Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico

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CENTRO DI RIFERIMENTO ONCOLOGICO DELLA BASILICATA
Rionero in Vulture (PZ)
Procedura Direzione di Area Ospedaliera – Comitato Ospedaliero per il Buon Uso del Sangue (COBUS)
File
Manuale delle procedure trasfusionali IRCCS\CROB
Redazione
Dott.ssa Cuomo Carmela (Dir. medico Med. Trasf.)
Data applicazione
Verifica COBUS (riunione del 3 / 5 /2011)
Copia Controllata
Approvazione COBUS (riunione del 3 / 5 /2011)
1. Oggetto e scopo
La presente procedura descrive le attività adottate in questa unità sanitaria al fine di garantire il
corretto uso del sangue e degli emocomponenti, altrimenti detto “Buon Uso del Sangue”. Tale
procedura è stata discussa ed approvata dal Comitato Ospedaliero per il Buon Uso del Sangue
(COBUS). Le raccomandazioni contenute nel presente Manuale sono formulate per categoria di
diagnosi o condizione clinica; la decisione di trasfondere o non trasfondere nel singolo paziente
deve essere presa dal medico combinando le conoscenze espresse dalle raccomandazioni di
questo Manuale con il giudizio clinico e le specifiche caratteristiche del paziente. In quest’ottica
il medico può doversi discostare dalle raccomandazioni fornite; tuttavia, l’allontanarsi in modo
significativo dalle raccomandazioni dovrebbe essere documentato e motivato nella cartella
clinica.
Il testo del manuale comprende:
1) le procedure che riguardano la richiesta di sangue e di emocomponenti a scopo trasfusionale;
2) il prelievo e l’invio al laboratorio immunotrasfusionale dei campioni di sangue necessari ai
test pretrasfusionali;
3) le modalità di assegnazione degli emocomponenti;
4) le modalità di trasporto;
5) le complicanze della trasfusione;
6) le modalità di registrazione e tracciabilità;
7) le indicazioni trasfusionali degli emocomponenti omologhi e autologhi;
Manuale delle Procedure Trasfusionali - 06.04.2011
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8) le lavorazioni effettuate dal Servizio Trasfusionale sugli emocomponenti e loro indicazioni;
9) le caratteristiche dei campioni di sangue per le indagini immunoematologiche e/o
pretrasfusionali;
10) la modulistica da utilizzare.
2. Campo di applicazione
Si applica alle attività connesse alla trasfusione di emocomponenti e farmaci plasmaderivati
effettuate nell’Ospedale Oncologico regionale di Rionero in Vulture “IRCSS/CROB””.
3. Responsabilità
La procedura deve essere applicata da tutte le strutture e gli operatori che partecipano alle
attività connesse alla trasfusione di emocomponenti e farmaci plasmaderivati.
Responsabilità specifiche sono riportate al paragrafo 5.
4. Documenti di riferimento
• Ministero della Sanità. Commissione Nazionale per il Servizio trasfusionale "Direttive
tecniche e promozionali al fine di divulgare le metodologie di riduzione della trasfusione di
sangue omologo (art. 16 legge 107/90)". Roma, giugno 1991.
• Direttiva Ministero della Sanità "Il Buon Uso del Sangue", Giornale Italiano dell'AIDS n°4 - 2
Febbraio 1993.
• Decreto del Ministero della Sanità 1° settembre 19 95 "Costituzione e compiti dei comitati per
il buon uso del sangue presso i presidi ospedalieri".
• Decreto del Ministero della Sanità 1° marzo 2000 " Adozione del progetto relativo al piano
nazionale sangue e plasma per il triennio 1999-2001".
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• Decreto del Presidente del Consiglio 1° settembre 2000 "Atto di indirizzo e coordinamento in
materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività
sanitarie relative alla medicina trasfusionale".
• Raccomandazione (R95) 15 del Consiglio dei Ministri del Consiglio d’Europa "Guida alla
Preparazione, Uso e Garanzia di Qualità degli Emocomponenti".
• Decreto del Ministero della Sanità 3 marzo 2005, "Caratteristiche e modalità per la donazione
di sangue e di emocomponenti".
• Decreto del Ministero della Sanità 3 marzo 2005, "Protocolli per l’accertamento della idoneità
del donatore di sangue e di emocomponenti".
• Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 191 “Attuazione della direttiva 2002/98/CE che
stabilisce norme di qualità e sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la
conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti”.
• Legge 21 ottobre 2005, n. 219 “Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione
nazionale degli emoderivati”.
• Ministero della Salute, “Raccomandazione per la prevenzione della reazione trasfusionale da
incompatibilità AB0”. Raccomandazione n. 5, marzo 2007.
• Decreto Legislativo 09 novembre 2007, n. 207. Attuazione della direttiva 2005/61/CE che
applica la direttiva 2002/98/CE per quanto riguarda la prescrizione in tema di rintracciabilità
del sangue e degli emocomponenti destinati a trasfusioni e la notifica di effetti indesiderati ed
incidenti gravi.
• Decreto Legislativo 09 novembre 2007, n. 208. Attuazione della direttiva 2005/62/CE che
applica la direttiva 2002/98/CE per quanto riguarda le norme e le specifiche comunitarie
relative ad un sistema di qualità per i servizi trasfusionali.
• Decreto Legislativo 20 dicembre 2007, n. 261 “Revisione del D.L. 19 agosto 2005, n. 191,
recante attuazione della direttiva 2002/98/CE che stabilisce norme di qualità e sicurezza per la
raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e
dei suoi componenti”.
• Raccomandazioni per la terapia trasfusionale in Neonatologia. Gruppo di studio SIMTI/SIN.
Edizioni SIMTI, 1a Edizione, Novembre 2006.
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• Standard SIMTI. Edizioni SIMTI, 1a Edizione, Settembre 2007.
• Raccomandazioni SIMTI sul corretto utilizzo degli emocomponenti e dei plasmaderivati.
Edizioni SIMTI, 1a Edizione, Settembre 2008.
5. Modalità operative
5.1 Consenso informato (per emocomponenti ed emoderivati)
L’articolo 4 del D.M. 1° settembre 1995 stabilisce l’obbligatorietà e le modalità di stesura del
consenso informato per i pazienti che necessitino di trasfusione di sangue ed emoderivati (vedi
allegato 2).
È quindi sempre necessario informare il paziente sulle indicazioni, sui benefici e sui rischi
legati alle procedure trasfusionali.
La decisione del medico di procedere alla trasfusione di sangue senza il preventivo consenso
scritto del paziente, può far riferimento al D.M. 1/9/95 art. 4 comma 3, il quale prevede che il
”medico” in caso di “pericolo imminente di vita, può procedere a trasfusione di sangue senza
consenso del paziente” a condizione che in cartella siano “indicate in modo particolareggiato le
condizioni che determinano lo stato di necessità” tale da giustificare questa omissione.
I rischi legali per il medico sussistono comunque, sia in caso egli proceda senza il consenso del
paziente, sia qualora si astenesse per mancanza dello stesso (denuncia per violenza privata se
trasfondesse senza consenso, perché azione contro il volere del paziente; denuncia per lesioni
personali o omicidio colposo per comportamento omissivo se, in stato di necessità, si astenesse
dalla trasfusione, specie nel caso in cui la negazione del consenso da parte del paziente non
risulti validamente espressa e documentata).
Le indicazioni del Comitato Ospedaliero per il Buon Uso del Sangue su tale argomento sono le
seguenti:
5.1.1 il medico può procedere alla trasfusione senza preventivo consenso informato scritto in
caso di paziente non cosciente, documentando chiaramente in cartella clinica lo stato di
necessità e le circostanze che rendono la trasfusione indifferibile, segnalando, inoltre, la
mancanza del consenso informato del paziente.
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5.1.2 in caso di mancato consenso alla trasfusione da parte di un paziente candidato ad
intervento chirurgico elettivo, il chirurgo adotta i provvedimenti conseguenti (anche
rifiutandosi di effettuare l'intervento).
5.1.3 se un paziente nonostante le informazioni ricevute, per motivi culturali e/o religiosi,
comunque rifiuta la trasfusione, il medico deve documentare in cartella i motivi del
rifiuto, tutte le misure cliniche e specialistiche adottate alternative alla trasfusione, la
continua evoluzione delle condizioni cliniche del paziente ed in modo particolare:
• la gravità delle condizioni cliniche,
• le misure alternative alla trasfusione messe in atto,
• il danno derivante dalla omessa trasfusione,
• la continuità della informazione al paziente.
5.1.4 in base all’articolo 4 comma 2 del D.M. 1/9/1995, in caso di pazienti minorenni, il
consenso deve essere rilasciato da entrambi i genitori oppure da chi in quel momento
esercita la patria potestà oppure dal giudice tutelare; in caso di disaccordo tra i genitori, il
consenso va richiesto al giudice tutelare.
5.1.5 il consenso, una volta ottenuto, deve essere conservato nella cartella del paziente.
5.1.6 il consenso, una volta dato, è valido per tutta la durata della patologia che ha determinato
il trattamento trasfusionale, in regime di ricovero, di day-hospital oppure ambulatoriale,
fino ad eventuale revoca esplicita e scritta da parte del paziente.
5.2 La richiesta di trasfusione
5.2.1 Globuli rossi, piastrine e plasma
5.2.1.1 La richiesta di Globuli Rossi, Piastrine e Plasma deve essere redatta sugli appositi
moduli cartacei sui quali è necessario indicare con precisione tutti i dati richiesti (vedi
allegato 2). La corretta ed univoca identificazione del paziente va garantita in ogni caso
ed è requisito essenziale per la prevenzione dell’errore trasfusionale. L’identificazione
del paziente deve essere attuata possibilmente da due operatori (medico al momento
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della compilazione della richiesta e infermiere al momento della compilazione e
prelievo della provetta pilota) attraverso l’adozione di almeno due riscontri concordanti
fra quelli disponibili: documento di identità del paziente, conferma attiva a voce dopo
richiesta di generalità al paziente da parte dell’operatore, eventuale braccialetto
identificativo, attribuzione di codice univoco per pazienti non coscienti. L’avvenuta
identificazione del paziente e degli operatori che l’hanno eseguita va documentata in
cartella clinica.
La corretta e completa compilazione delle richieste e dei relativi campioni costituisce
una precisa responsabilità del medico richiedente, ed è indispensabile per l’appropriata
scelta dell’emocomponente da assegnare al paziente, per la tempistica dell’evento
trasfusionale e per la prevenzione degli errori trasfusionali: il medico richiedente deve
quindi porre la massima cura ed attenzione nel controllo della richiesta e del
campione prima dell’invio al SIT. La corretta e completa compilazione della richiesta
permette inoltre al Medico Trasfusionista di valutarne l’appropriatezza, come stabilito
dall’art. 5 della legge 219/2005 e dall’art. 13 del D.M. 03/03/2005, anche a maggiore
tutela legale del Medico Richiedente, che in questo modo esplicita anche per iscritto
l’indicazione all’evento trasfusionale, evitando così ulteriori richieste telefoniche di
chiarimenti e conseguenti ritardi nella consegna degli emocomponenti.
5.2.1.2 Le richieste ordinarie (cosiddette “Non Urgenti” o anche “Programmate clinicamente
non differibili”), sono quelle richieste da soddisfare entro massimo 6 ore dal momento
del loro arrivo al SIT. Tali richieste dovranno pervenire al SIT di Melfi dalle ore 8.30
alle ore 11.00; le unità richieste saranno disponibili a partire dalle ore 12.30 fino alle
ore 16.30. Per le richieste pervenute oltre le ore 11.00 le unità saranno disponibili
entro le ore 10 del giorno successivo.
5.2.1.3 Le richieste dilazionabili (cosiddette “Programmate”) dovranno pervenire al SIT di
Melfi dalle ore 8.30 alle ore 11.00 accompagnate da una conferma telefonica da parte
dei day-hospital o dei reparti di degenza dell’IRCCS/CROB al SIT di Melfi sulla data
e l’ora precisa in cui dovranno pervenire le unità richieste.
5.2.1.4 Le richieste urgenti sono quelle richieste da soddisfare di norma entro un’ora dal
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momento del loro arrivo al SIT. Questa modalità di assegnazione, visto l’impegno
organizzativo che comporta, va utilizzata esclusivamente nei casi di reale urgenza
clinica. In caso di difficoltà nel rispettare questi tempi di evasione (per esempio, per il
riscontro di prove di compatibilità positive, o per la difficoltà a reperire emazie
compatibili), il personale del SIT prenderà contatto con il medico richiedente per
comunicare il fatto e concordare le azioni conseguenti.
Tali richieste vanno, in conclusione, riservate solo ai casi di reale urgenza altrimenti è
preferibile utilizzare quelle ordinarie (“Non Urgenti”).
5.2.1.5 Ogni richiesta, ordinaria o urgente, deve essere redatta su apposito modulo (vedi
allegato 2) in duplice (o triplice) copia: una sarà restituita al momento della consegna
della richiesta, e dovrà essere presentata al ritiro delle unità, quindi conservata nella
cartella clinica del paziente. L’originale sarà conservato presso il SIT.
5.2.1.6 Le richieste di Globuli Rossi in “massima urgenza” (o "urgentissime") sono riservate
alle situazioni cliniche di gravità tale (shock emorragico, gravissimi politraumatismi
ecc.) da rendere necessaria la trasfusione nel più breve tempo possibile, prima di
completare i test pretrasfusionali. Devono essere effettuate sull’apposito modulo (vedi
allegato 3), nel quale il medico sottoscriverà che per le gravissime condizioni cliniche
del paziente la trasfusione è necessaria prima di attendere l'esito dei test
pretrasfusionali. In questo caso il SIT assegnerà, prima del completamento dei test
pretrasfusionali, fino a quattro unità omogruppo AB0 se il gruppo del ricevente è già
noto, o di gruppo ZERO Negativo in caso di assenza di campione e/o di non certa
identificazione del paziente. Negli altri casi il SIT assegnerà unità ZERO Positivo o
Negativo in relazione all'emogruppo risultante dalla determinazione effettuata sul
prelievo. Stante l’estrema urgenza, l’addetto alla consegna della richiesta non deve
allontanarsi, ma attendere al SIT la consegna delle unità. Si sottolinea l’importanza
dell’idoneità del campione (v. allegato 1) in caso di richiesta urgentissima.
5.2.1.7 Nella frigoemoteca attualmente situata presso il Reparto di Ematologia (III piano)
dell’IRCSS|CROB di Rionero, sono disponibili dalle due alle quattro unità di
gruppo ZERO (Negativo) a disposizione dei medici solo per emergenze indifferibili,
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in attesa del contatto con il medico trasfusionista.
Sarà cura del medico che ha utilizzato le sacche di emoteca:
a) annotare sulla cartella trasfusionale del paziente il codice delle unità trasfuse ed i
dati temporali dello stesso;
b) compilare la richiesta nominale di ripristino con i codici delle sacche utilizzate
da richiedere e consegnare alla dott.ssa Cuomo Carmela, quale referente delle
frigoemoteche dell’IRCCS\CROB di Rionero. Quest’ultima, a sua volta inoltrerà
tale richiesta di ripristino al SIT di Melfi con sollecitudine, sia per garantire la
tracciabilità trasfusionale sia per evitare di rimanere senza scorta di emoteca;
c) compilare i moduli forniti dal SIT (modulo Richiesta Urgentissima di sangue), una
volta avvenuta l’assegnazione delle unità al ricevente, con i dati relativi all’evento
trasfusionale desunti dalla cartella trasfusionale;
d) restituire questi ultimi al SIT per la documentazione e la registrazione dell’avvenuta
trasfusione.
5.2.1.8 In orario notturno (20 – 8) o festivo il SIT copre in pronta disponibilità esclusivamente
casi di reale urgenza clinica non differibile: pertanto occorre che la valutazione delle
necessità trasfusionali dei pazienti già ricoverati avvenga in tempo utile per la richiesta
di unità o il ritiro di quelle già assegnate nelle fasce orarie di apertura del servizio.
5.2.1.9 Le richieste di trasfusione devono essere di norma accompagnate da un campione di
sangue del ricevente, per l’esecuzione dell’emogruppo (v. par. 5.2.4) e dei test
pretrasfusionali. Il campione dev’essere conforme alle caratteristiche specificate
nell’allegato 1.
5.2.1.10 La compilazione del modulo di richiesta e dell'etichetta del campione dev'essere
completa, leggibile, precisa, esatta e congruente, specie per quanto riguarda i dati
anagrafici del ricevente (Cognome, Nome, data di nascita), la patologia ed i parametri
ematologici relativi, il tipo di emocomponente da trasfondere ed i relativi tempi; i dati
anagrafici in particolare, devono corrispondere a quelli segnati sulle provette e sulla
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richiesta di gruppo. Il medico richiedente deve essere chiaramente identificabile e le
provette devono essere firmate dal responsabile del prelievo.
5.2.1.11 Qualora il medico del SIT valutasse la richiesta non appropriata in base alle indicazioni
previste dal presente Manuale, prenderà contatto con i responsabili di reparto per una
rivalutazione della stessa. In caso di persistente controversia, la richiesta sarà
comunque evasa, ma il problema sarà segnalato al Comitato Ospedaliero per il Buon
Uso del Sangue per le pertinenti azioni.
5.2.2 Il Type and Screen
5.2.2.1 Si intende per Type and Screen (TS) l’esecuzione del gruppo sanguigno e la ricerca di
anticorpi anti-eritrocitari per pazienti che hanno ragionevoli possibilità di essere trasfusi
per motivi clinici e chirurgici programmati.
5.2.2.2 Il Type and Screen si applica a tutti gli interventi chirurgici nei quali la probabilità di
trasfusione è compresa tra 0 e 30%, secondo il protocollo MSBOS (vedi oltre).
5.2.2.3 La richiesta di Type and Screen (TS) deve giungere al SIT sugli appositi moduli (vedi
allegato 2) almeno 48 ore feriali prima dell’intervento. Su questa provetta il SIT effettua
la prima determinazione di gruppo del paziente se non già noto. Il campione dev’essere
conforme alle caratteristiche specificate nell’allegato 1. La durata di validità del TS è
di una settimana in assenza di trasfusione o di 72 ore dal prelievo per le gravide e/o
per pazienti trasfusi o con anamnesi di parti/aborti nell’ultimo mese.
5.2.2.4 La procedura del TS può essere omessa quando le probabilità di trasfusione sono meno
del 5% e non sussistono problemi di tipo logistico.
5.2.2.5 In caso di TS positivo (presenza nel siero del paziente di anticorpi anti-eritrocitari),
questo non può essere utilizzato in sostituzione delle prove crociate. In questo caso il SIT
provvede a notificare al reparto di degenza la positività con apposita comunicazione
telefonica e scritta, nella quale viene inoltre specificato che la richiesta di trasfusione per
quel paziente deve giungere al SIT almeno 48 ore prima dell’intervento per consentire il
reperimento delle unità necessarie.
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5.2.2.6 In caso di necessità, se TS negativo ed ancora in periodo di validità, il Medico
Richiedente compila accuratamente in tutte le sue parti la richiesta di sangue (con data di
esecuzione dello stesso) e preleva un campione di sangue del ricevente con le stesse
modalità seguite per la richiesta ordinaria di emocomponenti. La richiesta ed il campione
vengono inoltrati al Servizio di Medicina Trasfusionale da un operatore che potrà ritirare
gli emocomponenti dopo massimo un’ora dall’arrivo della richiesta per trasportarli
direttamente in Sala Operatoria. La richiesta di emazie a seguito di TS può essere
inoltrata solo in orario di apertura del Servizio di Medicina Trasfusionale: lunedì-venerdì
dalle ore 8.30 alle ore 20, sabato dalle ore 8.30.
ATTENZIONE: in TS vanno richiesti esclusivamente gli emocomponenti che si intendono
trasfondere in Sala Operatoria e non devono essere intesi come emocomponenti a disposizione,
per cui la richiesta deve essere inoltrata solo per il numero di emocomponenti che si
trasfondono durante l’intervento o subito dopo. Per il periodo post-operatorio dovrà essere
inoltrata una nuova richiesta in presenza della specifica indicazione trasfusionale (che non è la
stessa di quella intraoperatoria).
5.2.4 Campioni di sangue
5.2.4.1 Il Gruppo Sanguigno deve risultare da una doppia determinazione effettuata su due
campioni diversi, prelevati in momenti diversi, dal paziente identificato in modo certo ed
univoco secondo le modalità specificate nel par. 5.2.1.1, riportanti i dati anagrafici del
ricevente (Cognome, Nome, data di nascita) e firmati dal responsabile del prelievo,
preferibilmente al letto del paziente. La esecuzione del prelievo per emogruppo in due
distinti momenti, oltre ad essere un obbligo previsto dalla legge, è fondamentale per la
prevenzione degli errori trasfusionali da incompatibilità AB0: il medico richiedente e
l’infermiere responsabile del prelievo devono quindi porre la massima cura ed attenzione
nel rispetto di tale prescrizione di legge. Il campione dev’essere conforme alle
caratteristiche specificate nell’allegato 1. La richiesta di emogruppo va effettuata
sull’apposito modulo (vedi allegato 2).
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5.2.4.2 In caso di richiesta ordinaria di sangue, la prima determinazione deve essere effettuata
precedentemente alla richiesta stessa; la seconda determinazione verrà eseguita sul
campione allegato alla richiesta trasfusionale. Pertanto, al momento del ricovero, è
necessario richiedere il gruppo sanguigno per quei pazienti che si presume possano aver
bisogno di trasfusione.
5.2.4.3 Quando il paziente viene ricoverato il giorno stesso della trasfusione, è possibile inviare
prima la richiesta del gruppo e, successivamente, si può inviare la richiesta di trasfusione
accompagnata da una seconda provetta su cui si effettueranno le prove crociate e la
seconda determinazione di gruppo sanguigno.
5.2.4.4 Solo in caso di richiesta URGENTE, il primo e il secondo campione, comunque
prelevati in momenti diversi, sotto la responsabilità del medico richiedente, possono
essere inviati al SIT in concomitanza con l'invio della richiesta di trasfusione.
5.2.5 Assegnazione e trasfusione
5.2.5.1 Ogni unità di emocomponenti assegnata è accompagnata da un modulo di assegnazione
che va restituito in copia al SIT, nel più breve tempo possibile, a trasfusione avvenuta.
5.2.5.2 Al momento del ritiro il personale addetto firmerà la distinta di consegna per la presa in
carico degli emocomponenti.
5.2.5.3 L'intervallo di tempo tra la consegna delle unità e la loro trasfusione, deve essere il
più breve possibile e comunque non superiore a due ore. In ogni caso è vietata la
conservazione degli emocomponenti nei frigoriferi dei reparti!!! Le unità di globuli
rossi possono anche essere temporaneamente conservate nelle frigoemoteche
autorizzate, dotate di allarme e sistemi di termoregistrazione.
Presso l’IRCCS\CROB sono presenti due frigo-emoteche adibite appositamente alla
conservazione temporanea del sangue e suoi derivati. Una delle due è attualmente
situata al III piano nel Reparto di Ematologia, l’altra al II piano presso il Reparto
di Terapia intensiva (messa a disposizione solo per l’U.O. di Terapia Intensiva).
La responsabile della gestione di tali emoteche è la dott.ssa Cuomo Carmela.
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Le unità di sangue assegnate dal SIT ai vari reparti dell’IRCCS\CROB e pervenute
presso le due frigo-emoteche in seguito a richiesta di trasfusione per un determinato
paziente ricoverato nel sopracitato istituto non potranno sostare per più di 72 ore (3
giorni) presso la sopracitata emoteca.
Allo scadere delle 72 ore verranno rimandate al SIT di provenienza accompagnate
dalla dichiarazione di corretta conservazione.
Il “Buon uso del Sangue” stabilisce che vadano richiesti esclusivamente gli
emocomponenti che si intendono trasfondere in un lasso di tempo massimo di 72 ore.
Quest’ultimi non devono essere intesi come emocomponenti a disposizione, per cui la
richiesta deve essere inoltrata solo per il numero di emocomponenti che si trasfondono
durante l’intervento o subito dopo. Per il periodo post-operatorio dovrà essere inoltrata
una nuova richiesta in presenza della specifica indicazione trasfusionale (che non è la
stessa di quella intraoperatoria)!!!!!!!!
N.B.= In condizioni abituali (trasfusione di una sacca in 1-2 ore) non è necessario, anzi è
sconsigliabile, riscaldare il sangue prima della trasfusione, salvo il caso di particolari
condizioni cliniche nel ricevente (crioglobulinemia, malattia da crioagglutinine) o di
trasfusione massiva e/o rapida di concentrati eritrocitari conservati in frigoemoteca a
4°C, che può indurre ipotermia, aritmie e arresto cardiaco, in particolare se le unità
vengono trasfuse mediante linee venose centrali, nel qual caso la quantità di sangue
pericolosa è anche minore. Per trasfusioni massive e/o rapide (>50 mL per kg per ora
per gli adulti e >15 mL per kg per ora per i bambini) è quindi indicato un sistema di
riscaldamento, effettuato con un sistema approvato per quest’utilizzo, dotato di controlli
ed allarmi che impediscano di raggiungere temperature elevate. Temperature superiori a
42°C sono pericolose per il rischio di emolisi, con conseguente coagulazione
intravascolare disseminata e shock.
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5.2.5.4 Il Plasma Fresco Congelato ed i Concentrati di Piastrine sono emocomponenti
altamente deperibili, pertanto devono essere trasfusi immediatamente al loro arrivo in
reparto (entro massimo 2 ore).
5.2.5.5 Prima della trasfusione, il medico trasfusionista ed un altro operatore del reparto
devono:
• verificare la corrispondenza dei dati identificativi del paziente riportati sui documenti
di accompagnamento e sulla sacca, direttamente con il paziente, se cosciente e lucido,
e/o con quelli riportati in cartella clinica.
• verificare la compatibilità teorica AB0 e Rh tra emocomponente da trasfondere e
referto di gruppo presente in cartella.
• Verificare la presenza del consenso informato.
5.2.5.6 Dopo la trasfusione, per la verifica della sua efficacia si raccomanda di valutare i
parametri ematici che si volevano correggere. In caso di trasfusione di:
• Emazie : Controllare emoglobina entro 24 ore dalla fine della trasfusione
• Piastrine : Controllare conta PLT 2-18 ore dopo la trasfusione
• Plasma : Controllare PT e aPTT, 4-6 ore dopo la fine dell'infusione
5.2.5.7 Registrare i dati richiesti sulla cartella trasfusionale e sul modulo di assegnazione, il cui
originale va conservato in cartella, mentre una copia deve essere restituita al SIT nel più
breve tempo possibile.
5.2.6 Il trasporto degli emocomponenti
5.2.6.1 Il trasporto degli emocomponenti, trattandosi di prodotti deperibili e sensibili alle
condizioni e variazioni di temperatura, dev’essere effettuato in tempi e modalità tali da
non pregiudicarne l’integrità e la vitalità.
5.2.6.2 Il tempo intercorrente tra il ritiro dell’unità al SIT e la consegna dell’unità al destinatario
dev’essere il più breve possibile (v. par. 5.2.5.3), come pure il tempo di trasporto per la
riconsegna di eventuali unità non utilizzate.
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5.2.6.3 Le unità di emazie devono essere mantenute per il minor tempo possibile a temperature
diverse da quelle di conservazione in frigoemoteca (2-6°C). Per tragitti prolungati vanno
utilizzati adeguati contenitori termoisolanti. L’esposizione delle emazie a temperature
troppo
basse
(congelamento)
o
troppo
elevate
(>42°C)
può
danneggiarle
irreversibilmente, con rischio di effetti avversi anche gravi/letali nel ricevente.
5.2.6.4 Le unità di plasma poiché scongelate a 37°C devono essere trasfuse il più presto
possibile dopo la consegna, per il rapido decadimento dei fattori labili della
coagulazione. Non possono in alcun caso essere ricongelate.
5.2.6.5 Le unità di concentrato piastrinico devono essere mantenute a temperature di 2024°C e
trasfuse il più presto possibile dopo la consegna; l’esposizione a
temperature uguali o inferiori a 15°C può danneggiarne irreparabilmente la
funzionalità post-trasfusionale, con potenziali effetti avversi anche gravi/letali per
il ricevente.
5.3 Complicanze della trasfusione
5.3.1 La comparsa di reazioni trasfusionali deve essere sempre segnalata al SIT (articolo 5,
comma 2 D.Lgs. 207 del 9 novembre 2007) con registrazione sul modulo di assegnazione
e successiva registrazione su apposito modulo. I Medici del SIT sono a disposizione per
la consulenza del caso.
5.3.2 In caso di reazioni gravi (emolitiche, settiche, ecc.), è necessario inviare, oltre alla
segnalazione, anche:
a. l'unità non completamente trasfusa con relativo set da infusione ed un campione di
sangue in provetta in EDTA prelevato da vena differente da quella della trasfusione, al
Servizio Trasfusionale.
b. le prime urine post trasfusione al Laboratorio Analisi.
5.3.3 In caso di diminuzione dell'emoglobina e/o aumento della bilirubinemia, non altrimenti
giustificati dal quadro clinico del paziente, è legittimo sospettare una reazione emolitica
ritardata: anche in questo caso va fatta una segnalazione al SIT come da punti 5.3.1 e
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5.3.2 accompagnata dai campioni ematici ed urinari per gli accertamenti del caso (es.
aptoglobina, bilirubina, creatinina, es. urine).
5.3.4 Classificazione e caratteristiche delle principali reazioni avverse in base
all’eziopatogenesi ed all’intervallo temporale d’insorgenza rispetto all’evento
trasfusionale:
5.3.4.1 Meccanismi immunologici immediati:
5.3.4.1.1 Reazione trasfusionale emolitica acuta: si manifesta con brividi, cefalea pulsante,
febbre, dolori toracici e/o lombari, senso di costrizione retrosternale, dispnea, nausea,
ipotensione, rossore cutaneo quindi pallore, orticaria, vomito, diarrea, anemia,
emoglobinuria, dolore in sede di infusione, oliguria, anuria, shock, CID, emorragie. Se il
soggetto è in anestesia generale, i segni clinici sono brusca caduta pressoria,
sanguinamento anomalo nel campo chirurgico, nei punti di iniezione e.v. o i.m.,
emoglobinuria. Si deve sospendere immediatamente la trasfusione, mantenendo pervia
una via di infusione per le necessarie terapie.
5.3.4.1.2 Reazione febbrile non emolitica: si presenta con brivido e febbre (aumento >1°C),
solitamente a causa di anticorpi antileucocitari o antipiastrinici presenti nel ricevente e
diretti contro antigeni leucocitari e/o piastrinici. Si consiglia di somministrare
emocomponenti deleucocitati nei pazienti che hanno presentato in precedenza tale
reazione.
5.3.4.1.3 Reazione allergica: si manifesta con orticaria e prurito; se localizzata, la trasfusione
può essere momentaneamente sospesa e ripresa, a giudizio del curante, dopo adeguata
terapia. In caso di orticaria generalizzata e/o eritema confluente è consigliato sospendere
definitivamente la trasfusione, anche dopo terapia adeguata e risoluzione dei sintomi.
Si tratta di una reazione frequente ma non grave, dovuta ad allergia a sostanze solubili
presenti nel plasma del donatore. In trasfusioni successive è indicata la trasfusione di
emocomponenti lavati e la premedicazione del ricevente con antistaminici e/o cortisonici.
5.3.4.1.4 Reazione anafilattica: può inizialmente manifestarsi con uno o più sintomi quali
tosse, broncospasmo, distress respiratorio, instabilità vascolare, nausea, crampi
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addominali, vomito, diarrea, shock, perdita di coscienza. La sintomatologia insorge dopo
l’infusione di pochi ml di sangue o plasma. Si consiglia di interrompere immediatamente
la trasfusione e di iniziare immediatamente un’idonea terapia. Vanno quindi eseguite le
indagini per accertare un eventuale deficit di IgA nel paziente: se confermato, il paziente
deve essere successivamente trasfuso esclusivamente con emocomponenti lavati
5.3.4.1.5 Edema polmonare non cardiogeno (TRALI): grave complicazione della trasfusione,
potenzialmente fatale e che richiede supporto ventilatorio ed assistenza in reparti di
rianimazione, derivante solitamente dall’interazione tra anticorpi antileucocitari e
leucociti. I pazienti si presentano con dispnea, cianosi, ipossia e segni e sintomi di edema
polmonare. Possono essere presenti anche febbre ipotensione riduzione della conta dei
GB e poi leucocitosi e i sintomi insorgono in genere precocemente (1-2 ore) e nella
maggior parte dei casi entro le 6 ore. Tutti gli emocomponenti possono essere implicati e
ci sono segnalazioni anche a carico di plasmaderivati (Ig). Nella maggior parte dei casi gli
anticorpi antileucocitari provengono dal donatore. Sono dimostrati casi in cui la patologia
inizia a partire da lipidi biologicamente attivi che si generano nella conservazione di
emocomponenti cellulari. In molte occasioni oltre all’interazione anticorpi-leucociti sono
necessarie condizioni predisponenti del paziente (chirurgia recente, cardiochirurgia,
malattie ematologiche, altre cause di distress respiratorio concomitante). Gli anticorpi
antileucocitari sono sia anti-HLA (di classe I e II) sia antineutrofili. I casi di TRALI
sembrano essere tanto più frequenti quanto maggiore è la componente plasmatica
dell’emocomponente trasfuso. È stato provato che più frequentemente questi anticorpi si
trovano in donatori politrasfusi e nelle donne pluripare: all’atto pratico quest’ultima
categoria sembra essere il serbatoio maggiore di anticorpi antileucocitari tra i donatori di
sangue.
Per prevenite la TRALI non esistono test di screening utilmente impiegabili. Per i
componenti cellulari sono utilizzabili le tecniche per allontanare o ridurre il plasma
dall’emocomponente. Queste tecniche sono più facilmente utilizzabili quando
incorporabili in uno step precoce di lavorazione.
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Per la trasfusione di plasma sono possibili strategie basate sulla selezione dei donatori o
sull’uso di prodotti diversi dal PFC. In Inghilterra sulla base dei dati provenienti dal
sistema di emovigilanza SHOT si è ritenuto di iniziare una strategia di riduzione del
rischio di TRALI escludendo dall’uso clinico il PFC proveniente da donatrici femmine. È
possibile limitare questa esclusione anche alle sole donatrici pluripare ed ai donatori/trici
politrasfusi. È possibile riservare l’uso di PFC “selezionato” ai pazienti con fattori di
rischio. Nessuna di queste strategie è stata ritenuta obbligatoria dal panel di esperti di una
Consensus Conference sulla TRALI svoltasi recentemente in Canada.
Prodotti derivanti da pool (plasma trattato con S/D) potrebbero essere teoricamente in
grado di diluire eventuali anticorpi del singolo donatore/trice fino ad un titolo non
pericoloso. Attualmente non sono disponibili dati che possano supportare in modo certo
tale ipotesi che richiede comunque una qualche forma di verifica sul materiale da trattare
o sul prodotto finito.
5.3.4.2 Meccanismi immunologici ritardati:
5.3.4.2.1 Reazione trasfusionale emolitica ritardata: si manifesta alcuni giorni (di norma 5-10)
dopo la trasfusione di concentrati eritrocitari in pazienti già precedentemente immunizzati
(trasfusioni, gravidanze), a causa della risposta secondaria allo stimolo immunogeno e
conseguente legame degli anticorpi neoformati con le emazie trasfuse ancora presenti in
circolo. I sintomi più comuni sono febbre, calo della concentrazione in Hb, ittero ed
emoglobinuria; meno comuni (6%) ipotensione ed insufficienza renale. Può tuttavia
decorrere con sintomi e segni sfumati o con soli reperti di laboratorio (positivizzazione
del test diretto all’antiglobulina).
5.3.4.2.2 Reazione di rigetto acuto contro l’ospite associata alla trasfusione (TA-GVHD):
complicanza rara ma potenzialmente fatale, causata dall’infusione di linfociti T del
donatore, che aggrediscono i tessuti del ricevente. I tessuti più colpiti sono cute, tratto
gastroenterico, fegato e midollo osseo. Clinicamente si presenta con febbre, rash cutaneo,
enterocolite con diarrea secretoria, danno epatico, pancitopenia. L’intervallo dalla
trasfusione alla comparsa dei sintomi è di circa 8-10 giorni.
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5.3.4.2.3 Porpora post-trasfusionale: una evenienza che interessa soprattutto pluripare e
soggetti politrasfusi che presentano porpora, ematomi o emorragie inspiegabili che
insorgono dopo 2-14 giorni da una trasfusione. Si presenta in soggetti negativi verso il più
comune antigene piastrinico HPA-1a e viene trattata usando emocomponenti privi
dell’antigene in causa.
5.3.4.2.4
Alloimmunizzazione:
a) eritrocitaria
frequentemente
asintomatica
essendo
riconosciuta soltanto in laboratorio, ma non clinicamente. Nelle forme con emolisi
ritardata i pazienti segnalano una mancanza inspiegabile di effetto benefico legato alla
terapia trasfusionale dopo trasfusione di globuli rossi e possono presentare esami di
laboratorio alterati; b) piastrinica un evento che interviene in pazienti che necessitano di
ripetute trasfusioni piastriniche. La refrattarietà viene trattata con l’uso di piastrine
compatibili ma nelle forme severe che non rispondono al trattamento sopra indicato si
richiede l’impiego di IG endovena o il ricorso al plasma exchange.
5.3.4.3 Meccanismi non immunologici immediati:
5.3.4.3.1 Sovraccarico circolatorio: si presenta con tosse, cianosi, difficoltà respiratoria,
cefalea, edemi periferici. Può essere causato da eccesso di fluidi infusi e/o eccessiva
rapidità di infusione, soprattutto in pazienti con compromissione cardiaca e/o polmonare,
anemia cronica, ipervolemia. Si consiglia di porre il paziente in posizione seduta e
somministrare diuretici ed ossigeno.
5.3.4.3.2 Sepsi post-trasfusionale: la reazione è causata da batteri presenti nel contenitore o
nell’emocomponente e dalle tossine prodotte da questi batteri. La sintomatologia è
caratterizzata da febbre molto alta o altissima, brividi, ipotensione grave, accompagnata
spesso da senso di nausea e da diarrea; può essere letale.
La trasfusione deve essere immediatamente sospesa e mai più ripresa.
La sacca, il set da trasfusione e ogni liquido infuso devono essere rimandati al SIT per
indagini immediate, che comprendano anche la colorazione di Gram e l’approntamento di
colture del componente rimasto nella sacca ed, eventualmente, dei fluidi infusi endovena.
Prima di istituireuna terapia antimicrobica è importante ottenere sangue dal paziente per
eseguire una emocoltura dato che rinvenire lo stesso microrganismo nell’emocoltura del
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paziente e in quella della sacca permette una diagnosi con un alto grado di certezza. In
considerazione delle alte percentuali di mortalità si deve istituire una terapia con
antibiotici a largo spettro appena sorge il sospetto di una contaminazione batterica. Si
deve anche istituire immediatamente una terapia di supporto per eventuali altre
sintomatologie associate alla sepsi.
5.3.4.3.3 Emolisi non immunologica: può intervenire per causa fisica (malconservazione a
temperatura < 0°C o >42°C, pompe di vario genere, aghi di piccolo calibro, ecc.) o
chimica (farmaci o soluzioni non isotoniche in doppia via con le emazie concentrate).
Questo tipo di emolisi può intervenire nei contenitori di trasporto o durante l’infusione
per bruschi mutamenti della temperatura, per traumi meccanici o per contatto con
soluzioni non isotoniche.
L’emoglobinuria può rappresentare l’unico sintomo rilevabile. Il trattamento deve
prevedere la sospensione immediata della trasfusione ed il mantenimento dell’idratazione
endovena con soluzioni isotoniche allo scopo di assicurare una diuresi efficace. La
prevenzione consiste nell’attenersi scrupolosamente alle corrette tecniche di lavorazione,
conservazione somministrazione degli emocomponenti; tali provvedimenti dovrebbero
minimizzare la possibilità di un’emolisi non immune.
5.3.4.4 Meccanismi non immunologici ritardati:
5.3.4.4.1 Sovraccarico marziale: Ogni unità di globuli rossi contiene approssimativamente 250
mg di ferro. I pazienti che necessitano di supporto trasfusionale continuato possono
presentare un accumulo di ferro a carico soprattutto di cuore, fegato e ghiandole
endocrine. Per ridurre tale sovraccarico è necessario, in alcuni pazienti, procedere ad una
terapia ferro-chelante.
5.3.4.4.2 Infezioni post-trasfusionali: Il sangue
è un materiale biologico proveniente da
donatori e di conseguenza reca in sé un rischio infettivologico intrinseco. Mentre in
passato certamente il rischio di contrarre infezioni virali, quali epatiti o infezioni da HIV,
era un evento non raro, oggi, con i nuovi tests di biologia molecolare, è molto remota la
possibilità di contrarre tali infezioni in seguito a trasfusione di emocomponenti. Con la
netta riduzione delle infezioni post-trasfusionali da HBV, HCV ed HIV, sono emerse
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temibili infezioni batteriche (specialmente correlate a trasfusione di concentrati piastrinici
per la proliferazione batterica facilitata dalla temperatura di conservazione a 22°C),
protozoarie e da patogeni emergenti, in seguito ai nuovi movimenti migratori della
popolazione ed alla maggiore frequenza di viaggi intercontinentali da parte dei donatori.
Nel 2007 ad esempio ci sono stati casi di Chikungunya in Emilia-Romagna e di recente ci
sono state segnalazioni di casi di infezione da West Nile Virus veicolato da zanzare in
Emilia-Romagna ed in Veneto. Entrambi i virus si possono trasmettere anche con la
trasfusione di sangue. Infine, ma assolutamente non meno importante, bisogna ricordare
la possibile trasmissione di prioni attraverso la trasfusione di sangue o plasmaderivati.
5.4 Indicazioni alla trasfusione di emocomponenti ed emoderivati
Le indicazioni sotto riportate sono state rielaborate sulla base delle informazioni ricavate dalla
letteratura specialistica, dalla Direttiva del Ministero della Sanità "Il Buon Uso del Sangue" del
Febbraio 1993, dalle Raccomandazioni del Consiglio d’Europa e dell’Unione Europea, e dalle
schede tecniche registrate dal Ministero della Salute.
In ausilio a tali documenti la Società Italiana di Medicina Trasfusionale ed Immunoematologia
(SIMTI) ha pubblicato le “Raccomandazioni SIMTI sul corretto utilizzo degli emocomponenti
e dei plasmaderivati”, 1° edizione 2008, nelle quali sono
elencate le “indicazioni di
comportamento clinico, elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura
e delle opinioni di esperti, con lo scopo di aiutare i medici e i pazienti a decidere le modalità
assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche”. I destinatari di tale documento
sono Medici ed Operatori Sanitari coinvolti nella cura di pazienti candidati a terapia
trasfusionale con emocomponenti e/o emoderivati.
L’obiettivo di tale documento è giungere ad un consenso sull’uso clinico di emocomponenti e
plasmaderivati. Le raccomandazioni non intendono sostituire in alcun modo la valutazione
clinica che il medico esegue sul singolo paziente, né l’esperienza personale del medico stesso,
ma vogliono rendere disponibile uno strumento di consultazione che possa anche consentire
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una verifica dell’appropriatezza. A questo scopo nelle raccomandazioni sono stati individuati
specifici indicatori di monitoraggio e valutazione, per l’effettuazione deIl’audit clinico,
differenziati per ogni prodotto. I benefici attesi sono: aumento dell’appropriatezza nell’uso
clinico di sangue e derivati; raggiungimento e mantenimento dell’autosufficienza a livello
locale e nazionale; raggiungimento e mantenimento dei livelli essenziali di assistenza in ambito
trasfusionale; maggiore coinvolgimento dei pazienti nelle decisioni relative alla terapia con
emocomponenti e plasmaderivati. Il processo di sviluppo di queste Raccomandazioni,
conformemente alle indicazioni contenute nel manuale metodologico del programma nazionale
per le linee guida (PNLG), si è avvalso delle revisioni sistematiche della letteratura o
dell’aggiornamento di raccomandazioni già esistenti sull’argomento. Viene fornita, inoltre, una
valutazione esplicita della qualità delle prove e della forza con la quale sono state adottate e
implementate le singole raccomandazioni. La metodologia impiegata nella preparazione dei
gradi di raccomandazione si è ispirata a quella utilizzata dalla Consensus Conference
dell’American College of Chest Physicians del 2004.
Le raccomandazioni seguono il sistema di classificazione per gradi, espressi in numeri arabi (1,
2), in funzione della forza, e in lettere (A, B, C), in funzione dell’evidenza emersa e del tipo di
studi. Viene usato il verbo “raccomandare” per i gradi più alti (1A, 1C+, 1B, 1C), e il verbo
“suggerire” per i gradi più deboli (2A, 2C+, 2B e 2C).
Non tutti i prodotti riportati nel presente capitolo sono attualmente disponibili; si è comunque
ritenuto di includerli nella trattazione in considerazione di un loro possibile futuro impiego.
5.4.1 Le emazie concentrate
Come parametri per la valutazione dell’anemia, il valore di Hb ed Ht da soli spesso non sono
sufficienti ad indicare la necessità di un supporto trasfusionale, ma devono essere valutati in
associazione ad altri parametri clinici, quali età, sintomatologia clinica, rapidità della perdita
ematica, funzionalità cardiaca, funzionalità polmonare, cardiopatia ischemica ed eventuali
trattamenti farmacologici.
5.4.1.1 Indicazioni alla trasfusione di emazie concentrate (CE):
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5.4.1.1.1 Trasfusione di CE nell’anemia acuta: la principale strategia terapeutica nel
trattamento dell’emorragia acuta è la prevenzione o la correzione dello shock
ipovolemico. Per assicurare ossigenazione tissutale è fondamentale ripristinare la
volemia mediante l’infusione di cristalloidi/colloidi, in quantità sufficiente a
mantenere adeguato il flusso ematico e la pressione sanguigna. Le indicazioni alla
trasfusione di CE nell’anemia acuta sono riassunte nella tabella I.
5.4.1.1.2 Trasfusione di CE nell’anemia cronica: nell’anemia cronica aumentano sia il
contenuto di 2,3-DPG nei globuli rossi, con spostamento verso destra della curva di
dissociazione dell’Hb, che la gittata cardiaca e la frequenza respiratoria. Per questo
motivo è rara la necessità trasfusionale in pazienti con valori dì Hb > 8 g/dL (Grado di
raccomandazione: 1A). In questo tipo di anemia va sempre valutata l’eziopatogenesi
allo scopo di trattarla, se possibile, con terapie alternative alla trasfusione [ematinici
nelle forme carenziali (ferro, vitamina B12, folati) e/o eritropoietina nell’insufficienza
renale cronica o nelle sindromi mielodisplastiche]. In presenza di marcata diminuzione
dell’ossigenazione per anormalità della funzione cardiocircolatoria o respiratoria può
essere considerata una soglia trasfusionale superiore a 8 g/dL (Grado di
raccomandazione: 2C+). Le indicazioni alla trasfusione di CE nell’anemia cronica
sono riassunte nella tabella II.
Tabella I – Criteri decisionali per la trasfusione nell’anemia acuta
Classe di
emorragia
Classe I
Classe II
Riduzione
volemia %
< 15 %
15-30 %
Perdita ml*
< 750
750-1.500
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Indicazione alla
trasfusione di CE
Non nec., se non è
preesist. Anemia
Non nec., se non è
preesist. anemia
GDR
2C+
2C+
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Classe III
30-40 %
1.500-2.000
> 40 %
> 2.000
Classe IV
Prob. necessaria
Necessaria
2C+
2C+
* In persona adulta di peso corporeo di 70 kg e con volemia di 5.000 mL
5.4.1.1.3 Trasfusione di CE in chirurgia: pazienti in buone condizioni cliniche e con valori di
Hb ≥10 g/dL raramente richiedono trasfusioni perioperatorie, mentre spesso
le
richiedono i pazienti con Hb intorno a 7 g/dL (Grado di raccomandazione: 1C+).
Tuttavia ogni decisione inerente alla trasfusione in ambito chirurgico deve tener conto
di altri fattori: tipo di intervento, entità e rapidità delle perdite ematiche, presenza di
condizioni cliniche concomitanti (età del paziente, malattie cardiache e/o respiratorie).
5.4.1.1.3.1 L’entità della richiesta chirurgica ed il protocollo MSBOS:
la richiesta di trasfusione in ambito chirurgico ha lo scopo di assegnare al paziente, in
lista d’attesa per un determinato intervento, un numero di unità tali da assicurare valori
di Hb ed ematocrito accettabili durante la procedura chirurgica in Sala Operatoria, non
eccedente l’indicazione MSBOS per quel determinato intervento (Grado di
Raccomandazione: 2C+).
Il protocollo MSBOS (Maximum Surgical Blood Ordering Schedule) è universalmente
utilizzato come strumento utile a valutare l’entità della richiesta in ambito chirurgico; è
calcolato valutando la frequenza di trasfusioni per ogni singolo intervento
considerando un periodo di tempo sufficientemente lungo per assicurare una buona
significatività statistica.
Il presente MSBOS è stato creato con una valutazione retrospettiva delle trasfusioni
effettuate dalle équipes chirurgiche di questa USL e rappresenta la pratica trasfusionale
in uso in essa.
La scritta TS sta per Type and Screen (vedi par. 5.2.2), che è proposto per tutti quegli
interventi nei quali la probabilità di trasfusione è compresa tra 0 e 30%. Quando le
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probabilità di trasfusione sono inferiori al 5% e non sussistono problemi logistici, la
procedura di TS può essere omessa.
Tabella II – Criteri decisionali per la trasfusione nell’anemia cronica
Valore di Hb
Indicazione alla trasfusione di CE
GDR
Hb < 8 g/dL
Dopo valutazione
dell’eziopatogenesi e di eventuali
alternative alla trasfusione
1A
Hb 8-10 g/dL
• Trasfondere CE in presenza di
marcata diminuzione
dell’ossigenazione (anormalità
della funzione cardiocircolatoria
o respiratoria)
• Pazienti in chemio-radioterapia o
piastrinopenici per ridurre il
rischio emorragico
Hb 9-9.5 g/dL
Hb < 7 g/dL, senza sintomi di vasoocclusione.
Se vaso-occlusione acuta o
in previsione di interventi chirurgici
maggiori o per prevenire o trattare
crisi vaso-occlusive acute
2C+
1C+
Pazienti talassemici
2C+
Pazienti con drepanocitosi
2C+
Eritro-exchange
2C+
PROTOCOLLO MSBOS (Maximum Surgical Blood Ordering Schedule)
N.
N.
massimo
massimo
di unità
di unità
Chirurgia generale
Laparotomia esplorativa
Esofagectomia
Chirurgia ortopedica
TS
4
Innesto di protesi totale d'anca
2
Innesto di protesi totale di
ginocchio
2
TS
Innesto di protesi totale di spalla
2
Gastrectomia totale
2
Innesto di protesi totale di gomito
2
Esofago-gastrectomia
4
Sostituzione di protesi d'anca
4
Resezione gastrica parziale
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Resezioni epatiche
2
Impianto di chiodo femorale
TS
Epatectomia
4
Rimozione di chiodo femorale
TS
4
Osteotomia
TS
Resezione anteriore del retto
TS
Biopsia ossea
TS
Resezioni ileali
TS
Paratiroidectomia
TS
Prostatectomia radicale
Tiroidectomia
TS
Adenomectomia prostatica
a cielo aperto
Resezioni coliche,
TS
TUR prostata
Resezione del retto per via
addomino- perineale
Urologia
TS
2
TS
emicolectomia, colectomia
Pancreasectomia
4
Chirurgia vascolare
Amputazione della gamba
Cistectomia
Nefrectomia radicale
TS
By pass aorto-femorale
2
By pass aorto-iliaco
4
TUR vescica
3
2
TS
Neurochirurgia
Esclusione dal circolo di
2
malformazione vascolare
cerebrale
Aneurismectomia aorta
4
Ematoma subdurale cronico
TS
6
Laminectomia per ernia discale
TS
addominale
Aneurismectomia aorta toracica
lombo-sacrale
Ostetricia/ginecologia
Stabilizzazione vertebrale
3
Laparo-isterectomia radicale
4
Pelviectomia
4
Biopsia polmonare
TS
TS
Pneumonectomia
2
TS
Lobectomia
2
Miomectomia (*)
Isterectomia per via addominale
Chirurgia toracica
o vaginale o videolaparoscopica(*)
Taglio cesareo elettivo
TS
(*) Se coesistenti: anamnesi di emorragia, previsione di intervento chirurgico complesso, terapie
anticoagulanti, condizioni emorragiche.
Quanto oltre riportato non si applica:
- in caso di reintervento
- quando si effettua più di un intervento nella stessa seduta
- in presenza di fattori di rischio noti (es. coagulopatia, piastrinopenia etc.)
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5.4.1.1.4 Trasfusione di CE nel Trapianto di Midollo Osseo (TMO): i pazienti candidati a
TMO devono essere trasfusi solo con emazie deleucocitate, possibilmente
omogruppo ed omofenotipo (Grado di raccomandazione: 2C+). La filtrazione con
filtri di ultima generazione costituisce una valida alternativa agli emocomponenti
CMV-negativi (Grado di raccomandazione: 1C). I pazienti sottoposti a TMO
dovrebbero essere trasfusi con emocomponenti irradiati e filtrati, fin dal momento
dell’inizio della chemio-radioterapia di condizionamento per la prevenzione della
Graft versus host disease (GVDH) e per 6 mesi o fino a quando i linfociti non
superano i 1000/µl. I pazienti trapiantati per combined immunodeficiency disease o
con GVDH cronica devono ricevere emocomponenti irradiati per un periodo più
lungo, fino a 2 anni (Grado di raccomandazione: 2C+).
Le emazie da trasfondere ai pazienti sottoposti a TMO allogenico devono essere
compatibili con il gruppo AB0 ed il fenotipo Rh di donatore e ricevente (Grado di
raccomandazione: 1C+).
5.4.1.1.5 Trasfusione di CE in neonatologia: nel neonato il valore soglia di Hb è più elevato
rispetto all’adulto 10 g/dL ed ancora più alto nelle prime 24 ore o in presenza di
insufficienza cardiaca o respiratoria (12-13 g/dL).
Le dosi di CE raccomandate sono di 5-20 mL/kg.
I CE utilizzati in epoca neonatale devono essere leucodepleti preferibilmente al
momento della raccolta (prestorage) o entro le 72 ore dalla stessa (Grado di
raccomandazione: 1C) e suddivisi in più aliquote di volume ridotto in modo da
ridurre il numero di donatori a cui si espone il ricevente.
Al fine di prevenire la GVDH è necessario trasfondere CE irradiati nelle trasfusioni
intrauterine e trasfusioni a neonati di peso alla nascita ≤ 1500 g e/o di età
gestazionale ≤ 30 settimane (Grado di raccomandazione: 2C+).
5.4.1.2 Dosi: La dose trasfusionale minima per singolo evento è due unità, salvo che nel
paziente pediatrico o in caso di grave sovraccarico cardiocircolatorio con rischio di
edema polmonare acuto (in questo caso la condizione va documentata nella richiesta
trasfusionale).
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5.4.1.3 Resa trasfusionale : Nell’adulto un’unità di CE aumenta l’Hb di circa 1 g/dL e l’Hct di
circa il 3% (nella tabella III sono riportati gli incrementi di Hb ed Hct in base al peso ed
alla volemia del paziente).
Nel paziente pediatrico la trasfusione di 5 mL/kg comporta un incremento dell’Hb di
circa 1 g/dL.
In caso di rese trasfusionali inferiori alle attese si suggerisce di valutare la presenza di
eventuali condizioni di perdita, sequestro, distruzione dei globuli rossi quali:
- sanguinamento occulto
- ripetuti prelievi ematici (soprattutto in età pediatrica)
- febbre, ipersplenismo
- cause immunologiche primitive o secondarie
- emolisi meccanica o di altra natura
Tabella III - Aumento medio di Hb ed Hct 24 h dopo la trasfusione di 1 unità di CE
MASCHI
FEMMINE
Aumento
Peso
(kg)
Volemia
Hb
(mL)
Aumento
Hct Volemia
Hb
Hct
(g/dL)
(%)
(mL)
(g/dL)
(%)
20
1.350
2.3
6.6
1.260
2.5
7.0
30
2.025
1.6
4.6
1.890
1.7
5.0
40
2.700
1.2
3.6
2.520
1.3
3.9
50
3.375
1.0
3.0
3.150
1.1
3.2
60
4.050
0.9
2.6
3.780
1.0
2.7
70
4.725
0.8
2.2
4.410
0.8
2.3
80
5.400
0.7
2.0
5.040
0.7
2.0
90
6.075
0.6
1.7
5.670
0.6
1.8
100
6.750
0.5
1.5
6.300
0.5
1.6
5.4.1.4 Indicazioni inappropriate:
- anemia con Hb> 10g/dL (in assenza di specifici fattori di rischio legati alle caratteristiche
cliniche del paziente)
- per espandere il volume ematico
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- in sostituzione di ematinici (ferro, vitamina B12, folati)
- a scopo ricostituente
- per accelerare la guarigione delle ferite.
5.4.1.5 Indici di monitoraggio per l’attivazione dell’audit clinico
Trasfusione di CE nelle seguenti condizioni:
- anemia con Hb> 10g/dL
- per espandere il volume ematico
- in sostituzione di ematinici
5.4.1.6 Trattamenti specifici
5.4.1.6.1 Filtrazione o leucodeplezione
La filtrazione consiste nella rimozione, mediante apposito filtro, dei globuli bianchi
contaminanti una unità di emocomponenti.
Indicazione all’utilizzo di CE leucodepleti
Indicazioni consolidate (Grado di raccomandazione: 1C):
- Prevenzione della reazione trasfusionale non emolitica (febrile non-haemolytic transfusion
reaction – FNHTR) indotta dalla presenza di anticorpi anti-leucocitari in:
a) Pazienti con ricorrenti FNHTR
b) Pazienti che necessitano di supporto trasfusionale di lunga durata
- Riduzione dell’incidenza di infezioni da CMV in:
a) Pazienti CMV-negativi con deficit immunitari congeniti o acquisiti
b) Riceventi CMV-negativi di Trapianto di Midollo Osseo (TMO) da donatore CMV-negativo
c) Donne in gravidanza, indipendentemente dallo stato sierologico verso il CMV, in
considerazione dell’effetto immunomodulante della trasfusione (riattivazione del CMV)
- Riduzione del rischio di rigetto in candidati a trapianto di cellule staminali emopoietiche
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- Prevenzione della refrattarietà alla trasfusione piastrinica
- Trasfusioni intrauterine, in prematuri, in neonati, in pazienti pediatrici fino ad 1 anno di età
Indicazioni possibili:
- Candidati a trapianto renale: l’utilizzo di CE leucodepleti consente di prevenire
l’alloimmunizzazione anti-human leukocyte antigen (HLA) ed il rischio di trasmissione del
CMV
- Immunomodulazione: non vi è sufficiente evidenza per raccomandare l’uso routinario di
emazie leucodeplete in pazienti chirurgici, allo scopo di prevenire infezioni post-operatorie o
recidive neoplastiche.
5.4.1.6.2 Lavaggio
Si applica ai concentrati eritrocitari e, talora, piastrinici.
Indicazioni (Grado di raccomandazione: 2C):
- Pazienti con deficit di immunoglobuline A (IgA)
- Prevenzione di reazioni allergiche non sensibili agli antistaminici
- Reazioni febbrili post-trasfusionali, presenti anche con l’impiego di emazie leucodeplete
5.4.1.6.3 Gamma Irradiazione
Si applica ai GRC ed alle Piastrine.
Consiste nel sottoporre l’unità ad una dose di raggi Gamma di 25-50 Gy.
Ha come effetto quello di bloccare la replicazione “in vivo” delle cellule T e si utilizza per
prevenire la GVHD post-trasfusionale.
Indicazioni (Grado di raccomandazione: 2C+):
- Trasfusione intrauterina e successive trasfusioni in neonati con peso alla nascita ≤ 1500 g e/o
età gestazionale ≤ 30 settimane
- Immunodeficit congeniti cellulari
- Trasfusione con emocomponenti donati da parenti di I e II grado(escluse cellule staminali e
concentrato linfocitario)
- Trapianto allogenico (fino alla fine della profilassi della GVHD, o al raggiungimento di
linfociti>1000/µL)
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- Donazione di midollo per trapianto allogenico (emocomponenti allogenici trasfusi al donatore
prima ed in corso di espianto)
- Autotrapianto di midollo o cellule staminali periferiche (PBSC) nei 7 giorni prima della
raccolta del midollo o delle PBSC e fino a 3 mesi dopo il trapianto o 6 mesi per i pazienti
sottoposti a irradiazione totale)
- Linfoma di Hodgkin e pazienti trattati con analoghi delle purine (fludarabina, cladribine,
deoxicoformicina)
- Per i pazienti sottoposti a chemioterapia, l’utilizzo di emocomponenti irradiati dovrà essere
deciso caso per caso, tenendo conto dell’intensità dell’immunosoppressione
Non è necessario infondere emocomponenti irradiati a:
- Pazienti con infezione da HIV
- Anemia aplastica
- Pazienti sottoposti a trapianti di organi solidi
- Chemioterapia per linfomi non-Hodgkin
- Leucemie acute
- Neoplasie solide
La richiesta di emocomponenti irradiati deve essere pianificata con congruo anticipo,
prendendo accordi col SIT: in particolare è necessario segnalare tempestivamente a
quest’ultimo la previsione della eventuale necessità di emocomponenti irradiati per un periodo
prolungato. Il SIT provvederà a reperire le unità necessarie.
5.4.1.6.4 CE congelati
Sono CE congelati in azoto liquido in Banche, possono essere disponibili solo previo
scongelamento ed allontanamento del crioprotettore e sono indicati solo in pazienti con
situazioni immunoematologiche complesse, quando non sono reperibili donatori compatibili
(Grado di raccomandazione: 2C)
5.4.1.7 Strategie per ridurre l’utilizzo di CE omologhi: l’autotrasfusione
L'autotrasfusione concorre alla realizzazione del buon uso del sangue.
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Le indicazioni alla trasfusione del sangue autologo sono le stesse del sangue omologo (vedi
sopra). Il programma di autotrasfusione va riservato agli interventi elettivi di chirurgia
maggiore con prevedibile fabbisogno trasfusionale di due o più unità di sangue e che
consentano tempi adeguati per la raccolta delle unità autologhe e per il recupero emopoietico
(Grado di raccomandazione: 2C).
Le metodiche attualmente utilizzate che permettono di ottenere sangue autologo sono:
1) predeposito
2) recupero intraoperatorio
3) recupero postoperatorio
4) emodiluizione acuta normovolemica preoperatoria
Le tecniche sopra descritte non si escludono a vicenda, ma sono integrabili tra di loro, (es.
predeposito + emodiluizione, predeposito + recupero intraoperatorio, predeposito +
emodiluizione + recupero intraoperatorio etc.).
5.4.1.7.1 Predeposito.
Consiste nella donazione del proprio sangue nel periodo (fino a 4 settimane) precedente
l'intervento. La richiesta di predeposito viene effettuata dal medico responsabile del paziente
sugli appositi moduli (vedi allegato 2), con la precisa indicazione della data dell'intervento
chirurgico.
Il paziente deve rilasciare un consenso informato al predeposito; se è un minore tale consenso
deve essere rilasciato dai genitori o dal tutore.
Su ogni unità predepositata viene verificata la negatività dei test sierologici per HBsAg, HCVAb e HIV-Ab.
Indicazioni al predeposito di sangue intero:
Sono in generale tutte quelle riportate nel protocollo MSBOS, nelle quali vengano previste
almeno due unità di sangue.
Più in particolare, viene ampiamente praticato il predeposito in previsione dei seguenti
interventi:
- By pass aortocoronarico
- Chirurgia vascolare maggiore
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- Protesi totale primaria d’anca
- Revisione di protesi totale d’anca
- Protesi totale di ginocchio
- Artrodesi vertebrale maggiore
- Interventi di neurochirurgia maggiore
- Resezione epatica
- Prostatectomia e cisectomia radicale
- Nefrectomia
- Atri interventi di chirurgia elettiva maggiore
- Difficoltà al reperimento di unità compatibili.
Non è indicato per:
- Artrodesi cervicale
- Discectomia intervertebrale
- Mastectomia
- Isterectomia
- Mammoplastica riduttiva
- Colecistectomia
- Tonsillectomia
- Parto cesareo
- Resezione prostatica transuretrale
- Tutti gli interventi con previsione di necessità trasfusionale inferiore alle due unità.
Motivi di esclusione
- Positività per HBsAg
- Positività per HCV-Ab
- Positività per HIV-Ab
- Emoglobina <11gr/dl, ematocrito <33%
- Età > 75 anni ; per i pazienti con età compresa tra i 70 e 75 anni, l’idoneità verrà valutata dal
Medico Trasfusionista in base allo stato generale ed agli esami ematochimici e/o strumentali
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- Paziente defedato
- Peso <35 Kg (ai pazienti di peso < 50 Kg prelevare circa 7 ml/Kg)
- Ipertensione non controllata da terapia farmacologica
- Ischemia critica
- Cardiopatie congenite cianogene
- Scompenso cardiaco
- Stenosi aortica
- Aritmie di origine ventricolare (escluse le extrasistolie monomorfe tardive)
- Paziente in terapia anticoagulante orale
- Anamnesi positiva per eventi cerebrovascolari (TIA, ecc.)
- Infezioni in atto con possibile batteriemia
L’intervallo fa i prelievi suggerito è di almeno una settimana e , comunque, non inferiore a 3
giorni, compatibilmente con la situazione ematologica del paziente.
L’ultimo prelievo deve cadere almeno 48 ore prima dell’intervento.
Modalità operative:
Il paziente, previa selezione iniziale operata dal medico di reparto sulla base dei requisiti e delle
indicazioni sopra citate, viene prenotato presso il servizio Trasfusionale (SIT), per l'esecuzione
del predeposito. Dovrà presentarsi all'appuntamento stabilito, con esami ematochimici di
routine, ECG, ogni ulteriore esame utile alla valutazione in presenza di particolari situazioni
cliniche e, se possibile, referto della visita anestesiologica.
Il medico del SIT, verificata l'indicazione clinica e l'idoneità fisica, procede all'esecuzione del
predeposito, previa raccolta del consenso informato e della firma del paziente e del medico
sulla sacca di prelievo.
La quantità di sangue prelevata ad ogni salasso sarà compresa tra i 350 e 450ml e comunque
valutata caso per caso dal medico trasfusionista responsabile della procedura; successivamente
verrà conservata in emoteca e, se non utilizzata in precedenza, fino alla scadenza (35 giorni dal
prelievo).
Nei pazienti pediatrici o comunque di peso inferiore a 50 Kg., la quantità di sangue da prelevare
è di 7 ml/kg.
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La richiesta di sangue autologo, compilata sul modulo di richiesta emocomponenti
accompagnata da un campione di sangue regolarmente identificato e firmato dal medico
responsabile del prelievo per la II determinazione di gruppo, può essere inviata al SIT che
provvederà all'assegnazione ed alla distribuzione delle unità richieste.
5.4.1.7.2 Recupero intraoperatorio.
Il recupero intraoperatorio consiste nell’aspirare dal campo operatorio il sangue perso durante
l’intervento chirurgico, e nel reinfonderlo dopo opportuno trattamento (lavaggio e filtrazione), e
solo nel caso di intervento con perdite intraoperatorie uguali o superiori a tre unità.
La procedura più utilizzata prevede la filtrazione ed il lavaggio con soluzione fisiologica delle
emazie raccolte mediante l'uso di separatori cellulari. Il prodotto finito è una sospensione di
eritrociti in soluzione fisiologica con Ht ideale compreso tra il 60 ed il 70 %, e viene reinfuso al
paziente durante o subito dopo l'intervento.
Indicazioni:
- pazienti di chirurgia cardiaca e vascolare;
- pazienti di chirurgia ortopedica (protesi d'anca, di ginocchio, interventi sulla colonna
vertebrale);
- altri pazienti chirurgici (chirurgia traumatica, trapianto di fegato, splenectomia, emotorace,
emopericardio).
Controindicazioni:
- infezioni: quando il contenuto intestinale o l’urina fuoriescono nella cavità addominale, nella
peritonite batterica, negli ascessi intra-addominali, nelle sepsi, nella osteomielite;
- tumori: possibilità di disseminare le cellule neoplastiche.
5.4.1.7.3 Recupero post-operatorio.
Consiste nel recupero del sangue che fuoriesce dai drenaggi chirurgici nell'immediato periodo
dopo l’intervento (abitualmente non oltre 6 ore), e nella sua reinfusione dopo lavaggio e
filtrazione.
Indicazioni:
- interventi di cardiochirurgia;
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- alcuni interventi di ortopedia (soprattutto nella protesi d’anca e ginocchio e nella grande
chirurgia del rachide).
Controindicazioni:
- le stesse del recupero intraoperatorio.
Rischi connessi al recupero perioperatorio del sangue:
- coagulopatia da diluizione: il sangue recuperato è povero di fattori della coagulazione e di
piastrine, pertanto possono verificarsi ipofibrinogenemia postoperatoria, trombocitopenia,
deficit antitrombinico, prolungamento del PT e dell’APTT.
- insufficienza renale: la presenza di cellule emolizzate può provocare insufficienza renale,
soprattutto in pazienti con funzionalità compromessa.
- embolia gassosa (rara).
- altri rischi: presenza di sostanze estranee come frammenti di osso, liquidi di irrigazione,
sostanze per uso topico, fluidi corporei.
5.4.1.7.4 Emodiluizione acuta normovolemica preoperatoria.
La tecnica, indicata solo se è prevista una perdita ematica rilevante ed in pazienti con
emoglobina normale o elevata, prevede la rimozione di sangue attraverso un catetere arterioso o
venoso immediatamente prima o dopo l’induzione dell’anestesia e prima dell’intervento e la
contemporanea infusione di soluzioni non cellulari (cristalloidi o colloidi) al fine di mantenere
una normale volemia.
La procedura viene eseguita in sala operatoria.
I vantaggi della emodiluizuione acuta normovolemica sono: minor perdita di sangue, riduzione
della viscosità ematica con miglioramento della capacità ossiforetica.
Può essere l'unica forma di autotrasfusione accettata dai pazienti Testimoni di Geova, qualora
sia possibile garantire la continuità prelievo-reinfusione.
Indicazioni:
- pazienti che possono sopportare un prelievo rapido di diverse unità di sangue prima
dell'intervento (soprattutto nella chirurgia vascolare).
Controindicazioni:
- alterazioni della funzionalità cardiaca e/o respiratoria tali da compromettere il compenso alla
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ridotta capacità ossiforetica;
- in caso di sepsi, ipertensione arteriosa grave, insufficienza renale o epatica gravi.
5.4.2 Il plasma fresco congelato (PFC o FFP)
Definizione:
Si tratta di un emocomponente ottenuto dal frazionamento del sangue intero o da una specifica
raccolta di plasma tramite aferesi (plasmaferesi), congelato entro 6 ore dalla raccolta con un
apparecchiatura che determini il completo congelamento entro un'ora, e conservato a
temperature tali da preservare adeguatamente i fattori labili della coagulazione.
Proprietà:
Questa preparazione contiene normali livelli plasmatici di albumina, dei fattori della
coagulazione e delle immunoglobuline. Deve contenere almeno il 70% dell’originale Fattore
VIII, degli altri fattori labili e degli inibitori “naturali” della coagulazione. Il plasma fresco
congelato ad uso clinico non deve contenere anticorpi antieritrocitari (non AB0) clinicamente
significativi.
Modalità di utilizzo
Lo scongelamento deve avvenire tra 30 e 37°C in bagno con agitazione continua a temperatura
controllata. Dopo lo scongelamento il plasma deve essere trasfuso al più presto e comunque
non oltre le 24 ore, se conservato in frigoemoteca a temperatura controllata di 4+/-2°C.
Il PFC dopo lo scongelamento non può essere ricongelato (Grado di raccomandazione:
1C+),
5.4.2.1 Indicazioni alla trasfusione di plasma:
Le principali indicazioni alla trasfusione di plasma sono elencate in tabella IV.
Tabella IV – Indicazioni alla trasfusione di plasma
Condizioni cliniche
GDR
1) Correzione di deficit fattoriali congeniti o acquisiti della coagulazione, per i quali non esista
concentrato specifico, con ratio di PT o aPTT>1.5 nelle seguenti condizioni:
a) Malattia epatica:
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- sanguinamento in atto
1C+
- prevenzione di sanguinamento in caso di chirurgia o procedura invasiva
2C
b) In corso di trattamento con antagonisti della vitamina K (se non è disponibile il complesso
protrombinico, che costituisce la prima scelta terapeutica):
1C+
- in presenza di emorragia intracranica o maggiore
- in preparazione di intervento chirurgico indifferibile
c) Coagulazione intravascolare disseminata (CID) acuta e sanguinamento in atto, in
associazione alla corrrezione della causa scatenante
1C+
d) Sanguinamento microvascolare in corso di trasfusione massiva (>1volume ematico), anche
prima del risultato di PT e aPTT
1C+
e) Deficit di singoli fattori della coagulazione, in assenza di concentrati specifici (per es. di FV), in
presenza di sanguinamento in atto o per prevenirlo in caso di procedure invasive
2)
Trattamento
aferetico
delle
microangiopatie
trombotiche
(porpora
1C+
trombotica
1A
trombocitopenica, sindrome uremico-emolitica, HELLP), come liquido di sostituzione
3) Ricostituzione di sangue intero per exsanguino-trasfusione 2C
2C
4) Angioedema ereditario in caso di mancata disponibilità di inattivatore della C1-esterasi 2C+
2C+
5.4.2.2 Controindicazioni assolute:
- deficit di IgA con presenza documentata di anticorpi anti-IgA
- documentata intolleranza verso il plasma o i suoi componenti.
Relative:
- scompenso cardiaco latente o manifesto
- edema polmonare.
5.4.2.3 Dosi:
La dose terapeutica raccomandata di PFC è di 10-15 ml di plasma pro chilo di peso corporeo. Il
dosaggio di PFC dipende in ogni modo dal monitoraggio della situazione clinica e dei parametri
laboratoristici (Grado di raccomandazione: 1C+), che possono giustificare la somministrazione
di dosi superiori di PFC.
5.4.2.4 Compatibilità AB0/RhD
Deve essere impiegato plasma AB0 compatibile con il ricevente (Grado di raccomandazione:
1C+). Il PFC può essere somministrato senza rispettare la compatibilità Rh; non è
necessaria la profilassi anti-D per i riceventi Rh-D negativi trasfusi con PFC (Grado di
raccomandazione: 1C+),
5.4.2.5 Reazioni avverse alla trasfusione di plasma (v anche par. 5.3.4):
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Reazioni allergiche:
- lievi (orticaria) si osservano nell’1% dei pazienti,
-severe e anafilattiche: in meno di 1 caso su 100.000, caratterizzate da arrossamento cutaneo,
ipertensione, dolore sottosternale, bronco spasmo, dispnea e collasso cardio-respiratorio dovute
ad ipersensibilità alle proteine infuse o ad anticorpi anti-IgA.
TRALI: edema polmonare acuto non cardiogeno che insorge entro 4-6 ore dalla trasfusione di
PFC. La sua prevenzione è attuabile mediante l’utilizzo per uso clinico di plasma da donatore
maschio mai trasfuso e da donatrice mai trasfusa e nullipara, oppure mediante l’impiego di PFC
S/D.
Reazioni febbrili: compaiono in meno dell’1% dei pazienti trasfusi con PFC e fino al 10% dei
pazienti sottoposti a plasma-exchange.
Tossicità da citrato: Velocità di infusione elevate possono causare effetti cardiovascolari come
risultato della tossicità da citrato (caduta del livello plasmatico del calcio ionizzato)
specialmente in pazienti con disordini della funzione epatica e neonati.
Trasmissione di infezioni: il processo di congelamento inattiva i batteri ed una contaminazione
e crescita batterica prima del congelamento è estremamente improbabile. Persiste il rischio,
anche se minimo, di trasmissione di infezioni virali o di altri patogeni non testati o non
conosciuti.
GVDH: nessuna segnalazione di GVDH PFC-associata in letteratura, pertanto non è necessario
irradiare il plasma in quanto il processo di congelamento è di per sé linfocitolitico.
Sovraccarico di circolo: soprattutto in pazienti con insufficienza renale o cardiopolmonare.
Inibitori contro proteine deficitarie: possono essere sviluppati dopo trasfusioni di plasma, in
pazienti con gravi deficit congeniti di fattori della coagulazione.
Reazioni emolitiche da incompatibilità ABO: raramente l’incompatibilità tra anticorpi presenti
nel PFC e antigeni eritrocitari del ricevente può risultare in reazioni emolitiche trasfusionali di
tipo immediato o ritardato; tuttavia la somministrazione di PFC deve essere basata sulla
compatibilità di gruppo ABO.
Porpora post trasfusionale: Raramente possono essere presenti specifici anticorpi anti-piastrine
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ad elevata attività che possono indurre una porpora post trasfusionale (PTP) caratterizzata da
dispnea, rash, febbre, porpora generalizzata e trombocitopenia marcata.
5.4.2.6 Indicazioni inappropriate:
- ipovolemia (cristalloidi, colloidi sintetici, albumina al 5% sono più sicuri, più economici e più
facilmente disponibili)
- chirurgia se non presenti deficit coagulativi ed emorragia in atto
- procedure di plasma exchange (esclusa la PTT)
- supporto nutrizionale
- trattamento di stati di immunodeficienza
- uso secondo formule prefissate, es. 1 unità di plasma ogni 5 unità di EC in corso di trasfusione
massiva
- ipoprotidemia
- correzione di deficit coagulativi congeniti o acquisiti di fattori della coagulazione non
accompagnati da emorragia, o correzione di disturbi emostatici nelle epatopatie croniche non
scompensate in senso emorragico (Grado di raccomandazione: 1C+).
5.4.2.7 Indici di monitoraggio per l’attivazione dell’audit clinico:
a) Trasfusione di PFC nelle seguenti condizioni:
- per espandere il volume ematico
- ipoproteinemia
- correzione di immunodeficit
- a scopo nutrizionale
- correzione di deficit congeniti o acquisiti di fattori della coagulazione non accompagnati da
emorragia, o correzione di disturbi emostatici nelle epatopatie croniche non scompensate in
senso emorragico
b) Valutazione dell’appropriatezza del dosaggio di PFC
5.4.2.8 Indicazioni all’uso clinico del plasma nel neonato
Le indicazioni all’uso clinico del plasma sono le stesse di quelle dell’adulto anche se occorre
tener presente che
• il neonato è un paziente con una lunga aspettativa di vita e quindi eventuali effetti collaterali
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acquistano un peso maggiore. Pertanto indicazioni e controindicazioni all’uso del plasma sono
vieppiù subordinate all’attenta valutazione di ogni caso clinico;
• l’emostasi neonatale presenta caratteristiche diverse rispetto a quella dell’adulto. La
valutazione dei test coagulativi deve pertanto essere definita in base allo scostamento da valori
normali specificatamente calcolati sulla popolazione neonatale.
• Nella letteratura e nelle Linee Guida valutate, nei casi in cui il plasma è indicato, viene
raccomandato in prima istanza l’uso di quello inattivato o quarantenato a meno che non sia
prontamente disponibile e l’attesa di tale prodotto possa compromettere la risoluzione clinica
del caso. Fa eccezione la precisa scelta del Regno Unito di utilizzare Plasma MB per i nati
dopo il 1996 (soggetti verosimilmente non esposti al rischio di BSE da catena alimentare).
Requisiti dell’emocomponente
Immunoematologiche: gruppo AB o compatibile con gli Antigeni AB0 del neonato
Dose Plasma: 15 ml/kg
Dose Crioprecipitato: 5-10 ml/kg
Indicazioni alla trasfusione di plasma in neonatologia:
1) CID con sanguinamento in atto
2) Sanguinamento o procedura invasiva in concomitanza a deficit coagulativo vit. K
dipendente, o assenza di fattore specifico
3) Deficit congeniti dei fattori della coagulazione in assenza di fattore specifico; quando
disponibile il fattore carente ricombinante deve essere preferito (Grado di raccomandazione:2C)
- in caso di non disponibilità del Concentrato specifico (deficit di FV e FXI);
- in caso sospetta Coagulopatia congenita e la presenza di emorragia acuta non permette di
attendere l’esito dei tests diagnostici;
- se il trattamento non può essere ritardato dall’attesa del Concentrato specifico
4) Neonati con coagulopatia significativa ed in associazione alle seguenti condizioni:
a) rischio di sanguinamento (pretermine con età gestazionale ≤ 28 settimane e/o intubati con
pregressa IVH di 48/72 ore)
b) sottoposti a procedura invasiva
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5) Insufficienza Epatica acuta grave: Crioprecipitato (se Fibrinogeno < 0.8 – 1.0 gr/L) e Plasma
fino al recupero della funzionalità epatica o al trapianto (insufficienza epatica di grado meno
importante in assenza di sintomatologia emorragica potrebbero non richiedere terapia con PFC
a patto che non siano necessarie procedure invasive).
6) Exanguinotrasfusione, come liquido di ricostituzione del sangue in toto;
5.4.2.9 Indicazioni inappropriate in neonatologia:
- Per ripristino dei liquidi, come plasma-expander: l’uso di plasma come profilassi nei neonati
pretermine non ne riduce la mortalità,
- come profilassi delle Emorragie Periventricolari
- nel trattamento della policitemia, se non associata a CID
5.4.3 Il plasma quarantenato
Definizione:
Il PFF-DR (Fresh Frozen Plasma- Donor Retested) è un plasma ottenuto dal frazionamento di
sangue intero o da aferesi che viene validato solo in occasione di una successiva/successive
conferma della negatività dei test di screening virologici di quel donatore.
Potenzialmente è un metodo in grado di ridurre il rischio residuo di infezione virale ed
aumentare così la sicurezza trasfusionale.
L’unità di plasma rapidamente congelata entro 6 ore dalla donazione deve essere conservata a
temperatura idonea, inferiore ai –30°, per un perio do (non meno di 112 giorni) sufficiente a
coprire l’eventuale sieroconversione (periodo finestra) dei virus testati.
Caratteristiche:
Sono quelle del plasma fresco congelato.
Efficacia :
Non sembrano sussistere differenze sostanziali tra PFF-DR, PFF S/D
Sicurezza infettivologica:
La quarantena sembra ridurre il rischio residuo di trasmettere HIV, HCV e HBV di un fattore
10.
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Questa metodo non offre garanzie verso altre infezioni virali, come i sottotipi HIV e HCV,
virus emergenti e non testati e verso i prioni.
Qualità:
La quarantena non modifica la qualità del plasma in quanto, se correttamente conservato, il
plasma mantiene tutte le proprietà del PFC.
Limiti
La quarantena non elimina completamente il rischio di infezioni virali (da virus non tipizzati o
da virus emergenti) ma ha il vantaggio di non avere effetti indesiderati sulla qualità del plasma.
La quarantena aveva sicuramente maggiore importanza quando i test di validazione erano solo
sierologici e ha perso interesse dal momento in cui è stata introdotta la NAT (per evidente
riduzione del periodo finestra). Attualmente, nell’era dei test di biologia molecolare, la
quarantena potrebbe richiedere tempi più ridotti di stoccaggio per i virus HIV e HCV. La
riduzione della zona finestra è invece limitata per il virus HBV.
La quarantena presuppone inoltre una accurata organizzazione del lavoro sia per quanto
riguarda gli aspetti logistici che informatici anche per limitare l’eccesso di unità indisponibili
per uso clinico.
Indicazioni, controindicazioni, effetti collaterali e dosi:
Le stesse del PFC
Vantaggi e svantaggi
Vantaggi: è un prodotto ampiamente sperimentato, con rischi e reazioni ben definiti, che ha una
buona sicurezza virale che aumenta con la leucodeplezione prestorage, un margine terapeutico
efficace, nessuna manipolazione industriale, è prodotto da singolo donatore, ha un volume fra
i 220 ml e i 600 ml e un costo/ml relativamente basso.
Svantaggi: richiede una buona organizzazione, sia logistica che informatica, il rischio residuo
per virus emergenti o non testati permane, il prodotto non è standard e permangono i rischi
immunologici propri del PFC.
5.4.4 Il plasma trattato con solvente/detergente (plasma s/d)
Definizione, caratteristiche e limiti
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Il trattamento con S/D prevede lo scongelamento delle singole unità che sono quindi sottoposte
a filtrazione per rimuovere elementi e frammenti cellulari, la successiva costituzione di pool ed
il trattamento con Tri(n-butyl)fosfato (TNBP) e Triton X-100. Successivamente il solvente ed il
detergente sono rimossi con estrazione con olio, cromatografia idrofobica e filtrazione sterile.
La dimensione dei pool varia per i diversi produttori. La tecnologia OCTAPLAS (Europa)
prevede pool di 380 litri, quella VITEX (USA) prevede pool molto più ampi, di 1500 litri,
mentre in Francia sono usati pool di 40 litri. I diversi procedimenti industriali danno luogo a
prodotti con caratteristiche simili, ma non identiche. La metodica è efficace (riduzione 4-6 log)
nei riguardi dei virus dotati di envelope (fra i quali HCV, HBV, HIV, WNV), ma non verso
quelli non dotati di envelope. I lotti prodotti in Europa sono testati per la contaminazione con
HAV e Parvivirus B19. La metodica non è attiva verso i prioni.
La metodica provoca una riduzione dei fattori (riduzione fino al 28% del FVIII) e degli inibitori
della coagulazione, rilevante in particolar modo per quanto riguarda Proteina S, Inibitore della
plasmina e α1 antitripsina. La proteina clivante il VWF è presente in dosi fisiologiche. Con la
metodica di produzione VITEX (USA) la riduzione di PS è molto marcata. In alcuni lotti
prodotti in Italia con la metodica Octaplas il dosaggio della PS libera è risultata superiore a
0.50UI/ml. I multimeri ad alto peso del VWF sono ridotti. Il contenuto dei fattori della
coagulazione è costante nei diversi lotti e non c’è variabilità tra le singole unità. La produzione
in pool è potenzialmente in grado di ridurre la concentrazione di eventuali allergeni e di
eventuali anticorpi, inclusi quelli antileucocitari, presenti in singole donazioni e ridurre la
frequenza e/o gravità di reazioni allergiche e di TRALI. La produzione in pool è potenzialmente
in grado di moltiplicare l’infettività di agenti non inattivabili (prioni, virus non dotati di
envelope) presenti in singole donazioni. È possibile la produzione di pool di plasma S/D
composti di donazioni opportunamente miscelate per essere trasfuse senza la necessità di
rispettare la compatibilità AB0 (Uniplas).
Indicazioni:
Le indicazioni del plasma S/D sono le stesse del plasma fresco congelato. Le modalità di
somministrazione riportate sulla scheda tecnica del prodotto limitano la trasfondibilità dello
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stesso a non più di un’ora dallo scongelamento. Un recente studio, che ha valutato l’effetto
della conservazione a +4°C di plasma S/D, conclude che al la temperatura indicata, può essere
conservato per più giorni senza una riduzione significativa dell’attività dei fattori
della
coagulazione.
Controindicazioni:
Le controindicazioni sono le stesse del plasma fresco congelato.
L’uso del plasma S/D (metodica americana, non in commercio in Italia) è stato controindicato
dalla FDA nei casi di trapianto epatico e nei pazienti coagulopatici con malattia epatica severa.
Non è indicato per la correzione dell’iperfibrinolisi causata da deficit dell’inibitore della
plasmina. Anche con la metodica europea l’uso del plasma S/D quando sia necessario
trasfondere grandi quantità di plasma (trapianti epatici, regimi di plasma-exchange intensivi) va
valutato attentamente caso per caso ed è necessario un monitoraggio mirato dell’equilibrio
coagulativo (vedi effetti indesiderati).
Dosi:
La posologia è la stessa del plasma fresco congelato.
Effetti indesiderati (v anche par. 5.3.4):
Oltre agli effetti descritti per il plasma fresco congelato, sono stati descritti casi di emorragia
e/o trombosi venose profonde in soggetti epatopatici in corso di trapianto epatico e affetti da
microangiopatia trombotica sottoposti a plasma-exchange.
Questi effetti sono stati attribuiti alla carenza di inibitori della coagulazione (Proteina S,
inibitore della plasmina e α1 antitripsina). La riduzione di tali fattori è minore con la metodica
europea, ma sono segnalati anche in casistiche che utilizzavano il plasma S/D europeo.
Plasma S/D trattato con la metodica francese ha provocato iperfosfatemia duranre il trattamento
e tale metodica è stata recentemente modificata per ridurre tale rischio.
5.4.5 Il plasma trattato con blu di metilene e fotoinattivazione (MB plasma)
Definizione, caratteristiche e limiti metodica:
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Il processo di fotoinattivazione virale del plasma con blu di metilene si applica a unità singole
di plasma fresco congelato da sangue intero o aferesi, ed è efficace (fattore di riduzione Log10
compreso fra 4 e 6) nell’inattivazione dei virus dotati di envelope (fra i quali HCV, HBV, HIV,
WNV) e anche di alcuni virus non dotati di envelope, mentre in altri casi (quali HAV e
Parvovirus B19) è inefficace. Il metodo non è efficace verso i prioni.
Il processo consiste nell’introduzione in condizioni sterili di dosi micromolari di blu di metilene
nella sacca originale, in una fase di incubazione e nella successiva esposizione a luce visibile
bianca in condizioni controllate relativamente a durata, temperatura e dose di irradiazione. Il
processo può essere effettuato industrialmente (dopo scongelamento in condizioni controllate
della sacca originale), o presso le strutture trasfusionali.
Il metodo provoca una riduzione dei fattori e degli inibitori della coagulazione in proporzioni
diverse: da circa il 30% di riduzione del fibrinogeno e del FVIII, al 25% del FXI e a circa il 3%
dell’antitrombina III. Il decremento osservato abitualmente non è tale da scendere al di sotto del
limite minimo del range terapeutico efficace del prodotto finito. Della riduzione va tuttavia
tenuto conto nel determinare la dose del trattamento (vedi oltre).
Il blu di metilene residuo avendo affinità molto bassa con le proteine plasmatiche può
eventualmente essere rimosso al 90% circa con un apposito filtro, che non riduce ulteriormente
i fattori e gli inibitori della coagulazione.
Indicazioni:
Le indicazioni e le modalità di somministrazione del MB plasma sono le stesse del plasma
fresco congelato. Un recente studio policentrico su pazienti con TTP trattati con
plasmaexchange, riporta un aumento del rischio di progressione della malattia nel braccio
trattato con plasma MB.
Controindicazioni:
Nei casi sotto indicati l’utilizzo è attualmente controindicato o va effettuato utilizzando
l’apposito filtro:
Donne in gravidanza ed in allattamento
Prematuri, neonati e trasfusioni intrauterine
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Pazienti con grave insufficienza renale
Pazienti con metaemoglobinemia associata a carenza di G6PD
Pazienti con carenza congenita di G6PD.
Dosi: La posologia è la stessa del plasma fresco congelato. In casi nei quali ciò sia necessario, e
non sussistano prevedibili rischi di sovraccarico cardiocircolatorio, la dose può essere
eventualmente incrementata del 20-25% per tener conto del decremento dei fattori e degli
inibitori della coagulazione.
Effetti indesiderati (v anche par. 5.3.4): Oltre agli effetti descritti per il plasma fresco
congelato, il MB plasma alle dosi utilizzate nella pratica clinica corrente non presenta
abitualmente effetti indesiderati legati al contenuto di blu di metilene. In trattamenti subcronici
in animali di laboratorio con MB ad alte dosi per via orale si è osservato unicamente un
incremento dose-dipendente della metaemoglobina Inoltre, non può essere escluso un danno
genetico in considerazione della natura di mutageno del MB. Tali effetti indesiderati, sebbene
poco probabili alle dosi abitualmente usate, sono teoricamente osservabili anche con il
trattamento con MB plasma; possono essere minimizzati dall’utilizzo del filtro, ma neppure in
questo caso possono essere totalmente esclusi.
5.4.6 Considerazioni finali sull’uso clinico del plasma
Alla luce della letteratura e delle linee guida disponibili e di quanto sopra riportato, tenuto
conto inoltre dei contenuti della Raccomandazione del Consiglio d'Europa 11/2003
“Introduction of pathogen inactivation procedures for blood components” e della ultima
edizione della Raccomandazione n° R (95) 15 del Comitato dei Minis tri agli Stati membri
“Preparazione, Uso e Garanzia di Qualità degli Emocomponenti”, si esprimono le seguenti
considerazioni finali:
- L’uso clinico del plasma è basato su consolidate pratiche non sempre supportate da evidenze
altrettanto solide;
- La R (95) 15, nel capitolo “Precauzioni d’uso” , afferma che il Plasma non deve essere
utilizzato se sono disponibili prodotti alternativi sottoposti ad inattivazione virale;
- La Raccomandazione del Consiglio d'Europa 11/2003 “Introduction of pathogen inactivation
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procedures for blood components” tuttavia riporta che:
• Gli standard attuali di sicurezza del plasma fresco congelato sono elevati;
• Il costo beneficio dei metodi di quarantena e/o inattivazione dei patogeni sull'incremento in
termini di salute dei pazienti trasfusi non è stato ancora definito;
• I metodi di inattivazione attualmente disponibili possono avere un impatto negativo sulla
qualità degli emocomponenti trattati;
- Ciascuna metodica di incremento della sicurezza del plasma (quarantena e inattivazione)
comporta specifici vantaggi e svantaggi derivanti da ipotesi da verificare nella realtà o da
segnalazioni episodiche, tali da non poter considerare attualmente nessuna metodica preferibile
ad un'altra;
- Il costo delle procedure di quarantena e/o inattivazione è elevato rispetto all'aumento di
sicurezza ottenuto;
- Gli emocomponenti inattivati possono comportare imprevedibili eventi avversi a lungo
termine;
- La quarantena può comportare un impatto negativo sull'effettiva disponibilità degli
emocomponenti e provocare un eccesso di unità indisponibili per uso clinico ed inoltre non
influire sulla sicurezza relativa a malattie trasmissibili attualmente sconosciute o ritenute non
influenti.
- Nell’adottare o meno determinati provvedimenti gli elementi determinanti sono, più che le
conoscenze disponibili ed evidenti, considerazioni di ordine economico, sociale, legale e di
gestione del rischio.
5.4.7 Il concentrato piastrinico
Indicazioni:
Il trattamento e profilassi delle emorragie dovute a deficit quantitativo/qualitativo primitivo o
secondario delle piastrine
Concentrati piastrinici disponibili
Il concentrato piastrinico può essere ottenuto per centrifugazione da una donazione di sangue
intero fresco oppure da una donazione in aferesi ed il contenuto di PLT varia in relazione al
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prodotto:
- CP da pool di buffy coat: contenuto minimo 2,5x1011
- CP da aferesi: contenuto minimo 3 x1011
- CP da plasmapiastrinoaferesi o da prelievo multicomponent: contenuto minimo 2 x1011
I pool di CP da singola unità di sangue intero ed i CP da aferesi contengono circa la stessa
quantità di PLT; gli studi comparativi hanno dimostrato la loro equivalenza terapeutica, sia in
termini di incremento post-trasfusionale che di efficacia emostatica, se trasfusi freschi e simile
incidenza di effetti collaterali (Grado di Raccomandazione: 1A).
I CP da pool espongono il ricevente ad un maggior numero di donatori rispetto a quelli da
aferesi. Dopo una procedura validata di leucodeplezione, i CP da aferesi sono una accettabile
alternativa ai CP CMV negativi per la prevenzione dell’infezione da CMV.
Compatibilità AB0/RhD:
I CP trasfusi dovrebbero essere ABO-identici per una resa efficace o almeno ABO-compatibili.
I CP di gruppo O possono essere usati per pazienti di gruppo A, B, AB solo se risospesi in
soluzioni additive/conservanti, o saline, o se negativi per anti-A e anti-B ad alto titolo (in gel test IgM ≥1: 64 e/o IgG ≥1:256) (Grado di raccomandazione:2C+)
I CP ABO-incompatibili hanno efficacia ridotta ed è preferibile evitarne l’uso (Grado di
raccomandazione: 1C+)
I pazienti Rh negativi, in particolare le donne in età fertile, dovrebbero ricevere, se possibile,
CP Rh negativi (Grado di raccomandazione: 1C).
In caso di trasfusione di CP Rh positivi ad una donna Rh negativa, in età fertile, dovrebbero
essere somministrate 250 UI di Ig anti-D, dose in grado di assicurare copertura per la
trasfusione di 5 dosi terapeutiche di CP in 6 settimane. (Grado di raccomandazione: 1C)
5.4.7.1 Linee guida per la trasfusione di PLT
Anche in questo caso il trigger trasfusionale non è basato esclusivamente sulla bassa conta
piastrinica, ma quest’ultima deve essere correlata alle condizioni cliniche del paziente.
Indicazione assoluta alla trasfusione piastrinica è una severa piastrinopenia accompagnata da
emorragie clinicamente rilevanti.
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Nei pazienti piastrinopenici una compensazione di una eventuale anemia concomitante,
riportando l’Hct intorno al 30%, può
ridurre il rischio
emorragico
(Grado di
raccomandazione:1C+)
Indicazioni
Le indicazioni all’utilizzo dei CP a scopo profilattico sono elencati in tabella V, mentre quelle
in corso di sanguinamento sono indicate in tabella VI.
Tabella V - Indicazioni trasfusione di CP come profilassi
Condizione
Soglia: PLT/µl
GDR
LA, esclusa FAB-M3 in paziente instabile
20.000*
1C+
LA in fase di stabilità, esclusa la FAB-M3
10.000
1A
LA, esclusa la FAB-M3, se rischio di alloimmunizzazione e/o
5.000
1B
Come sopra se risolta
2C
refrattarietà elevato
FAB-M3
coagulopatia in esordio
Aplasia midollare e mielodisplasie, in paziente instabile o durante
10.000*
2C+
5.000-10.000
2C+
Trapianto di midollo osseo allogenico
10.000
2C+
Trapianto di midollo autologo da peripheral blood stem cell (PBSC)
10.000
2C+
Neoplasie vescicali o tumori necrotici, durante trattamento aggressivo
20.000
1C+
Neoplasie solide durante il trattamento attivo
10.000
2C+
Interventi di neurochirurgia o oculistica
100.000
2C
50.000-100.000**
2C+
Interventi di chirurgia maggiore in sedi non critiche
50.000
2C+
Puntura lombare, anestesia epidurale, endoscopia con biopsia,
50.000
2C+
Soglia non prevista
2C+
trattamento attivo
Aplasia midollare e mielodisplasie in fase di stabilità
Interventi di chirurgia maggiore con altri fattori di rischio
posizionamento CVC, biopsia epatica
Biopsia osteo-midollare
* Paziente considerato clinicamente instabile se:
- febbre >38,5°C
- sindrome settica
- aspergillosi invasiva
- terapia con amfotericina B
- disordini plasmatici della coagulazione
- cefalea importante
- alterazion/modificazioni dello stato di coscienza
- deficit neurologici
- alterazioni del visus
- emorragie minori recenti
- rapido calo del conteggio piastrinico
- GB>75.000/µl
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**Fattori di rischio complessivo di sanguinamento:
- tipo ed estensione dell’intervento
- abilità nel controllo emorragia intraoperatoria
- conseguenze di sanguinamento incontrollato intraoperatorio
- alterazioni funzionalità piastrinica (CEC, farmaci, ecc.)
- altre comorbilità
Tabella VI - Indicazioni trasfusione di CP in corso di sanguinamento
Condizione
Soglia: PLT/µl
GDR
Soglia non prevista
2C+
50.000-100.000
2C
75.000
2C
Soglia non prevista
1A
50.000
2C
Deficit funzionali piastrinici (congeniti o acquisiti) con emorragia perioperatoria
Soglia non prevista
2C
Trombocitopenia autoimmune con emorragia maggiore e/o pericolosa (es. gravi
Soglia non prevista
2C
Soglia non prevista
2C
Trapianto autologo di PBSC con emorragia di grado II WHO o superiore
Paziente chirurgico con sanguinamento in atto
Durante trasfusioni massive
Circolazione extracorporea con emorragie senza causa chirurgica o di altra
coagulopatia
CID acuta con emorragia importante e piastrinopenia
emorragie intestinali, endocraniche, endooculari)
Porpora post-trasfusionale con emorragie gravi, in attesa della risposta alle IVIG
5.4.7.2 Indicazioni all’utilizzo di CP nel neonato
Le indicazioni alla trasfusione piastrinica nel neonato sono riepilogate nella tabella VII.
Tabella VII - Indicazioni trasfusione di CP in neonatologia
Neonatologia
Soglia: PLT/µl
GDR
Trombocitopenia alloimmune: CP di donatori privi dell’Ag in causa (es madre
20.000-30.000
2C
20.000-30.000
2C
30.000-50.000
2C
50.000-100.000
2C
irradiati, lavati e sospesi in plasma AB0 compatibile)
Trombocitopenia di qualsiasi natura
Peso
alla
nascita
<1.000
g,
pregressa
emorragia
cerebrale
intraventricolare/intraparenchimale (48-72 h), coagulopatia concomitante, neonato
critico (con sepsi o pressione arteriosa fluttuante), in corso di procedura invasiva
Emorragia in atto
5.4.7.3 Dosi medie:
Paziente pediatrico: 0,5x10
11
PLT/10 kg
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Paziente adulto: circa 3x10
11
PLT (1 CP da aferesi o 1 CP da pool di 5-8 buffy coat)
Calcolo dose di PLT da trasfondere:
3
PI x BV x 1,5
11
Dose piastrinica (x 10 ) = ---------------------------
PI = incremento piastrinico desiderato (x10 /µl)
BV = volume ematico paziente (L) (= sup. corp. in
2
100
m x 2,5 oppure kg di peso x 0,8)
1,5 = fattore di correzione
5.4.7.4 Controllo dell’efficacia trasfusionale
E’ fondamentale come guida per eventuali successive trasfusioni piastriniche. A tale proposito
si suggerisce di controllare la conta piastrinica pre-trasfusionale, dopo 1 ora dalla trasfusione e
dopo 20-24 h, calcolando l’incremento corretto (CCI) (Grado di raccomandazione: 1C+)
CP-POST – CP-PRE
CCI = ---------------------------------------------- x BSA
11
N° PLT trasfuse (x10 )
CP-POST = conta PLT post-trasfusionale (PLT/µL)
CP-PRE = conta PLT pre-trasfusionale (PLT/µL)
BSA = superficie corporea in m
2
L’incremento corretto della conta deve essere > 7.500 alla 1a ora e > 4.500 alla 20a -24a ora
5.4.7.5 Refrattarietà piastrinica
Un incremento ridotto già alla prima ora (<7.500) è verosimilmente correlato ad
alloimmunizzazione verso antigeni leucocitari e piastrinici, con presenza di anticorpi anti-HLA
di classe I (A e B) o contro antigeni piastrino-specifici (HPA-1a).
Un incremento corretto alla 1a ora e ridotto (<4.500) alla 20a-24a ora è associato a
sopravvivenza piastrinica ridotta da cause non immunologiche come: febbre, sepsi,
splenomegalia, somministrazione di amfotericina B, sanguinamento importante, CID.
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Una CCI ridotta in due o più occasioni pone diagnosi di refrattarietà alla trasfusione piastrinica;
lo step successivo è la discriminazione eziologica se immunologica o non immunologica.
La somministrazione di CP ABO compatibili freschi (prelevati da meno di 2 giorni) è
importante per stabilire se la causa di refrattarietà è anticorpo-mediata: le piastrine prelevate da
più di 2 giorni hanno un diminuito recupero post-trasfusionale nei pazienti con refrattarietà non
immunologica.
Trattamento dei pazienti refrattari (Grado di raccomandazione: 2C+)
- trasfusione di CP freschi
- attendere 2 ore dall’infusione dell’amfotericina B
- trasfusione di CP compatibili da:
- donatori HLA-compatibili
- donatori compatibili con prova di compatibilità
La ricerca di CP da donatori compatibili non è da considerarsi strategia di prima linea per la
necessità di disporre di un ampio numero di donatori di CP in aferesi.
In caso di refrattarietà piastrinica nella Tromboastenia di Glanzmann è indicata la terapia con
fattore VII attivato ricombinante (Grado di raccomandazione: 2C)
5.4.7.6 Indicazione a trattamenti specifici:
CP leucodepleti
La leucodeplezione assicura (Grado di raccomandazione: 1C):
- la riduzione del rischio di immunizzazione contro antigeni leucocitari (HLA) e previene la
refrattarietà alla trasfusione piastrinica
- riduzioni delle reazioni febbrili non emolitiche
- riduzione del rischio di rigetto in candidati al trapianto di cellule staminali emopoietiche
- riduzione del rischio di trasmissione di virus intraleucocitari, quali il CMV CP crioconservati
(da aferesi).
Si utilizzano solo per pazienti con anticorpi anti-HLA e/o HPA, solo quando non è
immediatamente disponibile un donatore compatibile (Grado di raccomandazione: 2C)
CP lavati
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Possono essere preparati per pazienti con ripetute reazioni dopo trasfusione di CP o per pazienti
con anticorpi anti-IgA. Il trattamento comporta una perdita del contenuto piastrinico del
concentrato che deve essere risospeso in soluzione additiva (Grado di raccomandazione: 2C)
CP irradiati
I CP possono essere irradiati a 25-50 Gy per prevenire la GVDH e la loro scadenza non varia.
Le indicazioni sono le stesse dei CE irradiati.
5.4.7.7 Reazioni avverse
- Reazioni febbrili non emolitiche (brivido, febbre, orticaria): l’incidenza è ridotta con l’utilizzo
di CP leucodeplete e/o lavate
- Alloimmunizzazione anti-HLA ed anti-HPA; il primo ridotto dall’utilizzo di CP leucodepleti
- Infezioni post-trasfusionali, rare, malattie virali, da protozoi (malaria) e da spirochete
- Sepsi da contaminazione batterica del sangue, proliferazione favorita dalla temperatura di
conservazione; l’incidenza è più elevata rispetto alle infezioni virali
- Porpora post-trasfusionale
- TRALI
- Trasmissione di altri patogeni non conosciuti o non testati
5.4.7.8 Indicazioni inappropriate:
- Porpora trombotica trombocitopenia ed altre microangiopatie quali la sindrome uremicoemolitica e la sindrome HELLP, eccetto in presenza di emorragia a rischio di vita per il
paziente
- Trombocitopenia da eparina, eccetto in caso di sanguinamento con pericolo di vita per il
paziente
- Trombocitopenia autoimmune (PTI), eccetto in caso di sanguinamento con pericolo di vita per
il paziente
- CID cronica in assenza di sanguinamento
- Profilassi in CEC
- Profilassi nella trasfusione massiva
- Porpora post-trasfusionale
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5.4.7.9 Indici di monitoraggio per l’attivazione di audit clinico
Trasfusione di CP nelle seguenti condizioni:
- profilassi con soglia trasfusionale superiore a quella consigliata
- CID cronica in assenza di sanguinamento
- PTI, al di fuori di episodi di sanguinamento che pone a rischio la vita del paziente
5.4.8 Le soluzioni di albumina
Le soluzioni di albumina sono preparate da plasma di donatori sani. Sono registrate
preparazioni di albumina isosmotiche con il plasma normale al 5% ed iperosmotiche al 20 ed al
25%. In ogni preparazione sono contenuti 130-160mEq/L di sodio.
L’albumina è un plasma-expander fisiologico con disponibilità limitata e costo elevato; pertanto
è opportuno che il suo utilizzo sia razionalizzato ed avvenga in modo appropriato. L’albumina è
il principale fattore determinante la pressione oncotica, e di conseguenza il volume plasmatico
ed il bilancio dei fluidi tissutali; interviene inoltre nel trasporto di numerose sostanze endogene
ed esogene.
Il patrimonio corporeo di albumina è di 4-5 g/kg, di cui il 20-30% è in sede intravascolare.
Anche se non è chiaramente definita la soglia plasmatica al di sotto della quale viene persa la
sua attività oncotica, vi è consenso che l’attività oncotica sia adeguata per valori di
albuminemia ≥ 2 g/dL e protidemia totale ≥ 3,5 g/dL.
L’emivita dell’albumina endogena è di circa 3 settimane, quella dell’albumina esogena è di sole
12- 16 ore ed è soggetta a rapido calo in condizioni di aumentata permeabilità capillare.
5.4.8.1 Indicazioni:
Le indicazioni all’utilizzo di albumina sono suddivise in appropriate (tabella VIII), sulle quali
c’è un ampio consenso, ed occasionalmente appropriate (tabella IX), per le quali devono essere
soddisfatti anche alcuni criteri clinici.
Tabella VIII – Indicazioni appropriate all’uso di albumina
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Indicazioni appropriate
Note
GDR
5 g di albumina/L di liquido ascitico estratto, dopo paracentesi di volumi > 5 L
1C+
Plasmaferesi terapeutica
Per scambi > 20 mL/kg in una seduta o > 20 ml/kg/settimana in sedute succ.
2C+
Peritonite batterica
Associata alla somministrazione di antibiotici
1C+
Paracentesi
spontanea in cirrosi
Tabella IX – Indicazioni appropriate all’uso di albumina, se soddisfatti alcuni criteri
Indicazioni
Occasionalmente
appropriate (se
Note
GDR
soddisfatti alcuni
criteri)
Cardiochirurgia
Trattamento di ultima scelta dopo cristalloidi e colloidi non proteici
2C+
Chirurgia maggiore
E’ sconsigliato l’uso immediato post-intervento.
2C+
Unica indicazione all’uso: albuminemia < 2 g/dL dopo normalizzazione della
volemia
Cirrosi epatica con ascite
Generalmente inefficace, se non albuminemia < 2
2C
Controindicazione all’uso
- Gravidanza e allattamento
2C
dei colloidi non proteici
- Periodo perinatale e prima infanzia
Refrattaria
- Insufficienza epatica acuta
- Insufficienza renale di grado medio-elevato (specie oligo- anurica)
- Trattamento dialitico in presenza di gravi deficit dell’emostasi ed
albuminemia basale < 2-2,5 g/dL
- Emorragia intracranica
- Ipersensibilità
Shock emorragico
Solo in caso di:
1A
- Mancata risposta a soluzioni di cristalloidi o colloidi
- Controindicazione all’uso di colloidi non proteici
Sindrome epato-renale
Associata alla somministrazione di farmaci vasocostrittori
2B
Sindrome nefrosica
Solo nei pazienti con albuminemia < 2 g/dL con ipovolemia e/o edema
2C
polmonare
Trapianto d’organo
Nel postoperatorio del trapianto di fegato per il controllo dell’ascite e
1C
dell’edema periferico, per rimpiazzare la perdita di liquido ascitico dal
catetere di drenaggio, se albuminemia < 2,5 g/dl con Hct > 30%
Ustioni
In caso di ustioni > 30% della superficie corporea, trascorse le prime 24 ore
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2C+
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DOSE (g)=albuminemia desiderata (2,5 g/dL)–albuminemia attuale (g/dL)x volume plasmatico (0,8xkg)
5.4.8.2 Indicazioni inappropriate:
- Albuminemia > 2,5 g/dL
- Ipoalbuminemia cronica in assenza di edemi e/o ipotensione acuta
- Malnutrizione
- Cicatrizzazione ferite
- Shock non emorragico
- Ascite responsiva ai diuretici
- Ustioni nelle prime 24 ore
- Enteropatie protido-disperdenti e malassorbimento
- Pancreatiti acute e croniche
- Emodialisi
- Ischemia cerebrale
- Emodiluizione normovolemica acuta in chirurgia
- Sindrome da iperstimolazione ovarica
5.4.8.3 Effetti collaterali e reazioni avverse
Di solito ben tollerata
Possibili reazioni immediate di tipo allergico con febbre, brividi, nausea, vomito, orticaria,
ipotensione, aumento della salivazione, effetto sulla respirazione e sulla frequenza cardiaca. Se
infusione troppo rapida (20-50 mL/min) è possibile indurre uno scompenso cardiaco
congestizio, specie con le soluzioni concentrate di albumina.
Dal punto di vista infettivologico, l’albumina è considerata un emoderivato sicuro con qualche
interrogativo sulla possibilità di trasmissione dei prioni.
5.4.8.4 Indici di monitoraggio per l’attivazione di audit clinico
- Albuminemia >2,5 g/dL
- Malnutrizione
- Shock non emorragico
- Ascite responsiva ai diuretici
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- Pancreatiti acute e croniche
Raccomandazioni
Registrare in cartella gli estremi del prodotto infuso, compreso il numero di lotto.
5.4.9 Le soluzioni di immunoglobuline
Sono preparate da pool di plasma di donatori sani sottoposti a manipolazione industriale,
inattivazione e rimozione chimica e fisica di batteri e virus. Le soluzioni contengono
immunoglobuline (IG) strutturalmente e funzionalmente intatte con normale emivita e
proporzione di sottoclassi. Non contengono immunocomplessi ad alto peso molecolare e
contaminanti come peptidi vasomotori ed endotossine.
Dopo somministrazione endovenosa le IG sono immediatamente disponibili, dopo 3-5 giorni
raggiungono l’equilibrio tra i compartimenti intra ed extravascolari. L’emivita delle IG esogene
è di circa 18-32 giorni, simile a quella delle endogene con una variabilità individuale che riflette
diversi fattori quali il livello delle IG pre-infusione, il picco post-infusione e la presenza di
infezioni o ustioni.
Dal 2007 sono disponibili in Italia preparazioni di IG solubili per infusione sottocutanea. Nei
casi di immunodeficienza umorale le IG endovena sopperiscono a quelle mancanti per difetto
di produzione. Da altri studi è emerso che le IG hanno un potente effetto immunomodulante ed
anti-infiammatorio con meccanismi d’azione ancora non ben definiti:
- interazione del frammento Fc con i recettori specifici
- controllo della cascata complementare e attivazione di meccanismi di solubilizzazione degli
immunocomplessi circolanti
- interazione con il network idiotipo anti-idiotipo
- modulazione della produzione di alcune citochine e di loro antagonisti
- incremento del catabolismo delle IgG
- apoptosi delle cellule B e T mediante l’attivazione del recettore Fas (apoptosis stimulating
fragment – CD95)
- blocco del legame cellule T-superantigeni
- controllo dell’autoreattività e dell’induzione della tolleranza al self
- inibizione della differenziazione e maturazione delle cellule dendritiche
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5.4.9.1 Indicazioni
Le indicazioni ufficiali all’infusione di IG (G.U. 260 del 06/11/2002) sono riportate in tabella
X, mentre in tabella XI e tabella XIbis sono riportate le condizioni cliniche nelle quali ne è
riportato un utilizzo in letteratura.
Tabella X - Tabella Indicazioni ed i dosaggi raccomandati Gazzetta Ufficiale n. 260 del 06/11/2002
Indicazione
Immunodeficienza primaria
Immunodeficienza secondaria
Bambini con AIDS
PTI o sindrome di Werlhof
Dose
IMMUNODEFICIENZE
Dose iniziale: 0,4-0,8 g/kg
Mantenimento: 0,2-0,8 g/kg
0,2-0,4 g/kg
0,2-0,4 g/kg
IMMUNOMODULAZIONE
0,8-1,0 g/kg
Oppure
0,4 g/kg/die
0,4 g/kg/die
1,6-2 0,4 g/kg
Oppure
2 g/kg
Frequenza di somministrazione
Ogni 2-4 settimane per ottenere un
livello di IgG di almeno 4-6 g/L
Ogni 3-4 settimane per ottenere un
livello di IgG di almeno 4-6 g/L
Ogni 3-4 settimane
Al giorno 1, possibilmente ripetuto
una sola volta entro 3 giorni
Per 2-5 giorni
Sindrome di Guillain-Barrè
Per 3-7 giorni
Malattia di Kawasaki
In più dosi per 2-5 giorni in
associazione con ASA
In un’unica dose in associazione
con ASA
TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO ALLOGENICO
Trattamento delle infezioni e
0,5 g/kg
Ogni settimana dal giorno 7 fino a 3
profilassi della GVDH
mesi dopo il trapianto
Persistente deficit di sintesi di
0,5 g/kg
Ogni mese fino a normalizzazione
anticorpi
del livello degli anticorpi
Tabella XI - Condizioni cliniche nelle quali l’uso routinario delle IG non è raccomandato, pur
essendo riportato in letteratura
Condizioni
cliniche
Anemia emolitica
autoimmune (AEA)
Aplasia pura della
serie rossa
Indicazioni e dosaggi
EMATOLOGIA
Le IG possono avere un ruolo in pazienti con AEA da
anticorpi caldi non responsiva a corticosteroidi o a
splenectomia, o nei quali i suddetti trattamenti sono
controindicati. 0,4 g/kg/die per 5 gg
Le IG possono essere usate in pazienti con documentata
infezione da Parvovirus B19 e anemia grave. 0,4 g/kg
ogni 28 giorni
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GD
R
2C
2C
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Malattia emolitica
neonatale (MEN)
Neutropenia
immunomediata
Porpora posttrasfusionale
Refrattarietà alla
trasfusione
piastrinica
Trombocitopenia
neonatale
alloimmune
Profilassi per il
CMV nei trapianti
di organi solidi
Le IG sono raccomandate in neonati con grave MEN (0,51 g/kg/die per 3 dosi) se non sono attuabili altri
provvedimenti terapeutici. Le IG somministrate alla madre
prima del parto possono essere prese in considerazione,
se altri provvedimenti non hanno avuto successo o non
sono stati tollerati o sono controindicati
Le IG possono avere un ruolo in pazienti nei quali altri
provvedimenti non hanno avuto successo o non sono
stati tollerati o sono controindicati
Le IG possono essere considerate in pazienti
severamente affetti
Le IG possono avere un ruolo in pazienti nei quali altri
provvedimenti non hanno avuto successo o non sono
stati tollerati o sono controindicati
Le IG sono raccomandate in neonati sintomatici ad alto
rischio di emorragia intracranica se altri provvedimenti
non hanno avuto successo o non sono stati tollerati o
sono controindicati. Le IG prima del parto possono essere
usate in madri ad alto rischio con storia di
trombocitopenia neonatale alloimmune e trombocitopenia
fetale o neonatale. 1 g/kg per settimana alla madre
MALATTIE INFETTIVE
Le IG possono essere usate in riceventi CMV-negativi di
organi CMV- positivi. 0,4 g/kg ogni 28 gg
2C
2C
2C
2C
2C
2C+
Tabella XI bis - Condizioni cliniche nelle quali l’uso routinario delle IG non è raccomandato, pur essendo
riportato in letteratura
Dermatomiosite
Lupus eritematoso sistemico
(LES)
Vasculiti sistemiche
Desensibilizzazione pretrapianto
REUMATOLOGIA
Le IG possono essere usate in pazienti con malattia attiva
e di grado severo nei quali altri provvedimenti non hanno
avuto successo o non sono stati tollerati o sono
controindicati. 0,4 g/kg/die per 5 gg
Le IG possono essere usate in pazienti con LES attivo e
di grado severo nei quali altri provvedimenti non hanno
avuto successo o non sono stati tollerati o sono
controindicati
Le IG possono essere usate in pazienti con malattia attiva
e di grado severo particolarmente in quelli con vasculiti
ANCA-positive o altre vasculiti sistemiche, nei quali altri
provvedimenti non hanno avuto successo o non sono stati
tollerati o sono controindicati
TRAPIANTO RENALE
Le IG possono essere usate (anche in abbinamento alla
plasmaferesi terapeutica) in pazienti con elevati livelli di
Ab
anti-HLA
pre-trapianto
come
strategia
desensibilizzante
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2C+
2C+
2C+
2B
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Encefalomielite acuta
disseminata
Epilessia intrattabile
dell’infanzia
Miastenia grave
Neuropatia multifocale motoria
Polineuropatia Demielinizzante
infiammatoria cronica
Sclerosi multipla
Sindrome di Lambert-Eaton
Sindrome stiff-person
NEUROLOGIA
Le Ig possono essere considerate se la terapia di prima
linea (steroidi ad alte dosi) è inefficace o controindicata. 2
g/kg in 2gg per i pazienti pediatrici o in 2-5 gg per gli adulti
Le IG possono avere un ruolo in alcune sindromi (ad es.:
West, Lennox- Gastaut) come ultima risorsa specialmente
nei casi che possono essere candidati a resezione
chirurgica
Le IG possono essere considerate in pazienti con crisi
miastenica (0,4 g/kg/die per 5 gg o 2 g/kg per 2 gg). La
terapia di mantenimento è ancora sperimentale
Le IG possono essere considerate in pazienti che hanno
una neuropatia multifocale motoria progressiva e
sintomatica diagnosticata sulla base di reperti
elettrofisiologici che escludano altre possibili condizioni
non rispondenti a questo trattamento. 0,4 g/kg/die per 5
gg
Le IG sono raccomandate come scelta equivalente alla
plasmaferesi terapeutica in fase acuta in bambini e adulti.
L’impiego nel trattamento cronico è suggerito attualmente
solo da studi osservazionali. 0,4 g/kg/die per 5 gg
Le IG possono essere considerate in pazienti con
manifestazioni di grado moderato o severo di sclerosi
multipla in ricaduta-remissione, per i quali altri
provvedimenti non hanno avuto successo o non sono stati
tollerati o sono controindicati
Le IG possono essere considerate in pazienti con
sindrome di grado severo se altri provvedimenti non
hanno avuto successo o non sono stati tollerati o sono
controindicati. 0,4 g/kg/die per 5 gg
Le IG si sono rivelate efficaci in uno studio clinico
randomizzato (14 pazienti) possono avere un ruolo se i
farmaci GABA-ergici sono inefficaci o controindicati.
2 g/kg/mese
2B
2C
. 2C+
2C+
1A
2C
2C
2C+
2B
5.4.9.2 Indicazioni inappropriate
Le indicazioni attualmente ritenute inappropriate delle IG sono elencate in tabella XII.
Tabella XII - Indicazioni inappropriate all’uso di IG
Condizione clinica
GDR
EMATOLOGIA
Anemia aplastica
Anemia di Diamond-Blackfan
Inibitori acquisiti del Fattore VIII
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2C
2C
2C
60
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Malattia di von Willebrand acquisita
PTT e sindrome uremico-emolitica
2C
2C
MALATTIE INFETTIVE
Chirurgia e/o traumatologia (profilassi)
Infezione da HIV (adulto)
Ustioni (profilassi delle infezioni)
1A
2C
2C
REUMATOLOGIA
Artrite reumatoide (giovanile e dell’adulto)
Miosite a corpi inclusi
1A
1A
MISCELLANEA
Aborti ricorrenti
Adrenoleucodistrofia
Diabete mellito
Autismo
Arresto cardiaco congenito
Asma bronchiale
Cardiomiopatia acuta
Degenerazione paraneoplastica cerebellare
Dermatosi bollose autoimmuni
Disautononia acuta idiopatica
Disordine neuropsichiatrico autoimmune pediatrico associato ad infezioni da streptococco
Endotossinemia
Fibrosi cistica
Flebopatia lombo-sacrale progressiva
Infezione da Parvovirus (in generale)
Insufficienza renale acuta
Leucemia linfoblastica acuta
Malattia di Behçet
Malattie infiammatorie dell’intestino (morbo di Crohn, colite ulcerosa)
Mielopatia associata a HTLV-1
Miocardite virale (presunta)
Miosite a corpi inclusi
Neuropatia diabetica
Neuropatia paraproteinemica
Oftalmopatia eutiroidea
Opsoclono-mioclono
Otite media ricorrente
Polineuropatia del paziente critico
Radicoloneurite di Lyme
Reazione emolitica trasfusionale
Sclerosi laterale amiotrofica
Shock settico da streptococco
Sindrome da fatica cronica
Sindrome del motoneurone inferiore
Sindrome di Lyell
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1A
2C
2C
2C
1A
1A
2C
2C
2C
2C
2C
2C
1A
2C
2C
1A
1A
2C
2C
2C
2C+
2C
2C
2C
2C
2C
2C
2C
2C
2C
2C
2C
2C
2C
2C
61
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Sindrome di Rasmussen
Sindrome di Reiter
Sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada
Sindrome emofagocitica
2C
2C
2C
2C
Sindrome nefritica
Sindrome nefrosica
Sindrome POEMS (polineuropatia, organomegalia, endocrinopatia, proteina M, alterazioni
cutanee)
Trombocitopenia non immunologica
Uveite
2C
1A
2C
2C
2C
5.4.9.3 Indicazione alla somministrazione di immunoglobuline specifiche
Somministrazione per via intramuscolare o sottocutanea:
- Nella profilassi e nel trattamento di infezioni specifiche
- Nella profilassi della Malattia Emolitica Neonatale (IG anti-D)
5.4.9.4 Effetti collaterali e reazioni avverse
Compaiono nell’1-15% dei pazienti trattati, sono variabili come gravità, anche se generalmente
sono di modesta importanza clinica.
Le manifestazioni possono essere variabili: cefalea, brividi, ipertermia, febbre, reazioni
allergiche, nausea, vomito, artralgie, ipotensione fino allo shock anafilattico, anche in pazienti
che non hanno mai mostrato reazioni alle precedenti somministrazioni. L’infusione lenta
sembra avere un effetto preventivo. La maggior parte delle reazioni può risolversi con la
temporanea interruzione dell’infusione o con la riduzione della sua velocità, oppure può essere
prevenuta con la somministrazione di ASA, paracetamolo o antistaminici prima del trattamento
e/o di idrocortisone durante lo stesso.
Gravi reazioni anafilattiche si sono verificate in pazienti con deficit di IgA.
Eventi tromboembolici sono riportati in anziani, in pazienti con pregressa ischemia cerebrale o
cardiaca, in pazienti sovrappeso, marcatamente ipovolemici o immobilizzati.
In pazienti affetti da malattie neurologiche o neuromuscolari trattati con IG ad alte dosi sono
stati osservati casi di menigite asettica reversibile, che compare 6-24 ore dopo l’infusione e
regredisce senza reliquati dopo 3-5 giorni.
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Raramente nei pazienti anziani, diabetici, scarsamente idratati, con preesistenti malattie renali o
che assumono farmaci nefrotossici, si sono osservati incrementi di creatinina e/o insufficienza
renale acuta.
E’ stato ipotizzato il possibile rischio di trasmissione di encefalopatie spongiformi da prioni e di
trasmissione di malattie da virus privi di involucro lipidico, come HAV e Parvovirus B19.
5.4.9.5 Precauzioni
Gli effetti collaterali possono essere in parte prevenuti iniziando l’infusione lentamente e
monitorando il paziente . I pazienti, che non hanno mai infuso IG o alla sostituzione del
prodotto oppure se è trascorso un lungo periodo dall’infusione precedente, dovrebbero essere
monitorati durante e per 1 ora successiva alla somministrazione.
Per gli altri pazienti l’osservazione post-infusione può essere ridotta a 20 minuti.
5.4.9.6 Indici di monitoraggio per l’attivazione di audit clinico
Effettuazione di terapia con IG nelle seguenti condizioni:
- terapia sostitutiva in caso di Ig >6 g/L
- immunomodulazione in patologie per le quali non esistono indicazioni riconosciute
Raccomandazioni
Registrare in cartella gli estremi del prodotto infuso, compreso il numero di lotto.
5.4.10 I concentrati di fattore VII attivato
Indicazioni:
- In episodi emorragici ed interventi chirurgici in pazienti con emofilia congenita o acquisita
con inibitori verso i fattori VIII o IX della coagulazione > 10 BU oppure in pazienti con titolo
anticorpale < 10 BU che si prevede possano avere una risposta anamnestica intensa alla
somministrazione di fattore VIII o fattore IX.
- Per le pazienti ostetriche in particolari situazioni emorragiche è stato autorizzato uno specifico
protocollo a basse dosi, al quale si rimanda.
5.4.11 I concentrati di fattore VIII
Indicazioni:
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- Nella profilassi e nel trattamento delle emorragie nei pazienti con Emofilia A o con Malattia
di Von Willebrand che non rispondono alla terapia con DDAVP
5.4.12 I concentrati di fattore IX
Indicazioni:
- Nel trattamento e nella profilassi delle emorragie nei pazienti con Emofilia B o deficienza
acquisita di Fattore IX
5.4.13 I concentrati di AT
I concentrati di AT sono preparati da pool di plasma umano da non meno di 1.000 donatori. In
commercio sono registrati prodotti di ditte diverse sottoposti a procedure di inattivazione
mediante pastorizzazione, eventualmente seguita da nanofiltrazione. Sono disponibili flaconi da
500-1.000-1.500-2.000 UI.
L’AT viene utilizzata come terapia sostitutiva nelle condizioni di carenza congenita o acquisita
in situazioni particolari ed esplica la sua attività anticoagulante inibendo prevalentemente la
trombina, il fattore X attivato ed altri fattori attivati della coagulazione (FIXa, FXIa, FXIIa). La
velocità di formazione del complesso trombina-antitrombina è enormemente accelerata
dall’eparansolfato, presente sulla superficie delle cellule endoteliali. Nelle carenze di AT
aumenta il rischio trombotico, specie in associazione ad altre condizioni trombofiliche
associate.
Carenza congenita di AT
Prevalenza 1/2.000-5.000 nella popolazione generale con trasmissione autosomica dominante.
E’ di 2 tipi:
- tipo I (difetto quantitativo) con riduzione proporzionale della concentrazione e dell’attività
funzionale di AT;
- tipo II (difetto funzionale) riduzione solo dell’attività funzionale ma non della concentrazione
di AT;
Carenza acquisita di AT
Associata a diverse condizioni cliniche:
a) ridotta sintesi
- epatopatie acute e croniche
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- neonati prematuri
- terapia con L-asparaginasi
b) aumentata escrezione/ perdita
- enteropatie proteino-disperdenti
- sindrome nefrosica
- ustioni
c) diluizione
- trasfusione massiva
- plasmaexchange
- circolazione extracorporea
d) aumentato consumo
- CID
- chirurgia maggiore
- infusione di eparina
- politraumi
- sepsi severa/shock settico
- tromboembolismo severo
- sindrome uremico-emolitica
- pre-eclampsia
5.4.13.1 Indicazioni
Le indicazioni all’uso di AT sono sintetizzate in tabella XIII.
Tabella XIII - Indicazioni all’uso di antitrombina
Condizioni cliniche
Note
DEFICIT CONGENITO DI ANTITROMBINA
Profilassi della trombosi venosa profonda Per tutto il tempo di persistenza della situazione a rischio
e del tromboembolismo in situazioni ad
trombotico
alto rischio:
interventi di chirurgia maggiore,
procedure ostetriche (parto o aborto),
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GDR
2C
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traumi, immobilizzazioni
Trattamento di manifestazioni
trombotiche in atto
Aumentato
consumo
associata a sepsi severa)
(nella
Fino al raggiungimento del livello di anticoagulazione orale
indicato.
Quest’ultima va mantenuta a tempo indeterminato in caso di
ripetizione di episodi di tromboembolismo
DEFICIT ACQUISITO DI ANTITROMBINA
CID Somministrazione di alte dosi, non associate ad eparina,
potrebbero migliorare la sopravvivenza
-CID associata a trauma, ustioni,
gravidanza
-neonati da madri carenti o con storia
familiare di tromboembolismo venoso
-trombosi in atto con bassi livelli di AT e
resistenza all’eparina
-tromboembolismo acuto in corso di
terapia con L-asparaginasi
-circolazione extracorporea
-trombosi dell’arteria epatica dopo
trapianto orto topico di fegato
-malattia veno-occlusiva dopo trapianto
di midollo
-condizioni di carenza cronica non
scompensata: epatopatia acuta o
cronica, sindrome nefrosica, enteropatia
proteino- disperdente, pre-eclampsia,
sindrome
da
distress
respiratorio
neonatale, politrauma e post-operatorio
in assenza di CID
2C
2C+
2C+
Vi sono scarse evidenze dell’efficacia del trattamento con AT
in queste situazioni cliniche
5.4.13.2 Calcolo della dose di AT necessaria
Prima di iniziare la terapia sostitutiva è necessario eseguire un dosaggio funzionale di AT. In
considerazione del fatto che la somministrazione di 1 UI/kg di peso aumenta l’attività dell’AT
plasmatica di 1,5%, la dose da somministrare risulta così calcolata:
Unità di AT = peso corporeo (kg) x [livello desiderato–attività dosata (%)] / 1,5
La dose ed il timing delle somministrazioni successive sono legate al monitoraggio dell’attività
plasmatica dell’AT ogni 12-48 h.
5.4.13.3 Effetti collaterali e reazioni avverse
In genere ben tollerata, possibili reazioni allergiche.
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L’uso di concentrati di AT, contemporanea alla somministrazione di eparina, aumenta il rischio
di emorragia ed è pertanto necessario un attento controllo clinico e laboratoristico, soprattutto
nei pazienti ad elevato rischio emorragico.
5.4.13.4 Indici di monitoraggio per l’attivazione di audit clinico
Effettuazione di terapia con AT nella seguente condizione:
- carenza congenita, in assenza di sintomatologia o di fattori di rischio e/o con valori di
AT >70%
Raccomandazioni
Registrare in cartella gli estremi del prodotto infuso, compreso il numero di lotto
5.4.14 I concentrati di complesso protrombinico
I concentrati di complesso protrombinico (CCP) sono un presidio terapeutico utile per la
correzione acuta e temporanea della carenza dei fattori del complesso protrombinico. Le
raccomandazioni sono formulate sulla base di studi osservazionali e retrospettivi in quanto non
esistono trial clinici randomizzati e controllati e fanno inoltre riferimento a linee guida
dell’AICE (Associazione Italiana Centri Emofilici) e dell’FCSA (Fondazione Centri per la
diagnosi della trombosi e la Sorveglianza delle terapie Antitrombotiche).
I CCP sono preparati da pool di plasma umano di non meno di 1000 donatori. I CCP
contengono fattore II, fattore IX e fattore X, ad azione pro coagulante ed inibitori naturali e
fisiologici della coagulazione come la proteina C, la proteina S e tracce di antitrombina, eparina
e vitronectina. Sono disponibili concentrati con fattori della coagulazione non attivati ed un
concentrato di fattori attivati.
I diversi prodotti registrati sono sottoposti ad inattivazione virale fisica e chimica. Sono
disponibili flaconi da 200-500-1.000 UI.
5.4.14.1 Indicazioni
Le indicazioni all’uso di CCP sono riassunte nella tabella XIV.
Tabella XIV - Indicazioni all’uso di concentrati di complesso protrombinico
DEFICIT CONGENITI DI FATTORI DEL COMPLESSO PROTROMBINICO
Deficit di fattori II e X: per la profilassi o il trattamento delle emorragie. Se non disponibile il CCP, può
essere usato il PFC
Emofilia B e deficit congenito di fattore VII: quando non sono disponibili i concentrati di fattore IX e VII
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GDR
2C
2C
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Emofilia A con inibitori, in corso di episodi emorragici (CCP attivato)
DEFICIT ACQUISITI DI FATTORI DEL COMPLESSO PROTROMBINICO (FATTORI II, IX, X)
Episodi emorragici in presenza di deficit singoli o multifattoriali del complesso protrombinico
Limitazioni all’uso di plasma fresco congelato per rischio di sovraccarico del circolo o per necessità di
emostasi immediata nelle seguenti condizioni:
- patologia epatica severa con grave emorragia o in preparazione ad interventi chirurgici programmati
con rischio di emorragia (trapianto di fegato)
- carenza di vitamina K in presenza di emorragie a rischio di vita
Emofilia acquisita (CCP attivato)
Iperdosaggio di dicumarolici o necessità di sospenderli in situazioni di emergenza (emorragia
acuta, intervento chirurgico indifferibile)
2C
GDR
2C
2C
2C
2C+
5.4.14.2 Posologia e modalità di somministrazione
Prima della somministrazione di CCP devono essere eseguiti test dell’emostasi,
compatibilmente con l’urgenza clinica (PT/INR, aPTT e, se possibile, dosaggio dei fattori del
complesso protrombinico) per decidere dosi e durata della terapia.
Per emorragie gravi o interventi chirurgici maggiori la dose media iniziale da somministrare in
bolo è di 20-25 UI/kg. Dopo la prima somministrazione occorre controllare a distanza di 30-60
minuti il PT/INR, per poter valutare se proseguire la terapia e a quale dosaggio.
5.4.14.3 Correzione dell’eccesso di anticoagulazione da TAO
In caso di emorragie maggiori o interventi chirurgici in emergenza ed indifferibili occorre:
a) Sospendere la TAO in corso
b) Eseguire controllo INR
c) Somministrare vitamina K al dosaggio di 10 mg/100 mL di soluzione fisiologica, lentamente
endovena in circa 30 minuti
d) Infondere CCP ai seguenti dosaggi, lentamente in 10-15 minuti:
- per INR < 2 somministrare 20UI/kg
- per INR fra 2 - 4 somministrare 30UI/kg
- per INR > 4 somministrare 50UI/kg
e) ripetere INR dopo la fine dell’infusione e accertarsi che sia < di 1,5; in caso contrario
ripetere la somministrazione di CCP, secondo lo schema precedente.
Se non è disponibile CCP, somministrare PFC alla dose iniziale di 15-20 mL/kg
5.4.14.4 Controindicazioni, effetti collaterali e reazioni avverse
La CID controindica l’impiego di CCP.
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Possibili effetti collaterali e reazioni avverse sono:
- complicanze tromboemboliche
- reazioni allergiche e anafilattiche
- rialzi febbrili
- insorgenza di inibitori verso i fattori della coagulazione presenti nel CCP
Dal punto di vista infettivologico i CCP sono considerati sicuri, anche se qualche interrogativo
resta per la potenziale trasmissione di prioni.
5.4.14.5 Indici di monitoraggio per l’attivazione di audit clinico
Somministrazione di CCP nelle seguenti condizioni:
- assenza di emorragie maggiori
- pazienti in TAO candidati a chirurgia elettiva con INR < 1,5
Raccomandazioni
Registrare in cartella gli estremi del prodotto infuso, compreso il numero di lotto
5.4.15 I concentrati della C1-esterasi
5.4.15.1 Indicazioni:
- Nel trattamento dell'edema acuto della laringe nei soggetti con carenza, ereditaria o acquisita
di C1-Esterasi
5.4.15.2 Non sono indicati:
- Nei soggetti con carenza della C1-esterasi, asintomatici
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ALLEGATO 1
Caratteristiche dei campioni di sangue per le indagini immunoematologiche e/o pretrasfusionali
(gruppo sanguigno, antigeni eritrocitari, anticorpi antieritrocitari, type and screen, prove
crociate ecc.):
Prelievo in EDTA in provetta sterile
circa 5 ml di sangue
(paziente pediatrico: 1-2 ml)
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L’etichetta deve essere compilata in stampatello e deve contenere:
- Cognome e nome del paziente
- Data di nascita
- Reparto
- Data del prelievo
- Firma del responsabile del prelievo (medico o infermiere professionale).
L’etichetta non deve avere correzioni, cancellazioni o bianchettature.
In caso di errore, comportarsi nel modo seguente:
- Barrare in modo che risulti evidente l’errore iniziale
- Riscrivere accanto nel modo corretto
- Siglare per conferma la correzione
ALLEGATO 2
MODULISTICA
NOME DEL DOCUMENTO
SEDE E RESPONSABILITA’
TEMPO MINIMO DI
ARCHIVIAZIONE
RICHIESTA CONCENTRATI
• DI UTILIZZO: UNITA’ OPERATIVA
ERITROCITARI
• DI CONSERVAZIONE:CARTELLA
ALL.1
RICHIESTA CONCENTRATI
ILLIMITATO
• DI ARCHIVIAZIONE: IN CARTELLA
• DI UTILIZZO: UNITA’ OPERATIVA
PIASTRINICI E DI PLASMA
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ILLIMITATO
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FRESCO CONGELATO
ALL.2
• DI CONSERVAZIONE:CARTELLA
• DI ARCHIVIAZIONE: IN CARTELLA
RICHIESTA URGENTISSIMA DI
• DI UTILIZZO: UNITA’ OPERATIVA
GLOBULI ROSSI
• DI CONSERVAZIONE:CARTELLA
CONCENTRATI
ILLIMITATO
• DI ARCHIVIAZIONE: IN CARTELLA
ALL.3
RICHIESTA DI
• DI UTILIZZO: UNITA’ OPERATIVA
TYPE AND SCREEN
• DI CONSERVAZIONE:CARTELLA
ALL.4
• DI ARCHIVIAZIONE: IN CARTELLA
MODULO DI CONSENSO
• DI UTILIZZO: UNITA’ OPERATIVA
INFORMATO ALLA
• DI CONSERVAZIONE:CARTELLA
TRASFUSIONE
ILLIMITATO
ILLIMITATO
• DI ARCHIVIAZIONE: IN CARTELLA
ALL.5
MODULO DI CARICO E
SCARICO DEL SANGUE IN
FRIGOEMOTECA
ALL.6
• DI UTILIZZO: FRIGOEMOTECA
• DI CONSERVAZIONE: FRIGOEMOTECA
• DI ARCHIVIAZIONE: DIREZIONE
SANITARIA
MODULO DI RESTITUZIONE
• DI UTILIZZO: FRIGOEMOTECA
SANGUE CORRETTAMENTE
• DI CONSERVAZIONE: SIMT
CONSERVATO
ILLIMITATO
ILLIMITATO
• DI ARCHIVIAZIONE: CARTELLA CLINICA
ALL.7
MODULO DI RIPRISTINO
NOMINALE SCORTA DI
SANGUE
ALL.8
• DI UTILIZZO: FRIGOEMOTECA
• DI CONSERVAZIONE: SIMT E
FRIGOEMOTECA
ILLIMITATO
• DI ARCHIVIAZIONE: : SIMT E
FRIGOEMOTECA
Tutta la modulistica è reperibile sulla Intranet aziendale:
Posizione: \\\\ Manuale delle procedure trasfusionali.
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