roma trema per le microspie nel ristorante dei potenti
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roma trema per le microspie nel ristorante dei potenti
Renzi ripete: “Sugli 80 euro, venerdì i gufi saranno zittiti”. Anziché trovare i soldi per mantenere le sue promesse, spera di vedere i suoi avversari verdi di rabbia € 1,30 – Arretrati: € 2,00 Giovedì 17 aprile 2014 – Anno 6 – n° 106 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 ROMA TREMA PER LE MICROSPIE NEL RISTORANTE DEI POTENTI Nel privé di “Assunta Madre” le cimici captano moltissime conversazioni, a partire da quelle sulla fuga del braccio destro di Berlusconi. Poi però un imprenditore si vanta Lillo e Pacelli » pag. 5 di poter avvicinare le toghe. E la Procura ordina: “Non usatele” BEIRUT Dell’Utri, che Pasqua: esce di galera e spera nella lingua araba L’ex senatore di Forza Italia trasferito in ospedale Il governo libanese chiede al nostro ministero della Giustizia di tradurre tutti gli atti del processo per mafia: per l’estradizione la strada è in salita Amurri » pag. 5 L’ingresso del ristorante Assunta Madre » CANONE SCIPPATO » Viale Mazzini contro Cottarelli » RISSA IN SENATO » Cacciati due M5S Gubitosi: “Tagliare 170 milioni alla Rai significa ucciderla” Voto di scambio, reato dimezzato e pene abbassate Il direttore generale della tv pubblica contesta la lettera del commissario sui risparmi per il 2015 Intanto il governo è pronto al decreto per dare gli 80 euro anche agli incapienti, ma le risorse ci sono solo per il 2014 Palombi e Tecce » pag. 2 La sede Rai di viale Mazzini Dlm “ESPERIENZE PASTORALI” » CINISI Ora papa Francesco La radio di Impastato torna a trasmettere riabilita don Milani da casa di don Tano e il suo libro proibito Lo Bianco » pag. 14 De Carolis e Fierro » pag. 3 di Furio Colombo e ne scrivessi in un racconto o in un dramma, invece che S in un articolo di commento, sceneggerei così: è don Milani che va a trovare papa Francesco per raccontargli della scuola di Barbiana. » pag . 15 y(7HC0D7*KSTKKQ( +&!z![!#!/ U di Bruno Tinti U di Gian Carlo Caselli LE CORRENTI PADRONE E I PM DI MILANO BUONA IDEA, MA OCCASIONE PERDUTA » pag. 18 » pag. 18 LA CATTIVERIA Berlusconi andrà in una struttura che ospita anziani con gravi problemi. Ah, l’hanno riammesso al Senato? » www.spinoza.it Il palo di Marco Travaglio erché il detenuto Berlusconi Silvio non è in galera a scontare la pena per frode fiscale? P Secondo Massimo D’Alema, convertito in tarda età al giustizialismo, perché è ricco e potente: “In Italia c’è una giustizia a velocità variabile. Cittadini molto meno fortunati, meno ricchi e potenti, per reati molto minori, vanno in prigione”. Ora, che questi discorsi da bar li faccia la gente comune, è comprensibile. Ma che li faccia D’Alema, sette volte deputato e una europarlamentare, segretario del Pds, presidente della Bicamerale, presidente del Consiglio, vicepremier e ministro degli Esteri, è davvero troppo. L’inchiesta sui fondi neri Mediaset che ha portato alla prima condanna definitiva di B. nasce nel 2004: in origine le frodi fiscali ammontano a 360 milioni di dollari, con l’aggiunta di falsi in bilancio e appropriazioni indebite. Reati commessi dal 1988 fino al 2004, prescrizione di 15 anni, cioè nel 2017, quanto basta per celebrare tutti e tre i gradi di giudizio. Ma nel 2005 il centrodestra approva la legge ex Cirielli, che dimezza la prescrizione a 7 anni e mezzo, consente di sostituire il carcere con i domiciliari per gli ultrasettantenni e interrompe la “continuazione” dei reati. Cioè costringe i giudici a valutarli anno per anno. Risultato: spariscono subito i fondi neri di B. per gli anni 1988-'99 (che prima erano agganciati a quelli successivi). E da allora, a ogni anno di processo, evapora un anno di reati (quelli relativi a 7 anni prima). Così i falsi in bilancio e le appropriazioni indebite, grazie anche alla controriforma berlusconiana dei reati societari del 2002, scompaiono tutti. E così, anche grazie al condono tombale del 2003, le frodi fiscali. Alla fine resteranno in piedi solo le ultime, relative agli ammortamenti sul biennio 2002-2003 (7,3 milioni), che costeranno a B. la condanna definitiva. Con tutti gli altri reati falcidiati dall’ex Cirielli, la pena sarebbe stata nettamente superiore. Senza contare quelle che si sarebbe beccato B. negli altri sette processi, per falsi in bilancio e corruzioni di giudici e di testimoni, mandati in prescrizione dalle sue leggi. Ma anche i 4 anni del caso Mediaset sarebbero bastati a spedirlo per almeno un anno in galera (o al massimo ai domiciliari). Di lì, dopo 12 mesi, avrebbe potuto chiedere di scontare i restanti 3 anni ai servizi sociali. Ma nel 2006 ecco l’ennesimo salva-Silvio, stavolta targato centrosinistra (e naturalmente votato da Forza Italia): l’indulto extra-large di 3 anni, esteso ai reati dei colletti bianchi. Il Caimano intasca un bonus triennale da detrarre dalla prima condanna definitiva. E il 1° agosto 2013 i 4 anni a cui lo condanna la Cassazione scendono a 1 solo. Per questo, in base alla legge italiana, B. non entra neppure in carcere e chiede, da libero, i servizi sociali. Solo in casi eccezionali i giudici possono negarli: a lui, come a qualunque altro condannato. L’altroieri il Tribunale di sorveglianza non gli ha usato alcun trattamento di favore: sono le norme fatte dalla destra e dalla sinistra che hanno allungato a dismisura i processi dei ricchi e dei potenti muniti di avvocati ben pagati, abbreviato i termini di prescrizione e indultato i delitti dei “signori” col pretesto di sfollare le carceri (peraltro mai viste dai “signori”). E alla fine hanno prodotto la pochade del frodatore pregiudicato che se la cava con 7 giorni di servizi sociali nell’ospizio di Cesano Boscone. D’Alema non faccia il furbo, scaricando sui giudici le colpe dei politici, lui compreso. Se il centrosinistra, nei suoi 9 anni di governo su 20, non avesse fatto da palo a B. conservando tutte le sue leggi vergogna e regalandogli l’indulto (che salvò anche i furbetti del quartierino amici di D’Alema), e avesse invece riformato la prescrizione (che salvò anche molti uomini del centrosinistra, incluso D’Alema per un finanziamento illecito da un imprenditore malavitoso), punito severamente la frode fiscale e mantenuto le promesse sulla certezza della pena, oggi Berlusconi sarebbe in galera da un pezzo. E in ottima compagnia. 2 PROMESSE GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 Il Colle e Brunetta: lite sul compenso di Napolitano “GLI INTERROGATIVI e le ipotesi che una pubblicazione vicina all’onorevole Renato Brunetta ha sollevato a proposito dell’emolumento percepito dal presidente della Repubblica hanno già in precedenti occasioni ricevuto chiara risposta. Non c'è nulla su cui elucubrare. L’indennità del presidente Napolitano è di 239.81 euro all’anno. Lordi e non netti, soggetti a tutte le imposizioni sul reddito: Ir- pef e addizionali regionali, provinciali e comunali”. Lo comunica in una nota il Colle in risposta al “Mattinale” di Brunetta che aveva scritto: “Renzi prima di proporre tetti alle retribuzioni dovrebbe informarsi. La livella indicata di 238 mila euro quale limite allo stipendio degli alti burocrati dello Stato non ha alcunché a vedere con il compenso del presidente della Repubblica. Per il semplice fatto che quella di Marco Palombi e Carlo Tecce a Rai, come ha scritto ieri il Fatto Quotidiano, è finita nel mirino del Commissario alla spending review. Il risparmio richiesto a Viale Mazzini per il 2015 è di 170 milioni di euro, ovvero il 10 per cento della raccolta da canone che il Tesoro gira alla tv di Stato, cioè 1,7 miliardi: Carlo Cottarelli ha formalizzato la cosa in una lettera inviata nei giorni scorsi al direttore generale della Rai Luigi Gubitosi. Questa previsione non ha nulla a che fare col decreto sul taglio Irpef da 6,7 miliardi che il governo approverà domani, visto che la decurtazione ha effetto dal 2015, ma molto con l’enormità di risparmi da revisione della spesa scritta dal governo nel Def: 17 miliardi a bilancio già l’anno prossimo. “Anche la Rai deve contribuire alla spending review”, ha spiegato Carlo Cottarelli al povero Gubitosi in un incontro avvenuto la scorsa settimana. nerale della tv pubblica è arrivata sempre sotto forma di lettera: Gubitosi ha riassunto al commissario il piano di risparmi già messo a punto e spiegato che, per accontentarlo, si dovrebbero decurtare pesantemente gli stipendi del personale (e non solo dei dirigenti, visto che solo 58 su 622 guadagnano più di 200 mila euro, cioè più del nuovo tetto agli stipendi) e predisporre la vendita di “asset rilevanti” dell’azienda a partire dalle quote di Rayway - che possiede e gestisce gli impianti di diffusione del segnale e, secondo Mediobanca, vale 600 milioni in tutto - e alcune frequenze tv al momento non utilizzate. Pur facendo tutto questo, ha spiegato il dg, un taglio secco di 170 milioni dal 2015 in poi è semplicemente “insostenibile”: tanto più che la vendita degli asset è un’entrata una tantum, mentre la perdita di tra- portata ad esempio non è una retribuzione. Ma un assegno personale che è stabilito in ragione annua ‘da corrispondersi in dodicesimi’. Ne consegue che il regime fiscale, cui è sottoposto è diverso rispetto ai compensi delle altre cariche dello Stato. Vuoi vedere che quei 238 mila euro sono, più o meno netti, in busta paga? Se fosse così il tetto dovrebbe essere di circa 311 mila euro, oltre 450 mila euro lordi”. NOMINE Pessimo umore in via XX Settembre trascichi delle nomine ai vertici delle società partecipate dal Tesoro. I dirigenti del ministero non S hanno preso bene il fatto che, per la prima volta, nes- L LA RISPOSTA del direttore ge- il Fatto Quotidiano suna poltrona dei cda sia andata a esponenti del ministero. L’unica è quella di Fabrizio Pagani, in Eni, capo della segreteria tecnica del ministro, che però è un esterno e che nelle trattative per conto del Tesoro ha ottenuto una sola poltrona, la sua. Il ministro Pier Carlo Padoan ha dovuto incassare molte bocciature nell’ultimo negoziato con Renzi sui nomi, ma il premier a sua volta ha rinunciato a una casella cui teneva: avrebbe voluto Marta Dassù alla presidenza di Finmeccanica, ma alla fine ha confermato Gianni De Gennaro, molto ben visto dal Quirinale. Per i corridoi di via XX Settembre si aggira ancora Carlo Cottarelli, il commissario alla revisione della spesa che doveva trasferirsi a Palazzo Chigi dove però nessuno gli ha mai trovato un ufficio (gli hanno proposto l’edificio dall’altra parte della strada, a distanza di sicurezza). Anche il direttore generale del Tesoro Gabriele La Via potrebbe essere sostituito presto, anche se questa voce è stata smentita nelle settimane scorse. Rai, taglio da 170 milioni: Gubitosi si ribella a Renzi IL DIRETTORE GENERALE CONTRO COTTARELLI CHE VUOLE SFORBICIARE IL CANONE: “RISPARMIO INSOSTENIBILE, ANCHE RIDUCENDO STIPENDI E VENDENDO RAIWAY” 17 mld RISPARMI NEL 2015 sferimenti è strutturale. Per di più, sostiene il manager, tra i 100 milioni abbondanti dei diritti per i mondiali di calcio e la sforbiciata del Tesoro il prossimo bilancio è destinato a chiudersi in rosso per centi- naia di milioni di euro. Meglio sarebbe, la linea di Gubitosi, lavorare sul recupero del canone evaso: non lo pagano oltre il 26 per cento dei nuclei familiari per una perdita di quasi 600 milioni l’anno. Anche il consigliere d’amministrazione (in quota Forza Italia) Antonio Verro ieri mattina ha fatto sentire la sua voce: “Un taglio sarebbe paradossale e incomprensibile. Il canone è un’imposta di scopo pagata direttamente dai cittadini e, secondo la legge, può essere utilizzato per finanziare esclusivamente l’attivita del servizio pubblico Radio-tv”. L’Usigrai, il sindacato interno, ha fatto la sua bella nota: “Il prelievo forzoso di 170 milioni di euro dal canone metterebbe in ginocchio la Rai e l’intero indotto audiovisivo. Un intervento che metterebbe a rischio i posti di lavoro di migliaia di famiglie”. IL PARTITO RAI, però, non è mai stato così debole: il povero Luigi Gubitosi, nonostante molti tentativi non è mai riuscito a farsi una chiacchierata con Matteo Renzi a tu per tu (s’è dovuto accontentare di un emissario e non di quelli di peso). È la debolezza che spiega il perché sindacati, dirigenti e cacicchi vari di Viale Mazzini si siano accontentati, per gioi- re, di un paio di veline del governo. Il Tesoro, ad esempio, ieri mattina ha fatto circolare una delle previsioni che lo stesso Cottarelli aveva avanzato come contentino nella sua lettera a Gubitosi: “Stiamo studiando un provvedimento per il recupero dell’evasione del canone Rai. L’introito eventualmente recuperato, circa 300 milioni, andrebbe per metà al Tesoro e per metà alla Rai”. L’idea sarebbe la solita: far pagare il canone attraverso la bolletta energetica. Palazzo Chigi, però, ha smentito anche questo: “Non lavoriamo a nessun intervento sul canone Rai”. Il partito di Viale Mazzini, comunque, s’è accontentato: “Buona notizia”, hanno detto in coro. Forse anche perché in Rai tutti sanno che su qualcosa, alla fine, dovranno cedere: Cottarelli nel 2015 deve trovare 17 miliardi per Matteo Renzi e tutti dovranno fare la loro parte, “anche la Rai”, come gli ha chiarito per iscritto il commissario. 80 euro anche agli incapienti, ma è solo un bonus DOMANI IL DECRETO DEL GOVERNO, STANGATA SU SANITÀ E STATALI. POLEMICA DI FORZA ITALIA SUL PAREGGIO DI BILANCIO RINVIATO AL 2016 icevano che era una televendita. Poi che non c’erano le coperture. Poi le coperture sì, D ma non quelle. #Amicigufi ma aspettare venerdì dalla maggioranza, nella legge di Stabilità in autunno si interverrà per rendere strutturale la cosa, magari con gli sgravi Irpef. no?”. Matteo Renzi su Twitter occupa così lo spazio mediatico in attesa del decreto che domani dovrebbe garantire a dieci milioni di italiani la “quattordicesima”, vale a dire circa 900 euro l’anno in più da spendere. Al di là dell’insofferenza del premier, è notevole come “l’operazione 80 euro” si trasformi ogni giorno che passa in uno spot elettorale: è difficile, infatti, realizzare qualcosa di equo e sensato a partire dalle detrazioni (il rischio - come sottolinea l’Istat - è che la maggior parte dei soldi finiscano alle fasce di reddito più alte) e quindi a palazzo Chigi stanno di nuovo puntando sull’idea del bonus, che ha pure il vantaggio di risultare evidente in busta paga. In sostanza, il datore di lavoro anticipa la “quattordicesima” di Renzi e poi la sconta dai contributi Inps che deve versare: alla fine del giro, il Tesoro rifonde l’ente previdenziale. È evidente, però, che questa operazione avrebbe un conclamato carattere di una tantum: sarebbe cioè garantita per il 2014 e basta. Ovviamente, dicono LA SECONDA NOVITÀ di giornata riguarda la platea: Renzi vuole che anche gli incapienti - coloro che, guadagnando meno di 8 mila euro l’anno non pagano tasse sul reddito e quindi non beneficerebbero dello sgravio Irpef - partecipino alla sua festa. Si tratta di circa quattro milioni di italiani in tutto e per dare qualcosa anche a loro il Tesoro ha stimato una spesa di poco più di due miliardi l’anno. Se si parte da maggio, per il 2014 la spesa complessiva sarebbe di quasi 8 miliardi, ma in molti dubitano che si trovino le coperture così in fretta (e questo al netto della natura recessiva di tagli lineari di questa entità in un paese in cui la crescita del Pil è prossima allo zero). A quel punto, l’unica possibilità sarebbe rimanere a un fabbisogno di 6,6 miliardi e abbassare la soglia di reddito dei beneficiati: non più - per capirci - quelli che guadagnano 1.500 euro al mese, ma quelli che ne prendono 1.300 o 1.200. Sempre i dieci milioni di italiani annunciati da Renzi, ma con altri confini per individuarli. Le fonti di fi- cio strutturale dal 2015 al 2016 per pagare i debiti nanziamento dell’operazione 80 euro non sono commerciali della P.A.: era scritto chiaramente ancora del tutto note: una gran parte la dovrebbe nel Def, che è pubblico da giorni, e dentro quel fare il comparto sanità (anche sotto forma di tagli documento c’è anche scritto che il governo ha all’acquisto), contributi saranno chiesti alla Di- inviato una lettera sul tema alla Commissione eufesa (blocco degli arruolamenti) e agli altri mi- ropea (obbligatoria per via dell’accordo “Six nisteri esclusa l’Istruzione. Una mazzata è pre- Pact”), ma per l’opposizione è sembrata una sorvista anche sugli statali: il tetto in quattro parti per presa. gli stipendi dei dirigenti (dai 270mila l’anno dei vertici agli 80 mila di quelli di seconda fascia) do- SI È PERSINO dubitato a lungo che la lettera delvrebbe portare mezzo l’esecutivo esistesse (poi il Tesoro l’ha pubmiliardo, che potrebbe blicata sul sito con la “ricevuta” della Ue): salire quasi fino a due se Brunetta ha persino inscenato una protesta si dovessero coinvolgere nella riunione dei capigruppo della Camera quelli che guadagnano finita con urla e porte sbattute della preall’ingrosso 60 mila euro sidente Laura Boldrini. Alla fine, non c’era l’anno. nulla di nuovo e il problema vero è che il Ieri, comunque, è stato governo ha chiesto uno slittamento solo di anche il giorno in cui un anno, promettendo di correggere il tenForza Italia (Renato denziale del defecit dello 0,5 per cento già Brunetta su tutti) ha al- La lettera del ministro Padoan nel 2015. Anche questo era scritto nel Def. zato una inspiegabile al commissario Siim Kallas, Da Bruxelles hanno risposto che ci faranno cagnara sullo slittamenreggente del portafoglio degli sapere il 2 giugno. to del pareggio di bilanAffari economici m. pa. A PALAZZO il Fatto Quotidiano Critiche dai giudici Grillo: “Giornalisti non vi fate schifo?” NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto di Reggio Calabria commenta così la nuova legge sul voto di scambio: “La pena mi pare troppo lieve rispetto alla gravità del fatto”. E chiede: “Perché è meno grave l’accordo tra un mafioso e un politico rispetto al reato di un mafioso che chiede il pizzo?”. GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 3 BEPPE GRILLO ieri è partito dal blog all’attacco della stampa. “Giornalisti ma non vi fate mai schifo? Dopo la frana cosa farete? Vi cercherete nuovi padroni? Continuerete il vostro mestiere di servi? L’Italia frana senza scampo, senza interruzione”. Franco Siddi (Fnsi) gli risponde: “Ha paura”. VOTO DI SCAMBIO, LA LEGGE È SFATTA APPROVATO AL SENATO IL NUOVO 416 TER. PROTESTA DEI CINQUE STELLE. ORA SI PENSA A UN DDL PER RIALZARE LE PENE LO SPIRITO GRASSO di Luca De Carolis rla, cori, insulti, foto strappate e due grillini espulsi. Ma alla fine la curva del Senato ha detto sì alla nuova norma sul voto di scambio, che abbassa le pene e manca di parole cruciali. Inutile l’ostruzionismo di Cinque Stelle, che in aula ha fatto di tutto; ininfluente l’astensione della Lega, valsa come un no. Soffocati i mal di pancia nel Pd, fedele all’accordo con Forza Italia. Ieri, in quarta lettura, Palazzo Madama ha dato il definitivo via libera con 191 sì, 32 contrari e 18 astenuti al nuovo articolo 416 ter del codice penale “sullo scambio elettorale politico-mafioso”, che punisce “chiunque accetta la promessa di procurare voti in cambio della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità”. Scendono le pene, da 7-12 anni a 4-10 anni di reclusione. Sparisce (rispetto al ddl originario) la punibilità per chi “dia disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa”. Scomparsa anche la parola “qualunque” davanti ad “altra utilità”, nove lettere he ampliavano la lotta alla compravendita di voti. Tutto cancellato in terza lettura alla Camera dalla maggioranza e Fi. U IN SENATO si parte presto, dopo la discussione di martedì a cui aveva assistito anche Grillo. Assenti tutti gli ex M5S. Il filo rosso della mattinata è il duello tra il presidente dell’aula Pietro Grasso e i 5 Stelle. Il capogruppo di M5S, Maurizio Buccarella, chiede tempo per l’illustrazione di altri emendamenti. Grasso dice no: “Il tempo è esaurito”. Marco Scibona protesta: “Vado alle manifestazioni (No Tav, ndr) e mi manganellano, arrivo in aula e mi tagliano il tempo”. Michele Emiliano CHI ROMPE PAGA (ANCHE NEL PUBBLICO) Senatore Santangelo, non rompa il microfono, è danno erariale. Non era intenzionale? Lo so, altrimenti sarebbe danno aggravato “ Il senatore Cinque Stelle Crimi difende dal collega Malan le stampe di Berlusconi e Napolitano in aula LaPresse LO SCONTRO La norma passa con 191 sì, 31 no e 18 astenuti Il comportamento del gruppo M5S viene ”deplorato” da Palazzo Madama Grasso non arretra: “Se i suoi colleghi avessero contenuto i loro interventi avrebbe potuto parlare”. Tocca ad Alberto Airola. Dal Pd rumoreggiano, lui replica: “Sono quelli che ci danno dei fascisti”. Il presidente gli toglie la parola, e il grillino reagisce: “Questa è la democrazia sua e del suo partito”. L’ex capogruppo Vincenzo Santangelo stacca il microfono dal supporto. Grasso scherza: “Non lo rompa, è danno erariale”. Risate. Santangelo: “Non è stato intenzionale”. L’ex procuratore: “Lo so, altrimenti sarebbe danneggiamento aggravato”. Poi precisa: “Era una battuta per sdrammatizzare”. Il Senato boccia emendamenti in serie, M5S polemizza ancora. Vito Petrocelli: “Nell’ottica di armonizzare i tempi l’ultima parola spetta alla presidenza?”. Grasso: “Hanno deciso i capigruppo”. Dichiarazioni di voto. Peppe De Cristofaro (Sel) ammette: “Il provvedimento poteva essere migliore”. Accusa i 5 Stelle di “propaganda becera”. Proteste, liti. Un leghista contro una grillina: “Zitta scimmia”. Grasso si scusa con la scolaresca in tribuna. De Cristofaro chiosa: “Il tentativo di prendere voti in più non si ferma neppure davanti alla Shoah”. Chiaro riferimento al post di Grillo. DAI BANCHI M5S applausi e “ciao” ironici. Airola e Santangelo urlano senza sosta. Grasso minaccia “provvedimenti”, anche a gesti. I grillini lo sfidano: “Buttaci fuori”. Grasso risponde con due censure. Santangelo non si placa, il presidente lo espelle. Dai 5 Stelle il coro: “Fuori la mafia dallo Stato”. Viene espulso anche Airola. Irrompe Lucio Barani, storico craxiano, ora in Gal: “Non vorrei che in quest’aula si urlasse perché circolano sostanze tossiche, chi urla venga con me in laboratorio”. Caos. Grasso prova a contenerlo ma Barani non si frena, definisce Craxi “uno dei più grandi statisti”. Dai 5 Stelle, un classico: “Tutti a casa”. L’ex pm riprende A PROPOSITO DI QUOTE ROSA Senatrice Lezzi, non vorrei usare la parità di genere anche per le espulsioni. Senatrice Taverna, lasci finire “ CHI ROMPE PAGA, PARTE SECONDA Senatore Puglia, la prego di non trascendere in atti violenti sul banco “ CARTELLINI DATI E PROMESSI Senatore Santangelo, se le dico di tacere lei deve tacere. Vada fuori. Se continuate a disturbare così dovrò espellere tutto il gruppo “ Barbara Lezzi: “Non vorrei usare la parità di genere per le espulsioni”. A Sergio Puglia: “La prego di non trascendere in atti violenti sul banco”. Grasso arriva a minacciare “l’espulsione di tutto il gruppo”. Intanto la Lega si astiene: “La pena doveva rimanere quella della prima formulazione”. La dichiarazione di voto per M5S la fa Mario Giarrusso: “Volete ridurre le pene dopo un accordo tra il premier e un ex senatore che abbiamo cacciato (Berlusconi, ndr). Avevamo una norma che metteva paura alla mafia e ai suoi sodali, presenti anche in quest’aula...” Gli urlano: “Fai i nomi”. Lui prosegue: “Questa norma va approvata perché qualcuno deve fare un nuovo patto con la mafia prima delle elezioni”. Il Pd insorge, Giarrusso va avanti: “Perché il nostro presidente (Napolitano, ndr) è andato a Catania e ha tenuto fuori dalle cerimonie il procuratore della Repubblica? A noi risulta che abbia incontrato Tinebra (Giovanni, procuratore generale di Catania, ndr)”. I 5 Stelle mostrano fogli con le facce di Berlusconi e Napolitano e un fotomontaggio che ritrae un incrocio tra Renzi e Berlusconi: sotto, la scritta “i padrini del voto di scambio”. I commessi corrono a strapparli assieme al questore Lucio Malan (Fi), Grasso sospende la seduta. Franco Mirabelli (Pd): “Nulla vieta a nessuno di noi di ritenere che sarebbe stato più giusta la pena tra i 7 e i 12 anni, e di correggere questo con una leggina”. Poco dopo le 12 di vota. Il nuovo 416 ter sarà legge. M5S lavora già a un emendamento in un prossimo ddl per inasprire le pene. Il civatiano Felice Casson assicura il suo appoggio (“lavoro a un testo sullo stesso punto”). In serata l’ufficio di presidenza del Senato “deplora” il comportamento dei 5 Stelle. Accordo al ribasso “Norma sbagliata, ma Pd costretto a stare con B.” di Enrico Fierro ono contento che la norma sia stata approvata e coS struita per essere applicata, ma mi fermo qui, perché il resto non mi piace proprio”. Voto di scambio, parla Michele Emiliano, sindaco di Bari e leader molto “eretico” del Pd. do in cambio vantaggi al boss di turno. La penso esattamente come il senatore Casson... Suo compagno di partito e con un passato da magistrato come lei. Appunto, io come Felice so cos’è la mafia, cono- Sindaco, cosa non le piace? Vorrei capire come sia stato possibile che per una norma che ha sempre avuto il minimo edittale del 416 bis, il reato di associazione mafiosa, alla fine le pene siano state drasticamente ridotte. Questo è il punto che non mi trova d’accordo, considerare più grave il comportamento di chi prende parte a una cosca mafiosa rispetto al politico che chiede voti offren- Michele Emiliano Ansa sco le dinamiche e la composizione sociale delle cosche. Spesso chi aderisce a una consorteria mafiosa lo fa per paura, per una forma di assoggettamento o adesione a una certa cultura, parlo ovviamente dei peones. Quando ho proposto di togliere i figli ai boss, in molti si sono scandalizzati, ma quella mia proposta parte dalla necessità di tagliare alla radice uno dei punti di forza delle varie mafie, che è quello dell’affiliazione o della trasmissione per via ereditaria del potere. Dicevamo dei politici che baciano le mani per i voti. Un politico è un uomo che non ha condizionamenti culturali o territoriali che lo spingo- no nelle braccia del boss. Non deve e non può averli, e quando chiede i voti a un mafioso compie un delitto gravissimo, la sua azione mette in crisi le istituzioni, inquina la democrazia, la uccide. Un sindaco che si fa eleggere con voti mafiosi sa che da quel momento la libertà della sua città è compromessa, che dovrà soddisfare non più il bene comune, ma gli interessi dei mafiosi. Per questa ragione dico che la norma approvata è criminologicamente sbagliata. Sindaco Emiliano, nel suo partito in pochi la pensano così, se vuole le leggo le dichiarazioni entusiastiche di molti dirigenti. La prego, li conosco bene i facili entusiasmi. Quindi è d’accordo che la norma approvata è viziata da un patteggiamento al ribasso? Parliamo di fatti incontestabili: quando il ddl è stato approvato in Senato con i voti del Pd, la pena era fissata da un minimo di 7 a un massimo di 12 anni, l’unica opposizione fu quella di Forza Italia: è un dato oggettivo. Si poteva fare di più e meglio? Certo, se deputati e senatori M5S si fossero comportati diversamente il Pd non sarebbe stato costretto a patteggiare con Forza Italia. Cosa che sarete costretti a fare per i prossimi mesi. No, è molto difficile, direi quasi impossibile. Chi sarà il nostro interlocutore all’interno di Forza Italia? Non lo so, il partito è diretto da Berlusconi, un pregiudicato in esecuzione di pena non può essere un interlocutore politico. Come fa il premier a incontrarlo, con chi si discute di riforma delle istituzioni? Con un pregiudicato ai servizi sociali. Per queste ragioni da mesi mi sono assunto un compito ingrato, convincere i Cinque Stelle a essere dentro un percorso costituente, ad aiutarci a cambiare questo Paese. Certo, anche con il compromesso politico. Avevo chiesto a Di Battista di prendere i progetti di legge del MoVimento e di discuterne con Renzi. Zero, Di Battista non si è fatto più sentire. Quindi? Non sto in maniera serena sulle posizioni del Pd e, diciamolo, rompo le scatole ai Cinquestelle. Pazienza, assumo il rischio, l’importante è mantenere la connessione tra linea politica e coscienza individuale. 4 CHE PENA GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 Napoli: prorogata l’inchiesta sui senatori venduti L’INDAGINE a carico di Silvio Berlusconi per la compravendita di senatori, tra cui Sergio De Gregorio è ancora in corso. È quanto emerge dagli atti depositati ieri dal pubblico ministero Henry John Woodcock al Tribunale di Napoli. In questo procedimento, l’ex Cavaliere è accusato di corruzione (per questa accusa il processo è già approdato in dibattimento) e per un presunto finanziamento il- il Fatto Quotidiano lecito dei partiti. Per questa seconda ipotesi di reato il pm ha chiesto al gip la proroga delle indagini. La procura chiede quindi altro tempo per approfondire la questione dei finanziamenti erogati negli anni scorsi al Movimento Italiani nel Mondo, che fa riferimento all’ex senatore De Gregorio. Per esaminare la nuova documentazione depositata dalla procura, è slittata la testimonianza del capitano del- la Guardia di Finanza, Sebastiano Di Giovanni. Su richiesta degli avvocati di Berlusconi e Valter Lavitola, la prossima udienza è stata rinviata al prossimo 7 maggio. Ieri il Csm ha “assolto” Nicola Russo, il presidente del collegio che giudicherà Berlusconi a Napoli. Il procedimento era stato aperto perché Russo, prima di diventare magistrato, aveva aderito a un comitato di sostegno a Romano Prodi. Nuovo guaio per B.: andare ai talk-show con i pregiudicati FREQUENTARE STUDI TELEVISIVI CON POLITICI E GIORNALISTI CONDANNATI POTREBBE SPEDIRE AI DOMICILIARI L’EX PREMIER di Chiara Paolin uando il Tribunale di Milano ha deciso di concedere a Silvio Berlusconi la pena alternativa, cioè l’affidamento ai servizi sociali, lo ha automaticamente inserito in un percorso da soggetto redimendo. Un viaggio rieducativo che prevede condizioni accessorie piuttosto interessanti se a muoversi è un imprenditore multimilionario nonché politico con tanto di nome piazzato nel simbolo di partito in disperata rincorsa alle prossime elezioni europee. Q PER ESEMPIO, il condannato non costretto a vivere chiuso in casa ma libero di andarsene dove ha i propri interessi – secondo quanto concesso dalle autorità – deve mantenere un comportamento specchiato, e abbandonare le cattive abitudini del passato. In concreto: non può assolutamente frequentare persone condannate per reati penali in via definitiva, altrimenti il tribunale di sorveglianza interviene e revoca subito la misura leggera per passare a quella più pesante, ovvero gli arresti domiciliari. Il problema è dunque che alla blanda costrizione materiale del leader (mezza giornata con gli anziani a settimana, e poi tre giorni a Roma per seguire gli affari correnti) dovrebbe corrispondere un imperioso ritorno d’immagine fatto di ospitate, interviste, show. A tirare la carretta di Forza Italia in Europa deve pensarci ancora una volta il Cavaliere in carne e ossa, ma ogni passo andrà studiato con cura per evitare qualsivoglia irritazione dei controllori milanesi: niente attacchi ai giudici, e frequentazioni esemplari. Tg e talk-show non aspettano altro: quando potrà tornare in studio Silvio? Come garantirgli una vera agibilità televisiva a consolidamento di quella politica? Il primo limite sta negli orari, perché Berlusconi deve VIDEO HOT Regole etiche molto severe alla Rai La Corte di Strasburgo: niente sospensione della pena in vista delle elezioni europee rientrare a casa entro le 23. Certo tra registrazioni anticipate e collegamenti dal salotto di casa si può trovare la soluzione più adatta. Poi ci sarebbe la questione del pregiudicato che non può frequentarne altri, e lì l’affare si complica perché diversi habituè televisivi hanno sulle spalle una condanna in Cassazione. Per dire: un amarcord con Gianni De Michelis e Paolo Cirino Pomicino? Azzardato dimostrare che il congresso funga da raduno criminale, eppure formalmente l’incontro è poco auspicabile. Le provocazioni di Vittorio Sgarbi o Umberto Bossi per scaldare il vecchio leone? L’amore di polemica dovrebbe sanare il vulnus tecnico-giuridico, eppure qualche pignolo potrebbe bussare agli uffici milanesi per far notare la scarsa correttezza della procedura. Oltretutto, per la Rai valgono regole più severe. Il Codice etico, le linee guida e tutto il corollario di norme che sovrintendono alla qualità del servizio pubblico impongono particolarissime cautele sulla presenza di soggetti dalla fedina penale sporca. Nei meandri dei regolamenti c’è chi giura vigente una leggina per cui i Silvio Berlusconi seduto sulle classiche poltrone bianche di Porta a Porta Ansa pregiudicati non dovrebbero proprio mettere piede tra Saxa Rubra e dintorni. Bruno Vespa non ci vuole neanche pensare: “Mi pare prematuro fare questi calcoli, o almeno io ancora non so che dire. Ignoro regole e dettagli, vedremo più avanti”. IL DETTAGLIO È CHE anche i giornalisti sono spesso colpiti da sentenze definitive. Per questo a Berlusconi è teoricamente vietato il colloquio con i suoi direttori presenti e passati: Alessandro Sallusti (Il Giornale), Giorgio Mulè (Panorama) e Maurizio Belpietro (ex di entrambe le testate). Per dirla tutta, lo stesso Vespa ha una condanna per diffamazione vergata dalla Cassazione. E far arrabbiare i magistrati prendendo alla leggera i vincoli di legge sarebbe una mossa azzardata: specie da ieri, quando la Corte di Strasburgo ha rigettato la richiesta di sospensione della pena da qui al 25 maggio. Le Europee, Silvio, dovrà farle in tivù. TRA GLI ANZIANI “Rieducarlo? Un paradosso” di Silvia D’Onghia farsi trovare pronto, al servizio degli anziani della “Sacra famiglia”, erlusconi è come una persona perché qualora venga beccato ansocialmente fragile, che va seche solo a raccontare una barzelguita, supportata e, infine, certifiletta contro i “giudici mafiosi” pocata. L’istituto dell’affidamento in trebbe scattare la relazione negaprova al servizio sociale, introdottiva al Tribunale di sorveglianza. to in Italia nel 1975 con la riforma L’Ufficio per l’esecuzione penale del sistema penitenziario e via via esterna, di cui fanno parte gli asmodificato – con la Legge Gozzini, sistenti sociali, ha a disposizione poi con alcune sentenze della Cordell’“affidato” anche un gruppo di te costituzionale, infine con la repsicologi. Qualora Berlusconi sencente normativa sulla “messa in tisse il bisogno di parlare, saprebbe prova” – è stato maggiormente utia chi rivolgersi. “L’attività di tipo lizzato finora per le categorie di riparativo – spiega al Fatto il diretsoggetti più deboli, coloro che hantore dell’Ufficio per l’esecuzione no alle spalle una dipenale esterna di Bari, pendenza o una situaVincenzo Petralla – dizione familiare disapende dalla risonanza strata. Perché è esseninteriore che questa atzialmente per loro che tività ha nella persona. si ipotizza una “rieduDi solito si tratta di cazione”. Certo, scrive soggetti con difficoltà il Tribunale, “può svoldi inserimento, per cui gere una funzione rieli si supporta nella riducativa anche qualora cerca di lavoro o nella la persona sia perfettasoluzione di situazioni mente inserita socialfamiliari complicate”. mente e laddove anzi il Chissà che non sia quecondannato sia stato sto il caso. capace di influenzare Al termine del suo perl’ambiente in direzione corso di “prova”, l’asincompatibile con le sistente sociale dovrà regole del diritto”. Ma scrivere una dettagliata appare comunque “pa- SBARRE VIRTUALI Il centro anziani di Cesano relazione sul percorso radossale – sostiene il Boscone dove l’ex premier espierà la sua colpa LaPresse compiuto dall’ex pre- B costituzionalista Massimiliano Della Torre, ex dirigente dell’ufficio del Difensore civico della Lombardia – ipotizzare che una persona che ha elevato il delitto a suo stile di vita possa essere rieducata. Anzi, gli individui abituati a truffare approfittano degli istituti di civiltà per farsi gli affari propri”. Silvio Berlusconi sarà dunque supportato nel suo percorso – individualizzato, come prevede la legge – da un assistente sociale, che potrà decidere di fargli visite programmate e scadenzate nel tempo oppure anche improvvisate. Dovrà mier. Se questo sarà ritenuto insoddisfacente, se la sua condotta non sarà stata consona, allora il magistrato di sorveglianza potrà decidere di revocare l’affidamento e far scontare al detenuto la pena agli arresti domiciliari. Come a dire: hai provato a rieducarti, ma non ci sei riuscito, quindi devi scontare in altro modo la tua pena. TRADIMENTI Il fido Zangrillo: “Lorenzin mi fai schifo” IL MEDICO DEL CAVALIERE INSULTA IL MINISTRO INTERVISTATA A BALLARÒ è un uomo che soffre, e molto, nel vedere Silvio rieducato alle durezze C’ della vecchiaia mentre c’è chi, grazie alla generosità del Cavaliere, se la gode da pazzi rinnegando il sogno bello di Forza Italia. Quest’uomo si chiama Michele Zangrillo, è il medico prediletto di Berlusconi, quello che gli ha pronosticato almeno 90 anni di vita e certificato l’uveite nei giorni in cui i giudici di Milano volevano parlare di Ruby. Ebbene, l’anestesista che sta a capo della Terapia Intensiva del San Raffaele di Milano proprio non ce la fa a tacere quando la sera, in tivù, compare Beatrice Lorenzin, ministro della Salute di genesi berlusconiana e fede alfaniana, che conciona sui miracoli di governo a Ballarò. “Aò c’avemo ‘a copertura dei 80 euri” twitta Zangrillo facendo il verso al ministro. AgZangrillo Ansa giungendo: “La Sanità sarebbe il tuo mondo? Studia, presentati agli esami, discuti una tesi, non parlare in romanesco e soprattutto: lavora!”. PAROLINE POCO DOLCI ma perfettamen- “RITENGO che quest’ultimo para- dosso sia l’esito coerente di un ventennio di paradossi – prosegue il professor Della Torre –. Uno dei tanti? Con lui abbiamo dato una spallata alla nostra organizzazione democratica basata sulla forma partito, quando sono stati inseriti i nomi dei leader delle coalizioni nei simboli elettorali. Ci sarebbe voluto un lavoro di lunga lena per smontare in 5 minuti 20 anni di vicende che si sono stampate nella mente delle persone. Diciamo che mi sarei stupito se ci fosse stata una decisione più coerente e sensata”. Qualcuno dice che è stato scelto così per permettergli di fare la campagna elettorale. Oppure è stata un’estrema cattiveria per lui, 77 anni, costretto a spingere le carrozzelle di coetanei? “L’estrema cattiveria è stata fatta a quelle persone che lui dovrà portare in giro per il giardino...”. te in linea con i giudizi espressi qualche cinguettio prima contro i famosi traditori, le creature forgiate da Berlusconi e poi passate nelle fila Ncd. Per esempio, quando Angelino annuncia dal suo primo congresso “Abbiamo osato fare ciò che era inimmaginabile fare”, @zangrillo risponde: “Agli italiani non risulta che per tradire ci voglia coraggio”. Tiè, doppio tiè, e sbocco di bile: “Con l’acquisto di Bonaiuti l’Ncd fa davvero paura!”. Insomma, è dura la vita di chi difende il capo oltre ogni sentenza giudiziaria e politica, con puro spirito di fedeltà. Un moto di orgoglio che arriva ai limiti dell’autolesionismo quando il professor Zangrillo, sfrucugliato dagli ultimi sorrisoni della Lorenzin, lancia un ultimo messaggio notturno: “Lorenzin, abbi il coraggio di espellermi dal Consiglio Superiore di Sanità. Starci insieme a te mi fa schifo”. Pensare che solo sei mesi fa Beatrice nominò Michele in nome dei “requisiti di altissima professionalità e competenze maturate”. Twitter@chiarapaolin ALL’ITALIANA il Fatto Quotidiano Gasparri a processo I pm: “presi 600 mila euro dal Pdl” MAURIZIO GASPARRI è stato rinviato a giudizio dal gup di Roma per peculato. A indagarlo, i pm Nello Rossi e Alberto Pioletti. Secondo i magistrati romani Gasparri “quale senatore e presidente del gruppo parlamentare Pdl” intestatario del conto del gruppo “si appropriava di 600 mila euro uti- GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 lizzandoli il 22 marzo 2012 per l’acquisto di una polizza a lui intestata, avente quale durata la sua intera vita e i cui beneficiari, in caso di morte dell’assicurato, erano i suoi eredi legittimi”. Il politico ha poi “proceduto al riscatto anticipato della polizza, il 1 febbraio 2013 (liquidata in 610,697,28 euro) e 5 alla restituzione della somma di 600 mila euro al gruppo Pdl Senato con due bonifici di 300 mila ciascuno, rispettivamente in data 20 febbraio 2013 e 12 marzo 2013 a seguito di specifiche richieste della direzione amministrativa del gruppo”. Gasparri ha respinto ogni accusa. FERMATE LE CIMICI IL POTERE A TAVOLA NON SI INTERCETTA I PM ROMANI ORDINANO AL CAPO DELLA SQUADRA MOBILE DI BLOCCARE GLI ASCOLTI NEL RISTORANTE IN CUI IL FRATELLO DI DELL’UTRI HA SVELATO IL PIANO DI FUGA DELL’EX SENATORE L’ingresso del ristorante Assunta Madre; accanto, Giuseppe Pignatone Ansa di Marco Lillo e Valeria Pacelli uella cimice nel privé di Assunta Madre, piazzata per indagare sul patron del ristorante, registrava troppi colloqui riservati. Non solo quello nel quale si progettava la fuga in Libano che è costato l’arresto a Marcello dell’Utri a Beirut. Ma, secondo l’anticipazione di ieri del settimanale Panorama in edicola, anche le confidenze di un grande imprenditore che si vantava di avere stoppato addirittura gli arresti di un’indagine grazie ai suoi amici in magistratura. Poco dopo avere inciso le registrazioni imbarazzanti per Dell’Utri e per i magistrati, la Procura di Roma ha ordinato alla cimice di tapparsi le orecchie quando captava confidenze estranee al focus dell'inchiesta sul ristoratore Gianni Micalusi. Q LA PROCURA sminuisce, spiega e circoscrive ma la notizia è destinata a fare clamore e soprattutto a ridestare il panico tra i frequentatori del locale nei mesi passati. Ora le cimici non ci sono più ma sono in tanti a chiedersi se ci sia anche la loro voce nella compilation incisa sul cd dalla Squadra Mobile di Roma. Gli uomini più ricchi e potenti sceglievano il ristorante in via Giulia per il pesce di Johnny, alias Gianni Micalusi, per la polvere di stelle che si respirava tra vongole e gamberoni, ma anche per la riservatezza. Sul sito del ristorante ci sono le fotografie di Johnny Micalusi sorridente con Belen e Al Pacino, Giorgio Armani e Woody Allen più altre decine di vip. Non manca la cartolina con la foto di Silvio Berlusconi. Ma lui almeno è fuori dal periodo a rischio: è stato da Johnny il 15 maggio del 2012 quando la cimice non c’era. Tutti gli altri, palazzinari e politici, attori e registi, giocatori e presidenti di squadre di calcio, tremano. Amavano sussurrare i loro segreti nel privé di Assunta Madre, studiato per accogliere i suoi ospiti esclusivi - si legge sul sito dello studio Kion che lo ha progettato - come all’interno di uno yacht. La boiserie su misura è l’elemento centrale del progetto, riveste le pareti e rende caldo e accogliente l’ambiente, mettendo in evidenza l’importante cantina del ristorante” e nascondendo, viene da dire oggi, l’apparato invisibile che ora fa disperare i potenti di Roma. Panorama scrive che dopo otto mesi di intercettazioni ambientali al ristorante romano per l’inchiesta di riciclaggio sul titolare Gianni Micalusi, la procura di Roma ha sentito l’esigenza di mettere un tetto al raccolto delle microspie. Il 20 novembre scorso il sostituto procuratore Francesco Mìnisci e il procuratore Giuseppe Pignato- TUTTI INSIEME L’Assunta Madre è frequentato da politici, imprenditori e attori. Qui un imprenditore avrebbe parlato dei suoi rapporti con i magistrati ne scrivono al capo della squadra mobile di Roma, Renato Cortese, un ordine chiaro: “Questa squadra mobile non procederà alla registrazione dei colloqui che si collocano certamente in ambito diverso da quello delineato dal gip, avendo cura di sospendere le attività tecniche relative a quei colloqui”. Appena 12 giorni prima, l’8 novembre 2013 Alberto Dell’Utri, fratello gemello dell’ex senatore di Forza Italia, e l’imprenditore Vincenzo Mancuso avevano discusso insieme della possibilità di fuga in Guinea Bissau o in Libano. Ma ci sarebbe un’altra conversazione che, secondo Panorama “avrebbe messo in allarme gli inquirenti perché riguarderebbe i discorsi di un notissimo imprenditore romano il quale, durante una cena, avrebbe detto ai suoi commensali di aver fatto pressioni su alcuni magistrati della Capitale per evitare una serie di arresti” con tanto di “nomi e cognomi e chiari riferimenti ad una determinata indagine” ovviamente segretissima. Le illazioni sul perché i pm romani avrebbero limitato gli ascolti proprio dopo avere captato le parole imbarazzanti per la ma- gistratura sono rimbalzate sui siti internet. In serata il capo della Procura di Roma Giuseppe Pignatone ha replicato con un comunicato. L’invito alla squadra mobile a non registrare i colloqui ‘extra’ sarebbe farina del sacco del Gip. Pignatone afferma che “il giudice per le indagini preliminari di Roma, nell’autorizzare l’attività di intercettazione all’interno di una saletta riservata del ristorante Assunta Madre ha correttamente posto precisi limiti per evitare che venissero intercettate le conversazioni di soggetti del tutto estranei al contesto investigativo, semplici frequentatori del locale”. “La Procura della Repubblica prosegue la nota - poco dopo l'avvio delle intercettazioni ha invitato, con nota del 20 novembre 2013, la Squadra Mobile al rispetto dei limiti posti dal gip, anche sospendendo, dandone peraltro atto, le 'attività tecniche relative a quei colloqui che, a fronte di un iniziale verosimile interesse per le indagi- ni, risultino estranee alle stesse e all’ambito del provvedimento del gip”. Ma chi è l'imprenditore che vanta il suo potere di stoppare gli arresti? Sono tanti i nomi circolati ieri da quello di un costruttore potente a quello di un nome importante anche nel mondo dello sport a quello di un ras del settore ambientale. Il procuratore Pignatone lascia intendere che, se la conversazione svelata da Panorama esiste, non è detto che venga distrutta come le altre irrilevanti. “Le indagini - conclude Pignatone sono ancora in corso e la Squadra Mobile deve ancora riferire compiutamente gli esiti”. fatto a mano BOTTE DI FERRO Marcello, i trucchi e la rete libanese per salvarsi ancora di Sandra Amurri olo dopo quattro giorni di detenzione nella foresteria S della Caserma di Polizia di Beirut, Marcello Dell’Utri per “ragioni umanitarie” è stato trasferito nell’ospedale privato convenzionato con lo Stato Al Hayat che in libanese vuol dire vita. Sulla base del referto del cardiologo il procuratore generale ha decretato incompatibili con la detenzione le sue condizioni di salute che necessitano di monitoraggio continuo. Nell’ospedale, dove Dell’Utri è piantonato, lo ha incontrato il collega Francesco Viviano (Re- PROBLEMI DI SALUTE È stato ricoverato in un ospedale privato Mentre tentavano di avvicinarlo, due giornalisti italiani sono stati fermati dalla polizia pubblica) che quando ha tentato di fotografarlo è stato fermato dalla polizia (insieme a Giuseppe Guastella del Corriere). “Era molto affaticato - ha raccontato Francesco Viviano - indossava una tuta marrone, aveva la barba lunga e le manette ai polsi”. Quali sviluppi potrebbe avere la vicenda? Per capirlo è bene sapere chi è e quanto conta l’uomo che secondo il gemello dell’ex senatore gli avrebbe garantito protezione. Il suo nome è Saad Hariri, figlio dell’ex Primo ministro libanese Rafiq assassinato, leader di “Movimento Futuro”, anche lui è stato premier negli anni in cui lo fu Berlusconi. Hariri, che vive tra Parigi e l’Arabia Saudita, secondo Forbes è il 522° uomo più ricco del mondo con un patrimonio di 1,4 miliardi di dollari, presidente della Commissione Esecutiva di Oger Telecom che gestisce le telecomunicazioni in Africa, della Omnia Holdings, siede nel cda della Oger International Entreprise de Travaux Internationaux. Hariri, come ci conferma uno dei rappresentanti del suo movimento a Roma, a fine marzo, proprio mentre Dell’Utri preparava la sua fuga in Libano, si è recato in visita privata nella capitale. Ma su chi ha incontrato all’hotel Parco dei Principi bocche cucite. Nel governo libanese Hariri ha i suoi uomini: il Primo Ministro Tamam Salam e il Ministro della Giustizia, Nuhad Al Masch Nuc, deputato del suo stesso partito, proprio quelli ai quali spetterà dire l’ultima parola sulla richiesta di estradizione di Dell’Utri dopo quella del Procuratore generale Samir Hammoud, che, come tutti i magistrati più alti in carica, è una nomina politica e risponde al Ministro della Giustizia. Anche la scelta di Dell’Utri di farsi difendere da Nasser Al Khalil, musulmano sunnita come Saad Hariri, non suona casuale. Se la richiesta di estradizione, come sancito dall’accordo bilaterale tra Italia e Libano del 1975, non dovesse arrivare entro 30 giorni, quindi entro il 12 maggio (Dell’Utri è stato arrestato il 12 aprile) ,scadrebbe la custodia cautelare provvisoria della durata di un mese e di conseguenza anche l’estradizione non potrebbe più essere richiesta. INTANTO dal Libano arriva la richiesta che tutti gli atti a corredo per l’estradizione, migliaia di pagine della storia processuale, siano tradotti in arabo. Il ministero della Giustizia italiana risponde di non aver ricevuto alcuna richiesta in tal senso, che il trattato Italia-Libano prevede invece la traduzione in francese e assicura che tutto perverrà, ben prima del termine di scadenza. E aggiunge che se la Cassazione confermerà la sentenza di Appello, il Ministero sarà pronto ad inoltrare immediatamente la domanda di estradizione a fini esecutivi. Ma tutto si gioca sul filo del rasoio. L’udienza è stata fissata per venerdì 12 maggio ma la sentenza potrebbe slittare a lunedì 12, quando scadrebbe l’arresto provvisorio. E anche fosse di condanna e venisse emessa in tempo, i difensori potrebbero appellarsi al fatto che il reato di “concorso esterno in associazione mafiosa” in Libano non esiste, o potrebbero invocare l’art. 17 del trattato che esclude l’estradizione per i reati politici. Insomma, i giochi sono aperti e le carte infinite. Il tempo e la disponibilità che sarebbe stata garantita da Saad Hariri, giocano a favore del braccio destro di Berlusconi che potrebbe tornare ad essere un libero cittadino in Libano dove avrebbe già potuto aver messo al sicuro ciò che gli servirebbe per vivere serenamente il tempo che verrà, in uno dei tanti conti cifrati di quello che, nonostante non faccia parte della black-list è, di fatto, un paradiso fiscale. 6 CHE LISTE GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 Con i Verdi in corsa Syusy Blady e l’ex An Granata di Enrico Fierro scenti alla ricerca di una riconferma. Tanti nani e qualche ballerina, eterni tromboni di prime, seconde e terze repubbliche, pronti a sfidare gli ultimi scampoli di pazienza dell’elettorato. Indagati, condannati, inquisiti. L’Italia corre per l’Europa, il vecchio avanza deciso, la rottamazione può attendere. Alle otto della sera di ieri i partiti hanno presentato le loro liste. Alla faccia degli impegni di governo e delle urgenze del Paese, corrono ministri e sottosegretari di Matteo Renzi. Beatrice Lorenzin, archivia per la campagna elettorale i problemi della salute degli italiani e scende in campo Ncd-Udc, sarà capolista nella circoscrizione Centro. Con lei i sottosegretari Domenico Rossi e Gabriele Toccafondi. Stefania Giannini, ministra della Pubblica istruzione, corre invece per Scelta europea. Per la serie a volte ritornano, Ncd candida Carlo Casini, già parlamentare europeo per la Democrazia cristiana e soprattutto pasdaran del Movimento per la vita. U CI SONO anche i Green Italia Verdi Europei e capolista nel nord-est è la conduttrice televisiva Syusy Blady (famosa per le trasmissioni Turisti e Velisti per caso con Patrizio Roversi): è alla sua prima esperienza politica, e “ intende portare a Bruxelles tutto il suo bagaglio di esperienze e impegno in favore della biodi- il Fatto Quotidiano zione delle isole il capolista è Fabio Granata, ex Alleanza nazionale e Futuro e libertà. Sono poi presenti rappresentanti autorevoli dell’ambientalismo italiano, come Luana Zanella, Monica Frassoni, Angelo Bonelli, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, Marco Boato. versità”. A capeggiare le circoscrizioni nord-ovest e centro sono due volti giovani, Oliviero Alotto e Annalisa Corrado. Al sud capolista è Vincenzo Fornaro, allevatore, tra i simboli della battaglia per liberare Taranto dalla diossina, che con la sua denuncia ha dato il via alle indagini della Procura di Taranto. Nella circoscri- EURO -DINOSAURI NCD SCEGLIE SCOPELLITI FORZA ITALIA MICCICHÉ SANTINI Anche il discusso guru Davide Vannoni è candidato. Mastella corre per Forza Italia. Alemanno, secondo i manifesti, è candidato in Abbruzzo, con due “b” STRASBURGO RIFIUTA ANCORA LA CANDIDATURA DEL CAIMANO MA IMPRESENTABILI E INDAGATI NON MANCANO. A DESTRA RECUPERATO ANCHE MASTELLA. NEL PD NIENTE ROTTAMAZIONE delinquere, per vecchi affari legati alla defunta Udeur, non lo preoccupa. Anche Alessandra Mussolini, smaltita l’amarezza per la vicenda marito-baby escort, è della partita. Sarà candidata nella circoscrizione Centro e Ciccio Storace ringrazia felice come una Pasqua. Licia Ronzulli e Barbara Matera sono candidate nonostante i vecchi maldipancia di Veronica Lario. E un posto in lista conquista anche Paolo Guzzanti, giornalista e scrittore ma soprattutto artefice della sfortunata commissione Mitrokin. Non lo volevano in lista ma lui ha insistito e l’ha sfangata. Mentre rientra alla casa madre la fronda cosentiniana di Forza Campania: non presenteranno liste autonome. AVANZA il vecchio e il Pd? Ad- YLENIA CITINO Assidua frequentatrice del programma tv “Uomini e donne” è con i berluscones E rientra la fronda di Forza Campania dio rottamazione, in ballo ci sono i voti. Così nella circoscrizione Sud, fatta salva la copertura della giovane Pina Picierno indicata capolista, si trovano capielettori e padroni dei pacchetti di voto. Andrea Cozzolino (europarlamentare uscente) c’è, nonostante lo scandalo delle primarie fasulle per le elezioni comunali a Napoli nel 2010. E c’è anche Gianni Pittella, erede di una delle dinastie politiche più potenti della Basilicata, e fratello del presidente della Regione. Rottamazione in soffitta anche per i candidati calabresi. C’è Mario Pirillo, eurodeputato uscente e star della satira poli- lusconi, capolista nel Nord-Ovest, o come Alessandro Cecchi Paone in lista nel Sud. Davide Vannoni, discusso guru del metodo Stamina, sarà in lista con “Io cambio”, mentre con Fratelli d’Italia tenta la rimonta l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno. Con lui ci sarà Fabrizio Bracconieri, “ragazzo della terza C” ed ex di Forum. Ci sarà da ridere. Tutti in Europa, vecchi tromboni e giovani virgulti alla ricerca di un posto al sole, inquisiti e condannati. Con loro l’Italia dovrà fermare l’insaziabile Merkel. UN ALTRO MINISTRO in corsa per il partito di Angelino Alfano è Maurizio Lupi, responsabile del dicastero delle Instrastrutture, capolista nel Nord-Ovest. Lupi è indagato per abuso d’ufficio per la nomina del presidente dell’Autorità portuale di Olbia. Ma non è il solo ad avere grattacapi con la giustizia. Capolista del suo partito nella circoscrizione Sud è Lorenzo Cesa, il segretario dell’Udc, indagato per finanziamento illecito nelle inchieste sul colosso Finmeccanica. Nella stessa lista scoppia il caso Giuseppe Scopelliti, il dimissionario governatore della Calabria condannato a sei anni per i bilanci truccati al Comune di Reggio. La sua candidatura è L’ex governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti (Ncd) e il siciliano Gianfranco Micciché (Forza Italia) Ansa arrivata all’ultimo minuto utile, il partito non lo voleva e alla fine lo ha inserito in lista ma dopo il sottosegretario Massimo Cassano, l’ex pupillo di De Mita Giuseppe Gargani, l’udc calabrese Gino Trematerra e finanche Angelo Cera. Quest’ultimo noto al gossip parlamentare per le sue gaffe in aula: “Siete esagitate, trovatevi un fidanzato”, disse alle deputate grilline coprendosi di ridicolo. Dalle liste Ncd-Udc scompare Ciriaco De Mita, europarlamentare uscente. Dicono che ripiegherà su una candidatura a sindaco di Nusco, il suo regno. PUNTA sui portatori di voti Forza Italia, nel giorno in cui Strasburgo rifiuta ancora la candidatura di Berlusconi. E allora a chi rivolgersi nella Sicilia dell’ormai preistorico 61 a 0 se non a Gianfranco Micciché? Sarà lui, una volta pupillo di Silvio, poi traditore, infine di nuovo sodale, il numero uno nelle Isole, subito dietro Innocenzo Leontini, deputato regionale siculo, al centro dello scandalo rimborsopoli e spese pazze. Premio di consolazione per gli isolani la candidata Ylenia Citino, assidua frequentatrice di Uomini e donne. Ad un altro pupillo i destini del Sud, Raffaele Fitto, sarà lui il numero uno seguito a ruota da un altro macinatore di voti sotto il Vesuvio. Si tratta di Fulvio Martusciello, assessore regionale alle attività produttive e da sempre consigliere regionale più votato. Ma il colpo da maestro dell’ex Cavaliere è Clemente Mastella, da tempo tornato insieme alla sua signora, Sandra Lonardo, sotto la bandiera azzurra. La mannaia di una accusa per associazione a tica su Youtube, con lui Mario Maiolo, ex democristiano e re delle preferenze. In Sicilia conquista un posto Michela Giuffrida, direttrice di Telecolor e fedelissima del ras dei media siculi, cavalier Mario Ciancio. Chi spera in un ritorno e chi in un seggio, come Giovanni Toti, giornalista e fedelissimo di Ber- “Uno dei Cosentino ci rassicurò dopo l’omicidio” IL PENTITO VARGAS: “AMMAZZAMMO VICINO UNA POMPA DI BENZINA DELLA FAMIGLIA, MARIO DISSE CHE LE TELECAMERE NON FUNZIONAVANO” di Vincenzo Iurillo Napoli orreva il marzo del 2009. A pistole ancora fumanti per il duC plice omicidio di Antonio Salzillo e Roberto Vargas. Un collaboratore di giustizia ritenuto attendibile dalla Dda di Napoli. Il particolare inedito emerge da un verbale del 14 gennaio 2012. Clemente Prisco, il clan dei Casalesi È UN VERBALE parzialmente ripreso aveva un timore. Le telecamere di tra le fonti di prova della recente orsorveglianza installate ad una pompa dinanza di misura cautelare per di benzina della famiglia Cosentino estorsione aggravata dal metodo mapotevano aver ripreso i killer in azio- fioso nei confronti di Nicola Cosenne. Ma uno dei fratelli di Nicola Co- tino e dei fratelli Giovanni e Antonio, sentino rassicurò l’emissario del accusati di aver costretto l’imprengruppo Schiavone che andò a chie- ditore Luigi Gallo a rinunciare a comdere informazioni sul punto: “Il Co- pletare il suo distributore lungo la sentino (Mario, fratello dell’ex par- Nola-Villa Literno, mentre i Cosenlamentare, ndr) fu molto disponibile e ci tranquillizzò spiegandoci che potevamo stare se- CASALESI E POLITICA reni poiché quelle te- È un verbale usato per l’ordinanza di misura lecamere non funziocautelare (estorsione aggravata da metodo navano”. A parlare è il pentito mafioso) per Nick O’ Mericano e i fratelli tino ne aprivano un altro ad appena 400 metri di distanza, sul territorio di Casal di Principe. Ordinanza che ieri è stata discussa all’ottava sezione del Tribunale del Riesame di Napoli, per il ricorso avanzato dai legali di Nicola Cosentino, Stefano Montone e Agostino De Caro. Gli avvocati puntano alla scarcerazione del loro cliente e intendono dimostrare che l’ex coordinatore del Pdl campano non ha avuto alcun ruolo nella vicenda. La Procura ha depositato nuovi atti. L’ex deputato ha assistito all’udienza dall’interno della gabbia. Nel verbale di due anni fa Vargas dice al pm Francesco Curcio di aver appreso da Vincenzo Cantiello, affiliato storico al clan, che la pompa di Gallo “non aveva mai aperto e che i lavori erano fermi perché Nicola Cosentino aveva bloccato l’iter burocratico …”. Poco prima, però, rivela un episodio – non citato nell’ordinanza cautelare a carico dei Cosentino – che, se accertato nelle sedi processuali, illuminerebbe di luce sinistra la confidenza delle relazioni tra il clan dei Casalesi e la famiglia dell’ex sottosegretario all’Economia. Vargas si riferisce all’assassinio di Salzillo, il nipote del boss Antonio Bardellino, e di Prisco, nipote alla lontana di Raffaele Cutolo. Salzillo, secondo le ricostruzioni investigative culminate nel 2012 in otto misure cautelari, venne ucciso su ordine di Nicola Schiavone, figlio di ‘Sandokan’ Francesco Schiavone. Prisco era con lui per caso e venne assassinato per sbaglio. VARGAS ricorda che l’agguato av- venne a Cancello Arnone nei pressi di due distributori aperti dalla famiglia Cosentino. “Temevamo che le tele- camere di queste due pompe di benzina avessero ripreso Massimo Russo, Laiso Crescenzo Vargas Pasquale e Morelli Carmine nel momento in cui venne teso l’agguato. Immediatamente inviammo Salvatore Caterino o Michele Ciervo, adesso non ricordo, presso Corrado Russo affinché si informasse tramite il cognato, fratello dell’onorevole Cosentino, se i carabinieri avevano acquisito il contenuto dei filmati ripresi dalle videocamere”. Mario Cosentino (Vargas dice: “mi riferisco a quello che ha sposato la sorella di Giuseppe e Massimo Russo”, ovvero Mario) fu “molto disponibile”. “Noi sapevamo per certo che i carabinieri avevano già controllato queste telecamere per cui eravamo ansiosi di sapere quali risultati aveva avuto questa attività investigativa. Il Cosentino in questione ci agevolò dicendoci che non avevamo nulla a temere”. BLUFF il Fatto Quotidiano Decreto droghe, per il piccolo spaccio niente più carcere LA FINI-GIOVANARDI bocciata dalla Consulta ritorna in misura attenuata nel progetto di legge sulle droghe. Ieri pomeriggio le commissioni riunite Affari sociali e Giustizia della Camera hanno approvato un emendamento proposto dal governo che evita il carcere per i casi di “piccolo spaccio” di droga. Nel quadro della di- GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 7 a un massimo di 4 anni (con una multa fra i 1.000 e i 10.00 euro), in modo da evitare il carcere nel caso di reati di “lieve entità”. A votare in maniera contraria M5S, mentre Sel si è astenuta. Bocciati invece in mattinata gli emendamenti che autorizzavano la coltivazione “casalinga” delle piante di cannabis per uso personale. scussione sul Dl “Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”, è stata infatti abbassata la pena da 1 a 6 anni di reclusione (con una multa da 3 mila a 26 mila euro), come precedentemente previsto, a 6 mesi fino Dopo l’Italicum, il Senato Slitta un’altra riforma TEMPI STRETTI, TENSIONI MOLTE: DIFFICILE CHE SI RIESCA A FARE, COME PROMESSO, LA PRIMA LETTURA IN AULA ENTRO IL 25 MAGGIO. E ARRIVA IL TESTO “MINZOLINI” di Wanda Marra obiettivo resta il sì dell’Aula di Palazzo Madama alla riforma del Senato entro il 25 maggio”. Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme, ieri la mette così. Un obiettivo, non più un dovere, un auspicio, non più una promessa. Alla faccia degli annunci “sparati” di Matteo Renzi. E della necessità elettorale: perché l’eliminazione di Palazzo Madama così come lo conosciamo ora è un provvedimento di cui il premier ha bisogno per poterselo giocare alle europee. Il punto è che non è certo di riuscire nell’intento. Le difficoltà, infatti, sono superlative: i tempi sono strettissimi, i numeri risicatissimi e le tensioni nella Camera Alta moltissime. Ieri, intanto, la Commissione Affari costituzionali ha respinto le pregiudiziali di incostituzionalità, presentate da Francesco Campanella per gli L’ ex grillini e da Vito Crimi per i pentastellati “doc”. Il primo voto sulle riforme. E siamo al 16 aprile. Anna Finocchiaro ha dato tempi strettissimi per l’esame, ma se c’è qualsiasi tipo di intoppo la riforma si incaglia. Ora è iniziata la maratona della discussione generale, a cui sono iscritti un centinaio di senatori, con tanto di seduta notturna ieri sera, che proseguirà per la settimana dopo Pasqua. L’esame del testo dovrebbe iniziare in Commissione il 29 aprile, passare al suo esame e ANTI-CASTA Il premier prepara un altro annuncio: fra i tagli di Palazzo Chigi dovrebbe esser prevista anche la riduzione del suo stipendio poi arrivare al voto dell’Aula. Teoricamente, ci si può riuscire. Praticamente è molto difficile. È vero che Forza Italia ha dimostrato tutte le intenzioni di rispettare l’accordo, ritirando ieri 50 dei suoi oltre 60 iscritti a parlare. Ma sulla sua tenuta i dubbi restano obbligati. Scontato l’ostruzionismo dei grillini. Tanto che i Dem cominciano a ragionare sul fatto che se alla fine i tempi rallentano si può dare la colpa a loro. Insomma, quando le cose si dovessero mettere male si potrà sempre addossare ai Cinque Stelle la volontà di far fallire le riforme. Sono 50 le proposte di legge (51 con quella del governo) e il 29 i relatori (Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli) dovranno presentare un testo base: presumibilmente quello del governo oppure un “testo unificato” che recepisca già qualche indicazione maggioritaria in Commissione. Posizioni divergenti: l’esecutivo vuole che si parta dal suo di testo e i relatori invece spingono per farne un altro. Nodo del contendere, ancora il Senato elettivo (per il quale si è espresso pure Calderoli), che Renzi esclude assolutamente. IL DISEGNO di legge di Vannino Chiti, che lo mantiene, ha raggiunto le 37 adesioni (21 del Pd, 12 ex M5s, 3 di Sel e 1 di Gal). Ed è arrivato anche un testo dei “malpancisti” di Forza Italia, guidati dall’ex direttore del Tg1, Augusto Minzolini. Anche loro propongono un Senato elettivo e tra le adesioni ci sono anche nomi di provata fede berlusconiana. La Boschi ieri in audizione in Commissione Affari Costituzionali alla Camera ha detto che il governo è aperto a “contributi migliorativi” del suo testo, per esempio sui 21 senatori di nomina quirinalizia, che potrebbero venire eliminati, ma ha ribadito i punti fermi, tra i quali il principio che il Senato sia composto da rap- Il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi Ansa presentanti delle Regioni senza indennità. E dunque, non eleggibili. Ce n’è abbastanza per aspettarsi guai e intoppi. Non a caso lo stesso Renzi ha lasciato trapelare che un sì anche solo in Commissione prima del 25 maggio potrebbe essere già un risultato. Un modo per mettere le mani avanti. Di annuncio in versione anti casta ne potrebbe arrivare un altro, allora: il governo sta lavorando ai tagli per Palazzo Chigi, che dovrebbero essere annunciati dopo il Cdm di domani (quello in cui dovrebbe essere fatto il taglio dell’Irpef). Il premier sta pensando di auto-ridursi lo stipendio. Un modo per dire, in fondo, che se il Parlamento non fa quello che deve, lui comincia da se stesso. L‘ANTICIPAZIONE di Matteo Pucciarelli e Giacomo Russo Spena ettimo piano, l’ultimo. Un S ufficio di una ventina di metri quadri, grande vetrata Tsipras: “Ho l’età di Renzi, ma lui non dà fastidio ai forti” crescere. che guarda sulla piazza del popolare e sgarrupato mente bisogno di mettere mano a un sistema che quartiere di Eleftherias, nel centro di Atene. Il non si reggeva più in piedi? Ammesso che sia vero, mi domando: a quale palazzo è di proprietà del partito, una struttura Personalmente sono convinto di una cosa: la ri- prezzo? L’avanzo primario ha portato il Paese al degli anni Settanta che se non fosse per i pc sulle cetta che ci ha imposto la leadership europea sarà disastro sociale. Non è sostenibile. (...) Il conscrivanie sembrerebbe ferma ad allora. Che insegnata nelle facoltà di Economia. E diranno: tenimento della spesa del programma degli inqualcosa sia cambiato lo capisci solo dai poli- “Avete visto come si sono mossi? Ecco, fate il vestimenti pubblici (...) ha di fatto rinviato la creziotti fuori dall’ingresso, sempre almeno in sei. contrario” (...) L’establishment ha risposto a una scita (...) Aumenta l’avanzo primario e con esso Sono la scorta di Alexis Tsipras. Ormai è un po- crisi di debito con l’austerità e la “svalutazione la povertà: adesso abbiamo oltre il 30% di disoclitico famoso, ma anche odiacupazione e il 35 della popolazione to: l’estrema destra di Alba costretta ad affrontare il pericolo Dorata lo vedrebbe volentieri dell’esclusione sociale. Le immagimorto e nel frattempo lo inni quotidiane di Atene e degli altri MAREA sulta dandogli dell’agente delgrandi centri urbani mostrano uol’imperialismo americano. mini, ben vestiti, rovistare nella CHE AVANZA Sui muri dello studio Tsipras spazzatura. Si chiudono gli ospeIl populismo ha due manifesti incorniciati dali, si accorpano le scuole. Seconrisalenti alle riforme sociali di do l’Ocse invece la recessione in rappresenta una falsa Salvador Allende in Cile: la Grecia è destinata a continuare. terra ai contadini e l’istruzioSmentendo quindi certi trionfalirisposta perché orienta ne obbligatoria. Poi c’è un picsmi. (...) la disperazione e la colo Che Guevara pensoso, Lei si candida a presidente della col sigaro in bocca. Un medaCommissione europea a Bruxelles. rabbia sociale non verso glione palestinese in bella moPerché un elettore europeo di sinistra sulla grossa libreria, dove stra dovrebbe sostenere lei e non il i fautori dell’austerity, non mancano i classici greci, socialista Martin Schulz, che pure ma contro i deboli la storia del Panathinaikos (la critica l’austerity e parla di Europa sua squadra del cuore), ma Alexis Tsipras LaPresse più eguale? nemmeno Il Capitale di Karl Qui non si tratta di scegliere me o interna”. Lo ha fatto per salvare le banche che qualcun altro, anzi vi dirò che Schulz è una perMarx. detenevano titoli di Stato dei paesi altamente in- sona simpatica, a livello umano. Il fatto è che inPartiamo da “lontano”, dal 2009, anno in cui la debitati, senza considerare che ciò avrebbe peg- carna il fallimento della socialdemocrazia eurocrisi greca scoppia in mano a tutta la classe pogiorato le cose (..). Il filosofo Jürgen Habermas pea, ferma in una impasse che l’ha spinta tra le litica. Allora interviene l’Europa. Le misure impoha giustamente osservato che la gestione della braccia del consenso neo liberale. Per quasi due ste al Paese come le giudica? Non c’era effettivacrisi “non affronta le cause che l’hanno provo- decenni il Pse ha partecipato alla rottura del concata e nasconde anche il pericolo di sfociare in tratto sociale del Dopoguerra, il quale - paradosun’Europa tedesca”. (...) salmente - aveva ispirato e contribuito a far nascere. Così si è tagliato fuori dalla sua tradizioEppure il ministro delle Finanze tedesco, Wolnale base politica e sociale diventando parte del fgang Schäuble, sostiene che le misure di austeproblema e non la soluzione. Non si può difenrity in Grecia stanno iniziando a funzionare. Nel dere una prospettiva diversa dall’austerità e nello 2014 il Pil della Grecia è, o sarebbe, destinato a TSIPRAS CHI? ©©© Pucciarelli e Russo Spena 129 pagg. Edizioni Alegre 12 ¤ stesso momento governare in Germania con Angela Merkel. Non è credibile (...) Nel frattempo i movimenti populisti stanno crescendo nell’intero continente. È un altro prodotto della crisi. Come li si fronteggia? L’ascesa dell’estrema destra in Europa è il prodotto più che altro del neoliberismo, che a sua volta ha originato la crisi. Il populismo rappresenta una falsa risposta perché orienta la disperazione e la rabbia sociale non verso i fautori dell’austerity e contro la classe dominante, ma contro i deboli, quasi sempre gli immigrati. (...) Lei è un leader politico giovane, in più è un buon comunicatore. Si racconta spesso di quanto sia ambizioso. La sostanza è che Tsipras è diventato un personaggio, un prodotto attraente sugli scaffali della politica. Quanto c’è della sua figura e quanto invece delle idee del suo partito nella vostra crescita? Viviamo indubbiamente nell’epoca della comunicazione ed è molto importante che qualcuno riesca a veicolare il proprio messaggio nel modo più efficace. Però facendo un confronto con il mio coetaneo italiano Matteo Renzi, io – a differenza sua – non ho avuto un trattamento di favore dai media: non mi hanno dipinto come un “bravo ragazzo”, anzi hanno provato con testardaggine e determinazione a trasformare il mio essere giovane in un punto debole. La mia età come limite e non come risorsa. Probabilmente la posizione di Syriza, diversamente da quella di Renzi, fa paura ai poteri forti in Grecia e in Europa. (...) 8 POLTRONISSIMA GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 La Camera cambia il Dl Lavoro. Poletti: Jobs act nel 2015 IL PIANO PER IL LAVORO di Renzi dovrebbe vedere la luce nel 2015. “Se il Parlamento approva entro la fine di quest’anno il Jobs Act - ha detto ieri il ministro Poletti - “noi entro i primi sei mesi 2015 siamo pronti”. Intanto, in commissione Lavoro, le proroghe per i contratti a termine (ancora possibili per 36 mesi) sono state ridotte da 8 a 5 e per quanto riguarda i contratti precari, il tetto del 20% è stato il Fatto Quotidiano riportato solo sui lavoratori a tempo indeterminato. Sull’apprendistato, le imprese con oltre 30 lavoratori potranno accendere nuovi contratti solo dopo aver confermato il 20% di quelli già in essere e torna la formazione obbligatoria anche se con alcuni limiti. Poletti ha fatto anche altri due annunci: far costare di più “il 10%, meglio se il 12”, il contratto a tempo determinato mentre sulle pensioni ha ripro- Finmeccanica, l’ascesa del super-renziano Landi A GENOVA È STATO IL BRACCIO DESTRO DI CASTELLANO, AMICO DI NAPOLITANO A FIRENZE È SOCIO DI MARCO CARRAI E LAVORA CON LA FAMIGLIA ALEOTTI posto l’ipotesi di uno “scivolo” per chi perde il lavoro o per gli esodati: “Il lavoratore riceve un assegno dallo Stato fino a quando non matura i termini per il pensionamento e l’azienda continua nel frattempo a pagare i contributi; una volta ottenuta la pensione, poi, il lavoratore restituirà nel tempo parte di quanto ricevuto”. L’aveva proposto l’ex ministro Giovannini ma non finì bene. PIAZZE & PALAZZI di Carlo Di Foggia “Emma promossa, ma io non dimentico” randissimo Arpisella... Mortacci...”. Se chiedete a Nicola G un commento sulla noPorro, vicedirettore del mina di Emma Marcegaglia alla presidenza di Eni, la risposta è Giornale di Stefano Feltri atteo ha messo uno di cui si fida in tutti i consigli di amministrazione”, così un renziano di quelli più stretti spiega le scelte del premier nelle nomine pubbliche. A cominciare da quella di Fabrizio Landi, a Finmeccanica. Questo massiccio imprenditore mezzo fiorentino e mezzo genovese, classe 1953, è un caso interessante per capire la rete renziana e come ragiona il premier. M A ROMA, QUASI un anno fa, in un seminario organizzato dal’erede di Renzi come sindaco di Firenze, Dario Nardella, si ponevano le basi della Renzinomics, c’era l’embrione di idea degli 80 euro in busta paga e a discuterne c’erano il deputato Pd Yoram Gutgeld, il banchiere Alessandro Profumo e poi lui, Landi. Che con singolare preveggenza a gennaio 2013 ha praticamente smesso di fare l’imprenditore per dedicarsi all’impegno civile, scommettendo su Renzi, “mi ha insegnato che si può sempre mettersi in gioco”, diceva a Repubblica in quei giorni. Una Leopolda dopo l’altra, all’ultima convention fiorentina Landi spiegava dal palco che l’Italia è un Paese con 2 mila miliardi di debito pubblico e 4 mila miliardi di ricchezza privata e che la sfida della politica è rimettere il risparmio in circolo (anche con una patrimoniale? Chissà). Renzi non ha scelto Landi per il cda di Finmeccanica per i 10 mila euro che l’imprenditore ha Fabrizio Landi, 61 anni, all’ultima Leopolda 2013 Ansa versato come finanziamento. Nella testa del premier c’erano altre valutazioni. La prima: Landi un legame, tenue, con Finmeccanica ce l’ha. Per oltre trent’anni ha lavorato al vertice della Esaote, di cui da un anno non è più amministratore delegato, ma ne conserva una quota dello 0,85 per cento del capitale. Il presidente della genovese Esaote è Carlo Castellano, un ex manager della Ansaldo (gruppo Finmeccanica), ferito dalle Brigate Rosse nel 1977. Landi e Castellano hanno l’intuizione che in Italia si possa sviluppare un mercato per le macchine che fanno tac e risonanze, prima nasce una divisione biomedicale dentro Ansaldo, poi Castellano e altri manager nel 1994 portano la divisione che nel frattempo è diventata Esaote fuori da Ansaldo con un’operazione che nel mondo anglosassone si chiama management buyout, cioè i dirigenti che investono sull’azienda che guidano diventandone proprietari. Oggi Esaode è controllata dal fondo Ares Life Sciences basato nel paradiso fi- MENO ARMAMENTI L’azienda di tecnologia biomedicale Esaote, che ha guidato per anni, è nata da una costola del gruppo pubblico scale di Jersey, nel 2012 aveva ricavi per 217 milioni e un utile di 2,3. Castellano è tuttora presidente, ma si occupa anche del progetto di costruire una cittadella della tecnologia che vale mezzo miliardo di euro, questo il business della Genova High Tech Spa, di cui il presidente è sempre Castellano e Landi è azionista, come tanti altri nomi dell’imprenditoria genovese, con una quota simbolica dello 0,47 per cento. Della cittadella, come raccontato dal Fatto Quotidiano il 10 febbraio scorso, si è interessato direttamente il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, unito a Castel- lano da un’amicizia pluridecennale alimentata dalla comune militanza nel Pci. A voler dare un’interpretazione industriale alla scelta di Landi, che si somma a quella di Mauro Moretti delle Fs per la guida della società, si rafforza l’impressione che il governo Renzi veda Finmeccanica come un’azienda che deve fare ricerca e dedicarsi ai trasporti, più che agli armamenti e al settore della difesa. Meno elicotteri da guerra e più infrastrutture insomma, cioè il contrario della strategia seguita negli ultimi anni (e premiata dalla Borsa). NEL CASO DI LANDI l’alto tasso di renzismo conta almeno quanto il curriculum manageriale. Nella sua nuova vita post-Esaote, Landi è nel cda della Cassa di Risparmio di Firenze, snodo cruciale del potere renziano, azionista tra l’altro della Firenze Parcheggi e dell’Aeroporto di Firenze: della prima Marco Carrai è stato amministratore delegato, della seconda è presidente. Carrai è uno degli amici più stretti di Renzi, ma anche di Landi, a giudicare dagli intrecci: il manager ex Esaote ha l’11,88 per cento del capitale di una minuscola azienda (nel 2012 ricavi zero e una perdita di 820 euro), la stessa quota di Carrai. Una scatola vuota. Molto più rilevante un’altra carica di Landi: siede nel cda della Menarini Diagnostics, e la presidente del gruppo Menarini è quella Lucia Aleotti così vicina a Renzi da accompagnarlo anche a Berlino per l’incontro con Angela Mekel. un nome ripetuto in continuazione. La memoria torna a quegli sms del 2010, al “metodo Boffo” evocato contro la presidente di Confindustria, rea di ignorare il quotidiano (“Ora ci divertiamo, domani super pezzo giudiziario sulla family Marcegaglia”); al “cerchio sovrastrutturale” che lo spaventato portavoce, Rinaldo Arpisella, gli tira fuori per dissuaderlo: “Ci sono sovrastrutture che passano sopra le nostre teste (…) che ci pisciano in testa...”. Esiste il “cerchio sovrastrutturale”? Di sicuro è nella testa di Arpisella. Sono ancora incazzato come una bestia. Però ora Marcegaglia è approdata al vertice di Eni. Un mese prima di quegli sms Arpisella chiedeva a Luigi Bisignani di risolvere una diatriba interna a Confindustria. Non so... Non credo che Bisignani conti ancora. Berlusconi non può averla sponsorizzata, lei gli aveva fatto un c... così. All’inizio era super berlusconiana, io scrivevo sul Giornale “le dolci banalità di Emma...”. Ora che è lì cercherà il cerchio sovrastrutturale del mondo di Arpisella. Comunque la questione è delicata anche per un altro motivo: è a rischio la sicurezza. Perché? Se è vero quello che dice Matteo Renzi, che Eni è importante per i servizi segreti, ce lo vedete il portavoce in un ruolo così delicato? È come mettere un cerino in una polveriera. Ancora non le è passata? Io cazzeggiavo e quello mi fa chiamare da Confalonieri. Poteva dirgli che stava scherzando... Ma una cosa così l'avrò fatta altre 30 volte... Con lui? Anche con altri. Mortacci... lei non ci dava l'intervista... Quando fai il responsabile della finanza in un giornale stai arrapato di notizie, chiami la gente e gli dici qualsiasi cosa. Tipo “spostiamo i segugi da Montecarlo a Mantova”? Appunto, una cazzata. Con la casa di Fini vendevamo 250 mila copie... ci suicidavamo così? Era uno scherzo. Su cui ora c'è un processo. Spero di essere giudicato dallo stesso giudice che ha condannato Berlusconi. Come si chiama? Non ricordo... Comunque quello è uno serissimo, capirebbe subito che è una cazzata. Ha ricucito il rapporto? Si è comportata male... per non dire altro... A me disse che aveva capito che era uno scherzo, al Pm di Napoli di essersi sentita minacciata... Mah... Io continuo con il mio metodo. Quello “Boffo”? Quello di dire cazzate al telefono. Twitter @stefanofeltri Il carabiniere che inguaia l’assessore L’APPUNTATO: “DA LEGALE FIUMEFREDDO NON PRESENTÒ UNA DENUNCIA CONTRO IL MIO COMANDANTE” di Giuseppe Giustolisi di un commilitone. Del resto Fiumefreddo ha un bel curriculum: docente di Diritto processuale penale presso la Università Link Campus, negli l povero appuntato scelto Salvatore Favara, anni Novanta difensore di politici coinvolti in in servizio presso la caserma di Acicastello in Tangentopoli come Rino Nicolosi e Salvo Andò provincia di Catania, disperato per le continue e difensore del boss Giuseppe Ercolano. Sempre vessazioni patite – a suo dire – dal comandante, in nome della legalità ovviamente. un bel giorno di qualche anno fa decise di de- “Questo è mobbing, procediamo con la querenunciarlo e si rivolse a un principe del foro, noto la”, disse sicuro Fiumefreddo. Il carabiniere laper le parole spese in ogni dove a favore della sciò mille euro di acconto. Tempo dopo, però, legalità: Antonio Fiumefreddo, scoprì che la denuncia non era nominato la scorsa settimana mai stata presentata. Per queda Crocetta assessore regionale sto Fiumefreddo è sotto inchieVELENI IN SICILIA ai Beni culturali (anche a costo sta a Catania, su denuncia di di litigare con mezza coalizioFavara, per truffa e infedele paIl titolare del Bilancio ne). Assessore che si è dimesso trocinio. “Io non ho mai detto ieri dopo un’inchiesta di Repubche avrei presentato quella deè indagato. Ieri blica su un appalto concesso a nuncia”, si difende Fiumefredsi è dimesso dopo una società della famiglia Erdo. È certo però che l’ex assescolano dal Teatro Massimo sore – chiuso il rapporto prole polemiche per un Bellini di Catania, al tempo in fessionale col carabiniere – gli cui Fiumefreddo era sovrinappalto concesso a una consegnò copia della denuncia tendente. Chi meglio di lui, per mobbing. “Solo un’indicasocietà degli Ercolano pensò bene Favara, su consiglio zione per un eventuale altro Catania I Porro LaPresse collega”, dice. La Procura era pronta a credergli ma il Gip Maria Paola Cosentino ha respinto la richiesta di archiviazione e ordinato nuove indagini. “Non è plausibile – scrive il Gip – la giustificazione addotta dal legale nel consegnare al Favara la denuncia”. PERCHÉ scriverla se riteneva inesistente il reato? Di plausibile, però, in questa storia c’è ben poco. Tutte invenzioni del carabiniere, emotivamente scosso dallo scontro col suo capo? Favara è in grado di documentare tutto perché - fiutato che qualcosa non andava nel comportamento del legale - prese a registrare le loro conversazioni nello studio del professionista. Ed è proprio su quelle registrazioni che il Gip vuole vedere chiaro. In una di queste Fiumefreddo esclama: “Questa storia è da giornali nazionali”. In un altra il legale, che in precedenza aveva suggerito al carabiniere di presentare una denuncia contro ignoti per via di alcune molestie telefoniche patite dall’intera famiglia, indicava proprio nel comandante l’autore di quelle molestie (poi emerse che il comandante non c’entrava nulla). Tutto questo soste- Il presidente della Sicilia, Rosario Crocetta Ansa neva di poterlo dimostrare grazie alle amicizie vantate con la polizia postale. Circostanza che non contribuì certo a rasserenare i rapporti tra l’appuntato e il suo comandante. Di lì a poco l’appuntato Favara venne trasferito per incompatibilità ambientale per ordine dei superiori. In attesa delle indagini, a Favara non rimane che innalzare una prece alla Madonna, come ha fatto Fiumefreddo nella lettera inviata a Crocetta in cui motiva le sue dimissioni con gli attacchi della stampa: “Che tutto ciò avvenga nella settimana di Passione è un privilegio di cui non sono degno”, scrive. E poi conclude: “Sei nelle mie preghiere, in Maria nostra madre”. E Crocetta gli ha subito risposto: “Ho sofferto insieme a te in questi giorni con la consapevolezza di vivere il dolore espiatore e catartico della settimana Santa”. Amen. ECONOMIA il Fatto Quotidiano Cdp, stipendi tagliati per Gorno Tempini e Bassanini I VERTICI di Cassa depositi e Prestiti si tagliano i compensi. Le retribuzioni sono state approvate dal Cda del 28 ottobre scorso. Lo ha riferito ieri la società nella nota sui conti 2013. L’emolumento dell’ad Giovanni Gorno Tempini è stato ridotto dai 1.035.000 euro annui agli 823.125 euro lordi di compenso massimo. Quello del presidente Franco Bassanini passa dai 280 mila euro, ai 236.305, cui si aggiungono, però - se raggiunti gli obiettivi - fino a 39.130 euro di componente variabile annua e 19.565 l'anno di componente variabile triennale (che GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 grosso modo fanno tornare il conto alla cifra precedente). Nella nota, la società ha diffuso anche i numeri del 2013. In sintesi: la raccolta postale, la principale voce di finanziamento, ha raggiunto i 242 miliardi di euro (+4%); il totale attivo dello stato patrimoniale ha raggiunto i 9 340 miliardi di euro, mentre il patrimonio netto della Capogruppo si è attestato a 19 miliardi. La liquidità arriva a 147 miliardi di euro (+6%) mentre crescono del 3% i Crediti verso la clientela e verso le banche, toccando quota 103 miliardi di euro. TELECOM SCHIAFFO AI SALOTTI BUONI ORA COMANDANO SOLO I MANAGER AZIENDA NEL LIMBO, L’EX ENI RECCHI PRIMO PRESIDENTE ELETTO IN ASSEMBLEA L’assessore al Bilancio Daniela Morgante e Ignazio Marino LaPresse di Giorgio Meletti spagnola Telefonica, anziché dell'azienda. Ricordiamo per sommi capi fatti e atmosfere dell'autunno 2013. A settembre Mediobanca, Assicurazioni Generali e Intesa Sanpaolo consegnano di fatto il controllo di Telco (la scatola che controlla Telecom Italia con il 22,4 per cento) al numero uno di Telefonica, Cesar Alierta. Subito dopo si dimette il presidente Franco Bernabè e tutti i poteri passano a Patuano, che dà corso immediatamente alla vendita della controllata Telecom Argentina e all'emissione di un prestito convertendo (a scadenza le obbligazioni si trasformano in azioni) con modalità che sembrano favorire proprio Telefonica. Scattano le indagini della Consob e della magistratura, e la protesta contro la prepotenza degli spagnoli e l’acquiescenza di Patuano. inviato a Rozzano (Milano) a oggi Telecom Italia non è più la stessa. “È un momento di svolta”, ha detto ieri mattina in apertura dell’assemblea degli azionisti l’amministratore delegato Marco Patuano, ma non poteva prevedere la portata della svolta. Alle 21,30, dopo dieci ore di serrata discussione, l’azionista di maggioranza Telco (la scatola finanziaria che ha controllato per sette anni il gigante telefonico con il 22,4 per cento delle azioni) è andato sotto nella votazione per il nuovo consiglio d’amministrazione. La maggioranza dei voti, il 52,3 per cento delle azioni presenti in assemblea, è andato alla lista presentata dalla Assogestioni, associazione dei fondi d’investimento. La lista Telco si è fermata al 45,5 per cento. D DECISIVA, per lo schiaffone al salotto buono degli azionisti storici, la mossa a sorpresa dei cosiddetti ribelli, Marco Fossati e l’associazione dei piccoli azionisti Asati: pur avendo presentato una loro lista per il consiglio d’amministrazione, capeggiata dal fondatore di Tim Vito Gamberale, hanno all’improvviso spostato sulla lista Assogestioni i loro voti, pari a circa l’11 per cento dei voti presenti in assemblea, risultando così decisivi per la sconfitta di Telco. Agli effetti pratici non è cambiato niente. La lista Assogestioni era fatta di soli tre nomi, e il professionista delegato a votare per i fondi aveva solo il potere di votare quella lista. Per cui Telco ha potuto poi votare tutti i dieci nomi della sua lista, ottenendo come previsto i quattro quinti del consiglio che lo statuto assegna alla lista di maggioranza. Con la conferma di Patuano alla guida operativa arriva la nomina di Giuseppe Recchi, uscente dall’Eni, alla presidenza. Ma nulla sarà più come prima. Giuseppe Recchi. In alto, Marco Patuano Ansa/LaPresse VOTO A SORPRESA I “ribelli” di Fossati spostano i loro voti sulla lista Assogestioni e mandano in minoranza Telefónica, Mediobanca, Intesa e Generali La sconfitta assembleare dei grandi azionisti (Telefonica, Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Assicurazioni Generali) segna un punto di non ritorno, un’imprevista accelerazione sulla strada della trasformazione di Telecom Italia da feudo di pochi capitalisti senza capitali, abituati da sempre a comandare con i soldi degli altri, a possibile laboratorio di un avamposto italiano della democrazia economica: una società ad azionariato diffuso dove nessuno comanda, e i manager guidati da Patuano dovranno andare a chiedere i voti in assemblea anziché recarsi a chiedere istruzioni in qualche lussuosa abitazione o austero ufficio milanese. Resta naturalmente l’ipotesi che invece i prossimi mesi mostrino la trasformazione di Telecom Italia in un casino all’italiana, con un’azienda decisiva per il futuro dell’economia italiana totalmente fuori controllo. Fin dal’inizio l’assemblea si è svolta in un clima completamente diverso rispetto a quella drammatica del 20 dicembre scorso. Quattro mesi fa gli azionisti erano convocati per votare la revoca del consiglio d'amministrazione, accusato dall'azionista di minoranza Marco Fossati di fare gli interessi di un solo azionista – sia pur dominante con il suo 15 per cento – cioè la ALL'ASSEMBLEA del 20 dicembre, alla quale gran parte dei fondi stranieri prendono le distanze dalle strane manovre Telco, il vento gira. Patuano comincia a offrire aperture al ribelle Fossati, e per la prima volta si oppone ai desideri di Alierta, dichiarando strategica la partecipazione in Tim Brasil che Telefonica vorrebbe vendere. Nel frattempo Alierta è andato in difficoltà: l'avventura italiana sta diventando una disfatta e decide di non ricandidarsi, con il braccio destro Julio Linares, al consiglio Telecom. Generali, Mediobanca e Intesa ritirano dal consiglio i loro uomini (Gabriele Galateri, Renato Pagliaro e Gaetano Micciché) e Telco presenta una lista tutta nuova, a parte gli inevitabili Jean Paul Fitoussi e Tarak Ben Ammar. L'assemblea di ieri fotografa una situazione nuova. Patuano, che in questi mesi ha trattato con le minoranze un'adeguamento della democrazia societaria, si presenta in versione “un uomo solo al comando”, mentre nessuno dei grandi azionisti decide di farsi vedere. E da domani è un’altra storia. ROMA COL BUCO La giunta Marino si sgretola: Morgante si dimette IL SINDACO AVEVA BOLLATO IL PIANO DELL’ASSESSORE COME UN “PUFFO INFORME” di Sara Nicoli ue visioni troppo distanti per “salvare insieme Roma” dal baratro economico, troppo lontane per non finire con uno D strappo lacerante. Daniela Morgante, la “lady dei conti” del Campidoglio, assessore al Bilancio del Comune di Roma convinta di poter mettere mano ai debiti della Capitale senza misure drastiche, ma attraverso 400 milioni di tagli e una ridistribuzione di un tesoretto di 130 milioni di euro (utili a non mettere mano alla Tasi e addirittura abbassare l'Irpef allo 0,25%), si è dimessa per un contrasto ormai insanabile con il sindaco, Ignazio Marino. Convinto – invece – di poter gestire la voragine dei conti di Roma solo attraverso ritocchi all'insù del cosiddetto “tariffone”, ovvero la delibera che ricalibra tutte le tariffe dei servizi erogati dal Comune: aumenti per i biglietti dei musei – "al massimo uno o due euro" ha proposto la titolare della Cultura, Flavia Barca –, delle tariffe del trasporto scolastico, dell'occupazione di suolo pubblico per grandi eventi e maxi-concerti nella Capitale, della sosta sulle strisce blu, i permessi Ztl per i residenti e le tariffe per loculi e cremazioni nei cimiteri, matrimoni e set cinematografici. Insomma, una manovra lacrime e sangue per i romani, che vedono da mesi una città lasciata a se stessa e dove anche le emergenze non vengono gestite. La tensione tra i due ha raggiunto l'apice domenica scorsa, durante l'ultima riunione di giunta a cui ha preso parte la Morgante presentando il suo piano, bollato dal sindaco, con la consueta arroganza, come “un puffo informe”. Chiaro che dopo un'offesa del genere, la Morgante ha deciso di sbattere la porta e andarsene. CON L'USCITA di scena della “lady dei conti” capitolina si acuisce dunque la crisi della giunta Marino, appesa anche all'approvazione del decreto “Salva Roma”, ora al Senato e foriera di nuove polemiche. Anche perché i tempi per l'approvazione del Bilancio, che Palazzo Chigi ha chiesto di visionare, attraverso il sottosegretario al Tesoro, Giovanni Legnini, sembrano allungarsi un po'. Marino, intanto, ha preso su di sé la delega al Bilancio, confermando l'intenzione di approvare tutto entro il 30 aprile. "Il lavoro del bilancio 2014 andrà avanti senza alcuno stop – ha commentato – e sulle dimissioni non ho alcun commento da fare”. Nessun rimpasto, dunque, all'orizzonte, almeno per il momento, ma la frattura di queste inattese dimissioni peserà non poco su Marino e la sua gestione. Morgante, infatti, tornerà a fare il magistrato della Corte dei conti, ma il prossimo anno non ci potrà essere un altro “Salva Roma” per coprire eventuali, nuovi danni gestionali dell'attuale giunta. UN GIORNO IN ITALIA il Fatto Quotidiano Brevi TORINO UCCISI DUE CLANDESTINI Sono due parcheggiatori abusivi le vittime del duplice omicidio avvenuto ieri all’alba. Si tratta di due cugini, Abdelhadi e Abdelhamid Berdi, 44 e 54 anni, senza permesso di soggiorno; erano stati identificati più volte dalle forze di polizia vicino all’ospedale Molinette, dove “lavoravano”. ROMA EREDITÀ SORDI, SEQUESTRO DI 400 MILA EURO Aurelia Sordi, sorella dell’attore romano Alberto morto nel 2003, è stata raggirata. Ad Arturo Artadi, storico autista di Alberto, sono stati sequestrati 400 mila euro che l’anziana gli donò. Il magistrato ha imposto ad Artadi il divieto di avvicinarsi alla casa dei Sordi. Ansa Immigrato ucciso a pugni i negozi chiudono per lutto PISA, VITTIMA UN CAMERIERE BENGALESE: “FORSE COLPITO PER UN GIOCO CRIMINALE” di Emiliano Liuzzi orso Italia, Pisa. La strada del centro, pedonale, quella che accompagna verso il Lungarno. È domenica sera. Lui Zakir Hoassin, 34 anni, bengalese, una moglie e tre figli che si porta appresso in una fotografia nel portafogli e che però vivono a migliaia di chilometri di distanza causa reddito troppo basso, esce dal lavoro e cammina per rientrare nella stanza dove vive. Ha finito la serata di cameriere, messo in tasca qualche mancia, poco, lo stipendio è già stato spedito alla moglie attraverso un vaglia il 27, viene avvicinato da un ragazzo, “italiano, robusto, probabilmente palestrato”, scrive la polizia. Un pugno e il cameriere muore. Rissa? Niente. Motivi di droga? Nemmeno. Regolamento di conti? Neanche a pensarci. Il ragazzo straniero non aveva scheletri nell’armadio, e neppure il tasso alcolemico elevato come, invece, si presume abbia avuto il suo aggressore. “È stato provocato, ma non ha reagito”, ha spiegato il questore di Pisa, “forse è stato provocato con offese a sfondo razziale, ma non ha reagito neanche a quelle, ce lo hanno detto le telecamere. Poi è bastato un pugno, un pugno solo per metterlo giù e ammazzarlo dopo 48 ore di agonia all’ospedale di Cisa- C bello dove lo hanno portato i soccorritori”. IL QUESTORE, Gianfranco Bernabei, tre figli anche lui, 57 anni, sulle spalle le indagini più delicate in Toscana negli ultimi vent’anni, non ci SENZA SCAMPO GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 11 ROSTAGNO CHIESTI DUE ERGASTOLI La Procura distrettuale antimafia di Palermo ha chiesto la condanna all’ergastolo di Vito Mazzara e Vincenzo Virga, imputati, dinanzi la Corte d’assise di Trapani dell’omicidio del giornalista e sociologo Mauro Rostagno, assassinato a Valderice il 26 settembre del 1988. WEB Diffamazione, c’è reato anche senza nomi ul web - in particolare su Facebook - si può diffamare anche senza fare nomi: basta che la S persona offesa sia in qualche modo identificabile e che gli insulti possano essere letti da una cerchia, anche se ristretta, di utenti. È il parere della Cassazione che ha rinviato a nuovo processo l’assoluzione di un maresciallo della Guardia di Finanza che aveva pubblicato nei suoi dati personali la frase “attualmente defenestrato a causa dell’arrivo di collega sommamente raccomandato e leccaculo...” aggiungendo un’espressione volgare riferita alla moglie di quest’ultimo. Per la frase incriminata, che aveva offeso la reputazione del maresciallo designato al suo posto al comando della compagnia, l’imputato era stato condannato dal tribunale militare di Roma a tre mesi di reclusione per diffamazione pluriaggravata. In Appello era stato assolto per insussistenza del fatto. Nel ricorso contro l’assoluzione, il procuratore generale militare ha evidenziato come, al contrario, la pubblicazione su Facebook abbia determinato la conoscenza delle frasi offensive da parte di più “soggetti indeterminati iscritti al social network e che chiunque, collega o conoscente dell’imputato, avrebbe potuto individuare la persona offesa”. Zakir Hoassin, il bengalese ucciso in strada. Accanto, la serrata dei negozi Ansa IL “KNOCK-OUT” Dagli Stati Uniti arriva questa pratica bestiale: vince chi atterra uno sconosciuto Sospetti su un italiano che aveva bevuto sta e aspetta di andare fino in fondo a questa storia. “Abbiamo i filmati, chi sa qualcosa farebbe bene a presentarsi alla polizia e raccontare cosa è accaduto domenica. Anche gli amici della vittima, quelli che potrebbero aver visto qualcosa. Intanto abbiamo individuato l’auto. Arriveremo al resto”. Non sappiamo se qualcuno ha risposto all’invito. Non fino a poche ore fa. Sicuramente non è stata a guardare Pisa che, ieri, ha abbassato nelle strade del centro storico le saracinesche. Un gesto spontaneo per far capire bene da che parte stanno, cioè da quella dell'aggredito. Chiuso per lutto. “A noi niente importa se sia uno straniero, qui pruriti razziali non ce ne sono”, dicono. “Ancora meno interessa se l'aggressore fosse italiano. Per noi ci sono una vittima e un omicida. E come vuole la legge stiamo dalla parte della I COMMERCIANTI “Era uno di noi, poco importa se straniero, nessuno da queste parti ha pregiudizi razziali. Ci sono una vittima e un killer” vittima. Che era un ragazzo apposto, che lavorava per mantenere moglie e figli, che sorrideva a tutti”. A Pisa ci sono più o meno 1500 persone originarie del Bangladesh. Probabile che nelle prossime ore arrivi an- che l’ambasciatore che vive a Roma per portare la vicinanza a una comunità in lutto e spaventata. In maggioranza lavorano nei ristoranti, lavapiatti e camerieri. “Gente nostra”, dicono a Pisa. “Pisani come quelli che abitano qui da generazioni”. QUELLO CHE, almeno fino a oggi sembra scongiurato, è che si tratti del knock-out game, gioco criminale e molto metropolitano, più o meno la stessa dinamica che ha portato alla morte di Zakir: colpire con un pugno un passante, senza sapere chi sia, senza che ci sia un diverbio. Solo metterlo al tappeto perché passa dal luogo sbagliato nel momento sbagliato. Succede a Roma, zona Trastevere, sono stati segnalati episodi a Milano, Londra, New York. Ma Zakir sarebbe il primo a lasciarci la pelle. Sempre che sia così. La polizia in questa fase dell’indagine è propensa alla ricostruzione dell'aggressore ubriaco, o comunque in stato di agitazione. Non cambia niente nella sostanza: l’immigrato è stato colpito a freddo, senza nessun motivo. Solo che anche lui era probabilmente nel posto sbagliato e ha trovato sulla strada dal ristorante dove lavorava alla stamberga dove viveva, un balordo criminale e ubriaco. “Quando Bruti mi disse: potevo farti fuori” MILANO, LO SCONTRO FRA L’AGGIUNTO ROBLEDO E IL PROCURATORE LIBERATI DESCRITTO NELLE LETTERE CONSEGNATE AL CSM di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali da Milano a lettera che racconta l’origine dello scontro (ora finito davanti al Consiglio superiore L della magistratura) tra il procuratore aggiunto Alfredo Robledo e il suo capo Edmondo Bruti Liberati porta la data 16 marzo 2010. Due giorni prima, Robledo era stato chiamato in un ufficio della procura di Milano dove c’erano Bruti, allora in corsa per il vertice delle procura, e due aggiunti, Francesco Greco e Ilda Boccassini. I tre sondano quale tipologia di reati assegnare a Robledo, appena diventato procuratore aggiunto, e accennano agli infortuni sul lavoro. Il giorno dopo, Bruti chiede un colloquio a quattrocchi con Robledo. Al termine, questi lo racconta in una lettera che invia subito al procuratore uscente, Manlio Minale (che a luglio sarà sostituito da Bruti): Bruti gli propone di assegnargli il coordinamento sui reati di truffa e sugli abusi edilizi. “Si dichiarava disponibile”, scrive Robledo a Minale, “ad assegnarmi comunque in futuro fascicoli di reati di corruzione su cui avessi manifestato interesse, ovvero a discutere con me” di coassegnazioni. “Gli ho fatto presente che tale suddivisioni di compiti non mi vedeva d’accordo e il collega Bruti, cambiando tono, mi ha detto: ’Ricordati che sei stato nominato aggiunto per un solo voto di scarto, e che questo è un voto di Magistratura demo- cratica. Avrei potuto dire a uno dei miei colleghi al Csm che Robledo mi rompeva i coglioni e di andare a fare la pipì al momento del voto, così sarebbe stata nominata la Gatto (Nunzia, ndr), che poi avremmo sbattuto all’esecuzione’”. Prosegue la lettera di Robledo, ora depositata al Csm: “Sono rimasto esterrefatto per tali affermazioni e ho detto che non capivo che c’entrava un discorso correntizio con gli argomenti in discussione, facendo presente che io non ero iscritto ad alcuna corrente e che questo non poteva significare che dovessi subire imposizioni... In risposta, mi ha detto: ’Questo è il mondo, e tutti sappiamo che va così’. Ho replicato che questo non era il mio mondo, ritenendo superfluo aggiungere che i compiti dell’aggiunto non vengono decisi da un esponente di corrente, ma dal procuratore della Repubblica”. firme, risultate false, a favore del listino di Roberto Formigoni e del Pdl. Ammette di aver ricevuto ordini da Podestà. A quel punto, Robledo informa immediatamente il suo capo, Bruti, e gli comunica che intende indagare Podestà per falso ideologico. Il procuratore lo frena (“Questo crea un problema nel Pdl”), secondo quanto scrive Robledo in una lettera in cui gli fa il punto del colloquio: “Mi hai detto che si trattava di una situazione delicata, che era necessario fare ulteriori indagini prima di procedervi. Ti ho fatto presente che le dichiarazioni erano molto specifiche, già con riscontri di alcune affermazioni”. “Mi hai infine detto che l’iscrizione avrei dovuto farla, testualmente, ’solo quando te lo dico io’. Ti ho risposto che in più di trent’anni di magistratura le iscrizioni le avevo fatte esclusiva- TRA GLI ATTI depositati al Csm c’è anche un car- teggio tra Robledo e Bruti che riguarda l’indagine a carico di Guido Podestà, presidente Pdl della Provincia di Milano. Robledo, diventato coordinatore del dipartimento reati sulla pubblica amministrazione, accusa il procuratore di avergli chiesto di ritardare l’iscrizione nel registro degli indagati di Podestà. La vicenda comincia il 24 novembre 2010 quando Clotilde Strada, ex assistente di Nicole Minetti ma anche responsabile della raccolta firme per la presentazione delle liste Pdl alle regionali 2010, viene interrogata da Robledo sulle Alfredo Robledo Ansa mente in adempimento all’obbligo di legge... Ho aggiunto che il lunedì successivo, 28 novembre, avrei comunque proceduto all’iscrizione”. Per evitarla, “avresti dovuto revocarmi la delega per questo procedimento” e valutare anche se “ritirarmi la delega di coordinatore” del dipartimento, “perché non avrei cambiato modo di pensare”. ROBLEDO PROSEGUE raccontando un incontro in corridoio avvenuto il 13 dicembre 2010: “Mi hai chiesto: ’Quell’iscrizione non l’hai poi fatta, vero?’. Ti ho risposto che l’avevo fatta e mi hai detto ’allora non ci siamo capiti’”. Bruti mette il suo disaccordo nero su bianco: “Ho appreso dell’avvenuta iscrizione a carico di Podestà... Hai proceduto a stretto giro, senza preavvisarmi e senza adottare la cautela dell’iscrizione con nome di fantasia, che ti avevo indicato come opportuna, a maggior tutela della segretezza”. Robledo nega di aver mai ricevuto una tale disposizione: “Devo farti presente che questa indicazione confligge di per sé con la tua indicazione di non provvedere all’iscrizione”. Oggi il Csm deciderà se avviare sul caso un supplemento d’iEdmondo Bruti Liberati Ansa struttoria. 12 ALTRI MONDI GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 Pianeta terra il Fatto Quotidiano USA L’AGENTE VESTITO DA DONNA AMISH Per mesi il sergente di polizia della Pennsylvania Chad Adams, 39 anni ha girato per la cittadina di Pulaski vestito come una donna Amish: cuffietta in testa, vestito blu che lo copriva dal collo ai piedi, grembiule, e manto nero per riuscire a farsi adescare dal maniaco che stava braccando. LaPresse ALGERIA VOTO E PROTESTE: BOUTEFLIKA FAVORITO La polizia disperde una manifestazione di protesta contro Bouteflika alla vigilia delle presidenziali (22 milioni di elettori) di oggi dove il 77enne e malato presidente (dal 1999) è il favorito tra i 6 candidati (una donna). Sfidante principale l’ex premier Ali Benflis. LaPresse “LA GUERRA CIVILE È VICINA” PUTIN EROE E INCUBO UCRAINO IL PRESIDENTE RUSSO METTE IN GUARDIA L’EUROPA CHE OGGI TENTA L’ULTIMA MEDIAZIONE A GINEVRA. LA NATO RAFFORZA LA PRESENZA AI CONFINI ORIENTALI a prova di forza di Kiev contro i separatisti russofoni dell’Ucraina orientale si liquefa come neve al sole: una colonna di blindati viene intercettata e ‘dirottata’ dagli insorti, senza sparare un colpo. Ma il flop dell’operazione antiterrorismo delle autorità ucraine non allenta la tensione: sul terreno, la situazione resta incandescente, a poche ore da un appuntamento diplomatico cruciale, l’incontro, a Ginevra, fra i responsabili degli Esteri di Russia, Usa, Ue e Ucraina. Una certezza, alla vigilia, c’è: l’Europa non morirà di freddo per Donetsk, anche se già si parla d’una nuova fase di sanzioni economiche e diplomatiche. La Russia gioca sulle paure dell’Ue: parlando con Angela Merkel, Putin agita lo spettro di una “guerra civile” in Ucraina. Mentre la Transnistria, territorio separatista russofono della Moldavia, confinante con l’Ucraina, intima all’Unione di riconoscerne l’indipendenza, se tiene alla stabilità della Regione: il domino della Crimea rischia di ‘balcanizzare’ tutta una fetta di ex Urss. L che avrebbero già agito in Crimea prima del referendum per l’annessione alla Russia. Mosca nega d’avere agenti o soldati in territorio ucraino, ma mantiene 40 mila uomini in arme lungo il confine. I russi negano di destabilizzare l’Ucraina e accusano il potere ‘pro europeo’ di Kiev di esasperare gli ucraini russofoni: l’idea di una federalizzazione si intreccia con quella di una regionalizzazione. Se ne parlerà nell’incontro di Ginevra, preceduto da un fuoco di sbarramento di moniti contrapposti: Kiev accusa Mosca di volere “edificare G. G. BATOSTA E SANZIONI Reparti dell’esercito regolare si sarebbero arresi ai miliziani alleati di Mosca. Gli Usa minacciano ennesime restrizioni MAIDAN Le milizie nazionaliste anti-presidente Yanukovich sulle barricate nei giorni della rivolta della piazza centrale di Kiev LaPresse TANK E MEDIOEVO Un militare mascherato nella piazza di Slovyansk a guardia di alcuni tank (a sinistra), che sarebbero stati presi all’esercito ucraino e un militante pro-russo a Donetsk con le coccarde dell’ordine russo di San Giorgio LaPresse LA CRISI PIÙ GRAVE fra la Rus- sia e l’Occidente dalla fine della Guerra Fredda continua a deteriorarsi. E la Nato annuncia un rafforzamento delle misure a difesa di Paesi baltici e Polonia, molto inquieti di fronte a quello che considerano l’intervenzionismo russo. Dopo gli scontri con vittime di martedì, le forze regolari ucraine che dovevano ristabilire l’ordine nell’Est, dove i filorussi occupano palazzi del potere in diverse località, hanno ieri subito smacchi, specie nei pressi di Slovyansk, controllata da sabato dai separatisti. Una colonna ucraina è stata bloccata dai filo-russi a Kramatorsk, poco a sud di Slaviansk. Uomini armati con uniformi senza simboli e passamontagna calati sul volto hanno preso sei blindati e li hanno portati in città, accolti come eroi da una parte della popolazione. Ci sono stati negoziati. Poi, il resto della colonna 15 mezzi - se n’è ripartita in senso inverso, dopo che i militari, in lacrime, riferisce un inviato dell’Afp sul posto, avevano deposto le armi. A Donetsk, capitale dei russofoni dell’est, uomini armati e incappucciati hanno preso il municipio, per organizzare – si dice - un referendum sulla “federalizzazione” dell’Ucraina. Qui, i separatisti avevano già proclamato il 7 aprile una “repubblica sovrana”. Kiev sostiene che gli insorti filo-russi, gli “uomini verdi”, sono soldati dei corpi scelti russi, un nuovo Muro e tornare alla Guerra Fredda”; Mosca dice che lo Stato ucraino non funziona. Se la riunione a 4 dovesse fallire, Washington pensa a nuove sanzioni, anche economiche. Bruxelles è molto più cauta, perché non vuole una ‘guerra del gas’. TITANIC SUDCOREANO I 284 dispersi del traghetto n boato, poi il caos: la gita scolastica all’isola sudcoreana di Jeju è diveU nuta un incubo per i 325 studenti, la maggioranza dei 462 a bordo della nave Sewol, colata a picco in 2 ore tra i banchi di nebbia al largo dell’isola di Byeongpung. Polemiche per la gestione dell’emergenza: ai passeggeri è stato chiesto di rimanere nelle cabine. Dopo una giornata di soccorsi mancavano all’appello 284 persone. Proprio 102 anni fa colò a picco il Titanic. D’Alema, la Ue e la sindrome Fassino L’EX MINISTRO DEGLI ESTERI TEME CHE RENZI FINISCA PER FAVORIRE IL RIVALE-SINDACO PER LA GUIDA DI BRUXELLES di Giampiero Gramaglia n’Italia più credibile in Europa. E nel Mondo. Alla presentazione del U rapporto dello Iai sulla politica estera, ‘Scegliere per contare’ ne hanno parlato tre ex ministri degli Esteri, Massimo D’Alema, Franco Frattini, Emma Bonino insieme al sottosegretario Benedetto Della Vedova. L’Europa polarizza l’attenzione, in vista del voto di maggio e del semestre di presidenza di turno italiana del Consiglio Ue. Lo spartiacque tra chi vuole più Europa, ma la vuole diversa, e chi nega l’euro e l’integrazione domina il dibattito elettorale: “Sarebbe suicida cedere alla tentazione di considerare il populismo anti-europeo il nemico principale, che assedia la fortezza europea democratica, nella quale rinchiuderci con i conservatori”, afferma D’Alema. La Bonino non rinnega il federalismo, anche se brandirlo – ammette - non fa guadagnar consensi. Tutti denunciando le lacune dell’Ue nella gestione della crisi, nel Mediterraneo e sul fronte dell’immigrazione, verso la Russia (anche nella crisi ucraina) e sulla questione energetica, verso Turchia e Balcani. Bonino e Frattini sono già stati commissari europei, D’Alema potrebbe divenirlo quest’autunno. L’ex premier è oggi il favorito per il posto italiano nell’Esecutivo comunitario, benché girino pure i nomi di Enrico Letta e di Piero Fassino, che nelle ultime settimane sarebbe divenuto lo spauracchio dell’ex ministro degli Esteri, anche per via dei giochi di convenienze e alleanze delle anime democratiche condotti dal segretario-premier Renzi. D’ALEMA APPARE IN POLE POSITION, dopo ‘il patto del libro’ appunto con Renzi, intervenuto a Roma alla presentazione del volume ‘Non solo euro. Democrazia, lavoro, uguaglianza! Una nuova frontiera per l’Europa’, firmato come presidente della Fondazione di studi progressisti europei. Il che non impedisce a D’Alema di essere caustico, rispetto al nuovo Pd. Per rispondere alla sfida del populismo, osservava di recente i “partiti tradizionali iniettano dosi di populismo nella propria narrativa: noi siamo quasi all’avanguardia, abbiamo fatto una cura da cavalli”. E ancora: “Chi pensa di risolvere i problemi da solo s’illude ... In Italia, ora, il governo si diverte a dire che taglierà i costi della politica”, ma, per recuperare quanto serve, l’unico modo sarebbe “assassinare tutti i politici: ci vuole un Pol Pot”. L’ex premier è pure intervenuto a un altro convegno a Roma sulla politica industriale europea ispirato ad Altiero Spinelli, commissario all’industria negli Anni ‘70. Di qui, l’illazione che D’Alema a Bruxelles punti a quell’incarico, anche se è quasi impossibile che lo stesso portafoglio vada per due volte consecutive a un italiano – dal 2009, lo gestisce Antonio Tajani. Le mire del Pd d’occupazione dei posti europei prevedono, inoltre, la candidatura di Gianni Pittella a presidente del Parlamento europeo, incarico mai rico- perto da un italiano da quando l’Assemblea di Strasburgo è eletta a suffragio universale (1979). Pittella potrebbe trovarsi contro proprio Tajani, che – come altri 6 suoi colleghi - s’è messo ‘in sonno’ da commissario per candidarsi: sarà capolista di Forza Italia nel Centro. Quasi tutto dipenderà dai negoziati estivi fra governi e partiti. Ma c’è chi dà i giochi per (quasi) fatti: Juncker (Ppe) alla presidenza della Commissione e Schulz (Pse) alla politica estera e di sicurezza. Alla guida del Consiglio Ue, una donna dopo Van Rompuy: la presidente lituana Grybauskaite, un’ex commissaria, o la premier danese Thorning-Schmidt. il Fatto Quotidiano ALTRI MONDI YEMEN IL RADUNO DI AL QAEDA “Lotta alla croce e lotta all’America”: è l’arringa jihadista del numero 2 di al Qaeda Nasir al Wuhayshi in un video emerso sulle reti islamiste e che mostra un maxi-raduno di militanti islamici tenutosi di recente in Yemen e che i servizi segreti americani avrebbero clamorosamente mancato. N. COREA PROTESTE PER LO SPOT CON KIM Tensioni diplomatiche fra Corea del Nord e Regno Unito a seguito dell’iniziativa di un barbiere londinese, che per promuovere i suoi tagli ha esposto un poster con la pettinatura del dittatore Kim Jong-un. “Brutta giornata per i capelli?”, recitava la scritta sotto il manifesto. LaPresse L’intervista GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 13 Zannier, direttore dell’Osce Noi, osservatori: troppo pochi e maltrattati di Roberta Zunini urante l’invasione russa della Crimea, a marzo, Lamberto Zannier, direttore generale dell'Osce, l'organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, era stato bloccato assieme ad altri osservatori e costretto a rinunciare alla sua missione di “facilitazione politica”. Nonostante le maniere forti dei militari inviati da Mosca senza mostrine e degli ucraini filo-russi, il diplomatico italiano di lungo corso – è stato anche Rappresentante del Segretario generale delle Nazioni Unite in Kosovo – non si è certo scoraggiato. Tanto che per cercare di mediare sull’esplosiva situazione nell'est dell'Ucraina e contribuire a fermare una possibile guerra civile, ha chiesto a Bruxelles di autorizzare l'invio di 150 monitor, che an- D SLOVYANSK Miliziano pro-russo accanto al cartello: “Il fascismo non passerà” davanti a una stazione di polizia occupata Ansa drebbero ad aggiungersi agli altri 120 sola non appena vi avevate messo piegià sul campo. de. Tra l'altro la vostra reazione a que“Non so se l'Unione europea da cui di- sto trattamento rude è stata piuttosto pendiamo accetterà di raddoppiare il blanda. numero perché significa stanziare altri C’è stato un dibattito molto acceso su soldi. Resta il fatto che questo genere di come reagire, ma alla fine si è scelto di missioni dovrebbe essere incentivato essere inclusivi e di continuare a prodalla Ue per contare di più anche in muovere la comunicazione e il dialotermini pratici. In questo caso ritengo go. ancora più necessario il Per dialogare però bisoruolo dei nostri ossergna essere in due. Pervatori dato che è imché i filo-russi dovrebportante promuovere il bero volerlo, dopo aver ITALIANO dialogo tra gli ucraini constatato quanto è filo-russi e quelli naDISARMATO stato facile per la Ruszionalisti”. sia annettersi la CriPerché è ancora più necessario? Ho chiesto alla Ue di rafforzare il contingente per poter far da ponte tra i contendenti La crisi sta facendo male, economicamente, anche a Mosca Nell'est , vicino al confine con la Russia, anche coloro che non accettano il governo a interim di Kiev sono perlopiù cittadini di origine ucraina (non come in Crimea dove la maggioranza russofona è costituita in buona parte da persone di origine russa, ndr) e pertanto il margine di manovra è più ampio e di conseguenza portare a dei risultati positivi. Che tipo di manovre? L’Osce promuove il dialogo e la trasparenza. Fa da ponte tra i contendenti attraverso i suoi osservatori che sono super partes e, ovviamente, non sono armati. Del resto non siamo peacekeeper come i caschi blu dell'Onu. Un ruolo neutrale e pacifico che però né il governatore filo-russo della Crimea né Putin vi ha riconosciuto dato che siete stati cacciati senza scuse dalla peni- mea? Una guerra civile in Ucraina potrebbe essere destabilizzante anche per Putin. Inoltre la Russia sta già facendo i conti con le conseguenze della fuga di capitali e la frenata degli investimenti stranieri a causa delle sanzioni. Il rublo ha perso di valore e la Borsa è in frenata assieme alla crescita economica. Ma le guerre, si sa, portano anche soldi freschi, seppur insanguinati, nelle tasche delle superpotenze che in genere stanno dietro a tutte le guerre regionali. Vendono nuove armi, si aggiudicano gli appalti per la ricostruzione. Chi infine vince, scrive la storia. Credo che in questo caso il gioco non valga la candela. L’incontro di oggi a Ginevra tra i contendenti sarà risolutivo a suo avviso? Non credo, anche se il fatto che non sia saltato è già di per sé incoraggiante. UOMINI CHE PAGANO LE DONNE La ex escort che racconta i gusti degli uomini di Brooke Magnanti dei bruti che odiano le donne e maltrattano delle povere fanciulle indifese”. Il libro di Teela Sanè un rinnovato interesse per la prostituzio- ders si sofferma su “fattori scatenanti” quali la ne e per chi vi fa ricorso. Gli uomini che non noia, la solitudine o un’insoddisfacente vita sesdisdegnano il sesso a pagamento lo definiscono suale e “fattori trainanti” come la disponibilità di spesso un hobby o pensano a se stessi come a uten- denaro e le occasioni che si presentano. ti di un servizio. I nemici del sesso mercenario li Il libro della Sanders liquida anche le argomenchiamano “sfigati” mentre per le prostitute sono tazioni di chi crede di poter arginare il fenomeno “clienti”. Ma chi sono veramente? La maggioran- spingendolo fuori della legalità. Dall’inchiesta za dei clienti sono di sesso maschile e questo vale emerge il fatto che uno dei fattori che spinge gli sia per la prostituzione maschile che femminile. uomini a cercare la compagnia di una prostituta Secondo un’indagine Kinsey di qualche anno fa, il va individuato nel fatto che questo comporta60% degli uomini negli Usa si era accompagnato mento è ritenuto “illecito”. In sostanza, criminaalmeno una volta con una prostituta. Ma quella lizzare la prostituzione servirebbe a poco e in taera la generazione della guerra e senza dubbio og- luni casi accrescerebbe la curiosità. Valga per tutti gi le cose sono cambiate. Un’indagine condotta l’esperienza americana. Negli Stati Uniti è reato nel 2000 in Australia collocava vendere e comprare sesso. Ebla percentuale intorno al 15. In bene, non pare che il mercato Cambogia invece si sfiora il 70. del sesso negli Usa ne soffra. EQUILIBRIO SEXY La ricercatrice britannica, Teela Il mese scorso, il Parlamento euSanders, ha scritto un libro nel ha votato un documento “Fattori scatenanti”: noia, ropeo quale affronta il fenomeno del sulla prostituzione presentato sesso a pagamento e osserva: solitudine o vita sessuale dalla europarlamentare laburi“Abbiamo abbandonato l’idea sta Mary Honeyball. Il docuinsoddisfacente. “Fattori sessista secondo cui donne tenmento è stato approvato, anche tatrici costringono uomini inse si tratta di una vittoria puratrainanti”: disponibilità nocenti a comprare i loro servigi mente simbolica in quanto non sessuali, ma è altrettanto fuorha forza di legge. Segnala tuttadi denaro e occasioni viante credere che i clienti sono via che il desiderio di criminafavorevoli malvagi, violenti, in sostanza lizzare i “clienti” è più vivo che C’ prostituta spesso tagliano mai. A pensare che sia nela gola anche ad altre doncessario un cambiamenne che non fanno le proto sono esponenti di enstitute. Basti pensare al catrambi gli schieramenti. so di Jill Meagher che fece Quello che lascia interscalpore l’anno passato in detti è l’acritico amore Australia. Jill, una cittadiper il cosiddetto “modelna irlandese che lavorava lo svedese” anche se in per la Australian BroadcaSvezia la criminalizzazione dei clienti delle prostisting Corporation, fu violentute non sembra aver BELLE DE JOUR L’autrice dell'articotata e assassinata a Melportato benefici tangibili lo è una ricercatrice scientifica americana che bourne. Nel corso del proper la sicurezza e la salute. ha rivelato di avere un passato di escort, ed è l’e- cesso che vedeva alla sbarra Il “modello Merseyside”, sperta di questioni sessuali del Daily Telegraph Adrian Bayley, emerse che che vorrebbe che i reati dal 2000 l’imputato si era contro le prostitute fossereso responsabile di numero considerati “reati stimolati dall’odio”, sta gua- rose aggressioni. Ma dal momento che le vittime dagnando terreno ed è in continuo aumento il nu- delle sue precedenti aggressioni erano prostitute, mero dei firmatari della relativa petizione. Siamo ci fu chi avanzò il sospetto che proprio per questo ormai a circa 50.000 firmatari. Dal 2006 la polizia non era mai finito sotto processo e aveva potuto della contea di Merseyside considera reati stimo- uccidere Jill Meagher. A Melbourne i bordelli forlati dall’odio tutti gli atti di violenza contro le la- niti di licenza sono legali, ma è illegale la prostivoratrici e i lavoratori del sesso. Il risultato è stato tuzione esercitata per le strade o in altri luoghi un inverosimile aumento del 67% degli arresti. non autorizzati. Oggi il dibattito sulla prostituAnche se alcuni nemici della prostituzione sono zione è incentrato sul tentare di capire chi sono gli ben lieti di ritenere tutti i clienti delle prostitute uomini che pagano per fare sesso. Ma così facenpotenzialmente pericolosi, la verità è che i veri do rischiamo di dimenticare gli uomini e le donne criminali se la prendono con i deboli mentre po- che vendono il loro corpo e di non dare risposta chissimi “sfigati” frequentatori di prostitute “di- alle loro richieste. ventano violenti”. Gli assassini che sgozzano una © Daily Telegraph Traduzione di Carlo Biscotto 14 il Fatto Quotidiano GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 IL RITORNO DI FIORELLO “UN SALUTO AL SIGNOR MARIO” WANDA NARA VIA DA TWITTER “DEVO PENSARE AI MIEI BAMBINI” IL FILM POSTUMO DI MAZZACURATI DAL 24 APRILE NELLE SALE Fiorello è tornato. Ieri mattina la prima “edicola” dopo l’incidente in moto dell’inizio di marzo. “Dopo Pasqua torniamo sul web e poi anche in radio. Forse su Radio1” “Lascio Twitter, penso ai miei figli”. Così Wanda Nara, compagna di Mauro Icardi ed ex del bomber della Sampdoria Maxi Lopez. I tre sono al centro di vendette incrociate Uscirà il 24 aprile in 150 copie il film postumo di Carlo Mazzacurati, morto tre mesi fa. Si chiama “La sedia della felicità”, protagonisti Valerio Mastandrea e Isabella Ragonese SECONDO TEMPO SPETTACOLI.SPORT.IDEE La giusta casa di Radio Aut INAUGURATA A CINISI LA NUOVA SEDE DI “RADIO CENTO PASSI”, EREDE DELLA STORICA EMITTENTE FONDATA DA PEPPINO IMPASTATO DAL 9 MAGGIO TRASMETTERÀ DA QUELLA CHE FU LA CASA DI TANO BADALAMENTI CENTO PASSI di Giuseppe Lo Bianco Cinisi (Palermo) I vecchi transistor di Radio Aut sono diventati file audio da mandare in onda sul web e così da quel balcone al primo piano sul corso principale dove, 40 anni fa, si affacciava il boss Tano Badalamenti per distribuire ai cittadini banconote da centomila lire durante la processione di Santa Fara, oggi sorridono Giovanni Impastato e Leoluca Orlando, venuti a inaugurare simbolicamente la nuova sede di Radio Cento Passi proprio nella casa confiscata al capomafia più “trattativista con lo Stato” degli Anni 70. Benvenuti a Cinisi, 35 chilometri da Palermo, a due passi dall’aeroporto Falcone-Borsellino, il paese dove don Procopio Di Maggio, uomo della Nella foto grande, Peppino Impastato, ucciso su ordine di Tano Badalamenti il 9 maggio 1978. A fianco, il fratello Giuseppe dal balcone della casa che fu del boss, ora sede di Radio Cento Passi, erede di Radio Aut, l’emittente fondata da Peppino. In alto, l’attuale redazione Ansa banda di Al Capone e braccio destro di don Tano, a 93 anni passeggia riverito per il corso principale e dove tra qualche giorno la voce di Peppino e dei suoi compagni di allora tornerà a farsi sentire dai microfoni della Web radio sorta nel 2010 sulla scia del successo del film di Marco Tullio Giordana per volontà di un gruppo di ormai “anziani” compagni di Peppino Impastato, tra cui Danilo Sulis e Salvo Vitale, che non ha perso la irriverenza di tanti anni fa: “Non puoi capire – dice Vitale – la soddisfazione che provo ogni volta che apro la porta di questa casa per partecipare a dibattiti e convegni, ma soprattutto quando vado in bagno e nella mia immaginazione vedo riflessa la faccia di don Tano den- CANNES Oggi il programma. Poco spazio per il cinema made in Italy di Federico Pontiggia es we Cannes? Per l’Italia il punto interrogativo è d’obbligo: oggi verrà sveY lato il programma del festival francese (14-25 maggio), ma le previsioni per i nostri colori non sono buone. Se il Marcello Mastroianni del felliniano 8 e 1/2 ha conquistato l’affiche della 67ma edizione, rischiamo di vivere di ricordi, almeno in Concorso: fuori dai giochi Il giovane favoloso di Mario Martone, il biopic leopardiano con Elio Germano, a competere per la Palma potrebbe essere l’Asia Argento di Incompresa, dove dirige Charlotte Gainsbourg e Gabriel Garko. È l’unica nostra speranza, ma il suo terzo film da regista potrebbe finire nella sezione parallela Un Certain Regard, dove è molto probabile affianchi l’opera seconda di Alice Rohrwacher, Le meraviglie, interpretato dalla sorella Alba e Monica Bellucci. Alla Semaine dovrebbe trovare posto l’esor- dio alla regia di Sebastiano Riso, Più buio di mezzanotte non può fare, storia del trans Fuxia (all’anagrafe Davide Cordova), l’unica certezza per ora è un cortometraggio tricolore tra i dieci all’attenzione del presidente di giuria Abbas Kiarostami: A passo d’uomo di Giovanni Aloi, autore delle Iene passato al cinema per raccontare il dramma di un cassintegrato dell’Ilva, è stato prima inserito ma poi escluso dalla competizione. Italia a parte, chi per la Palma? I soliti noti della Croisette: da Mike Leigh a Ken Loach, da Zhang Yimou a Takashi Miike, da Olivier Assayas ai fratelli Dardenne, da David Cronenberg a Denys Arcand, da Emir Kusturica a Michel “The Artist” Hazanavicius, con l’incognita Terrence Malick (Knight of Cups) e la quasi certezza Woody Allen, fuori concorso con Magic in the Moonlight. tro la tazza del water”. Inaugurazione simbolica perché la casa di Badalamenti è ancora un mucchio di stanze vuote con i segni del suo delitto più atroce appesi alle pareti, le foto in bianco e nero dei resti di Peppino segnati dal rosso del sangue sparsi in un’area di oltre duemila metri quadri. Sono le immagini della controinchiesta compiuta subito dopo l’omicidio dai suoi compagni di allora, che portò a galla le prime stranezze investigative, culminate poi nel depistaggio clamoroso che paralizzò le indagini per decenni. Stranezze di cui si accorse anche il pretore di allora, Giancarlo Trizzino, che non riusciva a comprendere come mai di quel corpo dilaniato non venne rinvenuto neanche un pezzo “consistente”. Erano anni in cui, come dice il sindaco Orlando “non c’era trattativa tra Stato e mafia, ma identificazione: basta leggere la prima sentenza in cui è scritto che i carabinieri hanno svolto una funzione di deviazione delle indagini che avevano scoperto quell’identificazione tra pezzi dello Stato e la mafia”. QUI, NELLA STANZA retrostante il salone al pianterreno, sarà collocata la sala regia, con il tavolo di trasmissione e i microfoni; non sarà facile, invece, trovare uno spazio per la redazione di giovanissimi e appassionati aspiranti giornalisti che il fratello di Peppino ha battezzato come eredi dell’esperienza di Radio Aut: “C’è una continuità storica tra Radio Aut e Radio Cento Passi – dice Giovanni Impastato – qui bisogna recuperare un ritardo culturale assai grave: prima delle stragi del ’92, per promuovere la legalità a scuola non ci facevano neanche entrare. Peppino, inoltre, era un consigliere comunale qui a Cinisi: è vero, gli hanno intitolato una strada e l’aula consiliare, questa casa l’abbiamo acquisita anche grazie al Comune, ma se ogni anno il consiglio comunale si fosse riunito in seduta straordinaria per commemorarlo, forse non avremmo avuto questo deficit di legalità qui in paese”. Il compito di colmarlo oggi è affidato alla giovane redazione che divide la casa che fu del boss con l’associazione “Peppino Impastato” e lo stesso Comune di Cinisi, che qui collocherà la biblioteca comunale. Radio Cento Passi iniziò a trasmettere proprio da Cinisi la sera del 5 gennaio 2010, dalla casa di Impastato su questo corso principale, separata dall’abitazione di Badalamenti dagli ormai noti “cento passi”. Da allora è diventata una realtà con punti di riferimento a Roma, Milano, Bari e Hannover, in Olanda, un canale YouTube, dal gennaio 2013 anche un giornale on line e una web tv, in programma corsi formazione di tecnici radio e di giornalismo e in cantiere il progetto “Onda d’urto”, per il quale si attendono i finanziamenti. Le trasmissioni dovrebbero partire il 9 maggio, in occasione del 36° anniversario dell’omicidio di Peppino, andranno in onda a puntate anche 32 programmi condotti da Salvo Vitale dopo il delitto, “molto forti e per certi aspetti ancora più violenti e irriverenti di Onda Pazza”, giura. Basterà per investire Radio Cento Passi della pesante eredità di Radio Aut? “Radio Aut morì nel 1980, come muore il carbone acceso che si copre come un panno per togliergli l’ossigeno – conclude Vitale – non penso che quel tipo di esperienza sia ripetibile, è morta con Peppino perché quella era una radio movimentista, di lotta continua e io in giro non ne vedo molta”. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 15 Venticinque anni di Blob La caduta del muro tv STIPENDI Il calcio italiano è il meno “democratico” IL 17 APRILE DEL 1989 ESORDIVA IL PROGRAMMA CHE HA DEMOLITO CERTEZZE E PUNTI DI VISTA CON SURREALISMO E SANA CATTIVERIA remier League davanti a tutti, Serie A il campionato in cui le sperequazioni tra ricchi e poveri sono più evidenti. P Queste le prime impressioni dal rapporto sugli stipendi del- di Malcom Pagani a che bella faccia da cazzo, non ne ho mai viste così, bravo complimenti, proprio una bella faccia da cazzo”. Il reiterato accostamento tra il Vittorio Gassman in vestaglia di Tolgo il disturbo e la cravatta al collo di uno sfatto, sudato, provato Onofrio Pirrotta, volto del Tg2 colto in una pausa assassina, costò a Blob e ai suoi montaggi alternati la prima querela. Era il 1991, qualche muro era già caduto e nella ricostruzione del M LA PRIMA IDEA Andrea Barbato chiese a Marco Giusti una rubrica sul meglio della settimana Lui rilanciò proponendo una lettura deformata con i fari accesi sul peggio presente, la trasmissione nata nel mese più crudele del 1989, il giorno 17, da un’idea di Marco Giusti ed Enrico Ghezzi, demoliva certezze e punti di vista sostenendo lo sforzo con surrealismo e cattiveria. Il primo a immaginare un contenitore fu Andrea Barbato. Nella libera Repubblica Rai di Angelo Guglielmi avrebbe voluto dar vita a Fluff, uno spazio anarchico, in cui confluissero disordinatamente frammenti di realtà rielaborati dalla riflessione, comici alla ribalta, risorse della rete, cazzeggio, confusione. GIUSTI, a cui Barbato in vista del programma aveva chiesto una rubrica sul meglio della settimana, rilanciò proponendo una lettura deformata del quotidiano con lente d’ingrandimento e fari accesi sul peggio. Il chi è, chi non è, chi si crede di essere di d’agostinesca memoria immesso nel frullatore della sapienza filmica, della citazione colta, della sovrapposizione ora barocca, ora secchissima dei tanti ipertrofici io del caravanserraglio televisivo, della politica, dello spettacolo. Venticinque anni dopo, messe in bacheca quasi ottomila puntate e mille monografie, dire cosa sia rimasto del Blob originario e dei tanti nomi da Giorgini a Papo che spingevano alla gratitudine a fine messa in onda, è difficile. Peso dell’abitudine e mimesi non sempre volontarie hanno intorbidito le acque. Confuso il quadro. Reso meno eroico il tentativo che al principio bloccò di fronte allo schermo torme di spettatori del tutto disabituati a osservare le maschere del palazzo e a vederle denudate nel confronto/scontro tra lo sconcio esercizio del potere, la supposta eresia di Moana Pozzi o la presunta innocenza di un cartone animato Metro Goldwyn Mayer o di una scheggia di Carosello. Come accade alle truppe in cui le intelligenze confliggono, il ritmo non dà requie e le fiamme rischiano di infiammare fuochi non sempre indirizzabili, anche al plotone di Blob toccò la sua diaspora. Il nucleo iniziale si parcellizzò, gli amici di un tempo litigarono, la trasmissione che nei decenni rimase piccola ma essenziale vedetta sull’orrore spacciato per normalità cambiò forma, registro e inclinazione. Anche a un quarto di secolo di distanza, Blob rimane un miracoloso corto circuito sopravvissuto ai conformismi e alle castrazioni preventive. Un ambito senza regole. Uno Stato canaglia al di fuori delle leggi. Così domani, nel Paese che non dimentica mai un anniversario, in luogo di una funeraria scritta nera, su tutti i programmi di Rai Tre passerà in sovrimpressione quella rossa. Forse la stessa del fluido mortale di Yeahworth, anno di grazia 1958. Forse un’altra. Quattro lettere in croce. Aspettando il trentennale e un’idea anche solo paragonabile al lampo dell’89. di Luca Pisapia l’élite sportiva mondiale: il Global Sports Salaries Survey 2014, report redatto da sportingintelligence.com che prende in esame 294 squadre, 15 campionati, 12 paesi e 9 mila atleti per un monte stipendi totale che supera i 16 miliardi di dollari. A guidare la classifica, per il secondo anno consecutivo, il Manchester City, con un stipendio medio annuale per ogni giocatore di 5,33 milioni di dollari, alla faccia del fair play finanziario. Dietro il City sul podio due società di baseball Usa, i New York Yankees (5,28 milioni) e i Los Angeles Dodgers (5,11 milioni). Al quarto e quinto posto di nuovo calcio, con il duo spagnolo Real Madrid (4,99) e Barcellona (4,90). Settimo il Bayern Monaco di Guardiola (4,40 milioni), ottavo il Manchester United (4,32 milioni), decimo il Chelsea (3,98), undicesimo l’Arsenal (3,90), ventesimo il Liverpool (3,20). In Italia si nota fin da subito la cura dimagrante del bilancio del Milan, sesto l’anno scorso, oggi ventisettesimo, con (3,02). Sale invece la Juventus (18° posto, 3,51). Nelle leghe americane i tetti salariali fanno sì che il divario tra prima e ultima non sia mai più del doppio; nel calcio la Premier League, grazie anche a una egualitaria spartizione dei diritti tv, risulta più democratica, con una differenza di 4 volte tanto. In Italia la sperequazione è assai forte, e il monte stipendi della prima è quasi dieci volte tanto quello dell'ultima MONTAGGI Gianfranco Funari e Silvio Berlusconi nel 1994 Ansa Il Vaticano riabilita anche don Milani LA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE: “NON C'È PIÙ NESSUNA PROIBIZIONE DA PARTE DELLA CHIESA PER LE SUE OPERE” di Furio Colombo e ne scrivessi in un racconto o in S un dramma, invece che in un articolo di commento – ora che la Congregazione per la dottrina della fede annuncia che per la ristampa di Esperienze pastorali di don Lorenzo Milani “non c’è più nessuna proibizione da parte della Chiesa e torna a diventare un patrimonio del cattolicesimo italiano” – sceneggerei così: è don Milani che va a trovare Papa Francesco per raccontargli della scuola di Barbiana, per portargli il libro Esperienze pastorali (quello da cui tutto è cominciato, e prima di tutto la proibizione della Chiesa per il libro e l’esilio del prete-autore) e per mettergli sul tavolo Lettera a una professoressa. In quella scuola e in quel libro c'è tutta l'Italia che non c’è stata, ci sono gli eventi che non sono accaduti, le negazioni che si sono accatastate come i pezzi di una costruzione malevola. Sul momento lo sapevano in pochi, quasi solo Lorenzo Milani e i suoi bambini della scuola sperduta nel Mugello, e i pochi che lo sostenevano e lo andavano a trovare. Tutto comincia dal rapporto con i poveri e i deboli, e tutto si sfalda, si rompe, si corrompe nella corsa in avanti verso modelli sempre più arrischiati di violenza e ricchezza. Strana e degna di una grande scena teatrale, la capacità della Chiesa ricca e padronale di capire subito. Si trova davanti un prete troppo giovane e troppo inesperto per fare danno. E capisce subito che farà danno, un danno grandissimo: svelare la finzione della fede, quando coincide con la forza, il potere e il danaro, raccontare come avviene l’abbandono dei poveri, far capire in che modo, se svilisci una parte degli esseri umani, corrompi tutto. E il prete viene mandato lontano, in montagna, nel villaggio di Barbiana che, senza Lorenzo Milani, non sarebbe mai neppure esistito. Quello che si vedrebbe, nella mia idea di sceneggiare l’incontro fra Lorenzo e Francesco, è che i due si conoscono già, in profondo, e che sorridono l’uno all’altro della finzione con cui ci viene dato l’annuncio. Un cardinale è felice di poter parlare apertamente di don Milani perché un altro cardinale, preceduto da dotti articoli, ha fatto sapere che mai la Chiesa ha espresso dubbi su quella cara persona di Barbiana, sul suo modo di vivere l’esperienza pastorale, a partire dalla lotta per sopravvivere e dalla passione di non restare al buio, della voglia di sapere, di tante persone che i censimenti e le ricerche sociali catalogano di volta in volta fra “illetterati” o “poveri” o “addetti a lavori di fatica”. Entrambi sanno, in modo diverso e da mondi diversi, che Lettera a una professoressa è la riforma della scuola che si è sempre invocata e mai fatta (o fatta in modi banali, sbagliati, ridicoli) per il rifiuto tenace (diventato con gli anni sempre più forte a sinistra) di cadere nella trappola del prestare attenzione prima di tutto ai deboli e ai poveri, e alla scuola pubblica come dovere di Stato, e anzi come principale definizione del rapporto fra Stato e cittadini. DAI DUE MONDI, Lorenzo Milani e Papa Francesco portano un’esperienza cara e comune: quando loro dicono “i nostri ragazzi” e affermano che “sono il simbolo della nostra patria”, intendono gli scolari, non i soldati (anche se rispettano i soldati al punto che non li vogliono far combattere mai), e certo Lorenzo Milani, dall’interno di una Chiesa che lo teneva al bando e lo proibiva, ha portato al nuovo papa il seme vivo e intatto di quella pianta del collettivo di bambini di Barbiana, che non ha potuto fiorire ma che nessuno ha potuto uccidere. È come se, nel momento dell’incontro fra il Papa diverso e il prete ribelle, arrivasse fino a loro la lunga fila (esile ma resistentissima) di coloro che si sono tramandati nei decenni la Lettera a una professoressa come il testo italiano di una teologia nonviolenta della Liberazione che può ancora essere una mappa di lavoro e una carta di orientamento. In una coreografia immaginaria, coloro che Don Milani a Barbiana in una foto scattata da un giovanissimo Oliviero Toscani Ansa portano in dono a tutti gli italiani questa lettera-manifesto prendono posto accanto a coloro che si sono sempre opposti alla corruzione, che hanno vissuto del proprio lavoro, che hanno voltato le spalle a mafia, camorra e ’ndrangheta a costo di morire, che hanno disobbedito alla Chiesa per non abbandonare gli ultimi non soltanto perché poveri, perché privi di ogni tutela e persino di casa, di rispetto sindacale, di rispetto in carcere, di diritti civili e umani, di accoglienza quando scampano al mare, del diritto di essere italiani quando nascono in Italia, del diritto di non essere uccisi e di non uccidere. È una grande massa di popolo che non ha partito, quella che viene da Barbiana. È quella che arriva dove chiese e governi si sono occupati soltanto del potere, che chiamano “la politica”. Ora che i cardinali hanno fatto finta di non avere mai proibito, e anzi ci stanno dicendo che persona gradevole era quel don Milani, un po’ ebreo e un po’ cristiano, ma credente al punto di non cedere e di lasciarsi confinare ai margini del mondo, ma senza tacere (anzi, organizzando il suo coro di bambini che imparano a non lasciarsi tenere al loro posto), ora lasciamoli insieme, il prete e il Papa. Potrebbero accadere cose più grandi dei telegiornali gridati. 16 SECONDO TEMPO GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 il Fatto Quotidiano UOMINI E DONNE Vita da gigolò al tempo della crisi JOHN TURTURRO & ALLEN, LA COMMEDIA DIVERTENTE IN CUI WOODY TORNA A FARE WOODY di Anna Maria Pasetti utta colpa di un barbiere. Che per fortuna non si è fatto gli affari suoi. Quello di John Turturro, infatti, è una sorta di confidente al quale depositare folgorazioni, problemi e intime confessioni. Come quella di scrivere e girare un film su un Gigolò per caso con protagonisti se stesso e Woody Allen. Evidentemente la sua idea è suonata da vera e propria epifania alle orecchie attente del “barber” di New York, che il caso voleva fosse lo stesso del grande regista pluripremio Oscar. “Lingua lunga” si è fatto intermediario tra i due e in un batter d’occhio John & Woody si sono trovati nella stessa deliziosa commedia. Che da oggi Lucky Red distribuisce in circa 400 sale. Fornita la genesi del progetto, urge distinguere “chi fa chi”: ebbene, Allen non è il gigolò, ruolo che invece si è conservato per sé il deus ex machina Turturro, che pur non essendo un adone alla vista, entra più plausibilmente nei panni di un lover professionista almeno per ragioni anagrafiche. “E poi T scusate, non è necessario esser belli per essere sexy: pensate a Mick Jagger, con quella bocca che da piccolo mi faceva persino paura...” ha tenuto a precisare il simpatico italo-ame- LA GENESI DELLA PELLICOLA Galeotto fu il barbiere cui il regista raccontò la volontà di girare un film col Maestro. Al loro fianco Sharon Stone, Sofia Vergara e Vanessa Paradis ricano quando ha presentato a Roma il suo quinto film da regista. “Se è per questo neppure Woody Allen incarna sembianze apollinee, ma – chiosa Turturro – quando l’ho incontrato per parlare del film, ha iniziato a piegare la testa e guardarmi negli occhi con quel suo non-so-che: e allora ho finalmente capito perché Woody sia adorato dalle donne”. Un tema da sempre ma oggi ancor più caldo, quello di “Allen & le donne”, che Turturro ha saggiamente accantonato “non sono a conoscenza dei fatti, quindi non posso parlare”. Di donne, e della loro GIGOLÒ PER CASO © Usa, 2013 regia: John Turturro; con: John Turturro, Woody Allen, Sharon Stone, Sofía Vergara, Vanessa Paradis, Liev Schreiber, Bob Balaban sconfinata voglia di tenerezza a cui si aggiunge un proverbiale quanto inconsolabile stato di perenne solitudine, invece si parla parecchio nella nuova fatica di John, che al suo fianco ha voluto tre icone cinematografiche a simboleggiare altrettante diverse femminilità: la dermatologa frustrata ma intimamente passionale Sharon Stone, la focosa “dominatrix” latina Sofia Vergara e la dolce vedova Vanessa Paradis, appartenente a una comunità chassidica e dunque costretta dentro rigide regole. Turturro, che nel film porta il nome di Fioravante, mentre Allen è Murray detto “Bongo”, si trasforma in reticente gigolò spinto da quest’ultimo nel momento in cui la crisi impone ad entrambi di chiudere la vecchia libreria in cui lavora- vano, con l’effetto del salvadanaio ormai svuotato. Protettore e protetto iniziano il business con un certo successo, ma l’inatteso attaccamento di Fioravante alla timida Avigal (Paradis) scombina carte e regole del gioco. LINEARE e senza ambire al capolavoro, Gigolò per caso s’in- serisce nel genere commedia “deliziosa, garbata ma ironica” di cui l’idea e il riuscitissimo ensamble di interpreti potevano lasciar intravedere già sul copione. Se Woody Allen “fa” Woody Allen scodellando battute indimenticabili, la vera sorpresa è la francese in versione “Brooklyn jewish” Vanessa Paradis, perfettamente capace di restituire la tensione interiore del suo personaggio. Innamorato dell’antenata Penisola, e tuttora impegnato sul set di Mia madre per la regia di Nanni Moretti, Turturro ha voluto che Gigolò per caso fosse anche un film italiano. Due maestranze di rilievo spiccano infatti nell’elenco della troupe: Marco Pontecorvo ad illuminare la direzione della fotografia (“è Marco il gigolò a cui ci siamo ispirati...”) e Simona Paggi a confezionare un magnifico montaggio. Entrambi avevano lavorato con Turturro nel suo precedente e folgorante Passione: squadra che vince non si cambia. BOX-OFFICE I PIÙ VISTI 1. NOAH € 2.665.566 tot 4gg id 2. GRAND BUDAPEST € 733.047 tot 4gg id 3. CAPTAIN AMERICA € 604.787 tot 3sett € 6.050.774 4. UN MATRIMONIO... € 594.113 tot 4gg id IN FILA PER NOÈ In attesa del “pigliatutto” Spider-Man2, è l’eroe biblico di Aronofsky a fare il pieno al box office di Cinetel del 10-13 aprile. Noah e la sua Arca in 3D superano infatti i 2,5 mln di euro in un weekend, complice l’estremo numero di copie di uscita del film (853). Secondo, ma ben staccato in termini di cifre, è il Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, che si spera possa crescere di passaparola. Tiene bene, invece, l’inossidabile Captain America giunto a un totale di oltre 6 milioni. RECENSIONI Rio Amazzonia: a volte ritornano, in questo caso si superano © Rio 2 regia: Carlos Saldanha; Animazione BLU, JEWEL e i loro tre bambini vivono a Rio, ma la stupenda città brasiliana è una gabbia dorata: i simpatici pappagalli blu si sono umanizzati, viziati da iPod e tv. Per fortuna, gli amici ornitologi sco- prono che non sono gli unici esemplari superstiti: la natura chiama, Jewel incalza, si parte per l’Amazzonia in cerca dei parenti. Pericoli (disboscamento) e insidie (suoceri!) non mancheranno, Blu armato di GPS e coltellino svizzero sarà all’altezza? A volte ritornano, e a volte si superano: Rio 2 – Missione Amazzonia batte l’animazione Pfister, esordisce alla regia con Transcendence, ma non è “buona la prima”: macchina da presa tra le nuvole e coerenza a terra, Pfister fa cattivo servizio alla già manchevole sceneggiatura di Jack Paglen. Pregevoli le intenzioni, eppure la filosofia della scienza imbarca fandonie, l’interazione uomo-macchina elude il libero arbitrio, gli attori guardano al conto in banca e la liaison tra Will e la moglie Evelyn è Harmony in e-book. Pfister tenta di cambiare sesso a Her di Spike Jonze, ma questo “Him” finisce solo per dare del lei al Cinema. Fed. Pont. originale, che nel 2011 incassò oltre 140 milioni di dollari nel mondo. Tra coreografie e parodie (I will survive) indovinate, animaletti cult (la rana innamorata e il bulldog bavoso) e partite di calcio volante, il monito ecologista incrocia il romanzo di ri-formazione e la Pasqua formato famiglia è salva: grandi e piccini – a parte forse la CIAK SI GIRA Silvio Orlando, Fabio Volo e il remake INIZIERANNO a maggio le riprese di “Road to Capri”, un film diretto da Boris Damast, autore anche della sceneggiatura con Blake Armstrong e Giovanni Labadessa. Il film sarà interpretato da Virginia Madsen, Ian McShane e altri attori italiani ancora in via di definizione. Per il momento si fanno i nomi di Maria Grazia Cucinotta, Nicolas Vaporidis e Giancarlo Giannini. “Road to Capri” racconterà la storia di un padre morto, due madri, due fratelli che non sapevano di essere tali e di un'eredità. LO SCENEGGIATORE Massimo Gaudioso, coautore tra l’altro del copione di “Gomorra” debutterà nella regia a fine maggio dirigendo per la Cattleya il remake de “La grande seduzione”, una commedia canadese del 2003 di Jean–Francois Poillot nello stile di “Benvenuti al Sud” e “Svegliati Ned”. Interpretato da Silvio Orlando, Fabio Volo e Nando Paone il film sarà ambientato ai nostri giorni in uno piccolo paese sperduto della Lucania la cui collettività si mobilita per risolvere un problema legato all'economia locale: trovare un medico vero o qualcuno disposto a sembrare tale. Fabio Volo Ansa CATE BLACHETT è in trattativa per entrare a far parte del cast di “The Dig”, nuovo progetto di Susanne Bier tratto dal romanzo di John Preston e sceneggiato da Moira Buffini che adatterà per il cinema la storia del più celebre ritrovamento archeologico inglese, il tesoro di Sutton Hoo. Ambientato durante i giorni che precedono lo scoppio della Seconda guerra mondiale il film racconterà le vite del team di esperti che ha condotto gli scavi del 1938/39, durante i quali fu ritrovato il corredo funerario di una nave di 27 metri, tomba del primo sovrano inglese Redwald, re dell’Anglia orientale. durata –gradiranno. Sì, questi pennuti hanno stoffa e il merito è di Blue Sky, già artefice dell’Era glaciale: la Pixar sta a guardare o si dà una mossa? Federico Pontiggia © Transcendence regia: Wally Pfister; con: Johnny Depp, Rebecca Hall IL DOTTOR Will Caster (Depp) è il massimo ricercatore in Intelligenza Artificiale, ha una bella moglie (Hall), un buon amico (Paul Bettany) e un sogno: ibridare intelligenza collettiva ed emozioni umane, in soldoni, dare un cuore alla macchina. Grazie a dei luddisti 2.0, il sogno diviene realtà: Will lo sperimenta in prima persona trascendente, ma qual è il limite? Lo storico direttore della fotografia di Chris Nolan, il premio Oscar Wally © Song ‘e Napule regia: Antonio e Marco Manetti; con: Alessandro Roja, Giampaolo Morelli DIPLOMATO in pianoforte e disoccupato, Paco (Roja) trova posto in polizia: impacciato, inesperto, finisce al deposito giudiziario, ma non per molto. Il commissario Cammarota (Paolo Sassanelli) bracca il camorrista O’ Fantasma e Paco può tornare utile: dovrà infiltrarsi nel gruppo del neomelodico Lollo Love (Morelli) che si esibirà al matrimonio della figlia di un boss. Dopo horror (Paura) e fantascienza (L’arrivo di Wang), i Manetti si buttano nel loro calderone popolare polizi(ott)esco e musicarello: Song ‘e Napule, ennesimo capitolo della lotta di Marco e Antonio per la salvaguardia del cinema di genere in Italia. Se Morelli fa impallidire Gigi D’Alessio, Roja sogna Tomas Milian e Sassanelli conferma di meritare di più, il film sfodera il sorriso e mette la camorra al tappeto: all’ombra del Vesuvio non sono solo canzonette, c’è la fantasia canaglia dei Manetti. Fed. Pont. © Onirica regia: Lech Majewski; con: Michal Tatarek, Elzbieta Okupska UN GIOVANE uomo perde moglie e figlioletta in un incidente stradale. Il senso di colpa per essere sopravvissuto e di inadeguatezza alla vita senza di loro lo perseguitano, al punto da desiderare solo di dormire per “rivedere” le amate in sogno. Sullo sfondo la Polonia del 2010, annus terribilis per quel Paese che vide sia l’incidente aereo fatale al presidente Kaczynski e a vari personaggi istituzionali, sia una grave inondazione nei territori meridionali. Parte di un “trittico” accanto a Il giardino delle delizie (2004) e I colori della passione (2010), Onirica è il nuovo segmento cinematografico del percorso pluri-mediale di Majewski, tra gli artisti “polifonici” contemporanei più interessanti. La complessa ricercatezza linguistica non delude le aspettative rispetto all’opera del Maestro polacco, attento non solo agli aspetti formali dell’Arte ma anche a quelli filosofico-politici del proprio Paese. Anna Maria Pasetti SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 17 FEDERICO COSTANTINI Conduttore di “Urban Wild” su Italia Uno LaPresse SKY UNO IL PEGGIO DELLA DIRETTA Quel diavolo di Cracco ora dà fuoco alle cucine di Patrizia Simonetti ome si fa a non ammirare un C uomo che ti convince che le alici con il pepe rosa, il caviale al limone e le alghe croccanti non bastano se non ci sono le patatine San Carlo e che per una ricetta originale ci vuole “un tocco d’audacia” che è sempre quella sfogliatina in busta che sgranocchiamo negli aperitivi o rumorosamente al cinema ungendoci le mani? Carlo Cracco non è solo uno chef famoso, ma un imbonitore televisivo dallo sguardo magnetico che incolla al video signore di ogni età che lo vorrebbero nella loro cucina e non solo. ALTRO CHE Bastianich lì a gridare alla casalinga di turno intenta a metter su l’acqua per la pasta che “routine uno, fantasia zero”. Ecco forse perché dopo Masterchef Joe si è dato alla musica, Barbieri ai Junior e lui invece da stasera fa il diavolo in cucina in Hell’s Kitchen Italia, produzione originale SkyUno firmata Magnolia, prima versione nostrana del talent culinario nato nel 2003 in Gran Bretagna, sbarcato due anni dopo in USA e poi in 26 paesi, al timone Gordon Ramsay, chef dal turpiloquio facile, superbippato quanto superstellato. “Sì ma anch’io mi incazzo realmente” rivendica il nostro, che nello spot, in stile strega piromane di American Horror Story, con rapidi gesti appicca incendi tra lavandini e fornelli per poi soffiare sulla fiammella rimastagli sulla spalla come un cow boy sulla pistola dopo aver sparato. 16 i concorrenti iniziali dai 19 ai 37 anni, metà uomini e metà donne, tutti più o meno del settore, divisi in due “brigate”, la rossa e la blu, ma due ce li perdiamo subito alla prima sfida, per cui in 14 entreranno nel ristorante per organizzare a tempo di record una cena impeccabile per 70 persone cui è permesso pure spiarli in cucina, tanto per innervosirli un po’. “C’è chi fa bene e chi invece si fa prendere dall’ansia” anticipa Cracco. Certo che se li svegli ripetutamente nel cuore della notte solo perché ti è venuta in mente una nuova video-ricetta da mostrargli, non è che li aiuti molto a rilassarsi. Perché la novità italiana è che durante il programma si abita tutti insieme nel loft al piano di sopra. Reminiscenze da Grande Fratello? “Ma va, questa è gente che lavora – tuona Cracco – mica sta lì per dormire, ma per vincere un posto di lavoro!”. In palio infatti, non male di questi tempi, un contratto stagionale nel primo ristorante di Hell’s Kitchen che verrà aperto a fine programma nel Forte Village Resort in Sardegna, costo: 200mila Euro. Più o meno 133mila pacchetti di patatine. “Urban Wild”, il moderno Safari di Italia Uno di Luigi Galella n’idea Urban Wild ce l'ha, ed è il tiU tolo, che nell’unica locuzione associa concetti opposti: l’“urbano” e il “selvaggio”. Abituati da secoli di storia moderna a separare il mondo della città da quello della campagna – e relativa boscaglia – abbiamo sempre vissuto le due realtà come antitetiche. Ma via via che le città crescevano, l’aria si faceva irrespirabile, la moltitudine delle folle rendeva gli uomini estranei gli uni agli altri e la multiculturalità e la multietnia li confondeva, lo spazio urbano a suo modo si è trasformato in un panorama selvatico e ostile, teso ad accogliere e ricreare in sé ciò che un tempo espelleva. L’ossimoro quindi è solo apparente. Le città moderne, soprattutto le megalopoli, hanno qualcosa di maestoso e mostruoso, generando una nuova forma di sublime, nell’orrore metropolitano. Per poterle vivere, per non esserne annientati, anche solo dalla semplice visione, bisogna addestrarsi alle loro quotidiane insidie. Che in Italia sono minime: le molestie del traffico, gli acquazzoni abbondanti che rendono le città un pantano, o la neve che torna proditoriamente a imbiancare le strade dopo anni di assenza. Altrove, invece, accade altro. Oggi la città si misura innanzitutto nelle abnormi dimensioni: l’agglomerato cittadino di Tokyo, ad esempio, conta 37 milioni di uomini. Più della metà di tutta la popolazione italiana. E già in questo numero macroscopico è dichiarata la cifra della sua urbana selvaticità. ventato e incattivito, scambiato per un serpente, nella sudafricana Durban. O ancora nei suggerimenti dell’esperto di sopravvivenza Cade Courtley, presente in tv in ogni evenienza disastrosa, che per le sue competenze è anche noto come patentato menagramo, che guardando fissamente la telecamera insegna e dimostra come difendersi dai terroristi. È utile apprendere, ad esempio, che in situazioni simili occorre tenersi a trenta centimetri dalle pareti per sventare il pericolo dei proiettili di rimbalzo. Abbiamo visto soccorrere un cane intrappolato in un fiume in piena, la torta di hummus più grande del mondo, due giovani che in una pizzeria, per aver chiesto un rimborso, vengono presi a pugni da un pizzaiolo mafioso, armato. E altre amenità di composita estrazione. Con un ritmo narrativo sostenuto e rapido e una fotografia dai forti contrasti cromatici. Ma non sappiamo se i giovani, cui tutto ciò è rivolto, si risveglieranno dal loro torpore postprandiale. Più verosimile che rimangano in sonno: il vero ossimoro, infatti, non è tanto nel concetto di “urban wild”, quanto piuttosto nell’idea stessa – antica e di fatto impraticabile – di “tv dei ragazzi”. IL PROGRAMMA di Italia1 (mercoledì, 16.15) – la rete Mediaset che più di altre strizza l'occhio al pubblico giovanile – è condotto da Federico Costantini, un ragazzo aitante, un po’ urbano un po’ selvatico, che dimostra meno dei suoi anni (25), palestrato e ben piantato, che fissa in tralice la telecamera, con l’aria truce e le braccia conserte, e ha il linguaggio che si conviene a chi debba accompagnarci in un tour da galleria dell’orrore. L’orrore spettacolare del quotidiano, per quanto poco usuale. Che si rappresenta nella visione di un mansueto leone, che azzanna la gamba dell’incauto addestratore, che per poco lascia fra i denti del morbido felino polpaccio e qualche ossetto di contorno. O nella cattura di un varano, spa- Gli ascolti di martedì UNA BUONA STAGIONE Spettatori 4,38 mln Share 17,3% MADE IN SUD Spettatori 2,43 mln Share 10,5% BALLARÒ Spettatori 3,32 mln Share 13,3% GIASS Spettatori 3,50 mln Share 9,22% LA TV DI OGGI 6.45 Unomattina Attualità 10.00 Unomattina Storie Vere Rubrica 10.30 Unomattina Verde Rubrica 10.55 Che tempo fa Informazione 11.00 TG1 Informazione 11.25 Unomattina Magazine Rubrica 12.00 La prova del cuoco Varietà Condotto da Antonella Clerici 13.30 TG1 Informazione 14.00 TG1 Economia Informazione 14.10 Verdetto Finale “Un figlio che non vuole crescere” Attualità 15.20 La vita in diretta Attualità Rai Parlamento Telegiornale - TG1 - Che tempo fa Informazione (all’ interno) 18.50 L’ eredità Gioco 20.00 TG1 Informazione 20.30 Affari tuoi Gioco 21.10 Carosello Reloaded Documenti 21.15 La pista “Quarta puntata - Ospite: Nino Frassica” Reality show TG1 60 Secondi Informazione 23.50 Canzone Luciano Ligabue in... Dopo tutti questi anni 1.00 TG1 Notte - Che tempo fa Informazione 8.15 Due uomini e mezzo “Dolce alla banana” Tf 8.35 Desperate Housewives “Unica nel suo genere” “Verità nascoste” Tf 10.00 TG2 Insieme Attualità 11.00 I Fatti Vostri Attualità 13.00 TG2 Giorno Informazione 13.30 TG2 Costume e Società Rubrica 13.50 Medicina 33 Rubrica 14.00 Detto fatto Attualità 16.00 Question time (Dir.) 17.20 Lol:-) Sit com 17.45 TG2 Flash L.I.S. Meteo 2 Informazione 17.50 Rai TG Sport Notiziario sportivo 18.15 TG2 Informazione 18.45 Squadra Speciale Cobra 11 “Addio giovinezza” “L’ arma del ricatto” Telefilm 20.30 TG2 - 20.30 Informazione 21.00 Lol:-) Sit com 21.10 Prima tv N.C.I.S.: Los Angeles “Il Grande Fratello” Tf N.C.I.S.: Los Angeles “Il Camaleonte” “Non era un eroe” Telefilm 23.30 TG2 Informazione 23.45 Spia e lascia spiare Commedia (Usa 1996). Di Rick Friedberg, con Leslie Nielsen, Charles Durning 8.00 Agorà Attualità 10.00 Mi manda Raitre “Trenitalia” Attualità 11.15 Elisir “Pancia gonfia” Attualità 12.00 TG3 Informazione 12.25 TG3 Fuori TG “Euro” Attualità 12.45 Pane quotidiano Rubrica 13.10 Il tempo e la storia Documentario 14.00 TG Regione - Meteo Informazione 14.20 TG3 - Meteo 3 Informazione 14.50 TGR Leonardo Rubrica 15.05 TGR Piazza Affari Rubrica 15.10 Terra nostra 2 - La speranza Soap 16.00 Aspettando Geo Documentario 16.40 Geo Documentario 19.00 TG3 Informazione 19.30 TG Regione - Meteo Informazione 20.00 Blob25 (mila) anni di istanti TV “In principio furono le Schegge” Varietà 20.35 Un posto al sole Soap 21.05 Prima tv Rai Rango Animazione (Usa 2011). Di Gore Verbinski 23.00 Gazebo Rubrica 0.00 TG3 Linea notte Attualità TG Regione Infor. (all’ interno) 18.30 Transatlantico Attual. 19.00 News Notiziario 19.25 Sera Sport Notiziario sportivo 19.30 Il Caffé: il punto Attualità 20.00 Il Punto alle 20.00 Attualità Meteo Previsioni del tempo (all’ interno) 20.58 Meteo Previsioni del tempo 21.00 News lunghe Notiziario 21.26 Meteo Previsioni del tempo 21.30 Visioni di futuro Attualità 21.56 Meteo Previsioni del tempo 22.00 Visioni di futuro Attualità 22.26 Meteo Previsioni del tempo 22.30 News lunghe Notiziario 22.56 Meteo Previsioni del tempo 23.00 Il Punto + Rassegna Stampa Attualità 23.27 Meteo Previsioni del tempo 23.30 Il Punto + Rassegna Stampa Attualità 23.57 Meteo Previsioni tempo 0.00 News + Rassegna Stampa Attualità 0.27 Meteo Previsioni del tempo 6.00 Prima Pagina Informazione 7.55 Traffico - Borsa e Monete - Meteo.it Informazione 8.00 TG5 Mattina Informazione 8.45 Mattino Cinque Attualità TG5 - Ore 10 - Meteo.it Informazione (all’ interno) 11.00 Forum Real Tv 13.00 TG5 - Meteo.it Informazione 13.40 Beautiful Soap 14.05 Grande Fratello Reality 14.10 CentoVetrine Soap 14.45 Uomini e Donne Talk show 16.05 Grande Fratello Reality 16.15 Il segreto Soap 17.10 Pomeriggio Cinque Attualità TG5 Minuti Informazione (all’ interno) 18.50 Avanti un altro Gioco 20.00 TG5 - Meteo.it Informazione 20.40 Striscia la Notizia Attualità 21.10 Novità - Prima tv Rodolfo Valentino, la leggenda “Prima parte” Miniserie 23.20 Matrix Attualità 1.30 TG5 Notte - Rassegna Stampa - Meteo 5 Informazione 7.30 Vecchi Bastardi Real Tv (R) 8.30 Urban Wild Documentario (Repl.) 9.30 Come mi vorrei Real Tv (R) 10.05 Dr. House Medical Division “Beata ignoranza” “Wilson” Telefilm 12.10 Cotto e mangiato - Il menù del giorno Rubrica 12.25 Studio Aperto Meteo.it Informazione 13.00 Sport Mediaset Notiziario sportivo 13.40 Grande Fratello Reality 14.00 Grande Fratello - Live Reality show 14.10 I Simpson Cartoni 14.35 Dragon Ball Saga Cartoni animati 15.20 Vecchi Bastardi Real Tv 16.15 Urban Wild Documentario 17.15 Come mi vorrei Real Tv 18.05 I Simpson Cartoni 18.30 Studio Aperto Meteo.it Informazione 19.20 C.S.I. “Un lupo mannaro a Las Vegas” “La piccina di papà” Telefilm 21.10 Nuova edizione Wild - Oltrenatura Documentario 0.35 Oktagon Seconda parte 7.20 Miami Vice “Il tribunale della malavita” Telefilm 8.15 Hunter “Dialogo fra sordi” Telefilm 9.40 Carabinieri “Sospetti” Telefilm 10.45 Ricette all’ italiana Rubrica 11.30 TG4 - Meteo.it Informazione 12.00 Un detective in corsia “Dolce omicidio” Telefilm 12.55 La signora in giallo “In arte, Jessica Fox” Telefilm 14.00 Forum Real Tv 15.30 Hamburg Distretto 21 “Pericoli virtuali” Telefilm 16.35 Incompreso Vita col figlio Drammatico (Ita 1966). Di Luigi Comencini, con Anthony Quayle, John Sharp 18.55 TG4 - Meteo.it Informazione 19.35 Il segreto Soap 20.30 Tempesta d’ amore Soap 21.15 The Rock - Azione (Usa 1996). Di Michael Bay, con Sean Connery, Ed Harris 0.00 Il colpo - Azione (Can/Usa 2001). Di David Mamet, con Gene Hackman 6.00 TGLa7 - Meteo Oroscopo - Traffico Informazione Informazione 6.55 Movie flash Rubrica 7.00 Omnibus - Rassegna Stampa Attualità 7.30 TG La7 Informazione 7.50 Omnibus meteo Informazione 7.55 Omnibus Attualità 9.45 Coffee Break Attualità 11.00 L’ aria che tira Attualità 13.30 TG La7 Informazione 14.00 TG La7 Cronache Attualità 14.40 Le strade di San Francisco “Una scuola di paura” Telefilm 15.45 Il Commissario Cordier “La truffa” Telefilm 17.55 L’ ispettore Barnaby “Fantasmi a Monk Burton” Telefilm 20.00 TG La7 Informazione 20.30 Otto e mezzo Attualità. Condotto da Lilli Gruber 21.10 Servizio Pubblico Attualità. Condotto da Michele Santoro (Diretta) 0.00 TG La7 Night Desk Attualità 1.10 Movie flash Rubrica 1.15 Otto e mezzo Attualità (Replica) LA RADIO Maurizio Mattioli e Ylenia Lucisano ospiti a Radio2 SuperMax Servillo, Al Bano, Renzo Arbore, il parrucchiere Icaro, il becchino Capasso e il centralinista Paolo, con quale di queste personalità di Max Giusti si troverà ad interagire la nostra Laura Barriales? Spazio poi alle notizie del giorno con Saverio Raimondo, alle rubriche semiserie di approfondimento stile LetterMax e tanta buona musica live. Ospiti della puntata di questa mattina saranno Maurizio Mattioli, dal 15 al 19 aprile al Teatro Golden di Roma con il suo spettacolo “Era ora! (vita e passioni in musica di un romano de roma d.o.c.)” e Ylenia Lucisano, la giovane cantautrice di origine calabrese, con il disco d’ esordio dal titolo “Piccolo Universo”. Insieme alla SuperMax Band l’ artista si esibirà live con il singolo omonimo. RADIO2 10.35 I film SC1 Cinema 1 SCH Cinema Hits SCP Cinema Passion SCF Cinema Family SCC Cinema Comedy SCM Cinema Max SCU Cinema Cult SC1 Sport 1 SC2 Sport 2 SC3 Sport 3 17.05 Romanzo di una strage SCU 17.05 Indovina perché ti odio SCC 17.25 Against The RopesSCP 17.40 Il dittatore SCH 17.40 Mandie e il tunnel SCF segreto 18.10 Lo Hobbit - Un viaggio SCM inaspettato 19.05 Marilyn SCH 19.05 Gangster Squad SC1 19.05 Abbronzatissimi SCC 19.15 Lost In Translation L’ amore tradotto SCU 19.20 Ricordami ancora SCP 19.30 Sinbad: La leggenda SCF dei sette mari 21.00 Prima tv Un giorno devi andare SCU Lo sport 21.00 Redbelt SCM 21.00 Appuntamento da sogno! SCP 21.00 Prima tv Ghost Academy SCC 21.00 Mandie e il segreto dei Cherokee SCF 21.10 La fredda luce del giorno SCH 21.10 Elysium SC1 22.35 Italians SCC 22.45 Cime tempestose SCP 22.50 Bad Boys 2 SCM 22.50 Svalvolati on the road SCH 22.50 Miracolo di Natale SCF 22.55 La fuga di Martha SCU 23.05 Il lato positivo SC1 0.35 1408 SCH 0.35 Terapia d’ urto SCC 11.00 Calcio, Serie A 18.00 Calcio, Serie B 2013/2014 Posticipo 33a giornata Udinese Juventus (Sintesi) SP1 11.30 Calcio, Serie A 2013/2014 33a giornata 2013/2014 Anticipo 35a giornata Crotone Varese (Diretta) SP1 18.30 Tennis, ATP World Tour Masters 1000 2014 Verona - Fiorentina (Sintesi) SP1 12.00 Calcio, Serie A 2013/2014 33a giornata Sampdoria - Inter (Sintesi) SP1 14.30 Calcio, Bundesliga 2013/2014 30a giornata Montecarlo: ottavi di finale (Replica) SP3 20.30 Calcio, Diretta Gol Serie B 35a giornata SP1 (Diretta) 21.30 WWE Domestic Raw SP2 23.00 Tennis, ATP World Tour Masters 1000 2014 Bayern Monaco Borussia Dortmund 16.15 (Replica) SP1 Calcio, Serie A 2013/2014 33a giornata Torino - Genoa (S) SP1 Montecarlo: ottavi di finale (Replica) SP3 1.00 Boxe, World Series 2013/2014 Italia Azerbaijan (Sint.) SP3 18 SECONDO TEMPO GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 il Fatto Quotidiano NORDISTI IL CASO Csm, è la solita correntocrazia di Bruno Tinti luglio ci saranno le elezioni per il nuovo Csm. Le correnti tutte si sono sbattute per far trionfare i candidati identificati dai correntocrati. La cosa non deve meravigliare poiché questi sono gli stessi correntocrati: la legge non scritta, anzi negata con sdegno ma applicata con impegno, è che il Csm costituisce il punto di arrivo della carriera parallela dei magistrati correntizzati all’interno delle correnti. I dignitari di ogni corrente hanno in tasca, come diceva Napoleone, un bastone da maresciallo. Solo che Napoleone lo prometteva a ogni soldato: ciascuno di loro, se avesse ben meritato, avrebbe potuto aspirarvi; mentre le correnti lo promettono ai correntizzati che più si distinguono nella gestione del potere e delle clientele. La cosa disgusta da tempo i peones, magistrati che spalano fascicoli dal mattino alla sera e assistono alle luminose carriere dei correntocrati; il disgusto è aumentato negli ultimi tempi, quando il clientelismo correntizio è divenuto pubblico. Un po’ per via di errori ingenui. Un certo Vigorito (Md) ha imprudentemente spedito a una mailing list letta da tutti i magistrati una missiva destinata ai suoi correligionari. Vi si diceva che Md aveva chiesto di nominare al posto di presidente del Tribunale di Sorveglianza di Salerno una giovane collega che aveva meno titoli e meno anzianità di un altro; sperava che non avessero commesso “un’ingiustizia troppo grossa”, ma era politicamente opportuno “piazzare” questa collega; anche se, come aveva rappresentato un’altra correntocrate di Md, il collega sacrificato forse apparteneva pure lui a Md. E un po’ per via di una arroganza di cui decenni di malgoverno correntizio hanno reso i correntocrati inconsapevoli. Finalmente i peones si sono stufati. Al consueto meccanismo di nomina dei predestinati, imprudentemente travestito da primarie (ogni corrente ha presentato quelli che “dovevano” essere eletti e solo quelli; più un paio di candidati materasso per fare scena) hanno opposto il sorteggio. A NE SONO USCITI 17 peones aventi i molti meriti propri dei magistrati più uno: non erano schiavi delle correnti, avrebbero deciso secondo legge e coscienza. Adesso si vedrà se almeno qualcuno sarà eletto. La rivoluzione ha sconvolto i correntocrati e, secondo gli ordini di scuderia, i correntizi. In particolare quelli di Md che hanno rivendicato la loro supposta e da sempre sbandierata superiorità morale e culturale: abbiamo una carta dei valori che parla da sola, siamo puri, integerrimi etc . Di quello che aveva combinato il loro sodale Vigorito (che non “è stato dimesso” e neppure un po’ sgridato) e di tutte le altre porcherie invano denunciate da po- chi peones, nemmeno una parola. Arroganza e complesso di superiorità sono rimaste invariate. Adesso arriva il conflitto tra il Procuratore di Milano Bruti Liberati (quello che, all’indomani dell’affidamento di Ruby a Nicole Minetti disse, mentendo, che l’operato della Polizia era stato conforme alle direttive impartite dal Pm minorile Antonietta Fiorillo e che, quando la bugia fu smascherata, non smentì ne si scusò con la collega) e il procuratore aggiunto Roble- SCONTRO A MILANO Il caso Bruti LiberatiRobledo dimostra quel che molti da tempo denunciano. Le carriere si fanno per appartenenza, non per merito Poco interessante il giudizio su Bruti Liberati; molto invece quello che si ricava dalle sue parole. Bruti sta dicendo che nelle correnti vige un rapporto gerarchico: i capi ordinano ai sottoposti come decidere. “Vai a fare pipì”: un po’ volgare ma efficace. Bruti sta dicendo che il merito, le attitudini, la preparazione giuridica, insomma i criteri strombazzati nelle delibere del Csm, sono un semplice schermo di decisioni prese a seguito di accordi correntizi: oggi vai a fare pipì, domani trattienila, stai lì e vota come ti dico io. Bruti sta dicendo che le carte dei valori, le promesse elettorali, il patrimonio culturale, le diverse sensibilità associative, insomma la fuffa propagandata dalle correnti altro non è se non la maschera che nasconde la solita, triste, squallida gestione delle clientele. Bruti sta dicendo a tutti i peones che hanno ragione e che la smettano di votare i correntocrati. Aveva ragione Fabrizio De André: “Dal letame nascono i fiori”. Le nomine del sindaco sgradite alla maggioranza di Gianni Barbacetto LE POLTRONE: croce e delizia della politica. A Milano è in corso una tornata di nomine. Non è come quella con cui ha avuto a che fare Matteo Renzi nei giorni scorsi, ma per la città è importante decidere chi è ai vertici dell’Atm (l’azienda dei trasporti) o di A2a (quella dell’energia elettrica e del gas). Sono società di grosse dimensioni e cruciali per i servizi che forniscono ai cittadini. Per l’Atm, il sindaco Giuliano Pisapia ha riconfermato nel consiglio d’amministrazione Bruno Rota e Alessandra Perrazzelli (capo di Barclays Italia). Gli altri tre componenti del cda saranno scelti tra i dipendenti comunali e svolgeranno la loro funzione gratuitamente. È dunque certo che Rota, presidente e direttore generale, resterà il manager di vertice di Atm: sarà certamente riconfermato dalla prossima assemblea dei soci (cioè dal Comune di Milano, socio al 99 per cento). Ma sentite come ha reagito Pietro Bussolati (Pd, ex penatiano), giovane segretario milanese del maggior partito che sostiene la giunta Pisapia: “Accettiamo la scelta del sindaco con rammarico, perché avevamo richiesto un indirizzo politico all’insegna del rinnovamento. E invece passa la conservazione dell’esistente”. Una fucilata sparata non soltanto contro Rota, da sempre inviso al giovane assessore ai Trasporti Pierfrancesco Maran (Pd, ex penatiano), ma anche contro il sindaco. Pisapia non ha fatto un plissè: “Pensavo che l’epoca dei diktat dei partiti fosse finita. Sono fiero di aver sempre scelto in piena indipendenza e autonomia. Ho deciso nel merito e in base n alla professionalità e ai risultati, non alle richieste dei singoli partiti. Mi chiedo come mai il segretario del Pd non si sia ‘rammaricato’ per altre nomine effettuate oggi solo in base al buon lavoro svolto in questi anni”. Traduzione: le decisioni le prendo io, o vi sta bene così oppure cercatevi un altro sindaco; anche perché quando riconfermo un manager che ritengo abbia lavorato bene, mi chiamate “conservatore” e vi rammaricate”, ma è un rammarico ad personam, su misura per il solo Rota. Rota è un manager che ai dirigenti dell’Atm a Natale ha regalato il libro (Un uomo onesto, di Monica Zapelli) che racconta la storia di Ambrogio Mauri, l’imprenditore che nel 1997 si AD PERSONAM Pisapia ha confermato Bruno Rota alla guida dell’azienda trasporti Il Pd si “rammarica” Forse perché avrebbe preferito uno dei suoi? Giuliano Pisapia Ansa è tolto la vita dopo che per anni era stato tagliato fuori dagli appalti Atm perché si rifiutava di pagare tangenti. Rota è il manager che con Filippo Penati (padre politico dei giovani Maran e Bussolati) ha un conto aperto, visto che Penati, quando era presidente della Provincia di Milano, lo cacciò dal vertice di Serravalle perché si era opposto all’acquisto delle azioni della società dal gruppo Gavio. ROTA È un manager che in questi anni di gestione qualche risultato lo ha ottenuto. Ha supportato il decollo dell’Area C, ossia il blocco del traffico in centro, con conseguente aumento degli utenti dei mezzi pubblici. Ha chiuso i bilanci in utile (+4 milioni lo scorso anno, mentre Roma fa -150 milioni). Ha sempre dato ossigeno al suo azionista di controllo, il Comune di Milano, facendogli quadrare i conti con il dividendo straordinario. Ha un brutto carattere, è vero, e non gli va di costruire relazioni con i leaderini di partito. Ora la guerra del Pd milanese a Rota si sposta sul cosiddetto doppio incarico: i rottamatori di rito ambrosiano chiedono che non cumuli più le cariche di presidente e di direttore generale. È come dire: vattene. Perché solo i due incarichi lo rendono manager operativo dell’azienda e nello stesso tempo gli permettono di avere uno stipendio adeguato al ruolo (258 mila euro lordi senza premi di risultato e senza buonuscita), anche se ben lontano dai livelli dei manager che gestiscono business di dimensioni simili. Chi vincerà la guerra, i rottamatori ad personam o il sindaco? n Il Palagiustizia di Milano Ansa do che lo ha accusato di avergli sottratto indagini che rientravano nella competenza specifica del gruppo da lui diretto. Della cosa si sta occupando il Csm e vedremo come andrà a finire. Il punto è che Bruti Liberati è un correntocrate di serie AAA, per dirla alla Standard&Poor's: per una vita presidente di Md, con un curriculum di incarichi fuori ruolo in istituzioni nazionali e internazionali da far strabuzzare gli occhi. Insomma una carriera tipica. E che, secondo quanto raccontato da Robledo al Csm, avrebbe interpretato il suo ruolo di Procuratore Capo, nel corso di uno dei tanti contrasti che caratterizzavano il loro rapporto, utilizzando la seguente argomentazione: “Ricordati che tu stai qui solo per un voto. Sarebbe stato sufficiente che io avessi detto a uno di Md di andare a fare pipì e al tuo posto sarebbe stata eletta la Gatto”. Per quelli che non hanno dimestichezza con le modalità con le quali il Csm assegna gli incarichi direttivi, Bruti Liberati voleva, con questo stile raffinato e suadente, ricordare a Robledo che le nomine sono decise dalle correnti e che lui, Presidente di Md, avrebbe avuto il potere di far nominare al posto suo altra collega: bastava avesse ordinato a uno degli adepti di Md di allontanarsi al momento della votazione. Quindi gliene fosse grato e la smettesse di rompere. 416 TER Voto di scambio: un buon bisturi male assemblato di Gian Carlo Caselli n democrazia è lecito dividersi su tutto, salvo che si tratti di lotta alla mafia. I Sarebbe bello. Anche giusto. Ma di fatto è quasi impossibile. Troppi sono i condizionamenti dell’orientamento ideologico-culturale, del colore di casacca, del fluttuare delle alleanze, al limite dell’ipotetico coinvolgimento di compagni di cordata in faccende oscure. Un quadro che trova una cartina di tornasole di tutta evidenza nelle vicende dell’art. 416 ter sul voto di scambio. Ma con un corollario: se in tali condizionamenti i contrasti possono avere una parziale spiegazione (non giustificazione), resta inspiegabile la mancanza di rigore e coerenza, per cui scelta una via disinvoltamente se ne percorre poi un’altra, con piroette tanto impreviste quanto sconcertanti, tali da giustificare la traduzione maccheronica del detto tot capita tot sententiae come “tutto capita nelle sentenze”: una volubilità dei giudizi che obiettivamente poco si confà alla gravità dei problemi di mafia. La storia è nota: per 22 anni abbiamo tollerato lo sconcio di una norma che era un insulto alla logica e al buon senso, finché – nel luglio scorso – la Camera approvò un nuovo testo praticamente all’unanimità. Incuranti di questo for- midabile “assist” (l’unanimità garantiva una sollecita approvazione della tanto attesa riforma), le obiezioni di un paio di magistrati, subito trasformate in “rivolta dei pm”, riuscirono a bloccare tutto ancora una volta. Soltanto dopo un bel po’ di tempo il Senato tornò sul tema adottando una versione del 416 a mio parere accettabile. Invece fu ancora “bagarre” e la Camera operò un ulteriore stravolgimento, sfornando un testo che ora (alla quarta lettura) è stato definitivamente approvato dal Senato. MA LA “BAGARRE” non sembra cessata: forte è ancora l’eco dell’irriducibile ostruzionismo dell’opposizione “grillina”, mentre fra le file della maggioranza non sono pochi quelli che si son turati il naso per disciplina di partito, magari dopo aver espresso critiche non troppo diverse da quelle dei “grillini”. Che dire, a questo punto? La nuova formulazione del 416 ter costituisce un significativo progresso rispetto al passato là dove aggiunge, alla promessa o dazione di denaro (statisticamente inesistente), quella ben più realistica di “altre utilità”. È controversa invece la questione delle pene su cui alla fine (dopo alcune oscillazioni) ci si è assestati: vi è chi le considera non del tutto adeguate sia rispetto alla gravità e pericolosità delle condotte in oggetto (che attengono al processo di regolare formazione del consenso democratico); sia rispetto alla scarsa funzione deterrente che potrebbero avere, tenuto conto che con quelle basse “tariffe” il rischio di finire in carcere sembra ridotto, mentre alta è la probabilità che tutto possa sfumare in prescrizione. Ma saranno soltanto le future prassi applicative che potranno sciogliere o confermare questi nodi. Si è persa inoltre l’occasione preziosa (che il Senato aveva in una prima lettura saputo cogliere) di introdurre una valvola di chiusura del rapporto di scambio con la formula della “disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze dell’associazione mafiosa”. Tutti gli inquirenti che non hanno una concezione burocratica del proprio ruolo (cioè non si fermano né rallentano quando intervenire risulta scomodo) non possono che salutare con entusiasmo tecnico-investigativo la formula. Perché consente di corrispondere alle molteplici sfumature e sfaccettature di un fenomeno che investe la “zona grigia”, dove i confini sono per definizione sfumati, per cui una relativa genericità dell’approccio normativo è un pregio, certamente non un difetto! Non è buon segno che ci siano “esperti” pronti a scartare normative che consentirebbero alle indagini di battere (oltre alle strade scontate e tranquille) anche strade complesse, solo perché potrebbero comportare un seguito di polemiche, mentre la ricerca della verità senza sconti né scorciatoie è un evidente postulato dell’antimafia tutta, si tratti di 416 ter o di “concorso esterno”. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano GIOVEDÌ 17 APRILE 2014 19 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo I finti rimedi di un’Italia impaurita dalle masse Per mettere in quadro l’Italia, così come la violenza domestica, la ludopatia, il cyberbullismo (che pare sia la causa dell’istigazione al suicidio di alcune povere ragazze, come quella di Venaria) i nostri politici credono di risolvere il problema chiamando emeriti professionisti, che nonostante siano pagati profumatamente a piè di lista, non danno conto dei risultati. Non sanno fare altro che proporre leggi e finanziamenti che, nella maggior parte dei casi, non sono che dei pannicelli caldi. E non potrebbe essere altrimenti. Anche quando ammettono, sempre a denti stretti, che queste problematiche necessitano di un cambiamento culturale, si dimenticano, volutamente che questo può avvenire solo se la popolazione diventa protagonista. Coloro che al protagonismo delle masse preferiscono i pannicelli temono il protagonismo delle masse perché potrebbe comportare dei rischi per chi vive del super stipendio parlamentare, e quindi si danno da fare per deviare il treno su di un binario morto. ha bisogno per destinarlo ai pubblici servizi (sanità, illuminazione, trasporti...). L’unica consolazione è che, almeno per questa volta, forse, ci siamo risparmiati le starnazzate dell’onorevole Garnero (in arte Santanchè). Melquiades Il biglietto di Merkel e i piccoli politici italiani Quanta differenza, la Merkel gira da sola per le affollate strade di Ischia, liberamente e senza scorta. Biglietto di viaggio per il marito, da lei pagato. La Boldrini, super protetta, chietti che diranno quanto è bravo e quanto è buono. Sembra quasi che questo sia un risarcimento per una condanna ingiusta. Continuerà a fare politica, e l’interdizione dai pubblici uffici? Sembra uno scherzo ma è la terribile realtà. E questo sarebbe il tramonto di Berlusconi tanto sbandierato dai giornali negli ultimi tempi? Nomine rosa: c’è donna e donna CARO FURIO COLOMBO, a me sembra che le decantate nomine di Renzi non abbiano cambiato nulla. Chi aveva potere ha potere. Cambia solo casella. tiamolo, ha tutte le qualità tv, cinema e Pr per il ruolo) va a presiedere. Mettiamo che sia un incidente non notato. Però mette in evidenza qualche altra cosa che sembra sia sfuggito nella festosità delle celebrazioni. Sono andate al potere tutte donne di potere, più o meno allo stesso livello che avevano già raggiunto, via nascita fortunata, nella vita. Renzi, che è svelto, deve averci pensato, se è vero che aveva in mente Emma Bonino per Finmeccanica. Da sola la Bonino – che ha lavorato in impegni politici e istituzionali tutta la vita – avrebbe rotto l’impressione del successo imprenditoriale finalmente raggiunto da donne che sono già titolari di successo imprenditoriale (alcune confortate dal calore della famiglia). Una casta (non sappiamo quale, ma l’Italia ne può esibire parecchie) si è presa cura di rendere impossibile l’arrivo della Bonino al vertice di Finmeccanica. Forse non le ha giovato avere, da radicale, un passato non-violento. Conclusione: facciamo tanti auguri alle nuove top manager (sperando che non si annoino a fare lo stesso mestiere che già facevano). E sospendiamo i festeggiamenti alle quote rosa. Fino alle prossime nomine. Ivana Maria Blasetti NON SEMBRA, infatti, che il “pacchetto” Renzi sia stato una rivoluzione, al punto che c’è anche chi è restato al suo posto. E non si vede perché no, visto che in tutti gli altri posti non ci sono stati veri cambiamenti ma avvicendamenti interni o personaggi identici, al punto che sarà bene avvisare le segretarie, gli autisti e gli uscieri. Niente di male, o meglio, niente di speciale, nella storia e nella tradizione italiana. Ma adesso sappiamo che ogni discorso improvvisato di Renzi (durata standard: 50 minuti) dovrà dilatarsi un poco per fare spazio a quest’altro auto-elogio: abbiamo rinnovato la classe dirigente. Giornali e tv, sensibili come gazzelle al potere di dopo, come a quello di prima, si affrettano a notificare che sì, che è vero, che tutto è cambiato. Eppure come non far caso a ciò che, il 15 aprile, il vicedirettore de “L’Unità”, Rinaldo Gianola, fa notare a proposito di Emma Marcegaglia: “C’è persino odore di conflitto di interesse”? È vero, visto che la premiata ditta Marcegaglia aveva stretti rapporti con la stessa azienda, Eni, che adesso la signora (che, ammet- L’ultima magia di Silvio 4 anni diventano 4 ore Ma che Giustizia è mai questa? Un condannato, la vignetta Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Rosario Cottone Una pena finta a chi ha frodato tutti noi Più che una pena sembra una presa, decidete voi per cosa. In ogni caso la pena fa pena. Possiamo riderci su, come fa il mondo intero, ma la sostanza ripropone la questione, non differibile per uno Stato democratico, della gestione della Giustizia, che davvero sfiora il ridicolo. Ha ragione Berlusconi: la Giustizia, con la G maiuscola va riformata. Perché questa è veramente una giustizia con la minuscola, forte con i deboli, arrendevole con i potenti. A tutti gli italiani che lo difendono bisognerebbe ricordare che quei soldi sottratti al fisco li abbiamo pagati noi. Ognuno di noi ha versato di più, per coprire il mancato introito di cui lo Stato utilizza un aereo di Stato per viaggiare gratis assieme al proprio compagno. Renzi si muove scortato da decine di agenti. Va solo fra gli scolari per applausi. La Merkel non parla troppo, bada ai fatti. Renzi parla tanto ma, per ora, fa solo nomine dei manager pubblici, tra l’altro anche discutibili. Anna Pagliaro B., la fine sbandierata che sembra la rinascita Con le disposizioni del tribunale per Berlusconi tramontano le ultime speranze di vivere in un Paese normale. E questa sarebbe una condanna? Tutto questo gli darà solo visibilità: ci ritroveremo su tutti i telegiornali i vec- riconosciuto colpevole per aver frodato centinaia di milioni allo Stato che governava, viene ricevuto e onorato dal capo dello stesso Stato. È ospite e commensale abituale del premier a Palazzo Chigi. Blandito e corteggiato da questi come un prezioso alleato per riformare le leggi della Repubblica. Condannato a quattro anni, grazie a indulti, avvocati e leggi fatte da lui stesso, non farà un giorno di galera e con la farsa dell’affido sarà libero di muoversi tra Roma e Milano, continuando ad avvelenare la politica di questo Paese. Quattro anni trasformati in quattro ore a settimana, da passare in una casa di riposo. Di fatto, potrà fare ciò che faceva prima come se niente fosse. L’unico cruccio sarà non poter frequentare pregiudicati come lui. Un dispetto a Cesare Previti o magari a Marcello Dell’Utri. Più che una pena, sembra un premio o un incentivo a tutti i disonesti e frodatori fiscali d’Italia. Questo sistema appare sempre più ingiusto e meno credibile. L’unica certezza è l’impunità, non la pena. Se la stessa storia avesse riguardato un altro cittadino, avrebbe avuto lo stesso trattamento? Il Caimano ha dimostrato che, anche se condannato, può continuare a farsi beffe della giustizia e, una volta di più, che nel nostro Stato il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Vicedirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: [email protected] - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Luca D’Aprile, Peter Gomez, Marco Tarò, Marco Travaglio di diritto l’impunità è direttamente proporzionale ai soldi e al potere. Mario Frattarelli La censura ai commenti sul blog di Beppe Grillo In molti abbiamo dato credito a Grillo, non tanto per le sue sparate che in fin dei conti riecheggiano quelli che sono i suoi show, ma perché si è voluto dare un segnale dell’insofferenza verso una politica non più degna di questo nome. Tuttavia non credo che molti dei suoi elettori siano soddisfatti delle sue sparate e dei comportamenti dei cittadini che ha nominato. Non si capiscono più neppure quali siano le sue proposte, che spesso ven- gono ritirate o modificate come semplici “provocazioni”. Molti come me e la mia famiglia (l’abbiamo votato in massa) difficilmente gli riaffideranno il proprio consenso, visto che molte delle sue dichiarazioni programmatiche sono demagogiche, non sempre veritiere e per lo più impraticabili. Tanto più che oltretutto ha rinnegato quasi tutti i programmi coi quali s’era presentato a partire dai costi della politica (che in pratica è stata ridotta alla conta dei ticket, simbolici quanto si vuole ma povera cosa). Hanno portato alcuni studentelli volenterosi (bravi a fare da ventriloqui), molti dei quali prima vivacchiavano sul- le spalle delle loro famiglie, come si è evinto dalle dichiarazioni dei redditi. Anche il mito del web, enfatizzato anche da “il Fatto Quotidiano”, è stato sfatato. Non regge il paragone con i votanti alle primarie del Pd, visto che sulla piattaforma online interagiscono solo 15-25 mila persone. Infine, ho dovuto constatare con rammarico che i commenti inviati al blog di Grillo negli ultimi tre mesi sono soggetti a una ferrea censura preventiva che cestina. Prima non accadeva (ho commentato il blog per tanti anni). Invece della pubblicazione ricevo infatti la sola comunicazione: “Il tuo commento è stato inviato”. Sarà forse perché in passato ho espresso delle opinioni non gradite? Raffaele Troili DIRITTO DI REPLICA Con riferimento all’articolo “Giustizia, quei 2 miliardi di euro fermi nelle casse di Equitalia”, pubblicato da “il Fatto Quotidiano” del 16 aprile, si precisa che non vi sono somme confiscate che “giacciono immobili nelle casse di Equitalia”. Infatti, Equitalia Giustizia non ha alcuna autonomia decisionale circa il momento e l’ammontare dei versamenti da effettuare dal Fondo Unico Giustizia allo Stato e agisce in puntuale esecuzione della legge e dei provvedimenti emanati dall’Autorità Giudiziaria. In particolare, Equitalia Giustizia versa al bilancio dello Stato le somme confiscate, su disposizione dei competenti uffici giudiziari, e una quota delle risorse sequestrate, stabilita ogni anno con decreto ministeriale, in base a criteri statistici che tengono conto delle probabilità di restituzione. Carlo Lassandro Amministratore delegato Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 290,00 € Prezzo 220,00 € Prezzo 200,00 € • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 170,00 € Prezzo 135,00 € Prezzo 120,00 € • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 € Prezzo 320,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 € Prezzo 180,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 305,00 € Prezzo 290,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 185,00 € Prezzo 170,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento digitale settimanale Prezzo 4,00 € • 7 giorni • Abbonamento digitale mensile Prezzo 12,00 € • 7 giorni • Abbonamento digitale semestrale Prezzo 70,00 € • Abbonamento digitale annuale Prezzo 130,00 € Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: [email protected] • Servizio clienti [email protected] MODALITÀ DI PAGAMENTO • 7 giorni • 7 giorni * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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