
potenziamento/depotenziamento e
rimodulazione della Rete Ospedaliera da
adottarsi, coerentemente ai disposti della
DCR 379/99 e dell’ Art. 5 della LR 17/99;
c) la ridefinizione della normativa regionale in materia sanitaria, alla luce del
D.Lgs 229/99;
d) la definizione degli investimenti
straordinari per oltre 1600 miliardi in ma-
teria di umanizzazione, sicurezza,
ammodernamento, tecnologico ed
organizzativo delle strutture sanitarie;
e) la pronta attivazione della rete di
emergenza –urgenza, nota più comunemente come “118”;
f) la definizione di un Piano Socio Sanitario concreto, attuabile e sostenibile;
g) un forte impianto di programmazione e controllo delle risorse e delle attività,
ai fini di una ulteriore armonizzazione del
sistema socio sanitario;
h) un sistema degli accreditamenti
delle strutture che operi in una logica di
integrazione e crescente complementarietà
tra risorse e capacità pubbliche e private
per una Sanità coerente ai bisogni della
Collettività ed appropriata;
L’esperienza del Progetto PRUO ben
si colloca in questo quadro di crescente
razionalizzazione della Sanità regionale.
A mio parere, per le professionalità che
si sono maturate attraverso questa esperienza negli operatori, molti dei quali, mi
risulta, fanno parte delle Unità di Verifica
sull’ appropriatezza dei ricoveri e delle prestazioni, le così dette UVAR, sarà molto
utile ai fini della crescita della qualità e
dell’adeguatezza delle prestazioni.
Sul tema, anche alla luce dei positivi
esiti fin qui raggiunti dai Gruppi di Lavoro, le risultanze ottenute possono costituire una significativa base di riferimento
al fine di adeguare il tasso reale di
ospedalizzazione portandolo prima al livello previsto dalla programmazione regionale per poi ricondurlo nel range dei parametri nazionali.
Coerente a tale scopo ed al generale
processo di razionalizzazione in atto, anche in vista dei prossimi accreditamenti, il
raccordo funzionale determinato dalla
Giunta Regionale con la Deliberazione
1832 del 1999 del Gruppo di esperti che
hanno concorso alla realizzazione del progetto PRUO con le UVAR e la Camera di
Compensazione e di Controllo dell’Asses-
sorato alla Sanità, con l’obiettivo, nel corso di tre – cinque anni, di portare l’efficienza del Sistema Sanitario Regionale
verso un grado di appropriatezza vieppiù
crescente.
L’obiettivo è quindi quello di tutelare
l’effettivo bisogno del Cittadino riducendo gradatamente i fattori di diseconomia,
invero già sufficientemente individuati
dalla programmazione regionale e per larga parte governati dalla capacità di gestione delle Aziende Sanitarie della Puglia.
Tali fattori, se diversamente impiegati, possono concretamente concorrere, da
una parte, alla deospedalizzazione e dall’altra, alla crescita della prevenzione e
dell’assistenza distrettuale, in altre parole alla appropriatezza del servizio verso il
Cittadino.
Per concludere, prima di passare la
parola agli illustri Relatori ed agli Esperti
sui temi che verranno trattati nella odierna giornata di studio, in qualità di Coordinatore del Settore, sento il dovere di far
rilevare come in questi ultimi anni la Sanità in Puglia, con il contributo di tutti sia
evoluta, abbia acquisito una dimensione
più organica ed unitaria, operando nel
complesso con adeguata appropriatezza
anche nell’impiego dei mezzi e delle risorse economiche disponibili.
Certo è un cammino appena avviato,
molto è ancora da fare, l’uniformità dei
livelli essenziali di assistenza sul territorio regionale non è ancora compiuta ma i
presupposti sono buoni, la collaborazione e la capacità non mancano ed i risultati, se ne può essere certi, confermeranno
e svilupperanno, impiegando una espressione della Corte dei Conti circa la evoluzione della Sanità in Puglia, quanto di importante e di positivo fino ad oggi si è già
raggiunto. E non è poco per una Sanità in
evoluzione verso il futuro.
* Coordinatore Settore Sanità Regione Puglia
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Cenni sul percorso per la Regolamentazione delle verifiche sulla
appropriatezza delle prestazioni da parte delle UVAR delle
Strutture del Servizio Sanitario della Regione Puglia
(Dal “Forum sull’appropriatezza dell’uso delle risorse. Il progetto PRUO
della Regione Puglia” svoltosi a Bari il 7 luglio 2000)
Gianfranco Iannarelli *
Il tema della appropriatezza delle prestazioni ha diversi punti di prospettiva, tutti
confluenti rispetto allo scopo di realizzare,
coerentemente a determinati criteri e
metodologie, un sistema di verifica delle così
dette “conformità” e “non conformità”.
Abbiamo ascoltato con particolare interesse le risultanze fin qui ottenute mediante l’applicazione della metodologia PRUO,
tema rispetto al quale non può non giungersi alla esigenza di dar corso ad approfondite riflessioni.
In questa sede, si affronta l’aspetto
dell’appropriatezza nel significato alla stessa attribuito in particolare dall’Art. 8 octies
del D.Lgs 502/92, così come modificato dal
D.Lgs 229/99.
Con un anticipo di oltre due anni rispetto a quanto normato dal Legislatore della
Riforma Ter in materia di verifica, la Giunta
Regionale della Puglia ha provveduto a definire nell’Atto di Indirizzo e coordinamento con cui è stato introdotto il nuovo modello economico per il funzionamento del
SSR, i principi, le figure e gli strumenti per
esercizio delle attività di controllo sulla
appropriatezza dei ricoveri e delle prestazioni erogate dalle strutture del Servizio
Sanitario Regionale.
L’atto di programmazione di cui trattasi,
ci si riferisce alla DGR 1800/98, ha disposto
che presso ciascuna Struttura del Servizio
Sanitario Regionale si procedesse alla costituzione di una specifica Unità per la valutazione dell’appropriatezza dei ricoveri e
delle prestazioni, la così detta UVAR.
Con la successiva DGR 4337/98, si istituisce la Clearing House regionale, si definiscono i principi di responsabilità delle
UVAR e si approva la direttiva concernente
la organizzazione e gestione delle procedure di verifica e compensazione delle prestazioni rese dalle Aziende Sanitarie, dagli
IRRCS e E.E.
In questo quadro, anche dal punto
civilistico, la responsabilità di validazione
ed accettazione delle prestazioni sanitarie
erogate è, tramite le UVAR, di esclusiva competenza degli Enti eroganti e fruenti, individuati nell’atto di regolamentazione rispettivamente come soggetti “potenzialmente”
creditori e debitori.
Tale funzione di verifica, analogamente a quanto avviene nelle procedure di riconoscimento degli addebiti e
degli accrediti tra le Regioni, è attuata
sulla base di criteri applicati uniformemente da parte di tutte le UVAR, coerentemente agli standard di controllo
progressivamente definiti dall’Assessorato alla Sanità.
Le Unità di Valutazione sulla
Appropriatezza dei Ricoveri e delle Prestazioni hanno quindi il compito di certificare e validare le prestazioni, sia quelle erogate direttamente a cittadini residenti (autoconsumo), che quelle oggetto di mobilità attiva e passiva, infra ed
extra regionale.
Le UVAR pertanto hanno il compito
precipuo, innanzi tutto, di accertare che
le prestazioni erogate dalla Istituzione
da cui dipendono siano veritiere e caratterizzate da un crescente ed uniforme livello di appropriatezza.
La Camera di Compensazione, , in
ciò coadiuvando le UVAR, ha funzioni
di segnalazione e di accertamento ma
soprattutto di verifica e controllo, operando rispetto a tali importanti
funzioni,come indicato dalla Corte dei
Conti, “in piena autonomia”.
A tal riguardo esercita appropriate
verifiche ed operazioni per la accettazione delle prestazioni (ceckering) e la
compensazione dei titoli (clearing) fra
tutti i soggetti ammessi (Aziende USL,
Ospedaliere, E.E., IRRCS).
E’ evidente che questa attività è poi
funzionale ai compiti di programmazione
e regolazione del sistema sanitario tramite i quali la Giunta Regionale attua i
potenziamenti e depotenziamenti necessari nel rispetto degli obiettivi di stabilità
economica, di ulteriore razionalizzazione
nell’impiego delle risorse e di garanzia
dei livelli essenziali di assistenza.
Il percorso verso la integrazione e la
armonizzazione dei livelli di controllo in
materia di appropriatezza delle prestazioni sanitarie, prosegue con la DGR
1003/99, il Documento di Indirizzo Eco-
nomico Funzionale per il 1999 in materia
sanitaria, in cui si chiarisce che le UVAR
debbano effettuare i controlli (analogamente a quanto, per esempio, accade negli
scambi sanitari interregionali) secondo regole uniformi, sulla base delle segnalazioni
di non conformità evidenziate dalla Camera di Compensazione.
E’ fermo ed evidente il principio che le
UVAR devono procedere in modo autonomo ad ulteriori approfondimenti, in particolare rispetto alle prestazioni erogate
dalle strutture da cui dipendono, fornendo gli esiti di tali verifiche alla Camera di
Compensazione, anche al fine di concorrere al processo di progressivo e continuo affinamento della metrica e dei criteri
da adottarsi, nel corso del tempo.
In altre parole, l’obiettivo che ci si pone
è quello di realizzare una rete di professionisti del controllo che attui una seria azione di sostegno per la razionalizzazione nell’uso delle risorse, una più chiara comprensione degli effettivi bisogni e delle evoluzioni “reali” della condizione epidemiologica della Collettività.
Con la DGR 1832/99 e con la Circolare
Dirigenziale n. 1/2000 - Linee Guida di prima applicazione delle attività del Settore
Sanità in materia di rilevazione e di controllo sulla appropriatezza delle prestazioni
ed il funzionamento delle UVAR, raccordo progetto PRUO Clearing House - si
conclude la fase di sperimentazione per
passare alla piena e crescente operatività
del sistema di rete per il monitoraggio delle prestazioni sanitarie.
In conclusione, sulla base di quanto
disposto dalla DGR 1832/99, si rendono
ora confluenti le positive esperienze acquisite con il Progetto Regionale P.R.U.O.
(Protocollo per la Revisione dell’Uso dell’Ospedale) con quelle che, nel frattempo, le UVAR hanno maturato, realizzando
un comune ambito di cooperazione finalizzato, in ultima analisi, alla migliore tutela della salute del Cittadino.
* Direttore Distretto socio sanitario
AUSL BR/1 Brindisi – Clearing house
regionale
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Appropriatezza – UVAR - Clearing House
(Dal “Forum sull’appropriatezza dell’uso delle risorse. Il progetto PRUO
della Regione Puglia” svoltosi a Bari il 7 luglio 2000)
Carlo Marzo *
A qualche anno dalla introduzione del
nuovo sistema di finanziamento delle prestazioni sanitarie determinato dal D.Lgs.
502/92 e successive modificazioni, sulla
base delle esperienze in questi anni maturate, è possibile esprimere qualche prima
considerazione sugli effetti di tale innovazione, effetti di ordine psicologico, economico-finanziario, gestionale e professionale, rivisitare il lavoro fino ad oggi
effettuato e tentare di offrire qualche contributo all’individuazione di possibili successivi sviluppi.
Il sistema di finanziamento delle prestazioni sanitarie a tariffa predeterminata
è stato introdotto nel nostro paese mutuandolo da esperienze americane sulle
quali appare superfluo approfondire in
questa sede se non per un aspetto fondamentale: nelle esperienze originarie esso
ha la missione di regolare i rapporti economici tra soggetti giuridici differenti in
regime di libero mercato.
La normativa nazionale, le Leggi Regionali di recepimento e le Deliberazioni
Regionali di attuazione determinano un sistema di remunerazione delle prestazioni
sanitarie di tipo misto, a tariffa
predeterminata e per quota capitaria, integralmente a carico del Servizio Sanitario
Regionale, escluse le quote di partecipazione dell’assistito definite dalla legge.
Il Servizio Sanitario Regionale a finanziamento pubblico configura quindi una
condizione in cui:
-il Soggetto finanziatore del servizio
(Ente Regionale in quanto rappresentante della Popolazione residente con la funzione di definire, pianificare, ripartire e
controllare la gestione del Servizio Sanitario) coincide con il Soggetto fruitore
(Popolazione residente)
- gli Erogatori, sia pubblici che privati,
sono paritariamente autorizzati ad esercitare le Funzioni Sanitarie nei limiti econo-
mico-gestionali definiti dal sistema stesso.
Tale configurazione modifica sostanzialmente sia il significato che la missione
del sistema di finanziamento delle prestazioni sanitarie, indipendentemente dalla
tipologia delle prestazioni e dal soggetto
erogatore.
Soprattutto, in tale condizione, assumono un valore ed un senso del tutto differente, rispetto alle esperienze degli altri
paesi utilizzatori del modello di finanziamento a tariffa predeterminata, i sistemi di
controllo, centrale e periferico,
sull’appropriatezza dell’uso delle risorse
e sulla corretta classificazione delle attività sanitarie ai fini della valorizzazione
economica delle stesse.
Non si tratta di realizzare sistemi di
interazione e controllo tra soggetti giuridici con interessi antitetici sotto il profilo
economico-finanziario, in un quadro economico e gestionale limitato solo dalle rispettive disponibilità ed esigenze, in cui
quindi il principale obiettivo è sostanzialmente la soddisfazione delle esigenze economico-gestionali proprie, per ciascuna
delle parti.
Si tratta invece di realizzare un sistema equilibrato, capace di compatibilizzare
la esigenza di erogare tutte le prestazioni,
nel rispetto dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza definiti dalla programmazione nazionale e regionale, con le consistenze economiche, limitate, disponibili.
In questa ottica vanno quindi interpretati gli strumenti, semplici o complessi, di controllo e definite le metodologie
di rappresentazione e di riconciliazione
della realtà sanitaria regionale in tutte le
sue componenti.
Non quindi un sistema aggressivo,
conflittuale o peggio punitivo tra parti
ma un passaggio, che deve essere necessariamente condiviso da tutti gli Attori,
ai fini del funzionamento in termini di
“Sistema” del Servizio Sanitario Regionale.
In questa direzione l’Assessorato
Regionale alla Sanità e ai Servizi Sociali e
la Giunta Regionale Pugliese hanno decisamente indirizzato, nell’ultimo triennio,
la propria attività costituendo la base normativa ed organizzativa di supporto idonea a realizzare tale passaggio, culturale
oltre che gestionale.
Di tale attività la costituzione della
Clearing House e delle UVAR rappresentano alcuni degli aspetti innovativi qualificanti.
La Clearing House (Camera di Compensazione e di Controllo) istituita con
D.G.R. 4337/98, cui partecipano tutte le
Aziende Sanitarie Regionali, è struttura
interna all’Assessorato Regionale alla
Sanità e ai Servizi Sociali della Puglia e
opera, come indicato dalla Corte dei Conti, in piena autonomia di verifica e di controllo, in raccordo funzionale diretto con
il Coordinamento del Settore Sanità e in
piena collaborazione con gli Uffici dell’Assessorato e con le Strutture del SSR.
La Clearing House dell’Assessorato
alla Sanità svolge la funzione di controllo, conciliazione e consolidamento dei
flussi di mobilità sanitaria e delle corrispondenti partite economiche anche ai fini
dei relativi bilanci ed in tale ruolo confluiscono naturalmente anche la capacità di
raffreddamento interno delle eventuali
conflittualità interaziendali e la possibilità di scambio e diffusione delle rispettive
esperienze che diventano, in tale modo,
patrimonio comune dell’intero Sistema.
La Clearing House in questi anni ha
costruito la matrice primaria di conoscenza, utilizzando sistemi e strumenti di controllo e verifica originali e la struttura tecnico-informativa, anche essa originale,
indispensabile agli sviluppi cui essa è
destinata.
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In particolare è stata condotta la prima analisi completa sui dati di mobilità
sanitaria infraregionale ed extraregionale
relativa all’anno 1998, verificata mediante
speciali automi idonei al controllo di tipo
formale, econometrico, ma anche di correttezza e di appropriatezza:
Gli esiti, che hanno consentito una
prima mappatura dettagliata delle attività
sanitarie effettuate sui cittadini residenti
della Regione e dagli Istituti Sanitari eroganti della Regione, rilevati sui flussi di
mobilità e sulle rispettive consistenze economiche, sono stati resi disponibili dall’Assessorato alla Sanità a tutte le Aziende Sanitarie Regionali nel corso degli incontri comprensoriali per la definizione del
documento di indirizzo in materia sanitaria per il 2000 (DIEF 2000).
L’attività innanzi detta ha riguardato
non solo le attività sanitarie erogate in
regime di ricovero ma anche alcune verifiche campionarie, sufficientemente estese
e significative, in materia prestazioni di
specialistica convenzionata, farmaceutica, etc.
La massa dei dati così raccolti, su
standard comuni, è diventata uno strumento conoscitivo e proiettivo di
affidabilità notevole, indispensabile ai fini
delle azioni di pianificazione ed evoluzione del SSR.
Sono state messe a punto le modalità
e le procedure per la trasmissione e
recezione dei flussi informativi concorrendo a costituire la base dei dati relativi a
tutte le attività sanitarie regionali aggiornata all’anno 1998 ed è ormai in fase avanzata di testing il sistema di
interconnessione telematica, costituito da
postazioni elettroniche dislocate in ogni
Azienda Sanitaria e collegate in rete con
l’Assessorato alla Sanità, che consente
la trasmissione in tempo reale dei dati e
dei controlli, nei due sensi.
Sono state costituite presso tutte le
Aziende Sanitarie Regionali le UVAR con
compiti di controllo periferico sulle attività sanitarie e di supporto al controllo di
gestione, compiti che non possono essere interpretati restrittivamente ed in senso conflittuale nei confronti delle altre
Aziende Sanitarie, essendo la Loro missione fondamentale, prima di tutto, quella
di verificare e supportare ciascuno la propria attività aziendale nell’ottica di una
crescita complessiva del “Sistema”.
Per l’anno 2000, infatti, il Coordinatore del Settore Sanità, in attuazione della
DGR 1003/99, con la Circolare 1/2000, ha
diramato disposizioni organizzative
affinchè siano inclusi nella analisi delle
attività sanitarie erogate dal Servizio Sanitario Regionale anche i dati relativi
all’autoconsumo delle aziende USL, inclusione che consentirà una mappatura completa della domanda sanitaria, dell’offerta
sanitaria e dei relativi indici di utilizzo e
dei costi; tanto serve anche a dare corso
su base oggettiva agli opportuni interventi
di riassetto del SSR.
Con il contributo della Struttura dell’Assessorato alla Sanità, delle Aziende
Sanitarie Regionali, delle Organizzazioni
di categoria del Servizio Sanitario Regionale è stato possibile ottenere risultati
importanti, anche di ordine economicofinanziario, che hanno classificato la Regione Puglia tra le più efficaci del Paese.
E’ un buon punto di partenza.
In conclusione è stato avviato un processo di innovazione profonda, culturale
prima che tecnico-gestionale, i cui primi
risultati sono bene evidenti, con l’obbiettivo praticabile di trasformare gradualmente la Sanità regionale in un vero “Sistema” in cui ogni singola Componente abbia coscienza del proprio essere parte di
un Tutto dalla cui efficacia complessiva
dipende la possibilità di ciascuno di esprimere e rendere utili le proprie capacità.
Portare a compimento questo processo comporta un impegno eccezionale per
tutti e tempi ragionevoli, ma esistono tutte le premesse per riuscirci; esistono tutte le capacità, Politiche, Tecniche e Professionali, idonee a realizzare la trasformazione del Sistema Sanitario Regionale
per renderlo idoneo alla missione cui è
destinato, erogare Assistenza Sanitaria
qualificata ed efficace per tutti, a costi
compatibili.
* · Azienda Ospedaliera “Di Venere
– Giovanni XXIII” – Bari
· Gestione Tecnica Clearing House
S. Raffaele
Cittadella della Carità
Fondazione eretta in Ente Morale
Direttore Sanitario Dott. Armando Rossitto
Specializzazione in Gastroenterologia
Piazzale Cittadella della Carità, 1 - 74100 Taranto
Tel. 099/4732111 - Fax 099/4732250 http:// www.cittadelladellacarita.it -e-mail [email protected]
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Direttore Sanitario Dr. Antonio Talia
Specialista in Anestesia e Rianimazione
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Il Progetto Ben-Essere: una nuova
concezione del diritto alla salute
Rocco Palmisano (*)
Il Progetto “BEN-ESSERE”, finanziato secondo la linea progettuale “ADAPTBis” della Comunità Europea, è uno dei
più innovativi progetti legati al concetto
di salute, al suo rapporto con il territorio
e in connessione con le più avanzate tecnologie di comunicazione che siano stati elaborati in Italia.
Tolto dall’isolamento in cui una cultura medicalizzante tende a relegarlo, per
recuperare un riferimento, non solo
biofisico, ma assai più ampio alla persona, il concetto di BENESSERE, è affrontato nel progetto secondo una visione
integrata e originale che identifica un
qualificato percorso formativo rivolto agli
operatori sanitari e sociali e la
sperimentazione di una modalità di
coinvolgimento del territorio e delle sue
più varie componenti sociali per l’affermazione e la pratica di un diritto fondamentale quale quello alla salute, allo “star
bene” in generale.
Le motivazioni del progetto nascono
dalla constatazione che il progressivo
affermarsi di ambiti lavorativi inerenti al
benessere sociale delle persone così
come il consolidarsi di un lavoro sociale
inteso come insieme di politiche di assistenza, di educazione, indirizzate soprattutto a situazioni patologiche, di servizio e prevenzione hanno determinato, da
un lato, l’esigenza di sviluppare e
riqualificare nuove professionalità, e dall’altro hanno posto con estrema urgenza
il problema di sperimentare tecnologie
innovative nell’ambito socio-sanitario
con l’uso dell’informatizzazione e della
telecomunicazione.
1. Obiettivi e finalità
Il progetto in questione ha titolo
“Ben-Essere” e quale finalità quella di
avviare la costituzione di centri territo-
Un’iniziativa finanziata dall’Unione Europea che vede impegnato in prima linea l’Ospedale
“Miulli” di Acquaviva delle Fonti. L’obiettivo è avviare la costituzione di centri territoriali nelle varie aree provinciali della
Puglia per la realizzazione di
percorsi di riqualificazione professionale per il personale medico e sociale.
riali nelle varie aree provinciali della Puglia,
collegati all’Ospedale Miulli e di realizzare
percorsi di riqualificazione professionale
per il personale medico e sociale che in
essi è previsto.
Questi centri, collegati attraverso terminali telematici alla sede principale, si
configurano come luoghi dove possa essere affrontata la malattia in una modalità
non strettamente medica, coinvolgendo il
territorio, cercando di evitare la condizione di isolamento e di solitudine che spesso accompagna la malattia e che coinvolge non solo i pazienti ma anche le loro famiglie e gli ambiti di relazione amicale, lavorativo, sociale.
In sintesi i centri territoriali hanno quale
potenziale azione operativa quella di realizzare:
• Consulto medico a distanza attraverso sistemi avanzati di trasmissione immagini (colloquio tra utente e medico attraverso sistemi di trasmissione audiovideo
in tempo reale)
• Avvio della esecuzione in loco di esami diagnostici routinari o previsti nei “pacchetti di follow-up”
(routine
ematochimiche, radiografie, tac, ecc.)
• Prenotazione a distanza del ricovero
ospedaliero con inserimento in lista d’attesa
(inserimento diretto dei dati clinici
del paziente in attesa negli archivi dei
reparti interessati)
• Erogazione in loco di terapie mediche e/o fisiche sotto la sorveglianza dello
specialista ospedaliero in sede centrale
(somministrazione di farmaci, esecuzione di manovre riabilitative o cicli di
riabilitazione)
• Trasferimento a distanza di immagini di diagnostica radiologica o di altro tipo
a completamento del consulto medico
• Esecuzione della valutazione clinica
preoperatoria
• Sostegno alla persona e alla famiglia
• Riattivazione delle reti informali
• Assistenza domiciliare telematica
2. I soggetti attuatori
Per queste finalità il progetto “BenEssere”, che ha già stabilito un
partnerariato trasnazionale di confronto
formativo e scambio con strutture operanti in Spagna, Germania e Francia, ha
aggregato operativamente, oltre l’Ente
Ecclesiastico “Ospedale F.Miulli” di
Acquaviva altre due qualificate strutture
rappresentative da un lato del mondo, articolato e sempre più in espansione, della
Cooperazione Sociale, dall’altro della ricerca più sofisticata e aggiornata nel campo delle tecnologie multimediali.
Con il Consorzio “ELPENDU” (scrittura fonetica della pronuncia dei verbi inglesi to help-aiutare e to do-fare) che attiva nel progetto 5 cooperative esperte e
qualificate nel campo dell’intervento sociale, dell’assistenza e dell’animazione
(Progetto Città, CSISE, R. Luxemburg,
COSSU, CAPS) e la Società “TELESYS”a
r.l., l’Ospedale Miulli ha costituito una
Associazione Temporanea di Impresa che,
nell’arco dei ventisei mesi che compon-
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gono la durata del progetto, ha avuto il
compito di organizzare un sistema di intervento organico su una porzione significativa del territorio pugliese, bacino
dell’utenza del Miulli relativamente agli
ambiti dei settori oncologia ematica ed
endocrinologia.
4. Il sistema operativo
La struttura dell’intervento del progetto Ben-Essere ha avuto quindi come punto di riferimento l’Ospedale Miulli, con una
periferizzazione dello stesso in 6 territori
locali, attraverso la costituzione di Nuclei
Territoriali Operativi collegati ad esso attraverso una rete informatica.
In forma schematica il progetto ha attivato il sistema della Tabella 1.
L’azione progettuale operativa si è articolata, quindi, attraverso una Struttura
di Coordinamento, con il compito di garantire la tenuta del complesso assetto e
l’interscambio tra i soggetti /attori del progetto (operatori sanitari, telematici, sociali). Ad essa è stata demandata anche la
cura della progettazione esecutiva in itinere
lungo tutte le fasi del progetto.
Alla Struttura di Coordinamento si è
affiancato un Comitato Scientifico, composto da esperti del settore sanitario e
sociale in ambito nazionale, con il compito di supervisionare, valutare e validare
l’intera azione formativa.
Il Nucleo Operativo Centrale, localizzato presso l’Ospedale Miulli e collegato
telematicamente ai Nuclei Territoriali ha
avuto il compito di svolgere l’azione di
formazione, raccogliere ed elaborare i dati
sull’azione formativa, interagire con il
Nucleo di Monitoraggio Telematico, che
ha messo a punto il sistema informatico
controllandone il funzionamento e l’efficienza, e con l’Agenzia di Sviluppo.
L’attività dell’Agenzia di Sviluppo,
trasversale ai Nuclei Territoriali Operativi, ha agito per sensibilizzare i territori in
cui essi sono dislocati promuovendo attività di animazione, incontro, occasioni
di socializzazione, al fine di favorire un
approccio ed una partecipazione sociale
agli aspetti patologici della malattia, attraverso strumenti operativi funzionali ad
un operare itinerante, organizzato e di immediata e ampia fruibilità.
L’azione dei Nuclei Operativi Territoriali che rappresentano la propagazione
Tab.1
Nuclei Operativi Territoriali (N.O.T.)
del Presidio ospedaliero nel territorio regionale, hanno rappresentato l’ambito
operativo in cui sono stati sviluppati e
sperimentati l’azione formativa, sia di aula
che a distanza, degli operatori sanitari e
sociali, il coinvolgimento del territorio e
delle risorse in esso presenti, l’organizzazione e gestione di un presidio territoriale
tele-socio-sanitario che ha creato una
nuova tipologia di servizio sociale integrato, gli strumenti operativi necessari per
interventi agili ed efficaci.
5. Le azioni di promozione
e divulgazione
“Ben-Essere” ha sviluppato, nel corso della sua azione, un concertato percorso di conoscenza delle finalità, delle
metodologie e dei risultati del progetto,
attraverso sia la attivazione di un Ufficio
Stampa competente, sia l’organizzazione
di convegni e seminari a carattere nazionale ed internazionale, sia la realizzazione
di materiale di documentazione a carattere didattico e divulgativo, elaborato e prodotto per e nell’attività formativa e sperimentale dei Nuclei Operativi di territorio.
* Segretario Generale
Osp. “F.Miulli”
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Consultori: uscire dal sommerso per
conseguire una comunicazione efficace
Alcune riflessioni di un altro operatore sulla problematica
di queste importanti strutture sanitarie
Luciano Provenzano
E’ “ancora frequente una certa idiosincrasia comunicativa in parecchie équipe consultoriali, in conseguenza della
quale, prevalentemente, ogni operatore
gestisce i propri casi professionali ed i
propri interventi, nel mentre un
potenziamento effettivo del lavoro d’insieme chissà quando e se mai verrà”
L’articolo di Gianni Ferrucci su
TuttoSanità n° 48, del luglio ’00, intitolato “Consultori: Sanità del territorio sempre più lontana,” suscita qualche riflessione che mi sembra degna di
nota.
Già che per occasionale impaginazione
(so quanto Enzo Lorusso ci tenga ai
consultori) , tale articolo è risultato un
riquadro di un altro sul randagismo ed
è seguito da una scheda tecnica del
servizio veterinario.
Ma è il tono sconfortante dell’articolo
di Ferrucci a suscitare la mia preoccupazione maggiore. Orbene, Ferrucci è
Direttore di un Distretto Socio Sanitario a Bari. Il suo articolo già nel titolo
indica una débàcle dovuta ad una “sanità sempre più lontana dal territorio”. Che ci sarebbe realmente da preoccuparsi lo si evince poco più sotto
allorquando Ferrucci fa presente che
“molti direttori generali non hanno
compreso la funzione e l’importanza
delle strutture consultoriali.” Non per
difesa d’ufficio dei direttori generali,
ma con tale frase si potrebbe includere
l’evenienza che qualcuno comunque
non abbia adeguatamente spiegato
loro l’argomento posto in essere. Ed
arriviamo a chi dovrebbe spiegare ai
direttori generali “la funzione e l’importanza delle strutture consultoriali.” Certamente la Regione. Ma
certamente, anche, gli operatori dei
consultori dovrebbero trovare il modo
di valorizzare il loro operato, facendolo uscire dal sommerso mediante una
assidua qualificazione dell’operatività
che sappia diventare comunicazione.
Comunicazione di quello che il
consultorio fa, nel piccolo, piccolissimo, il più delle volte, o nel medio-grande operare, talvolta. Comunicazione ai
cittadini, ai rappresentanti politici, agli
amministratori locali, agli amministratori e dirigenti delle AA.SS.LL.. Ma una
tale comunicazione rivolta all’esterno
implicherebbe una necessaria e indispensabile comunicazione all’interno,
fra operatori di uno stesso consultorio,
e poi di un consultorio con l’altro. Ed
invece è facile rendersi conto che sia
ancora frequente una certa idiosincrasia comunicativa in parecchie équipe
consultoriali, in conseguenza della
quale, prevalentemente, ogni operatore gestisce i propri casi professionali
ed i propri interventi, nel mentre un
potenziamento effettivo del lavoro
d’insieme chissà quando e se mai verrà; o consultori anche prossimi
territorialmente, talvolta anche accomunati in uno stesso distretto socio sanitario, ma gravati da una incomunicabilità reciproca per la quale gli operatori di uno non sanno affatto che
cosa avviene nel consultorio vicino,
che programmi o iniziative svolgano,
con quali modalità ed esiti.
Cioè, da Ferrucci, componente di quella pur scarna rappresentanza di psicologi in un settore - quello della dirigenza dei distretti socio sanitari appannaggio quasi esclusivo ancora
dei medici - ben oltre la solita annosa e
generica lamentazione (cose analoghe
si constatavano alquanto diffusamente
già nel seminario di Taranto del 1987!)
di ciò che non va riguardo ai consultori,
mi sarei aspettato un’esperienza concreta, di cosa egli, operatore consultoriale per tanti anni ed ancora oggi
- ma con in più oggi la nuova e
prestigiosa qualifica che egli riveste stia facendo o ha in animo di fare per
superare quegli steccati comunicativi,
per trasformare l’esperienza dei
consultori che gli sono affidati in una
esperienza condivisa fra gli operatori,
fra gli amministratori, fra i cittadini; ovvero, eventualmente, anche, quali effettive difficoltà abbia potuto incontrare in un tale lavoro.
Da Ferrucci mi sarebbe piaciuto, e mi
piacerebbe ancora, sentire qualche parere o esperienza specifica su come rendere concreto il recente progetto obiettivo materno infantile ministeriale; o
anche qualche aggiornamento operativo circa la determinazione dirigenziale della Regione Puglia (n° 081/Dir/99/
00318 del 29 ott. ’99), inerente il “Progetto regionale per la realizzazione
di campagne di screening per la diagnosi precoce dei tumori femminili”,
del quale, molti consultori sono ancora all’oscuro, nonostante tale progetto dovrebbe vedere questi servizi come
primi protagonisti. Occorre, pertanto,
a mio modesto avviso, superare, la denuncia massimalista, il cui connotato è
soprattutto quello della demagogia. Per
converso, invece, iniziare a sperimentare tracciati di tipo minimalista: valorizzare quel poco - o talvolta tanto che si riesce a fare; e se carenze vi
sono, centrare la denuncia su ciascuna di esse in maniera specifica, valorizzando comunque l’intento e l’impegno
per il quale, anche a fronte di tante difficoltà, ciò che si può fare si cerca di
farlo al meglio. Ciò per incoraggiare la
fiducia e poter aspirare ad un cambiamento. Sull’altra sponda, invece, resterebbe, favorita dell’immancabile sconforto per le sempre tante annose carenze, inefficienze e quanto altro mai,
la risacca dell’immobilismo, e quindi di
uno sconforto ulteriore.
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SEPI
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QUALITA’ AFORP
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QUALITA’ AFORP
NUOVA
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CASUCCI
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PUGLIA MEDICAL
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L’ E-Commerce in Sanità : quali prospettive ?
Il processo di innovazione tecnologica della Pubblica Amministrazione
Patrizio Summa *
Da alcuni anni l'innovazione tecnologica della Pubblica Amministrazione è diventata una delle priorità della strategia
di governo al fine di perseguire l'obiettivo del miglioramento dei livelli di efficienza/efficacia e dei rapporti con i cittadini.
In particolare, il Documento di Programmazione Economica e Finanziaria
(DEPF) per il 2000-2003 mette in rilievo la
estrema importanza che le nuove tecnologie ed i servizi on line assumono oggi
ed evidenzia importantissimi segnali di
impegno da parte del Governo a far crescere concretamente la Società dell'Informazione ed a rimuovere gli ostacoli allo
sviluppo del settore. Il DEPF individua
tre grandi aree di operatività:
· diffusione della cultura informatica e
digitale;
· sviluppo dell'uso dell'ICT e delle reti;
· promozione dei servizi, contenuti e
ricerca.
Gli obiettivi suddetti sono stati meglio esplicitati nel Piano Triennale per
l'Informatica della Pubblica Amministrazione 2001-2003 (12.166 miliardi di lire Fonte: Autorità per l'Informatica della
P.A). In particolare, il piano di EGovernment, che si inserisce in un processo di informatizzazione della P.A. sempre più consolidato e che prevede tra l'altro la firma digitale e la carta d'identità elettronica, sarà un fattore decisivo per lo
sviluppo del Paese con il definitivo varo
della Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione (RUPA) in connessione con il
decentramento delle funzioni amministrative dalle amministrazioni centrali agli enti
locali.
Per quanto riguarda la Regione Puglia,
nell'ambito del Programma Operativo Regionale 2000-2006 (P.O.R. - Delibera della
Giunta Regionale n. 691 del 3.7.2000)
cofinanziato mediante Fondi Comunitari
e Nazionali, una notevole entità di risorse
finanziarie pubbliche (Lit. 1.268 mld) ver-
rà destinata all'Asse VI -"Rafforzamento
delle Reti e dei Nodi di Servizio", con
l'obiettivo di favorire un maggior ricorso
alle tecnologie dell'informazione per "mettere in rete" le Amministrazioni attraverso la creazione di infrastrutture per
l'erogazione di servizi telematici per i cittadini, i professionisti, le aziende e gli enti,
al fine di accelerare e rendere effettivo il
processo di decentramento funzionale e
di razionalizzazione in atto nella P.A..
Nello specifico settore della Sanità
bisogna evidenziare, in aggiunta, i
finanziamenti previsti dall'art. 71 della L.
448/98 per il "Piano straordinario di interventi per la riqualificazione dell'assistenza sanitaria nei grandi centri urbani" (Lit.
1.500 mld).
Tali finanziamenti riguardano 15 centri urbani tra cui, per la Puglia, Bari (Lit.
150 mld) e Taranto (Lit. 50 mld).
Da quanto sopra esposto si evidenzia
una situazione di positiva evoluzione dello
stato di informatizzazione della P.A. nazionale in generale e pugliese in particolare, considerando anche l'entità degli investimenti pubblici attivati.
A livello nazionale, nel settore Sanità,
in attesa dell'avvio del progetto
ministeriale sulla "Carta Sanitaria", l'unica sperimentazione nazionale di un sistema infotelematico che colleghi tutti gli
operatori sanitari mediante la tecnologie
Internet e la carta sanitaria a microprocessore è quella promossa dalla Regione
Lombardia nella Provincia di Lecco affidata al raggruppamento di imprese composto da Ericsson, Elsag, Sema Group, Sun
Microsystem e Svimservice.
Ciò costituisce la premessa necessaria per lo sviluppo dell'innovazione tecnologica nel settore pubblico, il consolidamento delle tecnologie e dei livelli di
sicurezza affinchè venga soddisfatta la
crescente domanda di servizi on line da
parte dei cittadini.
L'E-Commerce in Sanità
Particolare importanza riveste lo sviluppo del commercio elettronico in Sanità
che ha l'obiettivo di rendere più efficiente
e rapido lo scambio di beni e servizi attraverso la rimozione delle barriere di
naturageografica o derivanti dalla
frammentazione dei mercati, la
condivisione delle informazioni tra operatori economici che permetta a questi di
riorganizzare la catena commerciale che
lega le aziende ai propri fornitori.
La frammentazione della domanda e
dell'offerta, infatti, determina un costo di
acquisizione delle informazioni di mercato che può essere così elevato da indurre
un potenziale venditore/compratore ad
effettuare scelte inefficienti. L'eliminazione delle barriere che impediscono la circolazione dell'informazione rappresenta il
maggior fattore di interesse che dovrebbe avvantaggiare soprattutto gli acquirenti.
Dal punto di vista del venditore i vantaggi sono identificati nella razionalizzazione dei processi: revisione e
riprogettazione della supply-chain che
coinvolga da un lato l'apparato produttivo in termini di gestione dei magazzini e
degli approvvigionamenti e dall'altro le
figure intermediarie.
La nuova matrice dettata dai meccanismi dell'e-commerce fa sì che l'impresa
possa personalizzare sempre più l'offerta
grazie ad una maggiore conoscenza delle
esigenze del cliente ed alla padronanza di
processi produttivi più agili e flessibili.
Tutto ciò produce un aumento di
competitività ed una teorica riduzione dei
prezzi all'utenza finale, riducendo
drasticamente il livello di ingresso nei vari
mercati e ridimensionando l'aspetto finanziario a favore di quello di marketing e di
prodotto: in definitiva si attenua il livello
di rischio nel raggiungere ed operare in
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nuovi mercati.
Operativamente, nei sistemi di ecommerce di tipo B2B è necessario distinguere le seguenti tipologie:
· soluzioni sell-side nelle quali è il
fornitore ad occuparsi della realizzazione
del sito finalizzato a ricevere le visite dai
compratori;
· soluzioni buy-side in cui il vero utente del sistema, invece, è il fornitore che è
collegato al sito del suo potenziale cliente,
dal quale acquisisce le informazioni necessarie per la produzione delle offerte.
· Digital Marketplaces, ossia ambienti di intermediazione tra venditori e
compratori.
Fino ad oggi in Italia, tra le varie iniziative, si evidenzia E-Sanità ed Ocoit-Fare
Market in collaborazione con la F.A.R.E.
(Federazione delle Associazioni Regionali
degli Economi) che nascono come Digital
Marketplaces specializzati nel settore della
Sanità.
Si è dell'avviso, comunque, che in
questo settore i vantaggi più concreti
potranno derivare esclusivamente da iniziative Buy-Side di supporto a politiche
regionali di promozione di acquisti centralizzati anche mediante aste telematiche
e di definizione di procedure unificate ed
omogenee di acquisto da parte di tutte le
aziende sanitarie regionali, anche con
l'ausilio dell'Osservatorio Regionale dei
Prezzi e delle Tecnologie Sanitarie.
La funzionalità tipica e fondamentale
di un sistema di e-procurement è, comunque, la gestione dei cataloghi dei fornitori
che può avvenire in base a diverse modalità, a seconda anche del livello di complessità tecnologica dell'ambiente
infomativo:
· Gestione diretta del catalogo
Connessione diretta al catalogo del
fornitore: in tal caso il plus fornito dal sistema di e-procurement si limita ad una
facility nell'identificazione dei prodotti,
senza reale valore aggiunto in termini di
integrazione o risparmi dovuti ad economie di scala.
· Aggregazione di contenuti
Tali sistemi consentono di acquisire
direttamente dal fornitore i dati relativi ai
beni presenti in catalogo, aggregandoli
in un layout comune. Questo sistema consente di effettuare benchmarks dinamici
sull'offerta dei diversi fornitori tramite sistemi DSS (Decision Support System)
· Compilazione proattiva:
Con tali sistemi non solo i prodotti
vengono aggregati in un layout comune,
ma vengono identificati direttamente all'interno del sistema informativo del
fornitore mediante un agente automatico
Dal punto di vista organizzativo e fiscale bisogna tener presenti i primi atti di
regolamentazione del settore che sono:
· Electronic Commerce: Taxation
Framework conditions, presentato alla
Conferenza di Ottawa 1998 dall'ECOFIN
· D.Lgs. 31.3.1998 n. 114 di riforma della disciplina del settore commercio
· Ministero dell'Industria, Commercio
ed Artigianato - Circolare 1.6.2000 n. 3487/
C: Disciplina della vendita di beni tramite
mezzo elettronico. Commercio elettronico.
In base ad una ricerca della Forrester
Research, l'e-commerce in Sanità raggiungerà un grado di copertura dell'intero mercato elettronico pari all'8% nel 2004, pari a
circa $ 370 mld. Tali aspettative vengono
confermate dal recentissimo studio del
Boston Consulting Group "The state of
on line retailing".
Problemi di compatibilità tra
potenzialità operativa e vincoli normativi
in materia di acquisti nella Pubblica Amministrazione.
La normativa sugli appalti pubblici
pone comunque sostanziali vincoli allo
sviluppo del commercio elettronico proprio per la necessità di garantire il rispetto del principio della concorrenza e della
trasparenza amministrativa.
Quindi, mentre per gli acquisti sotto
la soglia comunitaria, pari a 200.000 euro
(stimati a livello nazionale in circa Lit. 5.000
miliardi pari al 25% dell'intera spesa per
beni e servizi), lo sviluppo dell'e-commerce
appare più a portata di mano, per quelli di
importo superiore esso può comunque
rappresentare un valido strumento in termini di marketing e ricerche di mercato e
fungere anche da supporto in termini di
informazione, pubblicità e trasparenza
delle aziende sanitarie nei confronti dei
possibili fornitori.
In particolare nell' Ipotesi di atto
aziendale redatto dalla FIASO (Federazione Italiana Aziende Sanitarie ed
Ospedaliere), ai fini dell'applicazione
dell'art. 3 comma 1-ter in materia di appalti
e contrattazione indiretta dei contratti di
fornitura di beni e servizi di valore inferiore a quello stabilito dalla normativa
comunitaria l'azienda fa riferimento alle
disposizioni contenute nel libro IV titolo
II e titolo III del Codice Civile. Al fine di
garantire comunque la trasparenza di
comportamento e i principi della concorrenza nella selezione dei contraenti,
unitamente all'economicità dei risultati,
l'azienda si impegna a ricorrere in via ordinaria alla procedura negoziata e, nell'ambito di essa, alla trattativa diretta con il
singolo fornitore previe indagini di mercato di valutazione dei dati, ove disponibili, dell'Osservatorio dei prezzi e/o confronti concorrenziali non soggetti alle formalità previste per le procedure
concorsuali pubbliche.
L'azienda, con particolare riferimento
all'area della contrattazione sotto il valore
di soglia comunitaria, quindi si deve impegnare a realizzare con propri fornitori
strategie innovative di partnership superando i limiti tradizionali per favorire la
massima qualificazione della programmazione della gestione dei processi di approvvigionamento.
In tal senso il ruolo dell'Osservatorio
Regionale dei Prezzi e delle Tecnologie sanitarie in fase di avviamento diventa fondamentale per la piena fruizione delle semplificazioni procedurali e negoziali rese
possibili dalla innovazione normativa.
In particolare l'Osservatorio potrebbe
diventare l'infrastruttura di base per la
promozione dei gruppi di acquisto, di linee guida omogenee per la redazione dei
bandi di gara e dei capitolati e per la definizione di un nuovo sistema regionale di
acquisizione dei beni e servizi che ruoti
su convenzioni-quadro.
Tale modello, del resto, è quello attivato recentemente dal Ministero del Tesoro Circolare n. 1 del 23.6.2000) sulla base
dell'art. 26 della legge 488/99 (Legge Finanziaria 2000) finalizzato alla definizione
di convenzioni aperte a tutte le amministrazioni pubbliche sulla base di apposite
aste telematiche.
L'E-Commerce applicato alle professioni sanitarie
Il concetto di E-Commerce in Sanità
potrebbe essere comunque allargato alla
fornitura di consulenza professionale sanitaria da parte dei professionisti e dalle
strutture private e pubbliche (si pensi alla
progressiva crescita della libera professione intramuraria) nei confronti direttamente degli assistiti e di altri professionisti e strutture (assicurazioni, avvocati, altri specialisti, reparti ospedalieri, etc.)
Questo potenziale mercato necessita
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però di:
· una infrastruttura di base che consenta agli operatori del settore l'accesso
a database sanitari condivisi ed allo scambio di informazioni per fini professionali
(cartella clinica digitale multimediale) tra
unità operative e professionisti, al fine di
garantire un'effettiva continuità assistenziale ai cittadini-utenti. Questa infrastruttura dovrebbe fare leva sugli sviluppi della
rete telematica sanitaria indotti dagli investimenti pubblici nella RUPAR (Rete
Unitaria della Pubblica Amministrazione
Regionale) e dalla evoluzione del SISR
pugliese verso un sistema basato su tecnologia Internet ed in grado di collegare
tutti gli erogatori di prestazioni sanitarie
come quello in sperimentazione a Lecco.
Tale evoluzione permetterà in tempi relativamente brevi di attivare servizi via
Internet per la comunità sanitaria che vanno dalla informazione tecnico-scientifica
di supporto alle diagnosi ed alle terapie
mediche fino al teleconsulto scientifico e
alla telemedicina.
· una chiara definizione normativa dei
limiti e delle potenzialità della pubblicità
sanitaria.
In particolare riguardo a questo punto bisogna evidenziare che valgono sempre le garanzie previste dagli artt. 1 e 4
della Legge 5.2.1999 n. 175, che prevede
forme pubblicitarie basate esclusivamente su targhe apposte sull'edificio in cui si
svolge l'attività professionale, nonché su
inserzioni negli elenchi telefonici.
Il recentissimo disegno di legge A.C.
3187-B Disposizioni urgenti in materia
sanitaria, approvato definitivamente dal
Senato nei giorni scorsi, ha allargato l'ambito della pubblicità anche ai giornali quotidiani e ai periodici di informazione generale e non solo quindi ai periodici destinati esclusivamente agli esercenti le professioni sanitarie.
Per quanto riguarda il nulla osta dell'Ordine di appartenenza, bisogna
evidenziare che in alcune situazioni è previsto un controllo preventivo (ad esempio da parte di FNOVI per i veterinari). In
altre situazioni, più realisticamente, considerando la molteplicità e la veloce
modificabilità dei siti internet, sono stati
previsti interventi su istanza o denuncia
presentata da terzi.
Rimane comunque la rigidità del Codice deontologico (Capo XI, artt. 53 e 54)
che vieta tutte le forme dirette o indirette
di pubblicità personale o a vantaggio della struttura, pubblica o privata, nella quale si presta l'opera e addirittura impone di
evitare che tramite ogni strumento, anche
informatico si concretizzi una condizione
di promozione e di sfruttamento pubblicitario del nome del medico.
Da quanto sopra esposto risulta evidente che bisognerà lavorare molto
affinchè la cultura dell'innovazione tec-
nologica unita a idonei livelli di sicurezza
faccia cadere tali rigidi vincoli e apra, ove
possibile, all'applicazione di nuove modalità di erogazione dei servizi professionali sanitari.
Minori vincoli sembra possano esserci nelle situazioni in cui l'ambiente internet
non è un mero strumento pubblicitario,
bensì uno strumento di lavoro di effettuazione e di esecuzione di contratti di
consulenza sanitaria stipulati secondo
modalità tradizionali. Si pensi alle consulenze di medicina legale e di medicina del
lavoro nei confronti delle aziende e degli
studi legali e alle consulenze di alta specialità erogate da strutture ospedaliere
anche molto distanti o localizzate all'estero. Queste infatti, sulla base di apposite
convenzioni, potranno utilizzare la rete
internet per fornire il supporto professionale richiesto, soprattutto quando si tratta di informazioni sanitarie facilmente
digitalizzabili (immagini, suoni, output di
tecnologie elettromedicali, etc.).
Un ulteriore campo di azione che non
infrangerebbe i divieti posti dalla normativa e dal codice deontologico potrebbe
essere la refertazione diretta al cittadino o
il teleconsulto che il medico di base può
offrire ai propri assistiti dato che il suo
rapporto economico con il SSR è regolato
da compensi rigidamente individuati dalle convenzioni nazionali.
*Direttore Amministrativo Svimservice
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AESSE
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“L’Adi come strategia di supporto alle famiglie
con anziani non autosufficienti “
Giuseppe Di Noya *
La pianificazione dei servizi
distrettuali di cure domiciliari
La Direzione Generale, su proposta
dell’Area Servizi Sociali, ha pianificato il
Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (Adi ) nel 1998, nei suoi 11 Distretti
sociosanitari, e, dopo numerose riunioni
con i medici di medicina generale, dal
marzo’ 99 ha avviato l’erogazione per gli
utenti portatori di tutte le patologie sanitarie. Gli Obiettivi del Piano Adi, infatti, sono di triplice natura: sociosanitari,
organizzativi e d’ottimizzazione delle risorse, e vengono perseguiti attraverso
specifiche Risorse al fine di ottenere Risultati sia assistenziali che economici,
per le famiglie e per l’ASL, che sono alternativi sia ad inutili e disagevoli
degenze ospedaliere nonchè agli oneri dei
ricoveri , soprattutto se extra ASL BA/ 4.
Le risorse organizzative
del servizio ADI
Il Servizio ADI opera sia nella costruzione che nel mantenimento di una “rete
di risorse dedicate” per il paziente, ovvero la rete è la condizione fondante la Qualità dello stesso Servizio.
Ad oggi, il Servizio domiciliare
dell’AUSL BA/4 dispone delle seguenti
Risorse Organizzative :
A. 11 “Sportelli Adi” distrettuali che
coprono la popolazione dei 13 Comuni
per un maggiore e più facile accesso della
popolazione, a cura dell’assistente sociale, responsabile della Segreteria Adi;
B.
11 Equipes distrettuali
domiciliari , che erogano direttamente
a casa del paziente le prestazioni necessarie (mediche generali, specialistiche, infermieristiche, fisioterapiche, ecc.).
Queste prestazioni sono concordate in
un Piano Assistenziale personalizzato
per ogni paziente, redatto e verificato
quasi quotidianamente durante il periodo
di presa in carico ( circa 2-3 mesi);
C. Ai Comuni competono, inoltre, i
servizi dell’Assistente Domiciliare addetto alla gestione del malato nella vita e
negli ambienti domestici dallo stesso
utilizzati;
D. Le Famiglie, primo attore diretto
(“caregiver”) del malato, vengono sollecitate con particolare attenzione ad una piena collaborazione con l’equipe domiciliare,
sulla base anche di una “Carta del Servizio Adi “, che oltre ad illustrare le caratteristiche del servizio che impegnano gli operatori, illustra “Diritti e doveri della famiglia “ per cooperare con efficacia durante
le cure presso l’abitazione;
E. Le Unità di Valutazione Sanitaria / Geriatrica( UVS / G ), che decidono
per l’ammissione o meno del paziente in
Adi, tra tutte le richieste espresse dalla
popolazione, secondo criteri regionali e
aziendali, definiscono il suddetto Piano
assistenziale ( ad oggi circa 4 richieste su
10 sono accolte in Adi),
F. Tale Piano si realizza mediante la
gestione delle risorse distrettuali da parte
del sanitario resp. dell’uo Adi e del ‘case
manager’ (ass. sanitaria e/o infermiere ):
tempestività del reperimento delle risorse
professionali, strumentali e materiali,
erogazione flessibile delle prestazioni nonché continue verifiche delle condizioni
sociosanitarie dei malati caratterizzano
l’efficienza e l’efficacia gestionale.
Tali UVS , composte da : medico di
famiglia, quale responsabile unico e complessivo del malato ed altri specialisti ritenuti necessari ( geriatra, oncologo,
fisiatra, neurologo, ecc.) e l’u.o. Adi del
distretto, rappresentano il cuore
organizzativo che garantisce al cittadino/
utente/cliente
un’efficace tutela
sociosanitaria;
G. Automobili ( 8 u.) adibite esclusivamente per l’Adi sia per poter assistere tempestivamente nonchè per servire un maggior numero gli utenti in cure
domiciliari, ed inoltre un servizio permanente di ambulanza, gratuito, per eventuali trasporti per esami diagnostici presso un poliambulatorio od un ospedale,
con riaccompagnamento a casa, senza
essere costretti a ricoveri inutili;
H.
Tecnologie sanitarie portatili
che consentono di effettuare sia diagnosi che fornire terapie direttamente a
casa del paziente senza inutili e disagevoli
spostamenti presso i poliambulatori .
I risultati dell’ADI nel 1999
I Risultati conseguiti nel primo anno
di attività dal Servizio ADI sono stati i
seguenti :
Risultati sociosanitari :
a- il numero di utenti ammesso
all’Adi, sulla base di priorità date dalla
maggiore gravità dei bisogni rischio
sociosanitario.(Tab.1 )
b- Il livello di soddisfazione espresso dalle famiglie, anche con lettere ai Distretti, per questa innovativa forma per
la qualità delle cure erogate dai servizi
domiciliari;
c. L’ASL ha sviluppato un ampio
sforzo distrettuale dell’Adi per soddisfare i Comuni di sua competenza , come da
tabella successiva, grazie all’impegno soprattutto dei medici di medicina generale
operanti negli stessi Comuni interessati
(Tab.2 ).
Risultati organizzativi :
a- il “modello di organizzazione “del
servizio Adi, definito consensualmente
tra tutte le forze professionali e sindacali
mediche impegnate nel Piano ADI e at-
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DISTRETTI
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
BA/4
RICHIESTE
70
16
53
14
32
27
42
43
39
132
85
650
UTENTI Adi
24
9
32
10
13
8
25
30
31
72
45
299
Anziani >65a
20
7
30
7
12
8
23
20
20
63
37
247
MMG
11
6
15
6
10
6
17
12
15
24
21
143
..loro Accessi 154
69
100
109
81
97
160
378
306
395
2062
ORE Inferm.
502
31
197
186
35
284
480
901
993
789
5.599
ORE Terapis
188
166
246
1201
946
450
284
2
436
454
370
805
345
4.445
e
Tab. 1 La domanda “Soddisfatta” di ADI e principali interventi dell’equipes (‘99) (Fonte : Dir.Area Servizi Sociali,ASL BA/4, 2000)
Comuni
Beri
Bitonto
Modugno
Anziani
in ADI
121
30
21
Bite tto Bitritto
10
Triggiano
Noicattaro
Capurso
Adelfia
Valenzano
Mola
48
6
5
13
1
38
0
Rutigliano
Tab.2 La soddisfazione di ADI nei comuni dell’ASL BA/4
FAMIGLIE
20,5
(Milioni)
As sis te nza
Domiciliare
SOCIALE
2,6 ('')
As sis te nza
Domiciliare
SANITARIA
3,1 ('')
%
12,8
15,4
Tab.3 La domanda familiare “potenziale“
di assistenza domiciliare in Italia nel ’96
( Fonte : G. Di Noya : elaborazioni su
CER-ISTAT,’96)
PA ES I
% Pi l
di
AUSTRALIA
0,19
CANADA
0,26
FRANC IA
0,27
GERMANIA
0,39
GIAPPONE
0,14
OLANDA
0,57
SVEZIA
1,38
REGNO
UNITO
0,38
STATI UNITI
0,25
V a lo re M e d io
0 ,4 3
A .D .
Tab. 4 Previsione al 2010 della spesa per
l’assistenza domiciliare per gli anziani sul
totale della spesa pubblica (% sul PIL) dei
Paesi dell’OCSE (fonte) : G. Di Noya : elaborazioni su studio OCSE 2000/1 )
tuato in tutti i Distretti, è contenuto in
uno specifico documento: “Linee Guida
per la Qualità dell’ADI dell’ASL BA/4"del
’98,in fase di ulteriore miglioramento;
b- l’integrazione sociosanitaria dei
Distretti con quella socioassistenziale
dei Comuni finora non si è realizzata in
tutti i Comuni presenti nell’ASL della BA/
4; si segnalano positivamente i comuni di
Mola di Bari e di Triggiano.
Risultati d’uso delle risorse :
a- durante l’anno 1999 il servizio Adi
dei Distretti ha conseguito un filtro elevato (70%) ovvero ha ammesso pazienti
alle cure domiciliari che sarebbero stati
altrimenti ricoverati ;
b- quasi il 50% degli utenti ammessi
in Adi, inoltre, aveva subito nel triennio
1996-98, ricoveri fuori territorio , a carico
dell’ASL;
c- i costi ‘domiciliari’ del malato, rispetto a quelli ‘ospedalieri’, hanno toccato risparmi tra il 40 e del 70 %.
I vantaggi di un servizio
di cure domiciliari
I vantaggi che un articolato e adeguato
sistema di cure domiciliari,anche per gli
anziani non autosufficienti, offre sono di
ordine etico,clinico ed economico: miglioramento della qualità della vita del malato
ed umanizzazione delle prestazioni, sollievo psicologico e materiale delle famiglie( anche a tutela della salute della donna, che sopporta i maggiori oneri dell’assistenza), risultati clinici migliori (in particolare per alcune patologie), un alto grado di integrazione tra i servizi e il suo
possibile potenziamento anche con risorse finanziarie notevolmente inferiori a
quelle ospedaliere . Un efficiente ed efficace sistema domiciliare, infatti, induce
un circolo virtuoso attraverso l’intero sistema sanitario dell’ASL, favorendo un
uso più efficiente e razionale delle risorse
complessive.
Il PSN 1998-2000 ha tra i suoi obiettivi
prioritari anche quello dell’invecchiamento della popolazione.
L’urgenza della problematica è bene
evidenziata dai seguenti dati. In Italia, su
circa 20,5 milioni di famiglie, la domanda
“ potenziale “ di assistenza domiciliare
(sociale e sanitaria ) è del 28,2 % ( poco
meno di 6 milioni ) e, di questa, quella
sanitaria rivolta alle Aziende Sanitarie
Locali è del 15,4 % (più di 3 milioni di
famiglie !) ( Tab. 3 ) . Tra le tipologie di
famiglie che dichiarano una “forte” necessità di Assistenza Domiciliare Sanitaria vi sono sia le coppie con anziani ( 23,5
%) che gli anziani soli ( 17,5 5) (Centro
Economico Europeo - ISTAT,’99).
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La sfida dell’invecchiamento della popolazione ,come spesa e assistenza delle moderne società, è oggetto di numerosi studi, tra i quali quello dell’OECD.
L’orientamento che emerge , infatti,
degli Stati appartenenti all’OECD ( Studio 2000 / 1), prevede già al 2010 che
una rilevante incidenza dell’intera spesa destinata agli anziani sarà destinata
all’assistenza domiciliare (ADI) (% sul
PIL ), come da Tab.4. Al 2020, si prevede, ancora, un successivo incremento,
rispetto ai suddetti, dei valori di spesa
per l’Assistenza Domiciliare!
La soddisfazione degli operatori come
garanzia di qualità dell’ADI
In questo senso, si dà ampio riconoscimento a tutti gli operatori dell’ASL BA/
4 ovvero a: Direttori dei distretti, responsabili delle u.o. ADI, medici di medicina
generale, medici specialisti, infermieri, assistenti sanitari, assistenti sociali, fisioterapisti nonchè gli uffici delle Aree Finanziaria, Personale, Patrimonio e Farmaceutica, per il forte impegno nell’erogare e
supportare le complesse esigenze
dell’ADI.
I Distretti, in particolare, sono impegnati a costruire, quotidianamente ,una
gestione efficiente ed efficace del servizio domiciliare : governo delle risorse professionali ed umane, quale elemento fondamentale del servizio, far fronte alla notevole complessità organizzativa del servizio Adi, programmare e controllare gli
interventi e le cure domiciliari, mantenere
un continuo flusso di informazioni per il
sistema informativo dell’ADI con l’Area
Servizi Sociali nonché sviluppare efficaci
relazioni sociali con le famiglie in Adi.
Il risultato finale, di questo ampio
sforzo degli operatori e della fiducia con
la quale la Direzione Generale ha consentito l’avviamento dell’Adi e ne ha seguito la sperimentazione, trova oggi coronamento e riconoscimento nell’approvando “Piano triennale 2000- 2002 di
potenziamento dell’ADI “.
* sociologo, Direzione Generale,
Area Coordinamento Servizi Sociali
AUSL BA/4
A proposito del “Quaderno di campagna”
L’importanza di una corretta e razionale
utilizzazione dei prodotti fitosanitari
Cosimo Nicola Pagliarone *
La legge n. 362 (disposizioni urgenti in materia sanitaria) del 14.10.99 (G.U.
s.g. n. 247 del 20.10.99) ha previsto
all’art. 1, l’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 del Decreto del Ministero della Sanità n. 217
del 25.1.1991 (G.U. serie generale n.
171 del 23.7.1991) (Regolamento di
applicazione dell’art.15 c. 2° del D.P.R.
236/88) e delle sanzioni di cui all’art. 21
del D.P.R. 236/88.
L’ applicazione della norma suddetta, decorre rispettivamente dal 30.6.2000
e dal 30.4.2000 eccetto che per le zone
territoriali di cui all’art.6 del D.M. 217/91
così come sostituito dall’art.2 del D.M.S:
436/92.
L’importanza di una informazione
puntuale sui consumi e sulla corretta e
razionale utilizzazione dei Prodotti
Fitosanitari (P.F.) è emersa in tutta la
sua evidenza in occasione della necessità di regolamentare l’impiego di prodotti contenenti il principio attivo
atrazina per cautelare tutto il territorio
nazionale.
Ciò ha sollecitato le amministrazioni dello Stato a mettere a punto uno
strumento informativo indispensabile
per ottenere una appropriata segnalazione di dati che, elaborati, potessero
consentire forme di intervento più
appropriate per controllare ed evitare
gli effetti indesiderati dell’impiego degli antiparassitari in agricoltura e, non
ultimo, per intraprendere, se del caso,
gli interventi protettivi dello stato di
salute degli stessi utilizzatori nonché
la salvaguardia dell’ambiente e in specie la tutela della produzione agricola.
Il D.M.S. 217/91, per la cui attuazione è stata emanata la Circolare del
Ministero della Sanità n.25 del 16.12.91,
prevede negli allegati modelli di schede per l’annotazione dei dati relativi a:
LE VENDITE, GLI ACQUISTI PER
L’UTILIZZO nonché IL REGISTRO DEI
TRATTAMENTI IN AGRICOLTURA.
Nell’articolato del Decreto, per le
suddette schede, sono previste: le modalità di compilazione, i tempi, le procedure di rilevamento e la trasmissione dei dati, per tutti i soggetti obbligati
citati nell’articolo 15 del D.P.R. n. 236/
88
La scheda di vendita ( All. 1 D.M.
217/91)) deve essere trasmessa al Ministero delle Politiche Agricole (s.i.a.n.)
entro in secondo mese successivo alla
fine di ciascun semestre solare da parte delle ditte intestatarie di registrazioni di P.F., da parte dei distributori, dei
venditori, e di coloro che effettuano
trattamenti conto terzi per i P.F. acquistati in proprio o dalle cooperative di
acquisto o dai centri di distribuzione
collettiva.
Per la vendita di prodotti ex terza e
quarta classe tissicologica, destinati
esclusivamente ad orti e giardini familiari ed il cui raccolto è destinato al consumo proprio, le stesse possono essere effettuate previa esibizione da parte
dell’acquirente
di
AUTOCERTIFICAZIONE vidimata
(con validità di un anno dalla firma),
protocollata e depositata in copia presso la ASL competente per territorio.
La scheda di vendita per speditori
(All. 2 D.M. 217/91) deve essere trasmessa al Ministero delle Politiche
Agricole (s.i.a.n.) dagli speditori a seguito di ordini preventivamente siglati
da Sindaco, Carabinieri, Ufficiale Sanitario, Funzionario u.a.z.) entro il secondo mese successivo alla fine di ciascun
semestre solare.
3sub1 scheda acquisto per utilizzo
in campo
Le schede acquisto per l’utilizzo
(All.3 : 3sub2 scheda acquisto per utilizzo su derrate veg. immagazzinate
D.M. 217/91 3sub3 scheda acquisto
per utilizzo extragricolo)devono esse-
- continua
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re compilate dagli utilizzatori e riferite
fino a tutto il 28 febbraio di ciascun
anno successivo a quello cui i dati si
riferiscono. Le schede, una volta compilate, vanno presentate in triplice
esemplare, alla ASL territorialmente
competente in relazione al luogo di utilizzo dei prodotti.
Le ASL trattengono un esemplare e
trasmettono gli altri due esemplari alla Regione e al Ministero delle Politiche Agricole (s.i.a.n.) entro il 31 MAGGIO di ciascun anno.
Ai fini della compilazione delle schede di cui all’allegato 3 gli utilizzatori conservano per i presidi di prima e seconda
classe tossicologica la copia dei MODULI D’ACQUISTO (ex art. 22 DPR 1255/68
All.2) mentre per i presidi ex terza e quarta classe tossicologica la copia delle relative BOLLE DI ACCOMPAGNAMENTO.
Registro (scheda) dei trattamenti in
agricoltura (All.4 D.M. 217/91) deve essere tenuto dagli utilizzatori che debbono
effettuarvi le annotazioni entro i quindici
giorni successivi a ciascuna operazione
di trattamento.
Il registro, sottoscritto dall’utilizzatore
e preventivamente vidimato e protocollato dalla ASL competente, può essere gestito anche dalle strutture tecniche delle
organizzazioni professionali o studi professionali o u.a.z. che su incarico dell’agricoltore ( delega) possono curarne (previa
comunicazione alla ASL per la verifica di
regolarità di tenuta) la vidimazione e
protocollazione da parte dell’Azienda Sanitaria Locale stessa e la successiva distribuzione agli interessati per la conservazione.
Tutte le schede possono essere sostituite da SUPPORTO MAGNETICO secondo quanto previsto dall’art. 2 c. 3°
DMS 217/91 in ottemperanza disposto del
DMS 12.11.91 – G.U. s.g.n.294 del
16.12.91. Il Ministero della Sanità di concerto con quello delle Politiche Agricole,
dell’Ambiente, dell’Industria esenta i soggetti interessati dagli obblighi di cui agli
art. 4 e 5 del DMS 217/91 in relazione a
settori, zone territoriali e sostanze attive
che hanno mostrato situazioni di
rilevanza marginale.
Sia la Circolare Min. San. n.25/91 che
l’Ordinanza Min. San. 23.12.91 fanno cessare l’obbligo (sancito dall’art, 4 della
OMS 25.6.86) della comunicazione
trimestrale, da parte dei venditori, di P.F.
contenenti sostanze diserbanti (mod.
IAN01).
Corre l’obbligo di rammentare che i
venditori di P.F. debbono tenere il registro di carico e scarico presso il proprio
esercizio (art.22 DPR 1255/68). Per quanto riguarda gli imprenditori agricoli, questi sono tenuti ad effettuare la comunicazione al Catasto Rifiuti dei dati relativi ai
rifiuti prodotti nell’anno precedente con
l’obbligo di tenere il registro di carico e
scarico per i rifiuti pericolosi (D.L.gs. 22/
97) per il cui trasporto ai centri di raccolta
non necessita autorizzazione se il trasporto stesso viene effettuato direttamente dal
produttore agricolo nelle quantità di 5 contenitori di P.F. per singolo trasporto
(D.L.gs. 173/98).
La consapevolezza di dover ridurre al
minimo le difficoltà compilative per gli
operatori agricoli e gli ingenti obblighi
consequenziali, spinge ad attivare le competenti Amministrazioni dello Stato ed
in particolare la Commissione Consultiva
Permanente per i Fitofarmaci per
riesaminare le modalità di compilazione e
di trasmissione delle schede con la finalità di semplificare al massimo tutte le procedure.
* Dirigente Medico Dipartimento
Prevenzione Azienda USL TA/1
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AVENTIS PARMA
AMARYL
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AMARYL
SCHEDA TECNICA
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Organizzazione del Dipartimento di Medicina
Trasfusionale in Puglia: il punto della situazione
(Dalla tavola rotonda “L’organizzazione del Dipartimento di Medicina Trasfusionale” svoltasi il 28 giugno 2000
nell’ambito del XXXIV Congresso nazionale di studi di Medicina Trasfusionale – Rimini 24 – 28 giugno 2000**)
Angela Mengano *
Nella nostra Regione la
riorganizzazione dei servizi immunotrasfusionali - posta tra gli obiettivi della
legge n.107/90 è stata disciplinata con
l’approvazione da parte del Consiglio
Regionale, in contemporanea, di due
provvedimenti di notevole rilevanza, il
Piano di riordino della rete ospedaliera
(deliberazione n.379 del 2-3
febbraio1999),e il Piano di emergenza–118
(deliberazione n.382 del 3-11 febbraio
1999).
Entrambi i provvedimenti inseriscono nel sistema sanitario regionale, all’interno del settore della medicina
trasfusionale, il Dipartimento di Medicina Trasfusionale (DMT), come centro
non strutturale ma funzionale di coordinamento delle attività immunotrasfusionali facenti capo a un determinato territorio.
In realtà, il Dipartimento di Medicina
Trasfusionale era già previsto, in Puglia,
sin dalla legge n. 14, approvata il 18
dicembre 1991, e dettata dall’esigenza di
adeguare l’assetto organizzativo dei servizi regionali immuno-trasfusionali ai contenuti della legge n.107/90.
Negli anni ’90 vi è stato l’avvio di un
processo di riordino dei servizi
immunotrasfusionali, con il quale si intendeva riadeguare il settore ai contenuti e
agli obiettivi introdotti sia dalla legge
107,sia dalla legge regionale n.14, sia dal
Piano Sangue del ’94; con il ridimensionamento del numero dei SIT, nel rispetto
dei parametri previsti dalla legge n.107.
Tutto però è stato rinviato ad un momento successivo perché si è ritenuta preliminare l’approvazione del piano di riordino della rete ospedaliera.
Nel frattempo, è stato formulato un
piano per l’utilizzo dei finanziamenti pre
visti ai sensi dell’art 23 della legge 107 in
modo da potenziare i servizi con l’acquisto di attrezzature e computer.
Nel 1999, finalmente, la svolta: il Consiglio Regionale approva, come ho già accennato in premessa, i due atti programmatori: il 118 e il piano di riordino della
rete ospedaliera.
Il 118 viene approvato con deliberazione n.382/99, che indica al suo interno
un doppio canale di finanziamento: sia il
Fondo Sanitario Regionale con le quote
indistinte annualmente assegnate alla
Regione dallo Stato, sia le disponibilità
finanziarie previste dall’art.1, commi 34 e
34 bis della legge n. 662/96 con l’accantonamento di quote del Fondo Sanitario
Nazionale a destinazione vincolata al
perseguimento di obiettivi prioritari indicati nel Piano Sanitario Nazionale.
Una volta approvato il piano del 118,
ed espresse da parte della Conferenza
Stato- Regioni le indicazioni sulle priorità
d’intervento per l’utilizzazione dei fondi
resi disponibili dalla legge 662; l’assessore regionale alla sanità ha chiesto ed
ottenuto dal Ministro Bindi l’inserimento
del progetto del macrosistema di emergenza sanitaria 118 tra i progetti presentati dalla Regione Puglia a finanziamento.
Si giunge così all’approvazione conclusiva dei progetti da parte della Conferenza
Stato-Regioni ed alla conseguente assegnazione dei relativi fondi da parte del
CIPE, il che consente alla Regione Puglia
di poter attivare il 118 rimpinguando le
risorse proprie con quelle aggiuntive vincolate dallo Stato.
Vediamolo più da vicino questo 118
pugliese.
La rete dell’emergenza è articolata prevedendo un punto di coordinamento regionale in capo al Policlinico di Bari e punti
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di coordinamento provinciali corrispondenti alle Aziende Ospedaliere
degli altri capoluoghi di provincia ( tutti Dipartimenti di II livello ) .
Intorno ad essi gravitano, a mo’ di
satelliti, gli altri presidi ospedalieri minori ( Dipartimenti di I livello e, via via
, punti di pronto soccorso attivo e punti
di primo intervento ).
Nella diapositiva ci siamo limitati a
individuare i soli Dipartimenti di I e II
livello.
E’ sempre il piano del 118 a dire
quali sono le caratteristiche del Dipartimento di Medicina Trasfusionale; la
cui sede coincide con quella del Dipartimento di emergenza di II livello, che
dovrà essere dotato di un servizio di
medicina trasfusionale con guardia
medica attiva 24 ore su 24 ... e fornire
l’attività diagnostica e terapeutica per
tutte le strutture di emergenza ( Dipartimento di I livello, Pronto Soccorso Attivo e Punti di primo intervento
ospedaliero ) comprese nel proprio territorio.
E’ inoltre previsto che il Dipartimento organizzi in maniera autonoma la
propria rete di assistenza tenendo conto della preesistenza di strutture
trasfusionali nella rete ospedaliera locale .
In sede di formulazione dei principi
di carattere generale che regolano l’arti-
colazione della rete ospedaliera, il piano ha
previsto tre distinti livelli di assistenza ,
uno più alto, uno intermedio, uno minimo.
Più precisamente, il livello “alto” è rappresentato dagli Ospedali di rilievo nazionale e regionale nonché dalle aziende
miste e dagli IRCCS ,che sono al
contempo sede di Dipartimenti di Emergenza- Urgenza di II livello e di Dipartimenti di Medicina Trasfusionale di II livello; secondo quanto già enunciato dal
piano 118.
Il territorio regionale viene così ad
essere ripartito in Dipartimenti di Medicina trasfusionale secondo il seguente
schema:
-A. O. “Policlinico” - BARI (a cui
afferiscono i SIT della BA/1, BA/2, BA/3
e dell’Ospedale Miulli di Acquaviva)
-A. O. “Di Venere” - BARI (a cui
afferiscono i SIT della BA/4 e BA/5)
-A.O “OO.RR. “ – FOGGIA (a cui
afferiscono i SIT della FG/2 e FG/3 )
- I.R.C.C.S. “ Casa Sollievo della Sofferenza “- S.Giovanni Rotondo ( a cui
afferisce il SIT della FG/1)
-A. O. “ Di Summa” – BRINDISI ( a
cui afferisce il SIT della BR/1 )
- A. O. “V. Fazzi ” - LECCE ( a cui
afferiscono i SIT della LE/1, LE/2 e dell’Ospedale Cardinal Panico di Tricase
- A. O. “SS. Annunziata “ - TARANTO ( a cui afferisce il SIT della TA/1)
Pertanto i Dipartimenti di Medicina
Trasfusionale previsti nel territorio regionale sono in totale 7, di cui 2 nella provincia di Bari (abitanti 1.530.170), 2 in quella
di Foggia ( ab.701.078), 1 rispettivamente
nelle province di Brindisi, Lecce e Taranto (ab. 411.282, 802.916, 589.513 ).
Il livello “intermedio” è costituito dai
cd. “presidi ospedalieri di inter-connessione funzionale con gli ospedali di cui al punto
precedente”, i quali assicurano la risposta
assistenziale ospedaliera alla domanda
espressa a livello provinciale.
Tra i servizi previsti in questo secondo livello è compreso il SIT ( Servizio di
Immunoematologia e Medicina
Trasfusionale).
La lista dei SIT che si può ricavare
dalla lettura delle tabelle allegate al piano
è la seguente:
-ASL BA/1…………................Andria
-ASL BA/2………………….Molfetta
-ASL BA/3………Miulli - Acquaviva
-ASL BA/4……………S. Paolo - Bari
Policlinico - Di Venere
-ASL BA/5…………….…Monopoli.
Putignano
-ASL BR/1……………...….Di Summa
-ASL FG/1………......…..S.G.Rotondo
-ASL FG/2………………….Cerignola
-ASLFG/3……………………..OO.RR.
-ASL LE/1……………….....…..V.Fazzi
Galatina
-ASL LE/2…………….CasaranoCard.
Panico
-ASL TA/1............Ss.Annunziata Taranto
Come emerge da quanto sopra, risultano previsti in totale n. 17 SIT nel territorio regionale, di cui 8 nella provincia di
Bari , 1 nella provincia di Brindisi, 3 in
quella di Foggia , 4 in quella di Lecce, 1 in
quella di Taranto .
Si può inoltre osservare come tra i presidi ospedalieri muniti di SIT ve ne sono
9 corrispondenti a strutture individuate
dal piano di Emergenza-Urgenza come
Dipartimenti di II livello ( Andria, Miulli,
Policlinico,Di Venere, S.G.Rotondo,
OO.RR.Foggia, Di Summa, V.Fazzi,
SS.Annunziata) e 8 individuate come Dipartimenti di I livello (Molfetta, S.Paolo,
Monopoli, Putignano, Cerignola,
Galatina, Casarano, Card. Panico).
Il terzo livello , infine, è rappresentato dai presidi ospedalieri a rilievo
territoriale, interconnessi con quelli di
cui al punto precedente.
Le tabelle allegate al piano indicano i
presidi ospedalieri individuati come CIT
( Centri Immunotrasfusionali) nel numero complessivo di 19 , che risultano i seguenti::
BA/1………………....Canosa, Terlizzi
BA/2…………………..Barletta, Trani
BA/3………………………...Altamura
BA/4…………..................…Triggiano
BA/5………………......…Conversano
BR/1………………Francavilla, Ostuni
FG/1………………………….S.Severo
FG/2……………………..Manfredonia
FG/3……………………….....…Lucera
LE/1………………..Copertino, Nardò
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LE/2….................…Scorrano,Gallipoli,
Gagliano
TA/1………......….Martina, Grottaglie
Tra questi, 7 corrispondono a strutture individuate dal piano di EmergenzaUrgenza come Dipartimenti di I livello (
Altamura, Francavilla, Ostuni, S. Severo,
Copertino, Scorrano, Gallipoli ) e 12 individuate come “ Pronto Soccorso Attivo”
( Canosa, Terlizzi, Barletta, Trani,
Triggiano, Conversano, Manfredonia,
Lucera, Nardò, Gagliano, Martina,
Grottaglie).
Dolenti note
a proposito di
finanziamenti.
Infatti, le voci di spesa previste nel
progetto del 118, presentato al Ministero,
riguardano, via via, le centrali operative,
le attrezzature di Pronto Soccorso, i posti
letto di terapia intensiva, l’elisoccorso, la
formazione, l’educazione sanitaria,
l’adeguamento tecnologico, ma neanche
il minimo accenno ai DMT.
Legge nazionale 107/90 e Legge regionale 14/91: un SIT ( o DMT ) ogni
400.000 abitanti.
Sembra però , tra lavori di modifica alla
107 e nuovo Piano Sangue, che gli ambiti
territoriali siano ormai rimessi all’autonomia regionale; in questo senso il piano
della Regione Puglia pare aver lautamente
profittato di tale autonomia restringendo
– in qualche caso - i bacini di utenza oltre
ogni possibile immaginazione
· Basti considerare che, a fronte di un
territorio suddiviso in 12 ASL a popolazione variabile tra i 200.000 e i 600.000
abitanti per un totale di circa 4.000.000,
sono previsti 17 SIT e 19 CIT.
D’altra parte il piano di Emergenza stabilisce diversi bacini di utenza per le diverse tipologie e quindi 1 x 90.000 – 100.000
abitanti per il PSA, 1 x 200.000 – 300.000
abitanti per il Dipartimento di Emergenza
di I° livello, 1 x 300.000 – 1.000.000 abitanti per il Dipartimento di Emergenza di
II° livello.
Al momento di rendere concrete le linee di programmazione scaturite dai due
provvedimenti contemporaneamente approvati dal Consiglio Regionale, è evidente, quindi la difficoltà di armonizzare
tipologie e parametri così diversi, stabiliti
nei due atti, per rendere finalmente possibile una ormai indifferibile razionalizzazione del settore immuno-trasfusionale.
· La difficoltà di coniugare gli obiettivi
del Piano Sangue con il supremo interesse aziendale di raggiungimento del pareggio in bilancio da parte dei Direttori Generali è a tutti nota e rappresenta, peraltro, il
tormentone di questi ultimi anni in Sanità.
· Ho già sottolineato, poco fa, l’assenza dei DMT tra le voci di spesa del piano
118: ritengo però che si possa fare
senz’altro qualcosa per rimediare all’omissione ,essendo in corso la progettazione
attuativa del 118, ed essendosi ormai consolidata, a livello regionale, la consapevolezza della stretta interconnessione
dell’emergenza trasfusionale con il sistema generale di emergenza-urgenza.
Sullo stato dell’arte del DMT ci poniamo ora alcune domande, quelle elencate nell’ultima diapositiva
Alla prima, come alla terza, si potrà ri-
spondere, nel contesto regionale, con
l’approvazione del regolamento dei DMT,
ancora in fase di gestazione.
Per quanto riguarda poi il sistema informativo computerizzato dei servizi
trasfusionali nella nostra regione, è in
corso di attivazione il SISR ( Servizio Informativo Sanitario Regionale), affidato
alla SVIM SERVICE di Bari, aggiudicataria
dell’appalto regionale, che comprende
anche il collegamento telematico dei servizi immunotrasfusionali.
Si può a buon diritto ritenere che almeno
questo problema si avvii a soluzione.
* Dirigente Ufficio Medicina
Trasfusionale Assessorato Sanità Regione Puglia
** Nel corso del convegno sono stati
premiati anche due operatori pugliesi.
Si tratta del dott. Luciano Cazzato della
Banca del Sangue del Policlinico di Bari
(miglior lavoro sulla filtrazione globale) e del dott. Stefano Antoncecchi Primario del Servizio Trasfusionale dell’ospedale di Monopoli (migliore lavoro scientifico pubblicato su “La Trasfusione del Sangue”).
Ai due trasfusionisti gli auguri per i
riconoscimenti ottenuti a conferma della
valenza del loro impegno professionale.
Direttore Sanitario Dott. Aniello Stabile
Corso Madonna della Libera, 118 71012 - Rodi Garganico (FG)
Tel. 0884966012 - 965941 - Fax 0884919056
e-mail: [email protected]
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Il randagismo in Puglia
La legislazione, i compiti e le spettanze
Corrado Mandese * Gian Paolo Amerio **
Premesso che l’esame della legislazione quadro, rappresentata dalla legge
14.08.1991, n.281, “ Legge quadro in materia di animali d’affezione e prevenzione
del randagismo”, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale di legittimità,
ha delineato in modo preciso e definito il
sistema delle competenze e delle
attribuzioni e correlativamente quello delle
disponibilità e degli oneri finanziari, nonché dalla disamina articolata e, quindi,
comparata con la normativa regionale rappresentata dalla L.R. n.12 del 03 Aprile
1995 “Interventi per la tutela degli animali
d’affezione e prevenzione del randagismo” e da tutte le direttive regionali che
disciplinano la materia in argomento.
Il quadro che ne deriva è così
riassumibile:
a) Alla Regione compete l’esercizio
della prevista potestà legislativa concernente, ad esempio, la fissazione dei criteri
da rispettare nella costruzione dei canili
sanitari e dei rifugi per cani e la formazione e l’attuazione del programma di prevenzione del randagismo, nonché l’indennizzo agli allevatori per danni al bestiame
allevato causati da cani randagi o
rinselvatichiti, l’istituzione, presso l’Assessorato regionale alla Sanità, di una
Commissione regionale che coordina,
sovrintende e controlla gli interventi necessari all’attuazione di quanto è previsto dalla vigente legge regionale ed è organo consultivo della Giunta regionale ed
ancora, l’istituzione di un Albo regionale
al quale possono essere iscritti esclusivamente gli enti e le associazioni per la
protezione degli animali operanti nella
Regione Puglia;
b) Ai Comuni competono la costruzione dei canili sanitari e dei rifugi per
cani, a norma di quantoprescritto dal
D.P.R. 8 Febbraio 1954 “Regolamento
di polizia veterinaria”, n.320, della citata legge n.281/91 e della L.R. 3 Aprile
1995, n.12.Per tali funzioni sono previsti – e sono stati erogati- finanziamenti
provenienti dal fondo di cui all’art.8
della L.n.281/91 e fondi autonomi regionali, nonché dai proventi derivanti
dalle ammende previste dalla richiamata normativa in materia. Viene, inoltre,
data facoltà alle associazioni protezionistiche riconosciute dalla Regione
Puglia ed in convezione con i Comuni,
di intraprendere varie iniziative e meglio specificate all’art.14 della L.R.
sopracitata, tra cui la costruzione dei
rifugi per cani.
Da quanto detto deriva che la costruzione e la gestione dei canili sanitari e
rifugi per cani, così come le attività di
custodia dei cani catturati, è attività da
riferirsi, sotto i profili della competenza,
della responsabilità e dell’assunzione
dei relativi oneri finanziari, ai Comuni,
ai sensi degli artt.83 e segg. del
D.P.R.320/54, dell’art.4 della L.281/91
e degli artt.8 e 9 della L.R. n.12/95 con
successive indicazioni integrative di G.R.
(D.G.R. n.ri 6082/95, 755/96; 7492/96,
4474/97, ecc.).
c) A tal proposito ed in ordine alle
possibilità che hanno i privati di ottenere
autorizzazioni alla realizzazione di strutture ricovero per cani, inoltre, è parere corrente, conforme e diffuso, che le stesse
siano limitate alle cosiddette “pensioni per
cani o canili privati a scopo di ricovero o
di allevamento”, ex art. 24 lettera f) del
D.P.R. n.320/54, riservate agli animali
padronali.
Peraltro, tali strutture sono riservate
a cani padronali, così, come, si ritiene fosse previsto in ordine all’interpretazione
del sopracitato art.24 punto f) (canili gestiti da privati o da enti a scopo di ricovero) e del successivo art.84 (canile municipale per cani catturati) del D.P.R. n.320/54
che lascia intravedere la prima distinzione di ricovero tra cani padronali e cani
randagi e, cioè, prima dell’entrata in vigore della legge quadro in materia di tutela
d’animali d’affezione e prevenzione del
randagismo, L. 14 Agosto 1991, n.281 e
della L.R. 03 Aprile 1995, n.12 di
recepimento periferico. Tale più recente
normativa considera i Comuni e le Associazioni di protezione animali abilitati alla
custodia dei cani randagi essenzialmente, prevedendo anche l’estensione agli
animali padronali.
Attualmente, però, in mancanza di rifugi per cani gestiti dai comuni e/o di Enti
e Associazioni protezionistiche ex art.13
della L.R. n.12/95 (albo regionale delle
associazioni di protezione animale riconosciute), i Sindaci, nelle more della
ristrutturazione e/o costruzione di strutture proprie ex art. 9 della L.R. n.12/95,
possono contenere l’emergenza
randagismo con provvedimenti
contingibili ed urgenti, secondo le indicazioni fornite con direttiva regionale approvata con delibera di G.R. n.4474/97 (v.
rifugi per cani), trasferendo dai “canili
sanitari” ai “canili privati e/o pensioni per
cani” animali resi salubri, identificati con
schede segnaletiche e microchip e, solo
per le cagne, sterilizzate.
Tanto, al fine di garantire l’incolumità
pubblica, quella sanitaria, un ricovero ai
cani provenienti dai canili sanitari ex art.8,
perseguendo l’obiettivo di raggiungere
una sana e moderna zoofilia per un giusto
equilibrio uomo-animale-ambiente, indicato dalla legge.
d) Alle Aziende UU.SS.LL.competono
tutte le funzioni di carattere tecnico-sanitario, quali la profilassi delle malattie
trasmissibili, l’identificazione degli animali
per mezzo di tatuaggio elettronico
(microchip), la sterilizzazione dei cani e dei
gatti che vivono in libertà, il recupero dei
cani randagi per il loro inoltro nei canili
sanitari (legge 281/91, l.r. 12/95, DM
14.10.96), nonché la vigilanza veterinaria
permanente su tutte le strutture di ricovero e l’osservazione sugli animali
morsicatori (DPR 320/54).
Tanto è stato possibile concludere
attraverso la disamina articolata e comparata della normativa nazionale e regionale
che disciplina la materia sugli animali d’affezione e la prevenzione del randagismo.
* Dirigente resp.le Profilassi Antirabbica
-Lotta al Randagismo Ausl TA/1- Consulente
Ass.to Reg.le Sanità Servizio Veterinario Regionale
** Funzionario Servizio Veterinario Assessorato alla Sanità Regione Puglia
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L’ Opinione
Perché esiste un medico?
Giovanni Perilli *
Fare un viaggio nella sociologia , o ancora meglio nella sociologia sanitaria, è interessante sempre, ma si finisce per essere
molto più chiari e magari più acuti partendo
da riflessioni e definizioni degli aspetti della
realtà sanitaria più scontati, e forse per
questo meno indagati .
E allora perché esiste un medico ?
Quale è la funzione sociale della classe
medica?
Probabilmente aveva ragione il
sociologo Merton (uno dei padri della
sociologia), che attribuiva ad ogni attività sociale una funzione manifesta ed una
funzione latente.
Certo perché anche l’attività medica
esercita una funzione latente, una attività
insomma che soddisfi un bisogno sociale
meno evidente, più occulto, latente per
l’appunto.
La classe medica in una comunità svolge la funzione latente di rassicurazione
psicologica, ovvero “mi sento più sicuro
al solo pensiero che qualora subissi qualche malanno fisico c’è chi è in grado di
provvedere alle mia salute.”
Ma questo non basta ovviamente, poiché la funzione latente potrebbe essere
soddisfatta anche da altre categorie, come
i maghi per chi ci crede o anche nella forma
religiosa dai miracoli operati da carismatici
preti intermediari tra i due mondi. A chi
non crede né ai primi né ai secondi “rimarranno“ i medici.
Invece ciò che rende socialmente
infungibile e preziosa la classe medica è
l’esercizio della funzione manifesta.
Con l’ esercizio di questa funzione
comprendiamo perché esiste il medico.
La funzione manifesta è l’introduzione dei correttivi, ove è possibile, propri di
una scienza medica, per il ripristino di uno
stato di malattia, o semplicemente per
scongiurarne l’esistenza.
Ma alla luce di questa definizione scaturisce automaticamente una considerazione : ovvero che è semplice constatare
come il numero dei medici, il loro livello di
preparazione e le risorse tecnologiche di
cui fanno uso, non sono sempre elementi
uguali in ogni latitudine del mondo.
A ciò aggiungiamo il fatto che il paziente è un uomo e che gli uomini non si
assomigliano tantissimo quando è il denaro che li rappresenta.
Allora potremo dunque pensare che il
rapporto medico - paziente risulti essere uguale in tutte le località del globo terrestre?
L’uomo è uomo ovunque, ma ovunque interpreta dei ruoli, ed ogni ruolo sociale prevede un modello comportamentale da seguire.
Esiste dunque anche il ruolo sociale
del paziente e del medico.
Il ruolo del medico, nei paesi Occidentali, è sempre più iperdefinito poiché il
medico tende ad esser sempre più un
iperspecialista.Iperspecialista perché gli
si attribuiscono compiti sempre più specifici.
E se è vero come è vero che l’attività
legata a qualsiasi ruolo sociale ha la funzione di soddisfare dei bisogni sociali, ciò
significa che la nostra società sta rispondendo sempre più appropriatamente ai bisogni e alle esigenze delle cure mediche.
Del resto, pur nella perfettibilità di
qualsiasi azione umana, non si può paragonare l’ipercomplessità dei modelli organizzativi sanitari italiani, ed occidentali, a realtà molti più arretrate della maggior
parte del globo terrestre.
L’evoluzione che ha subito la nostra
società in un secolo è verificabile anche
nel campo sanitario dove cento anni fa
c’era il medico, oggi c’è il ginecologo chirurgo laparascopico: i ruoli sono sempre
più aggettivativati, le risposte sociali di
cui si fa carico quel ruolo dunque sempre
più specifiche.
Ma è anche chiaro che l’esistenza dei
ruoli permette un’interazione umana e
sociale certamente più serena
Il ruolo, infatti, predefinisce un comportamento e quanto più il ruolo viene
definito ed aggettivato tanto più la società gode di atteggiamenti e comportamenti
prevedibili.Sarà diverso infatti il comportamento che un paziente si attende da un
ginecologo giovane qualsiasi ed uno
invece che nella propria opinione personale si tende ad aggettivare come un
ginecologo chirurgo laparoscopista scrupoloso ed esperto.
Accade dunque che, condizionati dalla propria cultura, dal proprio tenore di
vita, dalle proprie esperienze e da quanto
altro renda soggettiva una opinione, tutti
comunque finiscono per interiorizzare
una loro immagine del medico e quindi
del suo ruolo : ciò ha una grande rilevanza
sociale poiché significa che ogni cittadino, utente, paziente ha delle aspettative
ben precise sui comportamenti e sui “copioni” che la classe medica, o per la precisione il proprio medico, dovrà “recitare” davanti a loro.
Quale la pena in caso del mancato rispetto del codice comportamentale che il
paziente prevedeva, e che comunque può
cambiare da paziente a paziente?
Spesso, il cambio di medico, di ospedale o ancora peggio l’attivazione di quella
subdola e mai eguagliata arma di cattiveria che è la maldicenza. Quindi ognuno ha
un ruolo, un comportamento, un parte da
recitare.
Del resto intendere la vita quotidiana
come una continua “rappresentazione teatrale” non è solo patrimonio delle scontate , ma efficaci riflessioni popolari secondo le quali la vita sarebbe “una commedia”.
Infatti nel libro dal suggestivo titolo
“La vita quotidiana come rappresentazione teatrale” il sociologo E. Goffman interpreta le dinamiche inter relazionali dei
microeventi sociali (come lo è per esempio il rapporto medico-paziente) come frutto del dispiegarsi di logiche “teatrali” in
cui il copione impartisce modelli di comportamento predefiniti da seguire : niente
di più niente di meno di ciò che la vita
giornalmente ci impone .
Una vita , che è bene rammentare, è
sempre vita sociale, e che costringe un
uomo a non dimenticarsi mai che magari è
anche un medico, e che di fronte non ha
un uomo qualsiasi ma ha un paziente, sfumatura sottile e allo stesso tempo enorme.
L’interpretazione del messaggio di
Goffman, che probabilmente non ha mai
visto un film di Totò, è che nella vita di
tutti i giorni non ci possiamo permettere il
lusso di dimenticarci che siamo “prima
caporali e poi uomini” e che un paziente
in noi vuole veder prima di tutto un medico e solo sucessivamente un uomo.
Succede quindi che un medico sacri-
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ficatosi per la sua professione, che ha a
lungo studiato, incontra, e a volte si scontra, con le alte barriere del pregiudizio
popolare che a volte lo incorona eroe, lo
porta sull’altare e lo nomina generale, altre volte invece lo bolla inetto, lo trascina
nella polveree gli strappi i gradi quasi fosse un disertore.
E ciò non sempre per una mancata
guarigione , ma anche perché quell’idea
legata al ruolo , quelle aspettative nutrite
sono andate tradite.
Nel 1951 il sociologo americano T.
Parsons, riconosciuto come uno dei padri della sociologia sanitaria, fu il primo
ad enunciare la definizione di “ruolo del
medico” e del “ruolo del malato” (sickrole) e scrisse :
“Il medico è un esperto tecnico che,
in virtù di un addestramento e di un’esperienza specifica, nonché di uno status
istituzionalmente riconosciuto, è qualificato a “aiutare” il paziente in una situazione che viene istituzionalmente definita
come legittima in un senso relativo, ma
che richiede un aiuto”.
Le caratteristiche salienti di questa
definizione vedono nel “sapere scientifico” e nell’aiuto” i due cardini principali
della visione Parsonsiana.
Il medico aiuta i pazienti non perché è
un uomo estremamente dotato di caratteristiche umane, di intelligenza straordinaria, o un Pico della Mirandola (certo può
avere anche tutte queste doti), ma sicuramente è innanzitutto uno specialista.
Parsons preciserà :
“Il medico non costituisce un “uomo
sapiente”, ma è uno specialista la cui superiorità nei confronti dei suoi simili è limitata alla sfera specifica del suo addestramento e della sua esperienza tecnica”.
Nelle caratteristiche che definiscono
il ruolo del medico, secondo Parsons, si
individuano 3 concetti che presiedono
all’attività medica: carattere a)
universalistico, b) funzionalmente specifico, c) affettivamente neutrale:
“A differenza dal ruolo dell’uomo di
affari, esso è però orientato in vista della
collettività e non in vista dell’ego”, precisa negli USA del 1951 T.Parsons, ignorando quali sviluppi avrebbe potuto avere la categoria medica, divisa tra il modello del medico-missionario e del medicobusinessman.
Del resto se c’è una aspetto che oggi
si rimprovera al medico tanto nei salotti
bene, tanto nei discorsi del bar, è il fatto
di avvicinarsi sempre più al modello del
medico-businessman.
E a volte il paziente stenta nel fidarsi
di un medico di cui sospetta un forte attaccamento alla “pecunia”, non riesce a
fidarsi un rapporto che di per sé se è
consensuale è comunque asimmetrico
come le sociologhe francesi Herzlich e
Adam hanno commentato circa il rapporto medico – paziente.
Un recente studio del Censis dimostra che la seconda esigenza che avvertano i pazienti, dopo quella di essere guariti, è di aver fiducia del proprio medico,
fiducia che, a quanto pare, viene qualche
volta tradita.
Insomma il paziente percepisce l’esigenza di doversi fidare di qualcuno, perché all’ansia, alla sofferenza, al dolore fisico e non, e ad un senso di precarietà è
spesso la morte che aleggia alle spalle
come un fantasma.
Al riguardo si pensi quanti, da un colloquio con il medico, escono con “una sentenza di morte”, quanti vivono notti insonni all’insegna di un responso medico.
Questi eventi sono macigni nella biografia esistenziale di un uomo, scissi dall’aspetto puramente scientifico, clinico e
medico.
Ma sarà proprio il “contatto” con il
medico a sancirne la sua “sacra” drammaticità.
Che differenza c’è tra un uomo imprigionato ed in attesa di essere giustiziato
a morte ed un uomo che esce dalla stanza
di un medico incaricato di informare un
giovane di una sorte segnata?
Dall’opera di J.P. Sartre citiamo :
“Nello stato in cui mi trovavo, se fossero venuti ad annunciarmi che potevo
tornarmene tranquillamente a casa mia,
che mi avevano graziato, la cosa mi
avrebbe lasciato indifferente: qualche
ora o qualche anno di attesa è assolutamente la stessa cosa, una volta che si è
perduto l’illusione d’essere eterni”.
Lo studio di un medico e una prigione
militare, essendo luoghi così diversi, fanno pensare ad eventi diversi: possono essere invece accomunati dal fatto di essere
luoghi di esistenziali verità rivelate.
Sartre scriveva appunto sulla perdita
di “illusione d’eternità”, di questa tremenda verità sulla vita che molti acquisiscono consciamente solo di fronte ad una
diagnosi clinica.
L’uomo insomma è nel rapporto col
medico che a volte apprende, oltre che diagnosi cliniche, tremende verità sulla vita.
Tutto ciò che è stato fin qui scritto è
un piccolo assaggio di quelle che sono le
riflessioni sociologiche che la interessante e assai poco conosciuta sociologia sanitaria può oggi offrire al pubblico.
Si parliamo della sociologia, sociologia
sanitaria per la precisione che audace,
sbarazzina, irriverente nei confronti delle
istituzioni, a volte bandita a volte ignorata, è comunque quasi sempre sconosciuta ai più che dirigono e gestiscono le strutture ospedaliere;
La disciplina della sociologia, nella sue
espressioni più colte e professionali, ci
regala l’opportunità di acquisire e com-
prendere sfumature sui quei meccanismi
sociali che generano e determinano eventi
sociali. Gli eventi sociali che “accadono”
per esempio in una struttura ospedaliera
o che si consumano nelle sue orbite, sono
eventi che manifestano risvolti economici, o una natura giuridica, nonché etici, e
che quindi non sono esclusivo oggetto
di studio della materia sociologica. Insomma la sociologia non pretende di essere
l’unica disciplina, ”l’unico specchio d’acqua in cui la realtà si riflette veritiera”, ma
di certo offre modelli interpretativi della
realtà sociale, differenti dai punti di vista
economici, giuridici o etici. Inoltre la
sociologia sanitaria, in quanto sociologia,
avrà vigore ed efficacia nella misura in cui
genererà degli interrogativi che le coscienze degli individui potranno raccogliere e
far germogliare in se o ignorare come se
non fosse nullo accaduto. Se solo si venisse a conoscenza di quanto è stato scritto e partorito dal ventre intellettuale della
sociologia sui temi quale l’organizzazione del lavoro o sul rapporto medico paziente!!! La sociologia non invade la sanità con arroganti dogmi distribuendo risposta ad ogni quesito: tutto ciò lo lasciamo ai tuttologi, che è assai ben altra
cosa dai sociologi. Le teorie sociologiche
sono finalizzate alla interpretazione della
realtà sanitaria: tanto la realtà di ieri (vedi
riforme del ’78 o legge 502/92) tanto la
realtà della vita quotidiana odierna che è
la storia del domani ( vedi decreto Bindi).
Le teorie sociologiche di questa branchia della sociologia iniziano ad essere
dichiaratamente partorite e dedicate ad
interpretare la realtà sanitaria e medica da
circa mezzo secolo, da quando cioè, nel
1951, per la prima volta un sociologo americano, T. Parsons, dedicò il X capitolo
del suo celebre libro “The Social Sistem”
alla sociologia da lui denominata “medica”. Le pagine di Parsons furono dedicate ad interessanti riflessioni sulla funzione svolta dalla classe medica nella società moderna, nonché della definizione del
concetto di malattia in relazione all’equilibrio sociale del sistema.
Tutt’oggi T. Parsons viene riconosciuto come padre della sociologia sanitaria
ma da allora ad oggi la sociologia sanitaria, ha allargato i suoi orizzonti culturali
ed ha acquisito altre fette di realtà sociale
e sanitaria da studiare con minuziosità e
con metodiche che garantiscono dati di
partenza sempre più scientifici.
Ed ecco fiorire trattati e studi su argomenti quali le malattie
le organizzazioni delle strutture che
erogano prestazioni sanitarie
il rapporto medico-paziente
le professioni
la scienza medica…….continua
* Sociologo
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Le ISO 9000 e processi qualitativi in Sanità
Linee evolutive dei sistemi di gestione
e impatto sulle strutture sanitarie
Giovanni Ceriani *
Dalla pubblicazione dei decreti legislativi di riordino del Servizio Sanitario Nazionale, che richiedono alle Strutture sanitarie un chiaro orientamento alla qualità, sono sorti innumerevoli dibattiti fra i
vari soggetti portatori di interesse nel tentativo di rendere disponibili percorsi idonei all’ottenimento dell’autorizzazione alla
realizzazione delle strutture sanitarie e all’esercizio di attività sanitarie, con il successivo obiettivo del conseguimento dei
requisiti per l’accreditamento istituzionale presso il SSN.
Nella analisi della applicazione delle
norme ISO 9000 in Sanità non si può prescindere dai documenti attuativi delle politiche legislative. Il Programma nazionale per la qualità del Piano sanitario nazionale 1998-2000 è finalizzato a rendere
sistematico l’orientamento dell SSN verso la valutazione e la promozione della
qualità dell’assistenza sanitaria, coinvolgendo la dimensione professionale, quella organizzativo – aziendale e quella
relazionale dell’assistenza. Diretta correlazione dovrà inoltre sussistere tra ciascuna di queste tre componenti della
qualità e la “Carta dei Servizi”, la cui piena attuazione è prevista dalla Legge Delega al Governo per la razionalizzazione
del servizio Sanitario nazionale ( Legge
30.11.1999 n.419) che prevede inoltre, tra
i principi e i criteri direttivi di delega, di
“dare la più alta divulgazione dei dati
qualitativi ed economici inerenti alle prestazioni erogate”.
Già in questa fase introduttiva emergono i primi punti di contatto tra la Legge
Delega e i Decreti Legislativi di riordino
verso le norme ISO 9000 applicate in Sanità, che sembrano oggi assurgere a nuovo ruolo, grazie anche al richiamo che alcune regioni hanno fatto alle stesse, con
valenza differente, all’interno delle Leggi
Regionali di accreditamento.
E’ importante osservare come la dimensione organizzativo - aziendale trovi
immediato aggancio ai sistemi qualità sviluppati in accordo alle norme, i cui requisiti sono relativi alla dimensione
organizzativa della azienda favorendo
comportamenti di collaborazione e comunicazione tra le varie parti della struttura
con il conseguente beneficio di aumento
dell’efficacia e dell’efficienza.
Nei sistemi qualità ISO 9000 inoltre i
documenti di registrazione delle attività
cliniche inerenti alle prestazioni erogate
raccolgono le informazioni che compongono “i dati qualitativi e quantitativi ed
economici”. L’oggettività dei dati, la continuità della raccolta e la corretta analisi
statistica applicata forniscono evidenza
della permanenza dei requisiti richiesti in
sede di accreditamento e attestano la volontà della Direzione di mantenere e migliorare i requisiti della qualità nelle sue
componenti.
Allo scopo di meglio comprendere come
le norme ISO 9000, in campo internazionale riconosciute come riferimento per la assicurazione della qualità dei prodotti e dei
servizi nei settori industriali e dei servizi,
possono essere interpretate per il complesso mondo della sanità è conveniente iniziare dalla analisi della relazione sussistente fra le tre dimensioni della qualità.
Verranno riprese le tre dimensioni della qualità per poi correlarci a quanto intendono le Norme ISO per “qualità”, valore indispensabile per poter condurre in
azienda il processo di cambiamento
organizzativo e tendere al miglioramento
continuo. Una parte importante è anche
quella di capire, al di là dei concetti di base
sulla qualità in accordo alle ”ISO 9000”,
come oggi differenti strumenti per la qualità applicati nella struttura sanitaria si legano fra di loro. Da qui la volontà di inserire nella nostra analisi tecniche e
metodologie specifiche (vedi approccio
VRQ – verifica e revisione della qualità) e
considerare i requisiti organizzativi in accordo anche al DPR 14 gennaio 1997 individuando le metodologie per applicare il
Sistema ISO 9000 con altre regole cogenti
e volontarie presenti.
Infatti l’efficacia nella messa a punto
del sistema qualità richiede la massima
attenzione nella identificazione dello strumento operativo più idoneo per dare assicurazione di qualità nelle attività.
Con riferimento al requisito ed alla regola applicati, siano essi volontaria (norme, linee guida, protocolli) siano essi
cogenti (leggi e decreti legislativi
applicabili), dovrebbe emergere quindi nel
Sistema Qualità un profilo che dipende
dalla storia della struttura, dalle specialità
cliniche presenti, dalle attività che si
svolgono; buona parte del successo dipende anche dall’interpretazione che la
struttura dà nell’utilizzo di questi strumenti che dovrebbero accentuare la sensibilità
e la consapevolezza del personale.
L’obiettivo rimane la definizione e
messa a punto del sistema di gestione
aziendale che, includendo le regole applicate ed i sistemi integrati per la tutela dell’ambiente e la sicurezza degli operatori,
fornisce una chiave di lettura delle attività basata su un concetto di qualità esteso
agli strumenti disponibili , alle attività svolte ed alle procedure che raccolgono e descrivono le attività.
Qui emerge un aspetto critico nella
messa a punto di un sistema qualità: la
identificazione delle attività descrivibili
attraverso protocolli clinici ed altre
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descrivibili attraverso le procedure di sistema. Convivono momenti, nel medesimo ruolo, che richiedono ai professionisti la consapevolezza dei comportamenti
professionali verso i comportamenti organizzativi, indirizzati alla salvaguardia
della conformità del sistema ISO 9000.
Questo duplice aspetto delle attività
cliniche è molto importante perché la corretta messa a punto del sistema di gestione deve dare modo a tutti i professionisti
che operano all’interno di una struttura
sanitaria di poter distinguere tra la componente professionale, che pur non necessita di procedure specifiche di sistema, e la componente organizzativa, con
vincoli procedurali ai quali attenersi, idonei all’assicurazione qualità della struttura e al miglioramento continuo.
Il modello che raggruppa le tre dimensioni della qualità è riconosciuto anche
dalle Società Scientifiche come la SVRQ)
ed è utile per capire come all’interno di
una struttura abbiamo delle componenti
fondamentali della qualità che sono legate ai soggetti principali:
• struttura organizzativa
• professionisti
• utente (persona assistita, paziente, cliente)
Altro elemento importante che prende rilievo con le norme ISO 9901:2000 è il
legame che sussiste tra la valutazione della
soddisfazione dell’utente legata alla qualità da lui percepita nei momenti di contatto con la struttura che eroga prestazioni,
tenuto conto di come la qualità erogata
con le prestazioni è differente dalla qualità percepita dall’utente.
Da un lato la struttura deve avere la
consapevolezza della propria capacità di
erogare il servizio ad un determinato livello di qualità, misurato in accordo ai requisiti del capitolo 8 della norma attraverso indicatori ed attività di verifica delle
prestazioni (autoverifica interna) ma non
deve trascurare che la soddisfazione dell’utente dipende dal valore attribuito dallo stesso alle prestazioni ricevute e può
essere misurata unicamente tramite questionari e domande dirette.
La struttura organizzativa deve convivere costantemente con il problema che
la “qualità erogata” non coincide con la
“qualità percepita”, riconoscendo alla
persona la possibilità di esprimersi liberamente ed attivando presso tutto il personale l’atteggiamento all’ascolto dei bisogni espressi dal paziente.
Si può notare come le tre “dimensioni
della qualità” possono trovare collocazione all’interno del sistema qualità attraverso requisiti degli strumenti utilizzati (procedure e prescrizioni operative) correlati
a ciascuna di esse.
Sono state collegate qualità gestionale, qualità tecnica e qualità rela-zionale
ad alcuni strumenti oggi disponibili.
Quando si parla di qualità gestionale,
legata agli aspetti organizzativi, associamo le norme ISO 9000 ad oggi riconosciute a livello internazionale come sistema di
gestione idoneo ad integrare al suo interno le regole vigenti.
Per la qualità percepita il modello APQ
(Analisi Partecipata della Qualità) che riunisce intorno al tavolo di confronto i professionisti e i rappresentanti dei soggetti
d’interesse che sono legati alle prestazioni di una struttura sanitaria al fine di determinare i requisiti delle prestazioni, permette di confrontare quanto espresso
nella Carta dei servizi e fornire lo stimolo
al miglioramento delle prestazioni.
Infine abbiamo la qualità professionale dove, al di là della applicazione di linee
guida e protocolli specifici, la tecnica di
verifica e revisione della qualità (VRQ) è
stata usata dai professionisti per indurre
attività di miglioramento delle prestazioni.
La misura della qualità del servizio
erogato è derivata dagli indicatori associati alle tre dimensioni della qualità. Le
procedure del sistema di gestione conterranno al loro interno l’identificazione dell’indicatore (fattore della qualità), le istruzioni per la raccolta e la elaborazione del
dato.
Solo associando alle attività ed alle
procedure i fattori della qualità applicabili
alla misura delle prestazioni, si potranno
produrre dati oggettivi per l’analisi delle
prestazioni ed il miglioramento continuativo consapevole.
Il sistema di gestione sarà quindi dotato di requisiti legati gli strumenti (requisiti di sistema) e anche requisiti della prestazione (fattori della qualità) che parallelamente agli strumenti sono utilizzati nel-
la verifica delle prestazioni.
Quindi possiamo parlare di “qualità di
servizio” quando ci muoviamo nell’ambito della qualità percepita, qualità tecnica
e qualità professionale, in relazione ai processi e alle prestazioni; mentre parliamo
di “assicurazione qualità” quando consideriamo agli strumenti che sono utilizzati
per poter gestire il sistema qualità e garantire le prestazioni nel tempo.
Le norme ISO 9000 ed i requisiti di sistema contenuti nella norma ISO 9001 forniscono uno strumento generale idoneo
a recepire sia i requisiti degli altri strumenti utilizzati (VRQ, APQ, protocolli clinici) sia i requisiti derivanti dalla applicazione delle Leggi vigenti .
Bisogna sempre tenere in considerazione che associati alle procedure di sistema vanno inclusi nel sistema i contenuti della qualità nelle sue tre dimensioni
e quindi risulta fondamentale la coerenza
generale nella scelta degli idonei indicatori che sono utilizzati per la verifica e la
misura della qualità.
Quando parliamo di qualità del servizio, identifichiamo nei rapporti scritti e
registrazioni della qualità (atto medico,
anamnesi, rapporti di riunioni, tabelle dati
pazienti……..) l’attestazione delle attività
svolte. Dalla analisi dei dati raccolti, dalle
cartelle cliniche, dai risultati diagnostici,
dai rapporti sui colloqui medico-paziente,
emergono quali sono i contenuti della
“qualità” ed il valore della prestazione erogata rispetto al valore di riferimento, comunque indicato come standard, l’obiettivo da raggiungere, il miglioramento a cui
tendere.
A questo punto emerge un elemento
di connessione molto importante, una
correlazione che è bene comprendere.
I requisiti del sistema qualità che sono
illustrati dalla Norma ISO 9001 sono requisiti da ritenersi complementari a quelli
prescritti sul prodotto/servizio; questo
significa che nel modello di gestione, i
requisiti del sistema qualità esplicitati nel
manuale della qualità, procedure, istruzioni operative e modulistica di registrazione della qualità sono complementari a
quelli del prodotto/servizio.
Ogni volta che si applica una procedura di sistema qualità lo sforzo maggiore
soprattutto all’inizio del progetto di svi-
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TuttoSanità
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luppo del sistema dev’essere posto nella
identificazione di quali sono i contenuti
della qualità, il valore delle attività,
identificabili come requisiti di gestione
delle prestazioni.
Si necessita una forte conoscenza
interpretativa sulla attività allo scopo di
consentire attraverso la partecipazione di
tutti gli operatori ed i professionisti la
corretta identificazione dei requisiti, ma
soprattutto la condivisione dei medesimi,
che rimarranno obiettivi comuni di qualità delle prestazioni e della efficienza
organizzativa di processi complessi, il cui
risultato dipende dalla buona collaborazione fra gli individui e fra le Unità Operative ed i servizi della struttura sanitaria.
Comprendendo questi due aspetti
della qualità, si comprende come da una
parte abbiamo la qualità del servizio, dall’altra abbiamo l’assicurazione qualità.
Leggendo poi il DPCM del 1995 sulla
Carta dei servizi è interessante osservare
che se si identificano i processi che si
svolgono nella struttura sanitaria e si redigono le procedure di sistema qualità ed
i fattori qualità ad essi correlati, possiamo
descriverli secondo il modello ISO9000.
E’ importante anche in questo caso mantenere il riferimento. La norma ISO 9000
prescrive i requisiti per descrivere il processo e spinge la struttura alla ricerca dei
requisiti della qualità (fattori della qualità), che la Carta dei servizi ci indica come
requisiti che dovrebbero di volta in volta
essere considerati per le varie fasi del processo di accettazione, cura e dimissione.
Ad esempio per un intervento di urgenza requisito fondamentale è la tempestività (fattore della qualità), l’indicatore
prescelto risulterà il tempo, si potrà parlare
di valore di riferimento associando il numero di minuti necessari per l’intervento.
Questo requisito,(i.e. 15 min.), è il valore con cui l’organizzazione si confronta
e che inserito nella Carta dei Servizi emerge come requisito “contrattuale” con il
proprio cliente, un impegno che la struttura prende nei confronti del proprio assistito.
Un altro esempio si può considerare
sulla richiesta di ricovero (pag. 11 DPCM
1995 - Carta dei servizi)
- fattore di qualità (dimensione della qualità del servizio) è la tempestività
- indicatore di qualità è il tempo di
attesa
- requisito: lo standard del servizio
come da contratto, numero di minuti
In accordo allo schema generale contenuto nella Carta di servizi attraverso le
procedure di sistema qualità descriviamo
le attività che si svolgono (fasi dell’esperienza), cioè il processo, la norma vincolante con i suoi requisiti le modalità per
descrivere in maniera appropriata come si
svolgono queste fasi e come ad ognuna
di queste attribuire l’indicatore appropriato legato al fattore di qualità da tenere
sotto controllo e da registrare nei documenti di registrazione.
La catena del valore aggiunto è il collegamento che permette, ad ogni fase del
processo di ricovero, cura e dimissione di
associare un “valore” tangibile od intangibile, legato agli indicatori.
Si opera con la volontà di avere sempre nelle attività che si svolgono un valore che viene aggiunto al processo, all’iter
diagnostico-terapeutico: alla fine del percorso abbiamo una serie di fattori della
qualità confermati, di cui abbiamo verificato attraverso gli indicatori e le misure
effettuate la permanenza delle prestazioni, ad attestazione del valore aggiunto che
ciascun intervento, secondo le tre dimensioni della qualità, alla prestazione integrata di tutta la struttura sanitaria.
Se si entra nella dimensione del valore intangibile si inseriscono all’interno del
processo tutte quelle fasi di comunicazione, di comprensione, gli atteggiamenti
come l’empatia e umanizzazione.
Si può dire che ogni attività, ogni momento di contatto e di comunicazione dà
un contributo al “valore totale”, ossia a
quanto il paziente riceve all’interno della
struttura e questo si tramuta comunque
nella consapevolezza del risultato delle
cure e della possibilità di guarigione, con
la maggior soddisfazione da parte di tutti
coloro che hanno contribuito per loro
competenza e responsabilità al miglioramento dello stato di salute della persona
assistita ed al miglioramento della qualità
della vita di cui beneficiano l’organizzazione tutta ed il contesto sociale in cui
opera.
* Direttore di Certimedica - Istituto
Certiquality
C onvenzione
AUSL TA/1 Università di Lecce
per studi e ricerche a carattere scientifico
Proseguono le iniziative di carattere
scientifico della Azienda USL Taranto,
diretta dal Dott. Vito Armenise, che attraverso il Dipartimento di Prevenzione
guidato dal Dott. Michele Conversano,
ha sottoscritto un protocollo di collaborazione con il Dipartimento di Biologia dell’Università di Lecce con l’obiettivo di integrare e migliorare le conoscenze reciproche attraverso studi e ricerche a carattere scientifico.
Saranno, pertanto, realizzati studi
e ricerche con obiettivi di interesse generale con particolare riferimento alla
salute del cittadino mediante l’approfondimento di problematiche di rilievo
socio-sanitario.
In particolare la collaborazione consentirà di realizzare congiuntamente le
seguenti attività:
· Sorveglianza epidemiologica delle
principali malattie a trasmissione parentale
· Valutazione delle possibili
correlazioni tra malattie infettive e
patologie neoplastiche
· Valutazione e pianificazione di adeguati interventi preventivi (prevenzione primaria e secondaria)
· Valutazione delle più adeguate misure di diagnosi e terapia
· Messa a punto ed utilizzo di moderne tecniche di diagnosi di laboratorio.
Saranno, pertanto, realizzati studi
sulle infezioni da virus dell’epatite C e
HIV nonché ad altre patologie infettive emergenti e riemergenti; sarà realizzato un sito Web per mantenere un costante collegamento tra le istituzioni
partecipanti.Infatti, l’obbiettivo è quello di coinvolgere negli studi anche altri istituti extraterritoriali (nazionali ed
esteri) di riconosciuto valore accademico.
E’ evidente l’importanza dell’accordo sottoscritto che è un ulteriore riconoscimento per il lavoro sin qui svolto
dal Dipartimento di Prevenzione
dell’ASL Taranto 1 in materia di prevenzione, studio ed analisi della situazione
sanitaria e socio-demografica della popolazione della provincia, nonché rappresenta una occasione irripetibile per
accrescere ulteriormente le suddette attività a favore della salute pubblica.
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Q&M
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Scientifico
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Direttore.TuttoSanità
Scientifico Mario De Lena
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PROBLEMI DELLA ONCOLOGIA GERIATRICA
Luigi Marinaccio - Mario De Lena *
Globalmente considerato, il cancro è un male che insorge
molto più di frequente nell’età avanzata. Infatti, viene stimato
che il 60-65% dei tumori insorge in persone di età dai 65 anni
in su. La prima conseguenza logica di questo dato di fatto è
che al continuo e progressivo invecchiamento delle popolazioni corrisponderà un altrettanto continuo e progressivo aumento di numero dei tumori maligni. Ed è ciò che già si registra
da qualche tempo: più anziani, più tumori. Pertanto, è facile
affermare che nel poliedrico scenario della oncologia generale, quello degli anziani rappresenta un grosso problema per
molteplici ragioni, innanzi tutto di ordine assistenziale.
Non a caso, circa dieci anni orsono, il direttore dell’Istituto
Nazionale del Cancro di Washington nel discorso di apertura
del congresso mondiale sui tumori, disse che sul capo delle
nazioni che vantano il più alto tasso di sopravviventi anziani
incombe una bomba oncologica ad orologeria”. Volendo significare che prima o poi ci troveremo impreparati ad affrontare i molteplici problemi dei cancerosi anziani, che non sono
soltanto di natura terapeutica.
Intanto va detto che malgrado il progressivo invecchiamento anagrafico delle popolazioni, sotto il profilo biologico
si registra, rispetto al passato, una sempre più frequente condizione di discreta salute degli anziani. Il che è certamente un
dato positivo per il nostro argomento, che peraltro ha contribuito a porre da qualche tempo la stimolante domanda di quando definire anziano un soggetto rispetto ai criteri usati fino a
non molto tempo fa. La risposta non è stata facile. Le assisi
geriatriche internazionali, per concorde decisione, hanno risolto per il momento il problema spostando da 60 a 65 anni
l’inizio dell’anzianità, distinguendo peraltro tre categorie: quella
dei giovani anziani (da 65 a 74 anni), degli anziani (da 75 a 84
anni) e dei grandi anziani (da 85 anni in poi). E’ una divisione
pur sempre anagrafica ma che permette di meglio inquadrare
molti problemi medici ed epidemiologici; tanto che ad essa si
sono adeguati non solo le correnti pedagogiche e
neuropsichiatriche, ma anche gli studiosi di molte branche
mediche, tra cui quelli della oncologia.
Per inciso ricordiamo che al 1995 l’Italia risultava al 20
posto in Europa, dopo la Svezia, per anziani di età superiore a
65 anni (il 16.62% della popolazione) e al 10 posto per indice
percentuale di anzianità, pari a 111.67% (l’indice di invecchiamento si ottiene dividendo il numero dei 65enni ed oltre per la
popolazione di età compresa tra 0 e 14 anni).
Perché l’anziano venga colpito più di frequente dal cancro
è un problema sempre disquisito sul piano scientifico e non è
l’argomento di questa nota. In questa sede basterà ricordare
solo che tra tutte le cause che possono concorrere la più importante è senza dubbio l’invecchiamento delle strutture e
delle funzioni biologiche in generale e, in particolare, di quelle
deputate alla specifica difesa immunitaria, umorale e cellulare.
Molto gioca il vissuto di ciascuno di noi, inteso come pregressa
esposizione a fattori di rischio, sia in sede di lavoro che nello
stile di vita condotta.
I problemi del canceroso anziano sono correlati ad almeno
quattro ordini di situazioni: la sede e il tipo di tumore da curare; la frequente presenza di altre patologie, molte delle quali
legate alla età stessa del soggetto; le condizioni generali di
salute dell’anziano; il suo grado psico-culturale integrato nel
contesto familiare. E’ importante tenere presente il fatto che
questi ordini di fattori si integrano e si influenzano in maniera
quanto mai diversa tanto da non poter dire che esiste un trattamento standard per ciascuno anziano a seconda del suo
tumore.
Infatti, tanto per cominciare, la stessa aggressività del tumore può essere maggiore o minore in rapporto alla età e può
essere più o meno agevole fronteggiarla in rapporto alle condizioni fisiche generali del soggetto e al suo grado di formazione psico-culturale. Va aggiunto che la capacità di sopportare
lo stress derivante dalle terapie che andrebbero attuate è in
linea di massima ridotta nella età avanzata. Ma va anche detto
che ciò può variare da caso a caso, per cui si può dire che non
è il dato anagrafico dell’età che decide la terapia da attuare.
Infatti, per uno stesso tumore e per analogo stadio evolutivo
la valutazione delle varie componenti prima accennate può far
privilegiare o escludere l’uno o l’altro dei trattamenti possibili
(chirurgico, chemioterapico, radiologico) e far decidere se doverli eseguire da soli o associati. Sufficienti evidenze in letteratura dimostrano che una approfondita valutazione delle condizioni generali del paziente anziano può permettere l’attuazione di protocolli terapeutici che a primo acchito possono
sembrare impossibili o rischiosi, consentendo in tal modo di
ottenere risultati che in termini di sopravvivenza (e anche di
guarigione clinica) sono simili a quelli ottenibili nei pazienti
più giovani, affetti dalla stessa neoplasia.
Ma, come si diceva, tutto ciò è possibile valutando ed
eventualmente curando tutte quelle altre situazioni geriatriche
(fisiologiche, fisio-patologiche e patologiche) e familiari che
devono essere affrontate e risolte per la migliore scelta del
programma di cura. Senza dire che, ai fini della sola sopravvivenza, l’importanza del tumore a certe età può essere minore di
quella di eventuali altre terapie non oncologiche già in atto per
altre patologie!
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Primaria importanza viene attribuita da molti oncologi, particolarmente addentri nei problemi geriatrici, alla ricognizione
approfondita dello stato psico-culturale e sociale del paziente,
visto anche nel contesto familiare: sia per non incorrere nell’errore di imporre terapie che il soggetto potrebbe non accettare o mal sopportare, sia per conoscere quali sono le reali
possibilità pratiche per una adeguata ambientazione e assistenza, in ambito familiare. Questo è un problema sempre meno
possibile oggi rispetto al passato, qualunque sia la malattia
dell’anziano: sia per penuria dell’elemento di continuità familiare tradizionalmente rappresentato dalle donne (oggi sempre
più impegnate in lavori extra-casalinghi), sia perché, quando
l’elemento familiare esiste (coniuge o figlio che sia) spesso
non è all’altezza del compito perché anch’egli anziano e a sua
volta afflitto da patologie bisognevoli di terapie.
Tornando al precipuo argomento relativo alla valutazione
globale del canceroso anziano va sottolineato la
imprescindibilità che essa si basi non già Sull’invecchiamento
anagrafico del soggetto, bensì sull’esito di specifici esami da
eseguirsi prima di qualunque programmazione terapeutica, in
considerazione di una più frequente farmacocinetica ridotta e
di una diversa farmacodinamica. degii agenti antitumorali: il
tutto nell’ottica di un compatibile ritardo di talune attività fisiologiche e della possibile esistenza di turbative mnemoniche
e della funzione cognitiva.
Quali sono le considerazioni conclusive che scaturiscono
da questo breve escursus?
Prima di tuffo va detto con sincera obiettività che ancora
oggi la maggior parte dei medici, anche di quelli che si dedicano alla oncologia, non hanno molta dimestichezza con l’anziano che molto spesso si presenta con i suoi molteplici problemi
fisiologici, fisiopatologici, patologici e neuropsichici legati alla
età. Questi problemi possono influenzare anche in maniera
determinante le decisioni terapeutiche o crearne altri di non
facile soluzione.
Ciò premesso e ricordando la già citata realtà del continuo,
progressivo e incalzante invecchiamento delle popolazioni, ci
pare che si possano fare le seguenti considerazioni conclusive.
1) Tenuto conto che il numero dei cancerosi anziani sarà
sempre maggiore fino a essere prevaìente è opportuno considerare quanto importante può essere in questi soggetti la prevenzione secondaria. E’ necessario che da parte di tutti, soggetti e medici di base, i piccoli disturbi dell’anziano non vengano considerati semplicemente come legati al fattore
senescenza. Essi possono essere dei preziosi segnali di allarme. L’accertamento quanto più precoce possibile di un eventuale tumore, tanto opportunamente sollecitato per i soggetti
più giovani, lo è ancora poco per gli anziani. E invece, ancor
più che nei giovani vale il principio che il trattamento precoce
di un tumore, a parte il minor costo per la società, sicuramente
migliora la qualità di vita del soggetto, ma anzitutto la prognosi
e spesso riduce la necessità di interventi curativi più “pesanti” per l’età.
2)11 futuro della oncologia sarà prevalentemente “geriatrico”: quindi tutti gli sforzi devono mirare ad aggiungere più
vita agli anni che vengono aggiunti alla vita dalle scienze che
concorrono ad aumentare l’invecchiamento delle popolazioni.
Pertanto, l’attrezzatura di specifiche unità oncologiche per
pazienti anziani (come avviene per quelli di età pediatrica),
offrirebbe al malato non solo di essere più attentamente seguito, ma anzitutto la possibilità (ove non diversamente ottenibile)
di sentirsi soddisfacentemente integrato in un ambiente
consono alla sua età, con tutte le conseguenze favorevoli che
sul piano psicologico possono derivare.
Ma a questo punto e per queste considerazioni sarebbe
opportuno che anche i politici preposti alla salute pubblica
comincino a prendere coscienza del problema, ad esaminano
attentamente per avviare tempestivamente un discorso con
gli oncologi perché non ci si trovi del tutto impreparati a fronteggiare i problemi che per numero e per entità diverranno
quanto prima insostenibili.
Riferimenti bibliografici
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e mortalità negli anziani e negli adulti in Europa e in Italia. Argomenti di Oncologia, 20:
1-15, 1999.
Invecchiamento in Italia
> = 65 a
> = 80 a
> = 90 a
1971
6.101.820
995.999
85.513
1991
8.700.185
1.995.024
189.459
2001
10.127.533
2.201.132
307.400
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11.767.200
3.268.580
424.900
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IL SISTEMA DRG IN ONCOLOGIA MEDICA:
CONSIDERAZIONI E PROPOSTE
A. Mazzei*
Il sistema DRG ( diagnosis related groups ) è in vigore
dall’1-1-1995 nel SSN italiano; esso consiste nella identificazione di categorie di ricoveri omogenei per quantità di risorse
impiegate ( sistema di isorisorse ). Tuttavia esso è non solo un
sistema di rimborso a prestazione per i ricoveri degli acuti, ma
anche un sistema di verifica e di gestione delle risorse.
In tema di spesa sanitaria è noto che i costi assistenziali
(costi diretti) in oncologia costituiscono una percentuale significativa ( dal 6 all’ il % ). I dati epidemiologici confermano per il
futuro prossimo un aumento dei casi di tumore; essendo aumentata la sopravvivenza con le moderne terapie, il numero
delle persone con storie di cancro tende sempre ad aumentare
con conseguente aumento dei costi. Ne consegue che il problema della gestione delle risorse diverrà sempre più importante.
Da parte del Ministero della Sanità è stato prospettato che
dopo una prima fase A di “avviò” del sistema con inevitabile
crescita dei costi ( anni ’95-’96) e una fase B di “stabilizzazione”
con stabilità dei costi (anni ’97-’98), si debba pervenire ad una
fase C di “maturità” del sistema con riduzione dei costi e miglioramento stabile della qualità dell’assistenza.
Nell’ottica di una aziendalizzazione dei presidi sanitari, il
sistema DRG ha indubbiamente prodotto una riduzione della
degenza media (da 8.9 a circa 7.2 giorni):
l’aumento degli atti di ricovero che pure si è registrato è
verosimilmente apparente, perché a carico di ricoveri brevi e
ripetuti nell’ambito di patologie prevalentemente croniche. Si
può quindi affermare che il sistema DRG, pur non definendo,
come vedremo, la complessità clinica ed assistenziale del ricovero, ha portato (o meglio sta portando ) i seguenti benefici:
- razionalizzazione dei ricoveri e riduzione delle liste di
attesa:
- modifica dei ritmi di degenza e maggiore appropriatezza
dei ricoveri:
- definizione di nuovi standard procedurali:
utilizzazione al meglio delle risorse sanitarie.
Inoltre il sistema DRG spinge ad una verifica di comportamenti consolidati ( non sempre appropriati dal punto di vista
sanitario ed economico) e quindi mira ad introdurre meccanismi di concorrenza tali da incentivare l’efficienza degli operatori ed a portare il sistema sanitario verso un miglioramento
dei livelli qualitativi.
Condizioni che influenzano l’applicazione del sistema DRG
Innanzitutto dobbiamo menzionare la corretta, precisa e
onesta compilazione della Scheda di Dimissione Ospedaliera (
SDO), che è stata definita il perno del sistema DRG. Con parti-
colare riferimento ai ricoveri oncologici bisogna codificare come
Diagnosi Principale QP) la diagnosi che ha richiesto le maggiori risorse non solo economiche ma anche lavorative: quindi
una delle Diagnosi Secondarie (DS) può essere scelta come
DP se ha assorbito una quantità di risorse maggiore. La DP
della neoplasia primitiva va applicata non solo al primo ricovero ma anche ad un ricovero successivo ove si sia provveduto
a rivalutare o ristadiare la malattia. In caso di ricorso del paziente al ricovero per essere sottoposto a chemioterapia si
dovrà usare come DP il codice V (V 58.1). Bisogna evitare gli
errori più frequenti nella compilazione della SDO e cioè: errori
di completezza, di congruità (codici errati o incompleti, codici
V nelle procedure ecc. ), errori di qualità ( inappropriatezza
della diagnosi di ammissione e/o uscita, ricovero troppo breve
in relazione alla DP, trasferimento dopo un solo giorno di ricovero ecc.).
Nel sistema DRG i medici sono chiamati a responsabilità
non solo mediche ma anche tecnico-amministrative nelle scelte gestionali ed economiche: perciò ogni dirigente medico (di
I e di II livello ) è anche un manager e quindi oltre ad agire
secondo scienza e coscienza dovrà evitare comportamenti
opportunistici come:
eseguire ricoveri non necessari ; effettuare una eccessiva
selezione dei pazienti il cui ricovero esprime un DRG più pesante; affrettare le dimissioni; suddividere il piano di cura dei
pazienti in una serie di ricoveri separati per far lievitare i costi.
Per converso, avvalendosi pienamente del sistema in atto,
potrà evitare comportamenti autolesionistici, scegliendo le
codificazioni SDO e le strategie gestionali che meglio esprimono il proprio operato.
In definitiva, accanto ai sistemi di controllo da parte degli
organismi preposti, il medico deve adottare un sistema di
autocontrollo.
E’ necessario per il buon funzionamento del sistema DRG
un adeguato collegamento informativo fra le varie Unità Operative (UO), nonché una nuova organizzazione del lavoro specialmente in vista della valutazione sulla appropriatezza dei
ricoveri. Non dimentichiamo che il sistema DRG ha come finalità quella di finanziare un ‘Azienda o un Ospedale nel suo
insieme e non di fornire risorse finanziarie alle singole UO.
Parlando poi del territorio, oltre a sottolineare la necessità
di adottare linee-guida per l’assistenza ai pazienti oncologici e
di programmi di riabilitazione, terapia palliativa e del dolore, è
indispensabile una buona “territorializzazione” del malato
oncologico con strutture per lungodegenti e assistenza
domiciliare. Alle singole Regioni si richiede una omogeneità di
interventi e un coordinamento delle attività oncologiche con
verifica della qualità delle prestazioni fornite sul territorio regionale.
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Problematiche relative ai DRG oncologici
Per parlare dell’applicazione del sistema DRG all’oncologia
iniziamo col dire che tale sistema, essendo stato sviluppato
per i ricoveri degli acuti, ha una validità limitata per rappresentare l’assistenza a pazienti cronici, che spesso diventano,
lungodegenti, come i pazienti oncologici. Inoltre la variabilità
del quadro clinico e la varietà delle strategie assistenziali, rende difficile l’adattamento del sistema DRG alla patologia
neoplastica. Non a caso è stato affermato che ogni caso trattato può essere visto come una “linea di produzione”.
L’oncologo medico si dibatte spesso fra l’esigenza economica di controllare la spesa e quella sanitaria di dover indurre
più prestazioni: quindi il “costo assistenziale” del paziente
oncologico è spesso maggiore e i Centri Oncologici sono esposti a un rischio finanziario più elevato.
Come è noto i DRG degli IRCCSS sono circa il 10-15% (e
secondo altre stime il 20%) più onerosi che per gli altri ospedali per l’incidenza che ha la ricerca: pertanto è auspicabile che i
ricoveri durante i quali sono stati messi in allo trattamenti sperimentali e/o terapie che richiedono allenti monitoraggi strumentali e risorse lavorative maggiori possano godere di DRO
particolari (oggi ancora non presenti). Esaminiamo l’ICP (Indice Cooperativo di Performance ) di una struttura sanitaria:
esso misura la durata della degenza media specifica per
ogni DRG in rapporto ad una degenza media attesa e si articola
in 2 gradi : <1 = degenza media inferiore a quella attesa e quindi
maggiore efficienza del sistema; >1 = il contrario. Il valore medio dell’ ICP delle strutture ospedaliere è di 1.04; gli Istituti
Oncologici hanno un ICP di circa 1.08 e cioè esprimono minore
efficienza: ma tale dato è solo apparente perché condizionato
dai limiti dell’attuale sistema DRG.
Nell’elenco delle 25 MDC ( Major Diagnostic Categories),
nelle quali sono raggruppati i 492 i)RG attualmente in vigore,
se si fa eccezione per la MDC 17 (“malattie e disturbi
mieloproliferativi e neoplasie scarsamente differenziate”), non
esistono MDC specifiche per i malati oncologici. Bisogna pertanto ricorrere alle altre MDC che sono suddivise per apparato: ne scaturisce quindi una esigenza di riordino della classificazione delle neoplasie nonché delle più recenti terapie ( si
pensi alle terapie immunologiche)che spesso sono costose,
comportano particolari metodiche e monitoraggi e causano
ricoveri ripetuti a breve scadenza. inoltre la codificazione delle
neoplasie è attualmente su base anatomica e cioè relativa alla
sede d’insorgenza e la eventuale (facoltativa!) identificazione
istologica viene affidata ai codici M (morfologici) che sono
adoperati come postille. E’ quindi auspicabile che determinate
neoplasie che costituiscono delle entità nosologiche particolari ( si pensi al microcitoma polmonare o al linfoma linfoblastico
) per le quali si richiede un complesso diagnostico-terapeutico
che va dalla biopsia osteomidollare alla rachicentesi , dalla
radioterapia sull’encefalo alla somministrazione intratecale di
citostatici, possano usufruire di una classificazione a parte
con DRG più pesanti”.
Il sistema DRG, come già dello, è un sistema di isorisorse ,
perché classifica i ricoveri per gruppi omogenei in base alle
risorse impiegate e non in base alla gravità della patologia. Per
inciso menzionerò alcuni altri sistemi di isorisorse come il PMC
(Patient Management Categories) che raggruppa categorie
di trattamenti raccomandati per ogni specifica condizione; il
sistema APDRG (All Patient Refined DRG) che prevede
benl5OO DRG anziché 492; il Medicare DRG ed altri ancora. In
questi sistemi di isorisorse, a vario livello di raffinatezza, il
peso relativo ( e cioè l’indice dei costi rispetto al costo medio)
è maggiore per i DRG oncologici. Tuttavia non si tiene conto
di quello che per primi proprio gli oncologi hanno sistematizzato
e cioè il Performance Status del paziente. Questo è un aspetto
molto importante, poiché appare evidente che la sola DP di
neoplasia, pur accompagnata dalle DS non fotografa la realtà
clinica del paziente.
L’alternativa ai sistemi di isorisorse è costituita dai sistemi
di isoseverità, che raggruppano i pazienti sulla base della gravità del quadro clinico. Esempi ditali sistemi sono: il Disease
Staging, che identifica categorie di pazienti e quindi di risorse
in relazione alla severità del quadro clinico; l’ICED ( Index of
Cohexisting Disease) e soprattutto, molto più recentemente, il
CRG ( Clinical Risk Groups ). Esso è costituito da 7 livelli di
rischio per patologie associate a quella principale (che ha richiesto il ricovero ) che influenzano notevolmente la valutazione delle risorse impiegate. Ci sentiamo di affermare che tale
sistema, attualmente in uso presso numerose aziende sanitarie negli USA, possa essere raccomandabile particolarmente
per le problematiche in oncologia medica.
Strettamente collegata alla valutazione della gravità del
quadro clinico è per gli oncologi la necessità di indicare e
quantificare il rischio di morte: ricordiamo che allo stato attuale tale rischio non Compare affatto nella SDO.
In oncologia medica forse più che in altre discipline insiste
il problema dei ricoveri ripetuti (cosiddetti rientri) per effettuare i cicli di chemioterapia. Questo aspetto, come ben sanno gli
oncologi medici, comporta serie difficoltà di gestione dei ricoveri con lunghe liste di attesa e possibili (direi inevitabili )
ritardi nelle scadenze terapeutiche, soprattutto se si tiene conto dell’obbligo dei due pernottamenti del paziente. Sarebbe a
tal proposito auspicabile un aumento dei Day-Hospùal, che
possono ridurre a circa 1/3 i costi della chemioterapia. Inoltre
sarebbe opportuna la introduzione di un DRG unico, valido
per un piano terapeutico completo ( ad es. 6 oppure 8 cicli di
terapia) all’interno del quale l’equipe oncologica possa essere
libera di valutare la durata dei singoli atti di ricovero e la loro
distribuzione temporale.
Finora non si è tenuto conto adeguatamente delle terapie
palliative e delle cure ai pazienti terminali: questi due aspetti
per il succitato motivo delle carenze territoriali, possono spesso gravare sulle U.O. di oncologia medica. Ci sono notizie da
parte del Ministero del Sanità sulla prossima adozione a tale
scopo del codice V 66.7 che fa parte del gruppo relativo alla
“convalescenza” ma che non è ancora operativo.
Sarebbe infine auspicabile, nell’ambito di una maggiore
valorizzazione della riflessione scientifica e culturale oncologica
nonché del momento decisionale che accompagna il lavoro
dell’oncologo medico, l’introduzione di nuovi codici che attengano a questo aspetto fondamentale della attività di equipe
e che potrebbero essere definiti ad es. come “impostazione di
piano di cura” oppure “definizione del complesso diagnostico-terapeutic&’ di un ricovero.
Per concludere posso affermare che l’attuale sistema DRG,
in particolare nella applicazione alla oncologia medica, contiene elementi di validità e di indubbia novità che hanno consentito di rompere con un passato assistenziale poco edificante e
di ottenere iniziali risultati nei termini già descritti. Tuttavia
tale strumento è ancora troppo impreciso, spesso grossolano
e fortemente migliorabile. Da parte di noi medici, comunque,
non va dimenticato, a mio avviso, che esso rimane comunque
un “mezzo” e non un “fine” e che il fine, naturalmente, rimane
l’assistenza al malato attraverso i mezzi tecnici, culturali e umani
migliori possibili.
* Dir. I liv. U.O. Oncologia Medica (IRCCS Oncologico-Bari)
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OSPEDALE ED EMERGENZE
La fase operativa di un Piano per disastri interni
Salvatore Martano, Mariano Dimonte *, Angela Ciccolella, Rocco Giuliani
Introduzione
La tendenza ad organizzare le attività ospedaliere in aree
funzionali omogenee e Dipartimenti è abbastanza recente.
In quest’ottica gli Ospedali dovrebbero dotarsi anche di
Dipartimenti e Piani di intervento per le emergenze (“situazioni
di pericolo di vita che richiedono interventi terapeutici
indifferibili e forme speciali di trattamento”) e per l’eventuale
evacuazione dei ricoverati dai Reparti disastrati (1-4).
Alla realizzazione di un efficace Sistema per le Emergenze
concorrono logistica (tipologia costruttiva dell’Ospedale, vie
d’accesso per mezzi di soccorso aerei e terrestri,
predisposizione delle aree di accettazione e trattamento dei
feriti, di protocolli operativi, di scorte di farmaci e materiali di
consumo, segnalazione di percorsi interni unidirezionali, ecc.),
analisi delle risorse umane e strumentali disponibili, misure di
prevenzione, cartelli informativi, addestramento del personale
e sopratutto capacità organizzative.
Nel presente articolo accenniamo in termini generali alla
struttura di un Piano d’Emergenza intra-ospedaliero (PEI),
ponendo in particolare risalto gli aspetti operativi in caso d’incendio, cioè il disastro più probabile all’interno dell’Ospedale.
1. Il funzionamento dell’Ospedale nelle emergenze di massa
Un massiccio afflusso di feriti o malati dall’esterno (epidemie, attentati terroristici, disastri ecologici, incidenti aerei, ferroviari, stradali, incidenti durante mega-spettacoli, emigrazioni clandestine) e gravi disastri interni (incendi, scoppi, allagamenti, crolli, fughe di sostanze tossiche) possono portare al
collasso un Ospedale mal organizzato e diretto.
Per evitare tale evenienza ogni Ospedale deve pertanto predisporre un Piano dettagliato, attivabile in qualsiasi momento
del giorno e dell’anno, e per qualsiasi tipo di emergenza.
In particolare il PEI deve basarsi sulla tipologia costruttiva
degli edifici (in tal senso si distinguono Ospedali “a padiglioni”; “a sviluppo orizzontale estensivo”; “a sviluppo verticale
intensivo”; “a piastra”; “a blocchi”, ecc.) e integrarsi perfettamente con l’attività quotidiana (Figura 1).
La definizione e l’operatività del Piano spetta all’Unità di
Crisi, nucleo direzionale collegiale costituito dai Responsabili
del Dipartimento di Emergenza e dei Servizi tecnici, logistici e
amministrativi dell’Ospedale, mentre la Direzione Sanitaria assume il ruolo di referente con la Prefettura.
In un sistema ideale la catena dei soccorsi dovrebbe funzionare nel modo seguente.
Ricevuto l’allarme, la Centrale Operativa del 118 invia sul
posto i soccorritori che classificano ed elencano i danni del
disastro, determinano le priorità e i luoghi di trattamento dei
feriti (triage), effettuano le cure atte a mantenere le funzioni
vitali delle vittime e ne organizzano il trasporto negli Ospedali
più idonei.
La Prefettura, la Centrale del 118 o anche l’Anestesista di
Guardia che si trovasse di fronte ad un numero di urgenze
elevato rispetto alla media giornaliera, danno l’allarme alla Direzione Sanitaria; questa convoca e insedia l’Unità di Crisi.
Immediatamente viene quindi disposto il blocco dei ricoveri non urgenti e delle attività ambulatoriali; la dimissione dei
pazienti non gravi; l’allestimento delle aree “rossa” (destinate
ai pazienti con funzioni vitali compromesse), “gialla” (per i
pazienti trattabili in un tempo differito), “verde” (per i feriti
rapidamente guaribili) e “nera” (camera mortuaria); attivata la
squadra di triage, composta da medici e infermieri di
Rianimazione, Pronto Soccorso, infermieri di Cardiologia e
Chirurgia; vietato l’ingresso ai visitatori; allarmati i medici di
guardia dei Reparti.
2. Il PEI anti-incendio
Uno dei requisiti più importanti del PEI è la possibilità di
far fronte con opportune, rapide modifiche, a qualsiasi tipo di
emergenza.
Nel caso particolare dell’incendio, l’Unità di Crisi collabora attivamente con i Vigili del Fuoco (Figura 2).
L’incendio configura il disastro più probabile all’interno
dell’Ospedale in quanto esso riunisce in se caratteristiche di
centro alberghiero e industriale (depositi di combustibili; gas
infiammabili; impianti d’incenerimento; materiali radioattivi e
tossici ecc.) ed è allo stesso tempo frequentato da una gran
massa di persone (dipendenti; visitatori; fornitori;
manutentori).
Errori e comportamenti umani sciagurati rappresentano le
cause più comuni di incendio; vani tecnici, ascensori, corsie e
sale operatorie, i luoghi di origine più frequenti (5).
In un Piano anti-incendio cruciale è il ruolo della centrale
operativa, che fa da tramite tra Reparti, Vigili del Fuoco e Unità
di Crisi.
Questa è un luogo con personale operante h 24, direttamente comunicante con l’esterno, dotata dei sistemi radio-
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fig.1
Figura 1.
Requisiti ideali di un Piano d’Emergenza intra-ospedaliero (PEI)
telefonici, della mappa degli impianti e dell’elenco aggiornato
del personale e dell’Unità di Crisi e può coincidere con portineria o centralino.
In tal caso il portiere/centralinista è addestrato a chiedere
e diramare le notizie in modo molto preciso: dove è originato
l’incendio; quali e quanti sono i pazienti coinvolti; quali sono
i soggetti già messi a conoscenza del disastro, ecc.
Ricevuto l’allarme dai dispositivi automatici o dai testimoni,
dovranno essere immediatamente avvertiti i Vigili del Fuoco e, a
seguire, la squadra di primo intervento (SPI), il Direttore Sanitario, le Forze dell’Ordine e infine il personale dei piani sovrastanti
e contigui al Reparto in cui è divampato l’incendio.
Attivati mediante cerca-persone, gli infermieri volontari che
costituiscono la SPI, in numero predeterminato per ogni turno
di servizio, devono allontanarsi dai loro Reparti, prelevare dai
depositi le dotazioni e precipitarsi sul luogo del disastro.
In attesa dei Vigili del Fuoco, sarà compito della SPI spegnere o perlomeno compartimentare le fiamme, evitare che il
fumo invada le corsie e impedire l’apertura di porte e finestre
che danno su scale e ascensori, in modo da lasciare le comunicazioni verticali sempre accessibili ai soccorsi.
Il servizio tecnico dell’Ospedale partecipa attivamente al
PEI in quanto garante della piena efficienza degli impianti e
delle attrezzature.
L’inefficacia dei mezzi di prevenzione e dell’organizzazione
dei soccorsi portano al fallimento del PEI e al collasso dell’Ospedale, che finisce per perdere le funzioni di luogo di cura
e anzi mette a repentaglio la vita dei pazienti.
In tali circostanze l’Ufficiale dei Vigili del Fuoco, il Direttore Sanitario o il responsabile della SPI, danno l’ordine di evacuazione parziale o totale dell’Ospedale e verrà dato corso al
relativo Piano di Evacuazione.
Il trasferimento dei malati in luoghi più lontani come piano
terra, aule, ambulatori, chiesa, ecc., oppure all’esterno dell’Ospedale in posti già previsti dal Piano, per essere smistati
negli altri nosocomi della zona, viene effettuato dalla squadra
fig.2
Figura 2.
Struttura dell’Unità di Crisi in caso di incendio interno
evacuazione pazienti (SEP).
Questa è comandata da un medico della Direzione Sanitaria ed è composta da un infermiere del Pronto Soccorso, da
sanitari dei Reparti non direttamente coinvolti dall’incendio,
da personale del servizio tecnico e dai portieri.
A seconda della velocità di propagazione dell’incendio e
quindi del tempo a disposizione per lo sfollamento, può essere
effettuata l’evacuazione rapida dei reparti più vicini, indipendentemente dalla gravità dei ricoverati, oppure controllata, se
viceversa è possibile iniziare a trasferire i malati più gravi (6).
3. Conclusioni
Riteniamo pertanto che un Sistema per le Emergenze possa risultare realmente efficace quando affidato a personale,
sanitario e non, adeguatamente addestrato a svolgere tempestivamente compiti ben differenziati.
Solo in tal modo sarà possibile evitare che un evento pericoloso si trasformi in catastrofe.
Bibliografia
1.Boccadoro S: Le aree funzionali omogenee nel nuovo ordinamento istituzionale degli ospedali italiani. L’Ospedale 1995; 7-8:
143-153
2.D.L. 626/94
3.Circolare della Regione Puglia n° 24/12492/1116/17 del
4.5.1994
4.Morra A, Romeo C, Sala C: Comportamento della struttura
ospedaliera nelle emergenze. Regione Piemonte, 1995
5.Morra A e coll.: Piano di emergenza in un Ospedale zonale in
caso di catastrofe. Minerva Anestesiologica, 1986; 52:89
6.Smith JS: Hospital disaster and evacuation planning.
Prehospital and Disaster Medicine, 1990; n.5
Dipartimento di Emergenza, Sezione di Anestesia, Policlinico Universitario di Bari; * Servizio di Radiologia,
Ospedale “Card. G. Panico”, Tricase (Le)
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OSSIDANTI E ANTIOSSIDANTI:
L’EQUILIBRIO DELLA VITA
Le possibili implicazioni dei radicali liberi biofarmacologia medica
Gianluigi Vendemiale, Gaetano Serviddio, Ignazio Grattagliano, Milena Prigigallo, Emanuele Altomare *
Negli ultimi anni, le problematiche inerenti il ruolo in medicina dei radicali liberi e delle sostanze ossidanti hanno destato
una costante e crescente attenzione.
Gli interessi per le possibili implicazioni dei Radicali Liberi
(RL) si sono rapidamente estesi dai ristretti campi della ricerca
scientifica, prevalentemente in ambito chimico, ai più ampi
settori della biofarmacologia medica. Ciò è legato, senza dubbio, alla disponibilità di tecnologie avanzate e specifiche per
lo studio dei meccanismi di formazione dei radicali, delle caratteristiche dei principali sistemi di difesa antiradicalica e dei
processi che sottendono al danno cellulare da essi mediato.
Evidenze sempre più convincenti sembrano dimostrare il
coinvolgimento dei RL nella patogenesi di malattie estremamente diffuse quali, l’aterosclerosi, il diabete, la cataratta, l’ipertensione.
Classicamente i RL sono definiti come atomi o molecole
con un elettrone spaiato nell’orbitale esterno; l’aspetto elettronico è una caratteristica che rende i radicali liberi differenti
dalle altre specie chimiche, quali molecole e ioni e che ne consente l’identificazione. La forte tendenza dell’elettrone spaiato ad acquisire stabilità (interagendo con un altro elettrone)
conferisce ai RL una peculiare reattività che dipende tanto
dalla stabilità intrinseca e dalla concentrazione quanto dalla
reattività di altre sostanze presenti nel mezzo. La formazione
dei RL è un evento estremamente diffuso in natura: basti considerare, infatti, che fisiologicamente l’azione di un gran numero di enzimi implica il trasferimento di singoli elettroni con la
conseguente formazione di intermedi radicalici. Allo stesso
risultato porta la produzione di energia che avviene a livello
mitocondriale. Data l’ubiquità dell’ossigeno e la sua disponibilità ad accettare elettroni ne deriva che radicali liberi dell’ossigeno (ROS) sono frequentemente i protagonisti di reazioni
cellulari in fisiopatologia. Tenendo presente, quindi, l’importanza dell’ossigeno in gran parte delle reazioni chimiche nell’organismo umano (dalla semplice formazione dell’acqua ai
più complessi meccanismi che sottendono i delicati equilibri
del metabolismo), appare del tutto evidente come da sempre il
nostro organismo convive con il rischio dell’ossidazione. I
radicali liberi, a nostro parere, sono un evento molto precoce
nello sviluppo della specie umana e in un certo senso ne hanno accompagnato l’evoluzione: uno stretto legame di
interdipendenza tra specie aerobiche e ROS si è instaurato
allorché tali specie hanno selezionato l’ossigeno come fonte e
precursore di energia, come efficace sistema di difesa contro
agenti esterni e come puntuale regolatore del turnover cellulare.
Appare comprensibile, in tal senso, che il corretto sfruttamento delle risorse dell’ossigeno prevedesse un evoluto sistema
di correzione dei danni che i suoi diversi metaboliti potessero
determinare.
Dal momento che gli organismi aerobi hanno messo a punto validissime e versatili difese antiossidanti, perché si instauri una condizione di stress ossidativo deve avvenire uno sbilanciamento del rapporto fattori ossidanti/fattori antiossidanti:
una patologia radicalica può essere sostenuta da un’effettiva
aumentata produzione di radicali, da una diminuzione delle
difese antiradicaliche, o come frequentemente accade, da entrambi gli eventi. Il risultato di uno stress ossidativo sarà
l’attacco di vari elementi cellulari e di conseguenza il loro
irreversibile danneggiamento. Ma quali sono i target più comuni e come si realizza un’efficace difesa antiradicalica? In ordine di sensibilità, per la loro complessa sequenza di doppi legami, i grassi rappresentano gli obiettivi primari dei ROS, seguiti,
in ordine di frequenza, dalle proteine e infine dai glicidi, che
essendo dotati di strutture semplici e stabili rappresentano un
target marginale.
La Lipoperossidazione rappresenta la più conosciuta
espressione della tossicità dell’ossigeno: è un evento tanto
comune quanto inevitabile e consiste nella ossidazione degli
acidi grassi delle membrane cellulari. Il danno operato sulle
strutture lipidiche delle membrane innesca un complesso circuito di produzione di radicali liberi che conduce, in ultima
analisi, all’amplificazione del danno: la lipoperossidazione, in
sostanza, si automantiene e propagandosi a catena può danneggiare siti anche lontani dall’iniziale punto di attacco. Modificando la struttura delle membrane cellulari si opera, così,
un’estesa alterazione dei rapporti con l’ambiente esterno tanto maggiore quanto più numerosi sono i siti d’attacco dei Radicali Liberi.
L’ossidazione delle proteine, invece, prime fra tutte le proteine ricche di gruppi sulfidrilici, comporta alterazioni della
funzionalità (enzimi e ormoni), della sopravvivenza (anticorpi)
e della riproduttività cellulare (acidi nucleici). Nell’insieme questo stato ossidativo si configura molto bene in un invecchiamento della cellula e quindi dei tessuti, con ovvie conseguenze in termini di efficienza. Quindi, ossidanti ed antiossidanti
svolgono funzioni ben definite e si localizzano in compartimenti cellulari specifici. Ciò presuppone che radicali liberi dell’ossigeno vengano continuamente prodotti nel corpo umano e vengano costantemente rimossi dalle naturali difese
antiossidanti; in tal senso l’ossigeno è tanto indispensabile
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quanto tossico e l’invecchiamento si configura come una serie di reazioni ossidative di natura radicalica cui si è necessariamente esposti per il semplice fatto di metabolizzare l’ossigeno: “la longevità dipende dall’efficienza dei sistemi di protezione antiossidanti (Harman D. Free Radicals in Biology,
Acad Press 1982)”.
I Sistemi Antiossidanti
La scoperta e l’osservazione dei modi di agire di questi
sistemi ha aperto nuove frontiere all’interpretazione della
patogenesi di un gran numero di patologie e, cosa di grande
rilievo, ci ha dotato di efficienti e precoci mezzi d’intervento.
L’organismo umano è dotato di due differenti sistemi
antiossidanti: il primo rappresentato dagli Antiossidanti Primari (preventive antioxidants), che agisce nella fase di produzione inibendo la formazione dei radicali (chelanti del ferro,
composti contenenti zolfo), ed un secondo, costituito dagli
antiossidanti secondari (chain breaking antioxidants),che agisce impedendo la propagazione della catena di produzione dei
radicali. Essi vengono anche definiti “Radical Scavenger” per
la loro peculiare capacità di legarsi ai radicali inibendone l’attività. Quest’ultimi sono largamente presenti nell’organismo
(Glutatione, Vitamine C ed E, Fenoli, Amine, Carotenoidi ed
Chinoni).
Una moderna classificazione distingue gli antiossidanti in
relazione al modo di agire ed alla capacità dell’organismo di
assumerli dall’ambiente: in tale ottica si distinguono varie classi; alla prima appartengono i “sistemi” antiossidanti (SOD,
Catalasi e Glutatione), diffusi in tutti i tessuti, ad azione rapida
e non assimilabili dall’ambiente esterno: per questi è possibile
solo fornire le materie prime per la loro costituzione (zinco,
selenio, cisteina). Alla seconda classe appartengono, invece,
gli Scavengers, veri e propri “spazzini” dell’organismo che
legano, inattivandoli, i radicali liberi: sono rappresentati dall’albumina, dalla bilirubina, dall’acido urico. E’ un sistema altrettanto rapido quanto il precedente, ma meno flessibile perché non è in grado di incrementare la proprie capacità in condizioni di particolare stress ossidativo. La terza categoria è
rappresentata dalle Vitamine (A, C, E), dall’Ubichinone
(coenzima Q10) e dagli acidi lipoici, distribuiti prevalentemente sulle membrane cellulari o sulle lipoproteine circolanti: alcuni possono essere assunti solo con la dieta e quindi la loro
efficiente azione è legata ad una corretta alimentazione. L’ultima classe, in assoluto la più vasta, è rappresentata dai
Carotenoidi e dai Flavonoidi: sono sostanze largamente presenti in natura, assimilabili solo con la dieta.
Alla luce di queste osservazioni appare più comprensibile
immaginare il delicato equilibrio che sostiene le attività del
metabolismo umano: questo complesso sistema va immaginato come una vera e propria bilancia ossidativa in cui ogni
elemento gioca un ruolo preciso al fine di realizzare un sostanziale pareggio: la perdita di tale equilibrio definisce lo Stress
Ossidativo e si configura come un reale pericolo per la salute
dell’organismo. Il ripristino delle scorte per via alimentare, se
da un lato, garantisce certamente un apporto di base irrinunciabile, dall’altro appare vincolato ad una corretta e completa
alimentazione che peraltro diviene sempre più improbabile in
considerazione dei nuovi processi di conservazione e lavorazione degli alimenti che alterano e impoveriscono i cibi dei
costituenti fondamentali. Tutto ciò non esprime la necessità
di somministrare integratori a tutta la popolazione ma evidenzia
l’importanza di valutare lo stato di ossidazione.
Stress Ossidativo e quadri patologici
E’ ormai ampiamente dimostrato che lo stress ossidativo è
una condizione comune ad un gran numero di patologie e il
precoce riconoscimento di tale sbilanciamento può consentire un più ampio e articolato intervento terapeutico. Alcuni
semplici esempi di patologie da radicali chiarirà meglio quanto
fin qui esposto. La malattia aterosclerotica è caratterizzato da
una prima fase in cui si assiste ad un progressivo accumulo di
cellule schiumose (foaming cells) ricche di colesterolo, sulle
pareti dei vasi e da una fase successiva in cui le placche divengono fibrose e progressivamente occludono il lume
vascolare. Nell’evoluzione della placca i radicali liberi svolgono un ruolo di primo piano: l’ossidazione delle LDL, infatti,
induce l’attivazione delle cellule endoteliali che aumentano il
loro legame con i monociti; questi ultimi si trasformano in
macrofagi e successivamente in “cellule schiumose”. E’ stato
inoltre dimostrato che le placche aterosclerotiche sono rese
estremamente fragili dalla continua ossidazione delle LDL di
superficie con un maggior rischio di distacco di frammenti
trombotici. Numerosi studi hanno evidenziato che le popolazioni che abitano le regioni mediterranee hanno un’incidenza
di malattie cardiocircolatorie molto bassa. Il merito è del tipo di
abitudini alimentari che caratterizzano queste aree geografiche: basso consumo di colesterolo e grassi saturi di origine
animale, poca carne e, soprattutto, grande utilizzo di verdure,
frutta, legumi e cereali. La principale fonte di lipidi nella dieta
mediterranea è l’olio d’oliva, il cui consumo riduce le LDL,
univocamente considerato come il colesterolo “cattivo” e arricchisce i vasi di sostanze ad alto potere antiossidante.
Nelle sindromi da ischemia-riperfusione (una condizione
in cui si realizza un periodo di ipoafflusso sanguigno in un
determinato distretto corporeo seguito da riperfusione), i radicali liberi prodotti nelle reazioni biochimiche innescate dal passaggio dell’organo dalla fase di ischemia a quella di
riperfusione, derivano dalla trasformazione dell’ATP in
Ipoxantina, nella fase ischemica, e della trasformazione di
ipoxantina in xantina durante la fase di riperfusione. Numerosi
studi, taluni dei quali condotti presso il Centro di Xenobiologia
della nostra Unità, hanno evidenziato che la somministrazione
di antiossidanti durante le prime fasi della terapia dell’infarto
migliorano la prognosi aumentando la stabilità del tessuto
miocardico alle aritmie indotte dall’ipoperfusione. Va considerato, però, che la condizione di ipoafflusso di sangue è un
evento molto più frequente di quanto non lo sia l’infarto del
miocardio: basti pensare a tutte quelle condizioni in cui ad una
aumentata richiesta di ossigeno da parte dell’organismo non
corrisponde un adeguato flusso di sangue da parte del cuore;
è quello che comunemente accade in corso di attività fisica in
soggetti poco allenati, o anche nelle fasi di preparazione atletica degli sportivi. Un gran numero di studi hanno evidenziato,
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infatti, che l’attività fisica saltuaria provoca un incremento
della produzione dei radicali liberi e che, al contrario, i soggetti
ben allenati hanno, in condizioni di riposo, una capacità
antiossidante più elevata dei soggetti sedentari. Da ciò si deduce che un’attività fisica, se pur moderata ma costante, aumenta i livelli basali di difesa antiossidante. E’ per questo che
molti centri di medicina sportiva internazionale consigliano
un’integrazione di antiossidanti (prevalentemente di Coenzima
Q10) durante le fasi di preparazione atletica e nella fase di
recupero dopo un’attività sportiva.
Un’altra patologia, estremamente frequente, in cui i Radicali liberi svolgono un ruolo primario nel determinare danni a
breve e a lungo termine è rappresentato dal Diabete Mellito: in
tali soggetti, infatti, da un lato l’aumento del contenuto di
glucosio nel sangue e dall’altro la ridotta produzione di insulina provocano alterazione della via dei pentoso-fosfati con
conseguente riduzione della sintesi di NADPH (fondamentale
per l’attività antiossidante del Glutatione) e l’attivazione della
via dei polioli con formazione di derivati glicidici facilmente
ossidabili.
La flogosi è, per definizione, un processo mediato da RL.
Questi ultimi sono, infatti, prodotti dai leucociti: in tale ottica i
radicali liberi sono rilasciati perché altamente tossici per gli
aggressori, siano essi microrganismi ospiti (batteri, virus, funghi etc.) o cellule del nostro organismo mutate e pericolose
(cellule tumorali); appare chiaro che un’alterazione dei processi regolatori della difesa cellulare (malattie autoimmunitarie)
si esprime con un ampia gamma di danni proprio perché eccessiva e incontrollata è la produzione e la liberazione dei Radicali
Liberi. Naturalmente questi sono solo alcuni esempi di condizioni patologiche in cui l’equilibrio ossidazione-antiossidazione
svolge un ruolo da protagonista nel determinismo del danno
d’organo. Appare chiaro da quanto fin qui esposto che il danno da radicali liberi rappresenta un evento comune, estremamente precoce in corso di numerose quadri patologici e, pertanto, che la perdita della naturale capacità antiossidante rappresenta un evento primario e determinante nell’avvio del processo patologico. E’ in quest’ottica che presso il nostro centro abbiamo elaborato un pacchetto ossidativo dosabile sul
plasma che prende in considerazione sia i segni precoci del
danno radicalico, sia la capacità antiossidante dell’organismo
ed in grado di fornire un modello di interpretazione comune
alle più diffuse patologie.
La valutazione del bilancio ossidativo è attualmente possibile presso laboratori specializzati, ancora poco numerosi in
Italia, tra cui il laboratorio di Xenobiologia, recentemente atti-
vato presso l’U.O. di Medicina Interna I Universitaria di Bari.
Nel nostro laboratorio vengono determinati alcuni dei più
significativi Indici di protezione antiossidante (Glutatione, Proteine Sulfidriliche, Vitamina C ed E) ed i principali indici di
danno ossidativo (GSSG, Malondialdeide-MDA, Proteine ossidate-Ox Prot). Unitamente a questi parametri è stato messo a
punto, recentemente, il dosaggio del Potere Antiossidante
Totale (PAO) che esprime sinteticamente la capacità del soggetto di difendersi dai radicali liberi.
L’esecuzione dei parametri descritti permette di determinare il proprio bilancio ossidativo. In particolare il laboratorio ha
elaborato un indice (INDICE REDOX) che viene fornito insieme ai risultati degli esami e che indica se il soggetto è in stato
di equilibrio ossido-riduttivo, in stato di rischio ossidativo o
in condizioni di stress ossidativo. A completamento del test
vengono forniti una serie di consigli dietetici ed eventuali proposte di integrazione farmacologica. In considerazione di quanto espresso, secondo cui, lo stato di stress ossidativo rappresenta una condizione di rischio per la salute in soggetti sani e
una condizione aggravante indipendente dalla malattia di base,
appare evidente che il bacino di utenza a cui il nostro servizio
fa riferimento è estremamente ampio, sebbene esistano, a nostro parere, delle indicazioni privilegiate: il nostro studio si
propone infatti, la prevenzione, la diagnosi, la terapia e il
monitoraggio delle seguenti patologie: i dismetabolismi con
particolare indicazione per il diabete, la malattia aterosclerotica,
le malattie infiammatorie croniche, le pneumopatie, le malattie
professionali, le epatopatie acute, croniche, tossiche e virali;
gli stati di tossicità da alcol, da farmaci e da tabagismo. Il test
si propone anche il monitoraggio dello stato ossidativo nelle
varie fasi dell’età con lo scopo di intervenire precocemente
allorché si realizzano le condizioni di rischio di stress ossidativo.
Riteniamo, infatti, per quanto riguarda il ruolo dei radicali liberi
nell’ambito dei processi dell’invecchiamento, che un buon equilibrio ossido-riduttivo non è in grado di allungare la vita delle
cellule ma è senz’altro capace di migliorarne l’efficienza: questo si traduce in migliore qualità della vita, minor rischio di
malattia e maggiore rapidità di guarigione; se è vero infatti che
nulla possiamo fare contro il programma genetico dell’invecchiamento e della morte cellulare, maggiori sono, oggi, le opportunità di contrastare i radicali liberi: i killer silenziosi della
nostra giovinezza.
*Unità Operativa Medicina Interna I° Universitaria - Policlinico - Bari
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