roma trema per le microspie nel ristorante dei potenti

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roma trema per le microspie nel ristorante dei potenti
Renzi ripete: “Sugli 80 euro, venerdì i gufi saranno zittiti”. Anziché trovare i soldi
per mantenere le sue promesse, spera di vedere i suoi avversari verdi di rabbia
€ 1,30 – Arretrati: € 2,00
Giovedì 17 aprile 2014 – Anno 6 – n° 106
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
ROMA TREMA PER LE MICROSPIE
NEL RISTORANTE DEI POTENTI
Nel privé di “Assunta Madre” le cimici captano moltissime conversazioni, a partire
da quelle sulla fuga del braccio destro di Berlusconi. Poi però un imprenditore si vanta
Lillo e Pacelli » pag. 5
di poter avvicinare le toghe. E la Procura ordina: “Non usatele”
BEIRUT
Dell’Utri, che Pasqua:
esce di galera e spera
nella lingua araba
L’ex senatore di Forza Italia
trasferito in ospedale
Il governo libanese chiede
al nostro ministero
della Giustizia
di tradurre tutti gli atti
del processo per mafia:
per l’estradizione la strada
è in salita
Amurri » pag. 5
L’ingresso del ristorante Assunta Madre
» CANONE SCIPPATO » Viale Mazzini contro Cottarelli
» RISSA IN SENATO » Cacciati due M5S
Gubitosi: “Tagliare
170 milioni alla Rai
significa ucciderla”
Voto di scambio,
reato dimezzato
e pene abbassate
Il direttore generale della
tv pubblica contesta la
lettera del commissario
sui risparmi per il 2015
Intanto il governo
è pronto al decreto
per dare gli 80 euro
anche agli incapienti,
ma le risorse ci sono
solo per il 2014
Palombi e Tecce » pag. 2
La sede Rai di viale Mazzini Dlm
“ESPERIENZE PASTORALI”
» CINISI
Ora papa Francesco La radio di Impastato
torna a trasmettere
riabilita don Milani
da casa di don Tano
e il suo libro proibito
Lo Bianco » pag. 14
De Carolis e Fierro » pag. 3
di Furio Colombo
e ne scrivessi in un racconto
o in un dramma, invece che
S
in un articolo di commento,
sceneggerei così: è don Milani
che va a trovare papa Francesco
per raccontargli della scuola di
Barbiana.
» pag . 15
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U di Bruno Tinti
U di Gian Carlo Caselli
LE CORRENTI
PADRONE
E I PM DI MILANO
BUONA IDEA,
MA OCCASIONE
PERDUTA
» pag. 18
» pag. 18
LA CATTIVERIA
Berlusconi andrà in una struttura che
ospita anziani con gravi problemi.
Ah, l’hanno riammesso al Senato?
» www.spinoza.it
Il palo
di Marco Travaglio
erché il detenuto Berlusconi Silvio non è in
galera a scontare la pena per frode fiscale?
P
Secondo Massimo D’Alema, convertito in tarda età al giustizialismo, perché è ricco e potente:
“In Italia c’è una giustizia a velocità variabile.
Cittadini molto meno fortunati, meno ricchi e
potenti, per reati molto minori, vanno in prigione”. Ora, che questi discorsi da bar li faccia la
gente comune, è comprensibile. Ma che li faccia
D’Alema, sette volte deputato e una europarlamentare, segretario del Pds, presidente della
Bicamerale, presidente del Consiglio, vicepremier e ministro degli Esteri, è davvero troppo.
L’inchiesta sui fondi neri Mediaset che ha portato alla prima condanna definitiva di B. nasce
nel 2004: in origine le frodi fiscali ammontano a
360 milioni di dollari, con l’aggiunta di falsi in
bilancio e appropriazioni indebite. Reati commessi dal 1988 fino al 2004, prescrizione di 15
anni, cioè nel 2017, quanto basta per celebrare
tutti e tre i gradi di giudizio. Ma nel 2005 il
centrodestra approva la legge ex Cirielli, che
dimezza la prescrizione a 7 anni e mezzo, consente di sostituire il carcere con i domiciliari per
gli ultrasettantenni e interrompe la “continuazione” dei reati. Cioè costringe i giudici a valutarli anno per anno. Risultato: spariscono subito i fondi neri di B. per gli anni 1988-'99 (che
prima erano agganciati a quelli successivi). E da
allora, a ogni anno di processo, evapora un anno di reati (quelli relativi a 7 anni prima). Così
i falsi in bilancio e le appropriazioni indebite,
grazie anche alla controriforma berlusconiana
dei reati societari del 2002, scompaiono tutti. E
così, anche grazie al condono tombale del 2003,
le frodi fiscali. Alla fine resteranno in piedi solo
le ultime, relative agli ammortamenti sul biennio 2002-2003 (7,3 milioni), che costeranno a
B. la condanna definitiva. Con tutti gli altri reati
falcidiati dall’ex Cirielli, la pena sarebbe stata
nettamente superiore. Senza contare quelle che
si sarebbe beccato B. negli altri sette processi,
per falsi in bilancio e corruzioni di giudici e di
testimoni, mandati in prescrizione dalle sue
leggi. Ma anche i 4 anni del caso Mediaset sarebbero bastati a spedirlo per almeno un anno
in galera (o al massimo ai domiciliari). Di lì,
dopo 12 mesi, avrebbe potuto chiedere di scontare i restanti 3 anni ai servizi sociali. Ma nel
2006 ecco l’ennesimo salva-Silvio, stavolta targato centrosinistra (e naturalmente votato da
Forza Italia): l’indulto extra-large di 3 anni, esteso ai reati dei colletti bianchi. Il Caimano intasca un bonus triennale da detrarre dalla prima condanna definitiva. E il 1° agosto 2013 i 4
anni a cui lo condanna la Cassazione scendono
a 1 solo. Per questo, in base alla legge italiana, B.
non entra neppure in carcere e chiede, da libero, i servizi sociali. Solo in casi eccezionali i
giudici possono negarli: a lui, come a qualunque altro condannato. L’altroieri il Tribunale di
sorveglianza non gli ha usato alcun trattamento
di favore: sono le norme fatte dalla destra e dalla
sinistra che hanno allungato a dismisura i processi dei ricchi e dei potenti muniti di avvocati
ben pagati, abbreviato i termini di prescrizione
e indultato i delitti dei “signori” col pretesto di
sfollare le carceri (peraltro mai viste dai “signori”). E alla fine hanno prodotto la pochade
del frodatore pregiudicato che se la cava con 7
giorni di servizi sociali nell’ospizio di Cesano
Boscone. D’Alema non faccia il furbo, scaricando sui giudici le colpe dei politici, lui compreso. Se il centrosinistra, nei suoi 9 anni di
governo su 20, non avesse fatto da palo a B.
conservando tutte le sue leggi vergogna e regalandogli l’indulto (che salvò anche i furbetti
del quartierino amici di D’Alema), e avesse invece riformato la prescrizione (che salvò anche
molti uomini del centrosinistra, incluso D’Alema per un finanziamento illecito da un imprenditore malavitoso), punito severamente la
frode fiscale e mantenuto le promesse sulla certezza della pena, oggi Berlusconi sarebbe in galera da un pezzo. E in ottima compagnia.
2
PROMESSE
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
Il Colle e Brunetta:
lite sul compenso
di Napolitano
“GLI INTERROGATIVI e le ipotesi che una pubblicazione vicina all’onorevole Renato Brunetta ha
sollevato a proposito dell’emolumento percepito
dal presidente della Repubblica hanno già in precedenti occasioni ricevuto chiara risposta. Non c'è
nulla su cui elucubrare. L’indennità del presidente
Napolitano è di 239.81 euro all’anno. Lordi e non
netti, soggetti a tutte le imposizioni sul reddito: Ir-
pef e addizionali regionali, provinciali e comunali”.
Lo comunica in una nota il Colle in risposta al “Mattinale” di Brunetta che aveva scritto: “Renzi prima di
proporre tetti alle retribuzioni dovrebbe informarsi.
La livella indicata di 238 mila euro quale limite allo
stipendio degli alti burocrati dello Stato non ha alcunché a vedere con il compenso del presidente
della Repubblica. Per il semplice fatto che quella
di Marco
Palombi
e Carlo Tecce
a Rai, come ha scritto ieri il Fatto Quotidiano, è finita nel
mirino del Commissario alla spending review. Il
risparmio richiesto a Viale
Mazzini per il 2015 è di 170
milioni di euro, ovvero il 10
per cento della raccolta da canone che il Tesoro gira alla tv
di Stato, cioè 1,7 miliardi: Carlo Cottarelli ha formalizzato la
cosa in una lettera inviata nei
giorni scorsi al direttore generale della Rai Luigi Gubitosi. Questa previsione non ha
nulla a che fare col decreto sul
taglio Irpef da 6,7 miliardi che
il governo approverà domani,
visto che la decurtazione ha
effetto dal 2015, ma molto con
l’enormità di risparmi da revisione della spesa scritta dal
governo nel Def: 17 miliardi a
bilancio già l’anno prossimo.
“Anche la Rai deve contribuire alla spending review”, ha
spiegato Carlo Cottarelli al
povero Gubitosi in un incontro avvenuto la scorsa settimana.
nerale della tv pubblica è arrivata sempre sotto forma di
lettera: Gubitosi ha riassunto
al commissario il piano di risparmi già messo a punto e
spiegato che, per accontentarlo, si dovrebbero decurtare pesantemente gli stipendi del
personale (e non solo dei dirigenti, visto che solo 58 su 622
guadagnano più di 200 mila
euro, cioè più del nuovo tetto
agli stipendi) e predisporre la
vendita di “asset rilevanti” dell’azienda a partire dalle quote
di Rayway - che possiede e gestisce gli impianti di diffusione
del segnale e, secondo Mediobanca, vale 600 milioni in tutto - e alcune frequenze tv al
momento non utilizzate.
Pur facendo tutto questo, ha
spiegato il dg, un taglio secco
di 170 milioni dal 2015 in poi è
semplicemente “insostenibile”: tanto più che la vendita degli asset è un’entrata una tantum, mentre la perdita di tra-
portata ad esempio non è una retribuzione. Ma un
assegno personale che è stabilito in ragione annua
‘da corrispondersi in dodicesimi’. Ne consegue che
il regime fiscale, cui è sottoposto è diverso rispetto
ai compensi delle altre cariche dello Stato. Vuoi vedere che quei 238 mila euro sono, più o meno netti,
in busta paga? Se fosse così il tetto dovrebbe essere
di circa 311 mila euro, oltre 450 mila euro lordi”.
NOMINE Pessimo umore
in via XX Settembre
trascichi delle nomine ai vertici delle società partecipate dal Tesoro. I dirigenti del ministero non
S
hanno preso bene il fatto che, per la prima volta, nes-
L
LA RISPOSTA del direttore ge-
il Fatto Quotidiano
suna poltrona dei cda sia andata a esponenti del ministero. L’unica è quella di Fabrizio Pagani, in Eni,
capo della segreteria tecnica del ministro, che però è
un esterno e che nelle trattative per conto del Tesoro
ha ottenuto una sola poltrona, la sua. Il ministro Pier
Carlo Padoan ha dovuto incassare molte bocciature
nell’ultimo negoziato con Renzi sui nomi, ma il premier a sua volta ha rinunciato a una casella cui teneva:
avrebbe voluto Marta Dassù alla presidenza di Finmeccanica, ma alla fine ha confermato Gianni De
Gennaro, molto ben visto dal Quirinale. Per i corridoi
di via XX Settembre si aggira ancora Carlo Cottarelli,
il commissario alla revisione della spesa che doveva
trasferirsi a Palazzo Chigi dove però nessuno gli ha
mai trovato un ufficio (gli hanno proposto l’edificio
dall’altra parte della strada, a distanza di sicurezza).
Anche il direttore generale del Tesoro Gabriele La
Via potrebbe essere sostituito presto, anche se questa
voce è stata smentita nelle settimane scorse.
Rai, taglio da 170 milioni:
Gubitosi si ribella a Renzi
IL DIRETTORE GENERALE CONTRO COTTARELLI CHE VUOLE SFORBICIARE IL CANONE:
“RISPARMIO INSOSTENIBILE, ANCHE RIDUCENDO STIPENDI E VENDENDO RAIWAY”
17
mld
RISPARMI
NEL 2015
sferimenti è strutturale. Per di
più, sostiene il manager, tra i
100 milioni abbondanti dei diritti per i mondiali di calcio e la
sforbiciata del Tesoro il prossimo bilancio è destinato a
chiudersi in rosso per centi-
naia di milioni di euro. Meglio
sarebbe, la linea di Gubitosi,
lavorare sul recupero del canone evaso: non lo pagano oltre il 26 per cento dei nuclei
familiari per una perdita di
quasi 600 milioni l’anno.
Anche il consigliere d’amministrazione (in quota Forza
Italia) Antonio Verro ieri mattina ha fatto sentire la sua voce: “Un taglio sarebbe paradossale e incomprensibile. Il
canone è un’imposta di scopo
pagata direttamente dai cittadini e, secondo la legge, può
essere utilizzato per finanziare
esclusivamente l’attivita del
servizio pubblico Radio-tv”.
L’Usigrai, il sindacato interno,
ha fatto la sua bella nota: “Il
prelievo forzoso di 170 milioni
di euro dal canone metterebbe
in ginocchio la Rai e l’intero
indotto audiovisivo. Un intervento che metterebbe a rischio
i posti di lavoro di migliaia di
famiglie”.
IL PARTITO RAI, però, non è
mai stato così debole: il povero
Luigi Gubitosi, nonostante
molti tentativi non è mai riuscito a farsi una chiacchierata
con Matteo Renzi a tu per tu
(s’è dovuto accontentare di un
emissario e non di quelli di peso). È la debolezza che spiega il
perché sindacati, dirigenti e
cacicchi vari di Viale Mazzini
si siano accontentati, per gioi-
re, di un paio di veline del governo. Il Tesoro, ad esempio,
ieri mattina ha fatto circolare
una delle previsioni che lo
stesso Cottarelli aveva avanzato come contentino nella sua
lettera a Gubitosi: “Stiamo studiando un provvedimento per
il recupero dell’evasione del
canone Rai. L’introito eventualmente recuperato, circa
300 milioni, andrebbe per metà al Tesoro e per metà alla
Rai”. L’idea sarebbe la solita:
far pagare il canone attraverso
la bolletta energetica. Palazzo
Chigi, però, ha smentito anche
questo: “Non lavoriamo a nessun intervento sul canone
Rai”.
Il partito di Viale Mazzini, comunque, s’è accontentato:
“Buona notizia”, hanno detto
in coro. Forse anche perché in
Rai tutti sanno che su qualcosa, alla fine, dovranno cedere: Cottarelli nel 2015 deve
trovare 17 miliardi per Matteo
Renzi e tutti dovranno fare la
loro parte, “anche la Rai”, come gli ha chiarito per iscritto il
commissario.
80 euro anche agli incapienti, ma è solo un bonus
DOMANI IL DECRETO DEL GOVERNO, STANGATA SU SANITÀ E STATALI. POLEMICA DI FORZA ITALIA SUL PAREGGIO DI BILANCIO RINVIATO AL 2016
icevano che era una televendita. Poi che
non c’erano le coperture. Poi le coperture sì,
D
ma non quelle. #Amicigufi ma aspettare venerdì
dalla maggioranza, nella legge di Stabilità in autunno si interverrà per rendere strutturale la cosa, magari con gli sgravi Irpef.
no?”. Matteo Renzi su Twitter occupa così lo spazio mediatico in attesa del decreto che domani
dovrebbe garantire a dieci milioni di italiani la
“quattordicesima”, vale a dire circa 900 euro l’anno in più da spendere. Al di là dell’insofferenza
del premier, è notevole come “l’operazione 80
euro” si trasformi ogni giorno che passa in uno
spot elettorale: è difficile, infatti, realizzare qualcosa di equo e sensato a partire dalle detrazioni (il
rischio - come sottolinea l’Istat - è che la maggior
parte dei soldi finiscano alle fasce di reddito più
alte) e quindi a palazzo Chigi stanno di nuovo
puntando sull’idea del bonus, che ha pure il vantaggio di risultare evidente in busta paga.
In sostanza, il datore di lavoro anticipa la “quattordicesima” di Renzi e poi la sconta dai contributi Inps che deve versare: alla fine del giro, il
Tesoro rifonde l’ente previdenziale. È evidente,
però, che questa operazione avrebbe un conclamato carattere di una tantum: sarebbe cioè garantita per il 2014 e basta. Ovviamente, dicono
LA SECONDA NOVITÀ di giornata riguarda la
platea: Renzi vuole che anche gli incapienti - coloro che, guadagnando meno di 8 mila euro l’anno non pagano tasse sul reddito e quindi non beneficerebbero dello sgravio Irpef - partecipino alla sua festa. Si tratta di circa quattro milioni di
italiani in tutto e per dare qualcosa anche a loro il
Tesoro ha stimato una spesa di poco più di due
miliardi l’anno. Se si parte da maggio, per il 2014
la spesa complessiva sarebbe di quasi 8 miliardi,
ma in molti dubitano che si trovino le coperture
così in fretta (e questo al netto della natura recessiva di tagli lineari di questa entità in un paese
in cui la crescita del Pil è prossima allo zero).
A quel punto, l’unica possibilità sarebbe rimanere
a un fabbisogno di 6,6 miliardi e abbassare la soglia di reddito dei beneficiati: non più - per capirci
- quelli che guadagnano 1.500 euro al mese, ma
quelli che ne prendono 1.300 o 1.200. Sempre i
dieci milioni di italiani annunciati da Renzi, ma
con altri confini per individuarli. Le fonti di fi- cio strutturale dal 2015 al 2016 per pagare i debiti
nanziamento dell’operazione 80 euro non sono commerciali della P.A.: era scritto chiaramente
ancora del tutto note: una gran parte la dovrebbe nel Def, che è pubblico da giorni, e dentro quel
fare il comparto sanità (anche sotto forma di tagli documento c’è anche scritto che il governo ha
all’acquisto), contributi saranno chiesti alla Di- inviato una lettera sul tema alla Commissione eufesa (blocco degli arruolamenti) e agli altri mi- ropea (obbligatoria per via dell’accordo “Six
nisteri esclusa l’Istruzione. Una mazzata è pre- Pact”), ma per l’opposizione è sembrata una sorvista anche sugli statali: il tetto in quattro parti per presa.
gli stipendi dei dirigenti (dai 270mila l’anno dei
vertici agli 80 mila di quelli di seconda fascia) do- SI È PERSINO dubitato a lungo che la lettera delvrebbe portare mezzo
l’esecutivo esistesse (poi il Tesoro l’ha pubmiliardo, che potrebbe
blicata sul sito con la “ricevuta” della Ue):
salire quasi fino a due se
Brunetta ha persino inscenato una protesta
si dovessero coinvolgere
nella riunione dei capigruppo della Camera
quelli che guadagnano
finita con urla e porte sbattute della preall’ingrosso 60 mila euro
sidente Laura Boldrini. Alla fine, non c’era
l’anno.
nulla di nuovo e il problema vero è che il
Ieri, comunque, è stato
governo ha chiesto uno slittamento solo di
anche il giorno in cui
un anno, promettendo di correggere il tenForza Italia (Renato
denziale del defecit dello 0,5 per cento già
Brunetta su tutti) ha al- La lettera del ministro Padoan nel 2015. Anche questo era scritto nel Def.
zato una inspiegabile
al commissario Siim Kallas, Da Bruxelles hanno risposto che ci faranno
cagnara sullo slittamenreggente del portafoglio degli sapere il 2 giugno.
to del pareggio di bilanAffari economici
m. pa.
A PALAZZO
il Fatto Quotidiano
Critiche dai giudici
Grillo: “Giornalisti
non vi fate schifo?”
NICOLA GRATTERI, procuratore aggiunto di Reggio Calabria commenta
così la nuova legge sul voto di scambio: “La pena mi pare troppo lieve rispetto alla gravità del fatto”. E chiede:
“Perché è meno grave l’accordo tra un
mafioso e un politico rispetto al reato
di un mafioso che chiede il pizzo?”.
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
3
BEPPE GRILLO ieri è partito dal blog
all’attacco della stampa. “Giornalisti
ma non vi fate mai schifo? Dopo la
frana cosa farete? Vi cercherete nuovi padroni? Continuerete il vostro
mestiere di servi? L’Italia frana senza
scampo, senza interruzione”. Franco
Siddi (Fnsi) gli risponde: “Ha paura”.
VOTO DI SCAMBIO, LA LEGGE È SFATTA
APPROVATO AL SENATO IL NUOVO 416 TER. PROTESTA DEI CINQUE STELLE. ORA SI PENSA A UN DDL PER RIALZARE LE PENE
LO SPIRITO GRASSO
di Luca De Carolis
rla, cori, insulti, foto strappate e due
grillini espulsi. Ma
alla fine la curva del
Senato ha detto sì alla nuova
norma sul voto di scambio, che
abbassa le pene e manca di parole cruciali. Inutile l’ostruzionismo di Cinque Stelle, che in
aula ha fatto di tutto; ininfluente l’astensione della Lega, valsa
come un no. Soffocati i mal di
pancia nel Pd, fedele all’accordo
con Forza Italia. Ieri, in quarta
lettura, Palazzo Madama ha dato il definitivo via libera con 191
sì, 32 contrari e 18 astenuti al
nuovo articolo 416 ter del codice penale “sullo scambio elettorale politico-mafioso”, che punisce “chiunque accetta la promessa di procurare voti in cambio della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità”.
Scendono le pene, da 7-12 anni
a 4-10 anni di reclusione. Sparisce (rispetto al ddl originario)
la punibilità per chi “dia disponibilità a soddisfare gli interessi
o le esigenze dell’associazione
mafiosa”. Scomparsa anche la
parola “qualunque” davanti ad
“altra utilità”, nove lettere he
ampliavano la lotta alla compravendita di voti. Tutto cancellato in terza lettura alla Camera dalla maggioranza e Fi.
U
IN SENATO si parte presto, dopo
la discussione di martedì a cui
aveva assistito anche Grillo. Assenti tutti gli ex M5S. Il filo rosso
della mattinata è il duello tra il
presidente dell’aula Pietro
Grasso e i 5 Stelle. Il capogruppo
di M5S, Maurizio Buccarella,
chiede tempo per l’illustrazione
di altri emendamenti. Grasso
dice no: “Il tempo è esaurito”.
Marco Scibona protesta: “Vado
alle manifestazioni (No Tav,
ndr) e mi manganellano, arrivo
in aula e mi tagliano il tempo”.
Michele Emiliano
CHI ROMPE PAGA
(ANCHE NEL PUBBLICO)
Senatore Santangelo, non
rompa il microfono, è
danno erariale. Non era
intenzionale? Lo so, altrimenti
sarebbe danno aggravato
“
Il senatore Cinque Stelle Crimi difende dal collega Malan le stampe di Berlusconi e Napolitano in aula LaPresse
LO SCONTRO
La norma passa con 191
sì, 31 no e 18 astenuti
Il comportamento
del gruppo M5S
viene ”deplorato”
da Palazzo Madama
Grasso non arretra: “Se i suoi
colleghi avessero contenuto i loro interventi avrebbe potuto
parlare”. Tocca ad Alberto Airola. Dal Pd rumoreggiano, lui
replica: “Sono quelli che ci danno dei fascisti”. Il presidente gli
toglie la parola, e il grillino reagisce: “Questa è la democrazia
sua e del suo partito”. L’ex capogruppo Vincenzo Santangelo
stacca il microfono dal supporto. Grasso scherza: “Non lo
rompa, è danno erariale”. Risate. Santangelo: “Non è stato intenzionale”. L’ex procuratore:
“Lo so, altrimenti sarebbe danneggiamento aggravato”. Poi
precisa: “Era una battuta per
sdrammatizzare”. Il Senato boccia emendamenti in serie, M5S
polemizza ancora. Vito Petrocelli: “Nell’ottica di armonizzare
i tempi l’ultima parola spetta alla
presidenza?”. Grasso: “Hanno
deciso i capigruppo”. Dichiarazioni di voto. Peppe De Cristofaro (Sel) ammette: “Il provvedimento poteva essere migliore”. Accusa i 5 Stelle di “propaganda becera”. Proteste, liti. Un
leghista contro una grillina:
“Zitta scimmia”. Grasso si scusa
con la scolaresca in tribuna. De
Cristofaro chiosa: “Il tentativo
di prendere voti in più non si
ferma neppure davanti alla Shoah”. Chiaro riferimento al post
di Grillo.
DAI BANCHI M5S applausi e
“ciao” ironici. Airola e Santangelo urlano senza sosta. Grasso
minaccia “provvedimenti”, anche a gesti. I grillini lo sfidano:
“Buttaci fuori”. Grasso risponde
con due censure. Santangelo
non si placa, il presidente lo
espelle. Dai 5 Stelle il coro: “Fuori la mafia dallo Stato”. Viene
espulso anche Airola. Irrompe
Lucio Barani, storico craxiano,
ora in Gal: “Non vorrei che in
quest’aula si urlasse perché circolano sostanze tossiche, chi urla venga con me in laboratorio”.
Caos. Grasso prova a contenerlo
ma Barani non si frena, definisce Craxi “uno dei più grandi
statisti”. Dai 5 Stelle, un classico:
“Tutti a casa”. L’ex pm riprende
A PROPOSITO
DI QUOTE ROSA
Senatrice Lezzi, non
vorrei usare la parità
di genere anche per
le espulsioni. Senatrice
Taverna, lasci finire
“
CHI ROMPE PAGA,
PARTE SECONDA
Senatore Puglia,
la prego
di non trascendere
in atti violenti
sul banco
“
CARTELLINI DATI
E PROMESSI
Senatore Santangelo,
se le dico di tacere lei deve
tacere. Vada fuori. Se
continuate a disturbare così
dovrò espellere tutto il gruppo
“
Barbara Lezzi: “Non vorrei usare la parità di genere per le espulsioni”. A Sergio Puglia: “La prego di non trascendere in atti violenti sul banco”. Grasso arriva a
minacciare “l’espulsione di tutto il gruppo”. Intanto la Lega si
astiene: “La pena doveva rimanere quella della prima formulazione”. La dichiarazione di voto per M5S la fa Mario Giarrusso: “Volete ridurre le pene dopo
un accordo tra il premier e un ex
senatore che abbiamo cacciato
(Berlusconi, ndr). Avevamo una
norma che metteva paura alla
mafia e ai suoi sodali, presenti
anche in quest’aula...” Gli urlano: “Fai i nomi”. Lui prosegue:
“Questa norma va approvata
perché qualcuno deve fare un
nuovo patto con la mafia prima
delle elezioni”. Il Pd insorge,
Giarrusso va avanti: “Perché il
nostro presidente (Napolitano,
ndr) è andato a Catania e ha tenuto fuori dalle cerimonie il
procuratore della Repubblica?
A noi risulta che abbia incontrato Tinebra (Giovanni, procuratore generale di Catania, ndr)”. I
5 Stelle mostrano fogli con le
facce di Berlusconi e Napolitano
e un fotomontaggio che ritrae
un incrocio tra Renzi e Berlusconi: sotto, la scritta “i padrini
del voto di scambio”. I commessi corrono a strapparli assieme al
questore Lucio Malan (Fi),
Grasso sospende la seduta.
Franco Mirabelli (Pd): “Nulla
vieta a nessuno di noi di ritenere
che sarebbe stato più giusta la
pena tra i 7 e i 12 anni, e di correggere questo con una leggina”. Poco dopo le 12 di vota. Il
nuovo 416 ter sarà legge. M5S
lavora già a un emendamento in
un prossimo ddl per inasprire le
pene. Il civatiano Felice Casson
assicura il suo appoggio (“lavoro a un testo sullo stesso punto”). In serata l’ufficio di presidenza del Senato “deplora” il
comportamento dei 5 Stelle.
Accordo al ribasso
“Norma sbagliata, ma Pd costretto a stare con B.”
di Enrico Fierro
ono contento che la norma
sia stata approvata e coS
struita per essere applicata, ma
mi fermo qui, perché il resto
non mi piace proprio”. Voto di
scambio, parla Michele Emiliano, sindaco di Bari e leader molto “eretico” del Pd.
do in cambio vantaggi al boss di
turno. La penso esattamente come il senatore Casson...
Suo compagno di partito e con
un passato da magistrato come
lei.
Appunto, io come
Felice so cos’è la
mafia, cono-
Sindaco, cosa non le piace?
Vorrei capire come sia stato
possibile che per una norma che
ha sempre avuto il minimo edittale del 416 bis, il reato di associazione mafiosa, alla fine le pene siano state drasticamente
ridotte. Questo è il punto che
non mi trova d’accordo,
considerare più grave il
comportamento di chi
prende parte a una cosca
mafiosa rispetto al politico che chiede voti offren-
Michele
Emiliano
Ansa
sco le dinamiche e la composizione sociale delle cosche. Spesso chi aderisce a una consorteria mafiosa lo fa per paura, per
una forma di assoggettamento
o adesione a una certa cultura,
parlo ovviamente dei peones.
Quando ho proposto di togliere
i figli ai boss, in molti si sono
scandalizzati, ma quella mia
proposta parte dalla necessità di tagliare alla radice uno
dei punti di forza delle varie
mafie, che è quello dell’affiliazione o della trasmissione per
via ereditaria del potere.
Dicevamo dei politici
che baciano le mani
per i voti.
Un politico è un
uomo che non ha
condizionamenti
culturali o territoriali che lo spingo-
no nelle braccia del boss. Non
deve e non può averli, e quando
chiede i voti a un mafioso compie un delitto gravissimo, la sua
azione mette in crisi le istituzioni, inquina la democrazia, la uccide. Un sindaco che si fa eleggere con voti mafiosi sa che da
quel momento la libertà della
sua città è compromessa, che
dovrà soddisfare non più il bene
comune, ma gli interessi dei
mafiosi. Per questa ragione dico
che la norma approvata è criminologicamente sbagliata.
Sindaco Emiliano, nel suo partito in pochi la pensano così, se
vuole le leggo le dichiarazioni
entusiastiche di molti dirigenti.
La prego, li conosco bene i facili
entusiasmi.
Quindi è d’accordo che la norma
approvata è viziata da un patteggiamento al ribasso?
Parliamo di fatti incontestabili:
quando il ddl è stato approvato
in Senato con i voti del Pd, la
pena era fissata da un minimo
di 7 a un massimo di 12 anni,
l’unica opposizione fu quella di
Forza Italia: è un dato oggettivo.
Si poteva fare di più e meglio?
Certo, se deputati e senatori
M5S si fossero comportati diversamente il Pd non sarebbe
stato costretto a patteggiare con
Forza Italia.
Cosa che sarete costretti a fare
per i prossimi mesi.
No, è molto difficile, direi quasi
impossibile. Chi sarà il nostro
interlocutore all’interno di Forza Italia? Non lo so, il partito è
diretto da Berlusconi, un pregiudicato in esecuzione di pena
non può essere un interlocutore
politico. Come fa il premier a
incontrarlo, con chi si discute di
riforma delle istituzioni?
Con un pregiudicato ai servizi
sociali.
Per queste ragioni da mesi mi
sono assunto un compito ingrato, convincere i Cinque Stelle a
essere dentro un percorso costituente, ad aiutarci a cambiare
questo Paese. Certo, anche con
il compromesso politico. Avevo
chiesto a Di Battista di prendere
i progetti di legge del MoVimento e di discuterne con Renzi. Zero, Di Battista non si è fatto
più sentire.
Quindi?
Non sto in maniera serena sulle
posizioni del Pd e, diciamolo,
rompo le scatole ai Cinquestelle. Pazienza, assumo il rischio,
l’importante è mantenere la
connessione tra linea politica e
coscienza individuale.
4
CHE PENA
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
Napoli: prorogata
l’inchiesta
sui senatori venduti
L’INDAGINE a carico di Silvio Berlusconi per la
compravendita di senatori, tra cui Sergio De Gregorio è ancora in corso. È quanto emerge dagli atti
depositati ieri dal pubblico ministero Henry John
Woodcock al Tribunale di Napoli. In questo procedimento, l’ex Cavaliere è accusato di corruzione
(per questa accusa il processo è già approdato in
dibattimento) e per un presunto finanziamento il-
il Fatto Quotidiano
lecito dei partiti. Per questa seconda ipotesi di reato
il pm ha chiesto al gip la proroga delle indagini. La
procura chiede quindi altro tempo per approfondire
la questione dei finanziamenti erogati negli anni
scorsi al Movimento Italiani nel Mondo, che fa riferimento all’ex senatore De Gregorio. Per esaminare la nuova documentazione depositata dalla
procura, è slittata la testimonianza del capitano del-
la Guardia di Finanza, Sebastiano Di Giovanni. Su
richiesta degli avvocati di Berlusconi e Valter Lavitola, la prossima udienza è stata rinviata al prossimo 7 maggio. Ieri il Csm ha “assolto” Nicola Russo,
il presidente del collegio che giudicherà Berlusconi a
Napoli. Il procedimento era stato aperto perché
Russo, prima di diventare magistrato, aveva aderito
a un comitato di sostegno a Romano Prodi.
Nuovo guaio per B.:
andare ai talk-show
con i pregiudicati
FREQUENTARE STUDI TELEVISIVI CON POLITICI E GIORNALISTI
CONDANNATI POTREBBE SPEDIRE AI DOMICILIARI L’EX PREMIER
di Chiara Paolin
uando il Tribunale di
Milano ha deciso di concedere a Silvio Berlusconi la pena alternativa,
cioè l’affidamento ai servizi sociali,
lo ha automaticamente inserito in
un percorso da soggetto redimendo.
Un viaggio rieducativo che prevede
condizioni accessorie piuttosto interessanti se a muoversi è un imprenditore multimilionario nonché
politico con tanto di nome piazzato
nel simbolo di partito in disperata
rincorsa alle prossime elezioni europee.
Q
PER ESEMPIO, il condannato non
costretto a vivere chiuso in casa ma
libero di andarsene dove ha i propri
interessi – secondo quanto concesso
dalle autorità – deve mantenere un
comportamento specchiato, e abbandonare le cattive abitudini del
passato. In concreto: non può assolutamente frequentare persone condannate per reati penali in via definitiva, altrimenti il tribunale di sorveglianza interviene e revoca subito
la misura leggera per passare a quella
più pesante, ovvero gli arresti domiciliari.
Il problema è dunque che alla blanda
costrizione materiale del leader
(mezza giornata con gli anziani a settimana, e poi tre giorni a Roma per
seguire gli affari correnti) dovrebbe
corrispondere un imperioso ritorno
d’immagine fatto di ospitate, interviste, show. A tirare la carretta di
Forza Italia in Europa deve pensarci
ancora una volta il Cavaliere in carne
e ossa, ma ogni passo andrà studiato
con cura per evitare qualsivoglia irritazione dei controllori milanesi:
niente attacchi ai giudici, e frequentazioni esemplari.
Tg e talk-show non aspettano altro:
quando potrà tornare in studio Silvio? Come garantirgli una vera agibilità televisiva a consolidamento di
quella politica? Il primo limite sta
negli orari, perché Berlusconi deve
VIDEO HOT
Regole etiche
molto severe alla Rai
La Corte di Strasburgo:
niente sospensione
della pena in vista
delle elezioni europee
rientrare a casa entro le
23. Certo tra registrazioni anticipate e collegamenti dal salotto di
casa si può trovare la
soluzione più adatta.
Poi ci sarebbe la questione del pregiudicato
che non può frequentarne altri, e lì
l’affare si complica perché diversi
habituè televisivi hanno sulle spalle
una condanna in Cassazione. Per dire: un amarcord con Gianni De Michelis e Paolo Cirino Pomicino? Azzardato dimostrare che il congresso
funga da raduno criminale, eppure
formalmente l’incontro è poco auspicabile. Le provocazioni di Vittorio Sgarbi o Umberto Bossi per scaldare il vecchio leone? L’amore di polemica dovrebbe sanare il vulnus tecnico-giuridico, eppure qualche pignolo potrebbe bussare agli uffici
milanesi per far notare la scarsa correttezza della procedura.
Oltretutto, per la Rai valgono regole
più severe. Il Codice etico, le linee
guida e tutto il corollario di norme
che sovrintendono alla qualità del
servizio pubblico impongono particolarissime cautele sulla presenza di
soggetti dalla fedina penale sporca.
Nei meandri dei regolamenti c’è chi
giura vigente una leggina per cui i
Silvio Berlusconi seduto sulle classiche poltrone bianche di Porta a Porta Ansa
pregiudicati non dovrebbero proprio mettere piede tra Saxa Rubra e
dintorni. Bruno Vespa non ci vuole
neanche pensare: “Mi pare prematuro fare questi calcoli, o almeno io
ancora non so che dire. Ignoro regole e dettagli, vedremo più avanti”.
IL DETTAGLIO È CHE anche i giornalisti sono spesso colpiti da sentenze definitive. Per questo a Berlusconi
è teoricamente vietato il colloquio
con i suoi direttori presenti e passati:
Alessandro Sallusti (Il Giornale),
Giorgio Mulè (Panorama) e Maurizio
Belpietro (ex di entrambe le testate).
Per dirla tutta, lo stesso Vespa ha una
condanna per diffamazione vergata
dalla Cassazione. E far arrabbiare i
magistrati prendendo alla leggera i
vincoli di legge sarebbe una mossa
azzardata: specie da ieri, quando la
Corte di Strasburgo ha rigettato la
richiesta di sospensione della pena
da qui al 25 maggio. Le Europee, Silvio, dovrà farle in tivù.
TRA GLI ANZIANI
“Rieducarlo? Un paradosso”
di Silvia D’Onghia
farsi trovare pronto, al servizio degli anziani della “Sacra famiglia”,
erlusconi è come una persona
perché qualora venga beccato ansocialmente fragile, che va seche solo a raccontare una barzelguita, supportata e, infine, certifiletta contro i “giudici mafiosi” pocata. L’istituto dell’affidamento in
trebbe scattare la relazione negaprova al servizio sociale, introdottiva al Tribunale di sorveglianza.
to in Italia nel 1975 con la riforma
L’Ufficio per l’esecuzione penale
del sistema penitenziario e via via
esterna, di cui fanno parte gli asmodificato – con la Legge Gozzini,
sistenti sociali, ha a disposizione
poi con alcune sentenze della Cordell’“affidato” anche un gruppo di
te costituzionale, infine con la repsicologi. Qualora Berlusconi sencente normativa sulla “messa in
tisse il bisogno di parlare, saprebbe
prova” – è stato maggiormente utia chi rivolgersi. “L’attività di tipo
lizzato finora per le categorie di
riparativo – spiega al Fatto il diretsoggetti più deboli, coloro che hantore dell’Ufficio per l’esecuzione
no alle spalle una dipenale esterna di Bari,
pendenza o una situaVincenzo Petralla – dizione familiare disapende dalla risonanza
strata. Perché è esseninteriore che questa atzialmente per loro che
tività ha nella persona.
si ipotizza una “rieduDi solito si tratta di
cazione”. Certo, scrive
soggetti con difficoltà
il Tribunale, “può svoldi inserimento, per cui
gere una funzione rieli si supporta nella riducativa anche qualora
cerca di lavoro o nella
la persona sia perfettasoluzione di situazioni
mente inserita socialfamiliari complicate”.
mente e laddove anzi il
Chissà che non sia quecondannato sia stato
sto il caso.
capace di influenzare
Al termine del suo perl’ambiente in direzione
corso di “prova”, l’asincompatibile con le
sistente sociale dovrà
regole del diritto”. Ma
scrivere una dettagliata
appare comunque “pa- SBARRE VIRTUALI Il centro anziani di Cesano
relazione sul percorso
radossale – sostiene il Boscone dove l’ex premier espierà la sua colpa LaPresse
compiuto dall’ex pre-
B
costituzionalista
Massimiliano
Della Torre, ex dirigente dell’ufficio del Difensore civico della Lombardia – ipotizzare che una persona che ha elevato il delitto a suo
stile di vita possa essere rieducata.
Anzi, gli individui abituati a truffare approfittano degli istituti di civiltà per farsi gli affari propri”.
Silvio Berlusconi sarà dunque supportato nel suo percorso – individualizzato, come prevede la legge –
da un assistente sociale, che potrà
decidere di fargli visite programmate e scadenzate nel tempo oppure anche improvvisate. Dovrà
mier. Se questo sarà ritenuto insoddisfacente, se la sua condotta
non sarà stata consona, allora il
magistrato di sorveglianza potrà
decidere di revocare l’affidamento
e far scontare al detenuto la pena
agli arresti domiciliari. Come a dire: hai provato a rieducarti, ma non
ci sei riuscito, quindi devi scontare
in altro modo la tua pena.
TRADIMENTI
Il fido Zangrillo:
“Lorenzin
mi fai schifo”
IL MEDICO DEL CAVALIERE INSULTA
IL MINISTRO INTERVISTATA A BALLARÒ
è un uomo che soffre, e molto, nel
vedere Silvio rieducato alle durezze
C’
della vecchiaia mentre c’è chi, grazie alla
generosità del Cavaliere, se la gode da pazzi rinnegando il sogno bello di Forza Italia. Quest’uomo si chiama Michele Zangrillo, è il medico prediletto di Berlusconi,
quello che gli ha pronosticato almeno 90
anni di vita e certificato l’uveite nei giorni
in cui i giudici di Milano volevano parlare
di Ruby. Ebbene, l’anestesista che sta a
capo della Terapia Intensiva del San Raffaele di Milano proprio
non ce la fa a tacere quando la sera, in tivù, compare Beatrice Lorenzin,
ministro della Salute di
genesi berlusconiana e fede alfaniana, che conciona sui miracoli di governo
a Ballarò. “Aò c’avemo ‘a
copertura dei 80 euri”
twitta Zangrillo facendo il
verso al ministro. AgZangrillo Ansa giungendo: “La Sanità sarebbe il tuo mondo? Studia, presentati agli esami, discuti una tesi,
non parlare in romanesco e soprattutto:
lavora!”.
PAROLINE POCO DOLCI ma perfettamen-
“RITENGO che quest’ultimo para-
dosso sia l’esito coerente di un ventennio di paradossi – prosegue il
professor Della Torre –. Uno dei
tanti? Con lui abbiamo dato una
spallata alla nostra organizzazione
democratica basata sulla forma
partito, quando sono stati inseriti i
nomi dei leader delle coalizioni nei
simboli elettorali. Ci sarebbe voluto un lavoro di lunga lena per
smontare in 5 minuti 20 anni di vicende che si sono stampate nella
mente delle persone. Diciamo che
mi sarei stupito se ci fosse stata una
decisione più coerente e sensata”.
Qualcuno dice che è stato scelto così per permettergli di fare la campagna elettorale. Oppure è stata
un’estrema cattiveria per lui, 77 anni, costretto a spingere le carrozzelle di coetanei? “L’estrema cattiveria è stata fatta a quelle persone
che lui dovrà portare in giro per il
giardino...”.
te in linea con i giudizi espressi qualche
cinguettio prima contro i famosi traditori,
le creature forgiate da Berlusconi e poi
passate nelle fila Ncd. Per esempio, quando Angelino annuncia dal suo primo congresso “Abbiamo osato fare ciò che era
inimmaginabile fare”, @zangrillo risponde: “Agli italiani non risulta che per tradire
ci voglia coraggio”. Tiè, doppio tiè, e sbocco di bile: “Con l’acquisto di Bonaiuti l’Ncd fa davvero paura!”.
Insomma, è dura la vita di chi difende il
capo oltre ogni sentenza giudiziaria e politica, con puro spirito di fedeltà. Un moto
di orgoglio che arriva ai limiti dell’autolesionismo quando il professor Zangrillo,
sfrucugliato dagli ultimi sorrisoni della
Lorenzin, lancia un ultimo messaggio notturno: “Lorenzin, abbi il coraggio di espellermi dal Consiglio Superiore di Sanità.
Starci insieme a te mi fa schifo”. Pensare
che solo sei mesi fa Beatrice nominò Michele in nome dei “requisiti di altissima
professionalità e competenze maturate”.
Twitter@chiarapaolin
ALL’ITALIANA
il Fatto Quotidiano
Gasparri a processo
I pm: “presi 600
mila euro dal Pdl”
MAURIZIO GASPARRI è stato rinviato a giudizio dal gup di Roma per
peculato. A indagarlo, i pm Nello Rossi
e Alberto Pioletti. Secondo i magistrati romani Gasparri “quale senatore e
presidente del gruppo parlamentare
Pdl” intestatario del conto del gruppo
“si appropriava di 600 mila euro uti-
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
lizzandoli il 22 marzo 2012 per l’acquisto di una polizza a lui intestata, avente
quale durata la sua intera vita e i cui
beneficiari, in caso di morte dell’assicurato, erano i suoi eredi legittimi”. Il
politico ha poi “proceduto al riscatto
anticipato della polizza, il 1 febbraio
2013 (liquidata in 610,697,28 euro) e
5
alla restituzione della somma di 600
mila euro al gruppo Pdl Senato con due
bonifici di 300 mila ciascuno, rispettivamente in data 20 febbraio 2013 e
12 marzo 2013 a seguito di specifiche
richieste della direzione amministrativa del gruppo”. Gasparri ha respinto
ogni accusa.
FERMATE LE CIMICI
IL POTERE A TAVOLA
NON SI INTERCETTA
I PM ROMANI ORDINANO AL CAPO DELLA SQUADRA MOBILE
DI BLOCCARE GLI ASCOLTI NEL RISTORANTE IN CUI IL FRATELLO
DI DELL’UTRI HA SVELATO IL PIANO DI FUGA DELL’EX SENATORE
L’ingresso del ristorante Assunta Madre; accanto, Giuseppe Pignatone Ansa
di Marco Lillo
e Valeria Pacelli
uella cimice nel privé di Assunta Madre, piazzata per indagare sul patron
del ristorante, registrava troppi
colloqui riservati. Non solo
quello nel quale si progettava la
fuga in Libano che è costato
l’arresto a Marcello dell’Utri a
Beirut. Ma, secondo l’anticipazione di ieri del settimanale Panorama in edicola, anche le confidenze di un grande imprenditore che si vantava di avere
stoppato addirittura gli arresti
di un’indagine grazie ai suoi
amici in magistratura. Poco
dopo avere inciso le registrazioni imbarazzanti per Dell’Utri e per i magistrati, la Procura
di Roma ha ordinato alla cimice
di tapparsi le orecchie quando
captava confidenze estranee al
focus dell'inchiesta sul ristoratore Gianni Micalusi.
Q
LA PROCURA sminuisce, spiega e circoscrive ma la notizia è
destinata a fare clamore e soprattutto a ridestare il panico
tra i frequentatori del locale nei
mesi passati. Ora le cimici non
ci sono più ma sono in tanti a
chiedersi se ci sia anche la loro
voce nella compilation incisa
sul cd dalla Squadra Mobile di
Roma. Gli uomini più ricchi e
potenti sceglievano il ristorante
in via Giulia per il pesce di Johnny, alias Gianni Micalusi, per la
polvere di stelle che si respirava
tra vongole e gamberoni, ma
anche per la riservatezza. Sul sito del ristorante ci sono le fotografie di Johnny Micalusi sorridente con Belen e Al Pacino,
Giorgio Armani e Woody Allen
più altre decine di vip. Non
manca la cartolina con la foto di
Silvio Berlusconi. Ma lui almeno è fuori dal periodo a rischio:
è stato da Johnny il 15 maggio
del 2012 quando la cimice non
c’era. Tutti gli altri, palazzinari e
politici, attori e registi, giocatori
e presidenti di squadre di calcio,
tremano. Amavano sussurrare i
loro segreti nel privé di Assunta
Madre, studiato per accogliere i
suoi ospiti esclusivi - si legge sul
sito dello studio Kion che lo ha
progettato - come all’interno di
uno yacht. La boiserie su misura è l’elemento centrale del progetto, riveste le pareti e rende
caldo e accogliente l’ambiente,
mettendo in evidenza l’importante cantina del ristorante” e
nascondendo, viene da dire oggi, l’apparato invisibile che ora
fa disperare i potenti di Roma.
Panorama scrive che dopo otto
mesi di intercettazioni ambientali al ristorante romano per
l’inchiesta di riciclaggio sul titolare Gianni Micalusi, la procura di Roma ha sentito l’esigenza di mettere un tetto al raccolto delle microspie. Il 20 novembre scorso il sostituto procuratore Francesco Mìnisci e il
procuratore Giuseppe Pignato-
TUTTI INSIEME
L’Assunta Madre
è frequentato da politici,
imprenditori e attori. Qui
un imprenditore avrebbe
parlato dei suoi rapporti
con i magistrati
ne scrivono al capo della squadra mobile di Roma, Renato
Cortese, un ordine chiaro:
“Questa squadra mobile non
procederà alla registrazione dei
colloqui che si collocano certamente in ambito diverso da
quello delineato dal gip, avendo
cura di sospendere le attività
tecniche relative a quei colloqui”. Appena 12 giorni prima,
l’8 novembre 2013 Alberto Dell’Utri, fratello gemello dell’ex
senatore di Forza Italia, e l’imprenditore Vincenzo Mancuso
avevano discusso insieme della
possibilità di fuga in Guinea
Bissau o in Libano. Ma ci sarebbe un’altra conversazione che,
secondo Panorama “avrebbe
messo in allarme gli inquirenti
perché riguarderebbe i discorsi
di un notissimo imprenditore
romano il quale, durante una
cena, avrebbe detto ai suoi commensali di aver fatto pressioni
su alcuni magistrati della Capitale per evitare una serie di arresti” con tanto di “nomi e cognomi e chiari riferimenti ad
una determinata indagine” ovviamente segretissima. Le illazioni sul perché i pm romani
avrebbero limitato gli ascolti
proprio dopo avere captato le
parole imbarazzanti per la ma-
gistratura sono rimbalzate sui
siti internet. In serata il capo
della Procura di Roma Giuseppe Pignatone ha replicato con
un comunicato. L’invito alla
squadra mobile a non registrare
i colloqui ‘extra’ sarebbe farina
del sacco del Gip. Pignatone afferma che “il giudice per le indagini preliminari di Roma,
nell’autorizzare l’attività di intercettazione all’interno di una
saletta riservata del ristorante
Assunta Madre ha correttamente posto precisi limiti per
evitare che venissero intercettate le conversazioni di soggetti
del tutto estranei al contesto investigativo, semplici frequentatori del locale”.
“La Procura della Repubblica prosegue la nota - poco dopo
l'avvio delle intercettazioni ha
invitato, con nota del 20 novembre 2013, la Squadra Mobile al rispetto dei limiti posti dal
gip, anche sospendendo, dandone peraltro atto, le 'attività
tecniche relative a quei colloqui
che, a fronte di un iniziale verosimile interesse per le indagi-
ni, risultino estranee alle stesse
e all’ambito del provvedimento
del gip”.
Ma chi è l'imprenditore che
vanta il suo potere di stoppare
gli arresti? Sono tanti i nomi circolati ieri da quello di un costruttore potente a quello di un
nome importante anche nel
mondo dello sport a quello di
un ras del settore ambientale. Il
procuratore Pignatone lascia
intendere che, se la conversazione svelata da Panorama esiste,
non è detto che venga distrutta
come le altre irrilevanti. “Le indagini - conclude Pignatone sono ancora in corso e la Squadra Mobile deve ancora riferire
compiutamente gli esiti”.
fatto
a mano
BOTTE DI FERRO
Marcello, i trucchi e la rete
libanese per salvarsi ancora
di Sandra Amurri
olo dopo quattro giorni di
detenzione nella foresteria
S
della Caserma di Polizia di Beirut, Marcello Dell’Utri per “ragioni umanitarie” è stato trasferito nell’ospedale privato
convenzionato con lo Stato Al
Hayat che in libanese vuol dire
vita. Sulla base del referto del
cardiologo il procuratore generale ha decretato incompatibili
con la detenzione le sue condizioni di salute che necessitano
di monitoraggio continuo.
Nell’ospedale, dove Dell’Utri è
piantonato, lo ha incontrato il
collega Francesco Viviano (Re-
PROBLEMI DI SALUTE
È stato ricoverato
in un ospedale privato
Mentre tentavano
di avvicinarlo, due
giornalisti italiani sono
stati fermati dalla polizia
pubblica) che quando ha tentato
di fotografarlo è stato fermato
dalla polizia (insieme a Giuseppe Guastella del Corriere). “Era
molto affaticato - ha raccontato
Francesco Viviano - indossava
una tuta marrone, aveva la barba lunga e le manette ai polsi”.
Quali sviluppi potrebbe avere
la vicenda? Per capirlo è bene
sapere chi è e quanto conta
l’uomo che secondo il gemello
dell’ex senatore gli avrebbe garantito protezione. Il suo nome
è Saad Hariri, figlio dell’ex Primo ministro libanese Rafiq assassinato, leader di “Movimento Futuro”, anche lui è stato
premier negli anni in cui lo fu
Berlusconi. Hariri, che vive tra
Parigi e l’Arabia Saudita, secondo Forbes è il 522° uomo più
ricco del mondo con un patrimonio di 1,4 miliardi di dollari,
presidente della Commissione
Esecutiva di Oger Telecom che
gestisce le telecomunicazioni
in Africa, della Omnia Holdings, siede nel cda della Oger International Entreprise de Travaux Internationaux. Hariri,
come ci conferma uno dei rappresentanti del suo movimento
a Roma, a fine marzo, proprio
mentre Dell’Utri preparava la
sua fuga in Libano, si è recato in
visita privata nella capitale. Ma
su chi ha incontrato all’hotel
Parco dei Principi bocche cucite. Nel governo libanese Hariri ha i suoi uomini: il Primo
Ministro Tamam Salam e il
Ministro della Giustizia,
Nuhad Al Masch Nuc, deputato del suo stesso partito,
proprio quelli ai quali spetterà
dire l’ultima parola sulla richiesta di estradizione di Dell’Utri dopo quella del Procuratore generale Samir Hammoud, che, come tutti i magistrati più alti in carica, è una
nomina politica e risponde al
Ministro della Giustizia. Anche la scelta di Dell’Utri di farsi
difendere da Nasser Al Khalil,
musulmano sunnita come
Saad Hariri, non suona casuale.
Se la richiesta di estradizione,
come sancito dall’accordo bilaterale tra Italia e Libano del
1975, non dovesse arrivare entro 30 giorni, quindi entro il 12
maggio (Dell’Utri è stato arrestato il 12 aprile) ,scadrebbe la
custodia cautelare provvisoria
della durata di un mese e di
conseguenza anche l’estradizione non potrebbe più essere
richiesta.
INTANTO dal Libano arriva la
richiesta che tutti gli atti a corredo per l’estradizione, migliaia
di pagine della storia processuale, siano tradotti in arabo. Il
ministero della Giustizia italiana risponde di non aver ricevuto alcuna richiesta in tal senso,
che il trattato Italia-Libano prevede invece la traduzione in
francese e assicura che tutto
perverrà, ben prima del termine di scadenza. E aggiunge che
se la Cassazione confermerà la
sentenza di Appello, il Ministero sarà pronto ad inoltrare immediatamente la domanda di
estradizione a fini esecutivi. Ma
tutto si gioca sul filo del rasoio.
L’udienza è stata fissata per venerdì 12 maggio ma la sentenza
potrebbe slittare a lunedì 12,
quando scadrebbe l’arresto
provvisorio. E anche fosse di
condanna e venisse emessa in
tempo, i difensori potrebbero
appellarsi al fatto che il reato di
“concorso esterno in associazione mafiosa” in Libano non
esiste, o potrebbero invocare
l’art. 17 del trattato che esclude
l’estradizione per i reati politici.
Insomma, i giochi sono aperti e
le carte infinite. Il tempo e la disponibilità che sarebbe stata garantita da Saad Hariri, giocano
a favore del braccio destro di
Berlusconi che potrebbe tornare ad essere un libero cittadino
in Libano dove avrebbe già potuto aver messo al sicuro ciò che
gli servirebbe per vivere serenamente il tempo che verrà, in
uno dei tanti conti cifrati di
quello che, nonostante non faccia parte della black-list è, di fatto, un paradiso fiscale.
6
CHE LISTE
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
Con i Verdi
in corsa Syusy Blady
e l’ex An Granata
di Enrico Fierro
scenti alla ricerca
di una riconferma.
Tanti nani e qualche ballerina, eterni tromboni di prime, seconde
e terze repubbliche, pronti a sfidare gli ultimi scampoli di pazienza dell’elettorato. Indagati,
condannati, inquisiti. L’Italia
corre per l’Europa, il vecchio
avanza deciso, la rottamazione
può attendere.
Alle otto della sera di ieri i partiti hanno presentato le loro liste. Alla faccia degli impegni di
governo e delle urgenze del
Paese, corrono ministri e sottosegretari di Matteo Renzi.
Beatrice Lorenzin, archivia per
la campagna elettorale i problemi della salute degli italiani e
scende in campo Ncd-Udc, sarà capolista nella circoscrizione
Centro. Con lei i sottosegretari
Domenico Rossi e Gabriele Toccafondi. Stefania Giannini, ministra della Pubblica istruzione, corre invece per Scelta europea. Per la serie a volte ritornano, Ncd candida Carlo Casini, già parlamentare europeo
per la Democrazia cristiana e
soprattutto pasdaran del Movimento per la vita.
U
CI SONO anche i Green Italia Verdi Europei e capolista nel nord-est è la conduttrice televisiva Syusy Blady (famosa
per le trasmissioni Turisti e Velisti per caso
con Patrizio Roversi): è alla sua prima
esperienza politica, e “ intende portare a
Bruxelles tutto il suo bagaglio di esperienze e impegno in favore della biodi-
il Fatto Quotidiano
zione delle isole il capolista è Fabio Granata, ex Alleanza nazionale e Futuro e
libertà.
Sono poi presenti rappresentanti autorevoli dell’ambientalismo italiano, come
Luana Zanella, Monica Frassoni, Angelo
Bonelli, Roberto Della Seta e Francesco
Ferrante, Marco Boato.
versità”. A capeggiare le circoscrizioni
nord-ovest e centro sono due volti giovani, Oliviero Alotto e Annalisa Corrado.
Al sud capolista è Vincenzo Fornaro, allevatore, tra i simboli della battaglia per
liberare Taranto dalla diossina, che con
la sua denuncia ha dato il via alle indagini
della Procura di Taranto. Nella circoscri-
EURO -DINOSAURI
NCD SCEGLIE SCOPELLITI
FORZA ITALIA MICCICHÉ
SANTINI
Anche il discusso guru Davide Vannoni
è candidato. Mastella
corre per Forza Italia. Alemanno, secondo i manifesti,
è candidato in Abbruzzo, con due “b”
STRASBURGO RIFIUTA ANCORA LA CANDIDATURA DEL CAIMANO
MA IMPRESENTABILI E INDAGATI NON MANCANO. A DESTRA
RECUPERATO ANCHE MASTELLA. NEL PD NIENTE ROTTAMAZIONE
delinquere, per vecchi affari legati alla defunta Udeur, non lo
preoccupa. Anche Alessandra
Mussolini, smaltita l’amarezza
per la vicenda marito-baby
escort, è della partita. Sarà candidata nella circoscrizione Centro e Ciccio Storace ringrazia felice come una Pasqua. Licia
Ronzulli e Barbara Matera sono
candidate nonostante i vecchi
maldipancia di Veronica Lario.
E un posto in lista conquista anche Paolo Guzzanti, giornalista
e scrittore ma soprattutto artefice della sfortunata commissione Mitrokin. Non lo volevano in lista ma lui ha insistito e
l’ha sfangata. Mentre rientra alla casa madre la fronda cosentiniana di Forza Campania: non
presenteranno liste autonome.
AVANZA il vecchio e il Pd? Ad-
YLENIA CITINO
Assidua frequentatrice
del programma tv
“Uomini e donne”
è con i berluscones
E rientra la fronda
di Forza Campania
dio rottamazione, in ballo ci sono i voti. Così nella circoscrizione Sud, fatta salva la copertura
della giovane Pina Picierno indicata capolista, si trovano capielettori e padroni dei pacchetti di voto. Andrea Cozzolino
(europarlamentare uscente)
c’è, nonostante lo scandalo delle primarie fasulle per le elezioni comunali a Napoli nel 2010.
E c’è anche Gianni Pittella, erede di una delle dinastie politiche
più potenti della Basilicata, e
fratello del presidente della Regione. Rottamazione in soffitta
anche per i candidati calabresi.
C’è Mario Pirillo, eurodeputato
uscente e star della satira poli-
lusconi,
capolista
nel
Nord-Ovest, o come Alessandro Cecchi Paone in lista nel
Sud. Davide Vannoni, discusso
guru del metodo Stamina, sarà
in lista con “Io cambio”, mentre
con Fratelli d’Italia tenta la rimonta l’ex sindaco di Roma
Gianni Alemanno. Con lui ci sarà Fabrizio Bracconieri, “ragazzo della terza C” ed ex di Forum.
Ci sarà da ridere. Tutti in Europa, vecchi tromboni e giovani
virgulti alla ricerca di un posto
al sole, inquisiti e condannati.
Con loro l’Italia dovrà fermare
l’insaziabile Merkel.
UN ALTRO MINISTRO in corsa
per il partito di Angelino Alfano
è Maurizio Lupi, responsabile
del dicastero delle Instrastrutture, capolista nel Nord-Ovest.
Lupi è indagato per abuso d’ufficio per la nomina del presidente dell’Autorità portuale di
Olbia. Ma non è il solo ad avere
grattacapi con la giustizia. Capolista del suo partito nella circoscrizione Sud è Lorenzo Cesa,
il segretario dell’Udc, indagato
per finanziamento illecito nelle
inchieste sul colosso Finmeccanica. Nella stessa lista scoppia il
caso Giuseppe Scopelliti, il dimissionario governatore della
Calabria condannato a sei anni
per i bilanci truccati al Comune
di Reggio. La sua candidatura è
L’ex governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti (Ncd) e il siciliano Gianfranco Micciché (Forza Italia) Ansa
arrivata all’ultimo minuto utile,
il partito non lo voleva e alla fine
lo ha inserito in lista ma dopo il
sottosegretario Massimo Cassano, l’ex pupillo di De Mita
Giuseppe Gargani, l’udc calabrese Gino Trematerra e finanche Angelo Cera. Quest’ultimo
noto al gossip parlamentare per
le sue gaffe in aula: “Siete esagitate, trovatevi un fidanzato”,
disse alle deputate grilline coprendosi di ridicolo.
Dalle liste Ncd-Udc scompare
Ciriaco De Mita, europarlamentare uscente. Dicono che
ripiegherà su una candidatura a
sindaco di Nusco, il suo regno.
PUNTA sui portatori di voti
Forza Italia, nel giorno in cui
Strasburgo rifiuta ancora la
candidatura di Berlusconi. E allora a chi rivolgersi nella Sicilia
dell’ormai preistorico 61 a 0 se
non a Gianfranco Micciché? Sarà lui, una volta pupillo di Silvio, poi traditore, infine di nuovo sodale, il numero uno nelle
Isole, subito dietro Innocenzo
Leontini, deputato regionale siculo, al centro dello scandalo
rimborsopoli e spese pazze.
Premio di consolazione per gli
isolani la candidata Ylenia Citino, assidua frequentatrice di
Uomini e donne. Ad un altro pupillo i destini del Sud, Raffaele
Fitto, sarà lui il numero uno seguito a ruota da un altro macinatore di voti sotto il Vesuvio.
Si tratta di Fulvio Martusciello,
assessore regionale alle attività
produttive e da sempre consigliere regionale più votato. Ma
il colpo da maestro dell’ex Cavaliere è Clemente Mastella, da
tempo tornato insieme alla sua
signora, Sandra Lonardo, sotto
la bandiera azzurra. La mannaia
di una accusa per associazione a
tica su Youtube, con lui Mario
Maiolo, ex democristiano e re
delle preferenze. In Sicilia conquista un posto Michela Giuffrida, direttrice di Telecolor e fedelissima del ras dei media siculi, cavalier Mario Ciancio.
Chi spera in un ritorno e chi in
un seggio, come Giovanni Toti,
giornalista e fedelissimo di Ber-
“Uno dei Cosentino ci rassicurò dopo l’omicidio”
IL PENTITO VARGAS: “AMMAZZAMMO VICINO UNA POMPA DI BENZINA DELLA FAMIGLIA, MARIO DISSE CHE LE TELECAMERE NON FUNZIONAVANO”
di Vincenzo
Iurillo
Napoli
orreva il marzo del 2009. A pistole ancora fumanti per il duC
plice omicidio di Antonio Salzillo e
Roberto Vargas. Un collaboratore di
giustizia ritenuto attendibile dalla
Dda di Napoli. Il particolare inedito
emerge da un verbale del 14 gennaio
2012.
Clemente Prisco, il clan dei Casalesi È UN VERBALE parzialmente ripreso
aveva un timore. Le telecamere di tra le fonti di prova della recente orsorveglianza installate ad una pompa dinanza di misura cautelare per
di benzina della famiglia Cosentino estorsione aggravata dal metodo mapotevano aver ripreso i killer in azio- fioso nei confronti di Nicola Cosenne. Ma uno dei fratelli di Nicola Co- tino e dei fratelli Giovanni e Antonio,
sentino rassicurò l’emissario del accusati di aver costretto l’imprengruppo Schiavone che andò a chie- ditore Luigi Gallo a rinunciare a comdere informazioni sul punto: “Il Co- pletare il suo distributore lungo la
sentino (Mario, fratello dell’ex par- Nola-Villa Literno, mentre i Cosenlamentare, ndr) fu molto disponibile e ci tranquillizzò spiegandoci
che potevamo stare se- CASALESI E POLITICA
reni poiché quelle te- È un verbale usato per l’ordinanza di misura
lecamere non funziocautelare (estorsione aggravata da metodo
navano”.
A parlare è il pentito mafioso) per Nick O’ Mericano e i fratelli
tino ne aprivano un altro ad appena
400 metri di distanza, sul territorio di
Casal di Principe. Ordinanza che ieri
è stata discussa all’ottava sezione del
Tribunale del Riesame di Napoli, per
il ricorso avanzato dai legali di Nicola
Cosentino, Stefano Montone e Agostino De Caro. Gli avvocati puntano
alla scarcerazione del loro cliente e
intendono dimostrare che l’ex coordinatore del Pdl campano non ha
avuto alcun ruolo nella vicenda. La
Procura ha depositato nuovi atti. L’ex
deputato ha assistito all’udienza dall’interno della gabbia.
Nel verbale di due anni fa Vargas dice
al pm Francesco Curcio
di aver appreso da Vincenzo Cantiello, affiliato
storico al clan, che la
pompa di Gallo “non
aveva mai aperto e che i
lavori erano fermi perché Nicola Cosentino
aveva bloccato l’iter burocratico …”.
Poco prima, però, rivela un episodio
– non citato nell’ordinanza cautelare
a carico dei Cosentino – che, se accertato nelle sedi processuali, illuminerebbe di luce sinistra la confidenza
delle relazioni tra il clan dei Casalesi e
la famiglia dell’ex sottosegretario all’Economia. Vargas si riferisce all’assassinio di Salzillo, il nipote del boss
Antonio Bardellino, e di Prisco, nipote alla lontana di Raffaele Cutolo.
Salzillo, secondo le ricostruzioni investigative culminate nel 2012 in otto
misure cautelari, venne ucciso su ordine di Nicola Schiavone, figlio di
‘Sandokan’ Francesco Schiavone.
Prisco era con lui per caso e venne
assassinato per sbaglio.
VARGAS ricorda che l’agguato av-
venne a Cancello Arnone nei pressi di
due distributori aperti dalla famiglia
Cosentino. “Temevamo che le tele-
camere di queste due pompe di benzina avessero ripreso Massimo Russo, Laiso Crescenzo Vargas Pasquale
e Morelli Carmine nel momento in
cui venne teso l’agguato. Immediatamente inviammo Salvatore Caterino o Michele Ciervo, adesso non ricordo, presso Corrado Russo affinché
si informasse tramite il cognato, fratello dell’onorevole Cosentino, se i
carabinieri avevano acquisito il contenuto dei filmati ripresi dalle videocamere”. Mario Cosentino (Vargas
dice: “mi riferisco a quello che ha sposato la sorella di Giuseppe e Massimo
Russo”, ovvero Mario) fu “molto disponibile”. “Noi sapevamo per certo
che i carabinieri avevano già controllato queste telecamere per cui eravamo ansiosi di sapere quali risultati
aveva avuto questa attività investigativa. Il Cosentino in questione ci agevolò dicendoci che non avevamo nulla a temere”.
BLUFF
il Fatto Quotidiano
Decreto droghe,
per il piccolo spaccio
niente più carcere
LA FINI-GIOVANARDI bocciata dalla
Consulta ritorna in misura attenuata nel
progetto di legge sulle droghe. Ieri pomeriggio le commissioni riunite Affari sociali
e Giustizia della Camera hanno approvato un emendamento proposto dal governo che evita il carcere per i casi di “piccolo
spaccio” di droga. Nel quadro della di-
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
7
a un massimo di 4 anni (con una multa fra
i 1.000 e i 10.00 euro), in modo da evitare
il carcere nel caso di reati di “lieve entità”.
A votare in maniera contraria M5S, mentre Sel si è astenuta. Bocciati invece in
mattinata gli emendamenti che autorizzavano la coltivazione “casalinga” delle
piante di cannabis per uso personale.
scussione sul Dl “Disposizioni urgenti in
materia di disciplina degli stupefacenti e
sostanze psicotrope, prevenzione, cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”, è stata infatti abbassata la
pena da 1 a 6 anni di reclusione (con una
multa da 3 mila a 26 mila euro), come
precedentemente previsto, a 6 mesi fino
Dopo l’Italicum, il Senato
Slitta un’altra riforma
TEMPI STRETTI, TENSIONI MOLTE: DIFFICILE CHE SI RIESCA A FARE, COME PROMESSO,
LA PRIMA LETTURA IN AULA ENTRO IL 25 MAGGIO. E ARRIVA IL TESTO “MINZOLINI”
di Wanda
Marra
obiettivo resta il sì
dell’Aula di Palazzo Madama alla
riforma del Senato entro il 25 maggio”. Maria
Elena Boschi, ministro delle
Riforme, ieri la mette così. Un
obiettivo, non più un dovere,
un auspicio, non più una promessa. Alla faccia degli annunci “sparati” di Matteo
Renzi. E della necessità elettorale: perché l’eliminazione
di Palazzo Madama così come
lo conosciamo ora è un provvedimento di cui il premier ha
bisogno per poterselo giocare
alle europee. Il punto è che
non è certo di riuscire nell’intento. Le difficoltà, infatti, sono superlative: i tempi sono
strettissimi, i numeri risicatissimi e le tensioni nella Camera
Alta moltissime.
Ieri, intanto, la Commissione
Affari costituzionali ha respinto le pregiudiziali di incostituzionalità, presentate da
Francesco Campanella per gli
L’
ex grillini e da Vito Crimi per
i pentastellati “doc”. Il primo
voto sulle riforme. E siamo al
16 aprile. Anna Finocchiaro
ha dato tempi strettissimi per
l’esame, ma se c’è qualsiasi tipo di intoppo la riforma si incaglia. Ora è iniziata la maratona della discussione generale, a cui sono iscritti un centinaio di senatori, con tanto di
seduta notturna ieri sera, che
proseguirà per la settimana
dopo Pasqua.
L’esame del testo dovrebbe
iniziare in Commissione il 29
aprile, passare al suo esame e
ANTI-CASTA
Il premier prepara
un altro annuncio:
fra i tagli di Palazzo Chigi
dovrebbe esser prevista
anche la riduzione
del suo stipendio
poi arrivare al voto dell’Aula.
Teoricamente, ci si può riuscire. Praticamente è molto
difficile. È vero che Forza Italia ha dimostrato tutte le intenzioni di rispettare l’accordo, ritirando ieri 50 dei suoi
oltre 60 iscritti a parlare. Ma
sulla sua tenuta i dubbi restano obbligati. Scontato l’ostruzionismo dei grillini. Tanto
che i Dem cominciano a ragionare sul fatto che se alla fine i tempi rallentano si può
dare la colpa a loro. Insomma,
quando le cose si dovessero
mettere male si potrà sempre
addossare ai Cinque Stelle la
volontà di far fallire le riforme.
Sono 50 le proposte di legge
(51 con quella del governo) e il
29 i relatori (Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli) dovranno presentare un testo
base: presumibilmente quello
del governo oppure un “testo
unificato” che recepisca già
qualche indicazione maggioritaria in Commissione. Posizioni divergenti: l’esecutivo
vuole che si parta dal suo di
testo e i relatori invece spingono per farne un altro. Nodo
del contendere, ancora il Senato elettivo (per il quale si è
espresso pure Calderoli), che
Renzi esclude assolutamente.
IL DISEGNO di legge di Vannino Chiti, che lo mantiene, ha
raggiunto le 37 adesioni (21
del Pd, 12 ex M5s, 3 di Sel e 1 di
Gal). Ed è arrivato anche un
testo dei “malpancisti” di Forza Italia, guidati dall’ex direttore del Tg1, Augusto Minzolini. Anche loro propongono
un Senato elettivo e tra le adesioni ci sono anche nomi di
provata fede berlusconiana.
La Boschi ieri in audizione in
Commissione Affari Costituzionali alla Camera ha detto
che il governo è aperto a “contributi migliorativi” del suo testo, per esempio sui 21 senatori di nomina quirinalizia,
che potrebbero venire eliminati, ma ha ribadito i punti fermi, tra i quali il principio che il
Senato sia composto da rap-
Il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi Ansa
presentanti delle Regioni senza indennità. E dunque, non
eleggibili. Ce n’è abbastanza
per aspettarsi guai e intoppi.
Non a caso lo stesso Renzi ha
lasciato trapelare che un sì anche solo in Commissione prima del 25 maggio potrebbe essere già un risultato. Un modo
per mettere le mani avanti.
Di annuncio in versione anti casta ne potrebbe arrivare un
altro, allora: il governo sta lavorando ai tagli per Palazzo
Chigi, che dovrebbero essere
annunciati dopo il Cdm di domani (quello in cui dovrebbe
essere fatto il taglio dell’Irpef).
Il premier sta pensando di auto-ridursi lo stipendio. Un
modo per dire, in fondo, che se
il Parlamento non fa quello
che deve, lui comincia da se
stesso.
L‘ANTICIPAZIONE
di Matteo Pucciarelli
e Giacomo Russo Spena
ettimo piano, l’ultimo. Un
S
ufficio di una ventina di
metri quadri, grande vetrata
Tsipras: “Ho l’età di Renzi,
ma lui non dà fastidio ai forti”
crescere.
che guarda sulla piazza del popolare e sgarrupato mente bisogno di mettere mano a un sistema che
quartiere di Eleftherias, nel centro di Atene. Il non si reggeva più in piedi?
Ammesso che sia vero, mi domando: a quale
palazzo è di proprietà del partito, una struttura Personalmente sono convinto di una cosa: la ri- prezzo? L’avanzo primario ha portato il Paese al
degli anni Settanta che se non fosse per i pc sulle cetta che ci ha imposto la leadership europea sarà disastro sociale. Non è sostenibile. (...) Il conscrivanie sembrerebbe ferma ad allora. Che insegnata nelle facoltà di Economia. E diranno: tenimento della spesa del programma degli inqualcosa sia cambiato lo capisci solo dai poli- “Avete visto come si sono mossi? Ecco, fate il vestimenti pubblici (...) ha di fatto rinviato la creziotti fuori dall’ingresso, sempre almeno in sei. contrario” (...) L’establishment ha risposto a una scita (...) Aumenta l’avanzo primario e con esso
Sono la scorta di Alexis Tsipras. Ormai è un po- crisi di debito con l’austerità e la “svalutazione la povertà: adesso abbiamo oltre il 30% di disoclitico famoso, ma anche odiacupazione e il 35 della popolazione
to: l’estrema destra di Alba
costretta ad affrontare il pericolo
Dorata lo vedrebbe volentieri
dell’esclusione sociale. Le immagimorto e nel frattempo lo inni quotidiane di Atene e degli altri
MAREA
sulta dandogli dell’agente delgrandi centri urbani mostrano uol’imperialismo americano.
mini, ben vestiti, rovistare nella
CHE AVANZA
Sui muri dello studio Tsipras
spazzatura. Si chiudono gli ospeIl populismo
ha due manifesti incorniciati
dali, si accorpano le scuole. Seconrisalenti alle riforme sociali di
do l’Ocse invece la recessione in
rappresenta
una
falsa
Salvador Allende in Cile: la
Grecia è destinata a continuare.
terra ai contadini e l’istruzioSmentendo quindi certi trionfalirisposta perché orienta
ne obbligatoria. Poi c’è un picsmi. (...)
la disperazione e la
colo Che Guevara pensoso,
Lei si candida a presidente della
col sigaro in bocca. Un medaCommissione europea a Bruxelles.
rabbia sociale non verso
glione palestinese in bella moPerché un elettore europeo di sinistra sulla grossa libreria, dove
stra dovrebbe sostenere lei e non il
i fautori dell’austerity,
non mancano i classici greci,
socialista Martin Schulz, che pure
ma contro i deboli
la storia del Panathinaikos (la
critica l’austerity e parla di Europa
sua squadra del cuore), ma
Alexis Tsipras LaPresse più eguale?
nemmeno Il Capitale di Karl
Qui non si tratta di scegliere me o
interna”. Lo ha fatto per salvare le banche che qualcun altro, anzi vi dirò che Schulz è una perMarx.
detenevano titoli di Stato dei paesi altamente in- sona simpatica, a livello umano. Il fatto è che inPartiamo da “lontano”, dal 2009, anno in cui la
debitati, senza considerare che ciò avrebbe peg- carna il fallimento della socialdemocrazia eurocrisi greca scoppia in mano a tutta la classe pogiorato le cose (..). Il filosofo Jürgen Habermas pea, ferma in una impasse che l’ha spinta tra le
litica. Allora interviene l’Europa. Le misure impoha giustamente osservato che la gestione della braccia del consenso neo liberale. Per quasi due
ste al Paese come le giudica? Non c’era effettivacrisi “non affronta le cause che l’hanno provo- decenni il Pse ha partecipato alla rottura del concata e nasconde anche il pericolo di sfociare in tratto sociale del Dopoguerra, il quale - paradosun’Europa tedesca”. (...)
salmente - aveva ispirato e contribuito a far nascere. Così si è tagliato fuori dalla sua tradizioEppure il ministro delle Finanze tedesco, Wolnale base politica e sociale diventando parte del
fgang Schäuble, sostiene che le misure di austeproblema e non la soluzione. Non si può difenrity in Grecia stanno iniziando a funzionare. Nel
dere una prospettiva diversa dall’austerità e nello
2014 il Pil della Grecia è, o sarebbe, destinato a
TSIPRAS CHI? ©©©
Pucciarelli e Russo Spena
129 pagg. Edizioni Alegre
12 ¤
stesso momento governare in Germania con
Angela Merkel. Non è credibile (...)
Nel frattempo i movimenti populisti stanno crescendo nell’intero continente. È un altro prodotto
della crisi. Come li si fronteggia?
L’ascesa dell’estrema destra in Europa è il prodotto più che altro del neoliberismo, che a sua
volta ha originato la crisi. Il populismo rappresenta una falsa risposta perché orienta la disperazione e la rabbia sociale non verso i fautori dell’austerity e contro la classe dominante, ma contro i deboli, quasi sempre gli immigrati. (...)
Lei è un leader politico giovane, in più è un buon
comunicatore. Si racconta spesso di quanto sia
ambizioso. La sostanza è che Tsipras è diventato
un personaggio, un prodotto attraente sugli scaffali della politica. Quanto c’è della sua figura e
quanto invece delle idee del suo partito nella vostra crescita?
Viviamo indubbiamente nell’epoca della comunicazione ed è molto importante che qualcuno
riesca a veicolare il proprio messaggio nel modo
più efficace. Però facendo un confronto con il
mio coetaneo italiano Matteo Renzi, io – a differenza sua – non ho avuto un trattamento di
favore dai media: non mi hanno dipinto come un
“bravo ragazzo”, anzi hanno provato con testardaggine e determinazione a trasformare il mio
essere giovane in un punto debole. La mia età
come limite e non come risorsa. Probabilmente
la posizione di Syriza, diversamente da quella di
Renzi, fa paura ai poteri forti in Grecia e in Europa. (...)
8
POLTRONISSIMA
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
La Camera cambia
il Dl Lavoro. Poletti:
Jobs act nel 2015
IL PIANO PER IL LAVORO di Renzi dovrebbe vedere la luce nel 2015. “Se il Parlamento approva entro la fine di quest’anno il Jobs Act - ha detto ieri il
ministro Poletti - “noi entro i primi sei mesi 2015
siamo pronti”. Intanto, in commissione Lavoro, le
proroghe per i contratti a termine (ancora possibili
per 36 mesi) sono state ridotte da 8 a 5 e per quanto
riguarda i contratti precari, il tetto del 20% è stato
il Fatto Quotidiano
riportato solo sui lavoratori a tempo indeterminato.
Sull’apprendistato, le imprese con oltre 30 lavoratori potranno accendere nuovi contratti solo dopo
aver confermato il 20% di quelli già in essere e torna
la formazione obbligatoria anche se con alcuni limiti. Poletti ha fatto anche altri due annunci: far costare di più “il 10%, meglio se il 12”, il contratto a
tempo determinato mentre sulle pensioni ha ripro-
Finmeccanica, l’ascesa
del super-renziano Landi
A GENOVA È STATO IL BRACCIO DESTRO DI CASTELLANO, AMICO DI NAPOLITANO
A FIRENZE È SOCIO DI MARCO CARRAI E LAVORA CON LA FAMIGLIA ALEOTTI
posto l’ipotesi di uno “scivolo” per chi perde il lavoro
o per gli esodati: “Il lavoratore riceve un assegno
dallo Stato fino a quando non matura i termini per il
pensionamento e l’azienda continua nel frattempo a
pagare i contributi; una volta ottenuta la pensione,
poi, il lavoratore restituirà nel tempo parte di quanto
ricevuto”. L’aveva proposto l’ex ministro Giovannini
ma non finì bene.
PIAZZE & PALAZZI
di Carlo
Di Foggia
“Emma promossa,
ma io non dimentico”
randissimo Arpisella... Mortacci...”. Se chiedete a Nicola
G
un commento sulla noPorro, vicedirettore del
mina di Emma Marcegaglia alla presidenza di Eni, la risposta è
Giornale
di Stefano Feltri
atteo ha messo
uno di cui si fida
in tutti i consigli
di amministrazione”, così un renziano di
quelli più stretti spiega le scelte
del premier nelle nomine pubbliche. A cominciare da quella
di Fabrizio Landi, a Finmeccanica. Questo massiccio imprenditore mezzo fiorentino e
mezzo genovese, classe 1953, è
un caso interessante per capire
la rete renziana e come ragiona
il premier.
M
A ROMA, QUASI un anno fa, in
un seminario organizzato dal’erede di Renzi come sindaco
di Firenze, Dario Nardella, si
ponevano le basi della Renzinomics, c’era l’embrione di
idea degli 80 euro in busta paga
e a discuterne c’erano il deputato Pd Yoram Gutgeld, il banchiere Alessandro Profumo e
poi lui, Landi. Che con singolare preveggenza a gennaio
2013 ha praticamente smesso
di fare l’imprenditore per dedicarsi all’impegno civile, scommettendo su Renzi, “mi ha insegnato che si può sempre mettersi in gioco”, diceva a Repubblica in quei giorni. Una Leopolda dopo l’altra, all’ultima
convention fiorentina Landi
spiegava dal palco che l’Italia è
un Paese con 2 mila miliardi di
debito pubblico e 4 mila miliardi di ricchezza privata e che la
sfida della politica è rimettere il
risparmio in circolo (anche con
una patrimoniale? Chissà).
Renzi non ha scelto Landi per il
cda di Finmeccanica per i 10
mila euro che l’imprenditore ha
Fabrizio Landi, 61 anni, all’ultima Leopolda 2013 Ansa
versato come finanziamento.
Nella testa del premier c’erano
altre valutazioni. La prima:
Landi un legame, tenue, con
Finmeccanica ce l’ha. Per oltre
trent’anni ha lavorato al vertice
della Esaote, di cui da un anno
non è più amministratore delegato, ma ne conserva una
quota dello 0,85 per cento del
capitale. Il presidente della genovese Esaote è Carlo Castellano, un ex manager della Ansaldo (gruppo Finmeccanica), ferito dalle Brigate Rosse nel
1977. Landi e Castellano hanno
l’intuizione che in Italia si possa
sviluppare un mercato per le
macchine che fanno tac e risonanze, prima nasce una divisione biomedicale dentro Ansaldo, poi Castellano e altri manager nel 1994 portano la divisione che nel frattempo è diventata Esaote fuori da Ansaldo
con un’operazione che nel
mondo anglosassone si chiama
management buyout, cioè i dirigenti che investono sull’azienda che guidano diventandone
proprietari. Oggi Esaode è controllata dal fondo Ares Life
Sciences basato nel paradiso fi-
MENO ARMAMENTI
L’azienda di tecnologia
biomedicale Esaote,
che ha guidato
per anni, è nata
da una costola
del gruppo pubblico
scale di Jersey, nel 2012 aveva
ricavi per 217 milioni e un utile
di 2,3. Castellano è tuttora presidente, ma si occupa anche del
progetto di costruire una cittadella della tecnologia che vale
mezzo miliardo di euro, questo
il business della Genova High
Tech Spa, di cui il presidente è
sempre Castellano e Landi è
azionista, come tanti altri nomi
dell’imprenditoria genovese,
con una quota simbolica dello
0,47 per cento. Della cittadella,
come raccontato dal Fatto Quotidiano il 10 febbraio scorso, si è
interessato direttamente il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, unito a Castel-
lano da un’amicizia pluridecennale alimentata dalla comune militanza nel Pci.
A voler dare un’interpretazione
industriale alla scelta di Landi,
che si somma a quella di Mauro
Moretti delle Fs per la guida
della società, si rafforza l’impressione che il governo Renzi
veda Finmeccanica come un’azienda che deve fare ricerca e
dedicarsi ai trasporti, più che
agli armamenti e al settore della
difesa. Meno elicotteri da guerra e più infrastrutture insomma, cioè il contrario della strategia seguita negli ultimi anni (e
premiata dalla Borsa).
NEL CASO DI LANDI l’alto tasso
di renzismo conta almeno
quanto il curriculum manageriale. Nella sua nuova vita post-Esaote, Landi è nel cda della
Cassa di Risparmio di Firenze,
snodo cruciale del potere renziano, azionista tra l’altro della
Firenze Parcheggi e dell’Aeroporto di Firenze: della prima
Marco Carrai è stato amministratore delegato, della seconda
è presidente. Carrai è uno degli
amici più stretti di Renzi, ma
anche di Landi, a giudicare dagli intrecci: il manager ex Esaote ha l’11,88 per cento del capitale di una minuscola azienda
(nel 2012 ricavi zero e una perdita di 820 euro), la stessa quota
di Carrai. Una scatola vuota.
Molto più rilevante un’altra carica di Landi: siede nel cda della
Menarini Diagnostics, e la presidente del gruppo Menarini è
quella Lucia Aleotti così vicina a
Renzi da accompagnarlo anche
a Berlino per l’incontro con Angela Mekel.
un nome ripetuto in continuazione. La memoria torna a quegli
sms del 2010, al “metodo Boffo” evocato contro la presidente
di Confindustria, rea di ignorare il quotidiano (“Ora ci divertiamo, domani super pezzo giudiziario sulla family Marcegaglia”); al “cerchio sovrastrutturale”
che lo spaventato portavoce, Rinaldo Arpisella, gli tira fuori per dissuaderlo: “Ci
sono sovrastrutture che passano sopra le
nostre teste (…) che ci pisciano in testa...”.
Esiste il “cerchio sovrastrutturale”?
Di sicuro è nella testa di Arpisella. Sono
ancora incazzato come una bestia.
Però ora Marcegaglia è approdata al vertice di Eni. Un mese prima di quegli sms
Arpisella chiedeva a Luigi Bisignani di risolvere una diatriba interna a Confindustria.
Non so... Non credo che Bisignani conti ancora. Berlusconi
non può averla sponsorizzata, lei gli aveva fatto un c... così.
All’inizio era super berlusconiana, io scrivevo sul Giornale “le
dolci banalità di Emma...”. Ora che è lì cercherà il cerchio sovrastrutturale del mondo di Arpisella. Comunque la questione
è delicata anche per un altro motivo: è a rischio la sicurezza.
Perché?
Se è vero quello che dice Matteo Renzi, che Eni è importante
per i servizi segreti, ce lo vedete il portavoce in un ruolo così
delicato? È come mettere un cerino in una polveriera.
Ancora non le è passata?
Io cazzeggiavo e quello mi fa chiamare da Confalonieri.
Poteva dirgli che stava scherzando...
Ma una cosa così l'avrò fatta altre 30 volte...
Con lui?
Anche con altri. Mortacci... lei non ci dava l'intervista... Quando fai il responsabile della finanza in un giornale stai arrapato
di notizie, chiami la gente e gli dici qualsiasi cosa.
Tipo “spostiamo i segugi da Montecarlo a Mantova”?
Appunto, una cazzata. Con la casa di Fini vendevamo 250 mila
copie... ci suicidavamo così? Era uno scherzo.
Su cui ora c'è un processo.
Spero di essere giudicato dallo stesso giudice che ha condannato Berlusconi. Come si chiama? Non ricordo... Comunque
quello è uno serissimo, capirebbe subito che è una cazzata.
Ha ricucito il rapporto?
Si è comportata male... per non dire altro... A me disse che
aveva capito che era uno scherzo, al Pm di Napoli di essersi
sentita minacciata... Mah... Io continuo con il mio metodo.
Quello “Boffo”?
Quello di dire cazzate al telefono.
Twitter @stefanofeltri
Il carabiniere che inguaia l’assessore
L’APPUNTATO: “DA LEGALE FIUMEFREDDO NON PRESENTÒ UNA DENUNCIA CONTRO IL MIO COMANDANTE”
di Giuseppe Giustolisi
di un commilitone. Del resto Fiumefreddo ha un
bel curriculum: docente di Diritto processuale
penale presso la Università Link Campus, negli
l povero appuntato scelto Salvatore Favara, anni Novanta difensore di politici coinvolti in
in servizio presso la caserma di Acicastello in Tangentopoli come Rino Nicolosi e Salvo Andò
provincia di Catania, disperato per le continue e difensore del boss Giuseppe Ercolano. Sempre
vessazioni patite – a suo dire – dal comandante, in nome della legalità ovviamente.
un bel giorno di qualche anno fa decise di de- “Questo è mobbing, procediamo con la querenunciarlo e si rivolse a un principe del foro, noto la”, disse sicuro Fiumefreddo. Il carabiniere laper le parole spese in ogni dove a favore della sciò mille euro di acconto. Tempo dopo, però,
legalità: Antonio Fiumefreddo,
scoprì che la denuncia non era
nominato la scorsa settimana
mai stata presentata. Per queda Crocetta assessore regionale
sto Fiumefreddo è sotto inchieVELENI IN SICILIA
ai Beni culturali (anche a costo
sta a Catania, su denuncia di
di litigare con mezza coalizioFavara, per truffa e infedele paIl titolare del Bilancio
ne). Assessore che si è dimesso
trocinio. “Io non ho mai detto
ieri dopo un’inchiesta di Repubche avrei presentato quella deè indagato. Ieri
blica su un appalto concesso a
nuncia”, si difende Fiumefredsi è dimesso dopo
una società della famiglia Erdo. È certo però che l’ex assescolano dal Teatro Massimo
sore – chiuso il rapporto prole polemiche per un
Bellini di Catania, al tempo in
fessionale col carabiniere – gli
cui Fiumefreddo era sovrinappalto concesso a una consegnò copia della denuncia
tendente. Chi meglio di lui,
per mobbing. “Solo un’indicasocietà degli Ercolano
pensò bene Favara, su consiglio
zione per un eventuale altro
Catania
I
Porro LaPresse
collega”, dice. La Procura era pronta a credergli
ma il Gip Maria Paola Cosentino ha respinto la
richiesta di archiviazione e ordinato nuove indagini. “Non è plausibile – scrive il Gip – la giustificazione addotta dal legale nel consegnare al
Favara la denuncia”.
PERCHÉ scriverla se riteneva inesistente il reato?
Di plausibile, però, in questa storia c’è ben poco.
Tutte invenzioni del carabiniere, emotivamente
scosso dallo scontro col suo capo? Favara è in
grado di documentare tutto perché - fiutato che
qualcosa non andava nel comportamento del legale - prese a registrare le loro conversazioni nello studio del professionista. Ed è proprio su quelle registrazioni che il Gip vuole vedere chiaro. In
una di queste Fiumefreddo esclama: “Questa
storia è da giornali nazionali”. In un altra il legale,
che in precedenza aveva suggerito al carabiniere
di presentare una denuncia contro ignoti per via
di alcune molestie telefoniche patite dall’intera
famiglia, indicava proprio nel comandante l’autore di quelle molestie (poi emerse che il comandante non c’entrava nulla). Tutto questo soste-
Il presidente della
Sicilia, Rosario
Crocetta Ansa
neva di poterlo dimostrare grazie alle amicizie vantate
con la polizia postale. Circostanza
che non contribuì
certo a rasserenare
i rapporti tra l’appuntato e il suo comandante. Di lì a poco l’appuntato Favara venne
trasferito per incompatibilità ambientale per ordine dei superiori.
In attesa delle indagini, a Favara non rimane che
innalzare una prece alla Madonna, come ha fatto
Fiumefreddo nella lettera inviata a Crocetta in
cui motiva le sue dimissioni con gli attacchi della
stampa: “Che tutto ciò avvenga nella settimana
di Passione è un privilegio di cui non sono degno”, scrive. E poi conclude: “Sei nelle mie preghiere, in Maria nostra madre”. E Crocetta gli ha
subito risposto: “Ho sofferto insieme a te in questi giorni con la consapevolezza di vivere il dolore espiatore e catartico della settimana Santa”.
Amen.
ECONOMIA
il Fatto Quotidiano
Cdp, stipendi
tagliati per Gorno
Tempini e Bassanini
I VERTICI di Cassa depositi e Prestiti si tagliano i compensi. Le retribuzioni sono state approvate dal
Cda del 28 ottobre scorso. Lo ha
riferito ieri la società nella nota sui
conti 2013. L’emolumento dell’ad
Giovanni Gorno Tempini è stato ridotto dai 1.035.000 euro annui agli
823.125 euro lordi di compenso
massimo. Quello del presidente
Franco Bassanini passa dai 280 mila
euro, ai 236.305, cui si aggiungono,
però - se raggiunti gli obiettivi - fino
a 39.130 euro di componente variabile annua e 19.565 l'anno di componente variabile triennale (che
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
grosso modo fanno tornare il conto
alla cifra precedente). Nella nota, la
società ha diffuso anche i numeri
del 2013. In sintesi: la raccolta postale, la principale voce di finanziamento, ha raggiunto i 242 miliardi di
euro (+4%); il totale attivo dello
stato patrimoniale ha raggiunto i
9
340 miliardi di euro, mentre il patrimonio netto della Capogruppo si
è attestato a 19 miliardi. La liquidità
arriva a 147 miliardi di euro (+6%)
mentre crescono del 3% i Crediti
verso la clientela e verso le banche,
toccando quota 103 miliardi di euro.
TELECOM SCHIAFFO AI SALOTTI BUONI
ORA COMANDANO SOLO I MANAGER
AZIENDA NEL LIMBO, L’EX ENI RECCHI PRIMO PRESIDENTE ELETTO IN ASSEMBLEA
L’assessore al Bilancio Daniela Morgante e Ignazio Marino LaPresse
di Giorgio Meletti
spagnola Telefonica, anziché
dell'azienda. Ricordiamo per
sommi capi fatti e atmosfere
dell'autunno 2013. A settembre
Mediobanca, Assicurazioni Generali e Intesa Sanpaolo consegnano di fatto il controllo di Telco (la scatola che controlla Telecom Italia con il 22,4 per cento) al numero uno di Telefonica,
Cesar Alierta. Subito dopo si dimette il presidente Franco Bernabè e tutti i poteri passano a Patuano, che dà corso immediatamente alla vendita della controllata Telecom Argentina e all'emissione di un prestito convertendo (a scadenza le obbligazioni si trasformano in azioni) con
modalità che sembrano favorire
proprio Telefonica. Scattano le
indagini della Consob e della
magistratura, e la protesta contro la prepotenza degli spagnoli
e l’acquiescenza di Patuano.
inviato a Rozzano (Milano)
a oggi Telecom Italia non è più la stessa. “È un momento
di svolta”, ha detto
ieri mattina in apertura dell’assemblea degli azionisti l’amministratore delegato Marco Patuano, ma non poteva prevedere la portata della svolta. Alle
21,30, dopo dieci ore di serrata
discussione, l’azionista di maggioranza Telco (la scatola finanziaria che ha controllato per sette anni il gigante telefonico con
il 22,4 per cento delle azioni) è
andato sotto nella votazione per
il nuovo consiglio d’amministrazione. La maggioranza dei
voti, il 52,3 per cento delle azioni presenti in assemblea, è andato alla lista presentata dalla
Assogestioni, associazione dei
fondi d’investimento. La lista
Telco si è fermata al 45,5 per
cento.
D
DECISIVA, per lo schiaffone al
salotto buono degli azionisti
storici, la mossa a sorpresa dei
cosiddetti ribelli, Marco Fossati
e l’associazione dei piccoli azionisti Asati: pur avendo presentato una loro lista per il consiglio
d’amministrazione, capeggiata
dal fondatore di Tim Vito Gamberale, hanno all’improvviso
spostato sulla lista Assogestioni
i loro voti, pari a circa l’11 per
cento dei voti presenti in assemblea, risultando così decisivi per
la sconfitta di Telco.
Agli effetti pratici non è cambiato niente. La lista Assogestioni
era fatta di soli tre nomi, e il professionista delegato a votare per
i fondi aveva solo il potere di votare quella lista. Per cui Telco ha
potuto poi votare tutti i dieci nomi della sua lista, ottenendo come previsto i quattro quinti del
consiglio che lo statuto assegna
alla lista di maggioranza. Con la
conferma di Patuano alla guida
operativa arriva la nomina di
Giuseppe Recchi, uscente dall’Eni, alla presidenza.
Ma nulla sarà più come prima.
Giuseppe Recchi. In alto, Marco Patuano Ansa/LaPresse
VOTO A SORPRESA
I “ribelli” di Fossati
spostano i loro voti
sulla lista Assogestioni
e mandano in minoranza
Telefónica, Mediobanca,
Intesa e Generali
La sconfitta assembleare dei
grandi azionisti (Telefonica,
Mediobanca, Intesa Sanpaolo,
Assicurazioni Generali) segna
un punto di non ritorno, un’imprevista accelerazione sulla strada della trasformazione di Telecom Italia da feudo di pochi capitalisti senza capitali, abituati
da sempre a comandare con i
soldi degli altri, a possibile laboratorio di un avamposto italiano
della democrazia economica:
una società ad azionariato diffuso dove nessuno comanda, e i
manager guidati da Patuano dovranno andare a chiedere i voti
in assemblea anziché recarsi a
chiedere istruzioni in qualche
lussuosa abitazione o austero
ufficio milanese. Resta naturalmente l’ipotesi che invece i
prossimi mesi mostrino la trasformazione di Telecom Italia
in un casino all’italiana, con
un’azienda decisiva per il futuro
dell’economia italiana totalmente fuori controllo.
Fin dal’inizio l’assemblea si è
svolta in un clima completamente diverso rispetto a quella
drammatica del 20 dicembre
scorso. Quattro mesi fa gli azionisti erano convocati per votare
la revoca del consiglio d'amministrazione, accusato dall'azionista di minoranza Marco Fossati di fare gli interessi di un solo
azionista – sia pur dominante
con il suo 15 per cento – cioè la
ALL'ASSEMBLEA del 20 dicembre, alla quale gran parte dei
fondi stranieri prendono le distanze dalle strane manovre
Telco, il vento gira. Patuano comincia a offrire aperture al ribelle Fossati, e per la prima volta
si oppone ai desideri di Alierta,
dichiarando strategica la partecipazione in Tim Brasil che Telefonica vorrebbe vendere.
Nel frattempo Alierta è andato
in difficoltà: l'avventura italiana
sta diventando una disfatta e decide di non ricandidarsi, con il
braccio destro Julio Linares, al
consiglio Telecom. Generali,
Mediobanca e Intesa ritirano
dal consiglio i loro uomini (Gabriele Galateri, Renato Pagliaro
e Gaetano Micciché) e Telco
presenta una lista tutta nuova, a
parte gli inevitabili Jean Paul Fitoussi e Tarak Ben Ammar.
L'assemblea di ieri fotografa una
situazione nuova. Patuano, che
in questi mesi ha trattato con le
minoranze un'adeguamento
della democrazia societaria, si
presenta in versione “un uomo
solo al comando”, mentre nessuno dei grandi azionisti decide
di farsi vedere. E da domani è
un’altra storia.
ROMA COL BUCO
La giunta Marino
si sgretola:
Morgante si dimette
IL SINDACO AVEVA BOLLATO IL PIANO
DELL’ASSESSORE COME UN “PUFFO INFORME”
di Sara Nicoli
ue visioni troppo distanti per “salvare insieme Roma” dal
baratro economico, troppo lontane per non finire con uno
D
strappo lacerante. Daniela Morgante, la “lady dei conti” del
Campidoglio, assessore al Bilancio del Comune di Roma convinta di poter mettere mano ai debiti della Capitale senza misure
drastiche, ma attraverso 400 milioni di tagli e una ridistribuzione di un tesoretto di 130 milioni di euro (utili a non mettere
mano alla Tasi e addirittura abbassare l'Irpef allo 0,25%), si è
dimessa per un contrasto ormai insanabile con il sindaco, Ignazio Marino. Convinto – invece – di poter gestire la voragine dei
conti di Roma solo attraverso ritocchi all'insù del cosiddetto
“tariffone”, ovvero la delibera che ricalibra tutte le tariffe dei
servizi erogati dal Comune: aumenti per i biglietti dei musei – "al
massimo uno o due euro" ha proposto la titolare della Cultura,
Flavia Barca –, delle tariffe del trasporto scolastico, dell'occupazione di suolo pubblico per grandi eventi e maxi-concerti nella Capitale, della sosta sulle strisce blu, i permessi Ztl per i residenti e le tariffe per loculi e cremazioni nei cimiteri, matrimoni
e set cinematografici. Insomma, una manovra lacrime e sangue
per i romani, che vedono da mesi una città lasciata a se stessa e
dove anche le emergenze non vengono gestite. La tensione tra i
due ha raggiunto l'apice domenica scorsa, durante l'ultima riunione di giunta a cui ha preso parte la Morgante presentando il
suo piano, bollato dal sindaco, con la consueta arroganza, come
“un puffo informe”. Chiaro che dopo un'offesa del genere, la
Morgante ha deciso di sbattere la porta e andarsene.
CON L'USCITA di scena della “lady dei conti” capitolina si acuisce
dunque la crisi della giunta Marino, appesa anche all'approvazione del decreto “Salva Roma”, ora al Senato e foriera di nuove
polemiche. Anche perché i tempi per l'approvazione del Bilancio, che Palazzo Chigi ha chiesto di visionare, attraverso il sottosegretario al Tesoro, Giovanni Legnini, sembrano allungarsi
un po'. Marino, intanto, ha preso su di sé la delega al Bilancio,
confermando l'intenzione di approvare tutto entro il 30 aprile. "Il
lavoro del bilancio 2014 andrà avanti senza alcuno stop – ha
commentato – e sulle dimissioni non ho alcun commento da
fare”. Nessun rimpasto, dunque, all'orizzonte, almeno per il momento, ma la frattura di queste inattese dimissioni peserà non
poco su Marino e la sua gestione. Morgante, infatti, tornerà a fare
il magistrato della Corte dei conti, ma il prossimo anno non ci
potrà essere un altro “Salva Roma” per coprire eventuali, nuovi
danni gestionali dell'attuale giunta.
UN GIORNO IN ITALIA
il Fatto Quotidiano
Brevi
TORINO UCCISI DUE CLANDESTINI
Sono due parcheggiatori abusivi le vittime del
duplice omicidio avvenuto ieri all’alba. Si tratta
di due cugini, Abdelhadi e Abdelhamid Berdi, 44
e 54 anni, senza permesso di soggiorno; erano
stati identificati più volte dalle forze di polizia vicino all’ospedale Molinette, dove “lavoravano”.
ROMA EREDITÀ SORDI, SEQUESTRO DI 400 MILA EURO
Aurelia Sordi, sorella dell’attore romano Alberto morto nel 2003, è
stata raggirata. Ad Arturo Artadi, storico autista di Alberto, sono stati sequestrati 400 mila euro che l’anziana gli donò. Il magistrato ha
imposto ad Artadi il divieto di avvicinarsi alla casa dei Sordi. Ansa
Immigrato ucciso a pugni
i negozi chiudono per lutto
PISA, VITTIMA UN CAMERIERE BENGALESE: “FORSE COLPITO PER UN GIOCO CRIMINALE”
di Emiliano
Liuzzi
orso Italia, Pisa. La
strada del centro,
pedonale, quella
che accompagna
verso il Lungarno. È domenica sera. Lui Zakir Hoassin,
34 anni, bengalese, una moglie e tre figli che si porta
appresso in una fotografia
nel portafogli e che però vivono a migliaia di chilometri
di distanza causa reddito
troppo basso, esce dal lavoro
e cammina per rientrare nella stanza dove vive. Ha finito
la serata di cameriere, messo
in tasca qualche mancia, poco, lo stipendio è già stato
spedito alla moglie attraverso un vaglia il 27, viene avvicinato da un ragazzo, “italiano, robusto, probabilmente palestrato”, scrive la
polizia. Un pugno e il cameriere muore. Rissa? Niente.
Motivi di droga? Nemmeno.
Regolamento di conti?
Neanche a pensarci. Il ragazzo straniero non aveva scheletri nell’armadio, e neppure
il tasso alcolemico elevato
come, invece, si presume abbia avuto il suo aggressore.
“È stato provocato, ma non
ha reagito”, ha spiegato il
questore di Pisa, “forse è stato provocato con offese a
sfondo razziale, ma non ha
reagito neanche a quelle, ce
lo hanno detto le telecamere.
Poi è bastato un pugno, un
pugno solo per metterlo giù
e ammazzarlo dopo 48 ore di
agonia all’ospedale di Cisa-
C
bello dove lo hanno portato i
soccorritori”.
IL QUESTORE, Gianfranco
Bernabei, tre figli anche lui,
57 anni, sulle spalle le indagini più delicate in Toscana
negli ultimi vent’anni, non ci
SENZA SCAMPO
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
11
ROSTAGNO CHIESTI DUE ERGASTOLI
La Procura distrettuale antimafia di Palermo ha
chiesto la condanna all’ergastolo di Vito Mazzara e Vincenzo Virga, imputati, dinanzi la Corte d’assise di Trapani dell’omicidio del giornalista e sociologo Mauro Rostagno, assassinato a
Valderice il 26 settembre del 1988.
WEB Diffamazione, c’è
reato anche senza nomi
ul web - in particolare su Facebook - si può
diffamare anche senza fare nomi: basta che la
S
persona offesa sia in qualche modo identificabile
e che gli insulti possano essere letti da una cerchia,
anche se ristretta, di utenti. È il parere della Cassazione che ha rinviato a nuovo processo l’assoluzione di un maresciallo della Guardia di Finanza che aveva pubblicato nei suoi dati personali
la frase “attualmente defenestrato a causa dell’arrivo di collega sommamente raccomandato e
leccaculo...” aggiungendo un’espressione volgare
riferita alla moglie di quest’ultimo. Per la frase
incriminata, che aveva offeso la reputazione del
maresciallo designato al suo posto al comando
della compagnia, l’imputato era stato condannato
dal tribunale militare di Roma a tre mesi di reclusione per diffamazione pluriaggravata. In Appello era stato assolto per insussistenza del fatto.
Nel ricorso contro l’assoluzione, il procuratore
generale militare ha evidenziato come, al contrario, la pubblicazione su Facebook abbia determinato la conoscenza delle frasi offensive da
parte di più “soggetti indeterminati iscritti al social network e che chiunque, collega o conoscente
dell’imputato, avrebbe potuto individuare la persona offesa”.
Zakir Hoassin, il bengalese ucciso in strada. Accanto, la serrata dei negozi Ansa
IL “KNOCK-OUT”
Dagli Stati Uniti arriva
questa pratica bestiale:
vince chi atterra
uno sconosciuto
Sospetti su un italiano
che aveva bevuto
sta e aspetta di andare fino in
fondo a questa storia. “Abbiamo i filmati, chi sa qualcosa farebbe bene a presentarsi alla polizia e raccontare
cosa è accaduto domenica.
Anche gli amici della vittima,
quelli che potrebbero aver
visto qualcosa. Intanto abbiamo individuato l’auto.
Arriveremo al resto”.
Non sappiamo se qualcuno
ha risposto all’invito. Non fino a poche ore fa. Sicuramente non è stata a guardare
Pisa che, ieri, ha abbassato
nelle strade del centro storico le saracinesche. Un gesto spontaneo per far capire
bene da che parte stanno,
cioè da quella dell'aggredito.
Chiuso per lutto. “A noi
niente importa se sia uno
straniero, qui pruriti razziali
non ce ne sono”, dicono.
“Ancora meno interessa se
l'aggressore fosse italiano.
Per noi ci sono una vittima e
un omicida. E come vuole la
legge stiamo dalla parte della
I COMMERCIANTI
“Era uno di noi, poco
importa se straniero,
nessuno da queste
parti ha pregiudizi
razziali. Ci sono
una vittima e un killer”
vittima. Che era un ragazzo
apposto, che lavorava per
mantenere moglie e figli, che
sorrideva a tutti”.
A Pisa ci sono più o meno
1500 persone originarie del
Bangladesh. Probabile che
nelle prossime ore arrivi an-
che l’ambasciatore che vive a
Roma per portare la vicinanza a una comunità in lutto e
spaventata. In maggioranza
lavorano nei ristoranti, lavapiatti e camerieri. “Gente nostra”, dicono a Pisa. “Pisani
come quelli che abitano qui
da generazioni”.
QUELLO CHE, almeno fino a
oggi sembra scongiurato, è
che si tratti del knock-out game, gioco criminale e molto
metropolitano, più o meno
la stessa dinamica che ha
portato alla morte di Zakir:
colpire con un pugno un
passante, senza sapere chi
sia, senza che ci sia un diverbio. Solo metterlo al tappeto perché passa dal luogo
sbagliato nel momento sbagliato. Succede a Roma, zona
Trastevere, sono stati segnalati episodi a Milano, Londra, New York. Ma Zakir sarebbe il primo a lasciarci la
pelle. Sempre che sia così. La
polizia in questa fase dell’indagine è propensa alla ricostruzione
dell'aggressore
ubriaco, o comunque in stato di agitazione. Non cambia
niente nella sostanza: l’immigrato è stato colpito a
freddo, senza nessun motivo.
Solo che anche lui era probabilmente nel posto sbagliato e ha trovato sulla strada dal ristorante dove lavorava alla stamberga dove viveva, un balordo criminale e
ubriaco.
“Quando Bruti mi disse: potevo farti fuori”
MILANO, LO SCONTRO FRA L’AGGIUNTO ROBLEDO E IL PROCURATORE LIBERATI DESCRITTO NELLE LETTERE CONSEGNATE AL CSM
di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali
da Milano
a lettera che racconta l’origine dello scontro
(ora finito davanti al Consiglio superiore
L
della magistratura) tra il procuratore aggiunto
Alfredo Robledo e il suo capo Edmondo Bruti Liberati porta la data 16 marzo 2010. Due giorni
prima, Robledo era stato chiamato in un ufficio
della procura di Milano dove c’erano Bruti, allora
in corsa per il vertice delle procura, e due aggiunti,
Francesco Greco e Ilda Boccassini. I tre sondano
quale tipologia di reati assegnare a Robledo, appena diventato procuratore aggiunto, e accennano agli infortuni sul lavoro. Il giorno dopo, Bruti
chiede un colloquio a quattrocchi con Robledo.
Al termine, questi lo racconta in una lettera che
invia subito al procuratore uscente, Manlio Minale (che a luglio sarà sostituito da Bruti): Bruti gli
propone di assegnargli il coordinamento sui reati
di truffa e sugli abusi edilizi. “Si dichiarava disponibile”, scrive Robledo a Minale, “ad assegnarmi comunque in futuro fascicoli di reati di
corruzione su cui avessi manifestato interesse,
ovvero a discutere con me” di coassegnazioni.
“Gli ho fatto presente che tale suddivisioni di
compiti non mi vedeva d’accordo e il collega Bruti, cambiando tono, mi ha detto: ’Ricordati che sei
stato nominato aggiunto per un solo voto di scarto, e che questo è un voto di Magistratura demo-
cratica. Avrei potuto dire a uno dei miei colleghi
al Csm che Robledo mi rompeva i coglioni e di
andare a fare la pipì al momento del voto, così
sarebbe stata nominata la Gatto (Nunzia, ndr), che
poi avremmo sbattuto all’esecuzione’”. Prosegue
la lettera di Robledo, ora depositata al Csm: “Sono
rimasto esterrefatto per tali affermazioni e ho detto che non capivo che c’entrava un discorso correntizio con gli argomenti in discussione, facendo
presente che io non ero iscritto ad alcuna corrente
e che questo non poteva significare che dovessi
subire imposizioni... In risposta, mi ha detto:
’Questo è il mondo, e tutti sappiamo che va così’.
Ho replicato che questo non era il mio mondo,
ritenendo superfluo aggiungere che i compiti dell’aggiunto non vengono decisi da un esponente di
corrente, ma dal procuratore della Repubblica”.
firme, risultate false, a favore del listino di Roberto
Formigoni e del Pdl. Ammette di aver ricevuto
ordini da Podestà. A quel punto, Robledo informa
immediatamente il suo capo, Bruti, e gli comunica
che intende indagare Podestà per falso ideologico.
Il procuratore lo frena (“Questo crea un problema
nel Pdl”), secondo quanto scrive Robledo in una
lettera in cui gli fa il punto del colloquio: “Mi hai
detto che si trattava di una situazione delicata, che
era necessario fare ulteriori indagini prima di procedervi. Ti ho fatto presente che le dichiarazioni
erano molto specifiche, già con riscontri di alcune
affermazioni”. “Mi hai infine detto che l’iscrizione
avrei dovuto farla, testualmente, ’solo quando te lo
dico io’. Ti ho risposto che in più di trent’anni di
magistratura le iscrizioni le avevo fatte esclusiva-
TRA GLI ATTI depositati al Csm c’è anche un car-
teggio tra Robledo e Bruti che riguarda l’indagine
a carico di Guido Podestà, presidente Pdl della
Provincia di Milano. Robledo, diventato coordinatore del dipartimento reati sulla pubblica amministrazione, accusa il procuratore di avergli
chiesto di ritardare l’iscrizione nel registro degli
indagati di Podestà. La vicenda comincia il 24 novembre 2010 quando Clotilde Strada, ex assistente
di Nicole Minetti ma anche responsabile della raccolta firme per la presentazione delle liste Pdl alle
regionali 2010, viene interrogata da Robledo sulle
Alfredo Robledo Ansa
mente in adempimento all’obbligo di legge... Ho
aggiunto che il lunedì successivo, 28 novembre,
avrei comunque proceduto all’iscrizione”. Per
evitarla, “avresti dovuto revocarmi la delega per
questo procedimento” e valutare anche se “ritirarmi la delega di coordinatore” del dipartimento,
“perché non avrei cambiato modo di pensare”.
ROBLEDO PROSEGUE raccontando un incontro
in corridoio avvenuto il 13 dicembre 2010: “Mi hai
chiesto: ’Quell’iscrizione non l’hai poi fatta, vero?’.
Ti ho risposto che l’avevo fatta e mi hai detto ’allora non ci siamo capiti’”.
Bruti mette il suo disaccordo nero su bianco: “Ho
appreso dell’avvenuta iscrizione a carico di Podestà... Hai proceduto a stretto giro, senza preavvisarmi e senza adottare la cautela dell’iscrizione con nome di
fantasia, che ti avevo indicato
come opportuna, a maggior tutela della segretezza”.
Robledo nega di aver mai ricevuto una tale disposizione: “Devo farti presente che questa indicazione confligge di per sé con
la tua indicazione di non provvedere all’iscrizione”.
Oggi il Csm deciderà se avviare
sul caso un supplemento d’iEdmondo Bruti Liberati Ansa struttoria.
12
ALTRI MONDI
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
Pianeta terra
il Fatto Quotidiano
USA L’AGENTE VESTITO DA DONNA AMISH
Per mesi il sergente di polizia della Pennsylvania
Chad Adams, 39 anni ha girato per la cittadina di
Pulaski vestito come una donna Amish: cuffietta in
testa, vestito blu che lo copriva dal collo ai piedi,
grembiule, e manto nero per riuscire a farsi adescare dal maniaco che stava braccando. LaPresse
ALGERIA VOTO E PROTESTE: BOUTEFLIKA FAVORITO
La polizia disperde una manifestazione di protesta contro Bouteflika
alla vigilia delle presidenziali (22 milioni di elettori) di oggi dove il
77enne e malato presidente (dal 1999) è il favorito tra i 6 candidati
(una donna). Sfidante principale l’ex premier Ali Benflis. LaPresse
“LA GUERRA CIVILE È VICINA”
PUTIN EROE E INCUBO UCRAINO
IL PRESIDENTE RUSSO METTE IN GUARDIA L’EUROPA CHE OGGI TENTA L’ULTIMA
MEDIAZIONE A GINEVRA. LA NATO RAFFORZA LA PRESENZA AI CONFINI ORIENTALI
a prova di forza di
Kiev contro i separatisti russofoni dell’Ucraina orientale si
liquefa come neve al sole: una
colonna di blindati viene intercettata e ‘dirottata’ dagli insorti,
senza sparare un colpo. Ma il
flop dell’operazione antiterrorismo delle autorità ucraine
non allenta la tensione: sul terreno, la situazione resta incandescente, a poche ore da un appuntamento diplomatico cruciale, l’incontro, a Ginevra, fra i
responsabili degli Esteri di Russia, Usa, Ue e Ucraina.
Una certezza, alla vigilia, c’è:
l’Europa non morirà di freddo
per Donetsk, anche se già si parla d’una nuova fase di sanzioni
economiche e diplomatiche.
La Russia gioca sulle paure dell’Ue: parlando con Angela Merkel, Putin agita lo spettro di una
“guerra civile” in Ucraina.
Mentre la Transnistria, territorio separatista russofono della
Moldavia, confinante con l’Ucraina, intima all’Unione di riconoscerne l’indipendenza, se
tiene alla stabilità della Regione: il domino della Crimea rischia di ‘balcanizzare’ tutta una
fetta di ex Urss.
L
che avrebbero già agito in Crimea prima del referendum per
l’annessione alla Russia. Mosca
nega d’avere agenti o soldati in
territorio ucraino, ma mantiene
40 mila uomini in arme lungo il
confine.
I russi negano di destabilizzare
l’Ucraina e accusano il potere
‘pro europeo’ di Kiev di esasperare gli ucraini russofoni: l’idea
di una federalizzazione si intreccia con quella di una regionalizzazione. Se ne parlerà nell’incontro di Ginevra, preceduto da un fuoco di sbarramento
di moniti contrapposti: Kiev accusa Mosca di volere “edificare
G. G.
BATOSTA E SANZIONI
Reparti dell’esercito
regolare si sarebbero
arresi ai miliziani alleati
di Mosca. Gli Usa
minacciano ennesime
restrizioni
MAIDAN
Le milizie nazionaliste anti-presidente Yanukovich sulle
barricate nei giorni della rivolta della piazza centrale di Kiev LaPresse
TANK
E MEDIOEVO
Un militare mascherato nella piazza di Slovyansk a
guardia di alcuni
tank (a sinistra),
che sarebbero stati
presi all’esercito
ucraino e un militante pro-russo a
Donetsk con le coccarde dell’ordine
russo di San Giorgio LaPresse
LA CRISI PIÙ GRAVE fra la Rus-
sia e l’Occidente dalla fine della
Guerra Fredda continua a deteriorarsi. E la Nato annuncia un
rafforzamento delle misure a
difesa di Paesi baltici e Polonia,
molto inquieti di fronte a quello
che considerano l’intervenzionismo russo.
Dopo gli scontri con vittime di
martedì, le forze regolari ucraine che dovevano ristabilire l’ordine nell’Est, dove i filorussi occupano palazzi del potere in diverse località, hanno ieri subito
smacchi, specie nei pressi di
Slovyansk, controllata da sabato dai separatisti. Una colonna
ucraina è stata bloccata dai filo-russi a Kramatorsk, poco a
sud di Slaviansk. Uomini armati con uniformi senza simboli e
passamontagna calati sul volto
hanno preso sei blindati e li
hanno portati in città, accolti
come eroi da una parte della popolazione. Ci sono stati negoziati. Poi, il resto della colonna 15 mezzi - se n’è ripartita in senso inverso, dopo che i militari,
in lacrime, riferisce un inviato
dell’Afp sul posto, avevano deposto le armi.
A Donetsk, capitale dei russofoni dell’est, uomini armati e incappucciati hanno preso il municipio, per organizzare – si dice
- un referendum sulla “federalizzazione” dell’Ucraina. Qui, i
separatisti avevano già proclamato il 7 aprile una “repubblica
sovrana”.
Kiev sostiene che gli insorti filo-russi, gli “uomini verdi”, sono soldati dei corpi scelti russi,
un nuovo Muro e tornare alla
Guerra Fredda”; Mosca dice che
lo Stato ucraino non funziona.
Se la riunione a 4 dovesse fallire,
Washington pensa a nuove sanzioni, anche economiche. Bruxelles è molto più cauta, perché
non vuole una ‘guerra del gas’.
TITANIC SUDCOREANO
I 284 dispersi
del traghetto
n boato, poi il caos: la gita scolastica
all’isola sudcoreana di Jeju è diveU
nuta un incubo per i 325 studenti, la maggioranza dei 462 a bordo della nave Sewol,
colata a picco in 2 ore tra i banchi di nebbia al largo dell’isola di Byeongpung. Polemiche per la gestione dell’emergenza: ai
passeggeri è stato chiesto di rimanere nelle cabine. Dopo una giornata di soccorsi
mancavano all’appello 284 persone. Proprio 102 anni fa colò a picco il Titanic.
D’Alema, la Ue e la sindrome Fassino
L’EX MINISTRO DEGLI ESTERI TEME CHE RENZI FINISCA PER FAVORIRE IL RIVALE-SINDACO PER LA GUIDA DI BRUXELLES
di Giampiero Gramaglia
n’Italia più credibile in Europa. E
nel Mondo. Alla presentazione del
U
rapporto dello Iai sulla politica estera,
‘Scegliere per contare’ ne hanno parlato
tre ex ministri degli Esteri, Massimo
D’Alema, Franco Frattini, Emma Bonino insieme al sottosegretario Benedetto
Della Vedova. L’Europa polarizza l’attenzione, in vista del voto di maggio e
del semestre di presidenza di turno italiana del Consiglio Ue. Lo spartiacque
tra chi vuole più Europa, ma la vuole
diversa, e chi nega l’euro e l’integrazione domina il dibattito elettorale: “Sarebbe suicida cedere alla tentazione di
considerare il populismo anti-europeo
il nemico principale, che assedia la fortezza europea democratica, nella quale
rinchiuderci con i conservatori”, afferma D’Alema.
La Bonino non rinnega il federalismo,
anche se brandirlo – ammette - non fa
guadagnar consensi. Tutti denunciando le lacune dell’Ue nella gestione della
crisi, nel Mediterraneo e sul fronte dell’immigrazione, verso la Russia (anche
nella crisi ucraina) e sulla questione
energetica, verso Turchia e Balcani.
Bonino e Frattini sono già stati commissari europei, D’Alema potrebbe divenirlo quest’autunno. L’ex premier è
oggi il favorito per il posto italiano nell’Esecutivo comunitario, benché girino
pure i nomi di Enrico Letta e di Piero
Fassino, che nelle ultime settimane sarebbe divenuto lo spauracchio dell’ex
ministro degli Esteri, anche per via dei
giochi di convenienze e alleanze delle
anime democratiche condotti dal segretario-premier Renzi.
D’ALEMA APPARE IN POLE POSITION,
dopo ‘il patto del libro’ appunto con
Renzi, intervenuto a Roma alla presentazione del volume ‘Non solo euro. Democrazia, lavoro, uguaglianza! Una
nuova frontiera per l’Europa’, firmato
come presidente della Fondazione di
studi progressisti europei. Il che non impedisce a D’Alema di essere caustico, rispetto al nuovo Pd. Per rispondere alla
sfida del populismo, osservava di recente i “partiti tradizionali iniettano dosi di
populismo nella propria narrativa: noi
siamo quasi all’avanguardia, abbiamo
fatto una cura da cavalli”. E ancora: “Chi
pensa di risolvere i problemi da solo s’illude ... In Italia, ora, il governo si diverte
a dire che taglierà i costi della politica”,
ma, per recuperare quanto serve, l’unico
modo sarebbe “assassinare tutti i politici: ci vuole un Pol Pot”. L’ex premier è
pure intervenuto a un altro convegno a
Roma sulla politica industriale europea
ispirato ad Altiero Spinelli, commissario all’industria negli Anni ‘70. Di qui,
l’illazione che D’Alema a Bruxelles punti a quell’incarico, anche se è quasi impossibile che lo stesso portafoglio vada
per due volte consecutive a un italiano –
dal 2009, lo gestisce Antonio Tajani.
Le mire del Pd d’occupazione dei posti
europei prevedono, inoltre, la candidatura di Gianni Pittella a presidente del
Parlamento europeo, incarico mai rico-
perto da un italiano da quando l’Assemblea di Strasburgo è eletta a suffragio
universale (1979). Pittella potrebbe trovarsi contro proprio Tajani, che – come
altri 6 suoi colleghi - s’è messo ‘in sonno’
da commissario per candidarsi: sarà capolista di Forza Italia nel Centro.
Quasi tutto dipenderà dai negoziati estivi fra governi e partiti. Ma c’è chi dà i
giochi per (quasi) fatti: Juncker (Ppe) alla presidenza della Commissione e
Schulz (Pse) alla politica estera e di sicurezza. Alla guida del Consiglio Ue,
una donna dopo Van Rompuy: la presidente lituana Grybauskaite, un’ex
commissaria, o la premier danese Thorning-Schmidt.
il Fatto Quotidiano
ALTRI MONDI
YEMEN IL RADUNO DI AL QAEDA
“Lotta alla croce e lotta all’America”: è l’arringa
jihadista del numero 2 di al Qaeda Nasir al Wuhayshi in un video emerso sulle reti islamiste e che
mostra un maxi-raduno di militanti islamici tenutosi di recente in Yemen e che i servizi segreti
americani avrebbero clamorosamente mancato.
N. COREA PROTESTE PER LO SPOT CON KIM
Tensioni diplomatiche fra Corea del Nord e Regno Unito a seguito dell’iniziativa di un barbiere
londinese, che per promuovere i suoi tagli ha
esposto un poster con la pettinatura del dittatore Kim Jong-un. “Brutta giornata per i capelli?”, recitava la scritta sotto il manifesto. LaPresse
L’intervista
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
13
Zannier, direttore dell’Osce
Noi, osservatori:
troppo pochi
e maltrattati
di Roberta
Zunini
urante l’invasione russa
della Crimea, a marzo,
Lamberto Zannier, direttore generale dell'Osce,
l'organizzazione per la sicurezza e la
cooperazione in Europa, era stato
bloccato assieme ad altri osservatori e
costretto a rinunciare alla sua missione di “facilitazione politica”. Nonostante le maniere forti dei militari inviati da Mosca senza mostrine e degli
ucraini filo-russi, il diplomatico italiano di lungo corso – è stato anche
Rappresentante del Segretario generale delle Nazioni Unite in Kosovo – non
si è certo scoraggiato. Tanto che per
cercare di mediare sull’esplosiva situazione nell'est dell'Ucraina e contribuire a fermare una possibile guerra civile, ha chiesto a Bruxelles di autorizzare l'invio di 150 monitor, che an-
D
SLOVYANSK
Miliziano pro-russo accanto al cartello: “Il fascismo non passerà” davanti a una stazione di polizia occupata Ansa
drebbero ad aggiungersi agli altri 120 sola non appena vi avevate messo piegià sul campo.
de. Tra l'altro la vostra reazione a que“Non so se l'Unione europea da cui di- sto trattamento rude è stata piuttosto
pendiamo accetterà di raddoppiare il blanda.
numero perché significa stanziare altri C’è stato un dibattito molto acceso su
soldi. Resta il fatto che questo genere di come reagire, ma alla fine si è scelto di
missioni dovrebbe essere incentivato essere inclusivi e di continuare a prodalla Ue per contare di più anche in muovere la comunicazione e il dialotermini pratici. In questo caso ritengo go.
ancora più necessario il
Per dialogare però bisoruolo dei nostri ossergna essere in due. Pervatori dato che è imché i filo-russi dovrebportante promuovere il
bero volerlo, dopo aver
ITALIANO
dialogo tra gli ucraini
constatato quanto è
filo-russi e quelli naDISARMATO stato facile per la Ruszionalisti”.
sia annettersi la CriPerché è ancora più necessario?
Ho chiesto alla Ue di
rafforzare il contingente
per poter far da ponte
tra i contendenti
La crisi sta facendo
male, economicamente,
anche a Mosca
Nell'est , vicino al confine con la Russia, anche coloro che non accettano il governo a interim di Kiev sono perlopiù cittadini di origine ucraina (non come
in Crimea dove la maggioranza russofona è
costituita in buona parte da persone di origine
russa, ndr) e pertanto il margine di manovra è più ampio e di conseguenza
portare a dei risultati positivi.
Che tipo di manovre?
L’Osce promuove il dialogo e la trasparenza. Fa da ponte tra i contendenti
attraverso i suoi osservatori che sono
super partes e, ovviamente, non sono
armati. Del resto non siamo peacekeeper come i caschi blu dell'Onu.
Un ruolo neutrale e pacifico che però né
il governatore filo-russo della Crimea
né Putin vi ha riconosciuto dato che siete stati cacciati senza scuse dalla peni-
mea?
Una guerra civile in
Ucraina potrebbe essere destabilizzante anche
per Putin. Inoltre la
Russia sta già facendo i
conti con le conseguenze della fuga di capitali e
la frenata degli investimenti stranieri a causa
delle sanzioni. Il rublo
ha perso di valore e la
Borsa è in frenata assieme alla crescita economica.
Ma le guerre, si sa, portano anche soldi
freschi, seppur insanguinati, nelle tasche delle superpotenze che in genere
stanno dietro a tutte le guerre regionali. Vendono nuove armi, si aggiudicano
gli appalti per la ricostruzione. Chi infine vince, scrive la storia.
Credo che in questo caso il gioco non
valga la candela.
L’incontro di oggi a Ginevra tra i contendenti sarà risolutivo a suo avviso?
Non credo, anche se il fatto che non sia
saltato è già di per sé incoraggiante.
UOMINI CHE PAGANO LE DONNE
La ex escort che racconta i gusti degli uomini
di Brooke Magnanti
dei bruti che odiano le donne e maltrattano delle
povere fanciulle indifese”. Il libro di Teela Sanè un rinnovato interesse per la prostituzio- ders si sofferma su “fattori scatenanti” quali la
ne e per chi vi fa ricorso. Gli uomini che non noia, la solitudine o un’insoddisfacente vita sesdisdegnano il sesso a pagamento lo definiscono suale e “fattori trainanti” come la disponibilità di
spesso un hobby o pensano a se stessi come a uten- denaro e le occasioni che si presentano.
ti di un servizio. I nemici del sesso mercenario li Il libro della Sanders liquida anche le argomenchiamano “sfigati” mentre per le prostitute sono tazioni di chi crede di poter arginare il fenomeno
“clienti”. Ma chi sono veramente? La maggioran- spingendolo fuori della legalità. Dall’inchiesta
za dei clienti sono di sesso maschile e questo vale emerge il fatto che uno dei fattori che spinge gli
sia per la prostituzione maschile che femminile.
uomini a cercare la compagnia di una prostituta
Secondo un’indagine Kinsey di qualche anno fa, il va individuato nel fatto che questo comporta60% degli uomini negli Usa si era accompagnato mento è ritenuto “illecito”. In sostanza, criminaalmeno una volta con una prostituta. Ma quella lizzare la prostituzione servirebbe a poco e in taera la generazione della guerra e senza dubbio og- luni casi accrescerebbe la curiosità. Valga per tutti
gi le cose sono cambiate. Un’indagine condotta l’esperienza americana. Negli Stati Uniti è reato
nel 2000 in Australia collocava
vendere e comprare sesso. Ebla percentuale intorno al 15. In
bene, non pare che il mercato
Cambogia invece si sfiora il 70.
del sesso negli Usa ne soffra.
EQUILIBRIO SEXY
La ricercatrice britannica, Teela
Il mese scorso, il Parlamento euSanders, ha scritto un libro nel
ha votato un documento
“Fattori scatenanti”: noia, ropeo
quale affronta il fenomeno del
sulla prostituzione presentato
sesso a pagamento e osserva:
solitudine o vita sessuale dalla europarlamentare laburi“Abbiamo abbandonato l’idea
sta Mary Honeyball. Il docuinsoddisfacente. “Fattori
sessista secondo cui donne tenmento è stato approvato, anche
tatrici costringono uomini inse si tratta di una vittoria puratrainanti”: disponibilità
nocenti a comprare i loro servigi
mente simbolica in quanto non
sessuali, ma è altrettanto fuorha forza di legge. Segnala tuttadi denaro e occasioni
viante credere che i clienti sono
via che il desiderio di criminafavorevoli
malvagi, violenti, in sostanza
lizzare i “clienti” è più vivo che
C’
prostituta spesso tagliano
mai. A pensare che sia nela gola anche ad altre doncessario un cambiamenne che non fanno le proto sono esponenti di enstitute. Basti pensare al catrambi gli schieramenti.
so di Jill Meagher che fece
Quello che lascia interscalpore l’anno passato in
detti è l’acritico amore
Australia. Jill, una cittadiper il cosiddetto “modelna irlandese che lavorava
lo svedese” anche se in
per la Australian BroadcaSvezia la criminalizzazione dei clienti delle prostisting Corporation, fu violentute non sembra aver BELLE DE JOUR L’autrice dell'articotata e assassinata a Melportato benefici tangibili lo è una ricercatrice scientifica americana che
bourne. Nel corso del proper la sicurezza e la salute. ha rivelato di avere un passato di escort, ed è l’e- cesso che vedeva alla sbarra
Il “modello Merseyside”, sperta di questioni sessuali del Daily Telegraph Adrian Bayley, emerse che
che vorrebbe che i reati
dal 2000 l’imputato si era
contro le prostitute fossereso responsabile di numero considerati “reati stimolati dall’odio”, sta gua- rose aggressioni. Ma dal momento che le vittime
dagnando terreno ed è in continuo aumento il nu- delle sue precedenti aggressioni erano prostitute,
mero dei firmatari della relativa petizione. Siamo ci fu chi avanzò il sospetto che proprio per questo
ormai a circa 50.000 firmatari. Dal 2006 la polizia non era mai finito sotto processo e aveva potuto
della contea di Merseyside considera reati stimo- uccidere Jill Meagher. A Melbourne i bordelli forlati dall’odio tutti gli atti di violenza contro le la- niti di licenza sono legali, ma è illegale la prostivoratrici e i lavoratori del sesso. Il risultato è stato tuzione esercitata per le strade o in altri luoghi
un inverosimile aumento del 67% degli arresti. non autorizzati. Oggi il dibattito sulla prostituAnche se alcuni nemici della prostituzione sono zione è incentrato sul tentare di capire chi sono gli
ben lieti di ritenere tutti i clienti delle prostitute uomini che pagano per fare sesso. Ma così facenpotenzialmente pericolosi, la verità è che i veri do rischiamo di dimenticare gli uomini e le donne
criminali se la prendono con i deboli mentre po- che vendono il loro corpo e di non dare risposta
chissimi “sfigati” frequentatori di prostitute “di- alle loro richieste.
ventano violenti”. Gli assassini che sgozzano una
© Daily Telegraph Traduzione di Carlo Biscotto
14
il Fatto Quotidiano
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
IL RITORNO DI FIORELLO
“UN SALUTO AL SIGNOR MARIO”
WANDA NARA VIA DA TWITTER
“DEVO PENSARE AI MIEI BAMBINI”
IL FILM POSTUMO DI MAZZACURATI
DAL 24 APRILE NELLE SALE
Fiorello è tornato. Ieri mattina la prima
“edicola” dopo l’incidente in moto dell’inizio
di marzo. “Dopo Pasqua torniamo sul web
e poi anche in radio. Forse su Radio1”
“Lascio Twitter, penso ai miei figli”. Così
Wanda Nara, compagna di Mauro Icardi ed
ex del bomber della Sampdoria Maxi Lopez.
I tre sono al centro di vendette incrociate
Uscirà il 24 aprile in 150 copie il film postumo
di Carlo Mazzacurati, morto tre mesi fa. Si
chiama “La sedia della felicità”, protagonisti
Valerio Mastandrea e Isabella Ragonese
SECONDO
TEMPO
SPETTACOLI.SPORT.IDEE
La giusta casa
di Radio Aut
INAUGURATA A CINISI
LA NUOVA SEDE
DI “RADIO CENTO PASSI”,
EREDE DELLA STORICA
EMITTENTE FONDATA
DA PEPPINO IMPASTATO
DAL 9 MAGGIO
TRASMETTERÀ DA
QUELLA CHE FU LA CASA
DI TANO BADALAMENTI
CENTO PASSI
di Giuseppe Lo Bianco
Cinisi (Palermo)
I
vecchi transistor di Radio Aut sono diventati file
audio da mandare in onda sul web e così da quel
balcone al primo piano sul corso principale dove, 40 anni fa, si affacciava il boss Tano Badalamenti per distribuire ai cittadini banconote da
centomila lire durante la processione di Santa
Fara, oggi sorridono Giovanni Impastato e Leoluca Orlando, venuti a inaugurare simbolicamente la nuova sede di Radio Cento Passi proprio
nella casa confiscata al capomafia più “trattativista con lo Stato” degli Anni 70.
Benvenuti a Cinisi, 35 chilometri da Palermo, a
due passi dall’aeroporto Falcone-Borsellino, il
paese dove don Procopio Di Maggio, uomo della
Nella foto
grande, Peppino Impastato, ucciso
su ordine di Tano Badalamenti il 9
maggio 1978. A fianco, il fratello
Giuseppe dal balcone della casa che
fu del boss, ora sede di Radio Cento
Passi, erede di Radio Aut, l’emittente fondata da Peppino.
In alto, l’attuale redazione Ansa
banda di Al Capone e braccio destro di don Tano, a 93 anni passeggia riverito per il corso principale e dove tra qualche giorno la voce di Peppino e dei suoi compagni di allora tornerà a farsi
sentire dai microfoni della Web radio sorta nel
2010 sulla scia del successo del film di Marco
Tullio Giordana per volontà di un gruppo di ormai “anziani” compagni di Peppino Impastato,
tra cui Danilo Sulis e Salvo Vitale, che non ha
perso la irriverenza di tanti anni fa: “Non puoi
capire – dice Vitale – la soddisfazione che provo
ogni volta che apro la porta di questa casa per
partecipare a dibattiti e convegni, ma soprattutto quando vado in bagno e nella mia immaginazione vedo riflessa la faccia di don Tano den-
CANNES Oggi il programma. Poco spazio
per il cinema made in Italy
di Federico Pontiggia
es we Cannes? Per l’Italia il punto interrogativo è d’obbligo: oggi verrà sveY
lato il programma del festival francese
(14-25 maggio), ma le previsioni per i nostri
colori non sono buone. Se il Marcello Mastroianni del felliniano 8 e 1/2 ha conquistato
l’affiche della 67ma edizione, rischiamo di
vivere di ricordi, almeno in Concorso: fuori
dai giochi Il giovane favoloso di Mario Martone, il biopic leopardiano con Elio Germano, a competere per la Palma potrebbe essere
l’Asia Argento di Incompresa, dove dirige
Charlotte Gainsbourg e Gabriel Garko. È l’unica nostra speranza, ma il suo terzo film da
regista potrebbe finire nella sezione parallela
Un Certain Regard, dove è molto probabile
affianchi l’opera seconda di Alice Rohrwacher, Le meraviglie, interpretato dalla sorella
Alba e Monica Bellucci.
Alla Semaine dovrebbe trovare posto l’esor-
dio alla regia
di Sebastiano
Riso, Più buio
di mezzanotte
non può fare,
storia del trans Fuxia (all’anagrafe Davide
Cordova), l’unica certezza per ora è un cortometraggio tricolore tra i dieci all’attenzione del presidente di giuria Abbas Kiarostami: A passo d’uomo di Giovanni Aloi, autore
delle Iene passato al cinema per raccontare il
dramma di un cassintegrato dell’Ilva, è stato
prima inserito ma poi escluso dalla competizione. Italia a parte, chi per la Palma? I soliti
noti della Croisette: da Mike Leigh a Ken
Loach, da Zhang Yimou a Takashi Miike, da
Olivier Assayas ai fratelli Dardenne, da David Cronenberg a Denys Arcand, da Emir
Kusturica a Michel “The Artist” Hazanavicius, con l’incognita Terrence Malick (Knight
of Cups) e la quasi certezza Woody Allen,
fuori concorso con Magic in the Moonlight.
tro la tazza del water”.
Inaugurazione simbolica perché la casa di Badalamenti è ancora un mucchio di stanze vuote con i segni del suo delitto più
atroce appesi alle pareti, le foto
in bianco e nero dei resti di
Peppino segnati dal rosso del
sangue sparsi in un’area di oltre
duemila metri quadri. Sono le
immagini della controinchiesta compiuta subito dopo l’omicidio dai suoi compagni di
allora, che portò a galla le prime
stranezze investigative, culminate poi nel depistaggio clamoroso che paralizzò le indagini
per decenni. Stranezze di cui si accorse anche il
pretore di allora, Giancarlo Trizzino, che non
riusciva a comprendere come mai di quel corpo
dilaniato non venne rinvenuto neanche un pezzo “consistente”. Erano anni in cui, come dice il
sindaco Orlando “non c’era trattativa tra Stato e
mafia, ma identificazione: basta leggere la prima
sentenza in cui è scritto che i carabinieri hanno
svolto una funzione di deviazione delle indagini
che avevano scoperto quell’identificazione tra
pezzi dello Stato e la mafia”.
QUI, NELLA STANZA retrostante il salone al
pianterreno, sarà collocata la sala regia, con il
tavolo di trasmissione e i microfoni; non sarà
facile, invece, trovare uno spazio per la redazione
di giovanissimi e appassionati aspiranti giornalisti che il fratello di Peppino ha battezzato come
eredi dell’esperienza di Radio Aut: “C’è una continuità storica tra Radio Aut e Radio Cento Passi –
dice Giovanni Impastato – qui bisogna recuperare un ritardo culturale assai grave: prima delle
stragi del ’92, per promuovere la legalità a scuola
non ci facevano neanche entrare. Peppino, inoltre, era un consigliere comunale qui a Cinisi: è
vero, gli hanno intitolato una strada e l’aula consiliare, questa casa l’abbiamo acquisita anche
grazie al Comune, ma se ogni anno il consiglio
comunale si fosse riunito in seduta straordinaria
per commemorarlo, forse non avremmo avuto
questo deficit di legalità qui in paese”.
Il compito di colmarlo oggi è affidato alla giovane
redazione che divide la casa che fu del boss con
l’associazione “Peppino Impastato” e lo stesso
Comune di Cinisi, che qui collocherà la biblioteca comunale. Radio Cento Passi iniziò a trasmettere proprio da Cinisi la sera del 5 gennaio 2010,
dalla casa di Impastato su questo corso principale, separata dall’abitazione di Badalamenti dagli ormai noti “cento passi”. Da allora è diventata
una realtà con punti di riferimento a Roma, Milano, Bari e Hannover, in Olanda, un canale YouTube, dal gennaio 2013 anche un giornale on line
e una web tv, in programma corsi formazione di
tecnici radio e di giornalismo e in cantiere il progetto “Onda d’urto”, per il quale si attendono i
finanziamenti. Le trasmissioni dovrebbero partire il 9 maggio, in occasione del 36° anniversario
dell’omicidio di Peppino, andranno in onda a
puntate anche 32 programmi condotti da Salvo
Vitale dopo il delitto, “molto forti e per certi
aspetti ancora più violenti e irriverenti di Onda
Pazza”, giura. Basterà per investire Radio Cento
Passi della pesante eredità di Radio Aut? “Radio Aut
morì nel 1980, come muore il carbone acceso che
si copre come un panno per togliergli l’ossigeno
– conclude Vitale – non penso che quel tipo di
esperienza sia ripetibile, è morta con Peppino
perché quella era una radio movimentista, di lotta continua e io in giro non ne vedo molta”.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
15
Venticinque anni di Blob
La caduta del muro tv
STIPENDI Il calcio italiano
è il meno “democratico”
IL 17 APRILE DEL 1989 ESORDIVA IL PROGRAMMA CHE HA DEMOLITO
CERTEZZE E PUNTI DI VISTA CON SURREALISMO E SANA CATTIVERIA
remier League davanti a tutti, Serie A il campionato in
cui le sperequazioni tra ricchi e poveri sono più evidenti.
P
Queste le prime impressioni dal rapporto sugli stipendi del-
di Malcom Pagani
a che bella faccia
da cazzo, non ne
ho mai viste così,
bravo complimenti, proprio una bella faccia
da cazzo”. Il reiterato accostamento tra il Vittorio Gassman
in vestaglia di Tolgo il disturbo e
la cravatta al collo di uno sfatto, sudato, provato Onofrio
Pirrotta, volto del Tg2 colto in
una pausa assassina, costò a
Blob e ai suoi montaggi alternati la prima querela. Era il
1991, qualche muro era già caduto e nella ricostruzione del
M
LA PRIMA IDEA
Andrea Barbato chiese a
Marco Giusti una rubrica
sul meglio della settimana
Lui rilanciò proponendo
una lettura deformata
con i fari accesi sul peggio
presente, la trasmissione nata
nel mese più crudele del 1989,
il giorno 17, da un’idea di Marco Giusti ed Enrico Ghezzi, demoliva certezze e punti di vista
sostenendo lo sforzo con surrealismo e cattiveria. Il primo a
immaginare un contenitore fu
Andrea Barbato. Nella libera
Repubblica Rai di Angelo Guglielmi avrebbe voluto dar vita
a Fluff, uno spazio anarchico,
in cui confluissero disordinatamente frammenti di realtà
rielaborati dalla riflessione,
comici alla ribalta, risorse della rete, cazzeggio, confusione.
GIUSTI, a cui Barbato in vista
del programma aveva chiesto
una rubrica sul meglio della
settimana, rilanciò proponendo una lettura deformata del
quotidiano con lente d’ingrandimento e fari accesi sul peggio. Il chi è, chi non è, chi si
crede di essere di d’agostinesca
memoria immesso nel frullatore della sapienza filmica, della citazione colta, della sovrapposizione ora barocca, ora secchissima dei tanti ipertrofici io
del caravanserraglio televisivo,
della politica, dello spettacolo.
Venticinque anni dopo, messe
in bacheca quasi ottomila puntate e mille monografie, dire
cosa sia rimasto del Blob originario e dei tanti nomi da
Giorgini a Papo che spingevano alla gratitudine a fine messa
in onda, è difficile. Peso dell’abitudine e mimesi non sempre volontarie hanno intorbidito le acque. Confuso il quadro. Reso meno eroico il tentativo che al principio bloccò
di fronte allo schermo torme di
spettatori del tutto disabituati
a osservare le maschere del palazzo e a vederle denudate nel
confronto/scontro tra lo sconcio esercizio del potere, la supposta eresia di Moana Pozzi o
la presunta innocenza di un
cartone animato Metro Goldwyn Mayer o di una scheggia
di Carosello. Come accade alle
truppe in cui le intelligenze
confliggono, il ritmo non dà
requie e le fiamme rischiano di
infiammare fuochi non sempre indirizzabili, anche al plotone di Blob toccò la sua diaspora. Il nucleo iniziale si parcellizzò, gli amici di un tempo
litigarono, la trasmissione che
nei decenni rimase piccola ma
essenziale vedetta sull’orrore
spacciato per normalità cambiò forma, registro e inclinazione.
Anche a un quarto di secolo di
distanza, Blob rimane un miracoloso corto circuito sopravvissuto ai conformismi e alle
castrazioni preventive. Un ambito senza regole. Uno Stato
canaglia al di fuori delle leggi.
Così domani, nel Paese che
non dimentica mai un anniversario, in luogo di una funeraria scritta nera, su tutti i programmi di Rai Tre passerà in
sovrimpressione quella rossa.
Forse la stessa del fluido mortale di Yeahworth, anno di grazia 1958. Forse un’altra. Quattro lettere in croce. Aspettando
il trentennale e un’idea anche
solo paragonabile al lampo
dell’89.
di Luca Pisapia
l’élite sportiva mondiale: il Global Sports Salaries Survey 2014,
report redatto da sportingintelligence.com che prende in esame
294 squadre, 15 campionati, 12 paesi e 9 mila atleti per un
monte stipendi totale che supera i 16 miliardi di dollari. A
guidare la classifica, per il secondo anno consecutivo, il Manchester City, con un stipendio medio annuale per ogni giocatore di 5,33 milioni di dollari, alla faccia del fair play finanziario. Dietro il City sul podio due società di baseball Usa,
i New York Yankees (5,28 milioni) e i Los Angeles Dodgers
(5,11 milioni). Al quarto e quinto posto di nuovo calcio, con
il duo spagnolo Real Madrid (4,99) e Barcellona (4,90). Settimo il Bayern Monaco di Guardiola (4,40 milioni), ottavo il
Manchester United (4,32 milioni), decimo il Chelsea (3,98),
undicesimo l’Arsenal (3,90), ventesimo il Liverpool (3,20). In
Italia si nota fin da subito la cura dimagrante del bilancio del
Milan, sesto l’anno scorso, oggi ventisettesimo, con (3,02).
Sale invece la Juventus (18° posto, 3,51).
Nelle leghe americane i tetti salariali fanno sì che il divario tra
prima e ultima non
sia mai più del doppio; nel calcio la Premier League, grazie
anche a una egualitaria spartizione dei diritti tv, risulta più democratica, con una
differenza di 4 volte
tanto. In Italia la sperequazione è assai
forte, e il monte stipendi della prima è
quasi dieci volte tanto
quello dell'ultima
MONTAGGI
Gianfranco Funari e Silvio Berlusconi nel 1994 Ansa
Il Vaticano riabilita anche don Milani
LA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE: “NON C'È PIÙ NESSUNA PROIBIZIONE DA PARTE DELLA CHIESA PER LE SUE OPERE”
di Furio
Colombo
e ne scrivessi in un racconto o in
S
un dramma, invece che in un articolo di commento – ora che la Congregazione per la dottrina della fede
annuncia che per la ristampa di Esperienze pastorali di don Lorenzo Milani
“non c’è più nessuna proibizione da
parte della Chiesa e torna a diventare
un patrimonio del cattolicesimo italiano” – sceneggerei così: è don Milani che va a trovare Papa Francesco
per raccontargli della scuola di Barbiana, per portargli il libro Esperienze
pastorali (quello da cui tutto è cominciato, e prima di tutto la proibizione
della Chiesa per il libro e l’esilio del
prete-autore) e per mettergli sul tavolo Lettera a una professoressa.
In quella scuola e in quel libro c'è tutta
l'Italia che non c’è stata, ci sono gli
eventi che non sono accaduti, le negazioni che si sono accatastate come i
pezzi di una costruzione malevola. Sul
momento lo sapevano in pochi, quasi
solo Lorenzo Milani e i suoi bambini
della scuola sperduta nel Mugello, e i
pochi che lo sostenevano e lo andavano a trovare.
Tutto comincia dal rapporto con i poveri e i deboli, e tutto si sfalda, si rompe, si corrompe nella corsa in avanti
verso modelli sempre più arrischiati
di violenza e ricchezza. Strana e degna
di una grande scena teatrale, la capacità della Chiesa ricca e padronale
di capire subito. Si trova davanti un
prete troppo giovane e troppo inesperto per fare danno. E capisce subito che farà danno, un danno grandissimo: svelare la finzione della fede,
quando coincide con la forza, il potere
e il danaro, raccontare come avviene
l’abbandono dei poveri, far capire in
che modo, se svilisci una parte degli
esseri umani, corrompi tutto.
E il prete viene mandato lontano, in
montagna, nel villaggio di Barbiana
che, senza Lorenzo Milani, non sarebbe mai neppure esistito.
Quello che si vedrebbe, nella mia idea
di sceneggiare l’incontro fra Lorenzo
e Francesco, è che i due si conoscono
già, in profondo, e che sorridono l’uno all’altro della finzione con cui ci
viene dato l’annuncio. Un cardinale è
felice di poter parlare apertamente di
don Milani perché un altro cardinale,
preceduto da dotti articoli, ha fatto
sapere che mai la Chiesa ha espresso
dubbi su quella cara persona di Barbiana, sul suo modo di vivere l’esperienza pastorale, a partire dalla lotta
per sopravvivere e dalla passione di
non restare al buio, della voglia di sapere, di tante persone che i censimenti
e le ricerche sociali catalogano di volta
in volta fra “illetterati” o “poveri” o
“addetti a lavori di fatica”. Entrambi
sanno, in modo diverso e da mondi
diversi, che Lettera a una professoressa è
la riforma della scuola che si è sempre
invocata e mai fatta (o fatta in modi
banali, sbagliati, ridicoli) per il rifiuto
tenace (diventato con gli anni sempre
più forte a sinistra) di cadere nella
trappola del prestare attenzione prima di tutto ai deboli e ai poveri, e alla
scuola pubblica come dovere di Stato,
e anzi come principale definizione del
rapporto fra Stato e cittadini.
DAI DUE MONDI, Lorenzo Milani e
Papa Francesco portano un’esperienza cara e comune: quando loro dicono
“i nostri ragazzi” e affermano che “sono il simbolo della nostra patria”, intendono gli scolari, non i soldati (anche se rispettano i soldati al punto che
non li vogliono far combattere mai), e
certo Lorenzo Milani, dall’interno di
una Chiesa che lo teneva al bando e lo
proibiva, ha portato al nuovo papa il
seme vivo e intatto di quella pianta del
collettivo di bambini di Barbiana, che
non ha potuto fiorire ma che nessuno
ha potuto uccidere. È come se, nel momento dell’incontro fra il Papa diverso
e il prete ribelle, arrivasse fino a loro la
lunga fila (esile ma resistentissima) di
coloro che si sono tramandati nei decenni la Lettera a una professoressa come il testo italiano di una teologia
nonviolenta della Liberazione che può
ancora essere una mappa di lavoro e
una carta di orientamento. In una coreografia immaginaria, coloro che
Don Milani a Barbiana in una foto scattata da un giovanissimo Oliviero Toscani Ansa
portano in dono a tutti gli italiani questa lettera-manifesto prendono posto
accanto a coloro che si sono sempre
opposti alla corruzione, che hanno
vissuto del proprio lavoro, che hanno
voltato le spalle a mafia, camorra e
’ndrangheta a costo di morire, che
hanno disobbedito alla Chiesa per
non abbandonare gli ultimi non soltanto perché poveri, perché privi di
ogni tutela e persino di casa, di rispetto sindacale, di rispetto in carcere,
di diritti civili e umani, di accoglienza
quando scampano al mare, del diritto
di essere italiani quando nascono in
Italia, del diritto di non essere uccisi e
di non uccidere.
È una grande massa di popolo che non
ha partito, quella che viene da Barbiana. È quella che arriva dove chiese e
governi si sono occupati soltanto del
potere, che chiamano “la politica”.
Ora che i cardinali hanno fatto finta di
non avere mai proibito, e anzi ci stanno dicendo che persona gradevole era
quel don Milani, un po’ ebreo e un po’
cristiano, ma credente al punto di non
cedere e di lasciarsi confinare ai margini del mondo, ma senza tacere (anzi,
organizzando il suo coro di bambini
che imparano a non lasciarsi tenere al
loro posto), ora lasciamoli insieme, il
prete e il Papa. Potrebbero accadere
cose più grandi dei telegiornali gridati.
16
SECONDO TEMPO
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
il Fatto Quotidiano
UOMINI E DONNE
Vita da gigolò
al tempo della crisi
JOHN TURTURRO & ALLEN, LA COMMEDIA
DIVERTENTE IN CUI WOODY TORNA A FARE WOODY
di Anna Maria Pasetti
utta colpa di un barbiere. Che per fortuna non si è fatto
gli affari suoi. Quello di John Turturro, infatti, è
una sorta di confidente al quale depositare folgorazioni,
problemi e intime confessioni.
Come quella di scrivere e girare un film su un Gigolò per
caso con protagonisti se stesso
e Woody Allen. Evidentemente la sua idea è suonata da vera
e propria epifania alle orecchie
attente del “barber” di New
York, che il caso voleva fosse
lo stesso del grande regista
pluripremio Oscar. “Lingua
lunga” si è fatto intermediario
tra i due e in un batter d’occhio
John & Woody si sono trovati
nella stessa deliziosa commedia. Che da oggi Lucky Red distribuisce in circa 400 sale.
Fornita la genesi del progetto,
urge distinguere “chi fa chi”:
ebbene, Allen non è il gigolò,
ruolo che invece si è conservato per sé il deus ex machina
Turturro, che pur non essendo
un adone alla vista, entra più
plausibilmente nei panni di un
lover professionista almeno
per ragioni anagrafiche. “E poi
T
scusate, non è necessario esser
belli per essere sexy: pensate a
Mick Jagger, con quella bocca
che da piccolo mi faceva persino paura...” ha tenuto a precisare il simpatico italo-ame-
LA GENESI DELLA PELLICOLA
Galeotto fu il barbiere cui il regista raccontò
la volontà di girare un film col Maestro. Al loro
fianco Sharon Stone, Sofia Vergara e Vanessa Paradis
ricano quando ha presentato a
Roma il suo quinto film da regista. “Se è per questo neppure
Woody Allen incarna sembianze apollinee, ma – chiosa
Turturro – quando l’ho incontrato per parlare del film, ha
iniziato a piegare la testa e
guardarmi negli occhi con
quel suo non-so-che: e allora
ho finalmente capito perché
Woody sia adorato dalle donne”. Un tema da sempre ma
oggi ancor più caldo, quello di
“Allen & le donne”, che Turturro ha saggiamente accantonato “non sono a conoscenza
dei fatti, quindi non posso parlare”. Di donne, e della loro
GIGOLÒ PER CASO ©
Usa, 2013
regia: John Turturro;
con: John Turturro, Woody
Allen, Sharon Stone, Sofía
Vergara, Vanessa Paradis,
Liev Schreiber, Bob Balaban
sconfinata voglia di tenerezza
a cui si aggiunge un proverbiale quanto inconsolabile stato di perenne solitudine, invece si parla parecchio nella nuova fatica di John, che al suo
fianco ha voluto tre icone cinematografiche a simboleggiare altrettante diverse femminilità: la dermatologa frustrata ma intimamente passionale Sharon Stone, la focosa
“dominatrix” latina Sofia Vergara e la dolce vedova Vanessa
Paradis, appartenente a una
comunità chassidica e dunque
costretta dentro rigide regole.
Turturro, che nel film porta il
nome di Fioravante, mentre
Allen è Murray detto “Bongo”,
si trasforma in reticente gigolò
spinto da quest’ultimo nel
momento in cui la crisi impone ad entrambi di chiudere la
vecchia libreria in cui lavora-
vano, con l’effetto del salvadanaio ormai svuotato. Protettore e protetto iniziano il business con un certo successo, ma
l’inatteso attaccamento di Fioravante alla timida Avigal (Paradis) scombina carte e regole
del gioco.
LINEARE e senza ambire al capolavoro, Gigolò per caso s’in-
serisce nel genere commedia
“deliziosa, garbata ma ironica”
di cui l’idea e il riuscitissimo
ensamble di interpreti potevano lasciar intravedere già sul
copione. Se Woody Allen “fa”
Woody Allen scodellando battute indimenticabili, la vera
sorpresa è la francese in versione “Brooklyn jewish” Vanessa Paradis, perfettamente
capace di restituire la tensione
interiore del suo personaggio.
Innamorato dell’antenata Penisola, e tuttora impegnato sul
set di Mia madre per la regia di
Nanni Moretti, Turturro ha
voluto che Gigolò per caso fosse
anche un film italiano. Due
maestranze di rilievo spiccano
infatti nell’elenco della troupe:
Marco Pontecorvo ad illuminare la direzione della fotografia (“è Marco il gigolò a cui ci
siamo ispirati...”) e Simona
Paggi a confezionare un magnifico montaggio. Entrambi
avevano lavorato con Turturro
nel suo precedente e folgorante Passione: squadra che vince
non si cambia.
BOX-OFFICE
I PIÙ VISTI
1. NOAH
€ 2.665.566
tot 4gg id
2. GRAND BUDAPEST
€ 733.047
tot 4gg id
3. CAPTAIN AMERICA
€ 604.787
tot 3sett € 6.050.774
4. UN MATRIMONIO...
€ 594.113
tot 4gg id
IN FILA PER NOÈ
In attesa del “pigliatutto” Spider-Man2, è l’eroe biblico di
Aronofsky a fare il pieno al
box office di Cinetel del 10-13
aprile. Noah e la sua Arca in
3D superano infatti i 2,5 mln
di euro in un weekend, complice l’estremo numero di copie di uscita del film (853).
Secondo, ma ben staccato in
termini di cifre, è il Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, che si spera possa crescere di passaparola. Tiene
bene, invece, l’inossidabile
Captain America giunto a un
totale di oltre 6 milioni.
RECENSIONI
Rio Amazzonia: a volte ritornano, in questo caso si superano
© Rio 2
regia: Carlos Saldanha;
Animazione
BLU, JEWEL e i loro tre bambini
vivono a Rio, ma la stupenda città
brasiliana è una gabbia dorata: i
simpatici pappagalli blu si sono
umanizzati, viziati da iPod e tv. Per
fortuna, gli amici ornitologi sco-
prono che non sono gli unici esemplari superstiti: la natura chiama,
Jewel incalza, si parte per l’Amazzonia in cerca dei parenti. Pericoli
(disboscamento) e insidie (suoceri!) non mancheranno, Blu armato
di GPS e coltellino svizzero sarà all’altezza? A volte ritornano, e a volte si superano: Rio 2 – Missione
Amazzonia batte l’animazione
Pfister, esordisce alla regia con
Transcendence, ma non è “buona
la prima”: macchina da presa tra le
nuvole e coerenza a terra, Pfister fa
cattivo servizio alla già manchevole sceneggiatura di Jack Paglen.
Pregevoli le intenzioni, eppure la filosofia della scienza imbarca fandonie, l’interazione uomo-macchina elude il libero arbitrio, gli attori guardano al conto in banca e la
liaison tra Will e la moglie Evelyn è
Harmony in e-book. Pfister tenta
di cambiare sesso a Her di Spike
Jonze, ma questo “Him” finisce
solo per dare del lei al Cinema.
Fed. Pont.
originale, che nel 2011 incassò oltre 140 milioni di dollari nel mondo. Tra coreografie e parodie (I will
survive) indovinate, animaletti
cult (la rana innamorata e il bulldog bavoso) e partite di calcio volante, il monito ecologista incrocia
il romanzo di ri-formazione e la Pasqua formato famiglia è salva:
grandi e piccini – a parte forse la
CIAK SI GIRA
Silvio Orlando,
Fabio Volo e il remake
INIZIERANNO a maggio le
riprese di “Road to Capri”,
un film diretto da Boris Damast, autore anche della
sceneggiatura con Blake Armstrong e Giovanni Labadessa. Il film sarà interpretato da Virginia Madsen,
Ian McShane e altri attori
italiani ancora in via di definizione.
Per il momento si fanno i
nomi di Maria Grazia Cucinotta, Nicolas Vaporidis e
Giancarlo Giannini.
“Road to Capri” racconterà
la storia di un padre morto,
due madri, due fratelli che
non sapevano di essere tali
e di un'eredità.
LO SCENEGGIATORE Massimo Gaudioso, coautore tra l’altro del copione di “Gomorra”
debutterà nella regia a fine
maggio dirigendo per la Cattleya il remake de “La grande
seduzione”, una commedia canadese del 2003 di Jean–Francois Poillot nello stile di “Benvenuti al Sud” e “Svegliati
Ned”. Interpretato da Silvio
Orlando, Fabio Volo e Nando
Paone il film sarà ambientato
ai nostri giorni in uno piccolo
paese sperduto della Lucania
la cui collettività si mobilita per
risolvere un problema legato
all'economia locale: trovare un
medico vero o qualcuno disposto a sembrare tale.
Fabio Volo Ansa
CATE BLACHETT è in trattativa per entrare a far parte del
cast di “The Dig”, nuovo progetto di Susanne Bier tratto dal
romanzo di John Preston e sceneggiato da Moira Buffini che
adatterà per il cinema la storia
del più celebre ritrovamento
archeologico inglese, il tesoro
di Sutton Hoo. Ambientato durante i giorni che precedono lo
scoppio della Seconda guerra
mondiale il film racconterà le
vite del team di esperti che ha
condotto gli scavi del 1938/39,
durante i quali fu ritrovato il
corredo funerario di una nave
di 27 metri, tomba del primo
sovrano inglese Redwald, re
dell’Anglia orientale.
durata –gradiranno. Sì, questi pennuti hanno stoffa e il merito è di
Blue Sky, già artefice dell’Era glaciale: la Pixar sta a guardare o si dà
una mossa?
Federico Pontiggia
© Transcendence
regia: Wally Pfister;
con: Johnny Depp, Rebecca Hall
IL DOTTOR Will Caster (Depp) è
il massimo ricercatore in Intelligenza Artificiale, ha una bella moglie (Hall), un buon amico (Paul
Bettany) e un sogno: ibridare intelligenza collettiva ed emozioni
umane, in soldoni, dare un cuore
alla macchina. Grazie a dei luddisti
2.0, il sogno diviene realtà: Will lo
sperimenta in prima persona trascendente, ma qual è il limite? Lo
storico direttore della fotografia di
Chris Nolan, il premio Oscar Wally
© Song ‘e Napule
regia: Antonio e Marco Manetti;
con: Alessandro Roja, Giampaolo
Morelli
DIPLOMATO in pianoforte e disoccupato, Paco (Roja) trova posto in polizia: impacciato, inesperto, finisce al deposito giudiziario,
ma non per molto. Il commissario
Cammarota (Paolo Sassanelli)
bracca il camorrista O’ Fantasma e
Paco può tornare utile: dovrà infiltrarsi nel gruppo del neomelodico Lollo Love (Morelli) che si esibirà al matrimonio della figlia di un
boss. Dopo horror (Paura) e fantascienza (L’arrivo di Wang), i Manetti si buttano nel loro calderone
popolare polizi(ott)esco e musicarello: Song ‘e Napule, ennesimo
capitolo della lotta di Marco e Antonio per la salvaguardia del cinema di genere in Italia. Se Morelli fa
impallidire Gigi D’Alessio, Roja sogna Tomas Milian e Sassanelli
conferma di meritare di più, il film
sfodera il sorriso e mette la camorra al tappeto: all’ombra del Vesuvio non sono solo canzonette, c’è
la fantasia canaglia dei Manetti.
Fed. Pont.
© Onirica
regia: Lech Majewski;
con: Michal Tatarek, Elzbieta
Okupska
UN GIOVANE uomo perde moglie e figlioletta in un incidente
stradale. Il senso di colpa per essere sopravvissuto e di inadeguatezza alla vita senza di loro lo perseguitano, al punto da desiderare
solo di dormire per “rivedere” le
amate in sogno. Sullo sfondo la Polonia del 2010, annus terribilis per
quel Paese che vide sia l’incidente
aereo fatale al presidente Kaczynski e a vari personaggi istituzionali,
sia una grave inondazione nei territori meridionali. Parte di un “trittico” accanto a Il giardino delle delizie (2004) e I colori della passione (2010), Onirica è il nuovo segmento cinematografico del percorso pluri-mediale di Majewski,
tra gli artisti “polifonici” contemporanei più interessanti. La complessa ricercatezza linguistica non
delude le aspettative rispetto all’opera del Maestro polacco, attento
non solo agli aspetti formali dell’Arte ma anche a quelli filosofico-politici del proprio Paese.
Anna Maria Pasetti
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
17
FEDERICO COSTANTINI
Conduttore
di “Urban Wild” su Italia Uno LaPresse
SKY UNO
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
Quel diavolo di Cracco
ora dà fuoco alle cucine
di Patrizia Simonetti
ome si fa a non ammirare un
C
uomo che ti convince che le alici con il pepe rosa, il caviale al limone e le alghe croccanti non bastano se non ci sono le patatine San
Carlo e che per una ricetta originale
ci vuole “un tocco d’audacia” che è
sempre quella sfogliatina in busta
che sgranocchiamo negli aperitivi o
rumorosamente al cinema ungendoci le mani? Carlo Cracco non è
solo uno chef famoso, ma un imbonitore televisivo dallo sguardo
magnetico che incolla al video signore di ogni età che lo vorrebbero
nella loro cucina e non solo.
ALTRO CHE Bastianich lì a gridare
alla casalinga di turno intenta a
metter su l’acqua per la pasta che
“routine uno, fantasia zero”. Ecco
forse perché dopo Masterchef Joe si
è dato alla musica, Barbieri ai Junior
e lui invece da stasera fa il diavolo in
cucina in Hell’s Kitchen Italia, produzione originale SkyUno firmata
Magnolia, prima versione nostrana
del talent culinario nato nel 2003 in
Gran Bretagna, sbarcato due anni
dopo in USA e poi in 26 paesi, al
timone Gordon Ramsay, chef dal
turpiloquio facile, superbippato
quanto superstellato. “Sì ma anch’io
mi incazzo realmente” rivendica il
nostro, che nello spot, in stile strega
piromane di American Horror Story, con rapidi gesti appicca incendi
tra lavandini e fornelli per poi soffiare sulla fiammella rimastagli sulla
spalla come un cow boy sulla pistola
dopo aver sparato. 16 i concorrenti
iniziali dai 19 ai 37 anni, metà uomini e metà donne, tutti più o meno
del settore, divisi in due “brigate”, la
rossa e la blu, ma due ce li perdiamo
subito alla prima sfida, per cui in 14
entreranno nel ristorante per organizzare a tempo di record una cena
impeccabile per 70 persone cui è
permesso pure spiarli in cucina,
tanto per innervosirli un po’. “C’è
chi fa bene e chi invece si fa prendere dall’ansia” anticipa Cracco.
Certo che se li svegli ripetutamente
nel cuore della notte solo perché ti è
venuta in mente una nuova video-ricetta da mostrargli, non è che
li aiuti molto a rilassarsi. Perché la
novità italiana è che durante il programma si abita tutti insieme nel
loft al piano di sopra. Reminiscenze
da Grande Fratello? “Ma va, questa è
gente che lavora – tuona Cracco –
mica sta lì per dormire, ma per vincere un posto di lavoro!”. In palio
infatti, non male di questi tempi, un
contratto stagionale nel primo ristorante di Hell’s Kitchen che verrà
aperto a fine programma nel Forte
Village Resort in Sardegna, costo:
200mila Euro. Più o meno 133mila
pacchetti di patatine.
“Urban Wild”, il moderno
Safari di Italia Uno
di Luigi Galella
n’idea Urban Wild ce l'ha, ed è il tiU
tolo, che nell’unica locuzione associa concetti opposti: l’“urbano” e il “selvaggio”. Abituati da secoli di storia moderna a separare il mondo della città da
quello della campagna – e relativa boscaglia – abbiamo sempre vissuto le due
realtà come antitetiche. Ma via via che le
città crescevano, l’aria si faceva irrespirabile, la moltitudine delle folle rendeva
gli uomini estranei gli uni agli altri e la
multiculturalità e la multietnia li confondeva, lo spazio urbano a suo modo si è
trasformato in un panorama selvatico e
ostile, teso ad accogliere e ricreare in sé
ciò che un tempo espelleva. L’ossimoro
quindi è solo apparente. Le città moderne, soprattutto le megalopoli, hanno
qualcosa di maestoso e mostruoso, generando una nuova forma di sublime,
nell’orrore metropolitano. Per poterle
vivere, per non esserne annientati, anche
solo dalla semplice visione, bisogna addestrarsi alle loro quotidiane insidie.
Che in Italia sono minime: le molestie
del traffico, gli acquazzoni abbondanti
che rendono le città un pantano, o la neve
che torna proditoriamente a imbiancare
le strade dopo anni di assenza. Altrove,
invece, accade altro. Oggi la città si misura innanzitutto nelle abnormi dimensioni: l’agglomerato cittadino di Tokyo,
ad esempio, conta 37 milioni di uomini.
Più della metà di tutta la popolazione italiana. E già in questo numero macroscopico è dichiarata la cifra della sua urbana
selvaticità.
ventato e incattivito, scambiato per un
serpente, nella sudafricana Durban. O
ancora nei suggerimenti dell’esperto di
sopravvivenza Cade Courtley, presente
in tv in ogni evenienza disastrosa, che per
le sue competenze è anche noto come patentato menagramo, che guardando fissamente la telecamera insegna e dimostra
come difendersi dai terroristi. È utile apprendere, ad esempio, che in situazioni
simili occorre tenersi a trenta centimetri
dalle pareti per sventare il pericolo dei
proiettili di rimbalzo. Abbiamo visto soccorrere un cane intrappolato in un fiume
in piena, la torta di hummus più grande
del mondo, due giovani che in una pizzeria, per aver chiesto un rimborso, vengono presi a pugni da un pizzaiolo mafioso, armato. E altre amenità di composita estrazione. Con un ritmo narrativo
sostenuto e rapido e una fotografia dai
forti contrasti cromatici. Ma non sappiamo se i giovani, cui tutto ciò è rivolto, si
risveglieranno dal loro torpore postprandiale. Più verosimile che rimangano in
sonno: il vero ossimoro, infatti, non è
tanto nel concetto di “urban wild”, quanto piuttosto nell’idea stessa – antica e di
fatto impraticabile – di “tv dei ragazzi”.
IL PROGRAMMA di Italia1 (mercoledì,
16.15) – la rete Mediaset che più di altre
strizza l'occhio al pubblico giovanile – è
condotto da Federico Costantini, un ragazzo aitante, un po’ urbano un po’ selvatico, che dimostra meno dei suoi anni
(25), palestrato e ben piantato, che fissa in
tralice la telecamera, con l’aria truce e le
braccia conserte, e ha il linguaggio che si
conviene a chi debba accompagnarci in
un tour da galleria dell’orrore. L’orrore
spettacolare del quotidiano, per quanto
poco usuale. Che si rappresenta nella visione di un mansueto leone, che azzanna
la gamba dell’incauto addestratore, che
per poco lascia fra i denti del morbido
felino polpaccio e qualche ossetto di contorno. O nella cattura di un varano, spa-
Gli ascolti
di martedì
UNA BUONA STAGIONE
Spettatori 4,38 mln Share 17,3%
MADE IN SUD
Spettatori 2,43 mln Share 10,5%
BALLARÒ
Spettatori 3,32 mln Share 13,3%
GIASS
Spettatori 3,50 mln Share 9,22%
LA TV DI OGGI
6.45 Unomattina Attualità
10.00 Unomattina Storie Vere
Rubrica
10.30 Unomattina Verde
Rubrica
10.55 Che tempo fa
Informazione
11.00 TG1 Informazione
11.25 Unomattina Magazine
Rubrica
12.00 La prova del cuoco
Varietà Condotto da
Antonella Clerici
13.30 TG1 Informazione
14.00 TG1 Economia
Informazione
14.10 Verdetto Finale “Un
figlio che non vuole
crescere” Attualità
15.20 La vita in diretta
Attualità
Rai Parlamento
Telegiornale - TG1 - Che
tempo fa Informazione
(all’ interno)
18.50 L’ eredità Gioco
20.00 TG1 Informazione
20.30 Affari tuoi Gioco
21.10 Carosello Reloaded
Documenti
21.15 La pista “Quarta
puntata - Ospite: Nino
Frassica” Reality show
TG1 60 Secondi
Informazione
23.50 Canzone Luciano Ligabue in...
Dopo tutti questi anni
1.00 TG1 Notte - Che tempo
fa Informazione
8.15 Due uomini e mezzo
“Dolce alla banana” Tf
8.35 Desperate
Housewives “Unica
nel suo genere”
“Verità nascoste” Tf
10.00 TG2 Insieme Attualità
11.00 I Fatti Vostri Attualità
13.00 TG2 Giorno
Informazione
13.30 TG2 Costume e
Società Rubrica
13.50 Medicina 33 Rubrica
14.00 Detto fatto Attualità
16.00 Question time (Dir.)
17.20 Lol:-) Sit com
17.45 TG2 Flash L.I.S. Meteo 2 Informazione
17.50 Rai TG Sport
Notiziario sportivo
18.15 TG2 Informazione
18.45 Squadra Speciale
Cobra 11 “Addio
giovinezza” “L’ arma
del ricatto” Telefilm
20.30 TG2 - 20.30
Informazione
21.00 Lol:-) Sit com
21.10 Prima tv N.C.I.S.:
Los Angeles
“Il Grande Fratello” Tf
N.C.I.S.: Los Angeles
“Il Camaleonte” “Non
era un eroe” Telefilm
23.30 TG2 Informazione
23.45 Spia e lascia spiare Commedia (Usa 1996).
Di Rick Friedberg,
con Leslie Nielsen,
Charles Durning
8.00 Agorà Attualità
10.00 Mi manda Raitre
“Trenitalia” Attualità
11.15 Elisir “Pancia gonfia”
Attualità
12.00 TG3 Informazione
12.25 TG3 Fuori TG “Euro”
Attualità
12.45 Pane quotidiano
Rubrica
13.10 Il tempo e la storia
Documentario
14.00 TG Regione - Meteo
Informazione
14.20 TG3 - Meteo 3
Informazione
14.50 TGR Leonardo Rubrica
15.05 TGR Piazza Affari
Rubrica
15.10 Terra nostra 2 - La
speranza Soap
16.00 Aspettando Geo
Documentario
16.40 Geo Documentario
19.00 TG3 Informazione
19.30 TG Regione - Meteo
Informazione
20.00 Blob25 (mila) anni di
istanti TV “In principio
furono le Schegge”
Varietà
20.35 Un posto al sole Soap
21.05 Prima tv Rai Rango Animazione (Usa 2011).
Di Gore Verbinski
23.00 Gazebo Rubrica
0.00 TG3 Linea notte
Attualità
TG Regione Infor.
(all’ interno)
18.30 Transatlantico Attual.
19.00 News Notiziario
19.25 Sera Sport Notiziario
sportivo
19.30 Il Caffé: il punto
Attualità
20.00 Il Punto alle 20.00
Attualità
Meteo Previsioni del
tempo (all’ interno)
20.58 Meteo Previsioni del
tempo
21.00 News lunghe
Notiziario
21.26 Meteo Previsioni del
tempo
21.30 Visioni di futuro
Attualità
21.56 Meteo Previsioni del
tempo
22.00 Visioni di futuro
Attualità
22.26 Meteo Previsioni del
tempo
22.30 News lunghe
Notiziario
22.56 Meteo Previsioni del
tempo
23.00 Il Punto + Rassegna
Stampa Attualità
23.27 Meteo Previsioni del
tempo
23.30 Il Punto + Rassegna
Stampa Attualità
23.57 Meteo Previsioni
tempo
0.00 News + Rassegna
Stampa Attualità
0.27 Meteo Previsioni del
tempo
6.00 Prima Pagina
Informazione
7.55 Traffico - Borsa e
Monete - Meteo.it
Informazione
8.00 TG5 Mattina
Informazione
8.45 Mattino Cinque
Attualità
TG5 - Ore 10 - Meteo.it
Informazione
(all’ interno)
11.00 Forum Real Tv
13.00 TG5 - Meteo.it
Informazione
13.40 Beautiful Soap
14.05 Grande Fratello Reality
14.10 CentoVetrine Soap
14.45 Uomini e Donne Talk
show
16.05 Grande Fratello Reality
16.15 Il segreto Soap
17.10 Pomeriggio Cinque
Attualità
TG5 Minuti
Informazione
(all’ interno)
18.50 Avanti un altro Gioco
20.00 TG5 - Meteo.it
Informazione
20.40 Striscia la Notizia
Attualità
21.10 Novità - Prima tv
Rodolfo Valentino,
la leggenda “Prima
parte” Miniserie
23.20 Matrix Attualità
1.30 TG5 Notte - Rassegna
Stampa - Meteo 5
Informazione
7.30 Vecchi Bastardi
Real Tv (R)
8.30 Urban Wild
Documentario (Repl.)
9.30 Come mi vorrei
Real Tv (R)
10.05 Dr. House Medical Division
“Beata ignoranza”
“Wilson” Telefilm
12.10 Cotto e mangiato - Il
menù del giorno
Rubrica
12.25 Studio Aperto Meteo.it Informazione
13.00 Sport Mediaset
Notiziario sportivo
13.40 Grande Fratello Reality
14.00 Grande Fratello - Live
Reality show
14.10 I Simpson Cartoni
14.35 Dragon Ball Saga
Cartoni animati
15.20 Vecchi Bastardi
Real Tv
16.15 Urban Wild
Documentario
17.15 Come mi vorrei Real Tv
18.05 I Simpson Cartoni
18.30 Studio Aperto Meteo.it Informazione
19.20 C.S.I. “Un lupo
mannaro a Las Vegas”
“La piccina di papà”
Telefilm
21.10 Nuova edizione
Wild - Oltrenatura
Documentario
0.35 Oktagon
Seconda parte
7.20 Miami Vice
“Il tribunale della
malavita” Telefilm
8.15 Hunter “Dialogo fra
sordi” Telefilm
9.40 Carabinieri “Sospetti”
Telefilm
10.45 Ricette all’ italiana
Rubrica
11.30 TG4 - Meteo.it
Informazione
12.00 Un detective in corsia
“Dolce omicidio”
Telefilm
12.55 La signora in giallo
“In arte, Jessica Fox”
Telefilm
14.00 Forum Real Tv
15.30 Hamburg Distretto 21
“Pericoli virtuali”
Telefilm
16.35 Incompreso Vita col figlio Drammatico (Ita 1966).
Di Luigi Comencini,
con Anthony Quayle,
John Sharp
18.55 TG4 - Meteo.it
Informazione
19.35 Il segreto Soap
20.30 Tempesta d’ amore
Soap
21.15 The Rock - Azione
(Usa 1996). Di Michael
Bay, con Sean Connery,
Ed Harris
0.00 Il colpo - Azione
(Can/Usa 2001).
Di David Mamet, con
Gene Hackman
6.00 TGLa7 - Meteo Oroscopo - Traffico Informazione
Informazione
6.55 Movie flash Rubrica
7.00 Omnibus - Rassegna
Stampa Attualità
7.30 TG La7 Informazione
7.50 Omnibus meteo
Informazione
7.55 Omnibus Attualità
9.45 Coffee Break Attualità
11.00 L’ aria che tira
Attualità
13.30 TG La7 Informazione
14.00 TG La7 Cronache
Attualità
14.40 Le strade
di San Francisco
“Una scuola di paura”
Telefilm
15.45 Il Commissario
Cordier “La truffa”
Telefilm
17.55 L’ ispettore Barnaby
“Fantasmi a Monk
Burton” Telefilm
20.00 TG La7 Informazione
20.30 Otto e mezzo
Attualità. Condotto da
Lilli Gruber
21.10 Servizio Pubblico
Attualità. Condotto
da Michele Santoro
(Diretta)
0.00 TG La7 Night Desk
Attualità
1.10 Movie flash Rubrica
1.15 Otto e mezzo
Attualità (Replica)
LA RADIO
Maurizio Mattioli e Ylenia Lucisano
ospiti a Radio2 SuperMax
Servillo, Al Bano, Renzo Arbore, il parrucchiere Icaro, il becchino Capasso e il centralinista Paolo,
con quale di queste personalità di Max Giusti si troverà ad interagire la nostra Laura Barriales?
Spazio poi alle notizie del giorno con Saverio Raimondo, alle rubriche semiserie di approfondimento stile LetterMax e tanta buona musica live. Ospiti della puntata di questa mattina saranno
Maurizio Mattioli, dal 15 al 19 aprile al Teatro Golden di Roma con il suo spettacolo “Era ora! (vita
e passioni in musica di un romano de roma d.o.c.)” e Ylenia Lucisano, la giovane cantautrice di origine calabrese, con il disco d’ esordio dal titolo “Piccolo Universo”. Insieme alla SuperMax Band
l’ artista si esibirà live con il singolo omonimo.
RADIO2 10.35
I film
SC1 Cinema 1
SCH Cinema Hits
SCP Cinema
Passion
SCF Cinema
Family
SCC Cinema
Comedy
SCM Cinema Max
SCU Cinema Cult
SC1 Sport 1
SC2 Sport 2
SC3 Sport 3
17.05 Romanzo di una strage
SCU
17.05 Indovina perché ti odio
SCC
17.25 Against The RopesSCP
17.40 Il dittatore
SCH
17.40 Mandie e il tunnel
SCF
segreto
18.10 Lo Hobbit - Un viaggio
SCM
inaspettato
19.05 Marilyn
SCH
19.05 Gangster Squad SC1
19.05 Abbronzatissimi SCC
19.15 Lost In Translation L’ amore tradotto SCU
19.20 Ricordami ancora SCP
19.30 Sinbad: La leggenda
SCF
dei sette mari
21.00 Prima tv Un giorno
devi andare
SCU
Lo sport
21.00 Redbelt
SCM
21.00 Appuntamento da
sogno!
SCP
21.00 Prima tv
Ghost Academy SCC
21.00 Mandie e il segreto
dei Cherokee
SCF
21.10 La fredda
luce del giorno
SCH
21.10 Elysium
SC1
22.35 Italians
SCC
22.45 Cime tempestose SCP
22.50 Bad Boys 2
SCM
22.50 Svalvolati
on the road
SCH
22.50 Miracolo di Natale SCF
22.55 La fuga di Martha SCU
23.05 Il lato positivo
SC1
0.35 1408
SCH
0.35 Terapia d’ urto
SCC
11.00 Calcio, Serie A
18.00 Calcio, Serie B
2013/2014 Posticipo
33a giornata Udinese Juventus (Sintesi) SP1
11.30 Calcio, Serie A
2013/2014 33a giornata
2013/2014 Anticipo
35a giornata Crotone Varese (Diretta) SP1
18.30 Tennis, ATP World Tour
Masters 1000 2014
Verona - Fiorentina
(Sintesi)
SP1
12.00 Calcio, Serie A
2013/2014 33a giornata
Sampdoria - Inter
(Sintesi)
SP1
14.30 Calcio, Bundesliga
2013/2014 30a giornata
Montecarlo: ottavi di
finale (Replica)
SP3
20.30 Calcio, Diretta Gol
Serie B 35a giornata
SP1
(Diretta)
21.30 WWE Domestic
Raw
SP2
23.00 Tennis, ATP World Tour
Masters 1000 2014
Bayern Monaco Borussia Dortmund
16.15
(Replica)
SP1
Calcio, Serie A
2013/2014 33a giornata
Torino - Genoa (S) SP1
Montecarlo: ottavi di
finale (Replica)
SP3
1.00
Boxe, World Series
2013/2014 Italia Azerbaijan (Sint.) SP3
18
SECONDO TEMPO
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
il Fatto Quotidiano
NORDISTI
IL CASO
Csm, è la solita
correntocrazia
di Bruno Tinti
luglio ci saranno le
elezioni per il nuovo
Csm. Le correnti
tutte si sono sbattute
per far trionfare i candidati
identificati dai correntocrati. La
cosa non deve meravigliare poiché questi sono gli stessi correntocrati: la legge non scritta, anzi
negata con sdegno ma applicata
con impegno, è che il Csm costituisce il punto di arrivo della
carriera parallela dei magistrati
correntizzati all’interno delle
correnti. I dignitari di ogni corrente hanno in tasca, come diceva Napoleone, un bastone da
maresciallo. Solo che Napoleone lo prometteva a ogni soldato:
ciascuno di loro, se avesse ben
meritato, avrebbe potuto aspirarvi; mentre le correnti lo promettono ai correntizzati che più
si distinguono nella gestione del
potere e delle clientele. La cosa
disgusta da tempo i peones, magistrati che spalano fascicoli dal
mattino alla sera e assistono alle
luminose carriere dei correntocrati; il disgusto è aumentato
negli ultimi tempi, quando il
clientelismo correntizio è divenuto pubblico. Un po’ per via di
errori ingenui.
Un certo Vigorito (Md) ha imprudentemente spedito a una
mailing list letta da tutti i magistrati una missiva destinata ai
suoi correligionari. Vi si diceva
che Md aveva chiesto di nominare al posto di presidente del
Tribunale di Sorveglianza di Salerno una giovane collega che
aveva meno titoli e meno anzianità di un altro; sperava che non
avessero commesso “un’ingiustizia troppo grossa”, ma era
politicamente
opportuno
“piazzare” questa collega; anche
se, come aveva rappresentato
un’altra correntocrate di Md, il
collega sacrificato forse apparteneva pure lui a Md. E un po’
per via di una arroganza di cui
decenni di malgoverno correntizio hanno reso i correntocrati
inconsapevoli. Finalmente i
peones si sono stufati. Al consueto meccanismo di nomina
dei predestinati, imprudentemente travestito da primarie
(ogni corrente ha presentato
quelli che “dovevano” essere
eletti e solo quelli; più un paio di
candidati materasso per fare
scena) hanno opposto il sorteggio.
A
NE SONO USCITI 17 peones
aventi i molti meriti propri dei
magistrati più uno: non erano
schiavi delle correnti, avrebbero
deciso secondo legge e coscienza. Adesso si vedrà se almeno
qualcuno sarà eletto. La rivoluzione ha sconvolto i correntocrati e, secondo gli ordini di scuderia, i correntizi. In particolare
quelli di Md che hanno rivendicato la loro supposta e da sempre sbandierata superiorità morale e culturale: abbiamo una
carta dei valori che parla da sola,
siamo puri, integerrimi etc . Di
quello che aveva combinato il
loro sodale Vigorito (che non “è
stato dimesso” e neppure un po’
sgridato) e di tutte le altre porcherie invano denunciate da po-
chi peones, nemmeno una parola. Arroganza e complesso di
superiorità sono rimaste invariate.
Adesso arriva il conflitto tra il
Procuratore di Milano Bruti Liberati (quello che, all’indomani
dell’affidamento di Ruby a Nicole Minetti disse, mentendo,
che l’operato della Polizia era
stato conforme alle direttive impartite dal Pm minorile Antonietta Fiorillo e che, quando la
bugia fu smascherata, non
smentì ne si scusò con la collega)
e il procuratore aggiunto Roble-
SCONTRO A MILANO
Il caso Bruti LiberatiRobledo dimostra
quel che molti da tempo
denunciano. Le carriere
si fanno per appartenenza,
non per merito
Poco interessante il giudizio su
Bruti Liberati; molto invece
quello che si ricava dalle sue parole. Bruti sta dicendo che nelle
correnti vige un rapporto gerarchico: i capi ordinano ai sottoposti come decidere. “Vai a fare
pipì”: un po’ volgare ma efficace.
Bruti sta dicendo che il merito,
le attitudini, la preparazione
giuridica, insomma i criteri
strombazzati nelle delibere del
Csm, sono un semplice schermo
di decisioni prese a seguito di accordi correntizi: oggi vai a fare
pipì, domani trattienila, stai lì e
vota come ti dico io. Bruti sta dicendo che le carte dei valori, le
promesse elettorali, il patrimonio culturale, le diverse sensibilità associative, insomma la fuffa
propagandata dalle correnti altro non è se non la maschera che
nasconde la solita, triste, squallida gestione delle clientele. Bruti sta dicendo a tutti i peones che
hanno ragione e che la smettano
di votare i correntocrati. Aveva
ragione Fabrizio De André:
“Dal letame nascono i fiori”.
Le nomine del sindaco
sgradite alla maggioranza
di Gianni Barbacetto
LE POLTRONE: croce e delizia della politica. A Milano è in
corso una tornata di nomine.
Non è come quella con cui ha
avuto a che fare Matteo Renzi
nei giorni scorsi, ma per la città
è importante decidere chi è ai
vertici dell’Atm (l’azienda dei
trasporti) o di A2a (quella dell’energia elettrica e del gas).
Sono società di grosse dimensioni e cruciali per i servizi che
forniscono ai cittadini. Per
l’Atm, il sindaco Giuliano Pisapia ha riconfermato nel consiglio d’amministrazione Bruno
Rota e Alessandra Perrazzelli
(capo di Barclays Italia). Gli altri tre componenti del cda saranno scelti tra i dipendenti comunali e svolgeranno la loro
funzione gratuitamente. È dunque certo che Rota, presidente
e direttore generale, resterà il
manager di vertice di Atm: sarà
certamente riconfermato dalla
prossima assemblea dei soci
(cioè dal Comune di Milano,
socio al 99 per cento). Ma sentite come ha reagito Pietro Bussolati (Pd, ex penatiano), giovane segretario milanese del
maggior partito che sostiene la
giunta Pisapia: “Accettiamo la
scelta del sindaco con rammarico, perché avevamo richiesto
un indirizzo politico all’insegna
del rinnovamento. E invece
passa la conservazione dell’esistente”. Una fucilata sparata
non soltanto contro Rota, da
sempre inviso al giovane assessore ai Trasporti Pierfrancesco Maran (Pd, ex penatiano),
ma anche contro il sindaco. Pisapia non ha fatto un plissè:
“Pensavo che l’epoca dei diktat
dei partiti fosse finita. Sono fiero di aver sempre scelto in piena indipendenza e autonomia.
Ho deciso nel merito e in base
n
alla professionalità e ai risultati,
non alle richieste dei singoli
partiti. Mi chiedo come mai il
segretario del Pd non si sia
‘rammaricato’ per altre nomine
effettuate oggi solo in base al
buon lavoro svolto in questi anni”. Traduzione: le decisioni le
prendo io, o vi sta bene così oppure cercatevi un altro sindaco;
anche perché quando riconfermo un manager che ritengo abbia lavorato bene, mi chiamate
“conservatore” e vi rammaricate”, ma è un rammarico ad
personam, su misura per il solo
Rota.
Rota è un manager che ai dirigenti dell’Atm a Natale ha regalato il libro (Un uomo onesto,
di Monica Zapelli) che racconta la storia di Ambrogio Mauri,
l’imprenditore che nel 1997 si
AD PERSONAM
Pisapia ha confermato
Bruno Rota alla guida
dell’azienda trasporti
Il Pd si “rammarica”
Forse perché avrebbe
preferito uno dei suoi?
Giuliano Pisapia Ansa
è tolto la vita dopo che per anni
era stato tagliato fuori dagli
appalti Atm perché si rifiutava
di pagare tangenti. Rota è il
manager che con Filippo Penati (padre politico dei giovani
Maran e Bussolati) ha un conto aperto, visto che Penati,
quando era presidente della
Provincia di Milano, lo cacciò
dal vertice di Serravalle perché
si era opposto all’acquisto delle azioni della società dal gruppo Gavio.
ROTA È un manager che in
questi anni di gestione qualche risultato lo ha ottenuto. Ha
supportato il decollo dell’Area
C, ossia il blocco del traffico in
centro, con conseguente aumento degli utenti dei mezzi
pubblici. Ha chiuso i bilanci in
utile (+4 milioni lo scorso anno, mentre Roma fa -150 milioni). Ha sempre dato ossigeno al suo azionista di controllo,
il Comune di Milano, facendogli quadrare i conti con il dividendo straordinario. Ha un
brutto carattere, è vero, e non
gli va di costruire relazioni con
i leaderini di partito. Ora la
guerra del Pd milanese a Rota
si sposta sul cosiddetto doppio incarico: i rottamatori di rito ambrosiano chiedono che
non cumuli più le cariche di
presidente e di direttore generale. È come dire: vattene. Perché solo i due incarichi lo rendono manager operativo dell’azienda e nello stesso tempo
gli permettono di avere uno
stipendio adeguato al ruolo
(258 mila euro lordi senza premi di risultato e senza buonuscita), anche se ben lontano
dai livelli dei manager che gestiscono business di dimensioni simili. Chi vincerà la
guerra, i rottamatori ad personam o il sindaco?
n
Il Palagiustizia di Milano Ansa
do che lo ha accusato di avergli
sottratto indagini che rientravano nella competenza specifica
del gruppo da lui diretto. Della
cosa si sta occupando il Csm e
vedremo come andrà a finire. Il
punto è che Bruti Liberati è un
correntocrate di serie AAA, per
dirla alla Standard&Poor's: per
una vita presidente di Md, con
un curriculum di incarichi fuori
ruolo in istituzioni nazionali e
internazionali da far strabuzzare gli occhi. Insomma una carriera tipica. E che, secondo
quanto raccontato da Robledo
al Csm, avrebbe interpretato il
suo ruolo di Procuratore Capo,
nel corso di uno dei tanti contrasti che caratterizzavano il loro rapporto, utilizzando la seguente argomentazione: “Ricordati che tu stai qui solo per
un voto. Sarebbe stato sufficiente che io avessi detto a uno di Md
di andare a fare pipì e al tuo posto sarebbe stata eletta la Gatto”.
Per quelli che non hanno dimestichezza con le modalità con le
quali il Csm assegna gli incarichi
direttivi, Bruti Liberati voleva,
con questo stile raffinato e suadente, ricordare a Robledo che
le nomine sono decise dalle correnti e che lui, Presidente di Md,
avrebbe avuto il potere di far nominare al posto suo altra collega: bastava avesse ordinato a
uno degli adepti di Md di allontanarsi al momento della votazione. Quindi gliene fosse grato
e la smettesse di rompere.
416 TER
Voto di scambio: un buon
bisturi male assemblato
di Gian
Carlo Caselli
n democrazia è lecito dividersi su tutto, salvo che si tratti di lotta alla mafia.
I
Sarebbe bello. Anche giusto. Ma di fatto
è quasi impossibile. Troppi sono i condizionamenti dell’orientamento ideologico-culturale, del colore di casacca, del
fluttuare delle alleanze, al limite dell’ipotetico coinvolgimento di compagni di
cordata in faccende oscure. Un quadro
che trova una cartina di tornasole di tutta evidenza nelle vicende dell’art. 416 ter
sul voto di scambio. Ma con un corollario: se in tali condizionamenti i contrasti possono avere una parziale spiegazione (non giustificazione), resta inspiegabile la mancanza di rigore e coerenza, per cui scelta una via disinvoltamente se ne percorre poi un’altra, con
piroette tanto impreviste quanto sconcertanti, tali da giustificare la traduzione
maccheronica del detto tot capita tot sententiae come “tutto capita nelle sentenze”: una volubilità dei giudizi che obiettivamente poco si confà alla gravità dei
problemi di mafia.
La storia è nota: per 22 anni abbiamo
tollerato lo sconcio di una norma che era
un insulto alla logica e al buon senso,
finché – nel luglio scorso – la Camera
approvò un nuovo testo praticamente
all’unanimità. Incuranti di questo for-
midabile “assist” (l’unanimità garantiva
una sollecita approvazione della tanto
attesa riforma), le obiezioni di un paio di
magistrati, subito trasformate in “rivolta
dei pm”, riuscirono a bloccare tutto ancora una volta. Soltanto dopo un bel po’
di tempo il Senato tornò sul tema adottando una versione del 416 a mio parere
accettabile. Invece fu ancora “bagarre” e
la Camera operò un ulteriore stravolgimento, sfornando un testo che ora (alla quarta lettura) è stato definitivamente
approvato dal Senato.
MA LA “BAGARRE” non sembra cessata:
forte è ancora l’eco dell’irriducibile
ostruzionismo dell’opposizione “grillina”, mentre fra le file della maggioranza
non sono pochi quelli che si son turati il
naso per disciplina di partito, magari dopo aver espresso critiche non troppo diverse da quelle dei “grillini”. Che dire, a
questo punto? La nuova formulazione
del 416 ter costituisce un significativo
progresso rispetto al passato là dove aggiunge, alla promessa o dazione di denaro (statisticamente inesistente), quella
ben più realistica di “altre utilità”. È controversa invece la questione delle pene su
cui alla fine (dopo alcune oscillazioni) ci
si è assestati: vi è chi le considera non del
tutto adeguate sia rispetto alla gravità e
pericolosità delle condotte in oggetto
(che attengono al processo di regolare
formazione del consenso democratico);
sia rispetto alla scarsa funzione deterrente che potrebbero avere, tenuto conto
che con quelle basse “tariffe” il rischio di
finire in carcere sembra ridotto, mentre
alta è la probabilità che tutto possa sfumare in prescrizione. Ma saranno soltanto le future prassi applicative che potranno sciogliere o confermare questi
nodi.
Si è persa inoltre l’occasione preziosa
(che il Senato aveva in una prima lettura
saputo cogliere) di introdurre una valvola di chiusura del rapporto di scambio
con la formula della “disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze dell’associazione mafiosa”. Tutti gli inquirenti
che non hanno una concezione burocratica del proprio ruolo (cioè non si fermano né rallentano quando intervenire
risulta scomodo) non possono che salutare con entusiasmo tecnico-investigativo la formula. Perché consente di corrispondere alle molteplici sfumature e
sfaccettature di un fenomeno che investe
la “zona grigia”, dove i confini sono per
definizione sfumati, per cui una relativa
genericità dell’approccio normativo è un
pregio, certamente non un difetto!
Non è buon segno che ci siano “esperti”
pronti a scartare normative che consentirebbero alle indagini di battere (oltre
alle strade scontate e tranquille) anche
strade complesse, solo perché potrebbero comportare un seguito di polemiche,
mentre la ricerca della verità senza sconti
né scorciatoie è un evidente postulato
dell’antimafia tutta, si tratti di 416 ter o di
“concorso esterno”.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
GIOVEDÌ 17 APRILE 2014
19
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
I finti rimedi di un’Italia
impaurita dalle masse
Per mettere in quadro l’Italia, così come la violenza
domestica, la ludopatia, il
cyberbullismo (che pare
sia la causa dell’istigazione
al suicidio di alcune povere ragazze, come quella di
Venaria) i nostri politici
credono di risolvere il problema chiamando emeriti
professionisti, che nonostante siano pagati profumatamente a piè di lista,
non danno conto dei risultati. Non sanno fare altro
che proporre leggi e finanziamenti che, nella maggior parte dei casi, non sono che dei pannicelli caldi.
E non potrebbe essere altrimenti. Anche quando
ammettono, sempre a
denti stretti, che queste
problematiche necessitano di un cambiamento
culturale, si dimenticano,
volutamente che questo
può avvenire solo se la popolazione diventa protagonista. Coloro che al protagonismo delle masse
preferiscono i pannicelli
temono il protagonismo
delle masse perché potrebbe comportare dei rischi
per chi vive del super stipendio parlamentare, e
quindi si danno da fare per
deviare il treno su di un binario morto.
ha bisogno per destinarlo
ai pubblici servizi (sanità,
illuminazione, trasporti...). L’unica consolazione
è che, almeno per questa
volta, forse, ci siamo risparmiati le starnazzate
dell’onorevole Garnero
(in arte Santanchè).
Melquiades
Il biglietto di Merkel
e i piccoli politici italiani
Quanta differenza, la
Merkel gira da sola per le
affollate strade di Ischia,
liberamente e senza scorta. Biglietto di viaggio per
il marito, da lei pagato. La
Boldrini, super protetta,
chietti che diranno quanto è bravo e quanto è buono. Sembra quasi che
questo sia un risarcimento per una condanna ingiusta. Continuerà a fare
politica, e l’interdizione
dai pubblici uffici? Sembra uno scherzo ma è la
terribile realtà. E questo
sarebbe il tramonto di
Berlusconi tanto sbandierato dai giornali negli
ultimi tempi?
Nomine rosa:
c’è donna
e donna
CARO FURIO COLOMBO, a me sembra che le decantate nomine di Renzi
non abbiano cambiato nulla. Chi aveva
potere ha potere. Cambia solo casella.
tiamolo, ha tutte le qualità tv, cinema e
Pr per il ruolo) va a presiedere. Mettiamo che sia un incidente non notato. Però
mette in evidenza qualche altra cosa che
sembra sia sfuggito nella festosità delle
celebrazioni. Sono andate al potere tutte
donne di potere, più o meno allo stesso
livello che avevano già raggiunto, via
nascita fortunata, nella vita. Renzi, che è
svelto, deve averci pensato, se è vero che
aveva in mente Emma Bonino per Finmeccanica. Da sola la Bonino – che ha
lavorato in impegni politici e istituzionali tutta la vita – avrebbe rotto l’impressione del successo imprenditoriale
finalmente raggiunto da donne che sono
già titolari di successo imprenditoriale
(alcune confortate dal calore della famiglia). Una casta (non sappiamo quale,
ma l’Italia ne può esibire parecchie) si è
presa cura di rendere impossibile l’arrivo della Bonino al vertice di Finmeccanica. Forse non le ha giovato avere, da
radicale, un passato non-violento. Conclusione: facciamo tanti auguri alle nuove top manager (sperando che non si annoino a fare lo stesso mestiere che già facevano). E sospendiamo i festeggiamenti
alle quote rosa. Fino alle prossime nomine.
Ivana
Maria Blasetti
NON SEMBRA, infatti, che il “pacchetto” Renzi sia stato una rivoluzione, al
punto che c’è anche chi è restato al suo
posto. E non si vede perché no, visto che
in tutti gli altri posti non ci sono stati veri cambiamenti ma avvicendamenti interni o personaggi identici, al punto che
sarà bene avvisare le segretarie, gli autisti e gli uscieri. Niente di male, o meglio,
niente di speciale, nella storia e nella tradizione italiana. Ma adesso sappiamo
che ogni discorso improvvisato di Renzi
(durata standard: 50 minuti) dovrà dilatarsi un poco per fare spazio a quest’altro auto-elogio: abbiamo rinnovato la
classe dirigente. Giornali e tv, sensibili
come gazzelle al potere di dopo, come a
quello di prima, si affrettano a notificare
che sì, che è vero, che tutto è cambiato.
Eppure come non far caso a ciò che, il 15
aprile, il vicedirettore de “L’Unità”, Rinaldo Gianola, fa notare a proposito di
Emma Marcegaglia: “C’è persino odore
di conflitto di interesse”? È vero, visto che
la premiata ditta Marcegaglia aveva
stretti rapporti con la stessa azienda,
Eni, che adesso la signora (che, ammet-
L’ultima magia di Silvio
4 anni diventano 4 ore
Ma che Giustizia è mai
questa? Un condannato,
la vignetta
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
[email protected]
Rosario Cottone
Una pena finta
a chi ha frodato tutti noi
Più che una pena sembra
una presa, decidete voi per
cosa. In ogni caso la pena
fa pena. Possiamo riderci
su, come fa il mondo intero, ma la sostanza ripropone la questione, non differibile per uno Stato democratico, della gestione della Giustizia, che davvero
sfiora il ridicolo. Ha ragione Berlusconi: la Giustizia,
con la G maiuscola va riformata. Perché questa è
veramente una giustizia
con la minuscola, forte
con i deboli, arrendevole
con i potenti. A tutti gli italiani che lo difendono bisognerebbe ricordare che
quei soldi sottratti al fisco
li abbiamo pagati noi.
Ognuno di noi ha versato
di più, per coprire il mancato introito di cui lo Stato
utilizza un aereo di Stato
per viaggiare gratis assieme al proprio compagno.
Renzi si muove scortato
da decine di agenti. Va solo fra gli scolari per applausi. La Merkel non parla troppo, bada ai fatti.
Renzi parla tanto ma, per
ora, fa solo nomine dei
manager pubblici, tra l’altro anche discutibili.
Anna Pagliaro
B., la fine sbandierata
che sembra la rinascita
Con le disposizioni del
tribunale per Berlusconi
tramontano le ultime
speranze di vivere in un
Paese normale. E questa
sarebbe una condanna?
Tutto questo gli darà solo
visibilità: ci ritroveremo
su tutti i telegiornali i vec-
riconosciuto colpevole
per aver frodato centinaia
di milioni allo Stato che
governava, viene ricevuto
e onorato dal capo dello
stesso Stato. È ospite e
commensale abituale del
premier a Palazzo Chigi.
Blandito e corteggiato da
questi come un prezioso
alleato per riformare le
leggi della Repubblica.
Condannato a quattro
anni, grazie a indulti, avvocati e leggi fatte da lui
stesso, non farà un giorno
di galera e con la farsa dell’affido sarà libero di
muoversi tra Roma e Milano, continuando ad avvelenare la politica di
questo Paese. Quattro anni trasformati in quattro
ore a settimana, da passare in una casa di riposo. Di
fatto, potrà fare ciò che faceva prima come se niente fosse. L’unico cruccio
sarà non poter frequentare pregiudicati come lui.
Un dispetto a Cesare Previti o magari a Marcello
Dell’Utri. Più che una pena, sembra un premio o
un incentivo a tutti i disonesti e frodatori fiscali
d’Italia. Questo sistema
appare sempre più ingiusto e meno credibile. L’unica certezza è l’impunità, non la pena. Se la stessa
storia avesse riguardato
un altro cittadino, avrebbe avuto lo stesso trattamento? Il Caimano ha dimostrato che, anche se
condannato, può continuare a farsi beffe della
giustizia e, una volta di
più, che nel nostro Stato
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Marco Tarò, Marco Travaglio
di diritto l’impunità è direttamente proporzionale ai soldi e al potere.
Mario Frattarelli
La censura ai commenti
sul blog di Beppe Grillo
In molti abbiamo dato
credito a Grillo, non tanto
per le sue sparate che in
fin dei conti riecheggiano
quelli che sono i suoi
show, ma perché si è voluto dare un segnale dell’insofferenza verso una
politica non più degna di
questo nome. Tuttavia
non credo che molti dei
suoi elettori siano soddisfatti delle sue sparate e
dei comportamenti dei
cittadini che ha nominato. Non si capiscono più
neppure quali siano le sue
proposte, che spesso ven-
gono ritirate o modificate
come semplici “provocazioni”. Molti come me e la
mia famiglia (l’abbiamo
votato in massa) difficilmente gli riaffideranno il
proprio consenso, visto
che molte delle sue dichiarazioni programmatiche sono demagogiche,
non sempre veritiere e
per lo più impraticabili.
Tanto più che oltretutto
ha rinnegato quasi tutti i
programmi coi quali s’era
presentato a partire dai
costi della politica (che in
pratica è stata ridotta alla
conta dei ticket, simbolici
quanto si vuole ma povera cosa). Hanno portato
alcuni studentelli volenterosi (bravi a fare da ventriloqui), molti dei quali
prima vivacchiavano sul-
le spalle delle loro famiglie, come si è evinto dalle
dichiarazioni dei redditi.
Anche il mito del web, enfatizzato anche da “il Fatto Quotidiano”, è stato
sfatato. Non regge il paragone con i votanti alle primarie del Pd, visto che
sulla piattaforma online
interagiscono solo 15-25
mila persone. Infine, ho
dovuto constatare con
rammarico che i commenti inviati al blog di
Grillo negli ultimi tre mesi sono soggetti a una ferrea censura preventiva
che cestina. Prima non
accadeva (ho commentato il blog per tanti anni).
Invece della pubblicazione ricevo infatti la sola comunicazione: “Il tuo
commento è stato inviato”. Sarà forse perché in
passato ho espresso delle
opinioni non gradite?
Raffaele Troili
DIRITTO DI REPLICA
Con riferimento all’articolo “Giustizia, quei 2
miliardi di euro fermi
nelle casse di Equitalia”,
pubblicato da “il Fatto
Quotidiano” del 16 aprile, si precisa che non vi
sono somme confiscate
che “giacciono immobili
nelle casse di Equitalia”.
Infatti, Equitalia Giustizia non ha alcuna autonomia decisionale circa
il momento e l’ammontare dei versamenti da effettuare dal Fondo Unico
Giustizia allo Stato e agisce in puntuale esecuzione della legge e dei provvedimenti emanati dall’Autorità Giudiziaria.
In particolare, Equitalia
Giustizia versa al bilancio dello Stato le somme
confiscate, su disposizione dei competenti uffici
giudiziari, e una quota
delle risorse sequestrate,
stabilita ogni anno con
decreto ministeriale, in
base a criteri statistici
che tengono conto delle
probabilità di restituzione.
Carlo Lassandro
Amministratore delegato
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