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LINKS URBANI
Le Terme di Caracalla nel paesaggio dei beni archeologico-paesistici della città. Il tema del “bordo”
PaolaVeronica Dell'Aira
Entrez lentment
1
Il tema è quello dell'avvicinamento ai “luoghi delle archeologie”, dell'"introduzione" alla
conoscenza dei "trascorsi" delle nostre città, della forma da dare ai "percorsi di iniziazione " e
"di preludio" per la lettura e l’apprezzamento, fruitivo e percettivo, delle pre-esistenze.
E' il tema dell'allestimento e della "messa in scena" dell'esperienza che attende il visitatore, il
preambolo dell'esperienza delle rovine, è il tema del "rito preparatorio" per la vera e propria
fruizione del "bene monumentale".
Ma non solo ...
Sul tema del bordo preme anche e soprattutto il tema del tracciamento della linea di "frontiera"
tra area archeologica e città. Il “bordo” deve pensarne e realizzarne le giuste forme. Deve farsi
carico del ruolo di interfaccia che sulla linea di demarcazione si concentra e si deposita. Il
confine deve configurarsi come link virtuoso, più che limite e divisione.
Troppe volte infatti tale funzione di interfaccia, questa potenziale risorsa relazionale e dialogica
tra città e monumento, è messa in crisi, per il nostro patrimonio, da problematiche vincolistiche
con conseguenti necessità di erezione di recinzioni e ... “cancellate”, tanto ostative e limitanti nei
confronti di un’ampia fruibilità del “bene”, di una sua adeguata conoscenza, del giusto
2
sentimento della sua temporalità, della sua vita, della sua ... “costruzione differita” . Son passati
ormai più di 20 anni da quando con grande impatto, Mario Manieri Elia faceva irrompere nel
3
dibattito teorico in tema di restauro, recupero e riuso , questa “imbarazzante” espressione:
imbarazzante per quell’orientamento della cultura di allora, e che tuttavia ancora forte perdura,
tanto arroccato sul fronte della tutela e della conservazione al punto da inibire e gravemente
4
bloccare la … “vita delle opere”
La necessità di rifusione tra storia dei luoghi e istanze di una loro moderna funzionalità, veniva
posto da Manieri Elia come questione di assoluta priorità ed urgenza relativamente
all’intervento sull’esistente. L’esimio teorico, ne richiamava l’impellenza, sia in ordine a
problematiche economiche e manutentive, sia nei termini culturali dell’intrinseca co-sostanzialità
tra passato e presente, del legame evolutivo, del progress trasformativo che da sempre regola,
naturale e spontaneo, il continuum intercorrente tra opere trascorse e … “a venire”, che
costruisce la ricchezza e catturante complessità dei palinsesti urbani, che fa la vera bellezza dei
nostri contesti consolidati.
1
Entrez Lentement è la scritta impressa da Le Corbusier nella Casa E-!027 progettata e realizzata da
Eileen Gray nel 1926-’29, a Cap Martin, in posizione attigua al suo Petit Cabanon. La scritta esplicita la
consapevolezza delle antitesi coesistenti all’interno della ricerca moderna tra accelerazione, impressa da
un lato dalle nuove tecniche e dai nuovi processi costruttivi, dalla necessità di efficienza e di connotazione
prestazionale delle nuove forme e linguaggi, e lentezza imposta per contro e resa irrinunciabile dall’umano
bisogno di momenti di indefinitezza, di indulgenza e di pausa “poetica” nel tumultuoso incedere del
cambiamento. E’ un’antitesi che ben si riflette nelle fattezze del rifugio per il “nobile selvaggio” che Le
Corbusier edifica per sé su quella costa … ed è un’antitesi che in E-!024 ben si esprime nel contrasto tra
architettura e arredi, tra unitarietà dell’insieme e frammentarietà della definizione dei dettagli, tra coerenza
linguistica dell’immagine e connotazione singolare, a volte eclettica di ognuna delle singole parti,
(soprattutto nella sequenza degli ambienti interni), tra elementi fissi, infine, ed elementi mobili e “a
scomparsa”. Il grande “ossimoro” del Moderno, l’Entrez Lentement, scritto su pareti simbolo di questa
accelerazione moderna, ci parlano della necessità di contemperare le opposte tensioni del progresso e
della tradizione, che nella vita da sempre coesistono. Le due parole compongono una lezione, una
formulazione di indirizzo un …mode d’emploi per l’intervento contemporaneo nell’antico contesto. Sono un
“altolà”, verso le troppo superficiali ed ideologiche liquidazioni del “come sempre stato”. Sono un
ammonizione verso la pericolosa perentorietà dell'intervento troppo "autografo", ci dicono di muoverci
piano, di far del nostro agire “azione differita” che sappia rimettere in vita il passato senza negarne il
progress e la diretta con il presente. Vedi Entrez Lentment, Mostra a cura di P.Nicolin, Milano Salone del
Mobile 2005 in LOTUS 132/2008.
2
M.Manieri Elia, Architettura opera differita, «CASABELLA» 1999, n°
3
Ci si riferisce in particolar modo al forum di confronto teorico promosso sulle pagine della Rivista
Casabella nel corso del 1999 cui parteciparono le diverse voci di Secchi, Benvenuto, Masiero e altri
4
V.Quilici, La Vita delle Opere.
L’ambito del presente approfondimento tematico e progettuale abbraccia proprio tale ardua
questione.
Come liberare il sistema degli spazi di margine del Complesso delle Antiche Terme, dal ruolo di
preclusione e isolamento attualmente esercitato dalla sua sommessa, anonima, ma drastica,
recinzione? Verso quali soluzioni morfologiche e distributive orientare il ragionamento
progettuale per la ricostruzione di virtuose relazioni tra città e monumento? Su quali soluzioni
tecnologiche poter contare di quali espedienti disporre per bilanciare, contemperare, far salve le
concorrenti ma equivalenti istanze dell’apertura e della chiusura ?
La delicatezza della questione riposa proprio su questi interrogativi.
Riguarda il collocarsi “ambiguo” tra conservazione e vita. del complesso architettonico e
dell’intero riquadro territoriale sottoposto a vincolo archeologico-monumentale,
Riguarda, per l’azione progettuale che ad esso si rivolge il dover “muovere” tra opposti e
contrastanti termini:
•
•
•
separazione e legame funzionale / fruitivo con le aree contermini: necessità di
esercizio dei regimi proprietari, amministrativi, manutentivi e di sicurezza
tutela specifica e opportunità di istituzione di continuum contestuali e tematici con
la rete urbana dei sistemi archeologici e monumentali – circuiti di visita,
valorizzazione turistica, ecc
sacralità del sito e necessità d’integrazione massima con gli altri usi e “consumi”
urbani
Il tema del “bordo” delle Terme, per la specifica collocazione urbana del monumento, si trova
inoltre criticamente “in bilico” tra architettura e paesaggio.
Impegna pertanto sia il confronto e l’interazione tra ragioni antropiche e dominanti
naturalistiche, tra ratio costruttiva e valori dell’ambiente, sia, e soprattutto, impegna la
dimensione spazio-temporale che all’azione progettuale si impone quando essa si rivolge e si
orienta verso la creazione di una buona sintonia con la dimensione aperta del contesto. E’ il
caso delle nostre Terme. Il loro galleggiare nel paesaggio del parco monumentale centrale
della città stempera il loro peso monumentale, la loro imponenza, il loro rigore costruttivo. La
loro posizione sommersa ancorchè situata in alto e addossata al Colle dell’Aventinus Minus, il
loro “annegamento” nell’abbraccio della natura, indicano in maniera precisa e inequivocabile
quale azione progettuale possa meglio interpretarne immagine, posizione e ruolo urbano. Le
Terme sono un pezzo di paesaggio. Si sono immesse al suo interno e continuano a dialogare
con esso aprendo al movimento di azione e reazione reciproca tra i due universi del costruito e
dell’ambiente naturale. Sposando la lentezza del prodursi di continue interferenze.
Sottoscrivendo il loro generare forma …Lasciando sfumare i confini …
Per inserirsi nel flusso temporale della dimensione paesaggistica del complesso, il progetto “a
venire” dovrà abbandonare le tonalità assertive e perentorie, tralasciare le forme statiche e
risolutive, non inseguire completezze di assetti, non immettere sovrabbondanza di intenzioni. Il
buon progetto sarà quello che saprà utilizzare un linguaggio interrotto, inserirsi come parte
incompiuta, esprimere attesa, apertura, progress, movimento. Il progetto dei bordi, dei confini
verso la città sarà il primo, tra i diversi ambiti di intervento sul cospicuo corpo di questa
preesistenza, a doversi configurare come “azione nel paesaggio”, a doversi “mettere in
risonanza” con le rovine con il loro totale darsi, consegnarsi all’azione del tempo. Il progetto
dovrà cercare di affiancare, quasi di emulare l’azione agita dal tempo. Dovrà assomigliarle un
5
po’. Le grandi parole di Simmel, e quelle di Augé ci accompagnano e orientano il nostro fare.
Inoltre, e non ultimo, il tema del bordo, deve risolvere altre impegnative questioni riguardanti i
difficili domini dell’urbanistica e dell’ingegneria degli attraversamenti: i regimi veicolari
dell’intorno, le discipline del traffico di avvicinamento e aggiramento, la circolazione pedonale e
ciclabile, l’accessibilità, i parcheggi, la sosta breve, la compatibilità dell’immissione di nuove
strutture di servizio allo smistamento dei flussi, alle funzioni d’ingresso e di visita …
La collocazione e la definizione delle Porte d’accesso, la loro dotazione di sussidi, non solo di
sorveglianza e controllo ma anche di visibilità, di invito, chiamano infine in causa la altrettanto
consistente tematica dell’arredo: segnaletica specifica, illuminazione, supporti e dispositivi di
servizio alla sosta, attrezzature informative, data points …
5
Vedi G.Simmel, "La Rovina" e M. Augé, Rovine e macerie
Sfide contemporanee
Le implicazioni procedurali / operative, e quelle teorico/concettuali, che inevitabilmente si
affiancano, fanno dunque del tema del “bordo” una questione di non poco “momento”.
Così si è dimostrato essere non a caso in importanti sfide contemporanee.
Tra queste è quasi d’obbligo ricordare due capisaldi: i Percorsi di risalita all’Area
Archeologica Centrale di Atene 1954-57 di Dimitris Pikionis e la Sistemazione dell’Area
Archelogica di Selinunte di F.Minissi-P.Porcinai
Atene, una vera e propria «macchina paesaggistica (…) realizzata con un sistema di percorsi
6
lastricati, piccoli manufatti e strutture vegetali (…)» , è un lavoro apparentemente senza peso, è
il “debole” rifacimento di una pavimentazione, la tessitura di un parterre di camminamento, dal
7
quale tuttavia sprigiona una fortissima “valenza iniziatica”.
Attraverso lo sviluppo delle due vie di accesso, quella che sale ai Propilei e all’Acropoli e quella
diretta al Colle delle Muse e ai due Belvedere (Muse e Filoppapo) davanti al Colle del
Partenone, Pikionis spende infatti il meglio della sua sensibile e profonda conoscenza sia
dell’antichità che dell’arte moderna, mettendo a reagire l’agile e funzionale sistemazione del sito
con la classicità immobile dell’Architettura Classica, legando il movimento alla durata, la
leggerezza al peso e all’imponenza culturale del monumento di cui si attende l’apparizione.
Traccia disegni pavimentali sfrangiati e compositi, ove il gusto per il frammento, il moto cinetico
della pittura cubista, l’amore per l’opera aperta, filtrato attraverso la morbida fluttuanza
dell’architettura giapponese e dei giardini zen, si saldano con il riferimento alla sospensione
metafisica del suo amico De Chirico.
8
Ne discende un «diario estetico incompiuto scritto con i sassi e con le pietre» nel quale Pikionis
ci dà magistrale lezione di come ricostruire, attraverso l’artificio del “linguaggio interrotto”, una
nuova rete di relazioni, in sostituzione di quelle ormai scomparse, tra città e monumento, una
rinnovata sensazione di unità, simile a quella un tempo intercorrente tra Acropoli e antico
9
contesto.
Nella vicenda di Selinunte, possiamo purtroppo solamente apprezzare la bontà di un progetto
mai realizzato: la creazione del Parco Archeologico, interno ed esterno, commissionato nel
1973, dal Soprintendente V.Tusa al gruppo composto da Franco Minissi, Pietro Porcinai e
10
Matteo Arena, una volta sottratta l’area archeologica agli incombenti processi speculativi . Il
Parco esterno, di cui è più lamentabile l’incompiuto, mostrava tra l’altro intuizioni davvero
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notevoli :
12
• l’interramento del parcheggio;
• la creazione di un importante luogo di cerniera tra la città di Marinella e l’area vincolata:
la Piazza-Giardino come ampio spazio pubblico pedonale, denso di servizi informativi e
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d’accoglienza;
• la concezione di un “tridente d’accesso” quale macchina scenica, capace di far apparire
14
frontalmente, non appena varcato il confine, la “trilogia” dei Templi Maggiori;
• la restituzione alla lettura dei rapporti anticamente esistenti tra Città di Selinunte e la
sua Acropoli, sul Colle Nord di Manuzza, fatta riaffiorare sia attraverso l’andamento dei
percorsi, sia attraverso la sottolineatura di quanto resta visibile della Cinta Muraria e
della Porta che gli abitanti sopravvissuti eressero a loro difesa fuggendo e
15
asserragliandosi nell’Acropoli all’indomani dell’assedio Cartaginese;
6
T.Matteini, Paesaggi del tempo. Documenti archeologici e rovine artificiali nel disegno di giardini e
paesaggi, Firenze, Alinea, 2009, p.156.
7
Ivi
8
Vedi www. Premio Carlo Scarpa 2003. Sentieri di Pikionis
9
Vedi A.Ferlenga, Dimitris Pikionis, 1887-1968, Milano, Electa, 1999.
10
Vedi V.Tusa, Il Parco archeologico di Selinunte, in «Beni Culturali», n°1-2, 1981
11
Per tutta la vicenda e per le più recenti ipotesi di studio intorno alla creazione del Parco Archeologico di
Selinunte, vedi G.Guerrera Archeologia e città. Progetto per il Parco Archeologico di Selinunte, Palermo,
Ed. Eliografica, 2006.
12
Oggi miseramente realizzato a raso proprio di fronte all’ingresso principale
13
Attualmente vi si trova un accesso carrabile e una rotonda di smistamento verso il parcheggio,
assolutamente fuori scala. Della piazza-Giardino è rimasto uno spazio slabbrato e indefinito, occupato da
misere tettoie e box di vendita e perennemente saccheggiato da ambulanti
14
L’ingresso avviene oggi … in un punto “qualunque” del recinto, e la “macchina scenica” del “tridente” è
totalmente privata del suo effetto percettivo, essendo attraversata solo in uscita.
15
Selinunte-Città fu infatti erroneamente identificata con l’area dei ritrovamenti dei Templi, dell’Antico
Porto alla Foce del Modione e del Gorgo Cotone, del Santuario di Malophoros e dei tre Edifici Sacri. Il
gruppo Monumentale si estendeva invece a Nord dell’abitato, sulla Collina di Manuzza, come risulta dai
recenti studi e missioni del Istituto Germanico di Archeologia che hanno ricostruito il tracciato dell’antica
città distrutta nel 406 a.C. dai Cartaginesi.
•
•
la creazione di una “duna artificiale” di bordo tra via d’accesso ed Acropoli che avrebbe
non solo mitigato gli impatti infrastrutturali, ma anche creato uno strepitoso artifizio
16
“iniziatico” nel celare alla vista per poi rivelare d’un colpo la vista dei Templi;
la cura dell’intero nuovo sistema di bordo attraverso la definizione, diversificata a
seconda delle contiguità di contesto (aree verdi, infrastrutture di accesso e abitato di
Marinella), con un’articolata combinazione di interventi vegetali e morfologici, tra cui la
fascia di inedificabilità continua profonda circa 40 metri e la realizzazione dei sistemi di
recinzione e sicurezza “dissuasivi” attraverso una vasta gamma di piantagioni di specie
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arbustive spinose.
Tra le success-stories recenti sono sicuramente da riguardare
• la mise en valeur del Chemin du Pont du Gard a Remulins en Provence, coordinata
18
da J.P.Fiche che utilizza ambientazioni verdi per avvicinare il luogo archeologico con
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lieve impatto e “sobria contemporaneità” : pedonalizzazione e mise en lumière del
Ponte Romano sul Gardon (antico acquedotto di Nimes), recupero del suo degradato
sito tramite l’invenzione di 3 paesaggi d’avvicinamento al Monumento (Espace de vie,
Espace naturel de Decouverte ed Espace Naturel Protegé), ricorso a due differenti
trattamenti verdi per le due sponde del Gardon (l’ambiente secco della Garrigue in riva
sinistra e ambiente umido Romantique in riva destra);
• la Promenade del Parco Archeologico di Cesarea (Israele), la lunga passerella di
camminamento che S.Aronson inserisce come “paesaggio terzo”, costruttore di
comunicazione e relazione tra Teatro Romano, Ippodromo e Porto dell’Antica Colonia
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Romana (30 a.c.) e tra questi e i resti della città medievale;
• il Garden of Forgivness di Beirut, opera di K.Gustafson e N.Porter, straordinaria
ricomposizione in “paesaggio unitario” di un contesto di rovine assai esteso e
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complesso che, riportando in luce i luoghi sacri di ben 5 culti , oltre ad un secolare
palinsesto di rovine cosituite dalle strade romane, dalle domus e botteghe, alle mura
ellenistiche, sino alle opere fortilizie medievali, si appoggia sull’articolato supporto
orografico per gestire e dosare la conoscenza in un percorso di “effetti memoria”
(ricostruzioni, allestimenti evocativi di parti scomparse, impianti vegetazionali associati
alle epoche storiche e rappresentativi delle varie regioni del Libano) e progressive
apparizioni di rovine superstiti: schermature, Porte “principali” e “potenziali”, passaggi
obbligati, e “ambiti percettivi" in sequenza architettati al fine di produrre una “scoperta
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graduale”
• il Jardin Archéologique à Nimes-Caissargues di B.Lassus, un “giardino archeologico”
realizzato addirittura in un’area di sosta autostradale come Porta d’Accesso a Nîmes. E’
un caso del tutto speciale. Il “giardino” nasceva in principio per custodire, in un piccolo
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museo interno, i resti della Dame de Caissargues , rinvenuti durante il cantiere
autostradale, ma la particolare collocazione ha consegnato all’opera un significato ed
uno sviluppo del tutto speciali. Collocandosi lungo il tragitto dell’antica Via Domiziana,
tra l’Italia e la Spagna, l’opera doveva rappresentare la “romanità” dell’area e del
percorso di cui la città di Nîmes era tappa eminente. Doveva costituire la sua
comunicazione al pubblico sul doppio registro: dell’illustrazione della stratigrafia storicoculturale del paesaggio “romano” e della annunciazione del « (…) prossimo arrivo a
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Nîmes per gli automobilisti in transito verso la città(…)» configurandosi come un
“avamposto” sul tema dell’Epoca Romana per quelli provenienti dalla Spagna, e come
“ultima immagine” e “memoria” per quelli provenienti dall’Italia. Il “giardino”, ultimato nel
1992, è un eccellente “luogo intermedio” ove Lassus spende il meglio delle sue
capacità di narratore, inventore e paesaggista, attraverso l’impiego della grande scala
del gigantesco, geometrico, “tapis vert”, delle dimensioni di Versailles, posto
trasversalmente al tracciato autostradale per contrastarne e mitigarne l’impatto e la
grandeur; attraverso il riempimento dello scasso della dismessa cava preesistente in
situ, con andamento leggermente decrescente, a realizzare una “pente paysagères”
16
Le trincee in terra sono oggi diventate due. Il banale raddoppiamento ha non solo svilito e annullato il
ruolo di “schermo iniziatico” dell’unico rilevato previsto da Minnissi, ma negativamente acuito la
separatezza tra area archeologica e città. Vedi G.Guerrera, op.cit.
17
Vedi T.Matteini,Paesaggi del tempo. Cit. 2009, p.157.
18
Ne sono autori l’architetto J.P.Viguier, l’artista della luce J.Turrel, il designer M.Van Severeen e la
botanica / ingegnere agronomo, V.Mure
19
T.Matteini, op.cit. p.158
20
T.Matteini, op.cit. pp.159-160
21
Nell’area insistono preesistenze e resti di 7 chiese: tre moschee una cattedrale ortodossa, una cattolica,
una maronita ed una dedicata al culto di Maria. La “ricomposizione paesaggistica” e Porter è notevole
anche come simbolo di riconciliazione dei conflitti religiosi libanesi.
22
T.Matteini, op.cit. pp. 79-85
23
Scheletro occupante una sepoltura risalente al III° secolo a.C.
24
T.Matteini, op.cit. p.93
•
rivolta verso Nîmes (grand plateau con vista sulla città); attraverso la costruzione di
“false rovine” (il finto Teatro Ottocentesco di Nîmes – déplacement dal sapore della
migliore arte moderna da Magritte a Liechtenstein) e attraverso, infine, l’introduzione di
“macchine” per l’osservazione del paesaggio in lontananza (citazione di Le Notre): le
due “torri percettive” in grigliato e tubo metallico da cui è traguardabile la Tour Magne
(landmark del antico paesaggio romano), e all’interno delle quali si collocano
ricostruzioni in maquette delle maggiori preesistenze romane che … ci si avvia ad
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incontrare e visitare.
E, per tornare “ai nostri lidi”, non mancano indizi ultili anche nei nuovissimi studi del
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Laboratorio Tivoli per il Parco Lineare di Accesso a Villa Adriana di L.Paglialunga.
Per riorganizzare Via di Villa Adriana, si indietreggia il muro di confine della prospiciente
Fabbrica Trellborg, ex-Pirelli. Ne deriva una fascia di camminamento di profondità
variabile tra 6 e i 13 metri, per tutta la lunghezza del fronte e rialzata di 1.5 metri: una
passeggiata in quota riccamente arredata, alberata e attrezzata, in illuminotecnica per
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un magnetica e catturante “immagine notturna”.
L’irrisolto … leit motif
Ed è infine un tema ... di estrema urgenza ed impellenza per le "nostre" Terme.
A Caracalla infatti, dai circa due secoli, questo argomento e questa sequenza di spazi
di margine, attendono ancora la consacrazione di un’attenzione e di un intervento
specifico.
Inizia infatti nei primi anni dell''800 la moderna storia dei rapporti da costruirsi tra le
Terme e la Città e in particolare:
dal destino auspicato, per questa cospicua consistenza monumentale, tracciato dagli studi e
dalle progettazioni a partire dagli inizi ‘800, con il Parco-Musée en plein air del Projet du
Capitol, di cui le Terme costituivano il confine orientale;
al dibattito, di inizio secolo scorso, sulla città di Roma come “paesaggio di storie”, che muove
dal concept originario del Ministro Guido Baccelli per la Passeggiata Archeologica, e che
attraversa le visioni e intuizioni di Giacomo Boni per la realizzazione di un “sistema
paesaggistico di rovine” come “galleggiamento” di architetture e reperti interno ad un sistema
connettivo costituito principalmente da aree verdi, secondo il modello di Villa Adriana.
La configurazione tracciata da Boni, ispirata al “pittoresco”, si faceva portatrice di una nozione di
città aperta, viva, da fruire dinamicamente, e resa armonica attraverso la piantagione della
“Flora dei Monumenti”, come riportava il titolo del suo Trattato sulle specie compatibili con le
“Archeologie” dal punto di vista storico-culturale, estetico ed ecologico-ambientale.
Purtroppo, questa illuminata configurazione era destinata a scontrarsi duramente con le ipotesi
formulate da C.Ricci e A.Muñoz durante il ventennio fascista, a confliggere con le speculazioni
ideologiche del regime che portarono, in conclusione, a rigidezze di disegno, a retorici
geometrismi fatti di rettifili e pendants, di “ingegnerie stradali” e di aggressioni al verde, tanto da
scatenare un dibattito fittissimo attraverso le voci celebri di Gnoli, Giovannoni, Tomassetti,
Calza, Canovacci e Boni ...
Sebbene incompiuta, la visione di Boni, ci tramanda una linea poetica per il
ripensamento dell’ "Isola Terme" nel paesaggio della città archeologica. Ci consegna il
compito di dedicarci ad una revisione dei confini del Complesso, di progettare
dovutamente il suo re-inserimento fruitivo, nel circuito dei percorsi della città, culturali e
non, di ipotizzare forme e formule possibili affinchè quella del margine divenga
occasione di sconfinamento più che divisione ... affinché il tema del bordo divenga
sfida progettuale di saldatura e continuità tra archeologia e città.
Questa Sezione del Lavoro di Ricerca ne ha pertanto approfondito le dimensioni progettuali
indagandone le possibilità di riorganizzazione funzionale, fruitiva e percettiva.
25
Per l’illustrazione più dettagliata di quest’eccellente realizzazione, sia in relazione ai colti riferimenti di
Lassus alla Storia dei Giardini, sia in per le approfondite scelte di progettazione del verde, tra “vert
sauvage” e vert regulier”, vedi T.Matteini, op.cit. pp.93-99.
26
Progetto di Luigi Paglialunga. In L.Paglialunga, Laboratorio Tivoli. Progetti di trasformazione Urbana,
«Industria delle Costruzioni» n°401/2008 pp.104-106
27
Un altro caso interessante, anche se indubbiamente di segno diverso è il recentissimo "recinto" (20092011) realizzato a Merida J.M Sànchez Garçia come Centro Visitatori intorno al Tempio di Diana,
questa volta un “bordo chiuso” che oltre ad assolvere il ruolo di servizio al monumento (spazi utilitari,
commerciali e culturali), ripropone, in memoria, il sedime originario dell’Antico Foro. In Casabella
n°806/2011.
Il progetto del nuovo margine
Il "fil rouge" è la creazione di un Parco Lineare Perimetrale come autonomo percorso
di visita e di lettura del Complesso Monumentale, dall’esterno e dall’alto, che definisca,
nel contempo, le modalità di avvicinamento e di ingresso come
itinerari, di
osservazione e conoscenza, alternativi ma anche introduttivi e propedeutici rispetto ai
percorsi museali interni.
Il Parco Lineare si articola infatti in “cammini perimetrali” , i quali non si costruiscono solo sulla
loro specificità, né sulle loro caratteristiche di “luoghi dell’accesso”, ma svolgono e assolvono il
più precipuo compito di re-integratori urbani a saldatura delle continuità logico/percettive tra
interno-esterno, tra area archeologica e città mentre interagiscono in maniera fitta e complessa
con le altre categorie di intervento.
Tre i livelli progettuali:
•
definizione di un nuovo perimetro di recinzione, più fedele alla memoria dell’antico sedime
delle distrutte porzioni architettoniche di confine con il Colle Piccolo Aventino, Aventinus
Minor. In particolare si propone il ri-tracciamento "ad Esedra" del muro di delimitazione sud,
verso il Tempio di Giove, in ribaltamento, per simmetria, dell'Esedra Nord. Lo scomparso
andamento curvilineo di tale muro, è riproposto in chiave moderna, tramite la realizzazione
di un percorso/galleria in acciaio corten. Quest'ultimo svolge anche il ruolo di proteggere la
percorrenza pedonale, su questo lato, rispetto al traffico veicolare di aggiramento.
Lungo il perimetro, così ri-definito, si ri-allocano i varchi di accesso secondari al
Monumento. Essi sono attrezzati e predisposti per il superamento di impedimenti e
restrizioni dovuti a sicurezza e controllo: sistemi mobili e "a scomparsa", invenzioni di
recinzioni e accessi speciali, costituiscono opzioni aggiuntive di mitigazione dell' "effetto
chiusura".
•
la creazione di un “cammino perimetrale esterno”: riqualificazione degli spazi pedonali
pubblici al di fuori del recinto ( ricostruzione della percorribilità del piano pavimentale tramite
realizzazione di marciapiedi, slarghi, rampe e raccordi tra dislivelli, terrazze e cordonate,
nuovi cigli e dissuasori), connotandone i punti salienti attraverso aree belvedere, elementi di
arredo urbano, strutture informative, “macchine sceniche”. In particolare, in prossimità delle
Porte (i 2 ingressi alti ripristinati) sono collocati gli "Info-Totems", elementi verticali di
segnalazione in lamiera corten micro-forata e retro-illuminata, ospitanti pannelli informativi.
Mentre lungo il confine occidentale, il bordo a più alta quota, confinante con l'Aventinus
Minor, sono dislocate tre piazzole "mirador": stazioni attrezzate con particolarei "macchine
visuali", le "Peep-Boxes", dotate di asta illuminante e telecamere rotanti in acciao corten,
che consentono l'osservazione mirata del Complesso Termale attraverso la focalizzazione
delle sue porzioni più interessanti e meglio conservate (Calidarium, Frigidarium, Tempio di
Giove, ecc.)
•
organizzazione di un “cammino perimetrale interno” al recinto archeologico, collocato al di
sopra del circuito delle acque di alimentazione, che ne ribatte dinamicamente, e ne simula,
attraverso il percorso, il flusso dall’Acquedotto alle cisterne di immagazzinamento e di qui
all’interno dell’edificio termale: una passeggiata in quota rialzata (struttura flottante in
dogato ligneo di acero o cedro chiaro)) che collega le varie "stazioni informative" del
sistema dei 9+9 serbatoi, che si costituisce come specifico itinerario, di visita e di
conoscenza. Questo "cammino" è lo strumento che il progetto realizza per render
comprensibile e chiara la complessità dell’ingegnoso sistema idraulico romano, per
salvaguardarne i resti ancora visibili, facendoli riaffiorare, innescando un processo di
riconoscimento delle loro caratteristiche qualità e misure. Le soluzioni particolari prevedono
la "strallatura" di una passerella sospesa al di sopra dei bacini delle cisterne,
dall'andamento rettilineo spezzato che si incunea nei varchi dei "vasi comunicanti" tra
serbatoio e serbatoio. L'orizzontalità del cammino compensa le discontinuità altimetriche e
connette le ondulazioni del suolo senza alterare il "pesaggio delle rovine". Nel contempo
esso fa salvo il vincolo di "visita a norma" ottemperando al disposto legislativo contro le
"barriere architettoniche"
I sedimi e le dimensioni delle vasche (8.50 X 13.00) sono resi visibili tramite riquadratura e
cigliatura in lamina di acciaio corten e riempimento d'acqua a ri-creare la suggestione e
l'effetto della circolazione idrica. Lamiere curvate ribattono i contorni degli imbotti delle
arcate di passaggio (vasi comunicanti) tra vasca e vasca.
Un "ponte" elevato, alla quota del doccione dell'antico acquedotto, assume il ruolo di
Mirador principale verso le Terme, simulando, dell'antico manufatto ingegneristico, la forma
del braccio di adduzione iniziale, atualizzandone il ruolo in quello di elemento di raccolta e
condotta acque piovane per riempimento dei bacini e innaffiiatura dei parterres e degli spalti
verdi ri-costituiti.