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Novembre 2013 | CAVALLO MAGAZINE | 43
TECNICA ALTA SCUOLA
Cavalcando con la leggenda
Arthur Kottas-Heldenberg a Roma dove si è tenuto lo stage dell’ex-“Oberbereiter”
della Scuola Spagnola di Vienna, organizzato dall’Accademia del Teatro Equestre
di Giovanni Battista Tomassini
I CAVALLI
SONO
LA MIA VITA
Per preservare a lungo la
salute del cavallo è
fondamentale che egli sia
mentalmente e fisicamente
accudito e compreso dal
suo cavaliere.
È il cavaliere che plasma il
cavallo.
La qualità più importante
del cavaliere è l’assetto
corretto ed equilibrato : è
questa la sola chiave per
raggiungere vera
connessione tra la mano e
la bocca del cavallo. Senza
un buon equilibrio ciò è
impossibile.
Il movimento corretto del
cavallo è un flusso che
nasce da un posteriore
attivo, passa per un dorso
elastico, e fluisce verso una
bocca in contatto stabile
con la mano del cavaliere.
La maggior parte dei
problemi dell’equitazione
dipendono da un cattivo
contatto.
Se il cavallo non rende al
meglio in un certo
momento pazienza:
domani è un altro giorno.
Non si può rendere al
massimo in ogni momento.
Nella preparazione del
cavallo prendere tempo,
ma non perdere tempo.
Se qualcosa non funziona
perfettamente, bisogna
tornare sempre un passo
indietro.
I cavalli sono la mia vita.
Ho sempre considerato il
cavallo un mio compagno
da preparare con calma e
pazienza.
Ogni nuovo cavallo
è sempre una nuova
esperienza di vita.
N
EL MANEGGIO s’è fatto
un gran silenzio. Sotto i
lampadari di cristallo
della cavallerizza del 4°
Reggimento Carabinieri
di Tor di Quinto si sente solo un cavallo che mastica nervosamente il
morso. Rondeño è un animale fortunato. Anni fa mani inesperte non gli
avevano risparmiato brutalità e incidenti. Poi, quando ormai era avviato
al mattatoio, ha incontrato un nuovo
propietario, che s’è fatto convincere
a comprarlo, l’ha curato e pazientemente addestrato.
Ma i traumi subiti in passato ne fanno
tuttora un cavallo estremamente sensibile, nervoso e difficile. Anche per
un cavaliere molto esperto. L’uomo
che però ora gli cammina accanto e
gli sussurra parole rassicuranti è
molto di più di un cavaliere esperto. È
un’autentica leggenda vivente dell’equitazione mondiale.
CLASSE 1945, Arthur Kottas-Heldenberg comincia a montare a cavallo giovanissimo nel maneggio dei
suoi genitori a Vienna. Nel 1960 entra
nella Scuola Spagnola, il tempio dell’equitazione accademica. In soli
otto anni diventa cavaliere-istruttore. Nell’81 è cavaliere-capo e dal
‘95 “primo cavaliere-capo”.
Quando nel 2003 si ritira dalla Scuola, i
giornali di tutto il mondo parlano della
fine di un’epoca. Da allora si dedica all’insegnamento dell’equitazione, tenendo clinics in tutto il mondo. Sinora,
però, non era mai venuto in Italia (se
non come turista).
A portarlo a Roma, a metà settembre,
è stato l’entusiasmo che anima l’Accademia del Teatro Equestre. Terzo
appuntamento del progetto di riunire nel corso di un anno nella capitale i più prestigiosi maestri delle
quattro scuole europee di equitazione classica. Prima di lui Rafael
Soto Andrade, della Escuela di Jerez,
e João Pedro Rodrigues della Escola
di Lisbona. Chiuderà il ciclo, a dicembre, un maestro del Cadre Noir
di Saumur.
DIECI I BINOMI ammessi. Cavalieri
e uditori hanno potuto apprezzare
un’equitazione concepita come disciplina rigorosa, fondata su un’attenta
considerazione
della
biomeccanica del cavallo, ma anche
su una sensibilità speciale e su un
profondo rispetto e amore per l’animale. Un approccio che nulla concede al facile spettacolo, ma richiede
precisione assoluta, leggerezza negli
aiuti e grazia nell’esecuzione.
Kottas è un maestro severo, ma
IL SUCCESSO ASSOLUTO NON ESISTE
L'Equitazione Classica punta ad esaltare ogni aspetto della vita del cavallo.
Un cavallo lavorato nei principi classici non è solo sano, forte, flessibile e obbediente, ma è anche più longevo, più sereno e felice, perché nel lavoro vengono
rispettati effettivamente la sua natura e le sue necessità. Per riuscire a far questo, il cavaliere deve imparare come il cavallo pensa e apprende. Deve riuscire a
costruire con lui un rapporto mentale. Oltre a questo, deve poi avere una tecnica solida basata su un assetto impeccabile e sulla precisione degli aiuti, affinché il cavallo possa capire le richieste e rispondervi con facilità.
Queste capacità si acquisiscono solo con molto studio, riflessione e pratica.
Trascurare errori importanti, o tentare di raggiungere progressi rapidi con scorciatoie rudi o metodi inappropriati, non porta mai a risultati soddisfacenti, e
men che meno "classici". È per questo che l'equitazione è un'impresa in cui il
successo assoluto non esiste; perché non esistono cavalli perfetti né, tantomeno,
esseri umani perfetti. Ma questo non deve distogliere dal tendere alla perfezione costantemente, cercando di migliorare sempre, non solo la tecnica, ma la
nostra capacità di comprensione del cavallo. È questa infatti la strada più sicura per raggiungere quei momenti di completa armonia che, seppure transitori, costruiscono una partnership vera che rende felici entrambi.
Nel suo libro “Principi di Dressage”, Kurt Albrecht che in passato fu direttore
della Scuola Spagnola di Vienna scrive : ”La gran parte delle resistenze e anche
delle manifeste ribellioni del cavallo sono la conseguenza del più umano dei
difetti umani, che è quello di perdonare sempre le proprie debolezze ed essere
intollerante con quelle altrui”.
Riflettendo con onestà su questa osservazione, cerchiamo invece noi cavalieri
di essere sempre vigili sui nostri comportamenti, ed esigenti soprattutto con noi
stessi. E disposti a concedere ai nostri cavalli il tempo, la pazienza e il rispetto
che meritano.
Estratto da "Kottas on Dressage" - Conclusioni. (trad. Andrea Rossetti)
anche una persona affabile e un gran
professionista. Ha incantato tutti, accettando di dare una dimostrazione
alle redini lunghe. Anche Rondeño,
che all’inizio masticava il morso e si
guardava intorno allarmato. Il Maestro ha fatto con lui pochi passi sulla
pista. Parlandogli sottovoce. Accarezzandolo. Con gesti misurati ha
contenuto i suoi scatti e i suoi tentativi d’evasione. Poi, senza nemmeno
sfiorarlo con il frustino l’ha fatto
danzare in un piaffe leggero. Quindi
gli ha passato le redini lunghe sulla
groppa. Era la prima volta per il cavallo e tutti trattenevamo il fiato. Lo
ha guidato da dietro, tenendo le
longe in una sola mano. Dopo pochi
passi, quel cavallo che tutti ci aspettavamo di veder balzare in avanti in
fuga, come ipnotizzato, eseguiva invece un piaffe perfettamente ritmato
e dolci transizioni al passage. Avanzando maestoso. Guidato da gesti
impercettibili. È stato allora che il silenzio che gravava sul maneggio s’è
sciolto nell’applauso scrosciante dei
presenti.