Una pallottola nel mio cervello

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Una pallottola nel mio cervello
Una pallottola
cervello
nel
Luis Fusaro
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mio
Bambini che corrono sui prati di una piana
del Parco Nazionale del Pollino, in Calabria.
In lontananza, alberi secolari, sovrastano il
paesaggio: i pini loricati. I profumi dei fiori
variegati accompagnano il ridere dei
fanciulli gioiosi che si rotolano fra i mille
colori del tappeto erboso. Ed ecco che
un’aquila sorvola sulle loro teste e con gli
occhi della sua vigile guida ci accompagna,
nella visione fantastica del mirar le bellezze
che il nostro Creatore ha voluto offrirci.
Sorvola le vette piu alte del parco nazionale
del Pollino e nel contesto si ascolta l’ebrezza
del vento che splendidamente accarezza il
suo piumaggio. Il riflesso del sole fa
splendere la meravigliosa apertura alare del
rapace che, roteando la testa versa la sua
destra e la sua sinistra, ammira e scruta
dall’alto la vetta del Dolcedorme, la
montagna piu alto di questo parco. Vede la
figura del gigante assopito mediante questo
suo longilineo profilo che identifica la
montagna stessa. Osserva i pini loricati che
sono di forme variegate e che spiccano nella
loro bellezza e danno quel senso di pace e di
tranquillita. L’aquila, subito si lancia in
picchiata notando fra i cespugli di un
ginepro,
un
topolino
che
cerca
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disperatamente di nascondersi. Ed ecco che
si scaglia come un missile impetuoso
aprendo i suoi artigli mortali pronti ad
afferrare la sua preda. Il topolino guizza
come un fulmine, allertato dalla presenza del
predatore, fra i cespugli e cercando di
nascondersi si augura di riuscire a salvare la
sua vita. L’aquila, maestosa, afferra
inesorabilmente con i suoi artigli il topolino
e lo innalza verso il cielo sempre piu blu. Il
topolino e accecato dai raggi del sole che gli
consentono di intravedere cio che sta
accadendo. Oramai la vita del topolino e
segnata. Proprio quando l’aquila ha la
certezza di avere la sua preda, disponibile
come pasto per i suoi aquilotti, abilmente il
topolino si dimena e precipita. In modo
straordinario, la sua caduta viene attutita da
un folto alberame di faggi. L’aquila cerca di
scendere in picchiata per riprendere la sua
preda, ma nulla puo fare poiche, il topolino
seppur segnato dalla caduta, che gli
riportera dei danni per il resto della sua vita,
con grande determinazione e forza di
volonta riesce a salvarsi. L’aquila sconfitta,
prosegue nel suo volo dirigendo il suo
sguardo altrove e cercando di scrutare fra le
straordinarie vette di questo parco
meraviglioso,
percependo
gli
odori
inebrianti del luogo che la guidano verso un
paese della Calabria, Corigliano Calabro.
Mentre sorvola tale zona, intravede dall’alto
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un movimento verso terra che non riesce
bene ad identificare cosa sia. Subito dopo la
sua acuta vista mette a fuoco un gruppo di
bambini che giocano tra di loro, bambini di
tenera eta. Ed in quel gruppo di bambini v'e
n'e uno in particolare che come tutti gli altri:
e sano, bello, gioioso e vivo. Quel bambino,
ben presto avra una missione da compiere.
Ma questo, lui ancora non lo sa. Siamo nel
1976, a Corigliano Calabro, nei Rioni del
Centro Storico, precisamente nella zona
dell’Acqua Nova. È un bimbo vispo ed
intelligente. Mentre gioca con Emanuele,
Roberto, Rosita, Vittoria, Mario ed il fratello
Giovanni, si sente felice e sicuro di ricevere
dalla vita tutto cio che potrebbe desiderare.
Giocano con la fune, saltando uno per volta,
e le loro risate si accavallano in un mix di
suoni armoniosi con il cinguettio delle
rondini, dei pettirossi, dello scroscio
dell’acqua del ruscello coriglianeto. Da un
balcone dell’antico borgo cittadino, la
mamma di Vincenzo vigila su suo figlio,
apprensiva. Nel frattempo raccoglie la
biancheria stesa ai raggi caldi della nostra
terra del sud. All’interno della casa modesta
ed allo stesso tempo accogliente fra le 4
stanze che compongono l’appartamento si
annusa un profumo di una pietanza semplice
e gustosa. Mamma Maria sta preparando per
la sua famiglia un’invitante pietanza di
melanzane con pomodori e cipolle,
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accompagnate da peperoncini rossi non
molto piccanti che danno un tocco di spezie.
Il gatto bianco fa le fusa a mamma Maria per
accattivarsela affinche possa darle un po’ di
salsiccia o di soppressata, che sta affettando.
Mentre nota che non otterra nulla si reca nel
balconcino e si sdraia per schiacciare un
pisolino. Nel frattempo mamma Maria ode
in lontananza le voci bianche dei fanciulli
che la rassicurano che tutto procede bene.
Fuori, nelle viuzze del borgo antico Massa
Santo, un signore anziano gira col suo fedele
asinello sul suo carretto, con la bicicletta
antica, parcheggiata sullo stesso, e gridando
alle massaie di comprare i suoi “piccioni”, si
gusta la vita nello scorrere del tempo in
modo piacevole, a differenza degli altri che
conducono una vita frenetica. Sorride e
saluta tutti, ed i bambini quando lo vedono
passare fra le vie del centro storico, gli
corrono gioiosi dietro, di vedere la mula che
tira il carretto e di fianco alla stessa, il
cucciolo di asinello di 6 mesi, che
affettuosamente lecca la mamma. Tante
sono le lune che Massa Santo ha visto, e
tante sono le storie che egli racconta ai
bambini che gli chiedono di fermarsi per
salire sul suo carretto. Una di queste storie
nella tradizione popolare racconta di quando
lui, Massa Santo, era bambino e che suo
nonno gli raccontava che a sua volta di
quand'anche era bambino, suo papa aveva
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vissuto una esperienza strana ed allo stesso
tempo affascinante e strabiliante. Racconta,
mentre vede lo sguardo attonito e
meravigliato del gruppetto di fanciulli che
man mano si aggregano sempre piu
costituendo un folto numero di bambini, di
quella volta in cui il trisnonno, mentre si
ritirava per rientrare a casa a cavallo della
sua mula, dopo una giornata di intenso
lavoro nei campi, che la notte fra il 5 gennaio
ed il 6 gennaio del 1879, accadde cio che
accadde.
Egli
doveva
passare
necessariamente dalla piazza dove era
collocata la fontana “i’ra fischia” denominata
cosi, poiche la fontana dal quale fuoriusciva
l'acqua era a forma di fischietto. Poiche
aveva con se la cosiddetta “vummulicchia”,
recipiente di terracotta, per riempirla
d'acqua, mentre si accingeva per riempire
tale recipiente, udi delle voci. Stava per
scoccare quasi la mezzanotte e questo lo
poteva capire dall'orologio che si trovava in
piazza del popolo. Convinto che altre
persone stessero avvicinandosi alla fontana,
anche loro per abbeverarsi, non si giro per
prestare vigilanza a quella esperienza che da
li a poco avrebbe vissuto in maniera reale ed
allo stesso tempo fantastica. Senti dietro le
sue spalle che queste voci si amplificavano e
se ne aggiungevano sempre di diverse,
accompagnate da strani rumori di “passi”.
Non riuscendo a comprendere cosa stesse
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succedendo si volto di scatto. Incredulo di
quella scena surreale che stava vedendo,
lascio cadere senza rendersene conto la
“vummulicchia” che ando in frantumi
facendo fuoriuscire l’acqua. E concentro la
sua vigilanza sulla scena che si stava
svolgendo. Noto man mano che avanzavano:
un asino, tre pecore, un caprone, un maiale,
due cani, cinque gatti, tre galli, tre galline,
due oche, un tacchino e due pavoni, che,
incuranti della presenza a loro “estranea”, si
avvicinavano
alla
fontana
parlando
normalmente
con
voci
umane.
Si
raccontavano di come avessero trascorso
meravigliosamente l’anno passato con i loro
padroni che erano stati buoni e comprensivi
verso loro. Le galline dicevano che poiche
avevano fatto molte uova, i loro padroni le
davano da mangiare di piu. I gatti
raccontavano di quanti topi avessero
acchiappato nei terreni dei loro padroni. I
due cani di come avessero sventato un furto
nella casa dei loro padroni. E via dicendo... il
trisnonno rimase attonito e stupito. Credette
di sognare ad occhi aperti e piu volte si
pizzico il braccio tentando di svegliarsi.
Quando si rese conto che era sveglio senza
disturbare i “visitatori” stette ad osservare
cosa successe. Da l i a poco tutti
contemporaneamente si abbeverarono alla
fontana e non curandosi della presenza
dell’uomo, stettero ben poco e se ne
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andarono cosi come erano arrivati.
Vedendoli scomparire nel buio della notte e
sentendo le loro “voci” e sentendole sempre
meno, rimase li stupito e meravigliato. Ad
un certo punto ando per sciacquarsi il viso
per riprendersi e noto che l’acqua non era
piu acqua che sgorgava dalla fontana. Non
potete immaginare la felicita dell’uomo
quando capi cosa stesse sgorgando a fiumi.
Olio. Tentando disperatamente di utilizzare
la “vummulicchia” mezza rotta ne raccolse
quanto la stessa ne potesse contenere. Corse
subito a casa e cercando di prendere altri
contenitori per raccogliere altro olio, entro
euforico e frenetico e senza dare spiegazioni
a nessuno di quanto stesse accadendo, si
diresse verso la fontana assieme ai suoi sette
figli con vari contenitori. Grande fu la
delusione di lui e dei figli. Poiche quando
arrivarono alla fontana, dalla stessa, non
sgorgava piu olio, bensi acqua. Cercando di
spiegare ai figli quanto gli fosse accaduto
durante quel breve periodo di tempo e che a
lui gli sembrava che fosse passata una
eternita, racconto degli animali, dell’olio e di
tutta la situazione che aveva vissuto sia a sua
moglie quanto ai suoi figli. Gli stessi gli
credettero, poiche, l’olio che porto a casa, era
olio di oliva, e non era acqua. Da li, narra la
leggenda, che ogni anno chi andava in
groppa su una mula o a cavallo, fra la notte
del 5 e del 6 di gennaio, potevano aspettare
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che il famoso momento magico degli animali
e dell’olio, si verificare. Ecco perche si narra
che non bisogna mai bestemmiare agli
animali poiche gli stessi possono essere
riconoscenti nei confronti dell’uomo tramite
questi passaggi. Ancora oggi si pensa che e
possibile assistere a questo momento
magico. V’e solo un problema: “i’ra fischia” e
stata tolta e gli animali non sapendo dove
andare ad abbeverarsi non possono riunirsi
tutti insieme. Stupefatti, meravigliati e
sorpresi, i bambini che ascoltavano questo
straordinario racconto di Massa Santo, lo
tempestavano di domande per conoscere piu
dettagli. Da lontano, nel frattempo, Vincenzo
insieme agli altri bimbi, si erano avvicinati al
gruppetto di fanciulli li riunitisi per ascoltare
il buon vecchio Massa Santo. Chiedendo agli
altri cosa loro avesse raccontato, Vincenzo
voleva avere piu informazioni. Ed ecco
perche quando ritorno a casa volle sapere
dalla mamma ulteriori notizie. Con molto
affetto lo prese in braccio, lo mise sulle sue
ginocchia, e accarezzandolo con l’amore di
una mamma che nutre verso il proprio figlio,
gli racconto la storia cosi come a lei gliela
avevano raccontata. Vincenzo, quel giorno,
fantastico con la sua mente su cio che aveva
ascoltato, e, il giorno dopo, ando al mare con
i suoi zii. Lo consideravano come un figlio.
Col passare del tempo, Vincenzo cresceva
vispo ed intelligente. Nel mese di dicembre
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del 1976, da li a poco, non sapeva che la sua
vita sarebbe cambiata. Non poteva saperlo
ne lui, ne la sua famiglia e nessun altro, se
non i suoi “Creatori”. Quel particolare
episodio che gli sarebbe successo gli avrebbe
donato, con il tempo, la forza interiore che
gli avrebbe consentito di infondere fiducia e
sicurezza nelle persone. Il 2 dicembre 1976,
Vincenzo, viveva il periodo prenatalizio
pregustando il momento in cui avrebbe
ricevuto i regali, poiche il pensiero era gia
rivolto al momento ludico con i regali che
avrebbe ricevuto a Natale. Non sapeva che
avrebbe ricevuto un regalo piu grosso di
quanto lui potesse immaginare. Quel giorno
ando a giocare nell’atrio del portone con altri
bambini, abitanti del palazzo dove lui era
nato. Vincenzo, nacque il 9 luglio del 1972
alle 7.00 del mattino di una giornata
fantastica del mese estivo. E nacque al terzo
piano tramite l’ostetrica, assistita dalla
nonna di Vincenzo, mamma di Maria,
insieme al dottore, che fece partorire la
stessa, come si partoriva una volta. Poiche in
quel giorno che stava giocando con quei
bimbi, lui preferiva scambiarsi i suoi
giocattoli con altri. Quel pomeriggio, sua
mamma, Maria, gli fece una crostata di
marmellata che gusto con una buona tazza di
te. La sera, suo papa Pasquale, rientrando gli
porto un bel giocattolo. Era un robot, di
quelli che facevano vedere in pubblicita, in
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televisione. Aveva uno scomparto nel retro
ove inserendo delle batterie a stilo riusciva a
muoversi ed a sparare finti proiettili di
plastica. Si accendevano delle lucette, tanto
da incantare il piccolo Vincenzo, nel vedere
quel robot. Gioco sino a stancarsi, tanto che
si mise a dormire sul pavimento. Il papa,
vedendolo cosi assopito, lo prese fra le sue
braccia e delicatamente lo porto nella sua
stanzetta rimboccandogli le coperte. Due
giorni piu tardi, i suoi zii, Francesco e
Candida, andarono a prendere il piccolo
Vincenzo la mattina del 4 dicembre a casa
dove abitava in via Vittorio Emanuele.
Dissero che la sera lo riavrebbero riportato a
casa da mamma e papa. Questo non capito.
Quel giorno Vincenzo ando a casa dai nonni.
Nonna Francesca e nonno Vincenzo
volevano molto bene al piccolo Vincenzo,
essendo il primo nipote, lo colmavano di
attenzioni, di coccole e di regali. Nonna
Francesca soleva preparargli, ogni qual volta
andasse a trovarla, dei dolcetti tipici
calabresi di cioccolato con le mandorle, ed il
piccolo Vincenzo ne mangiava quanti piu ne
potesse. Quel giorno zia Candida chiese al
piccolo Vincenzo cosa preferisse mangiare a
pranzo. Vincenzo chiese alla zia di poter
avere un bel piatto di pasta asciutta. Per il
piccolo Vincenzo credeva che per pasta
asciutta si intendesse proprio pasta asciutta,
ossia pasta in bianco. Purtroppo, la zia non
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comprese questa interpretazione di Vincenzo
e gli presento a pranzo un piatto di pasta
asciutta, ossia col sugo. Da quel momento
Vincenzo capi cosa significasse dire pasta
asciutta. Nel pomeriggio fece un pisolino nel
letto dove dormiva zia Candida, e, mentre lui
riposava nonna Francesca e nonno Vincenzo
erano in cucina parlando di come fosse
andata bene la raccolta di mandarini dato
che nonno Vincenzo aveva un giardino. Piu
volte Vincenzo era andato a giocare al
giardino che si trova nella zona di “i'
Ferrainj”. Ricorda di quando al giardino
c'era la piccola cagnetta Diana e di come
giocava con lui. Ricorda dell'aneddoto del
gallo, della dentiera e del nonno. Si, perche
un giorno nel mese di novembre del 1976,
Vincenzino, era insieme al nonno Vincenzo
in campagna, e quel pomeriggio nonno
Vincenzo, seduto sulle scale, che portavano
alla casetta di campagna, guardava razzolare
questo gallo. Piu lo guardava e piu il gallo si
avvicinava al nonno. Vincenzino, ricorda che
ad un certo punto il gallo, senza nessun
preavviso, scatto con un salto fulmineo e
becco sulla bocca nonno Vincenzo tanto da
fargli saltare la dentiera. Potete immaginare
la scena, tanto quanta l'ha vissuta il piccolo
Vincenzino. (aggiungi ulteriori dettagli per
chiudere
l'aneddoto).Nonna
Francesca
chiedeva se fosse possibile fare un piccolo
orticello, piantando un po’ di pomodori e
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melanzane, in maniera tale da avere verdura
fresca. Quel pomeriggio v’era una aria calma.
Era proprio il caso di dire “la quiete prima
della tempesta”. La sera, anziche riportare a
casa il piccolo Vincenzo, zia Candida,
telefono alla mamma di Vincenzo riferendole
che il piccolo avrebbe dormito a casa dei
nonni.
Volle
il
piccolo
Vincenzo
inconsapevolmente ringraziare il buon
Signore di avere dormito quella fatidica sera
a casa dei nonni, perche, se cosi non fosse
stato, la sua vita sicuramente si sarebbe
evoluta in maniera differente. La mamma di
Vincenzo, Maria, non voleva che suo figlio
dormisse a casa dei nonni, e dopo tanta
insistenza e convincimenti da parte di zia
Candida, mamma Maria, a malincuore,
accetto di far dormire Vincenzo dai nonni.
Da li a breve sarebbe successo cio che e
successo. La mattina Vincenzo quando si
alzo, bevve una grande tazza di latte con
caffe, cosi come a lui piaceva. La nonna gli
prese dei biscotti che aveva preparato in
mattinata. Avevano un sapore molto
particolare. Ricordava il gusto della
ciambella con scaglie di cioccolato ed il retro
gusto del famoso “culluriello”. Dopo aver
fatto colazione, vennero i suoi amici del
cuore. Due fratelli che abitavano a
pianterreno della casa dei nonni. Franco il
piu grande, aveva otto anni, e Giovanni, il
piu piccolo, ne aveva quattro. Ogni qual
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volta Vincenzo andasse a trovare i nonni, si
divertivano a giocare con lui, proprio perche
era sempre allegro e vispo, pieno di iniziative
nel creare nuovi giochi. Quella mattina, a
differenza delle altre volte, fu Franco a
proporre un gioco. Il nascondino. Cosi
facendo Vincenzo e Giovanni si nascosero
sotto il letto grande dei nonni. Era una
stanza di dimensioni 4 x 5 metri. Sul lato in
corrispondenza della porta, v’era un vecchio
como con sei cassetti ed una specchiera di
tipo antico con dei richiami ottocenteschi.
Adiacente al como, sulla parete successiva
v’era la finestra che dava in un vicolo e
dirimpetto v’erano altre abitazioni. Subito
v’era un armadio di notevoli dimensioni con
tre specchiere e subito sull’altra parete v’era
il balcone che dava su un terrazzo di
dimensioni 2,5 x 2 metri. Continuando v’era
il letto grande dove i miei nonni dormivano
e, proprio la sotto io e Giovanni ci
nascondemmo, mentre Franco cercava di
trovarci. Nel frattempo Giovanni e Vincenzo
cercavano di trattenere il piu possibile le
loro risa, onde evitare di farsi scoprire subito
da Franco. Si raccontavano che il giorno
precedente Giovanni avesse mangiato pasta
e fagioli e di quante scuregge avesse fatto nel
pomeriggio. Questa frase fece ridere cosi
tanto Vincenzo, che vennero subito scoperti
da Franco. Usciti da sotto il letto, come tutti
i bambini curiosi, Franco incomincio a
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rovistare nei cassetti del como. Quel giorno,
proprio quel giorno, volle il caso che in quel
momento in casa v’erano solo Franco,
Giovanni e Vincenzo. Nonno Vincenzo era
andato in campagna, zia Candida era uscita
la mattina raccomandando a nonna
Francesca di stare vigile su di me. Zia
Federica, l'altra zia, era andata con il suo
fidanzato Benedetto a fare la spesa, e nonna
Francesca era scesa nel vicoletto sotto casa a
parlare con alcune vicine di casa, lasciando
temporaneamente la casa incustodita.
Ringraziando ancora il “Creatore” quel
giorno capito cio che capito a Vincenzo.
Rovistando fra i cassetti Franco trovo un
oggetto. Nonno Vincenzo avendo paura dei
ladri, cosi come ogni calabrese, aveva una
pistola in casa. Ora quella pistola si trovava
in uno di quei cassetti. E mentre Franco
rovistava in uno di quei cassetti, venne alla
luce, seminascosta da un panno, la pistola
calibro 7,65 della Beretta. All’epoca tali
pistole erano senza sicura e col colpo in
canna. Volle il caso che quella pistola in quel
momento fosse incustodita. Cosa successe?
Franco prese in mano la pistola, Giovanni
era sul lato destro di Franco e sul lato
sinistro v’era il como. Io, mi trovavo di
fronte a Franco con le spalle rivolte alla
finestra vicino al como. Franco con la pistola
in mano, credendo che fosse un giocattolo,
anziche portarla alla testa di Giovanni che
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era piu vicino a lui, me la punto alla testa, da
una distanza di un metro. Scherzando ed
ignaro di cosa sarebbe accaduto di li a breve,
mi disse: “Ora ti sparo”. Rosso. Rosso e
caldo. Rosso, caldo e freddo. Rosso, caldo,
freddo ed un tonfo. Questo e cio che
Vincenzo avverti li per li. Si. Fui sparato da
Franco il 5 dicembre 1976 alle 10 del
mattino. Vincenzo cadde a terra. Nessuno
senti niente. Subito, atterrito, quanto
incredulo di cio che involontariamente aveva
fatto, Franco butto la pistola per terra; ed
assieme a Giovanni corsero giu a casa dalla
mamma. (testimonianza di: Pasquale,
Vincenzo, Mamma di Vincenzo, mia
mamma, mio papa, mie zie, conoscenti di
quel posto) Atterriti, rimasero scioccati per
quasi 20 minuti senza parlare, nonostante la
mamma chiedesse loro cosa fosse successo.
Ero per terra e perdevo sangue, tanto sangue
dalla testa. Una pallottola nel mio
cervello. Il proiettile gli era entrato proprio
nel centro della fronte, poiche Franco
essendo piu alto di 15 cm di Vincenzo, aveva
sparato il colpo dall’alto verso il basso e
quindi la traiettoria che il proiettile aveva
seguito era in perpendicolare con l’asse del
braccio di Franco. Nonna Francesca ignara
di quanto fosse accaduto, e non avendo
sentito nessun rumore, continuava a parlare
con le sue vicine di casa nel vicoletto.
Intanto, la mamma di Franco e di Giovanni
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spaventata dai loro volti attoniti, bianchi ed
assenti continuava a chiedere loro che cosa
fosse capitato. Finalmente il piu grande,
Franco, disse: “Vincenzo, si e sparato.”
Subito usci di casa e gridando chiamo la
nonna Francesca, che era nel vicoletto.
Salirono le scale di corsa con il cuore in gola,
che scoppiava, sembrava che volesse uscire
dallo sterno. Quando arrivarono nella stanza
da letto, lo spettacolo che trovarono non fu
per niente piacevole. Quel giorno avevo una
camicia di colore blu e bianco a maniche
lunghe. Una camicia di lana, data la
temperatura invernale. Un pantalone lungo
con i risvolti sulle scarpe colore terra del
deserto. E sopra la camicia un maglioncino
fatto a mano dalla buona nonna Cristina,
mamma di mamma Maria. Nonna Francesca
gridando aiuto si butto per terra e cerco di
chiamare il piccolo Vincenzo affinche si
svegliasse. Lo scuoteva. Presa dal panico
cerco di alzarlo e di metterlo sul letto. La
mamma di Franco e di Giovanni evito di
farle fare bruschi movimenti verso Vincenzo.
Cerc o
di
tranquillizzarla,
momentaneamente,
affinche
potesse
ritornare in se. La mamma di Franco subito
telefono all'ospedale per fare arrivare i
soccorsi con l’autombulanza. Mamma Maria
stava cucinando tranquillamente il piatto
preferito di Vincenzo, poiche a pranzo gli
avrebbe fatto una bella sorpresa. Cotolette di
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pollo con patatine fritte e contorno di
pomodori ed insalata. Mentre apparecchiava
la tavola pronta ad accogliere suo marito e
suo figlio, Pasquale, questo il nome del
marito, che arrivo come un fiume in piena,
in casa, sconvolto dicendo che Vincenzino
era in ospedale perche si era fatto male.
Mamma Maria non capendo cosa fosse
successo, chiese spiegazioni a Pasquale, che
la porto subito al pronto soccorso
dell’Ospedale di Corigliano Calabro. Li la
scena fu devastante. Vincenzino era su un
lettino di pronto soccorso, con dei medici
che gli stavano attorno chiedendo cosa fosse
successo al bimbo, perche aveva quella ferita
cosi profonda, chi o cosa fosse stato a
provocargli tutto questo. Dal momento in cui
Franco mi sparo al momento in cui mia
nonna e la mamma di Franco vennero a
soccorrermi, passo mezzora. Mezz'ora.
Mezz'ora che il mio sangue bello e forte
sgorgava come un fiume in piena. Nel
vicinato incomincio a spargersi la voce di cio
che era successo ed ognuno dava una
versione differente a chi chiedeva cosa fosse
accaduto. Caspiterina, ragazzi a distanza di
36 anni, ancora ricordo queste emozioni e
queste sensazioni come se fosse accaduto
ieri. E li ricordero per sempre. Sono entrate
nei miei tessuti, nel mio DNA. Dal momento
in cui la mamma di Franco chiamo
l'ambulanza, sino a quando arrivo a “Cirrije”,
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la zona dove era la casa dei miei nonni
paterni, passo un'altra mezz'ora. Un'ora.
Un'ora in totale a perdere sangue. Quante
persone mi abbiano donato il loro sangue
questo non lo so. Ma so che ce ne volle tanto.
Stavo per morire dissanguato, anziche dal
proiettile che era conficcato nel mio cervello.
Dovete sapere che il cervello puo resistere ad
un trauma del genere, massimo cinque
minuti. Dopo di che le attivita cerebrali
cessano e di conseguenza cessano le attivita
cardiovascolari. In buona sostanza si ferma
il cuore. Tutto questo e strano. Adesso io so
perche sono rimasto in vita. A livello medico
nessuno ha saputo dare una spiegazione
logica e scientifica di come io abbia potuto
rimanere in vita, seppur avevo una pallottola
conficcata nel mio cervello, per la precisione
sotto l'ippocampo. Vi rendete conto? Un'ora
a perdere sangue e sono rimasto vivo.
All'epoca si parlo di miracolo. Adesso so che
non e stato un miracolo. Quando arrivai al
pronto soccorso, alle domande dei medici su
cosa fosse accaduto nessuno diede loro delle
risposte. Nel frattempo cercavano di
tamponare il sangue che sgorgava a fiumi
dalla testa di Vincenzino e, lo stesso ad un
certo punto, miracolosamente, riapri gli
occhi, vedendo alle sue spalle una
moltitudine di persone che piangeva, si
disperavano, che erano abbracciate, e non
riusciva a capire cosa stesse succedendo.
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Sulla sua sinistra v’era la mamma di Franco
e di Giovanni che gli teneva la mano sinistra
mentre sulla sua destra v’era il medico che,
assieme agli infermieri di turno, cercavano
di tamponare la grossa perdita di sangue.
Vincenzino ad un certo punto disse che
voleva la mamma per andare a fare la pipi, e
dopo avere ascoltato la mamma di Franco
che gli diceva che sarebbe andato al bagno e
che la mamma lo avrebbe voluto bene,
chiuse dolcemente gli occhi. Vedendo che
non potevano fare niente, subito i medici del
pronto soccorso chiamarono l’elicottero del
policlinico di Bari, che a causa del
maltempo, lo stesso non pote alzarsi in volo.
Vedendosi disperati e cercando di trovare
nel piu breve tempo una soluzione, decisero
di trasportarlo fino a Bari il piccolo
Vincenzo, appeso fra la vita e la morte da un
filo fragilissimo, con l’autombulanza, ove
nella stessa vietarono a mamma Maria di
salire assieme, la quale si disperava ed
urlava chiedendo spiegazioni. Nel frattempo
gli zii di Vincenzo cercavano di dare
spiegazioni alla meglio ai Carabinieri, che
nel frattempo erano stati chiamati dai
medici dell’ospedale per indagare su quanto
fosse accaduto. La pattuglia della squadra
radio-mobile del Nucleo Operativo dei
Carabinieri
del
Comando
arriv o
prontamente, e l’Appuntato Chiarelli stilo il
verbale dopo vari accertamenti ed il
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sopralluogo
effettuato
sul
posto
dell’accaduto. Rinvenirono la pistola, che fu
messa sotto sequestro, chiedendo chi fosse il
proprietario e portando subito dopo nonno
Vincenzo in prigione per mancanza di
custodia
dell’arma.
Nonno
Vincenzo
incredulo di cosa gli stesse succedendo, si
sincerava di sapere le condizioni di salute del
suo piccolo nipotino. Tutti quel giorno erano
in subbuglio. V’era il caos. Nei corridoi
dell’ospedale si vociferava che un bimbo si
era sparato da solo, non si capiva cosa fosse
accaduto. La notizia ben presto arrivo alla
stampa, che il 6 dicembre, fece uscire un
articolo su un giornale locale di Bari.
Durante il trasporto da Corigliano a Bari,
non si sapeva se il piccolo Vincenzo ce
l’avrebbe fatta. Gli infermieri all’interno
dell’autoambulanza cercavano di assistere
nel migliore dei modi il piccolo Vincenzo, ed
all’interno, un amico di famiglia al quale era
stata data l'opportunita di assistere il piccolo
durante il tragitto, continuava a parlarmi
affinche mi tenesse costantemente vigile. È
probabile che devo anche a lui la mia vita,
perche sicuramente mi avra talmente parlato
in modo positivo tanto da istallarmi delle
convinzioni a livello inconscio che io mi sarei
potuto salvare. Devo tanto a lui. Il suo nome
e Giulio. Intanto mamma Maria si disperava
in pronto soccorso, non sapendo cosa fare, e
fra l’altro aveva lasciato l’altro figlio, mio
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fratello, Matteo, di un anno, alla nonna
Cristina, madre di mamma Maria. Nonna
Francesca e nonno Vincenzo provarono a
dare spiegazioni frastagliate e confuse, tanto
da generare ulteriormente sgomento e
disperazione.
Nessuno
dei
presenti,
nonostante
fossero
a
conoscenza
dell’accaduto, sapeva esattamente cos’era
successo, ne molto di piu si capisce dal
referto che ho rinvenuto 34 anni piu tardi,
nell’archivio dell’ospedale di Corigliano
Calabro. Ho sempre voluto sapere cosa
realmente accadde. Al Policlinico di Bari
v'era un'equipe medica composta da tre
chirurghi, che mi stava gia aspettando.
Quando fui portato al pronto soccorso di
Corigliano Calabro erano le 11 e 30. Quando
partii con l'autoambulanza per avere piu
cure mediche erano le 13:00. Ci vollero tre
ore e mezza per arrivare al Policlinico. Entrai
in sala operatoria alle 16:45. Nove ore. Nove
interminabili ore stetti sotto i “ferri”. Nel
frattempo mi raggiunsero i miei genitori.
Adesso che ti sto raccontando questa storia,
che ho vissuto sulla mia pelle, posso
semplicemente dirti che dentro te alberga
un'energia straordinaria. Ecco, l'Universo,
quando si rende conto che hai una missione
da compiere, fa in modo tale che tutte le
energie che convogliano in esso, possano
confluire verso di te, affinche tu possa
concretizzare cio per cui sei stato scelto. Se
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sono in vita un motivo ci deve essere. Se mai
mi fossi deciso di scrivere questo libro, mai
tu saresti venuto a conoscenza di chi sia io e
del perche convivo piacevolmente con una
pallottola nel mio cervello. Sappi che tu hai
un potenziale enorme, occorre solo che lo
scopri. Un grande stratega della storia,
Winston Churchill, soleva dire: “Sono sicuro
che in questo giorno noi siamo padroni del
nostro destino, che il compito che ci e stato
affidato non e superiore alle nostre capacita,
che le sofferenze e le insidie che comporta
non trascendono i nostri mezzi. Se avremo
fede nella nostra causa e un'indomita
volonta di vittoria, la vittoria non ci sara
negata”. Ma su questo aspetto ci ritorneremo
piu avanti. Dove eravamo rimasti? Ah, si.
Ero sotto i “ferri” e mi raggiunsero i miei
genitori. Giulio mi era stato vicino, per tutto
il tempo in ambulanza. Dovette aspettare
fuori la sala operatoria per sapere l'esito
dell'intervento e se avessi vissuto. Nei
corridoi del policlinico si vociferava di me e
di cio che era accaduto. La notizia si era
sparsa. Il piccolo Vincenzino si era sparato.
Questo era cio che si diceva. Mi rendo conto
a volte di come un messaggio venga distorto
nella comunicazione. È probabile che per
questo motivo da venti anni a questa parte
mi sono dedicato allo studio dell'Essere
Umano e di come comunica in funzione del
suo comportamento. Proprio per questo
motivo ho voluto conseguire
certificazioni
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la potenza di fuoco che ha la
Programmazione Neuro-Linguistica. I miei
genitori arrivarono intorno alle 18 e 30 e
trovarono Giulio, che era nella sala
antistante la sala operatoria. Quelle ore
prima che io uscissi dall'intervento, erano
ore interminabili. Ogni minuto che passava
sembrava che segnasse un anno di tempo.
Sembrava una cosa surreale. Adesso mi sto
guardando la mia mano sinistra e ricordo
quante sofferenze e quanti dolori ho subito
per gli interventi che negli anni ho dovuto
affrontare per “risistemarla”. Solo nel
braccio e nella mano sinistra ho circa 70
punti. Ma fa parte del passato e il passato e
passato. Adesso sono nel presente e mi gusto
ogni secondo della mia vita divertendomi e
gioendo di cio che ho. Mi basta un sorriso di
mia moglie Tina e sono l'uomo piu felice di
questa terra. Anzi dell'Universo. A volte ci
lasciamo sfuggire delle sfumature importanti
per noi, poiche siamo concentrati sui debiti,
sul lavoro, sui soldi, sulla nostra salute, sulla
nostra relazione sentimentale, su cio chi
siamo e su cio che faremo. Se ci fermiamo
per un attimo e ci gustiamo il momento che
adesso stai vivendo, anche nel leggere questo
libro, ti ricordi che sei viva, che sei vivo. Ti
chiedo: “Daresti un tuo rene per un miliardo
di euro?”. Tu sei importante. Dentro di te
alberga una forza straordinaria, occorre solo
saperla indirizzare per bene. In un
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bellissimo passo dell'Ulisse di Tennyson: “Si
e quello che si e... provati dal tempo e dal
destino, ma sempre decisi a lottare, cercare,
trovare, senza arrendersi mai”. Ma di questo
ne parliamo piu avanti. Dove eravamo
rimasti? Mi aiuti a ricordare? Ah, si. Ok!
Grazie del tuo suggerimento, seppur
telepatico. Passavano i minuti ed i miei
genitori insieme ad Giulio non sapevano se
sarei vissuto o sarei morto. L'equipe medica,
cercava in tutti i modi di salvarmi
disperatamente. Piu volte provavano ad
estrarre la “mia pallottola”, ma ogni
qualvolta tentavano, si rendevano conto che
avrebbero danneggiato ulteriormente i miei
collegamenti neurali e la massa cerebrale
avrebbe riportato seri danni anche a livello
intellettivo. In quel momento, nessuno
sapeva se mi fossi salvato, e se mi fossi
salvato come ne sarei uscito. Secondo te
come ne sono uscito io? Se hai intenzione di
vedermi fisicamente, anche se in video, puoi
collegarti su youtube e cercare il mio nome.
Cosi potrai renderti conto come sono fatto
fisicamente e cosa ho riportato come
“miglioria” al mio corpo. Decisero di non
estrarre la pallottola dal cervello di
Vincenzino. Dopo nove ore di interminabile
intervento Vincenzino usci dalla sala
operatoria all'incirca alle due del mattino del
6 dicembre 1976. ma c'era un altro grosso
problema. “Ancora?”, dirai: “Quante ne ha
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passate questo bimbo?” Ne ho passate un bel
po'. Ma fa parte del passato. Ricordi? Credo
che anche tu ne abbia passate, ma il passato
ci serve da esperienza. È dai grossi problemi
che escono fuori delle grosse opportunita. Di
questo devo ringraziare a vita il mio Coach:
Roberto Cere. Grazie a lui che ho pubblicato
questo libro che adesso tu stai leggendo e
grazie a lui che ho corso la maratona piu
importante nel globo: la maratona di New
York. Mai avrei pensato di correre una
maratona in vita mia. Sappi che a causa
dell'incidente la mia gamba sinistra e piu
corta della destra di un centimetro e mezzo.
Quindi avrai intuito che zoppico. Eppure, ho
corso la maratona di 42 chilometri e 195
metri. E l'ho corsa in un buon tempo. È
un'emozione intensa e straordinaria. È da
vivere. Tre milioni di persone che ti
acclamano durante il percorso e ti incitano
per non demordere ed andare avanti. È
straordinario. Per non parlare dell'energia
che ti viene quando tagli il traguardo. Solo
l'un percento della popolazione mondiale
partecipa ad una maratona. Perche? Perche
agli altri piace la comodita e non vogliono
impegnarsi in qualcosa di unico e
meraviglioso che coinvolge mente e corpo,
poiche occorre avere resistenza si nelle
gambe, ma devi essere forte mentalmente se
hai intenzione di partecipare ad una
maratona. Come mai ho voluto correre
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questa maratona insieme a Roberto ed
insieme ad un gruppo di professionisti
straordinari, il quale mi ha dato coraggio,
forza e determinazione per concludere la
maratona? Credo che ognuno di noi nella
vita, debba mettersi in una condizione di
testarsi, per percepire il proprio essere e di
comprendere cosa voglia realmente dalla
vita e da se stesso. Il famosissimo Prof. Paolo
Crepet, cita: “Che cosa e l'essenziale per
ciascuno di noi?” La risposta, credo, sia
molto diversa per ognuno, ma e importante
farcela
con
la
massima
sincerita.
Personalmente risponderei: la passione.
Senza passione non si naviga, si sta fermi,
anzi si torna indietro. Senza passione non si
ama e non ci si ama. Senza passione non si
costruisce nulla, nemmeno un rapporto di
amicizia. E se vediamo di cosa stiamo
vivendo, ci accorgiamo che cio che tendiamo
ad escludere e proprio la passione. Qualcuno
dice che bisogna vivere alla giornata, ma
questo lo si diceva quando l'eta media alla
morte era di trent'anni e si moriva di fame e
di freddo. Purtroppo la passione non la si
compra al supermercato, e non e
annoverabile nemmeno tra i “Finge-benefit”
dei dirigenti. Essa nasce dentro ognuno di
noi e deve essere addestrata ogni giorno
come un purosangue. Ed il bello che non la
si raggiunge mai definitivamente, ma e un
“working-progess” che sfida la parte migliore
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di ognuno. Un motto greco iscritto sul
tempio dell'Oracolo di Delfi in Grecia, cita:
“Conosci te stesso”. Apro una piccola
parentesi. Mi ricordo quando soffrivo di
vertigini. Avevo paura di sporgermi anche da
un balcone al primo piano. Avevo questa
paura probabilmente perche quand'ero
piccolo, e probabile che ci sara stato un
episodio in cui abbia avuto un trauma legato
all'altitudine. Pensa a quante persone hanno
paura di un qualcosa. Da solo ho imparato a
vincere le mie paure: affrontandole. Come
ho fatto a vincere la paura delle vertigini?
Affrontandola nel migliore modo possibile.
Mi sono lanciato da un ponte alto 153 metri,
facendo bunjee jumping, dal centro della
Sector no limits a Biella, in provincia di
Torino, da uno dei ponti piu alti di Italia:
Colossus. Il bello e che mi sono lanciato dal
ponte in tandem, con una mia amica che era
all'oscuro di tutto questo. Vuoi sapere se ha
funzionato tale terapia d'urto? Il piccolo
Vincenzino, alle due del mattino esce dalla
sala operatoria e ad aspettarlo ci sono i suoi
genitori e c'e Giulio, ma hanno ancora una
brutta sorpresa. È vivo ma e in coma. Non si
sa se superera il coma e ne quanto tempo
stara in coma. “Occorre affidarsi alla
preghiera”, dicono i medici ai presenti. Dal
latino precaria, preghiera significa ottenuto
con pensieri personali. Ottenuto con pensieri
personali. Il mio mito, Gesu, grande Guida,
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soleva dire: “... pensieri, parole ed azioni...”.
Cioe, con i pensieri che si coagulano in
parole orali o scritte, si concretizza
un'azione. Quante volte mi sono detto:
“Voglio ottenere questo.” E poi non sono
stato capace di realizzarlo. Come mai?
Semplice, non ho prodotto un'azione
continua e costante che mi portasse al
conseguimento di un obiettivo, di un
qualcosa che voglio realmente conseguire,
raggiungere e goderne. Ed i miei genitori
pregarono e pregarono tanto. Tutti
pregavano per me. Tutti. “Mi sono trovato
in un prato immenso, a piedi nudi. Vedevo
dei fiori meravigliosi che emanavano un
profumo inebriante. Ero estasiato da quel
luogo. Un posto incantevole, meraviglioso,
stupendo. Di fronte a me in lontananza,
maestose delle montagne innevate che con
le loro vette più alte toccavano il cielo blu,
incommensurabile. Delle nuvole bianche
sublimi, si muovevano cambiando forma in
men che non si dica. Chiunque le ammirava
poteva vedere ciò che più gli piaceva. E lì,
un sole caldo, brillante, maestoso,
infondeva pace e tranquillità a chiunque.
Ero tranquillo. Correvo a piedi nudi in
questa immensa distesa di manto fiorito ed
erboso. Mi rotolavo, facevo le capriole,
saltavo sui sassi che accoglievano
piacevolmente le piante dei miei piedini. E lì
vicino, c'era un ruscelletto. Acqua fresca che
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mi dava quel senso di vita. Sono vivo.
Correvo nel ruscelletto e tutta l'acqua che
schizzava e bagnava tutto il mio corpo,
dandomi una straordinaria sensazione di
benessere.
Vedo
i
pesciolini,
che
accarezzano le mie caviglie e guizzano fra
di esse. Sono variegati. Sono di mille colori.
Dalle forme più piacevoli che io abbia
potuto vedere. Ha dei rami che sembrano
delle grandi braccia che ti vogliono
accogliere: La Grande Quercia. L'Albero
della Vita. Mi aspetta. Esco dal ruscelletto e
mi dirigo verso questo possente arbusto.
Più mi avvicino e più mi rendo conto di
quanto sia maestosa questa meravigliosa
pianta. Altissima questa quercia. Non so,
forse 30 metri o forse più. La circonferenza
del suo tronco per poterla abbracciare
credo che occorressero più di 170 persone.
Appena sono sotto il suo fogliame mi rendo
conto di una sensazione meravigliosa:
coraggio. Mi sento coraggioso, mi sento
energico, mi sento forte, mi sento vivo, mi
sento io. Subito abbraccio il tronco con tutto
il mio corpicino e la prima cosa che
percepisco è di essere un tutt'uno con essa.
Ascolto la linfa che scende e sale nel tronco
della grossa quercia, dell'albero della Vita.
Il vento che passa tra i rami della Grande
Quercia, muovendo le foglie, mi induce ad
accogliere il messaggio che mi vuole
trasmettere. Faccio parte del tutto. Sono
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collegato con il tutto e con tutti. Mi parla,
mi racconta la sua storia. È sempre stata lì
e rimarrà per sempre lì. E mentre mi
racconta la sua storia e di ciò che ha vissuto
e di ciò che dovrà vivere mi rendo conto che
la sua linfa si trasferisce nel mio sangue,
facendomi diventare un tutt'uno con essa. È
una sensazione magica, sembra che sto
levitando. Sono parte di essa e lei è parte di
me. Vedo ciò che vedo, ascolto ciò che
ascolto, percepisco ciò che percepisco. E mi
proietta nel passato, nel presente e nel
futuro. Mi fa vedere cosa ho fatto, cosa
faccio e cosa devo fare. Mi guida e mi
rassicura che è sempre con me, anche
quando credo che io sia da solo. Mi dice che
riesco a realizzare quello che voglio e questo
mi fa sentire ancora più forte e
determinato.
Poi,
dolcemente
e
delicatamente, come se fosse una mamma
che accompagna per mano il suo bimbo a
guidarlo nei primi passi per insegnargli a
camminare, mi lascia gradualmente la sua
mano per camminare da solo, ma io so che
lei, è sempre con me. Mentre la saluto e
ricevo il suo accenno dai suoi grossi rami
che si muovono ondeggiando in una danza
armoniosa, mi dirigo verso un portale.
Sembra un arco stile romano, a mo' del
Colosseo. Da questo portale esce una luce
bianca, intensa, luminosa. Ne sono attratto.
Ne rimango incantato. Mentre mi dirigo
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verso questo portale, vedo che al di là del
ruscelletto che è alla mia sinistra, c'è un
binario. Tutt'ad un tratto odo un treno che
proviene dal retro delle mie spalle.
Voltandomi, noto una donna con i capelli
lunghi e neri, una donna bellissima, che
affacciandosi da un finestrino di una
carrozza di questo treno, alza il braccio
destro e con la mano mi saluta. Ed il treno,
passa velocemente. Non capisco come mai
mi abbia salutato. Mi dirigo verso questo
portale. Mi sento sempre più attratto. Devo
assolutamente attraversarlo. Mentre corro
in questo straordinario luogo, percepisco la
rugiada che accarezza i miei piedini. E più
mi avvicino a questo portale e più mi rendo
conto che sto andando verso qualcosa di
magico, di unico, di eccezionale. 30 metri.
Vedo le montagne innevate di fronte a me.
15 metri. Ascolto il vento che culla la mia
pelle. 5 metri. Percepisco la linfa della
Grande Quercia dentro di me. 1 metro. Sono
quasi lì. 8 centimetri. Nel mentre che sto
per varcare il ciglio del portale ed il fascio
luminoso avvolge tutto il mio essere, mi
sento abbracciare dietro le mie spalle, da
una donna, la quale non ho visto il suo
volto, e mi sussurra nell'orecchio sinistro:
“Ancora non è il tuo momento...” Mi sono
svegliato dal coma l'11 dicembre del 1976 alle
10 del mattino in un letto dell'ospedale nel
reparto di medicina del Policlinico di Bari.
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Vicino a me, al mio risveglio, c'e mia
mamma e mio zio, il fidanzato di zia
Candida. Piange di gioia, mia mamma.
Chiedo a mio zio, perche piange. “Gli e
andato un moscerino negli occhi”, mi
risponde. Voglio che tu ora che stai leggendo
queste righe, comprendi cosa sia la Vita. Piu
in la capirai che ho rischiato la vita sette
volte e ti racconto anche come sono riuscito
a salvarmi inconsapevolmente. Homo faber
fortunae suae (L'uomo e artefice del proprio
destino – Sallustio – I sec. a. C.). Ricordati:
TU sei padrone del tuo destino e se avrai la
fede e la volonta di vincere, la vittoria nella
tua personale battaglia non ti sara negata. Io
la mia battaglia l'ho vinta piu di una volta, ed
adesso che mi volto indietro nel passato,
vedo quanta gioia ho avuto nell'affrontare le
avversita che mi si sono superate. Mentre
c'erano dei miei amici che si sbucciavano ad
un ginocchio e piangevano andando dalla
mammina per un piccolo graffio, all'eta di 4
anni venivo sparato e dovevo affrontare
anestesia totale, coma ed altro. Mentre dei
miei amici all'eta di sette anni venivano
burlati dai loro compagni di gioco, io dovevo
fare terapia per riabilitare il braccio sinistro
e la gamba sinistra. Scusa, ma adesso mi sto
auto-commiserando. No! Assolutamente
lungi da me. Ho un'energia che a solo
leggere queste righe tutte le cellule del tuo
corpo vibrano ed io sto percependo adesso,
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in questo preciso momento, la tua
vibrazione. Ricordati: siamo collegati tutti.
Tutti siamo un tutt'uno. Il tutto e in noi e noi
in lui. Quante volte ti e capitato di essere
particolarmente calmo e sereno ed
armonioso e non ti sei mai spiegato perchen
avvenisse tutto questo? In quel momento eri
in contatto con te stesso ed eri in contatto
con tutto cio che ti circondava. Diciamo che
eri in “collegamento” con il mondo, con la
natura, con gli animali, con la VITA. Siamo
presi dalla frenesia, dall'andare in ufficio e
produrre piu risultati economici, perche il
successo si misura da quanti soldi hai e da
cio che hai prodotto. Questo e cio che ci
hanno insegnato e cio che ci insegnano. Il
potere logora chi non ce l'ha, dice il senatore
Giulio Andreotti, ed io aggiungo e logora chi
ce l'ha. Cio che e importante, in questo
mondo, in questa vita, e sentirsi gratificati.
Gratificati da chi o da cosa? Sicuramente hai
avuto modo di fare beneficenza o di aiutare
qualcuno a superare una difficolta, oppure a
svolgere qualsiasi altra cosa tu abbia fatto
per sentirti bene con te stesso. Sai e una
sensazione piacevole e meravigliosa. Il motto
dei Cavalieri della Tavola Rotonda e: “Per
servirci l'un l'altro diveniamo finalmente
liberi”. Sono estremamente felice quando mi
sento dire: “Grazie, per quello che hai fatto
per me”. Non c'e somma al mondo che possa
essere commisurata alla sensazione di
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benessere che provo e che ricevo in quel
momento. Molte volte sono io che ringrazio
queste persone che mi hanno offerto
l'opportunita di essere stato per loro un
aiuto. In un passo della Bibbia alla voce
Proverbi 17:17 c'e una frase che cita:
“L'amico ama in ogni tempo, e fatto per
essere un fratello nella sventura”. Io credo
che siamo stati creati per essere fratelli e
sorelle
tutti,
ma
soprattutto
per
comprendere il messaggio universale che
ognuno di noi ha dentro se stesso, per
poterlo condividere col prossimo. Purtroppo,
sin da piccoli ci insegnano alla competizione,
alla sfida, all'essere egoisti. Questo ha ucciso
la nostra creativita. Ritrova te stesso! Lao
Tzu diceva: “Chi conosce gli altri e sapiente,
chi conosce se stesso e illuminato”. Pensate
che al piccolo Vincenzino, quando si sia
svegliato dal coma abbia detto: “Ma perche
sono in questo stato o in questa condizione?”
Non si curava minimamente di cio che gli
era accaduto, perche era vivo. Ma ritorniamo
al 6 dicembre del 1976 e leggiamo cosa
successe dopo. Ti va? Mamma Maria
abbraccio il piccolo Vincenzino, il quale
frastornato ancora dai residui dell'anestesia
non si capacitava di cio che era accaduto e
del perche si trovava all'ospedale. Mamma
Maria era felice che il piccolo Vincenzino era
salvo. Quante ne ha passate mamma Maria,
e quante ne ha passate il piccolo Vincenzino.
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2 centimetri sotto l'ippocampo. Solo a due
centimetri di distanza si era fermata la
pallottola. Aveva attraversato il mio cervello
e si e fermata li. Aveva preso tutta la parte
destra del cervello che comanda la parte
sinistra del corpo. Il piccolo Vincenzino si
ritrovava in quel lettino del Policlinico di
Bari, che aveva perso le funzionalita del
corpo: non riusciva piu a muovere le gambe
e la mano sinistra. Gli occhi erano incrociati
e vedeva malissimo. I medici dissero alla
mamma di Vincenzino che il piccolo non
avrebbe piu camminato e che avrebbe visto
male a vita. Cosi non fu. Volli, e volli sempre,
e fortissimamente volli (V. Alfieri – 17491803). Il Papa di Vincenzino, Pasquale, era a
Corigliano perche oltre che andare a lavorare
per mandare il sostentamento al piccolo
Vincenzino ed alla mamma, doveva
occuparsi anche della situazione di nonno
Vincenzo, che nel frattempo era indagato per
avere tenuto la pistola incustodita. Quando
si seppe la notizia che il piccolo Vincenzino
era uscito dal coma, a Corigliano, gli zii, gli
amici ed i parenti tutti gioirono di questa
conoscenza. Dissero: “L'importante e che e
vivo”. Si, vivo ma paralizzato. Nessuna colpa
aveva Franco, il piccolo che accidentalmente
sparo al piccolo Vincenzino. Non poteva
saperlo che era una pistola vera. Non porto
nessun rammarico nei confronti di Franco,
nessun rammarico. Quando ci incontriamo
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ci salutiamo da buoni amici e ci sorridiamo.
Siamo legati l'uno al destino dell'altro. Non
poteva saperlo che quella pistola era vera. Ai
bambini si sa che piace giocare e curiosare.
Due anni dopo sentii una notizia che il
fratellino piu grande, per gioco aveva messo
il fratellino di tre anni nella lavatrice ed
aveva chiuso lo sportello. L'ha messa in
funzione e... Quante cose accadono per
gioco. Ce' chi si salva e c'e chi non si salva.
Possiamo sapere cosa ci accadra fra un
secondo? Fa parte del grande disegno
universale. Siamo tutti su questa Ruota della
VITA e se potessimo prevedere cio che ci
accadrebbe, beh, allora potremmo farci ben
pagare dagli altri per raccontare cio che
vediamo. Una tecnica potente di visualizzare
cio che intendiamo raggiungere puo andare
bene con noi stessi, ma se intendiamo
coinvolgere altre persone a cui vogliamo
bene, molte volte puo capitare che quello che
abbiamo
visualizzato
non
possa
concretizzarsi. Un mio grande amico Andrea
Fargnoli, che adesso e lassu nei cieli, aveva
dei grandi sogni e dei grandi progetti.
Purtroppo,aveva
una
missione
piu
importante da svolgere altrove e per questo
motivo che ha lasciato la moglie Rosi e la sua
piccola Amanda. Io sto imparando a
godermi l'attimo. L'attimo fuggente, come
nel film mirabilmente interpretato da uno
dei miei attori preferiti: Robin Williams.
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Carpediem, soleva dire, cogli l'attimo che
vivi. Secondo te io l'attimo l'ho colto? Tutti i
giorni della mia vita che trascorro li dedico a
vivere la vita intensamente, a farla vivere
intensamente a mia moglie Tina ed ai miei
cari ed amici. Ci perdiamo in noi stessi a
volte e questo ci distoglie nell'ascoltare il
cinguettio degli uccellini, a vedere una
coccinella volare su una foglia, ad ascoltare il
vento che sussurra nell'aria a notare cosa ci
accade intorno. Acutezza sensoriale, la
definisce il mio Coach, nonche amico
Roberto Cere. Siamo troppo presi dalle
nostre cose che non ci lasciamo prendere da
noi stessi. Nel Policlinico di Bari intanto, sia
gli infermieri che i medici tutti, portavano
chi cioccolate, chi regali, chi dolci al piccolo
Vincenzino che si sentiva coccolato ed
accolto da tutti. Mamma Maria ringraziava
tutti. Riposava su una sedia. Quanti sacrifici
ha fatto per me. La ringraziero a vita. Mio
fratello di un anno, Fabio, era accudito da
mia nonna e da mio papa. Mamma Maria
anche se sapeva che non avrei piu visto bene
e non avrei piu camminato, pregava sempre
affinche il piccolo Vincenzino si rimettesse
in forma. Prima dell'incidente, il piccolo
Vincenzino, quando nacque il suo fratellino,
vedeva questa creatura piu piccola di lui
pensando fosse un giocattolo. Un giorno, il
piccolo Fabio che si trovava nel passeggino,
venne scaraventato nelle scale dal piccolo
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Vincenzino, pensando fosse un giocattolo.
Per fortuna il passeggino attuti la caduta del
piccolo, che rimase illeso. Un'altra volta, il
piccolo Vincenzino, prese un pennarello e
poiche gli piaceva moltissimo disegnare non
trovando carta su cui scrivere, disegno sulle
braccia
del
piccolo
Matteo,
scarabocchiandolo tutto. Quando sono vere
le parole di Jim Rohn: “Devi assumerti la
responsabilita personale: non puoi cambiare
le circostanze, le stagioni o il vento, ma puoi
cambiare te stesso.” Sono cambiato
tantissimo nel corso degli anni. Ho imparato
ad imparare, ad ascoltare, a gioire. Ma tutto
questo mi ha insegnato che “La conoscenza
dei propri difetti e l'inizio della guarigione”
(Epicuro – 341 a. C. - 271 a. C.). Sono io il
responsabile di tutto cio che sono e che
faccio nella mia vita. Il piccolo Vincenzino,
riceveva dei piccoli schiaffi da mamma
Maria per avere trattato cosi il fratellino. Gli
faceva
sempre
i
dispetti.
Perche?
Semplicemente per gelosia, perche non
riceveva le giuste cure come prima che
nascesse il fratellino. Ma il piccolo
Vincenzino avrebbe capito piu tardi. Capito
una volta che, quando il piccolo Vincenzino
aveva tre anni, data la sua spiccata
intelligenza e creativita, trovandosi sul
vasino per fare pupu, noto vicino al
lavandino un pennello da barba. Pensando
fosse anch'esso un giocattolo incurante si
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alzo dal vasino, dopo avere fatto la pupu, si
diresse verso il lavandino, essendo basso
cerco di arrampicarsi e con un piccolo balzo
riusci a prendere finalmente il pennello da
barba. Mamma Maria, momentaneamente,
si trovava in cucina poiche stava preparando
il sugo per la pasta e lo stava condendo con
carne macinata e con spezie aromatiche,
prima di andare a controllare se il piccolo
Vincenzino avesse finito di fare i suoi
bisognini. Nel pianerottolo al terzo piano del
palazzo Gallina, sito in Via Vittorio
Emanuele, in Corigliano Calabro, di
rimpetto all'appartamento del piccolo
Vincenzino abitava la famiglia D'Ippolito. La
Sig.ra Italia, il Prof. Armano ed i loro figli
Luigino e MariaLuisa erano persone
straordinarie e splendide. Quando incontro
tutt'ora a Maria Luisa ed a Luigino, ricordo
ancora quando mi facevano giocare con loro
essendo molto piu grandi di 5 e 8 anni
rispetto a me. Quel giorno la Sig.ra Italia
suono alla porta per consegnare a mamma
Maria una ciambella che piaceva moltissimo
al piccolo Vincenzino. I proprietari del
palazzo, i Sig. Gallina erano molto attaccati
al piccolo Vincenzino, poiche lui era nato in
quell'appartamento. Tutti gli inquilini di
quel palazzo consideravano il piccolo
Vincenzino come un proprio figlio. Tutti gli
volevano bene anche se ogni tanto
combinava una delle sue marachelle. Dopo
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che mamma Maria ringrazio tantissimo la
Sig.ra Italia per la ciambella, la poso sul
tavolo in cucina e si diresse nel corridoio per
andare al bagno e prendere il piccolo
Vincenzino per farlo mangiare. Quando apri
la porta, lo spettacolo non era poi tanto cosi
allettante. Nel frangente il piccolo
Vincenzino con il pennello aveva intinto nel
vasino dov'era la pupu ed aveva dipinto tutte
le pareti del bagno, sino dove poteva
arrivare, con la pupu. Povera mamma Maria
che dovette armarsi di tanta pazienza per
ripulire tutto e sistemare il bagno. Quante
cose ho imparato dall'amorevole lezione di
vita che ha saputo mirabilmente inculcarmi
sia mia mamma che mio papa. “L'uomo non
e la creatura delle circostanze, ma sono le
circostanze la creatura dell'uomo”, diceva il
grande Benjamin Disraeli.
Il 12 dicembre ricevette la visita delle zie
Candida e Federica, sorelle del papa
Pasquale, che gli portarono dei bellissimi
regali: cioccolate, caramelle e dei peluche
morbidosi. Giocarono con lui tutto il giorno,
e poiche il piccolo Vincenzino non poteva
alzarsi dal lettino, poiche era sotto
osservazione, cercarono di farlo ridere e gli
raccontavano che tutto sarebbe andato per il
meglio. Nel frattempo mamma Maria
cercava spiegazioni su quanto fosse accaduto
a Candida, la quale le raccontava che era
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stata una fatalita che in quel momento i tre
bambini erano rimasti soli e che non si sia
capito come Franco abbia trovato la pistola.
In modo seppur velato Maria esprimeva la
sua rabbia sull'accaduto e dava le colpe a se
stessa in primi per avere permesso che
quella sera abbia lasciato Vincenzino con
Candida, e poi a nonna Francesca, la stessa
Candida e Federica. Candida capendo la
situazione la lasciava sfogare e cercava di
consolarla come meglio poteva, pur sapendo
che il dolore di una mamma per il proprio
figlio e grande in queste situazioni. La stanza
dove era Vincenzino, aveva delle pareti
bianche. Lo stesso bimbo si chiedeva fra se e
se, come mai sia le pareti della stanza quanto
quelle specie di “giacche” che indossavano i
medici erano bianche. Quel pomeriggio
passo uno dei tre chirurghi che aveva
operato Vincenzino, sincerandosi delle sue
condizioni e scherzando un po' col piccolo.
Vincenzino, noto che poi lo stesso medico si
avvicino a sua mamma ed alle sue zie e che
disse loro qualcosa. Subito dopo vide che
piansero di gioia per cio che era stato loro
detto. Non seppe mai cosa quel medico disse
a sua mamma ed alle sue zie. La vista del
piccolo Vincenzino era limitata poiche la
pallottola aveva creato seri danni al cervello
causando disturbi ai nervi ottici. Il piccolo
intravedeva cio che era distante da lui senza
mettere bene a fuoco cosa accadeva. Mamma
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Maria cercava in tutti i modi di fare distrarre
il piccolino e di sdrammatizzare per quanto
potesse, l'accaduto. La notte fra il 12
dicembre ed il 13 dicembre avvenne quel che
avvenne. Nella notte Vincenzino sogno di
essere insieme ad una bella signora con degli
occhi azzurri e con dei capelli color oro. Si
trovava in un grande parco e v'erano tanti
altri bambini che stavano giocando con i loro
genitori. Chi saltava con la corda, chi
dondolava sull'altalena, chi scivolava sullo
scivolo, chi si rotolava nel prato erboso.
L'aria era tersa e tiepida ed i raggi del sole
colpivano tutte le persone presenti
irradiandoli di armonia e di rilassatezza. Le
risate gioiose galoppavano fra i sorrisi dei
genitori. In un laghetto li vicino dei cigni
maestosi amoreggiavano incrociando i loro
lunghi colli. La possente quercia, secolare
che dava ristoro con la sua ombra a coloro
intendessero avvalersene, ospitava fra i suoi
bellissimi cespugli dei nidi di passerottini e
di rondini, le quali madri nutrivano i loro
piccoli. Questa bella signora prese per mano
al piccolo Vincenzino, lo porto a passeggiare
in questo bellissimo parco giochi. Mentre
che passeggiavano, raccontava al piccolo
della sua storia, di come fosse cresciuta in un
ambiente in cui gli altri volevano imporre la
loro volonta su di lei e di come lei molte
volte dovette ribellarsi per salvaguardare la
sua persona. La cosa strana e che tale
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signora oltre che parlare a Vincenzino come
se fosse un adulto, portava nella mano
sinistra un fazzoletto profumatissimo nel
quale custodiva gelosamente qualcosa e
nonostante le insistenze del piccolo
Vincenzino per vedere cosa ci fosse, la bella
signora diceva lui di pazientare poiche
avrebbe compreso da li a breve. La
misteriosa signora continuava nel raccontare
di come un giorno, un ricco e potente
signore la vide e si innamoro dei suoi occhi.
Fece tutto il possibile questo ricco signore
per riuscire ad averla . Lei si rifiutava
sempre e nonostante dicesse ai suoi genitori
che non aveva nessuna intenzione di
sposarlo, i suoi genitori la costrinsero ad
andare da lui. Seppur con riluttanza e con
rabbia dentro dovette recarsi da questa
persona cattiva, la quale appena la vide le
disse che aveva degli occhi meravigliosi.
Vista la sua infelicita questa donna per tutta
risposta prese un coltello si cavo gli occhi e
glieli porse su un piatto. Quando il piccolo
Vincenzino, si sveglio la mattina aprendo gli
occhi noto che vedeva benissimo e che i suoi
occhi non erano piu incrociati. Quando
mamma Maria vide questa cosa nel piccolo
Vincenzino, dapprima pianse e poi corse nel
corridoio del reparto di medicina per
avvisare il medico. Nell'altra stanza
adiacente al piccolo Vincenzino v'era una
signora sulla cinquantina d'anni. Una
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signora semplice, umile e fiera di se stessa.
Si trovava li per una piccola appendicite.
Quella mattina c'era sua figlia che la aveva
venuta a trovare ed a portarle una colazione
che consisteva in un cornetto alla
marmellata con un caffe senza zucchero. Lei
stava bevendo un the caldo e quando vide
mamma Maria correre nel corridoio per
avvisare il medico, penso che era accaduto
qualcosa di poco bello al piccolo Vincenzo.
Fra lo stupore e la gioia vide che Vincenzino
giocava con il peluche e rideva gioiosamente.
Notava che i suoi occhi erano ritornati come
prima e non riusciva a spiegare come tutto
questo fosse stato possibile. Quando arrivo il
medico insieme a mamma Maria, visito
subito il piccolo Vincenzino ma nonostante i
vari controlli e dopo essersi consultato con i
suoi colleghi, non compresero come tutto cio
fosse accaduto. Se solo avessero chiesto al
piccolo Vincenzino cosa sogno quella notte...
Non seppero dare nessuna spiegazione ne
medica ne scientifica. Era il 13 dicembre del
1976. quella signora bella non ritorno piu in
sogno al piccolo Vincenzino, ne tanto meno
seppe cosa custodiva preziosamente in quel
fazzoletto profumatissimo. Immensa la gioia
di mamma Maria quanto pote vedere che al
suo cucciolo gli occhi erano ritornati
normali. Se ne parlo per giorni di quel
“miracolo”. Si vociferava nei corridoi che il
13 dicembre il giorno di Santa Lucia il
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piccolo Vincenzino era ritornato a vedere
come prima. C'e da dire che il piccolo
Vincenzo, nonostante la sua condizione
fisica, era sempre vispo ed allegro. Aveva
sempre voglia di giocare e di scoprire e a
volte chiedeva a sua mamma come mai
prima poteva camminare ed adesso si
trovava su una sedia a rotelle. La mamma
cercava in ogni modo i fargli capire che era
una cosa temporanea e che tutto si sarebbe
messo a posto, anche se i medici
continuavano a dire, senza farsi sentire dal
piccolo Vincenzino, che non avrebbe piu
camminato, poiche la pallottola aveva leso
irrimediabilmente le connessioni nervose del
cervello che comandano la parte sinistra del
corpo e delle gambe. In poche parole la
pallottola aveva chiuso l'interruttore della
corrente che consentiva al piccolo
Vincenzino di potere camminare. Il 15
dicembre il papa di Vincenzo, Pasquale, lo
venne a trovare insieme ad Giulio, che era
andato via il giorno dopo l'intervento del 6
dicembre del piccolo Vincenzo rientrando
per l'appunto con Pasquale. Tante erano le
domande che Giulio rivolgeva al papa di
Vincenzo e tante erano le cose che Pasquale
chiedeva a lui per sapere cosa gli avesse
detto nel tragitto da Corigliano a Bari per
farlo stare in vita. Gli interrogativi erano
moltissimi
e
moltissime
erano
le
imprecisioni delle varie versioni che
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venivano date nel frattempo carabinieri dalla
mamma di Franco, da nonno Vincenzo, da
nonna Francesca, da Candida e Federica ed
allo stesso Pasquale. Si cercava di ricostruire
quanto fosse accaduto quella mattina del 5
dicembre 1976. Nonostante le indagini
conducevano
sempre
di
piu
all'incriminazione del nonno del piccolo
Vincenzo, c'era qualcosa di poco chiaro. Non
si comprendeva come mai l'arma fosse
tenuta in quel como e perche. Interrogarono
anche i due fratelli presenti in quella
mattinata a quanto accadde ed entrambi
dissero che il piccolo Vincenzo aveva preso
la pistola e si era sparato da solo. Gli
inquirenti,
comunque,
sospettavano
qualcos'altro ma nonostante i loro sforzi non
riuscirono ad avere notizie certe. In quel
periodo c'era tantissimo caos; i vicini di casa,
raccontavano che avevano visto scappare
frettolosamente i due bambini quella
mattina, altre persone asserivano di non
avere sentito nessun colpo di pistola esploso,
c'era chi affermava di avere visto addirittura
entrare un uomo quella mattina in casa dei
nonni del piccolo Vincenzo. Una cosa e
certa: il solo ed unico testimone
dell'accaduto era proprio il piccolo
Vincenzino. E solo lui poteva realmente dire
cosa fosse accaduto realmente. Quando quel
15 dicembre Giulio e Pasquale andarono a
trovare il piccolo Vincenzino, in quella
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mattinata piovosa e fredda, fredda come la
notizia che da li a poco i tre presenti
udirono, da quanto venne riferito dal piccolo
Vincenzino, si comprese di quanta falsita
v'era nelle dichiarazioni. Mentre giocava
allegramente sul lettino della stanza in cui
Vincenzino passava la sua degenza con le
gambe paralizzate, mamma Maria chiese al
piccolo Vincenzino, in presenza del marito
Pasquale e dell'amico di famiglia Giulio cosa
fosse successo quella mattina. “Franco mi ha
sparato”, furono queste le parole che il
piccolo Vincenzo disse ai presenti. Con
sguardi attoniti e con rabbia nel cuore,
incominciarono a parlare fra di loro e dirsi
sul da farsi. Stettero a parlare quasi un'ora
mentre il piccolino continuava a giocare con
i giochi portati da Giulio e da Pasquale. Gli
portarono una scatola di domino ed
inizialmente, il piccolo cercava di metterli
uno sull'altro senza comprendere la vera
utilita di quel gioco fantastico ed
intelligente. Probabilmente non sapeva che
anni piu tardi, quel particolare gioco gli
avrebbe dato delle intuizioni altamente
scientifiche. Vedeva nei loro volti grigiore e
rabbia. Ma lui era sereno dentro. Come se
nulla gli fosse accaduto, come se tutto quello
che gli era successo, fosse normale per lui. E
in quella giornata grigia e fredda mamma
Maria, papa Pasquale ed Giulio si promisero
una cosa. Si promisero che avrebbero fatto
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tutto il possibile per rendere la vita del
piccolo Vincenzo piu agevole e piu serena
possibile coinvolgendolo, per quel che a loro
potesse competere, nel migliore dei modi.
Subito dopo avere parlato tornarono da
Vincenzo e cercarono di giocare con lui.
Vincenzo vide che sua mamma aveva le
lacrime agli occhi e che in qualche modo,
cercava di asciugarsele. Venne l'infermiere
che porto al piccolino delle pillole amare che
dovette ingoiare bevendo un bel bicchiere
d'acqua fresca. L'infermiere gli disse che
servivano affinche il piccolo Vincenzo
crescesse sano, bello e forte. Ma per poterle
ingoiare quelle pillole faceva un sacco di
moine affinche potesse evitarle di prenderle.
Ed allora armato di tanta pazienza e bonta
l'infermiere gli portava dei cioccolatini ed in
cambio Vincenzo doveva seppur a
malincuore, ingoiare quelle pillole. Giulio
cercava di fargli comprendere a quanto
potessero aiutarlo nel crescere se avesse
preso quelle pastiglie. Papa Pasquale, in
qualche modo, cercava di assecondare il
figlio per fargli vedere che gli era vicino e lo
distraeva con i domino che gli avevano
portato insieme ad Giulio. Dopo quasi
mezz'ora, finalmente riuscirono a dargli
queste pillole che, pero, vomito subito dopo.
Erano talmente amare da non essere
accettate dal metabolismo del piccolino. Per
questo motivo, i medici, decisero di
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cambiare terapia assegnandogli dei flaconi
da ingerire insieme al mangiare, in modo
tale che il tutto avvenisse nella maniera piu
naturale e semplice possibile. Ogni tanto
aveva dei dolori alla testa, dolori che gli
causavano forti emicranie. Purtroppo,
doveva incominciare ad abituarsi a convivere
con quei dolori e li avrebbe dovuti
sopportare per tutto il resto della sua vita.
Ma questo ancora non lo sapeva. Non era a
conoscenza di cio che avrebbe vissuto. Non
poteva immaginare delle sofferenze, delle
umiliazioni, delle ingiustizie che avrebbe
vissuto. Non poteva lontanamente ideare
degli altri interventi che avrebbe subito sulla
sua persona. La pallottola aveva causato una
bella ferita, profonda e mortale. Ma lui era
sopravvissuto. Sopravvivere ad un colpo del
genere non e da tutti. Sopravvivere con una
pallottola nel cervello alcuni direbbero che e
stato un miracolo. Quando fecero la
radiografia al cranio del piccolo Vincenzino
videro subito alle lastre l'esatta posizione
dove si era fermata la pallottola. Ed increduli
i medici che operarono il piccolo Vincenzino,
il dr. Fasano, il dr. Renzelli ed il dr. Saviano,
non si capacitavano di cio che vedevano. Era
qualcosa a dire la loro, di impossibile.
Eppure era reale quella lastra. Tutto e
possibile. Quando si crede che non ci sia
nessuna
spiegazione
allora
v'e
la
spiegazione. Ma l'importante e che Vincenzo
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era vivo. Dopo avere resistito ad una
pallottola perdendo sangue per circa un'ora,
dopo essere stato trasportato da Corigliano a
Bari in autoambulanza, appeso ad un filo fra
la vita e la morte, dopo avere subito
un'intervento di circa 9 ore non sapendo se
ne uscisse vivo, dopo essere andato in coma
per sei giorni e non sapendo se si svegliasse,
il piccolo Vincenzo era vivo. La vita
albergava in lui, era fonte inesauribile che gli
donava quella vitalita da guerriero. Un
guerriero pacifico che aveva uno scopo da
compiere, e che aveva fatto un viaggio ed era
in viaggio ma non sapeva la destinazione,
perche il viaggio lo avrebbe reso felice nel
tempo. Ma ancora Vincenzo non poteva
realizzare quanto gli sarebbe stato assegnato
per donare, agli altri esseri umani,
resistenza, sopportazione, coraggio ed
energia. Quel lungo intervento gli procuro
una straordinaria cicatrice di quasi 37 punti
sul cranio. Per questo motivo quando
andava a fare la pipi, accompagnato da
mamma Maria, vedeva il suo capo fasciato
con una grossa benda ma ancora non
comprendeva il perche di quella benda. Ogni
tanto aveva delle piccole perdite di sangue
ma era tutto normale. Quando gli usciva
quel sangue vivo ed intenso, mamma Maria
lo sosteneva dicendo lui che se usciva il
sangue allora stava guarendo. Mamma
Maria diceva al piccolo Vincenzo che
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occorreva che lui facesse delle preghierine al
buon Gesu. Ma tutto questo non veniva
compreso da Vincenzo. L'unica cosa che era
certo consisteva nel fatto che riceveva tanti
regali, ogni giorno da chiunque in quel
reparto ed in quell'ospedale e riceveva tante
visite sia dalle persone che erano ricoverate
in quel policlinico e sia dai parenti di questi
ultimi. Si raccontava che il piccolo Vincenzo
si era sparato e che era sopravvissuto
all'accaduto. Ma non potevano sapere la vera
verita. Non potevano sapere che a sparare
era stato Franco, l'amico di Vincenzo, ne
tanto meno mamma Maria avrebbe detto
loro la verita. Si cerco di nascondere il piu
possibile questo episodio. Perche? Con il
tempo, attorno alla pallottola, si sarebbe
formato un callo, una sorta di protezione al
corpo estraneo per proteggere il cervello e
per evitare ulteriori spostamenti dello stesso
proiettile che avrebbe potuto creare delle
lesioni irrimediabili. Il nostro corpo e una
macchina meravigliosa e meravigliose sono
le sue immense difese, per salvaguardare la
vita umana. Ma quell'incidente era anche
positivo: aveva creato nella mente del
piccolo Vincenzo uno sbalzo temporale
tant'e che riusciva a visualizzare nei suoi
pensieri, cosa avrebbe vissuto nel futuro. In
modo strabiliante quando era del tutto
cosciente, il piccolo Vincenzo avevi dei flash
back su cio che gli sarebbe capitato quando
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aveva 10 anni, di cio che avrebbe vissuto a 18
anni, di quello che avrebbe realizzato a 28
anni. Erano delle immagini in movimento
che gli davano dei rimandi sulla sua stessa
vita. Ma la cosa strana era che non realizzava
quanto gli stava succedendo. Credeva che
erano dei sogni ad occhi aperti. Ma quando
raggiunse l'eta dei 10 anni, dei 18 anni e dei
28 anni piu volte si verificarono gli episodi
che aveva “sognato ad occhi aperti” quando
aveva 4 anni. Non poteva sapere che quella
pallottola gli aveva sviluppato una capacita
misteriosa della mente: il dono della
premonizione. Riusciva inconsapevolmente
ed inspiegabilmente a prevedere degli eventi
futuri in grado di fargli vedere cosa gli
sarebbe successo nel bene e nel male.
Quant'e misteriosa la mente umana e quante
potenzialita nascoste ha. Ma ancora non era
cosciente di questo immenso dono che aveva
ricevuto dai suoi “Creatori”. 33 anni piu
tardi avrebbe intuito chi l'aveva tenuto in
vita quel 5 dicembre dl 1976 e quali facolta
mentali
aveva
acquisito
prendendo
consapevolezza e coscienza di se. Ma adesso
Vincenzino era un bimbo di 4 anni che si
trovava dall'oggi al domani in ospedale dove
prima aveva una vita normale come tutti gli
altri ed adesso la sua vita era sconvolta
piacevolmente. Proprio per questo motivo i
suoi pensieri erano rivolti al gioco ed alla
spensieratezza, erano rivolti a stare in
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compagnia di altri fanciulli della sua tenera
eta, erano rivolti a creare ed a sbizzarrirsi
cosi come fanno tutti i bambini di quell'eta,
senza vincoli, senza schemi, con la creativita
a mille che gli avrebbe donato quella gioia di
cui lui desiderava in quel momento. Ma
adesso tutto questo non era, almeno
temporaneamente, piu possibile. Adesso la
mamma di Vincenzo doveva occuparsi di lui,
doveva curarlo. Vincenzo da li a breve
avrebbe avuto un'altra vita, ma questo lui e
tutti gli altri non potevano saperlo. Vivevano
il momento del qui ed ora. Erano assuefatti
da cio che era accaduto, ma la cosa
strabiliante era che proprio da quell'evento
poco piacevole mamma Maria prese spunto
per diventare piu forte caratterialmente e
piu disponibile verso il prossimo. È proprio
vero che gli eventi poco piacevoli nella vita, a
volte, tendono a farci diventare piu
comprensivi con noi stessi e con gli altri. Ma
tutto questo fa parte di cio che ognuno si
genera autonomamente. Se quel giorno il
piccolo Vincenzo non fosse andato a giocare
con Franco ed il fratellino, se quel giorno
una delle due zie fosse stata in casa, se quel
giorno nonna Francesca alle 10 del mattino
avrebbe fatto trovare una colazione ai tre
fanciulli, se quel giorno il nonno Vincenzo
avesse preso la pistola e l'avrebbe portata
con se, se quel giorno la mamma di Franco
fosse salita a casa a prendere i suoi figli per
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portarli a fare un giro insieme a lei, se quel
giorno... Fatalita? Destino? Coincidenze?
Caso? Domande e sole domande. Cio che e
accaduto e accaduto ed il passato fa parte del
passato. Oramai occorre pensare al qui ed
ora. Adesso. Ed adesso il piccolo Vincenzo
sta soffrendo in ospedale per cio che gli e
capitato. Ma e una sofferenza seppur
piacevole poiche riceve regali e dolci ed a lui
sta bene. Cosa deve avere vissuto come
esperienza quel bimbo? Quante umiliazioni
ha dovuto affrontare? E soprattutto cosa gli
ha permesso di superare tutti questi
ostacoli? Determinazione e coraggio. Ma
soprattutto la voglia di vivere, la voglia di
gioire con se stesso e con gli altri. Questo era
il pensiero che gli e incominciato a balenare
dal momento in cui e uscito dopo tre mesi
dall'ospedale.
Nel
frattempo
Giulio,
raccontava al piccolo Vincenzino di quella
volta in cui andarono al parco giochi e di
quanto egli si fosse divertito. In particolare
gli ricordo la sua spericolatezza nel fare cose
che li altri bambini evitavano fare. Gli
rammento di come volle salire sulla grata di
legno e di come si arrampico sino in cima
senza nessuna paura. E quando fu in cima
alla grata si mise su a cavalcioni e si gustava
tutto cio che accadeva non curante di quanto
Giulio dicesse lui di scendere, tant'e che
dovette salire Giulio e farlo scendere
gradualmente. Osservava dall'alto le persone
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che vi erano in quel momento, ed ascoltava
quanto dicessero. La cosa mirabile era che
percepiva delle sensazioni meravigliose
durante questo lasso di tempo che rimase su
in cima alla grata di legno. Gli piaceva
vedere le cose dall'alto, gli dava quel senso di
controllo. E mentre era li su gli venne il
ricordo di quando quel pomeriggio
nell'attuale Salone degli specchi del Castello
ducale di Corigliano Calabro, dormiva in
quei lettini messi uno vicino all'altro sotto la
vigilanza delle monache che all'epoca del
1976 gestivano tale castello. Si ricordo di
quanto erano rigide e di come pretendevano
che i bimbi tutti, ascoltassero e seguissero
cio che loro veniva detto. In quel pomeriggio
Vincenzino evito di dormire ed in quel lasso
di tempo stette sveglio tant'e che sentiva che
altri bambini e bambine bisbigliavano fra di
loro per evitare che venissero sgridati dalle
suore. Le pareti di questa immensa sala
erano fatiscenti rovinate dal tempo. Dal
soffitto alto quasi cinque metri v'era un
lampadario immenso in cristalli. Un dipinto
v'era e v'e sul soffitto di questa importante
sala. Il castello era di proprieta del Barone
Compagna, ricco e potente proprietario
terriero di Corigliano Calabro. Tante persone
erano transitate in quel castello e tanti
misteri nascondeva lo stesso. Finalmente
ritorno al presente quando Giulio con
delicatezza lo fece scendere giu dalla grata di
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legno. Subito dopo lo porto alla gelateria del
“Combattente” una gelateria famosa di
Corigliano su in paese. Corigliano era ed e
divisa in zone: v'e Corigliano Calabro che
comprende: Corigliano Scalo, dove si
svolgono le attivita commerciali, Schiavonea,
localita balneare, Piana di Caruso, localita
montana, Baraccone e Simonetti, localita
montane,
Villaggio
Frassa,
Thurio,
Torricella, Cantinella, Mandria del Fono,
frazioni. Corigliano Calabro ha un territorio
molto vasto ed esteso, ricco di agrumeti, i
migliori della zona. E andando dal gelataio,
gia Vincenzo si immaginava quale gelato
avrebbe mangiato: il gelato al cioccolato ed il
pistacchio, il suo preferito. Quando si
diressero in gelateria che si trovava vicino
alla chiesa di San Francesco, quella mattina
che era domenica, si incrociarono con tanti
altri bimbi e bimbe che erano stati al
catechismo e con i loro genitori si dirigevano
tutti a questa gelateria. Poiche la gelateria
era piccolina, tutti dentro non ci stavano e
quindi si era costretti ad aspettare fuori e
fare il turno per mangiare un buon gelato. Al
piccolo Vincenzo gli venne subito un sorriso
smagliante quando Giulio gli racconto tale
aneddoto e desiderava in quel momento quel
buonissimo gelato al cioccolato ed al
pistacchio che il Sig. Ciccio detto il
combattente, sapeva fare. Purtroppo in quel
momento non poteva averlo e quindi Giulio
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per distoglierlo da quella richiesta, lo prese
in braccio amorevolmente lo mise sulla sedia
a rotelle e lo porto a passeggio in giro per il
corridoio del policlinico. Mentre passava
davanti alle altre stanze del reparto, le
persone
che
“soggiornavano”
momentaneamente in ospedale, salutavano
con grandi sorrisi il piccolo Vincenzo. Nel
frattempo mamma Maria e papa Pasquale, si
dicevano cosa avrebbero dovuto fare e delle
spese che avrebbero dovuto sostenere.
Cercavano di trovare una soluzione
immediata a tale problema. Occorreva
prendere
una
decisione
subito
ed
imminente. Pasquale riferiva a Maria che
avrebbe parlato con suo padre e che gli
avrebbe chiesto un prestito per sopperire
alle spese di soggiorno li a Bari, anche
perche non sapevano il tempo che sarebbe
occorso affinche il piccolo Vincenzo potesse
essere dimesso dall'ospedale. I medici
avevano riferito ai genitori del piccolo
Vincenzo che ci sarebbe voluto come tempo
dai due ai tre mesi. A ragione di cio
preoccupati di cosa sarebbe potuto
succedere in vista del fatto che il piccolo
Vincenzino, appena uscito dall'ospedale
avrebbe dovuto avere delle cure speciali
poiche non camminava, cercavano nel
migliore dei modi di ragionare sulle possibili
soluzioni. Ci fu un signore sulla sessantina
d'anni che quando vide il piccolo Vincenzino
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sulla sedia a rotelle, gli si avvicino lo prese i
braccio, chiedendo il permesso ad Giulio, e
lo porto vicino alla finestra per fargli vedere
cosa succedeva fuori. Gli faceva notare che
pioveva e che le persone con gli ombrelli si
riparavano dalla pioggia per recarsi al lavoro
o per fare le proprie commissioni. Faceva
notare al piccolino le macchine che
andavano e venivano dall'ospedale. Gli
faceva vedere le persone che entravano nei
palazzi dirimpetto all'ospedale e gli
raccontava che ognuna di quelle persone
aveva una storia personale. Diceva al piccolo
Vincenzo, che lo ascoltava con molta
curiosita, che ognuno di noi ha qualcosa da
insegnare all'altro. Continuava, dicendogli,
che tutti, grandi e piccoli, imparavano l'uno
dall'altro, che c'era tanto da condividere in
comune e che ogni Essere Umano ha un suo
vissuto che fa parte del tutto. E mentre
parlava, era cosi piacevole ascoltarlo che
procurava a Vincenzo ed Giulio sensazioni di
armonia e di benessere. Questo signore alto,
possente di corporatura, con i capelli
brizzolati ma non troppo, carnagione
olivastra, quasi abbronzato, con degli occhi
scuri ma dolci, qualche ruga sui bordi della
bocca e con degli occhiali molto grandi da
vista; sorreggeva Vincenzino in braccio, il
quale sgualciva leggermente il suo pigiama a
tinta blu e turchese. Le sue pantofole aperte
erano un po' consumate dal tempo, ma si
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vedeva che erano confortevoli e calde. A
tracolla aveva un borsello nel quale
conservava i suoi effetti piu personali e la
portava sempre con se. Mentre parlava
allungo la mano destra dentro questo
borsello e tolse due torroncini al cioccolato,
alla quale visione il piccolo Vincenzo rimase
estremamente felice. Era li in ospedale da
solo. Nessuno dei suoi parenti lo andava a
trovare ne tanto meno i suoi figli. Il suo
“soggiorno” sarebbe finito da li a breve. Il
Sig. Carlo mentre raccontava tutto questo a
Vincenzo, ogni tanto nella voce si avvertiva
quel pizzico di malinconia e di solitudine.
Ma a contatto con il piccolino scompariva
subito, probabilmente perche a sua insaputa
il piccolo Vincenzo, trasmetteva gioia e
felicita a chi lo vedeva. In tutto questo il Sig.
Carlo incomincio a raccontare di quando lui
era piccino come il piccolo Vincenzino e di
come si fosse trovato a scoprire un posto
magico per lui. Si creo subito un'atmosfera
di ascolto assoluto da parte di Giulio e del
piccolo Vincenzo. Quando Carlo passeggiava
vicino alla casa di campagna dove abitava,
nei pressi di Alberobello, dove v'erano i
trulli, incomincio ad incamminarsi in un
sentiero che sino ad allora non aveva mai
notato. Durante il tragitto, udiva il rumore
dell'acqua proveniente dalla vallata che
costeggiava questo sentiero. I raggi del sole
filtravano creando dei giochi di luce
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bellissimi che si incrociavano con i grossi
pini che accoglieva quel luogo. La sua
attenzione fu subito catturata dal saltare di
due scoiattoli. Il loro manto luccicante ai
raggi del sole, risplendeva il colore del
ramato. Cosi come li vide apparire li vide
scomparire fra i vari cespugli dei pini. Ogni
tanto la radura si apriva e poteva osservare
degli immensi prati fioriti. V'erano le
goccioline di rugiada sulle foglie dei fiori e
delle piante e chinandosi poteva ammirare il
mondo nascosto che custodiva quel prato.
Delle lumachine si muovevano dolcemente
sulla foglia di un casablanca, dirigendosi
verso la parte piu centrale della stessa. Una
coccinella dai sette punti neri col dorso
rosso, era volata sulla mano di Carlo che la
guardava estasiato da quel minuscolo essere
vivente. Nel frangente ascoltava il cinguettio
degli uccelli che avevano i loro nidi fra gli
alberi che circondavano il prato. Sembrava
un piccolo paradiso terrestre e il piccolo
Carlo non riusciva a capacitarsi del luogo in
cui era in quel momento. Continuava a
percorrere quel sentiero e lasciandosi alle
spalle il prato incomincio ad addentrarsi
nella radura. Un po' impaurito ma allo stesso
tempo curioso, intendeva capire dove
conduceva quel sentiero, non curandosi che
si sarebbe potuto smarrire. In lontananza
noto che la radura andava sempre piu
aprendosi conducendo alla fine del sentiero
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dove lo diresse verso una casa tutta in pietra
e vicino alla stessa c'era uno stagno dove si
sentiva il gracidare delle rane. Era il periodo
estivo, verso meta luglio del 1920.
particolare era questa casa che non aveva
mai visto. Circolare le sue mura ed il tetto
andava a chiudere ad imbuto. Aveva una
porta in legno e una finestra. Miscelava le
sue emozioni di paura, euforia, curiosita per
cercare di comprendere cosa ci fosse
all'intero di quella strana abitazione. Dopo
essersi posizionato con l'orecchio ad
origliare alla porta per udire se vi erano delle
voci e dopo avere cercato di spiare dalla
finestra chi ci fosse dentro, senza ottenere
nessun risultato di risposta in merito a cio
che aveva pensato, decise di farsi coraggio ed
entrare. Spinse la porta e la sorpresa fu
immensa. Sulla sua sinistra c'era un
caminetto con il fuoco acceso e nonostante la
temperatura estiva, non si avvisava per
niente il caldo all'interno di quel luogo. Anzi
era piacevole il tepore di quella fiamma
accesa, che stranamente si autoalimentava.
Di fronte a lui un tavolo in legno massiccio
ospitava sul suo piano di appoggio una
minestra fumeggiante ed invitante tanto da
stimolare l'acquolina in bocca a Carlo che
prontamente si sedette sulla seggiola e prese
il cucchiaio di legno che era posto in
prossimita della ciotola che ospitava la
minestra. Non c'era nessuno in quella casa,
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ne tanto meno c'era una cucina. L'ambiente
era accogliente e tranquillo. Albergava in
quel luogo la pace, e il piccolo Carlo sentiva
che tutte le sue cellule erano in
comunicazione con il suo Essere. Si sentiva
bene, si sentiva forte e si sentiva al sicuro.
Dal tetto che chiudeva ad imbuto, nel suo
interno filtrava da un buco il raggio di sole
che illuminava un punto ben preciso in
quella piccola ma accogliente casetta. V'era
un tappeto particolare con un disegno molto
complesso che richiamava un'immagine di
un drago che teneva in bocca una chiave ed
era in mezzo ad un campo di grano con dei
cerchi misteriosi che formavano una forma
dell'infinito. Proprio quel fascio luminoso
irradiava la bocca del drago che custodiva la
misteriosa chiave. Dopo avere mangiato
quella buonissima minestra che lo sazio
abbondantemente, Carlo, udi una musica di
arpa che proveniva dalla direzione di quel
tappeto. Mettendosi sul tappeto si mise
accovacciato e appoggio il suo orecchio
destro per udire meglio cosa stesse
accadendo. Comprendendo che quella
musica leggiadra proveniva da sotto il
tappeto, si rese conto che c'era qualcosa di
metallico sotto il tappeto. Spostandolo trovo
una botola in legno. Affascinato da quella
situazione che quasi gli sembrava surreale,
con la sua mano sinistra tiro la maniglia che
fece aprire la botola e da questa intravide dei
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gradini di pietra illuminati da torce. Sentiva
anche un buon profumo di un dolce al
cioccolato ed ancora di piu era allettato ad
addentrarsi in quel percorso fantastico. Con
un brivido di timore decise di avventurarsi a
scoprire dove conducevano quei gradini. Le
pareti attorno al cunicolo illuminato erano
tutti di pietra viva, con dei riflessi cristallini.
Notava nello scendere che la musica
diveniva sempre piu presente ed il profumo
del dolce al cioccolato sempre piu intenso. I
gradini erano asciutti e perfettamente
levigati. Non sapeva quanto tempo era
trascorso da quando aveva imboccato il
sentiero sino a quando stava scendendo quei
gradini. Era avvolto da una sensazione di
scoperta e di mistero. Vedeva delle strane
raffigurazioni incise sulle pareti di roccia e
piu scendeva e piu si facevano intense le
raffigurazioni.
Pensando
che
stesse
sognando piu volte si pizzico il braccio
destro. Ma il dolore del pizzicore gli fece
capire che era sveglio. Ad un certo punto si
trovo ad una piazzola un po' piu larga, in
questo cunicolo e su un masso vide adagiata
una torta al cioccolato. Senza farsi ripetere
due volte dalla sua mente se mangiarla o
meno si precipito su di essa per gustarne il
sapore. Stranamente nonostante avesse
mangiato la minestra poco prima, aveva
ancora fame. La divoro tutta quella torta al
cioccolato. Saziatosi nuovamente, riprese a
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scendere in quel cunicolo. La musica
diventava sempre piu vicina e percepiva una
sensazione di pace e sicurezza. Ad un certo
punto le scale finirono e si trovo in una
immensa grotta con delle stalattiti
meravigliose. Non sapeva cosa fossero ma
era incantano nel vedere quelle meravigliose
pietre. Addentrandosi in questa grotta
illuminata da migliaia di torce accese,
sentiva il vento che accarezzava la sua pelle.
Dirigendosi in prossimita della delicatezza
del vento che gli faceva da guida, incomincio
a intravedere in lontananza, in questa grotta
immensa, una piramide di cristallo
totalmente trasparente con una entrata piu
bassa rispetto alla sua statura. Incantato da
quanto stava vivendo in quel momento ed
attratto da quella musica che proveniva da
quella strana piramide, entro nell'apertura
della piramide. Era possibile vedere le sue
meraviglie che conteneva al suo interno:
statue altissime che raffiguravano atleti,
colonne scolpite in marmo e cristallo, il
pavimento era tutto tempestato di miliardi
di diamanti, il soffitto era tutto in oro
luccicante. Ma a Carlo non interessava nulla
di tutto questo. Era attratto dalla musica
d'arpa e dal vento che accarezzava sempre di
piu la sua pelle, creandogli sensazioni
piacevolissime
di
benessere.
Nell'attraversare le stanze collegate l'una con
l'altra si trovo all'uscita di questa piramide di
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cristallo che lo aveva condotto verso un'altra
scala in pietra da percorrere. Alla fine di
questa risalita trovo un cavallo ad
attenderlo. Era bellissimo, bianco, con una
criniera straordinaria. Fece in modo tale da
farlo salire in groppa e con il suo cavalcare
libero e possente lo porto presso un grande
albero.
Era
altissimo.
Noto
che
nell'incavatura del suo grandissimo tronco
v'era uno scrigno e dallo stesso albero usciva
quella musica armoniosa. Si avvicino e prese
in mano lo scrigno. Aprendolo trovo la
chiave, riposta su un cuscinetto di velluto
turchese. Quando prese in mano quella
chiave svenne. Al suo risveglio si trovo vicino
casa sua e nella mano destra aveva quella
particolare chiave. Piu volte cerco di trovare
quel sentiero e di arrivare a quella casa, ma
da quella volta tutto cio che gli rimase fu
quella particolare chiave e che non sapeva a
cosa servisse. Carlo continuo a dire al
piccolo Vincenzo e ad Giulio che ascoltava
questo strabiliante racconto, che era arrivato
il momento di passare il testimone. Non
capendo cosa stesse dicendo, mise la mano
nel borsello ed estrasse la chiave che la
consegno
al
piccolo
Vincenzo
raccomandandogli di custodirla per bene,
poiche un giorno avrebbe capito a cosa
doveva servire. Rimise il piccolo Vincenzo
nella sedia a rotelle, ringrazio Giulio per
avergli permesso di avere passato del tempo
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insieme a lui e li saluto. Non rivide piu il Sig.
Carlo ne Vincenzo, ne Giulio, ne tanto meno
si seppe piu di lui. Il piccolo Vincenzo
custodi gelosamente quella preziosa chiave e
non desse spiegazioni ne a mamma Maria ne
a papa Pasquale da dove provenisse quella
particolare chiave. Giulio non disse nulla a
riguardo di questa storia ai genitori di
Vincenzo, custodendo gelosamente questo
ricordo. Si puo vivere una vita intera senza
mai essere svegli. In tutto questo col passare
del tempo, Vincenzo avrebbe appreso una
lezione di vita importantissima. Tutti dicono
cosa fare e cosa e bene per te, non vogliono
che trovi le tue risposte, vogliono che tu
creda alle loro. Giulio e Pasquale stettero
sino a sera, poi dovettero rientrare a
Corigliano, salutando il piccolo Vincenzo e
mamma Maria. Vincenzo credeva che il
Natale lo avrebbe trascorso a casa con i suoi
genitori, col fratellino Matteo e con i suoi
nonni. Tutto questo purtroppo non avvenne,
ma ancora lui non ne era a conoscenza.
Quella sera mangio una minestrina,
imboccata da mamma Maria ed una fettina
di pollo. Era quasi tutto saporito tranne che
la minestrina che mancava di un po' di sale.
Quella notte non riposo bene a causa dei
dolori che aveva nella gambe e per questo
motivo intervenne l'infermiere di turno che
dovette dargli dei sedativi per fargli calmare
il dolore. Mamma Maria si dispiaceva di
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quanto stesse subendo il proprio piccolo ed
allo stesso tempo era impotente poiche a
parte il fatto di poterlo rassicurare con le
parole,
non
poteva
fare
null'altro.
L'infermiere che gli fece una punturina lo
rassicuro dicendogli che avrebbe sentito una
piccolo dolorino al culetto una volta che
avrebbe tolto la puntura ma che sarebbe
passato nel giro di pochissimi minuti. Quella
notte il dolore non ando via nonostante la
punturina ed il piccolo Vincenzo dovette
stare sveglio, pur avendo sonno, e
lamentandosi con la mamma affinche lei
potesse fare qualcosa per lui. Quanto e
grande l'amore di una mamma e cosa
farebbe per il proprio figlio. Dopo due ore
che erano passate dopo la puntura, ancora il
dolore non si era alleviato e per questo
motivo, mamma Maria ando in infermeria e
chiese all'infermiere, Stefano, se poteva fare
qualcosa per il dolore del piccolino. Stefano
chiamo il dr. Renzelli uno dei tre chirurghi
che avevano operato il piccolo Vincenzo e gli
chiese cosa potesse dare al piccolo per
alleviare il suo dolore; il medico disse che
doveva sopportare il dolore il piccolo
Vincenzo proprio perche la puntura era gia i
per se un forte calmante. Mamma Maria
dopo avere ascoltato la telefonata,
impotente, ritorno dal suo cucciolo per
cercare di farlo distrarre con un racconto e
gli incomincio a ricordare di quando era piu
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piccolino e di cio che trascorreva con gli
inquilini del palazzo Gallina dove era nato. E
mentre ricordava questo al suo piccolo
bimbo, le riaffioravano dei ricordi prima che
si sposasse. Aveva un grande sogno, Maria,
diventare pianista. Stava frequentando una
scuola di piano e di canto in gioventu, ma
allo stesso tempo coordinava il coro di canto
presso la chiesa di San Francesco. Maria
aveva perso in tenerissima eta il papa,
quando lei aveva quattro anni. La mamma di
Maria, aveva cresciuto lei ed il piccolo
fratellino di appena un anno con le sole
forze, impegnandosi nei lavori piu umili e
con tanti sacrifici. Aveva inculcato dei sani
valori etici e morali. Maria ricorda, la sua
infanzia trascorsa all'insegna dello studio e
delle privazioni dovute alla sua condizione
economica. Abitavano in una zona chiamata
“a' Ricella”, cosi detta per la strada stretta
che era inserita in una zona di agglomerati di
case. Ricorda di quando aveva raggiunto un
eccellente risultato conseguendo una
performance eccellente al pianoforte in
quella particolare celebrazione di festa per il
patrono di Corigliano San Francesco di
Paola. Si narra di un miracolo avvenuto a
Corigliano nel periodo della seconda guerra
mondiale in cui in un periodo verso la fine di
questo conflitto, venne ordinato ai tedeschi
di bombardare la citta di Corigliano poiche
punto nevralgico di passaggio dovuto
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all'importante collegamento con gli altri
paesi. Affinche si potesse scongiurare
quest'attacco, la maggior parte dei
coriglianesi pregarono a San Francesco di
Paola, che i nemici evitassero di lanciare le
bombe su Corigliano. Quando gli arei
stavano per sorvolare Corigliano Calabro,
una fitta coltre di nebbia avvolse l'intera
citta, nascondendola agli occhi dei nemici,
evitando cosi il bombardamento. Questo
episodio Maria lo ricorda perche le fu
raccontato da sua mamma e dai suoi zii che
vissero in quel periodo di carestia e di paura.
Gli zii erano stati anche partigiani ed
avevano combattuto per difendere i propri
diritti rischiando alcuni addirittura la vita.
Cosa porta la guerra? Conflitti dovuti alla
conquista del potere. Il potere verso cosa
porta? Porta a dividere l'armonia fra gli
esseri umani, per il solo gusto di un
possedimento temporaneo. Per questo
motivo Maria ha cercato sempre di vivere
rispettando se stessa ed il prossimo. In
quella particolare Festa patronale, esegui
una spettacolare interpretazione di brani al
pianoforte che spaziavano da Bach a
Beethoven nonche a Mozart. Era talmente
presa dall'esecuzione che si concentro solo
su quel momento che stava vivendo nel qui
ed ora. Era avvolta da un senso di benessere
che avvolgeva tutto il sue essere dandole
quella sicurezza che mai aveva avuto. Vedeva
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le sue dita che si collocavano sui tasti del
pianoforte, con il giusto ritmo e con la giusta
sincronia accompagnata da un'eccellente
energia. Leggiadramente appoggiava la
mano sinistra sulla parte esterna del
pianoforte mentre la mano destra,
mirabilmente faceva il suo lavoro, creando
un connubio di note armoniose e melodiche.
Quando fini la sua performance, ci fu un
attimo di pausa, come se tutti fossero sospesi
nel tempo ed incantati da quel successo. Un
applauso eclatante gratifico Maria che,
ancora incredula di cio che aveva trasmesso
al suo pubblico, ringrazio di vero cuore tutti i
presenti. Complimentandosi con lei tutti i
convenuti, alcuni le dissero che doveva
continuare a studiare e che doveva portare
queste sue doti ad alto livello affinche
potesse conseguire il diploma di maestra di
pianoforte per potere insegnare. Ma sua
mamma, non volle mandarla a Taranto al
Conservatorio di musica e ne tanto meno la
sua condizione economica le permetteva di
potere sostenere delle spese di viaggio e di
soggiorno. Sopperi a questo inconveniente
dando lezioni private, ma nonostante avesse
raggiunto il badget che potesse garantirle le
spese di viaggio e di soggiorno la mamma di
Maria, non voleva assolutamente che la figlia
si spostasse da Corigliano Calabro. A
malincuore dovette rinunciare al suo sogno e
si rassegno a seguire un'altra strada:
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l'insegnamento nelle scuole elementari.
Dovette fare ulteriori sacrifici per riuscire ad
entrare nel mondo della scuola e con grinta e
costanza, anche perche aveva appreso questo
carattere da sua mamma, decise di dedicarsi
all'ammaestramento dei bambini della
scuola elementare. In quel periodo conobbe
il suo attuale marito. Curioso fu il modo di
come avvenne l'approccio. V'era un amico di
Pasquale, Antonio, che corteggiava Maria e
poiche non riusciva a gestire bene la
situazione chiese aiuto a Pasquale, il quale
doveva fungere da intermediario ed invece,
anziche fare il piacere ad Antonio, si fidanzo
con Maria, che accetto l'insistente corte di
Pasquale dopo un bel po' di tempo. Dopo
essersi sposati andarono ad abitare nel
palazzo Gallina, in via Vittorio Emanuele, al
terzo piano, e prima che andassero ad
occupare tale appartamentino piccolo, ma
accogliente, gia nel palazzo si vociferava
della loro venuta. I primi mesi dopo il loro
matrimonio (si sposarono a settembre del
1971) Maria incomincio a socializzare, come
era il suo solito con un po' tutti gli inquilini
del palazzo, ed in particolare lego una stretta
amicizia con Rosaria, sorella di Giulio, che
abitava al quarto piano con la mamma e con
il fratello. Poiche Pasquale era un cacciatore,
molto spesso rientrava tardi e poiche Maria
aveva paura nell'aspettarlo da sola, chiedeva
a Rosaria se poteva farle compagnia essendo
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incinta. Rosaria molte volte scendeva da
Maria, e con la quale stavano sino a tardi a
parlare e a raccontarsi di cio che vivevano e
di cio che avevano vissuto. Se Pasquale non
si fosse fidanzato quel giorno, con Maria,
Vincenzo non sarebbe mai nato e tutto cio
che gli e accaduto non sarebbe mai successo.
A volte c'e un disegno talmente intelligente
ed elaborato, che non riusciamo a renderci
conto del perche facciamo determinate cose
senza comprenderne il significato, almeno
inizialmente. Quando nacque il piccolo
Vincenzo, tutti si complimentarono con
Pasquale e con Maria per quel bellissimo
bimbo pasciutello e bello. Aveva degli
occhioni castani ed i capelli castani. Era
nato,
seppur
con
qualche
piccola
complicazione, perche il cordone ombelicale
gli si era avvolto quattro volte intorno al
collo, rischiando di morire soffocato e per
questo motivo, Maria dovette subire un
parto cesareo. Maria, raccontava a Rosaria
dopo essersi rimessa, che aveva il cordone
ombelicale attorcigliato poiche gia nel feto il
piccolo Vincenzo si girava in continuazione e
non stava mai fermo. Questo suo essere
“irrequieto” lo avrebbe accompagnato sino a
quando sarebbe diventato adulto, e lo
avrebbe contraddistinto anche come spirito
libero e come persona carismatica.
Raccontava al piccolo Vincenzino, quella
notte che stava soffrendo a causa...
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to be continued
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Grazie di avere letto sino a questo punto il
mio ebook.
Cio che hai appena finito di compitare e cio
che mi e successo realmente: e una storia
vera.
È la mia storia.
Proprio per questo motivo sto scrivendo un
libro che sara di prossima pubblicazione, piu
completo rispetto a questo ebook e che
racconta anche di che cosa ho subito negli
anni e di come sono riuscito a superare
ostacoli che all'apparenza sembravano
insormontabili.
A ragione di cio, devolvero l'intero ricavato
della vendita del mio libro alla fondazione
Interable
Research
Foundation,
organizzazione di volontariato, che si occupa
di migliorare la qualita di vita delle Persone
Interabili (neologismo che soppianta il
termine disabile), attraverso l'inserimento
nel mondo del lavoro, la ricerca scientifica e
la formazione.
Se ti fa piacere e vuoi dare una mano a chi
soffre per garantirgli una vita migliore, se
vuoi puoi effettuare una donazione a questa
poste pay:
4023 6004 7337 3936
intestata a FUSARO LUIGI
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Dal profondo del mio cuore ti auguro di
vivere una vita ricca di enormi soddisfazioni,
e che tu possa gioire delle cose meravigliose
che vedrai durante il tuo vivere, assaporando
i gusti della vita, annusando i profumi
inebrianti che ti avvolgeranno nella
fantastica armonia dei colori di cio che piu ti
piacera ascoltare.
Buona Vita
con immensa stima
Luis
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Info:
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