La ricreazione è veramente finita

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La ricreazione è veramente finita
GARFAGAA
IL GIORNALE DI CASTELNUOVO DI
Redazione via traversa Vecchiacchi, 17 - 55032 Castelnuovo di Garfagnana (Lucca).
Email: [email protected] - www.ilgiornaledicastelnuovo.it
Anno VI - Numero 50 - Marzo 2012
Direzione via Terme di Traiano, 25 - 00053 Civitavecchia (Roma)
Registrazione n. 871/07 del 19/12/2007 presso il Tribunale di Lucca
Siamo di fronte ad una svolta epocale e dobbiamo coglierne le occasione
La ricreazione è veramente finita
La ricreazione è finita. La seconda Repubblica che si è trascinata dietro per
anni i calcinacci della prima, è giunta al
termine. Si apre una nuova stagione
per il nostro paese, per la nostra terra,
per le nostre vite.
Certamente ve ne sarete resi conto leggendo i giornali o guardando i telegiornali. Tutto si sta incrinando, ma non per
rompersi o dilaniarsi, bensì per mutare
e plasmarsi in qualcosa di nuovo. La
Terza Repubblica nasce con questo oggetto oscuro che già si muove tra le nostre pieghe.
Ma cosa ci riserva il futuro?
Le parole sono molte ed è bene elencarle senza averne paura. Innanzitutto
“precarietà”. Tutto dovrà essere nuovamente conquistato e non ci sarà più
spazio ad assistenzialismo magmatico
e parentale. Certo non finirà il malaffare delle signorie, ma ne vedremo limitati gli effetti. A pagare saranno
soprattutto le nuove generazioni che
dovranno inventarsi posti di lavoro, ma
anche gli anziani che vedranno erosi i
servizi primari di cui hanno bisogno
(leggi servizi sociali). Al termine “precarietà” però si deve associare anche la
sanità che non sarà più per tutti, ma
solo per chi potrà permetterselo veramente. Nel taglio agli sprechi – non facciamoci illusioni – ci saranno tagli anche
dei servizi e a farne le spese saranno i
cittadini delle fasce sociali più deboli.
Come già accade per trenta milioni di
cittadini statunitensi.
“Classi sociali”. Dopo trent’anni; dopo
le lotte degli anni settanta, torneremo a
parlare di “classi sociali”. Ovvero di
proletari e di borghesi; di ricchi e poveri. Dopo anni di fuga e mascheramenti non possiamo più nascondere le
nostre appartenenze. Non dobbiamo
aver timore nel tornare a definirci proletari o borghesi e delineare, definire,
studiare i confini per arricchirne i contenuti. Per troppo tempo – e ve la spiego
facendo un esempio ludico - si è giocato
a Monopoli sognando Parco della Vittoria, mentre ci potevamo permettere
appena Vicolo Stretto. E nel far questo
abbiamo perso di vista i reali problemi
e le reali esigenze. Insomma per trent’anni ci siamo fatti abbindolare dal
sogno americano esclusivamente dedicato al consumismo cieco e sfrenato.
Certo non dobbiamo tornare ad un
tempo quando si diceva “una maglia
addosso e una al fosso”, per ricordare
che ne bastava una per vivere, ma obbiettivamente dopo aver letto questo articolo andate ad aprire il vostro armadio
e contate gli abiti che avete e che non
usate mai.
Per il frigorifero ci pensano le statistiche: più del 25% degli alimenti che
compriamo finiscono nell’immondizia. Se proprio dovete buttarle mettete
su un maiale o le galline; le sfamereste
solo con i vostri scarti.
Ma non perdiamo di vista la questione
delle “classi sociali”.
Dagli asili nido, passando per le Uni-
Equità
versità, nei luoghi di lavoro, negli ospedali, nei ristoranti, nelle agenzie di
viaggi, negli alberghi già si respira
l’aria di “differenza”. Persino le Ferrovie dello Stato hanno inaugurato la
quarta classe sui treni dell’alta velocità,
ma per non offendere qualcuno, oggi le
differenze vengono chiamate “ambienti”. Ecco iniziate a tornare ad abituarvi a trovare “ambienti” ovunque
come ce n’erano tanti fino agli anni settanta. Ma tutto questo può essere visto
come un’opportunità. Spesso, come la
storia ci insegna, le crisi diventano utili
per cambiare e migliorare il nostro futuro.
Da questa crisi dunque escono nuovi
termini come “sobrietà”. Ovvero ricominciare a vedere il consumo non più
come elemento di golosità possessiva,
ma oggetto nelle nostre mani; nel nostro pieno controllo. Così come la sobrietà nei rapporti umani e nel livello di
accumulo di potere e denaro, dimenticando che polvere eravamo e polvere
torneremo.
“Solidarietà”: è naturale che quando i
livelli di assistenza e di vita si abbassano aumenta chi ha bisogno più di
altri di sostegno. Questa è un’opportunità per tornare ad essere uomini e non
più solamente bancomat.
“Consapevolezza”: capire che il nostro
futuro è nelle nostre mani e non è più
delegabile ad altri. Soprattutto a chi ha
dimostrato di avere avidità personale e
una fame differente rispetto a quella che
dovrebbe avere una società sana. Tanto
per intenderci la “fame di una società
sana” ruota su pochi concetti: rispetto,
futuro, trasparenza, equità, amore.
Quanti di queste figure ritrovate in chi
vi circonda? Se ne vedete poche è il momento giusto di alzare la mano e chiedere di avere voce.
“Passione”: vivere ogni momento con
la passione di un bambino, con la
forza di un adulto e la saggezza di un
anziano. Vivere sapendo che su questa
terra transitiamo e quindi non merita
perdersi in piccoli rivoli e piccolo cabotaggio. Se proprio vogliamo stare al finestrino per guardare il panorama,
scegliamocelo enorme e gigantesco.
“Visione del futuro”: questo potremmo anche definirlo come libertà
di sognare, ma è certo che in ognuno di
noi alberga il germe di Dio, il grande
costruttore, colui che ci ha insegnato
che possiamo fare e fare bene.
Ogni uomo, ogni donna, deve poter
avere un proprio sogno da coltivare e
realizzare.
“Coerenza”: essere coerenti con se
stessi e con gli altri senza dimenticare
che solo gli stupidi non cambiano opinione. Ovvero, prendete un pennello e
un secchio di vernice e tinteggiate la vostra casa. La ricreazione è finita ed è
tempo di mettere mano al nostro futuro.
Andrea Giannasi
Il 30 marzo gli Stati Generali
Venerdì 30 marzo alle ore 21 alla sala Suffredini a Castelnuovo si è autoconvocato il primo incontro degli Stati Generali della Garfagnana Terre del
Serchio. Si parlerà di tutela ambientale e di difesa coordinata delle risorse
della valle; di peculiarità, elementi positivi e cardini negativi; si parlerà
anche di condivisione definendo il termine di “larghe municipalità” e di cittadini “avanzati”; sul tavolo di lavoro anche lo sviluppo che può e deve
essere alternativo a quello fino ad ora sostenuto di stampo assistenzialistico e statale. Più di ogni altra cosa però gli Stati Generali della Garfagnana
Terre del Serchio sono scoperta, uso e unione delle “buone pratiche”, perché senza questo passaggio non si potrà mai dire di aver cercato di migliorare il mondo.
http://statigeneralidellagarfagnana.wordpress.com/
[email protected]
Qualche politico si è sentito offeso nel
leggere nel numero scorso del Giornale di Castelnuovo i dati sugli stipendi dei deputati a Roma e di chi
siede a Firenze e Lucca. E intendiamoci bene: come in quell’articolo
anche in questo non ci riferiamo a chi
amministra il territorio dai palazzi
comunali. Non ce l’abbiamo con i sindaci tra i quali ci sono persone come
Francesco Angelini di Pieve Fosciana
che è molto di più di un sindaco e
verso il quale nutriamo profonda ammirazione. Ebbene ci dispiace, ma la
nostra non era intenzione di mettere
alla berlina chi è rappresentante del
popolo. Chi ha ricevuto l’investitura
dei cittadini per difenderne i diritti.
Chi lavora per la nostra terra.
Chi ogni giorno ascolta i bisogni della
gente e segue i problemi del territorio
e cerca e trova soluzioni.
Chi, per esempio, ha preso – come
avevamo consigliato di fare alcuni
mesi fa – il treno da Piazza al Serchio
a Lucca e ha toccato con mano lo sfascio di questo servizio. E allora è corso
a Firenze e ha iniziato uno sciopero
della fame occupando l’ufficio dell’assessore regionale competente.
Chi si è incatenato ai cancelli delle
aziende che stanno per chiudere richiamando le attenzioni di tutti sui
temi scottanti come la precarietà del
lavoro. Chi è salito su un traliccio di
fronte all’inceneritore a Castelnuovo e
ha chiesto di avere nero su bianco una
volta per tutte, le garanzia che nessuno tenterà mai più di riaprirlo
No, cari politici non intendevamo accusarvi, ne intendiamo chiedere indietro qualcosa. Non vi chiediamo
nemmeno conto di quello che avete
fatto per questa terra.
Noi abbiamo solo fatto il nostro dovere di informazione e aggiungiamo.
Siamo convinti che sia giusto che i politici abbiamo compensi elevati e commisurati alle responsabilità che si
prendono. Ed è bene che sia chiaro,
che è giusto pagarli per evitare che
possano essere corrotti, ma ci dovrebbe essere una giusta proporzione.
Se un operaio guadagna 1.500 euro al
mese con turni di notte, bisognerebbe
chiederci se è corretto che un deputato
ne prenda 20.000. E come mai, se facciamo dei confronti sempre con la
paga del nostro operaio, un consigliere
regionale al mese prende 6 volte di più
di un operaio; un presidente di Provincia 4 volte di più e un assessore
provinciale 2 volte di più. Tutto qui. Ci
sembrava di parlare di equità, ma non
dite che accusiamo i politici in maniera
generalista. Buona parte dei nostri Sindaci e amministratori li salviamo e ringraziamo.
Il Direttore
STUDIO PALMERO - BERTOLINI
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DOTT. LUCIANO BERTOLINI - DOTT. MICHELA GUAZZELLI
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Il Giornale di Castelnuovo di Garfagnana
Numero 50 - Marzo 2012
Intervista con Antonio Sacchini perito agrario e consigliere a Sillano
Mancanza di idee e coraggio
Incontriamo Antonio Sacchini, perito agrario, molti
anni alle spalle come professionista di questioni legate ad
agricoltura e forestazione in
Garfagnana, con attività connesse alla salvaguardia del
territorio fino alla creazione di
nuovi posti di lavoro.
Egli fa parte del consiglio comunale di Sillano ed è anche
consigliere della nascente
Unione dei Comuni.
Sacchini perchè un suo intervento su Il Giornale di Castelnuovo?
Voglio intervenire sulle pagine di questo giornale per
lanciare alcune mie considerazioni sulla attuale situazione
politica ed economica della
nostra Garfagnana.
Come tutti sanno stiamo attraversando un passaggio
molto importante sia sul
piano istituzionale, con la
chiusura della Comunità
Montana, sia di servizi,
prendo ad esempio la questione del nuovo ospedale.
Sacchini partiamo con la nascita dell’Unione dei Comuni.
La fine della Comunità montana, era inevitabile e dunque
non è caduta come un fulmine
a ciel sereno, tuttavia, credo
fermamente che questa scelta
debba essere vista come una
grande opportunità per la nostra terra.
Accentrare, semplificare ed
ottimizzare i servizi in questo
momento storico economico è
la sola via possibile per migliorare il tenore di vita degli
abitanti di una terra come la
nostra.
Ripeto, una grande occasione,
per la quale abbiamo avuto
tempi per la programmazione
e la pianificazione.
Oggi che l’Unione è nata,
anche se con parto travagliato,
e l’assenza di Castelnuovo e
Vagli, che hanno scelto senza
coscienza del prossimo di non
aderirvi, ecco i primi nodi venire al pettine.
I nostri sindaci stanno mostrando una disarmante mancanza di impegno e coraggio,
ma soprattutto evidenziano
una scarsa capacità progettuale.
Il maggiore problema per una
valle ‘chiusa’ orograficamente
come la Garfagnana può essere rappresentato dalla assenza di lungimiranza nella
classe politica che invece è
chiamata a guardare sempre
più avanti e non affrontare
questioni e problemi quando
questi assumono già sembianza simili a montagne invalicabili.
Altro aspetto, che si mostra
urgentemente alla porta, è la
valutazione politica della riorganizzazione del personale
interno all’Unione; si devono
rivedere ruoli e posizioni per
arrivare a definire chi fa cosa,
a quali costi, per l’amministrazione pubblica, giusti e
corretti. E’ cambiato il contesto generale ed è giusto rivedere la situazione globale
nell’ottica di un nuovo Ente
volto al futuro.
Adesso i nostri sindaci
stanno affrontando la questione storica del nuovo
ospedale unico: come sta andando ?
Direi al momento attuale,
senza aver ancora messo una
pietra, non bene, e se il buon
giorno si vede dal mattino
non credo andrà meglio domani.
In sintesi mi sento di affermare che come politica ci
siamo accontentati troppo
presto di un ospedale di tipo
B.
In prima istanza se ne ipotizzava uno di tipo A poi si è
presa come positiva, senza
fare altre valutazioni, la concessione del B, perdita di
tempo
averne
discusso.
L’aver approvato il documento del nuovo ospedale,
senza far eccezioni, se non minimali, ha messo in luce l’assenza
di
un
vero
contraddittorio politico nei
confronti di chi sta più in alto.
E questa debolezza politica
non potrà portare buone cose
alla nostra valle. Oltretutto
basta leggere attentamente il
documento per capire che addirittura contiene cifre sui
costi che a distanza di poche
righe si contraddicono.
Nel documento preliminare
risultano esserci diverse incongruenze anche descrittive
segno di leggerezza nella stesura e nella concertazione che
ha portato all’approvazione
del documento.
E questo è preoccupante.
Molto.
Il nostro giornale ha lanciato
gli “Stati generali della Garfagnana terre del Serchio:
come giudica l’iniziativa?
L’iniziativa è spunto di riflessione per un politico e da tenere
nella
giusta
considerazione anche se ritengo che ciascun soggetto od
organizzazione, attivamente
impegnato all’interno delle
istituzione territoriali, dovrebbe avere al proprio interno una sorta di tavolo
permanente che studi ed analizzi bisogni esigenze ed intavoli strategie per il futuro.
La vostra iniziativa sarebbe
semplicemente da ritenersi un
duplicato, se ogni partito facesse bene ciò per cui è chiamato.
La cosa che mi sento di dire in
questo momento è di stare attenti alle strumentalizzazioni
di chi vorrà mettere mani e
piedi in questa iniziativa per
‘pilotarla’ a proprio favore.
Ricordiamo comunque che la
Garfagnana non deve essere
presa obbligatoriamente come
una cartolina vista da lontano
e tanto meno come una bella
riserva di indiani.
Sacchini con quale messaggio possiamo chiudere l’intervista?
Mi piace finire con uno slogan
che racchiude tutta la mia filosofia politica e progettuale
per il futuro della Garfagnana:
Una valle sufficiente alla vita.
Ma ve lo spiegherò nel prossimo incontro.
Intervista di
Marco Giannasi
Ciao
E’ diventatao un nostro
caro amico e ci dispiace
quando arriva il momento
della sua partenza.
Anche quest’anno Pietro di
Grado con le sue splendide
arance siciliane è arrivato
alla conclusione del raccolto e dunque alla vendita
di questa stagione.
Pietro però prima di partire vuole salutare tutti i
suoi clienti, ma soprattutto
coloro che da clienti sono
poi diventati amici.
Un suo personale ringraziamento va alla terra di
Garfagnana, per l'accoglienza e la stima dimostrata.
Dunque oramai siamo agli
sgoccioli con le arance più
buone del mondo e sul
Piano Pieve l’appuntamento sarà per l’autunno.
Grazie a questo siciliano
abbiamo capito ancora una
volta quanto, noi garfagnini, possiamo essere
buona gente.
NO ALL’INCENERITORE
Le date nella vita sono importanti. Ci ricordiamo la nostra data
di nascita e quella dei nostri figli e molte altre.
Così come i numeri e le cifre. E ci ricordiamo anche delle promesse e grazie a Dio oggi abbiamo anche internet e i documenti girano e nessuno li può più stracciare, nascondere,
falsificare come avveniva in passato.
Ebbene forse non molti si ricorderanno – ma noi ce lo ricordiamo bene – che il 2 settembre del 2011 (due settembre del
2011) il Consiglio Provinciale (dunque non la riunione per il
capo classe di prima elementare a Piazza al Serchio) ci fu un
voto unanime per chiudere definitivamente gli inceneritori
di Falascaia e Castelnuovo.
Ci fu poi un comunicato diramato alle 15,20 dove si leggeva:
“Verranno chiusi definitivamente gli inceneritori di Falascaia
e di Belvedere: questo è quanto deciso all’unanimità dal Consiglio Provinciale riunitosi ieri pomeriggio a Palazzo Ducale.
Il presidente Baccelli e la Giunta, quindi, sono stati investiti
unitamente da maggioranza e minoranza dell’impegno di proseguire verso la definizione di un Piano interprovinciale dei
rifiuti che porti quanto prima al superamento del sistema di
incenerimento. E questo implica un’altra importante conseguenza, e cioè che per la prima volta la Provincia di Lucca
possa porsi come obiettivo credibile non solo il 65% di raccolta
differenziata ma puntare al traguardo ‘Rifiuti Zero entro il
2020. «La decisione presa ieri dal Consiglio, - afferma Maura
Cavallaro, vicepresidente della Provincia con delega alle Politiche ambientali - segna un momento importante per la nostra
comunità provinciale: l’accordo unanime su una questione
tanto delicata, infatti, dimostra il senso di responsabilità e il
livello di attenzione sulla materia Nel documento approvato
– continua Cavallaro - si legge chiaramente che la chiusura dei
due impianti deve implicare la collaborazione di tutti i comuni
del territorio per diffondere sempre più capillarmente buone
pratiche come la raccolta differenziata, la riduzione di produzione dei rifiuti e l’attenzione al riuso e al riciclo. Non si può
pensare, infatti, di chiudere gli inceneritori senza creare una
valida alternativa allo smaltimento dei rifiuti».
Prefiggendosi di sostenere i comuni nel percorso di conversione del trattamento dei rifiuti, Palazzo Ducale intende anche
contribuire alla tutela dei lavoratori attualmente impiegati
negli impianti. «Grazie soprattutto al fatto che le attività legate alla raccolta differenziata, del riuso e del riciclo sono ad
alta intensità di lavoro – si legge nel documento – la chiusura
degli inceneritori non produrrebbe perdita di posti di lavoro».
Amen, verrebbe da aggiungere; con una certificazione così a nessuno
verrebbe in mente di studiare la possibilità di riaprire la baracca. Invece nelle scorse settimane qualcuno è tornato a bussare alla porta.
E’ bene che sia chiara una volta per tutte la posizione del Giornale di
Castelnuovo.
Noi diciamo NO all’inceneritore.
La redazione
Per la precisione
Riceviamo dalla Provincia - su nostra richiesta - e pubblichiamo la seguente nota che integra e completa la questione degli emolumenti dei
consiglieri a palazzo Ducale.
“I consiglieri provinciali sono 24. Nel precedente mandato
(2006-2011) erano 30. Ogni consigliere provinciale riceve un
gettone di 80 euro lordi per ogni riunione di consiglio o commissione. Quindi dipende dal numero di riunioni cui si partecipa. Nel 2010 ogni consigliere ha percepito in media 248 euro
lordi al mese. Nel 2011 la media mensile per consigliere è
stata di 399 euro lordi. La differenza si spiega col fatto che all'inizio di un nuovo mandato le riunioni sono più frequenti.
Oltre al gettone vengono rimborsate le spese di viaggio per recarsi dal luogo di abitazione/lavoro alla sede della Provincia,
ove il tragitto sia superiore a 10 km, nella stessa misura prevista per i dipendenti (1/5 del costo della benzina per Km).”
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Numero 50 - Marzo 2012
Il Giornale di Castelnuovo di Garfagnana
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L’Unione dei Comuni senza Castelnuovo e Vagli è un’opera amputata
Una grande occasione persa da tutti
Nelle ultime settimane a tenere banco, tra le tante discussioni politiche, ci ha pensato
l'Unione dei Comuni della
Garfagnana. Tra favorevoli e
contrari si sono aperti dibattiti, polemiche e spesso discussioni oltre le righe. Allo
stato attuale la vecchia Comunità Montana si è trasformata in Unione mantenendo
le stesse deleghe – in previsione di condividere le funzioni -, ma perdendo per
strada due Comuni: Castelnuovo e Vagli.
La questione è in movimento
e quindi risulta difficile dare
giudizi.
Certa solo una cosa: si tratta di
una grande occasione persa
da tutti. Da tutti i 16 comuni.
Questo stato di cose con una
valle mozzata non si può definire una scelta oculata. Si
dirà che è colpa della “politica”; ovvero delle solite scelte
di palazzo. Ebbene nell’attuale fase, con questa divisione,
la
politica
ha
commesso un gravissimo errore. Si è deciso di fare
campo e si è deciso male. Malissimo.
E’ evidente che i Comuni
della Garfagnana hanno perso
il loro Comune capofila e che
da ora saranno più indeboliti.
E tutto questo è incomprensibile, incauto, e inspiegabile.
Non si spiega perché tra le fila
dei sindaci, degli assessori e
dei consiglieri dei 16 Comuni,
si trovano uomini e donne di
qualità. Legate alla terra e con
grandi capacità.
E quindi la domanda è una
sola: come è stato possibile
perdere questa occasione di
unione di intenti?
Infatti poteva essere questa
una occasione d’oro per aprire
la via alla costituzione di un
unico grande Comune della
Garfagnana. Proprio come sta
succedendo in val Samoggia
nel bolognese dove i comuni
di
Bazzano, Crespellano,
Monteveglio, Savigno e Serravalle hanno deciso di unirsi.
Cinque comuni che uniranno
30 mila abitanti ora chiamati
ad un referendum consultivo.
Saranno infatti i cittadini a celebrare un’unione storica. In
un sol colpo infatti verranno
razionalizzate le spese e incamerati i contributi e gli incentivi dallo Stato e dalla
Regione. Inoltre quando al 31
Nubi, ombre e nebbie su Castelnuovo e la Garfagnana
dicembre scompariranno le
Province i cinque comuni si
troveranno in posizione privilegiata di fronte alle strutture
intermedie dello Stato.
Privilegio non da poco, visto
che potranno “trattare” non
singolarmente ma partendo
dalla forza e dalla logica dei
numeri.
E proprio sui numeri i dati
sconvolgenti. Il nuovo comune della Val Samoggia farà
risparmiare 266 mila euro per
emolumenti ai sindaci e alle
giunte; le prestazioni di servizi avranno 356 mila euro di
risparmio (vale a dire gli appalti e le gare): risparmi per il
personale di 362 mila; di
fronte ad un incasso netto per
gli incentivi di Regione e Stato
di 1,6 milioni.
Ma sarà anche possibile risparmiare sulle spese correnti
(167 mila) e sugli acquisti fatti
collettivamente (92 mila).
Alla fine saranno 2,6 i milioni
di spese in meno, il 10% del
bilancio complessivo degli attuali Comuni.
In più scatterà l’esenzione per
due anni dal patto di stabilità
che dovrebbe liberare risorse
ferme per circa 7 milioni.
Tanti risparmi e tantissimi
soldi che ricadranno sul territorio in termini di opere pubbliche, sostegno, incentivi per
lo sviluppo e molto altro ancora.
Sarà varata dal 2014 un’unica
amministrazione con un solo
sindaco, ma ogni comunità
manterrà i vecchi municipi simili a quelli presenti nei quartieri delle grandi città.
Perché in Garfagnana non si
è pensato di fare la stessa
cosa?
Unire tutti i servizi di tutti i
Comuni porterebbe un aumento di qualità e un grande
risparmio, così come sarebbe
importante non dimenticare
che la valle tornerebbe ad
avere un peso “politico” più
forte, soprattutto di fronte
alla chiusura della Provincia.
Ora – con tutto il rispetto parlando – si rischia di dover andare a Firenze con il cappello
in mano e due capponi nella
borsa per chiedere “elemosine”.
Perché i nostri sindaci non
hanno preso in considerazione questa possibilità?
Perché nessuno ha il coraggio
di esprimere il proprio pensiero in merito al Comune
unico della Garfagnana?
E che nessuno torni a parlare
di campanilismi e resistenze.
Che nessuno alzi la mano per
difendere l’indipendenza di
piccoli comuni che manterrebbero con il Comune unico
la propria identità e rappresentanza, ma vedendo aumentare i servizi e i sostegni.
Le strade sono segnate e la
via del Comune Unico della
Garfagnana è l’unica che potremmo cogliere per il futuro.
Nel 2013 si rinnoveranno le
amministrazione di 14 comuni della Valle: vediamo se
qualche candidato avrà la
lungimiranza di inserire nel
proprio programma politico
la proposta di fare un unico
Comune.
Un solo augurio: che le logiche politiche di palazzo –
spesso piccole, piccole, anzi
minuscole e risibili – non giochino ancora a sfavore della
Garfagnana e dei suoi citta-
Andrea Giannasi
Il dito nell’occhio
Abbiamo volutamente sfuocato la fotografia per rendere difficile la comprensione del modello e di ogni altro segno che
possa identificare il proprietario di questo Suv.
Ogni altro commento è superfluo.
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dini, perché forse non è ben
chiaro, ma con un unico Comune non saremmo di fronte
al rischio di perdere l’ospedale, le fabbriche e di essere
considerati uno zoo antropologico.
E ho citato i cittadini: in tutta
questa storia alla fine i danneggiati siamo proprio noi cittadini
che
pagheremo
un’occasione perduta più di
quanto nessuno potrà mai immaginare.
La pagheremo eccome, statene certi, e questo dispiace
maledettamente anche in considerazione del fatto che molti
sindaci e amministratori sono
consapevoli di questa deriva
che cercano in ogni modo di
evitare.
Per un momento lasciamo la
logica politica da una parte e
pensiamo al nostro futuro.
Per favore.
Pagina 4
Il Giornale di Castelnuovo di Garfagnana
Numero 50 - Marzo 2012
Il saggio di Normanna Albertini è stato adottato dala prestigiosa università americana
Pietro da Talada alla Columbia University
Pietro clicca la Garfagnana
Tanti i misteri che avvolgono
Pietro da Talada un pittore
“scoperto” solo alla fine degli
anni ’80, legato a opere di
grande maestria. Oggi il
mondo si interessa a questo
artista e il maestro del trittico
di Borsigliana, testimone dell’unione tra i crinali appenninici della Garfagnana e del
reggiano, sbarca negli Stati
Uniti d’America nella prestigiosa Columbia University.
Il saggio presentato al Salone
Internazionale del libro di Torino nel 2011 ha raggiunto
quindi un primo importante
obiettivo. Il libro su Pietro da
Talada curato dalla più importante studiosa del pittore
quattrocentesco Normanna
Albertini e che vede in primo
piano Fratel Arturo Paoli,
Mario Rocchi, edito dalla Garfagnana editrice era già stato
adottato dalla Toronto University.
Ma il progetto su Pietro da
Talada prosegue e sabato 3
marzo a Modena nell’ambito
del Festival del libro BUK, si è
tenuta la conferenza stampa
dove è stato presentato il
nuovo sito internet www.pietrodatalada.it che conterrà
l’opera omnia del pittore con
interventi di prestigiose firme
del mondo della storia dell’arte e dei costumi del 1400 e
1500.
Pietro da Talada dunque non
solo come pittore ma come
uomo tra gli uomini diventando un vero e proprio
“must” per le Terre del Serchio.
Il pittore delle Madonne
“mamme” che educano i propri figli e che ci fanno scoprire
ancora oggi la sensibilità di un
artista ma anche la cura dei
committenti delle comunità
locali. Emerge dunque un
quadro unico che fonde insieme Borsigliana, Capraia,
Corfino, Casatico e tutta la
Garfagnana.
Nelle prossime settimane a tenere banco sarà la rivelazione
di uno dei tanti misteri che avvolgono Pietro da Talada.
Mistero conservato nel Trittico di Borsigliana e che il
team di studiosi di Pietro da
Talada, coordinato da Normanna Albertini, rivelerà.
Ma sarà solo il primo visto che
ogni giorno altre importanti
scoperte si aggiungono al lavoro su questo misterioso pittore
che
ha
attirato
l’attenzione di una importante
trasmissione televisiva in
onda su un’emittente nazionale.
Info e note: http://pietrodatalada.wordpress.com
www.pietrodatalada.it
“Pietro da Talada clicca la Garfagnana” è l'ultimo progetto nato e curato dal Giornale di Castelnuovo e da Ecoland in seno agli Stati Generali. L’idea di Andrea Giannasi, Normanna Albertini ed Emilio Bertoncini viene proposta come iniziativa tesa ad aumentare la visibilità della
Garfagnana in Italia e nel mondo. Seguendo alcuni noti esempi presenti in internet, la nostra idea
è quella di creare una rete di agriturismo in valle pronti ad offrire nel biennio 2012-2013 gratuitamente due week-end per ospitare giornalisti e blogger pronti a scrivere e parlare della bontà
delle Terre del Serchio. Ogni agriturismo semplicemente potrà dare la propria disponibilità scegliendo il periodo che riterrà più adatto.
In pratica si tratta di soggiorni organizzati per blogger, ovvero degli autori in rete di frequentatissimi e famosi siti legati al web2. Dunque autori italiani e stranieri scriveranno articoli, reportage, diffondendo le buone pratiche che conosceranno dando la possibilità a molti altri di
“raggiungere” la Garfagnana.
Ma quali i vantaggi per progetti simili? Si tratta di contenitori che non hanno alcun costo per i
cittadini e per le amministrazioni pubbliche, che però attraverso l'arrivo in valle di nuovi e qualificati viaggiatori, potranno godere di nuovi vantaggi economici, culturali e sociali. Al centro infatti l'esigenza di creare nuove economie della terra e delle risorse che riesce ad esprimere.
Gli agriturismo aderenti riceveranno visibilità grazie agli articoli e si andrà a creare una circolarità di idee, proposte e promozione.
Perché Pietro da Talada al centro del progetto? Perchè Pietro da Talada è autore di alcune opere
magnifiche come il Trittico di Borsigliana che possono diventare un elemento promozionale di
qualità della valle intera. Con questo si vuole mettere in pratica l'esigenza di parlare di Terre del
Serchio come un unico immenso Museo del territorio. E poi Pietro proviene da Talada, ovvero
il mondo che sta oltre il crinale, verso le terre lombarde. Dunque un viaggiatore che più di chiunque altro può e deve essere ambasciatore dei territori.
“Pietro clicca la Garfagnana” utilizza il termine “cliccare” che in internet viene usata per navigare e visitare siti internet.
In altre parole cliccare è sinonimo di movimento e conoscenza, proprio quei termini che desideriamo legare alle Terre del Serchio per far arrivare tanti nuovi viaggiatori.
Info e note: www.pietrodatalada.it
Si è tenuto il convegno per la progettazione forestale
Rete Natura 2000
Si è svolto venerdì 24 febbraio presso l'aula magna
della Facoltà di Agraria di
Pisa il seminario dal titolo
"Progettazione forestale in
ambito Life+".
L'incontro è stato organizzato
dall'Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali di Pisa,
Lucca e Massa Carrara ed è
stato seguito da oltre 30
iscritti e numerosi studenti
della facoltà.
Dopo l'introduzione del Presidente dell'Ordine Luigi Casanovi il seminario è entrato
nel vivo con l'intervento del
relatore Dott. Michele Lischi
di Timesis, l'azienda pisana
che da anni cura il monitoraggio di progetti europei.
Proprio questa esperienza è
stata al centro del seminario
che ha affrontato le tematiche
del programma LIFE+, il più
grande strumento di finanziamento dell'Unione Europea per il sostegno a progetti
per l'ambiente.
Di particolare interesse per i
partecipanti è stato il riferimento ai possibili ruoli che
agronomi e forestali possono ricoprire nei progetti
Life.
Essi spaziano, in funzione di
alcune competenze aggiuntive a quelle fornite dal normale corso di studi, dalla
stesura del progetto vero e
proprio alla formulazione dei
progetti esecutivi e fino alla
direzione dei lavori in eventuali cantieri forestali.
Questi ultimi possono, per
esempio, rendersi necessari
nelle azioni dei progetti LIFE
Natura per favorire la presenza di particolari specie o il
ripristino di particolari habitat nei siti della RETE Natura
2000 oppure favorire la tutela
o l'aumento della diversità
biologica in progetti LIFE
Biodiversità.
Tra i possibili interventi di
natura forestale figurano
l'impiego o la realizzazione
ex-novo di vivai forestali,
rimboschimenti e trapianti,
avviamento all'alto fusto di
boschi cedui, diradamenti selettivi, eradicazione di specie
aliene, percorsi didattici e misure gestionali.
I soggetti beneficiari, uniti in
partenariati sostanziali, possono essere sia i privati che le
aziende o gli enti pubblici e
l'aiuto fornito e un cofinanziamento variabile dal 30 al
75%.
Molto spesso i capofila dei
progetti sono istituzioni pubbliche, come comuni, province ed aree protette.
Il seminario ha posto una
certa attenzione sulle professionalità richieste (un buon
inglese è essenziale per la stesura di un progetto comprensibile dalla commissione di
valutazione) e sulle criticità
più frequenti e ha sottolineato la capacità che il nostro
paese ha di utilizzare i fondi
di questa linea di finanziamento.
Italia e Spagna sono i maggiori utilizzatori e l'Italia riesce stabilmente ad ottenere
più fondi di quanti le sono assegnati, sia per l'elevato numero di progetti presentati,
sia per la loro bontà.
L'incontro si è chiuso con una
fase di discussione su domande formulate dai partecipanti e con i saluti del
Presidente Casanovi.
Numero 50 - Marzo 2012
Il Giornale di Castelnuovo di Garfagnana
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La responsabilità è storica e culturale, legata al mondo contadino
Perchè non sappiamo unirci
Abbiamo difficoltà a far tutto;
a trovare buoni accordi; a vivere in armonia; a fare squadra e gruppo di fronte ai
problemi della vita; a creare
occasioni di incontro e confronto comune.
Insomma abbiamo difficoltà a
lavorare insieme e quando
siamo in più di tre persone il
litigio è già alle porte.
Eppure sappiamo tutti che da
soli si va poco lontani e che
cori a più voci riescono a superare impegni e questioni,
che un individuo da solo non
può certamente affrontare.
Conosciamo l’insuccesso dei
poveri quattro diavoli e ci corrucciamo quando altri ci mettono i bastoni tra le ruote.
Siamo poco reattivi e partecipativi se una cosa non nasce
nella nostra aia, e nutriamo
quindi diffidenza per chi lavora o crea. Poco costruttivi
preferiamo la critica e il dileggio alla pratica del fare comune. Insomma abbiamo un
grave difetto: non siamo capaci fare squadra.
A questo nostro difetto però
c’è una spiegazione ancestrale. Seppur dentro le nostre
auto corriamo su e giù per la
valle con cellulari e computer
di ultima generazioni, viviamo ancora la scansione
temporale della vita contadina. Siamo infatti legati alla
breve ciclicità annuale. Tutto
quindi ha un inizio e una fine
e ogni gesto è ripetuto anno
dopo anno per tutta l’esistenza.
Questa “esistenza” se da una
parte garantisce una sicurezza, dall’altra limita gli
slanci e le nuove avventure.
Insomma il “contadino” non
cercherà mai di seminare il
granturco a dicembre o cer-
care di far fare l’uva alle viti a
febbraio.
Inoltre il contadino non farà
mai lega con un altro contadino per seminare il campo altrui – se non dietro compenso
– e vivrà la propria esistenza
chiuso nel proprio podere.
Deriva da questo ambiente la
citazione “coltivare il proprio
orticello”, che sta a significare
una mancanza di condivisione e di visioni di intenti comuni. Insomma il contadino
non era lungimirante; era
poco curioso e pauroso delle
pratiche innovative perché
oscure e aperte ai rischi; era
invidioso del vicino e astioso
con chi sfidava il nuovo e ne
usciva vincitore.
Ecco questa è la cultura contadina che è dentro ognuno di
noi come un Dna indelebile.
Ovviamente ha anche elementi positivi, ma sotto tutti
racchiusi in un alveo di solitaria autoconservazione.
Ma studiamola questa “esistenza” per meglio comprenderla. La vita del contadino
era scandita da momenti ben
precisi che si ripetevano ogni
anno.
A gennaio dopo aver ammazzato il maiale e cucinato ogni
parte si facevano lavori in
casa, nelle cantine o nelle
stalle. A fine mese poi si iniziava generalmente la prima
concimatura dei campi.
Febbraio era dedicato alle potature. Dagli alberi da frutto,
alle viti, ai castagni. Ogni albero era curato per meglio offrire i propri frutti.
A marzo si voltava la terra e si
iniziava a fare l’orto con bietola, asparagi, lattuga, cipolle,
spinaci. Con l’arrivo delle
prime giornate di sole buono
si aprivano i tini e si lavavano,
così come si vuotavano le
stalle per pulirle. Subito dopo
Pasqua (generalmente ad
aprile) si iniziavano le semine
della canapa, del granturco,
dei girasoli e delle patate. Le
semine andavano avanti fino
a maggio.
Con l’estate iniziava il lavoro
di raccolto e i lavorazione. La
prima ad essere tolta era la canapa che richiedeva esperienza e perizia.
Quando era matura, si raccoglieva, si faceva seccare al
sole, si metteva a macerare
nel fiume per 15 giorni,
quindi si faceva seccare nel
forno, poi si schiacciava bene
con la gramola, si pettinava, si
raffinava, si filava e infine si
tesseva al telaio. Con le pezze
di canapa si cucivano le lenzuola e le tovaglie e rappresentavano la dote delle
giovani ragazze.
Poi si raccoglieva il granturco,
dividendo le pannocchie dalle
foglie che venivano usate per
riempire o cambiare e rimestare i materassi dei letti (solo
quelle interne). I capelli invece servivano per le lettiere
degli animali. Le pannocchie
venivano portate nelle aie
dove a sera c’era un vero e
proprio rito di sgranatura dei
chicchi che venivano lasciati
alcuni giorni ad asciugare al
sole. Poi una volta insaccati
questi venivano portati al mulino per la farina gialla.
In pochi giorni si tagliava
anche il fieno e si facevano dei
covoni per farlo seccare bene
prima di portarlo nella stalla
e stivarlo per conservarlo
tutto l’inverno.
Tra agosto e settembre si levavano le patate quando la
pianta iniziava a seccarsi.
A settembre si preparava
tutto per la raccolta dell’uva.
Si doveva procedere in fretta
senza perdere tempo e dare
inizio alla maturazione e la
fermentazione. Il prodotto generalmente era un vino aspro
non molto buono, ma adatto
al lavoro nei campi come forte
dissetante.
Una volta messo il lavoro
degli acini nei tini si passava
alla raccolta delle noci. Una
parte venivano conservate
nelle cantine in posti bui, l’altra era usata per dolci o per
essere venduta al mercato.
A novembre era la volta delle
olive.
Durante questi mesi gli orti
vivevano le ultime culture cicliche, ma già tutto declinava
verso l’inverno. Per questo chi
non lo aveva già fatto correva
nelle selve a tagliare qualche
pianta e raccogliere legna da
ardere nel camino e nel forno
durante il gelido inverno.
Terminato l’anno si ricominciava tutto da principio.
Ecco questa è la cultura contadina che è dentro ognuno di
noi come un Dna indelebile.
Ora spetta a noi cercare di superare questa “esistenza” per
guardare ad un futuro migliore.
Barbara Coli
Riapre il servizio presso la Camera di Commercio
Il Registro delle Imprese Storiche
In concomitanza con le iniziative per il centocinquantesimo
anniversario
dell'Unità d'Italia Unioncamere ha formalmente istituito un Registro delle
Imprese Storiche (disponibile sul sito istituzionale di
Unioncamere), allo scopo di
valorizzare e riconoscere
quelle imprese che, con la
loro storia ultracentenaria,
hanno dato il proprio contributo alla crescita del Paese
trasmettendo nel tempo, alle
generazioni successive, un
patrimonio di esperienze e
valori imprenditoriali.
Visto il successo dell'iniziativa, testimoniato dall'elevato numero di domande
pervenute e dalle continue
Il miglior gelato
è a Castelnuovo
in Piazzetta
del Duomo
richieste
di
iscrizione,
Unioncamere, nell'ambito
delle iniziative per il centocinquantesimo anniversario
del sistema camerale, che
cade nel corrente anno 2012,
ha deciso di riaprire le iscrizioni al Registro per quelle
imprese che hanno compiuto 100 anni al 31 dicembre 2011 (ovvero l'attività
deve esistere almeno dal
1911).
Per accedere al Registro è
necessario aver svolto l'esercizio ininterrotto dell'attività
nell'ambito del medesimo
settore merceologico per un
periodo non inferiore a 100
anni.
Le imprese in possesso di
tali requisiti e che vogliono
partecipare alla selezione
possono farlo inviando la
domanda di partecipazione
presso l'Ente camerale, entro
e non oltre il 23 marzo 2012,
secondo le modalità specificate nel seguente avviso.
Elena Saraceno
L'Ufficio Relazioni con
L'Esterno.
Camera di Commercio di
Lucca
Ufficio Relazioni con l’Esterno
Corte Campana, 10
55100 Lucca
Trattoria
Marchetti
di Clara Pedreschi
Loggiato Porta Castelnuovo di Garfagnana
Telefono 0583 639157
Angelo Roberto Fiori
Grandi occasioni di lavoro e visibilità per il pittore castelnuovese Angelo Roberto Fiori e le sue opere che nel periodo pasquale aprirà nella saletta Suffredini a Castelnuovo di
Garfagnana la personale di pittura e che terrà una mostra durante il “Festival Jazz” a Barga.
Ma l’evento più importante e di rilievo lo segnaliamo a Venezia. Fiori infatti espone tre sue opere nella mostra collettiva
“Incontri-Confronti” a Venezia nelle sale di palazzo ZenobioCollegio Armeno, in Dorsoduro 2596.
La mostra - patrocinata dall’assessorato alla Cultura del Comune di Venezia - è stata inaugurata sabato 3 marzo e chiuderà il 1° aprile 2012. La curatrice è Claudia Baldi.
Il catalogo è stato stampato da Caleidoscopio.
La collettiva è stata organizzata dall’Associazione Agorà che
raccoglie le vivavità artistiche del nostro paese portando in
mostra le opere di alcuni tra i migliori artisti. Le città dove
sono previste altre mostre sono anche Roma e Volterra,
Entro la fine del 2012 Angelo Roberto Fiori sarà nuovamente
protagonista a Lucca con una personale, dopo il successo ottenuto presso le sale della banca del Monte di Lucca in piazza
San Martino lo scorso anno.
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Il Giornale di Castelnuovo di Garfagnana
Numero 50 - Marzo 2012
Un antico mestiere ormai perduto per sempre
Lo stagnino di ieri
Quello dello stagnino, come
del resto quello di tanti altri
artigiani di un tempo era un
mestiere itinerante nel senso
che per svolgere il suo lavoro
egli doveva recarsi di paese
in paese più o meno distanti
tra loro.
La sua era un'attività finalizzata alla riutilizzazione di
pentole, paiuoli, caldaie, oggetti di coccio, molto usati
nelle civiltà contadine del
passato, non più funzionali o
in precario stato di conservazione. I suoi strumenti di lavoro erano molteplici: lo
stagno da cui il nome stagnino. La forgia che alimentata da pezzi di carbone,
teneva sempre rovente il saldatoio, un pezzo di rame infisso in un manico, a mo' di
martello, che doveva liquefare le stecche di stagno per
otturare i piccoli buchi degli
arnesi bisognosi di riparazione. Quando i fori erano
piuttosto vistosi si provvedeva con lastre di rame fissate con ribattini.
Altri strumenti del mestiere
erano: acidi, martelli, tenaglie, pinze, stoppa, latta e
quant'altro.
Quando arrivavano nelle
varie località si piazzavano
nei punti meno periferici e
più comodi per la gente che
accorreva portando la sua
roba da riparare, data la necessità di conservare il più a
lungo possibile gli oggetti
posseduti, per le note ristrettezze economiche che limitavano al massimo i nuovi
acquisti.
Fra gli strumenti da mettere
a punto c'erano le caldaie, un
grosso paiolo con il fondo più
ristretto rispetto alla parte superiore, indispensabile per la
produzione del formaggio.
Spesso accadeva che al loro
interno l'elemento metallico
di cui erano fatte, generalmente di rame, si ossidasse e
perdesse la sua brillantezza e
lucentezza originarie.
Ciò determinava un loro
stato non certamente ottimale
sia dal punto di vista igienico-sanitario che di presenza, occorreva quindi
intervenire per renderle più
godibili e presentabili.
Artefice di siffatta operazione
era lo stagnino che rivestiva
tutto il loro interno di un sottile strato di stagno liquefatto.
I recipienti così trattati assumevano una colorazione
biancastra, diventavano più
igienici ed erano pronti per
l'uso in condizioni migliori.
Soprattutto le massaie avevano a cuore questo problema
in
quanto,
generalmente, erano loro addette alla lavorazione del formaggio, alimento essenziale
nella trascorsa civiltà dei
monti.
Per ottenere questo prezioso
alimento bisognava seguire
una determinata procedura
che vale la pena qui esplicare
e che ora non si pratica più in
seguito alla mancanza di bestiame da latte, allevato, secondo
vecchi
canoni
dell'agricoltura tradizionale e
familiare, una volta capillarmente diffusa.
Le donne che eseguivano
l'operazione
prestavano
molta attenzione nel compiere le varie fasi necessarie
per l'ottenimento del prodotto finale.
Prima di tutto si doveva far
intiepidire il latte contenuto
nelle caldaie, in cui veniva
versato un po' di caglio, una
sostanza acida ricavata dall'abomaso dei ruminanti
nella fattispecie agnelli e vitelli, necessario per la coagulazione. Con questo processo
esso si rapprendeva nella
parte superiore, formando
uno strato di cagliata che veniva poi frantumata con la
frulla, un oggetto a quattro
ali parallele, in modo che i
piccoli granuli potessero precipitare in fondo alla caldaia
favoriti anche da un nuovo
lieve riscaldamento del contenuto.
Dopo una ventina, trenta minuti, la massaia li raccoglieva
facendone una palla, detta
toma, che depositava nel cassino, un oggetto rotondo, di
un certo spessore, un po' flessibile, dove veniva strizzata
bene bene, liberandola dal
siero, il residuo del latte da
cui poi si ricavava la ricotta.
Si era ottenuto così la forma
di formaggio, che sistemata
sopra un piano leggermente
inclinato, per lo scolo di liquidi residui, veniva salata
su ambedue le facce, in prospettiva di un più o meno
lungo periodo di stagionatura prima dell'uso.
Ma non era ancora tutto finito. Rimaneva, come detto,
da fare la ricotta, quale ultimo prodotto della trasformazione del latte. Per
ottenerla era necessario mettere sul fuoco la caldaia col
siero e fare in modo che arrivasse alla temperatura di una
lieve ebollizione agevolata
anche dal gettito di alcuni
mestoli d'acqua fredda, operazione ripetuta più volte,
impedendo che essa avvenisse troppo convulsamente,
cosa che avrebbe certamente
danneggiato o comunque
compromesso le qualità e
quantità del prodotto. Tolta
la ricotta rimaneva la scotta,
alimento che si dava ai maiali, del quale erano molto
ghiotti. Non di rado succedeva che in certi periodi dell'anno le produzioni del latte
a disposizione delle famiglie
non fosse sufficiente per agire
in proprio nella produzione
di forme di formaggio di una
certa consistenza e proporzione.
Per ovviare a questo stato di
precarietà si ricorreva allo
La riscoperta di antiche mulattiere e una riflessione
Io ed un mio amico (Adolfo), già da qualche tempo, ci siamo proposti di ricercare antiche mulattiere ormai abbandonate e quasi
impossibile da ritrovare. Lo scopo che ci siamo proposti è quello di
riportare le persone che amano passeggiare nella natura a riscoprire
i percorsi che i nostri nonni e bisnonni percorrevano ogni giorno per
raccogliere castagne, per fare legna, per lavorare e vivere.
Sinceramente mi mette un po’ di ansia ritrovare questi luoghi, cosi
cari alla gente del posto, abbandonati e in decadenza.
La fotografia che vedete è stata scattata ad un vecchio metato lungo
il sentiero che porta al monte Palodina. Come vedete porta i segni di
una fine inesorabile.
La montagna ormai va all’ abbandono, i paesini sempre in grave degrado; il mestiere del pastore ormai e’ solo un ricordo come il metato
o il seccatoio (il piccolo locale fatto in pietra destinato alla essiccazione delle castagne.)
Cosa vogliamo fare? Lasciare andare al degrado questi luoghi antichi e caratteristici dove i nostri cari hanno faticato, hanno allevato
bestiame, hanno mantenuto il territorio, hanno prodotto alimenti per
sfamare le loro famiglie?
Noi continueremo a pulire i sentieri e lavorare ma nel frattempo voi riflettete su queste semplici parole.
Giacomo Giannerini
scambio tra paesani vicini
che si trovavano nelle stesse
condizioni. In tal modo la
quantità di latte aumentava e
si poteva compiere l'operazione, a giorni alternati, ottenendo
un
risultato
accettabile.
Di stagnini ne ho conosciuto
più d'uno, ma quello che ricordo con maggiore simpatia
ed interesse è Carnera, originario di Seravezza, in Versilia, soprannominato così, mi
par di ricordare, per la sua
statura piccola, minuta e
mingherlina, in contrapposizione al pugile friulano dalla
corporatura gigantesca.
Primo Carnera, alto più di
due metri che nel 1933 conquistò a New York il titolo
mondiale del pesi massimi.
Lo stagnino era miope e pertanto quando doveva avvicinarsi alle fonti di calore,
come ad esempio il saldatoio
rovente, era facile preda di
forti arrossamenti, se non
bruciature su tutto il viso e
particolarmente intorno agli
occhi. Aveva bruciacchiate
anche le mani.
Nel paesi si fermava più
giorni ed era sempre ospitato
con generosità e umanità, invitandolo a cibarsi di qualcosa e a dormire, se non in
casa, almeno nelle capanne
tra il fieno e le foglie di castagno che servivano da lettiera
per il bestiame.
Dopo alcuni anni di attività
forse per gli scarsi guadagni
ricavati, per stanchezza e
forse per le precarie condizioni di salute abbandonò il
mestiere. Fu allora che incominciò ad elemosinare offrendo santini qua e là per
paesi, feste e mercati.
Il suo sguardo era così dolce
e compassionevole che nessuno si rifiutava di fare la sua
offerta. Questo modus vivendi gli fruttò assai più
della precedente occupazione. Infatti da fonti attendibili si dice che alla sua
dipartita abbia lasciato un
mucchietto di soldi niente
male. Concludendo possiamo affermare che le vicende umane sono infinite e
ognuno ha la sua.
Pietro Ciambelli
IL NEGOZIO DEL PESCE CONGELATO
GeloMarket
PER MANGIARE SANO RISPARMIANDO
Il venerdì e il sabato a Castelnuovo orario continuato 8,30 - 19,30
Zona stadio - CASTELNUOVO DI GARFAGNANA
Via della Repubblica 292 - FORNACI DI BARGA
Numero 50 - Marzo 2012
Il Giornale di Castelnuovo di Garfagnana
Pagina 7
La misteriosa scomparsa di Monsieur Cassettari da Gallicano
Un baule pieno d’oro
La storia che stiamo per raccontare sembra tratta da un
romanzo ottocentesco, ricco
di stravolgimenti e colpi di
scena. In realtà si tratta di una
vicenda vera che ha visto
coinvolti alcuni cittadini di
Gallicano che si erano recati
all’estero per lavorare.
Al centro della vicenda un misteriosa scomparsa e la presenza di un baule colmo d’oro
arrivato a New York.
Era il 14 luglio del 1851
quando il Ministero degli Affari Esteri del Ducato estense
in Modena, aprì un fascicolo a
nome dei fratelli Cassettari di
Gallicano, che da tempo non
ricevevano più notizie del fratello Luigi, che ormai i familiari davano per morto.
I fratelli però avevano saputo
da un certo Raffaello Fabbri,
che aveva “incrociato” Luigi
Cassettari a New York, dell’esistenza di un baule nel
quale lo stesso Fabbri dichiarava di aver visto un cospicuo
quantitativo d’oro.
Venuti a conoscenza del te-
soro la famiglia in Garfagnana intese far luce per recuperare quel baule d’oro. Ma
facciamo un passo indietro
doveroso per comprendere
meglio la nostra storia.
Luigi Cassettari era partito da
Gallicano nel 1818 alla volta
dell’Inghilterra per lavorare
gli stucchi. Nel 1822, dopo
aver raggiunto la Scozia,
partì per il Brasile. Da quel
momento la famiglia perse le
tracce di Luigi.
Poi, passati molti anni, improvvisamente il gallicanese
Raffaello Fabbri, tornando
dagli Stati Uniti, raccontò ai
compaesani una storia incredibile, che vedeva coinvolti in
prima persona i Cassettari.
Il Fabbri si trovava a New
York quando giunse nel porto
un bastimento proveniente
dal Brasile.
Il comandante di questa nave
si chiamava Moris e denunciò
la scomparsa durante il viaggio di un passeggero che
aveva lasciato un baule.
Su questo c’era appeso un fo-
glietto con su scritto: “monsieur Cassettari”.
Le autorità americane incaricarono un italiano di nome
Pietro Cerri di Bagni di Lucca
per intraprendere un’indagine
al fine di scoprire l’identità
dello scomparso.
Questo Cerri si recò allora con
Fabbri presso un’abitazione
dove si trovavano una decina
di italiani, tutti figuranti. Lo
scopo era quello di interrogarli visto che le autorità legavano il cognome alle nostre
province.
Questi vennero interrogati
sulla loro conoscenza o meno
di tal Cassettari o se avessero
pratica di familiari o affini.
Di fronte al diniego di tutti i
presenti, Cerri lesse una pagina della Gazzetta Americana dove si denunciava
l’accaduto e la custodia di un
baule contenente abiti, una ripetizione d’oro (una sorta di
collana) e cinquanta libbre
francesi d’oro battuto (circa 22
chilogrammi).
Un tesoro enorme per quei
tempi che destò vasta eco.
I fratelli da Gallicano - una
volta venuti a conoscenza
della questione - scrissero immediatamente al ministero a
Modena e chiesero che le dichiarazioni del Fabbri fossero
verbalizzate. Così a Castelnuovo il 27 giugno del 1851 le
Un biglietto di viaggio per il Brasile
Le ridotte aspettative economiche dei residenti nella Valle del Serchio nell’Italia post-unitaria,
spinsero molte persone a rivolgersi ad agenti marittimi autorizzati per emigrare verso l’America. Questi minimizzavano le difficoltà del viaggio e della permanenza all’estero, rassicuravano gli avventori sulla
possibilità di una rapida e consolidata crescita economica tale
da ripagare in tempi brevi le
esose spese del viaggio.
Bisogna infatti ricordare che
per reperire il denaro necessario, la quasi totalità dei migranti, era costretta a vendere
tutti i propri beni o a indebitarsi.
A Castelnuovo, alla fine del
XIX° secolo, esistevano alcuni
agenti che operavano per conto
di diverse compagnie di trasporto marittime, espletando
tutte le pratiche necessarie all’espatrio.
Nicola Venturini, titolare di
una orologeria in via Fulvio
Testi al numero civico 6, ottenne l’autorizzazione a gestire
la subagenzia della compagnia
“La Veloce”.
Questo biglietto per il Brasile
di fine ‘800 rappresentava la
speranza di un futuro migliore.
Rubrica di ricerche storiche e
documenti a cura di
Cristian Tognarelli
autorità interrogarono Raffaele Fabbri del fu Giuseppe
di Gallicano, fornaio non possidente e stucchino.
Egli dichiarò di essere partito
nel 1844 con Angelo Venturelli di Bracciano e Luigi Benedetti di Verni alla volta di
Londra dove si impiegarono
nel lavoro delle figure in
stucco. Dopo due anni il Fabbri si spostò a Liverpool per
trovare un imbarco per
l’America dove giunse e rimase lavorando con Alessio
Maleschi, anch’egli proveniente da Gallicano. A New
York prima di partire per Filadelfia - città dalla quale si
imbarcò nuovamente per tornare in patria - il Fabbri visse
il fatto del baule d’oro appartenuto ad un certo “monsieur
Cassettari”.
Le autorità a Castelnuovo a
quel punto chiesero al fornaio-figurinaio di Gallicano se
nei mesi successivi avesse
avuto notizie legate al baule,
ma il Fabbri negò di aver sentito nuovamente parlare dell’accaduto. Non sapendo
leggere e scrivere il testimone
firmò con una croce e di lato
al documento il segretario che
aveva verbalizzato le dichiarazioni scrisse: “croce di Fabbri Raffaele”.
Il fornaio-figurinaio lasciò il
Maleschi a Filadelfia e tornò a
Gallicano dove ai fratelli Cassettari raccontò l’accaduto.
E fu proprio Paolino Cassettari che scrisse alle autorità affinché si interessassero alla
vicenda, perché con questo
gesto avrebbero reso giustizia
ad una povera famiglia.
Il Ministero degli Affari Esteri
del Ducato di Modena interpellò l’agente estense a Livorno, Commendator Tausch,
affinchè facesse un’indagine.
Della questione fu informato
anche il consolato austriaco a
New York affinchè fosse fatta
piena luce sulla vicenda e si
provvedesse a far giungere il
contenuto del baule ai Cassettari.
Avranno ricevuto il baule i
Cassettari di Gallicano?
Questo non è dato saperlo dai
documenti scovati dall’editrice Antiche porte che ha
edito questa ed altre lettere,
che scopriremo nei prossimi
numeri del Giornale, in un libricino dal titolo “Lettere dall’Ottocento”.
Vedremo come un uomo sposato fugge con una donna di
malaffare e come alcuni carbonai garfagnini furono truffati, o il caso di Luigi Bertei di
Piazza, che dopo aver preso il
passaporto di Pellegrino Satti
di Caprignana, scappa in Corsica.
Gianluca Pitari
Il Giornale online
Se avete un storia da raccontare, delle fotografie da spedire
o un evento da promuovere basta mandare una email. Se
fate parte di una squadra di calcio o di una associazione e
volete raccontare le esperienze vissute armatevi di email e
mandateci qualche riga da pubblicare.
Per scrivere alla redazione potete mandare una email a
[email protected]
www.ilgiornaledicastelnuovo.it
Il Giornale di Castelnuovo
Redazione: via traversa Vecchiacchi, 17 55032 Castelnuovo Garfagnana
Direttore: Andrea Giannasi
Caporedattrice Barbara Coli
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Il Giornale di Castelnuovo di Garfagnana
Numero 50 - Marzo 2012
Ospite il nostro direttore che ha parlato del generale garfagnino Enrico Tellini
Riprese le lezione all’UniTre
Sono riprese le lezioni presso
la sede dell'Università della
Terza età che ha sede a Castelnuovo nel quartiere UNRRA.
Venerdì 16 marzo il nostro direttore Andrea Giannasi ha
parlato della vicenda del Generale Enrico Tellini nato a
Castelnuovo il 26 agosto del
1871 e morto trucidato da sconosciuti sul confine greco-albanese il 29 agosto del 1923.
Una vicenda storica poco nota
al grande pubblico, ma studiata in diritto internazionale
e famosa per gli storici per la
prima prova in politica estera
del neonato governo di Benito
Mussolini.
Tellini guidava nel 1923 la delegazione della Società delle
Nazioni (l'odierna ONU) composta da francesi, inglesi, turchi, greci e albanesi, che aveva
il compito di stabilire i confini
tra i diversi stati nella penisola
balcanica.
L'auto – una Lancia decapottabile a cinque posti – in una
località chiamata Kakavia, fu
invece bloccata da alcuni rami
posti lungo la via e fatta oggetto di più di quaranta colpi
di fucili automatici. In pochi
minuti la delegazione fu trucidata. L'unico che tentò la fuga,
morendo finito con un colpo
alla testa, fu proprio Tellini.
Lo sconcerto nel mondo fu al-
tissimo. L'Italia accusò la Grecia richiedendo scuse ufficiali
e un risarcimento danni di 50
milioni di lire. Poi Mussolini
decise di bombardare e occupare l'isola di Corfù.
Nel frattempo i feretri dei caduti furono condotti da Taranto a Roma con un treno
funebre che viaggiando a
bassa
velocità
ricevette
l'omaggio di centinaia di migliaia di cittadini. Le salme
dei caduti furono ricevute
nella capitale listata a lutto.
Dopo la messa funebre ogni
vittima prese la via di casa. Il
Generale Enrico Tellini, forse
per volere di uno zio, fu inumato a Firenze presso il cimitero monumentale. La madre
dello sfortunato ufficiale, in
quei giorni nella casa di famiglia di Magnano in Garfagnana, fu avvisata dalle
autorità.
Castelnuovo ricordò il generale mettendo in Piazza Umberto, sulla facciata del
palazzo sopra il Bar Centrale,
una lapide a ricordo. Lapide
purtroppo andata distrutta
durante la seconda guerra
mondiale. La piazza principale di Villa Collemandina è
intitolata a Enrico Tellini, e in
Italia esempi simili sono moltissimi (una delle vie principali del centro di Piombino,
così come molte altre città
hanno nella toponomastica il
generale garfagnino).
Alla fine la Grecia pagò 50 milioni di risarcimento danni,
ma la spedizione militare era
costata 58 milioni.
Ancora oggi non si conoscono
i nomi o i mandanti dell'eccidio Tellini.
Gabriele Coli
Jubilum Jazz Chorus
I primi dati delle iscrizioni
Importante affermazione del Jubilum Jazz Chorus (JJC): sabato
18 Febbraio il coro castelnuovese ha conquistato il primo premio al Concorso Internazionale Città di Asti, conseguendo il
punteggio massimo di 100/100 con giuria unanime. Grande
la soddisfazione del direttore Piero Gaddi e di tutti i coristi,
esibitisi poi domenica 19 presso il Teatro Giraudi nel concerto
dei vincitori.
Continua il flusso degli studenti delle terze medie della valle del Serchio verso gli Istituti di
Lucca, nonostante l’esistenza di corsi simili “in casa”. Così 30 studenti della Valle hanno scelto
la scientifico “Vallisneri”, 27 l’Iti “Fermi”, 20 l’Itc “Carrara”, 10 geometri “Nottolini” e professionale “Giorgi”, 8 il classico “Machiavelli”. In totale ben 138 (136 lo scorso anno) i ragazzi che
emigrano scolasticamente dalla Valle per frequentare le Secondarie Superiori. Dati che devono
far riflettere sul perché sobbarcarsi spese e fatiche del viaggio, quando c’è una scuola uguale vicino a casa. Voglia della città, del “natio borgo selvaggio”? Sicuramente alcuni potrebbero rispondere per la facilità dei trasporti. Ma a questo punto dovrebbe essere l’amministrazione
provinciale, con Vaibus, a ridefinire orari e percorsi. Ecco, comunque, le scelte, con i dati raccolti
dalla dottoressa Patrizia Pieroni dell’Unione Comuni Garfagnana.
I 492 alunni (da aggiungere poi 6 di Barga ancora indecisi) della Valle del Serchio (Istituti comprensivi di Gallicano, Castelnuovo, Piazza al Serchio e Gramolazzo, Castiglione, Camporgiano,
Barga e Fornaci, Bagni di Lucca, Ghivizzano, Borgo a Mozzano), che frequentano la classe terza
media, hanno scelto ben 25 Istituti superiori tra Castelnuovo, Barga, Borgo a Mozzano, Lucca e
poi Soliera di Fivizzano. Il Liceo scientifico “Galilei” di Castelnuovo ha avuto il maggiore numero di iscrizioni (71), provenienti da tutti gli Istituti comprensivi della Valle, ad eccezione di
Bagni di Lucca. Al secondo posto l’Istituto alberghiero “Fratelli Pieroni” di Barga (51 iscritti),
quindi Liceo di Scienze umane dell’Isi di Barga (40), Ragioneria dell’Itcg “Campedelli” (39), Linguistico Barga (34),30 Scientifico “Vallisneri”, 32 Ipsia Castelnuovo, 27 Iti “Fermi”, 26 Iti “Vecchiacchi” Castelnuovo, 22 Iti Borgo a Mozzano, 20 Itc “Carrara”, 18 Geometri “Campedelli”
Castelnuovo, 12 Itc “Magri” Barga, 10 Ipsia “Giorgi”, Isi “Pertini”, Geometri “Nottolini”, 9 Liceo
Classico Barga, professionale “Civitali”, 8 Liceo Classico “Machiavelli”, “Passaglia” Lucca, 2
Agrario Soliera, Agrario “Busdraghi” Mutigliano, 1 Scienze sociali Fivizzano e Aeronautico Bergamo. Naturalmente questi dati riguardano gli iscritti a tutt’oggi. A settembre spesso i numeri
cambiano, sia a causa dei respinti, sia per le richieste di passaggio ad altra scuola. Chiaramente
con i dati di ora alcuni indirizzi nella Valle rischiano di non partire con le prime classi.
In sintesi, 186 hanno scelto Castelnuovo, 168 Barga con Borgo a Mozzano, 136 Lucca, 2 fuori
provincia.
Va infine precisato che ci sono anche iscrizioni che arrivano fuori dalla Valle del Serchio ed in
particolare è l’Alberghiero di Barga che ogni anno attira numerose iscrizioni da Lucca e dalla
Piana. Infine alcuni altri ragazzi potrebbero arrivare, indirizzati su Castelnuovo, da alcuni Istituti comprensivi della provincia di Modena (Pievepelago e Frassinoro), come pure da Casola in
Lunigiana.
Dino Magistrelli
Il Jubilum Jazz Chorus, progetto nato e sviluppatosi in seno
alla Scuola Civica di Musica di Castelnuovo, tornerà prossimamente in Piemonte per tenere un altro concerto, invitati in
quanto primi assoluti della propria categoria. Continua quindi
una fase di importante crescita per il coro garfagnino: dopo
l’invito a BargaJazz nel 2009, è arrivata l’anno scorso la pubblicazione del primo cd, Amazing Grace, per l’etichetta discografica Vinile Records. Quest’ultimo riconoscimento è un
ulteriore incoraggiamento a continuare nel peculiare percorso
musicale del JJC, che accostando stili e repertori di varia estrazione propone musica propria di innegabile impronta jazz.