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Oleis, il mito friulano
Il Desinan considera il toponimo Oleis di origine antica
e legata alla presenza dell'olivo; il Frau conferma la tesi
nel suo Dizionario Toponomastico del Friuli Venezia
Giulia citando: "Oleis, Uelis,
Manzano, antica, 1084, dal
latino oliva, olivo". Ed è proprio all'olivo che viene legata
l'origine del toponimo, dal latino olea (ulivo) che nel friulano medievale prende forma
in "Uelis". In effetti ci sono
fondati elementi che fanno
risalire l'origine di Oleis alla presenza sul suo territorio, in epoca storica dell'olivo.
La prima testimonianza scritta del toponimo la si deve ad una cronaca del monaco Ossalco, un
benedettino rosacense che durante il 1344 scrisse della storia dell'ordine monastico e delle origini
dell'Abbazia dopo l'incendio che l'ha distrutta nel 1323 mandando perduto gran parte dell'archivio. Egli fissò il nome di Oleis trascrivendo, probabilmente a memoria, il testo della famosa donazione che il Patriarca di Aquileia Ulrico I fece all'Abbazia nel 1082: "Item dedit extra muros civitatis
lustinopolitane ecclesiam sancii Andree consacrate, quod fuit patrimonium suum cum campis, vineis et olivetis et possessionibus et decimis adherentibus ad ipsam ecclesiam. Item dedit X mansos
in Oleis".
Che tradotto dice: "Allo stesso modo donò fuori le mura della città la chiesa di Sant'Andrea consacrata al culto giustinopolitano che era suo patrimonio con i campi, le vigne, gli oliveti e i possedimenti e le decime pertinenti alla stessa chiesa. Allo stesso modo donò dieci mansi a Oleis." Ossalco quindi, fa cenno dell'esistenza di un villaggio chiamato Oleis nell'ambito della donazione che
portò sotto la giurisdizione dell'Abbazia gli oliveti annessi alla chiesa di S. Andrea di Capodistria.
Questi oliveti offrirono il materiale vivaistico per rifondare l'olivicoltura a Rosazzo. Del manoscritto
originale non si hanno più notizie mentre si conosce l'esistenza di una copia cinquecentesca tratta
dall'originale e redatta dal notaio Marcantonio Nicoletti di Cividale. Nell'immagine a lato è ritratta
una copia risalente al 1804. Ma dobbiamo spingerci più in là nel tempo per comprendere meglio
se vi sia un effettivo legame del toponimo col territorio, anche in assenza di tracce oggettive, ma
conoscendo le abitudini agricole degli abitanti in epoca storica, dalle quali ricavare utili indizi.
Le notizie più avvincenti, riguardanti una possibile tradizione olearia a Oleis, portano a ritenere
che ci fossero i frantoi già in epoca romana o per lo meno che vi fossero insediate le macine degli
abati rosacensi necessarie per spremere le olive raccolte sulle pendici della rocca dell'Abbazia.
In effetti, non esistono prove oggettive a conferma di ciò, e soprattutto vi fu sicuramente un periScheda www.vivinfvg.it
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odo di assoluta discontinuità nella presenza di tracce che coincide con il periodo assoggettato alle
dominazioni barbariche.
In ogni caso, sulla base delle informazioni disponibili è possibile formulare un'ipotesi ad ulteriore sostegno dell'origine del toponimo di questo villaggio. La tradizione oleicola di questi luoghi,
tramandataci fino ad oggi, è sostanzialmente quella risalente ai monaci di Rosazzo i quali la riavviarono e la portarono ad espandersi anche nel circondario. Una testimonianza della diffusione
che ebbe la coltivazione dell'olivo nel territorio del manzanese ci perviene da una traccia risalente
al secolo XVI quando Oleis contava "30 fuochi", cioè focolari, ovvero nuclei familiari. A quel tempo
i consigli dei capi famiglia detti "consigli di vicinia" si riunivano per amministrare le comunità dei
singoli villaggi del territorio manzanese che erano indipendenti fra loro. Le regole di svolgimento
erano però comuni: si adunavano al suono delle campane, erano presieduti dal "decano", assistiti
da un messo e verbalizzati da uno scrivano. Le riunioni si tenevano all'aperto e chi non presenziava
senza giustificazione era costretto a pagare un'ammenda corrispondente a qualche libbra di olio
da devolvere alla chiesa oppure ai poveri.
La riscoperta della coltivazione dell'Olivo sulle pendici di Rosazzo e nelle campagne limitrofe a
partire dall'XI secolo avvalora e rende in questo modo apprezzabile l'avvedutezza e la competenza
tecnica ed agronomica degli abati che hanno saputo interpretare le caratteristiche del suolo, del
clima, del territorio e le potenzialità conseguenti. La coltivazione dell'olivo richiede infatti sensibilità e cultura tecnica sia per la coltivazione che per la produzione dell'olio. Queste competenze
erano già ben note agli agronomi Romani i quali avevano individuato con precisione puntuale le
vocazioni agrarie del territorio pianificandone la destinazione d'uso attraverso le centuriazioni. Un
modo pragmatico, preciso ed essenziale per valorizzare i terreni più fertili. Di origine certamente
romana e legati alla produzione frutticola sono infatti gli attuali toponimi Mereto di Tomba e Mereto di Capitolo, originati dai "meleretum", i frutteti di melo di che venivano coltivati lungo filari
paralleli alle direttrici stradali con orientamento nord-sud per sfruttare al meglio l'irraggiamento
solare.
Gli studi effettuati sull'agro centuriato di Forum Iulii portano a ritenere che proprio i Romani introdussero la coltivazione dell'olivo e la produzione dell'olio nelle valli circostanti a Forum Iulii la
cui coltura aveva una larga diffusione in particolare nella zona di Buttrio e Rosazzo.
Ad Oleis la presenza dei Romani è stata accertata attraverso numerosi rinvenimenti archeologici di tombe, urne, fibbie ed anelli in località Malachis, a est dell'attuale strada che conduce a
Cividale e si sovrappone alla via Aquileia-Forum Iulii integrata nella centuriazione. Inoltre, dalle
memorie storiche del conte Girolamo de Rinaldis si evince che presso Oleis era insediato un posto
di ristoro e di sosta per i soldati ed i cavalli che da Aquileia dovevano raggiungere Cividale e viceversa.
Oleis dunque non era un sito qualsiasi ed è possibile dedurre che questo villaggio doveva essere
dotato di strutture adeguate a soddisfare le esigenze logistiche e alimentari di numerosi gruppi dei
soldati Romani. Questa combinazione di peculiarità territoriali e di esigenze pratiche possono far
ritenere che le campagne di Oleis annoverassero la presenza di una certa varietà di coltivazioni
agrarie fra le quali l'olivo, avendo intuito le peculiarità del sito e la possibilità di ottenerne l'olio sul
posto visti i molteplici impieghi che abitualmente ne facevano. Va sottolineato che i Romani furono fra gli innovatori delle tecniche e delle attrezzature necessarie per l'estrazione oleicola le cui
caratteristiche sono rimaste invariate per secoli.
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Si può plausibilmente ritenere che questo villaggio, proprio perché caratterizzato dalla presenza
degli olivi, rendesse facilmente ed univocamente individuabile il posto di sosta ai soldati che dovevano raggiungere percorrendo la via Aquileia-Forum Iulii, lunga ben quaranta chilometri. Un'originalità che, legata al pregio della coltura, può aver contribuito a origine il toponimo di Oleis il quale
rappresenta così la memoria dell'origine latina delle piccole coltivazioni di olivo poi ripetutamente
disperse e riprese nel corso del tempo. Altre ipotesi individuano la radice del toponimo nell'evoluzione del nome dato alla via romana che collegava Aquileia con Forum Iulii detta, in friulano medievale, Vidolèe cioè via di Aquileia. Più che un sito preciso Vidolèe ha indicato in epoche passate
una direzione, la direzione per raggiungere Aquileia, che assume anche una certa aspecificità in
quanto ricorre in una pluralità di luoghi diversi del Friuli come certamente a Oleis (a sud del paese), ma anche a Risano, Mariano del Friuli ed altre località. Questa dizione compare inoltre in
epoca prevalentemente successiva rispetto alla prima citazione di Oleis risalente al 1082; quando
cioè il toponimo dimostrava di aver già acquisito una precisa ed indiscutibile dignità tanto da essere certificata attraverso una menzione scritta nell'ambito di un atto diplomatico ufficiale come la
donazione patriarcale di Ulrico I.
L'altalenante fortuna di questa coltura durante i secoli (come molte altre coltivazioni di pregio
specialmente frutticole, vedi il melo) trova risposta negli accadimenti storici e nella ricorrenza
delle gelate. Sul territorio friulano, in epoche più recenti, la distanza temporale che separa la presenza dell'olivo fra una gelata e l'altra varia fra cinquanta e ottant'anni. Un tempo che sconta la
difficoltà di ripristinare la passione per la coltura e le capacità per riavviarne la coltivazione su scala
più ampia. Probabilmente è questo il motivo per il quale non si ha notizia storica di oliveti molto
estesi nella nostra regione. Piuttosto, di piccole coltivazioni come quelle dei benedettini di Rosazzo, spesso legate alla necessità di autoprodurre un po' d'olio per la mensa domestica e per rispettare le tradizioni pasquali. La discontinuità nella coltivazione dell'olivo sul territorio di Oleis
durante le dominazioni barbariche può essere ben superata grazie all'innata vocazione olivicola
del territorio di Oleis e Rosazzo che è stata percepita e sviluppata in epoche successive ed in maniera indipendente da uomini ricchi di cultura tecnica e non solo, come i Monaci Agostiniani e i
Romani dai quali idealmente hanno ricevuto il testimone di perpetuatori della tradizione oleicola
presso Oleis.
Un elemento che avvalora ulteriormente la tesi secondo la quale le radici di Oleis affondano,
come ci piace continuare a pensare, proprio nel latino "olea", olivo.
(Tratto dal libro di Giovanni Cattaruzzi)
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