LAVORO. IMPOTENTI O `LADRI DI BAMBINI`: ASSISTENTI SOCIALI
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LAVORO. IMPOTENTI O `LADRI DI BAMBINI`: ASSISTENTI SOCIALI
LAVORO. IMPOTENTI O 'LADRI DI BAMBINI': ASSISTENTI SOCIALI SECONDO I MEDIA Come sono rappresentati gli assistenti sociali nei media? Una ricerca condotta in Germania, Regno Unito e Italia ha provato a rispondere a questa domanda. I risultati presentati oggi in un seminario organizzato dal Consiglio nazionale degli assistenti sociali. "Troppo spazio alla tv del dolore" (RED.SOC.) ROMA ‐ Sui media italiani viene dato grande spazio alla cosiddetta 'tv del dolore' dove la fanno da padrone l'enfatizzazione e la raffigurazione strumentale e spettacolare del dolore, un marcato eccesso patemico nel racconto e nella narrazione, una sorta di processo virtuale mediatico dall'esito scontato e a svantaggio della figura dell'assistente sociale che si accompagna spesso a un accanimento verso alcuni soggetti deboli. Il tutto sotto l'ala protettiva della tv di servizio e del (finto) intento pedagogico che sfocia in indignazione e sdegno ed e' presentata come apporto investigativo. E' la fotografia degli assistenti sociali sui media italiani che emerge dalla ricerca "Le rappresentazioni del Servizio sociale nei media" condotta da studiosi e docenti universitari in Germania, Gran Bretagna e Italia per capire come sono rappresentati i social workers su giornali e in tv, partendo dal presupposto che, in tutta Europa, il Servizio sociale non gode di una buona reputazione con conseguenze sia sui professionisti che sugli utenti. La ricerca e' stata presentata oggi a Roma in un seminario internazionale organizzato dal Consiglio nazionale degli assistenti sociali. La rappresentazione della professione. La professione dei social worker e' quasi sempre rappresentata in modo parziale estereotipato. In Italia la ricerca ha riguardato il tema della violenza domestica e assistenti sociali sui quotidiani "la Repubblica" e "Il Giornale" nel periodo 2012/2013. Cio' che emerge e' che gli assistenti sociali "allargano le braccia" a voler segnalare la loro impotenza di fronte a certi episodi, non vanno a casa dei cittadini ("ci avevano detto che sarebbe arrivato un assistente sociale ma non si e' visto nessuno"), conoscono il pericolo che corrono le donne ma non fanno nulla ("Sapevano da tempo, ma nessuno ha fatto nulla"), sono considerati ladri di bambini. Negli articoli dei quotidiani, quasi sempre, mancano i riferimenti a leggi e politiche sociali che regolano gli interventi degli assistenti sociali e compaiono pochi riferimenti espliciti e diretti agli assistenti sociali che spesso sono citati come operatori del Comune ("il sindaco manda sul posto gli assistenti sociali"). Analizzando i programmi tv che trattano fatti di cronaca che hanno per protagonisti i servizi sociali, la situazione appare ancora peggiore. Per quanto riguarda la tv italiana, sono stati esaminati i programmi a contenuto informativo in cui sono stati trattati argomenti di cronaca nera o giudiziaria o vicende di disagio individuale o sociale di 7 reti televisive nazionali (Rai 1, Rai 2 e Rai 3, Rete 4, Canale 5, Italia 1 e La7) tra il 15 settembre e il 15 dicembre 2014. Nonostante non si tratti di programmi rivolti a bambini e adolescenti, vanno in onda in fasce orarie in cui si presume che i minorenni guardino la tv senza la presenza di un adulto (tra le 16 e le 19) come previsto dal Codice Tv e minori e propongono spesso racconti di particolari macabri e raccapriccianti. Cio' che e' emerso e' che raramente gli assistenti sociali sono invitati a partecipare alle trasmissioni tv in qualita' di esperti, al loro posto siedono invece psicologi, psichiatri, giudici, avvocati. Nei pochi casi in cui vengono invitati e' come se partecipassero senza partecipare: vengono interpellati solo sul caso trattato in trasmissione senza poter allargare la prospettiva di analisi a problemi e temi di cui quello costituisce solo un esempio. In sostanza, la rappresentazione dell'assistente sociale e' riduttiva e spesso distorta, nonostante rivesta un ruolo sempre piu' importante e indirizzato verso un'attenzione globale a persone, gruppi, forme diverse di famiglia, comunita' locali, soggetti deboli, anziani, minorenni, migranti. Una professione, quindi, che non fa della visibilita' mediatica la sua mission e che sconta, sul piano dell'immagine pubblica, una presenza debole, intermittente, schiacciate da luoghi comuni e stereotipi. La sfida, come e' emerso dal seminario, e' quindi quella di comunicare il lavoro dei social worker per decostruire rappresentazioni negative sedimentate nel tempo. Nata da una partnership tra i corsi di laurea in Servizio Sociale e Dipartimenti di Servizio sociale delle Universita' del Regno Unito (Universita' di Hertfordshire), Germania (Universita' Cattolica di Colonia, Alice Salomon Hochshule, Berlino) e Italia (Universita' del Piemonte Orientale), la ricerca coinvolge anche le 3 associazioni di assistenti sociali presenti nei Paesi (Ordine italiano degli assistenti sociali, British association of social workers e Deutscher Berufsverband für Soziale Arbeit) ed e' finanziata dalla Iassw (International association of school of social work). (lp) (www.redattoresociale.it) 11:03 04‐05‐15 LAVORO. ASSISTENTI SOCIALI: CASO LEONARDO, PRELEVATO A SCUOLA DA FORZE ORDINE Caso emblematico che, nel 2012, ha coinvolto un bambino di 10 anni affidato in via esclusiva al padre e trascinato fuori dalla scuola sotto gli occhi di compagni e maestre. Un caso che ha potenziato i pregiudizi verso gli assistenti sociali. I risultati della ricerca "Le rappresentazioni del servizio sociale nei media" (RED.SOC.) ROMA ‐ "Alla vista degli assistenti sociali il bambino riusciva sempre a scappare o nascondersi". "Rincorso dagli agenti e' stato recuperato e portato via bruscamente dalle braccia della madre". "Lui capisce che 'loro' stanno arrivando. Non conosce le loro facce, ma sa cosa sono venuti a fare". Quei "loro" sono gli assistenti sociali e le frasi riportate sopra sono contenute in alcuni degli articoli comparsi sui quotidiani italiani, in occasione della vicenda che, a Padova, ha coinvolto un bambino di 10 anni, Leonardo, prelevato da scuola dalle forze dell'ordine in seguito a un provvedimento di allontanamento emanato dal Tribunale dei minori di Venezia che prescriveva l'affidamento esclusivo al padre (in base a una perizia psichiatrica che rilevava nel miniore i sintomi della Pas, la sindrome da alienazione parentale). I tentativi di eseguire pacificamente l'allontanamento vengono impediti piu' volte dalla madre e dai familiari che arrivano a pattugliare i dintorni della scuola e filmano l'intervento della Polizia, facendo scoppiare un caso mediatico che porta a 2 interrogazioni parlamentari da parte di membri di diverso orientamento politico e l'intervento dell'Osservatorio nazionale sui diritti dei minori. Il caso di Leonardo e' stato analizzato da Maria Chiara Bartocci, assistente sociale, nell'ambito della ricerca "Le rappresentazioni del Servizio sociale nei media" condotta da studiosi e docenti universitari in Germania, Gran Bretagna e Italia e presentata oggi a Roma in un seminario internazionale organizzato dal Consiglio nazionale degli assistenti sociali. Enfatizzare senza approfondire. Dall'indagine (condotta, in particolare, sui quotidiani "la Repubblica" e "il Giornale") emerge che i giornali non riportano dichiarazioni dei professionisti coinvolti, mentre pubblicano quelle di pubblico ministero, ministri, rappresentanti delle forze dell'ordine. Inoltre, dall'analisi dei diversi articoli si capisce che il giudizio sugli assistenti sociali non e' del tutto esplicito ("loro stanno arrivando", "il video del rapimento"). Sia i giornali che la tv hanno enfatizzato l'aspetto di cronaca senza approfondire i temi importanti connessi alle vicende quotidiane di sofferenza delle persone implicate. Ad esempio, solo quando e' diminuito l'impatto emotivo della campagna mediatica, i quotidiani hanno approfondito cos'e' la Pas e le procedure normative a tutela dei minori coinvolgendo professionisti (psichiatri e avvocati, in primis). Tra le criticita', Bartocci rileva il fatto che in nessun articolo si precisa che i social workers non possono, in base al Codice deontologico della professione e per regolamento dei servizi sociali, rilasciare dichiarazioni sulle situazioni delle persone che seguono, e che social network e siti web dando la possibilita' di commentare con un semplice clic senza filtrare cio' che si legge/guarda/ascolta creano una catena mediatica che puo' aumentare la risonanza mediatica contro qualcuno. "Il caso di Leonardo, come molti altri, ha potenziato gli stereotipi verso la professione dell'assistente sociale, contribuendo alla sedimentazione del pregiudizio", ha concluso. (lp) (www.redattoresociale.it) 11:03 04‐05‐15 Il Giornale delle partite iva 30, marzo 2015 PROFESSIONI. ASSISTENTI SOCIALI. SEMINARIO INTERNAZIONALE A ROMA LUNEDÌ 4 MAGGIO La figura dell’assistente sociale sarà al centro del seminario internazionale di studi ‘Le rappresentazioni del servizio sociale nei media’, in programma a Roma per lunedì 4 maggio (sala Capranichetta, Piazza Montecitorio, 131, ore 9.30‐14) nel corso del quale verranno presentati i primi risultati di una ricerca condotta in Germania, Gran Bretagna e Italia. “L’assistente sociale ‐si legge in una nota degli assistenti sociali‐ ricopre un ruolo sempre più importante, fondato su saperi forti e complessi, orientati all’attenzione globale alla persona, ai gruppi, alle diverse forme di famiglia, alle comunità locali, ai soggetti deboli, anziani, minorenni, migranti”. Un ruolo che, prosegue, “si rafforza al crescere di strati sempre maggiori di cittadini che una crisi ormai quasi decennale rende non più in grado di soddisfare tutta una serie di minimi bisogni individuali e collettivi”. “Una professione – si osserva – che, con conoscenze e competenze specifiche, attiva processi che puntano a generare autonomia, crescita, autostima anche attraverso l’avvio di specifici percorsi individuali”. Una professione, quella dell’assistente sociale, si spiega, “che non fa della visibilità mediatica la sua mission e che sconta, quindi, sul piano dell’immagine pubblica, una presenza debole e intermittente quasi sempre schiacciata da comodi luoghi comuni e stereotipi”. “Un’ immagine parafulmine anche a surrogare carenze e mancanze di altri soggetti e che si fa carico delle conseguenze derivanti dalle continue riduzioni delle risorse economiche messe a disposizione dalle istituzioni”, si sottolinea. All’esame dei ricercatori italiani, coordinati da Elena Allegri, docente dell’università del Piemonte Orientale, nel corso del seminario ci saranno le rappresentazioni del servizio sociale e della violenza domestica in due quotidiani italiani. I ricercatori inglesi guidati da Shula Ramon, della iniversity of Hertfordshire, Hatfield, GB, hanno preso in esame la copertura mediatica relativa all’abuso di minori a Rotherham, negli anni dal 1997 al 2014, un caso che ha fatto molto scalpore in quel Paese. Nella seconda parte del seminario internazionale è prevista una tavola rotonda sull’impegno degli ordini e delle associazioni di assistenti sociali per una nuova rappresentazione del Servizio sociale nei media. Ne discuteranno Silvana Mordeglia, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali, Bridget Robb, chief executive della British Association of Social Workers, Gran Bretagna e Gabriele Stark‐ Angermeier, vicedirettore del Deutscher Berufsverband für Soziale Arbeit, Germania. PROFESSIONI: ASSISTENTI SOCIALI, CATEGORIA PENALIZZATA DA LUOGHI COMUNI Roma, 4 mag. (Adnkronos/Labitalia) ‐ Il servizio sociale non gode, in tutta Europa, di una buona reputazione e ciò ha un impatto forte sia sui professionisti che sui cittadini‐utenti. Una situazione che gli assistenti sociali affrontano 'allargando le braccia'. E' quanto emerge dalla ricerca 'Le rappresentazioni del Servizio sociale nei media', condotta da studiosi e docenti universitari in Germania, Gran Bretagna e Italia e presentata oggi a Roma in un seminario internazionale organizzato dal Consiglio nazionale degli assistenti sociali. L'indagine rileva che "molto raramente gli assistenti sociali sono invitati nelle trasmissioni tv a partecipare come esperti; al loro posto siedono psichiatri, psicologi, avvocati e giudici". "Nei rari casi in cui vi partecipano, si assiste ad un paradosso: quello di partecipare senza poter partecipare", aggiunge. La ricerca, condotta sui media italiani e curata dall'equipe di Elena Allegri dell'Università del Piemonte Orientale, conferma "il grande spazio che viene dedicato alla cosiddetta tv del dolore dove la fanno da padrone l'enfatizzazione e la raffigurazione strumentale e spettacolare del dolore, un marcato eccesso patemico nel racconto e nella narrazione, una sorta di processo virtuale mediatico dall'esisto assolutamente scontato e a tutto svantaggio della figura e dell'opera dell'assistente sociale che si accompagna spesso con un accanimento mediatico verso alcuni soggetti deboli". (segue) (Lab/Adnkronos) 04‐MAG‐15 17:18 PROFESSIONI: ASSISTENTI SOCIALI, CATEGORIA PENALIZZATA DA LUOGHI COMUNI (2) = (Adnkronos/Labitalia) ‐ "L'arena mediatica ‐si sottolinea‐ viene troppo spesso scelta come luogo di scontro e quasi mai di confronto, tra i diversi soggetti coinvolti in specifici casi, così come i media sono spesso, consapevolmente o meno, lo strumento (a volte ricattatorio) usato dai cittadini per sollevare l'attenzione sulla propria situazione". Nel corso del seminario, è stato ricordato che "a fronte di una rappresentazione riduttiva e, troppo spesso distorta, l'assistente sociale ha, nei contesti in cui opera, un ruolo sempre più importante e indirizzato verso un'attenzione globale alle persone, ai gruppi, alle diverse forme di famiglia, alle comunità locali, ai soggetti deboli, anziani, minorenni, migranti". "Ruolo e funzione crescenti ‐avverte‐ che sono il riflesso di una crisi ormai quasi decennale che ha minato la capacità di troppe persone di soddisfare anche minimi bisogni individuali". (segue) (Lab/Adnkronos) 04‐MAG‐15 17:18 PROFESSIONI: ASSISTENTI SOCIALI, CATEGORIA PENALIZZATA DA LUOGHI COMUNI (3) = (Adnkronos/Labitalia) ‐ "Forse proprio per questo ‐evidenzia la ricerca‐ quella dell'assistente sociale è una professione che non fa della visibilità mediatica la sua mission e che sconta, quindi, sul piano dell'immagine pubblica, una presenza debole e intermittente quasi sempre schiacciata da comodi luoghi comuni e stereotipi". Una professione, dunque, osserva, "quasi sempre rappresentata in modo parziale: generalmente donna, in bilico tra la frustrazione personale e l'insensibilità professionale, quasi mai protagonista". "Gli stereotipi ‐ avverte ‐ tratteggiano gli assistenti sociali come ladri di bambini, freddi burocrati, distratti esecutori delle regole del sistema, oppure, all'estremo opposto, come eroi, amici, disponibili a un approccio flessibile, capaci di manifestare molta empatia nei confronti degli utenti, ma proprio per questo violatori di regole". "Oppure missionari ‐precisa‐ che si donano completamente alla causa dei più deboli nell'intento di coprire, con tale atteggiamento oblativo, problemi soggettivi di riconoscimento affettivo". (Lab/Adnkronos) 04‐MAG‐15 17:18 Norme e tributi 43 Il Sole 24 Ore Martedì 5 Maggio 2015 - N. 122 FISCO www.quotidianofisco.ilsole24ore.com Internazionalizzazione. Lo schema di decreto legislativo sul trasferimento, da parte delle imprese, della residenza in Italia Trasferimento sede a doppia via Attività e passività al valore normale - Ma dai Paesi black list è necessario il ruling Riccardo Michelutti pL'articolo 12 dello schema di decreto legislativo sull'internazionalizzazione, relativo al trasferimento di residenza in Italia di soggetti esteri esercenti imprese commerciali (inclusi gli imprenditori individuali), accoglie la tesi dell'ingresso di attività e passività ai fini delle imposte sui redditi al loro valore normale, determinato secondo l'articolo 9 del Tuir, indipendentemente dall'assoggettamento a una exit tax nello Stato di provenienza, con riguardo a tutti i soggetti provenienti dalla white list “da scambio di informazioni”, che prescinde dal livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello italiano. Tale impostazione sembra aderire alla tesi secondo cui il valore normale in base alle regole italiane rappresenta in ogni caso il corretto punto di partenza per le attività e passività che entrano nel circuito dei beni di impresa fiscalmente rilevanti, ivi inclusi quindi i beni provenienti da un'impresa estera (con l'eccezione dei beni di quest'ultima aventi già un valore fiscalmente riconosciuto in Italia, come quelli di una eventuale stabile organizzazione italiana). Tuttavia, questo approccio sistematico richiederebbe che anche i trasferimenti di sede da Paesi black list siano valorizzati al valore normale, posto che non L’AGEVOLAZIONE Per chi proviene da una white list da scambio di informazioni si prescinde dall’exit tax assume rilevanza la fiscalità del Paese di origine. Invece, il comma 2 del nuovo articolo 166-bis del Tuir subordina in questo caso il criterio del valore normale alla stipula di un accordo di ruling internazionale, in base al nuovo articolo 31-ter del Dpr 600/73, con il presumibile fine di verificare preventivamente gli accadimenti gestionali della società estera che hanno condotto all'assetto patrimoniale esistente al momento del trasferimento di sede in Italia. La scelta di applicare unilateralmente il criterio del valore normale anche in assenza di una exit tax nello Stato di provenienza è condivisibile nell'ottica di incoraggiare gli investimenti esteri in Italia e dare maggiore certezza normativa (superando quindi gli orientamenti della comunicazione della Commissione Ue del 19 dicembre 2006 – COM(2006)825 e dalla raccomandazione del Consiglio Ecofin del 2 dicembre 2008, che proponevano un approccio coordinato tra Stato di origine e Stato di arrivo al fine di evitare doppie imposizioni o salti di imposta). Occorrerebbe però radicalizzare questa scelta, in coerenza con il suo fondamento sistematico, prevendendo il criterio del valore normale a prescindere dallo Stato di provenienza, senza necessità di ruling, posto che comunque secondo i principi generali grava sul contribuente l'onere della prova in merito alla corretta identificazione del valore normale. Altrimenti, se si intende dare una qualche rilevanza allo Stato di provenienza, si dovrebbe piuttosto considerare il livello di tassazione ivi vigente, e quindi concedere il valore normale nel caso di trasferimento di sede dagli Stati appartenenti alla più ristretta white list di cui all'articolo 167, comma 4 del Tuir, che contempla i Paesi che oltre allo scambio di informazioni hanno una fiscalità non inferiore alla metà di quella italiana. In questa prospettiva, il trasferimento di sede da Stati non appartenenti a quest'ultima white list potrebbe avvenire a valore normale solamente previo interpello di cui all'articolo 167, comma 5, lettera b), volto a dimostrare il pagamento di imposte in misura similare a quelle italiane. Il richiamo all'accordo di cui al ruling internazionale non appare invece coerente né con la natura istantanea dell'opera- zione (poco confacente a un accordo di durata quinquennale e con tempi di risposta non determinati) né con il fatto che il valore normale deve essere determinato secondo le regole di cui all'articolo 9 del Tuir, a prescindere dallo Stato di provenienza dei beni. Inoltre, ferma restando l'irrilevanza del valore normale ai fini dell'Irap in assenza di una norma espressa, dovrebbe specificarsi che in ambito Ires (o Irpef) il valore normale rileva anche ai fini di ammortamenti e svalutazioni a prescindere dall'imputazione a conto economico, in base all’articolo 109, comma 4, lettera b) del Tuir, permettendo così di darne rilevanza per i trasferimenti di sede in continuità giuridica (risoluzione 9/E del 2006), che comportano il mantenimento dei valori di bilancio dell'impresa estera senza alcuna rivalutazione. Bisognerebbe poi coordinare la disciplina del trasferimento di sede in entrata con quella dei dividendi provenienti da Paesi black list, di cui all'articolo 89, comma 3 del Tuir, con riguardo alle riserve di utili formatesi in queiPaesi, che verrebbero “rimpatriate” attraverso il trasferimento (eventualmente anche della holding intermedia in cui fossero confluite) ma senza dar luogo ad una formale distribuzione delle stesse. Infine, deve ritenersi - anche se l'articolo 12 dello schema di dlgs tratta solo del trasferimento di sede - che il criterio del valore normale per l'ingresso di beni esteri nel circuito dei redditi di impresa si renda applicabile anche per le operazioni di riorganizzazione transfrontaliera “in entrata”, sia quelle intra-Ue disciplinate dalla Direttiva Fusioni (2009/133/CE) sia quelle internazionali, nonché per i trasferimenti di beni dalla casa-madre estera alla propria stabile organizzazione italiana, a prescindere dall'applicazione di una exit tax nello Stato di provenienza. Accertamento. La Ctp Macerata sugli effetti della sentenza della Consulta Pagamenti a rate. La presa di posizione delle Entrate Delega al funzionario, l’atto emesso è valido Le sanzioni possono colpire anche l’erede Pierpaolo Ceroli Giovanni Parente pAltro punto per il fisco nella partita sulla legittimità degli atti emessi dai dirigenti decaduti. Dopo la Ctp Milano (di segno sfavorevole all’amministrazione finanziaria anche se un comunicato dell’Agenzia ha puntualizzato come nel giudizio fosse stata ritenuta non provata «l’appartenenza del funzionariochehasottoscrittol’atto alla carriera direttiva») e la Ctp Gorizia (favorevole al fisco), la sentenza 150/02/2015 della Ctp Macerata riconosce la validità dell’atto impositivo firmato da un funzionario «delegato» anche se le norme che hanno consentito questa prassi sono state dichiarate incostituzionali dalla sentenza 37/2015 della Consulta. In realtà nel caso specifico il diretto interessato risultava nella graduatoria per il concorsoadesamidadirigente,ma la decisione si è soffermata anche sulla validità degli atti emessi in passato. La società ricorrente aveva contestato la legittimità del ruolo perché sottoscritto da un «incaricato di funzioni dirigenziali» e non da un«dirigenteaseguitodiconcorso pubblico». Dal canto suo, l’Agenzia ha citato la giurisprudenza di legittimità per cui il capo dell’ufficio va considerato il soggetto «capace di manifestare la volontà dell’amministrazione negli atti aventi rilevanzaesterna».Nelfrattempoèarrivata anche la sentenza 37/2015 della Corte costituzionale: pronuncia citata dalla ricorrente in una memoria successiva. Ma il fisco ha dimostrato come il firmatario dell’atto fosse nella graduatoria per il concorso ad esami per il conferimento della qualifica dirigente. Laprovaèstataritenutadecisiva dalla Ctp che ha respinto il ricorso. Poi la pronuncia ricorda come la Consulta abbia sottolineato che la Pubblico impiego. Conferenza unificata Mobilità, ultima tappa per le tabelle ministeriali pSbarca giovedì in conferen- za unificata il decreto con le tabelle di equiparazione per la mobilità dei dipendenti pubblici che cambiano comparto. Il provvedimento, inattuato da sei anni ma ora essenziale per far partire davvero i trasferimenti del personale in “esubero” nelle Province, ha acceso nelle settimane scorse il confronto fra Governo e sindacati. Il problema principale è rappresentato dal fatto che, in base alle bozze presentate dal Governo, ai dipendenti trasferiti sarà garantito il trattamento fondamentale e l’accessorio maturato «limitatamente alle voci fisse e continuative», con una clausola che lega il risultato finale alla «copertura finanziaria» presente in ogni amministrazione. A quanto si apprende il testo non ha novità di rilievo rispetto alle vecchie bozze, e la conferenza Unificata rappresenta l’ultimo passaggio prima della registrazione in Corte dei conti. © RIPRODUZIONE RISERVATA Professioni. Seminario a Roma Per gli assistenti sociali essenziale comunicare Alessandro Galimberti pVittime del circo mediatico, deiprocessicelebratiindiretta–e con rito sommario – nei salotti tv del pomeriggio o di seconda serata, stretti tra l’incudine del segreto professionale e il martello dell’opinionepubblica.Lasofferenza“mediatica” degli assistenti sociali nell’era della comunicazione/informazione in real time diventa un tema portante dell’agenda professionale. Se ne è discusso ieri aRomainunseminariointernazionalepromossodall’Ordine.Secondo la vulgata popolare e i social networkquandononsottraggonoi bambiniailoronidifamiliari,vuole la vulgata popolare, i “social worker”non sono in grado di fermare stalker, disarmare assassini, assicurare al Tso persone prossime al debutto in cronaca. Come uscirne? Come dimostra l’esperienza britannica, dove il tema è materia di studio da un celebre casodel1973-sottolinealapresidente del Consiglio nazonale, Silvana Mordeglia - la capacità di “governare” la comunicazione pubblica è parteintegrantedellaprofessione. © RIPRODUZIONE RISERVATA funzionalità delle agenzie non è condizionatadallavaliditàdegliincarichi dirigenziali previsti dalla disposizione censurata. E, per la Ctp, quest’ultima inserisce un’incertezza «nella parte in cui stabilisce che le agenzie interessate non potranno attribuire nuovi incarichi dirigenziali a propri funzionari a seguito dell’assunzione dei vincitori delle procedure concorsuali: infatti, nelle more dell’espletamento dei concorsi viene inserito un termine incerto circa il quando, poiché tra il completamento delle procedure concorsuali e l’assunzione dei vincitori può trascorrere anche un notevole lasso di tempo, contravvenendosi ai principi costituzionali». Così «se per il futuro nonèassolutamenteconsentitoattribuire incarichi dirigenziali a funzionari che non abbiano espletato il concorso, ciò non determina che siano travolti tutti gli atti già emessi da funzionari provvisti di semplice delega». Intanto oggi sono attesi sviluppi sul fronte sindacale nella riunione tra le sigle che potrebbe decidere anche l’eventuale adozione di iniziative congiunte. © RIPRODUZIONE RISERVATA Salvina Morina Tonino Morina pLe sanzioni agli eredi non si trasmettono mai. Era questa una delle poche certezze in campo fiscale, almeno fino a qualche tempo fa. Certezze che diventano dei dubbi a seguito di interpretazioni basate su formalismi che, invece, sarebbe da evitare. Un esempio, in tema di sanzioni sui pagamenti rateali nel caso di decesso del contribuente, viene da una direttiva della direzione provinciale di Palermo dell’8 maggio 2012, nella quale, al punto 14, si indicano le modalità da seguire. Per la direzione siciliana, in caso di pagamenti rateali del contribuente deceduto «le sanzioni consolidate nel piano di ammortamento della rateazione restano confermate nei confronti degli eredi. Mentre, su richiesta degli eredi, possono essere sgravate le sanzioni inte- re iscritte a ruolo a seguito della decadenza della rateazione o del ritardo di pagamento della rata sempre che il ritardo sia imputabile al de cuius. Difficile capire il diverso trattamento delle penalità: in un caso, si applicano (cioè sono «consolidate») perché contenute nel piano di rateazione firmato dal defunto; in un altro caso, sono cancellabili se l’iscrizione a ruolo è imputabile a negligenza del defunto. Alla direttiva siciliana è seguita una comunicazione di servizio dell’agenzia delle Entrate, direzione centrale Accertamento, del 20 aprile. Per l’agenzia delle Entrate, la decadenza dal beneficio della rateazione determina il recupero delle residue somme dovute e l’applicazione della sanzione, in misura doppia, pari al 60% del residuo importo dovuto a titolo di tributo, come previsto dall’articolo 8, © RIPRODUZIONE RISERVATA comma 3-bis, del decreto legislativo 218/1997, nel caso di mancato pagamento, a seguito di definizione dell’accertamento con adesione, anche di una sola delle rate diverse dalla prima. Nella stessa direttiva si segnala che l’applicazione, cioè il sistema informatico delle Entrate, effettua un controllo sull’esistenza in vita del contribuente decaduto al momento del calcolo degli importi da intimare o da iscrivere a ruolo, con l’ulteriore precisazione che se la decadenza dalla rateazione si è verificata quando il soggetto era in vita, la sanzione aggiuntiva del 60% non viene applicata agli eredi in quanto soggetti che non hanno commesso la violazione; se, invece, la decadenza dalla rateazione si è verificata dopo il decesso, la sanzione verrà applicata in quanto la violazione si presume sia stata commessa dagli eredi; in questi casi l’ufficio dovrà valutare la configurabilità o meno della violazione nell’ipotesi in cui la decadenza sia intervenuta prima dell’accettazione dell’eredità. © RIPRODUZIONE RISERVATA Accertamento. I criteri del Dlgs Abuso del diritto verso un’attuazione non omogenea Massimo Antonini Paolo Piantavigna pA seguito della seconda ste- suradeldecretosullacertezzadel diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, attuativo della delega fiscale, permangono ancora molte perplessità sulla disciplina dell’abuso del diritto. Da un lato il nuovo articolo 10bis dello Statuto dei diritti del contribuente («Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale) ha il pregio di avere una valenza generale, con riguardo a tutti i tributi, eccezion fatta per quelli doganali. Dall’altro la norma risulta criticabile laddove individua le pratiche abusive/elusive ricorrendo a criteri evanescenti e a un’aggettivazione sovrabbondante, che ne renderanno poco prevedibile l’applicazione concreta. Infatti, secondo il testo attuale, ai fini della sussistenza dell’abuso/elusione, l’amministrazione ha l’onere di dimostrare: che l’operazione realizza «essenzialmente» un «vantaggio fiscale» (anche non immediato); il contrasto tra il godimento di tale vantaggio e «le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario»; l’assenza di «sostanza economica», ovvero l’inidoneità delle operazioni effettuate a produrre effetti extrafiscali «significativi». Il primo e il terzo requisito sono difficili da coordinare in quanto l’amministrazione, da un lato, ha l’onere di dimostrare che i vantaggi fiscali connotano l’essenza dell’operazione; dall’altro lato, essa deve comparare l’incidenza di tali vantaggi fiscali con quelli (eventuali) extrafiscali e dimostrare che i primi sono «fondamentali rispetto a tutti gli altri fini perseguiti dal contribuente», come esplicita la relazione illustrativa allo schema di Dlgs. A tale scopo, la norma indica due possibili indici del fatto che i vantaggi fiscali siano «fondamentali» nell’economia dell’operazione realizzata dal contribuente, ovvero: l’incoerenza della qualificazione dei singoli atti nei quali l’operazione si articola rispetto al «fondamento giuridico del loro insieme» e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici prescelti dal contribuente alle «normali logiche di mercato». Questi concetti, nella loro indeterminatezza, si prestano ad applicazioni pratiche disomogenee. Sarebbe preferibile l’introduzione di criteri scevri da valutazioni in ordine al carattere “anomalo” delle scelte dei contribuenti, nonché “misurabili” (anche da un punto di vista quantitativo), in modo da circoscrivere il potere dell’amministrazione di riqualificare ai fini fiscali atti e contratti civilisticamente validi, sullabasediunloro(asserito)collegamento extranegoziale. La certezza del diritto andrebbe, cioè, perseguita mettendo i contribuenti nella possibilità di prevedere le conseguenze giuridiche dei loro comportamenti. E la predeterminabilità dell’imposizione passa non solo attraverso l’esatta tipizzazione delle fattispecie imponibili, ma anche dalla delimitazione dei poteri di rettifica dell’amministrazione. Complesso è, altresì, precisare l’oggetto della prova che il contribuente deve fornire per superare la contestazione di abuso/elusio- IL PROBLEMA Difficile precisare l’oggetto della prova che il contribuente dovrà fornire per superare le contestazioni del Fisco ne. È infatti onere del contribuente giustificare la sua condotta sulla base di «valide ragioni extrafiscali, non marginali». Dalla relazione illustrativa si apprende, però, che il legislatore delegato intende l’espressione «non marginali» nel senso di “determinanti”, in quanto si afferma che il vantaggio d’imposta non è indebito solo se il contribuente riesce a dimostrare che l’operazione non sarebbe stata posta in essere senza le ragioni extrafiscali addotte. Poco comprensibile risulta, allora, la codificazione della libertà del contribuente di scegliere tra gli strumenti giuridici cui il sistema abbina un diverso carico fiscale. E, d’altra parte, che nessuno sia tenuto «a costruire il proprio fienile in modo che il Fisco vi entri con il forcone più grosso» dovrebbe essere un principio ormai acquisito (caso Duke of Westminster del 1936, come riportato in un articolo di Giulio Tremonti sul Sole 24 Ore del 23 aprile 1986). © RIPRODUZIONE RISERVATA Vita.it, 5 maggio 2015 Tv e giornali, basta massacrarci: lo sfogo degli assistenti sociali di Gabriella Meroni Il Consiglio nazionale presenta una ricerca che accusa i media di offrire una rappresentazione distorta e offensiva dei social worker, descrivendoli come impotenti, menefreghisti se non freddi ladri di bambini. Durissimo l'attacco contro la tv: ci processa e ci condanna senza appello. Realtà o vittimismo? Un j'accuse senza precedenti, con toni che fanno emergere una vera e propria esasperazione. E' questo il contenuto di un comunicato stampa diffuso dal Consiglio nazionale Ordine degli assistenti sociali‐Cnoas per presentare la ricerca “Le rappresentazioni del Servizio sociale nei media” condotta da studiosi e docenti universitari in Germania, Gran Bretagna e Italia. In base alla ricerca, il servizio sociale non gode in Europa di buona reputazione, e la colpa è tutta dei giornalisti, rei di offrire al pubblico un'immagine «schiacciata da comodi luoghi comuni e stereotipi» e comunque parziale. Dalla ricerca emerge infatti che sui giornali i tipici assistenti sociali “allargano le braccia”, in segno di impotenza; non vanno a casa dei cittadini; conoscono il pericolo ‐ ad esempio quando ad essere minacciata è una donna ‐ ma non fanno nulla, e sono addirittura considerati ladri di bambini. Una professione, dunque, quasi sempre rappresentata in modo parziale, almeno secondo il Cnoas: generalmente donna, in bilico tra la frustrazione personale e l’insensibilità professionale, quasi mai protagonista. Gli stereotipi ‐ si legge ancora ‐ tratteggiano gli assistenti sociali come ladri di bambini, freddi burocrati, distratti esecutori delle regole del sistema, oppure, all’estremo opposto, come eroi, amici, disponibili a un approccio flessibile, capaci di manifestare molta empatia nei confronti degli utenti, ma proprio per questo violatori di regole. O, ancora, missionari che si donano completamente alla causa dei più deboli nell’intento di coprire, con tale atteggiamento oblativo, problemi soggettivi di riconoscimento affettivo. Ancora peggiore, sottolinea il Cnoas, è la situazione se si analizzano i programmi televisivi con al centro fatti di cronaca che hanno per protagonisti i servizi sociali. «Un dato balza all’evidenza: molto raramente gli assistenti sociali sono invitati nelle trasmissioni tv a partecipare come esperti. Al loro posto siedono psichiatri, psicologi, avvocati e giudici. Nei rari casi in cui vi partecipano, si assiste ad un paradosso: quello di partecipare senza poter partecipare. Il conduttore del programma (non sempre giornalista) chiede all’assistente sociale di parlare solo del caso affrontato in trasmissione, mentre l’assistente sociale vincolato, tra l’altro, al segreto professionale, tenta, quasi sempre invano, di allargare la prospettiva di analisi ai problemi e ai temi sociali di cui quel caso è solo un esempio». La ricerca condotta sui media italiani dall’equipe della professoressa Elena Allegri dell’Università del Piemonte Orientale ‐ prosegue il comunicato ‐ conferma l’enfatizzazione e la raffigurazione strumentale e spettacolare del dolore, una sorta di processo virtuale mediatico dall’esisto assolutamente scontato e a tutto svantaggio della figura e dell’opera dell’assistente sociale. «Il tutto ammantato sotto l’ala protettiva dichiarata di tv di servizio, caratterizzata da un (finto) intento pedagogico con caratteristiche di denuncia sociale. L’arena mediatica viene troppo spesso scelta come luogo di scontro e quasi mai di confronto tra i diversi soggetti coinvolti, così come i media sono spesso, consapevolmente o meno, lo strumento (a volte ricattatorio) usato dai cittadini per sollevare l’attenzione sulla propria situazione». I toni degli assistenti sociali sono davvero accorati, tanto da arrivare a chiedersi ‐ facendo riferimento a un recente caso di cronaca avvenuto in Toscana ‐ «quando avremo cittadini che per protestare contro gli assistenti sociali si arrampicheranno sul Colosseo?». Speriamo mai, diciamo noi da giornalisti, anche perchè varrebbe forse la pena di analizzare anche gli stereotipi che colpiscono questa categoria. Almeno su Vita, nel nostro piccolo cerchiamo di raccontare anche il lavoro degli assistenti sociali tenendoci il più possibile lontani dai luoghi comuni.