Macché lupi solitari sono terroristi zombie
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Macché lupi solitari sono terroristi zombie
Primo piano L’IN TERVI STA “Macché lupi solitari sono terroristi zombie” FABIO TONACCI li attentati di Parigi di una settimana fa hanno fatto capire alle polizie europee che le cellule dormienti si erano attivate, sollecitate da una sorta di chiamata alle armi. Ecco perché vediamo, e vedremo nei prossimi giorni, operazioni preventive per bloccare i terroristi prima che entrino in azione”. A parlare è Arturo Varvelli, responsabile dell'osservatorio terrorismo dell'Ispi, l'Istituto per gli studi di politica internazionale. Si può ipotizzare che esista, al momento, una rete unica fatta dai reduci tornati dalla Siria e dall'Iraq? “Parlare di rete consolidata è senza dubbio un'ipotesi troppo avventurosa, ma certamente rispetto a una settimana fa è cambiato qualcosa nella percezione degli analisti e dell'intelligence: pare che ci sia un invito generale a colpire, appunto una chiamata alle armi organizzata e finanziata. E il timing concordato in cui si sono succeduti gli ultimi eventi sembra andare in questa direzione”. Prima le stragi di Parigi, poi gli arresti in Belgio e Germania. Si può ancora definire i sospettati che in queste ore vengono arrestati dei “lupi solitari” che agiscono senza preavviso? “No, questi di Parigi e del Belgio non lo sono, sono un commando che è stato dormiente per un lungo periodo ma che è stato attivato dallo Yemen. E' il cosiddetto “ter- G OSSERVATORIO Arturo Varvelli, responsabile dell’Istituto per gli studi di politica internazionale SERA 16 gennaio 2015 I ragazzi Kalashnikov rorismo zombie”: reduci che stanno buoni per settimane, per mesi, fino a quando non hanno l'ordine di agire”. Dei foreign fighters europei partiti per la Siria sappiamo che sono circa 3mila e che passano dal confine turco. Esistono dati su quelli tornati? “No, è un fenomeno che sfugge alle statistiche. Ma c'è uno studio del Brookings Doha Center, intitolato Profiling the Islamic State che riporta statistiche sugli jihadisti rientrati da zone di guerra dal 1990 al 2010. In base a questi calcoli, l'11 per cento di questi diventa realmente pericoloso”. Secondo i dati del Viminale, i foreign fighters partiti o passati dall'Italia sono appena 53, contro i 1.000 francesi, i 700 inglesi, i 300 belgi. Perché così pochi da noi? “I combattenti che decidono di lasciare casa e famiglia e unirsi alla jihad sono quasi sempre immigrati di seconda e terza generazione oppure convertiti all'Islam che hanno seguito un percorso di radicalizzazione, e in Italia il bacino di seconde e terze generazioni è storicamente meno ampio, Le seconde generazioni stanno diventando adulte adesso, perché i flussi consistenti di immigrati sono cominciati soltanto alla fine degli anni Ottanta. Dunque per l'Italia il fenomeno è pericoloso in proiezione”. Ha un peso anche il ruolo che uno Stato ha sullo scacchiere internazionale? “Certamente sì. Rispetto agli altri Paesi europei, Francia e Gran Bretagna hanno una sovraesposizione esterna, sono molto più attivi nei paesi musulmani. La Francia, ad esempio, è intervenuta militarmente in Mali, in Nord Africa, e questo attivismo, nell'ottica terroristica, in qualche misura lo paga”. Cosa si aspetta nelle prossime settimane? “A preoccuparmi è questa concorrenza tra Isis e Al Qaeda. Se a livello di militanza di base non si riscontrano attriti interni tra i vari gruppi, ma anzi esiste una permeabilità tra i miliziani, non si può dire lo stesso per i vertici, che ne fanno appunto una questione di leadership del terSERA 16 gennaio 2015 I ragazzi Kalashnikov rore, per così dire. E quando i capi vogliono competere, succede appunto che diano ordini di fare attentati come è successo a Parigi”. Rivedere il trattato che istituisce l'area Schengen ha senso? “Non credo. Non si è mai visto di un tedesco che va a fare un attentato in Francia, o viceversa. Gli ultimi fenomeni dimostrano che chi compie stragi non è un cittadino straniero, come Mohammed Atta, l'attentatore dell'undici settembre. I potenziali terroristi non arrivano in Europa con le ondate dei migranti, sui barconi. Sono cittadini europei, ce li abbiamo direttamente in casa”. SERA 16 gennaio 2015