LAVORO. IMPOTENTI O `LADRI DI BAMBINI`: ASSISTENTI SOCIALI

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LAVORO. IMPOTENTI O `LADRI DI BAMBINI`: ASSISTENTI SOCIALI
LAVORO. IMPOTENTI O 'LADRI DI BAMBINI': ASSISTENTI SOCIALI SECONDO I MEDIA Come sono rappresentati gli assistenti sociali nei media? Una ricerca condotta in Germania, Regno Unito e Italia ha provato a rispondere a questa domanda. I risultati presentati oggi in un seminario organizzato dal Consiglio nazionale degli assistenti sociali. "Troppo spazio alla tv del dolore" (RED.SOC.) ROMA ‐ Sui media italiani viene dato grande spazio alla cosiddetta 'tv del dolore' dove la fanno da padrone l'enfatizzazione e la raffigurazione strumentale e spettacolare del dolore, un marcato eccesso patemico nel racconto e nella narrazione, una sorta di processo virtuale mediatico dall'esito scontato e a svantaggio della figura dell'assistente sociale che si accompagna spesso a un accanimento verso alcuni soggetti deboli. Il tutto sotto l'ala protettiva della tv di servizio e del (finto) intento pedagogico che sfocia in indignazione e sdegno ed e' presentata come apporto investigativo. E' la fotografia degli assistenti sociali sui media italiani che emerge dalla ricerca "Le rappresentazioni del Servizio sociale nei media" condotta da studiosi e docenti universitari in Germania, Gran Bretagna e Italia per capire come sono rappresentati i social workers su giornali e in tv, partendo dal presupposto che, in tutta Europa, il Servizio sociale non gode di una buona reputazione con conseguenze sia sui professionisti che sugli utenti. La ricerca e' stata presentata oggi a Roma in un seminario internazionale organizzato dal Consiglio nazionale degli assistenti sociali. La rappresentazione della professione. La professione dei social worker e' quasi sempre rappresentata in modo parziale estereotipato. In Italia la ricerca ha riguardato il tema della violenza domestica e assistenti sociali sui quotidiani "la Repubblica" e "Il Giornale" nel periodo 2012/2013. Cio' che emerge e' che gli assistenti sociali "allargano le braccia" a voler segnalare la loro impotenza di fronte a certi episodi, non vanno a casa dei cittadini ("ci avevano detto che sarebbe arrivato un assistente sociale ma non si e' visto nessuno"), conoscono il pericolo che corrono le donne ma non fanno nulla ("Sapevano da tempo, ma nessuno ha fatto nulla"), sono considerati ladri di bambini. Negli articoli dei quotidiani, quasi sempre, mancano i riferimenti a leggi e politiche sociali che regolano gli interventi degli assistenti sociali e compaiono pochi riferimenti espliciti e diretti agli assistenti sociali che spesso sono citati come operatori del Comune ("il sindaco manda sul posto gli assistenti sociali"). Analizzando i programmi tv che trattano fatti di cronaca che hanno per protagonisti i servizi sociali, la situazione appare ancora peggiore. Per quanto riguarda la tv italiana, sono stati esaminati i programmi a contenuto informativo in cui sono stati trattati argomenti di cronaca nera o giudiziaria o vicende di disagio individuale o sociale di 7 reti televisive nazionali (Rai 1, Rai 2 e Rai 3, Rete 4, Canale 5, Italia 1 e La7) tra il 15 settembre e il 15 dicembre 2014. Nonostante non si tratti di programmi rivolti a bambini e adolescenti, vanno in onda in fasce orarie in cui si presume che i minorenni guardino la tv senza la presenza di un adulto (tra le 16 e le 19) come previsto dal Codice Tv e minori e propongono spesso racconti di particolari macabri e raccapriccianti. Cio' che e' emerso e' che raramente gli assistenti sociali sono invitati a partecipare alle trasmissioni tv in qualita' di esperti, al loro posto siedono invece psicologi, psichiatri, giudici, avvocati. Nei pochi casi in cui vengono invitati e' come se partecipassero senza partecipare: vengono interpellati solo sul caso trattato in trasmissione senza poter allargare la prospettiva di analisi a problemi e temi di cui quello costituisce solo un esempio. In sostanza, la rappresentazione dell'assistente sociale e' riduttiva e spesso distorta, nonostante rivesta un ruolo sempre piu' importante e indirizzato verso un'attenzione globale a persone, gruppi, forme diverse di famiglia, comunita' locali, soggetti deboli, anziani, minorenni, migranti. Una professione, quindi, che non fa della visibilita' mediatica la sua mission e che sconta, sul piano dell'immagine pubblica, una presenza debole, intermittente, schiacciate da luoghi comuni e stereotipi. La sfida, come e' emerso dal seminario, e' quindi quella di comunicare il lavoro dei social worker per decostruire rappresentazioni negative sedimentate nel tempo. Nata da una partnership tra i corsi di laurea in Servizio Sociale e Dipartimenti di Servizio sociale delle Universita' del Regno Unito (Universita' di Hertfordshire), Germania (Universita' Cattolica di Colonia, Alice Salomon Hochshule, Berlino) e Italia (Universita' del Piemonte Orientale), la ricerca coinvolge anche le 3 associazioni di assistenti sociali presenti nei Paesi (Ordine italiano degli assistenti sociali, British association of social workers e Deutscher Berufsverband für Soziale Arbeit) ed e' finanziata dalla Iassw (International association of school of social work). (lp) (www.redattoresociale.it) 11:03 04‐05‐15 LAVORO. ASSISTENTI SOCIALI: CASO LEONARDO, PRELEVATO A SCUOLA DA FORZE ORDINE Caso emblematico che, nel 2012, ha coinvolto un bambino di 10 anni affidato in via esclusiva al padre e trascinato fuori dalla scuola sotto gli occhi di compagni e maestre. Un caso che ha potenziato i pregiudizi verso gli assistenti sociali. I risultati della ricerca "Le rappresentazioni del servizio sociale nei media" (RED.SOC.) ROMA ‐ "Alla vista degli assistenti sociali il bambino riusciva sempre a scappare o nascondersi". "Rincorso dagli agenti e' stato recuperato e portato via bruscamente dalle braccia della madre". "Lui capisce che 'loro' stanno arrivando. Non conosce le loro facce, ma sa cosa sono venuti a fare". Quei "loro" sono gli assistenti sociali e le frasi riportate sopra sono contenute in alcuni degli articoli comparsi sui quotidiani italiani, in occasione della vicenda che, a Padova, ha coinvolto un bambino di 10 anni, Leonardo, prelevato da scuola dalle forze dell'ordine in seguito a un provvedimento di allontanamento emanato dal Tribunale dei minori di Venezia che prescriveva l'affidamento esclusivo al padre (in base a una perizia psichiatrica che rilevava nel miniore i sintomi della Pas, la sindrome da alienazione parentale). I tentativi di eseguire pacificamente l'allontanamento vengono impediti piu' volte dalla madre e dai familiari che arrivano a pattugliare i dintorni della scuola e filmano l'intervento della Polizia, facendo scoppiare un caso mediatico che porta a 2 interrogazioni parlamentari da parte di membri di diverso orientamento politico e l'intervento dell'Osservatorio nazionale sui diritti dei minori. Il caso di Leonardo e' stato analizzato da Maria Chiara Bartocci, assistente sociale, nell'ambito della ricerca "Le rappresentazioni del Servizio sociale nei media" condotta da studiosi e docenti universitari in Germania, Gran Bretagna e Italia e presentata oggi a Roma in un seminario internazionale organizzato dal Consiglio nazionale degli assistenti sociali. Enfatizzare senza approfondire. Dall'indagine (condotta, in particolare, sui quotidiani "la Repubblica" e "il Giornale") emerge che i giornali non riportano dichiarazioni dei professionisti coinvolti, mentre pubblicano quelle di pubblico ministero, ministri, rappresentanti delle forze dell'ordine. Inoltre, dall'analisi dei diversi articoli si capisce che il giudizio sugli assistenti sociali non e' del tutto esplicito ("loro stanno arrivando", "il video del rapimento"). Sia i giornali che la tv hanno enfatizzato l'aspetto di cronaca senza approfondire i temi importanti connessi alle vicende quotidiane di sofferenza delle persone implicate. Ad esempio, solo quando e' diminuito l'impatto emotivo della campagna mediatica, i quotidiani hanno approfondito cos'e' la Pas e le procedure normative a tutela dei minori coinvolgendo professionisti (psichiatri e avvocati, in primis). Tra le criticita', Bartocci rileva il fatto che in nessun articolo si precisa che i social workers non possono, in base al Codice deontologico della professione e per regolamento dei servizi sociali, rilasciare dichiarazioni sulle situazioni delle persone che seguono, e che social network e siti web dando la possibilita' di commentare con un semplice clic senza filtrare cio' che si legge/guarda/ascolta creano una catena mediatica che puo' aumentare la risonanza mediatica contro qualcuno. "Il caso di Leonardo, come molti altri, ha potenziato gli stereotipi verso la professione dell'assistente sociale, contribuendo alla sedimentazione del pregiudizio", ha concluso. (lp) (www.redattoresociale.it) 11:03 04‐05‐15 Il Giornale delle partite iva 30, marzo 2015 PROFESSIONI. ASSISTENTI SOCIALI. SEMINARIO INTERNAZIONALE A ROMA LUNEDÌ 4 MAGGIO La figura dell’assistente sociale sarà al centro del seminario internazionale di studi ‘Le rappresentazioni del servizio sociale nei media’, in programma a Roma per lunedì 4 maggio (sala Capranichetta, Piazza Montecitorio, 131, ore 9.30‐14) nel corso del quale verranno presentati i primi risultati di una ricerca condotta in Germania, Gran Bretagna e Italia. “L’assistente sociale ‐si legge in una nota degli assistenti sociali‐ ricopre un ruolo sempre più importante, fondato su saperi forti e complessi, orientati all’attenzione globale alla persona, ai gruppi, alle diverse forme di famiglia, alle comunità locali, ai soggetti deboli, anziani, minorenni, migranti”. Un ruolo che, prosegue, “si rafforza al crescere di strati sempre maggiori di cittadini che una crisi ormai quasi decennale rende non più in grado di soddisfare tutta una serie di minimi bisogni individuali e collettivi”. “Una professione – si osserva – che, con conoscenze e competenze specifiche, attiva processi che puntano a generare autonomia, crescita, autostima anche attraverso l’avvio di specifici percorsi individuali”. Una professione, quella dell’assistente sociale, si spiega, “che non fa della visibilità mediatica la sua mission e che sconta, quindi, sul piano dell’immagine pubblica, una presenza debole e intermittente quasi sempre schiacciata da comodi luoghi comuni e stereotipi”. “Un’ immagine parafulmine anche a surrogare carenze e mancanze di altri soggetti e che si fa carico delle conseguenze derivanti dalle continue riduzioni delle risorse economiche messe a disposizione dalle istituzioni”, si sottolinea. All’esame dei ricercatori italiani, coordinati da Elena Allegri, docente dell’università del Piemonte Orientale, nel corso del seminario ci saranno le rappresentazioni del servizio sociale e della violenza domestica in due quotidiani italiani. I ricercatori inglesi guidati da Shula Ramon, della iniversity of Hertfordshire, Hatfield, GB, hanno preso in esame la copertura mediatica relativa all’abuso di minori a Rotherham, negli anni dal 1997 al 2014, un caso che ha fatto molto scalpore in quel Paese. Nella seconda parte del seminario internazionale è prevista una tavola rotonda sull’impegno degli ordini e delle associazioni di assistenti sociali per una nuova rappresentazione del Servizio sociale nei media. Ne discuteranno Silvana Mordeglia, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali, Bridget Robb, chief executive della British Association of Social Workers, Gran Bretagna e Gabriele Stark‐
Angermeier, vicedirettore del Deutscher Berufsverband für Soziale Arbeit, Germania. PROFESSIONI: ASSISTENTI SOCIALI, CATEGORIA PENALIZZATA DA LUOGHI COMUNI Roma, 4 mag. (Adnkronos/Labitalia) ‐ Il servizio sociale non gode, in tutta Europa, di una buona reputazione e ciò ha un impatto forte sia sui professionisti che sui cittadini‐utenti. Una situazione che gli assistenti sociali affrontano 'allargando le braccia'. E' quanto emerge dalla ricerca 'Le rappresentazioni del Servizio sociale nei media', condotta da studiosi e docenti universitari in Germania, Gran Bretagna e Italia e presentata oggi a Roma in un seminario internazionale organizzato dal Consiglio nazionale degli assistenti sociali. L'indagine rileva che "molto raramente gli assistenti sociali sono invitati nelle trasmissioni tv a partecipare come esperti; al loro posto siedono psichiatri, psicologi, avvocati e giudici". "Nei rari casi in cui vi partecipano, si assiste ad un paradosso: quello di partecipare senza poter partecipare", aggiunge. La ricerca, condotta sui media italiani e curata dall'equipe di Elena Allegri dell'Università del Piemonte Orientale, conferma "il grande spazio che viene dedicato alla cosiddetta tv del dolore dove la fanno da padrone l'enfatizzazione e la raffigurazione strumentale e spettacolare del dolore, un marcato eccesso patemico nel racconto e nella narrazione, una sorta di processo virtuale mediatico dall'esisto assolutamente scontato e a tutto svantaggio della figura e dell'opera dell'assistente sociale che si accompagna spesso con un accanimento mediatico verso alcuni soggetti deboli". (segue) (Lab/Adnkronos) 04‐MAG‐15 17:18 PROFESSIONI: ASSISTENTI SOCIALI, CATEGORIA PENALIZZATA DA LUOGHI COMUNI (2) = (Adnkronos/Labitalia) ‐ "L'arena mediatica ‐si sottolinea‐ viene troppo spesso scelta come luogo di scontro e quasi mai di confronto, tra i diversi soggetti coinvolti in specifici casi, così come i media sono spesso, consapevolmente o meno, lo strumento (a volte ricattatorio) usato dai cittadini per sollevare l'attenzione sulla propria situazione". Nel corso del seminario, è stato ricordato che "a fronte di una rappresentazione riduttiva e, troppo spesso distorta, l'assistente sociale ha, nei contesti in cui opera, un ruolo sempre più importante e indirizzato verso un'attenzione globale alle persone, ai gruppi, alle diverse forme di famiglia, alle comunità locali, ai soggetti deboli, anziani, minorenni, migranti". "Ruolo e funzione crescenti ‐avverte‐ che sono il riflesso di una crisi ormai quasi decennale che ha minato la capacità di troppe persone di soddisfare anche minimi bisogni individuali". (segue) (Lab/Adnkronos) 04‐MAG‐15 17:18 PROFESSIONI: ASSISTENTI SOCIALI, CATEGORIA PENALIZZATA DA LUOGHI COMUNI (3) = (Adnkronos/Labitalia) ‐ "Forse proprio per questo ‐evidenzia la ricerca‐ quella dell'assistente sociale è una professione che non fa della visibilità mediatica la sua mission e che sconta, quindi, sul piano dell'immagine pubblica, una presenza debole e intermittente quasi sempre schiacciata da comodi luoghi comuni e stereotipi". Una professione, dunque, osserva, "quasi sempre rappresentata in modo parziale: generalmente donna, in bilico tra la frustrazione personale e l'insensibilità professionale, quasi mai protagonista". "Gli stereotipi ‐ avverte ‐ tratteggiano gli assistenti sociali come ladri di bambini, freddi burocrati, distratti esecutori delle regole del sistema, oppure, all'estremo opposto, come eroi, amici, disponibili a un approccio flessibile, capaci di manifestare molta empatia nei confronti degli utenti, ma proprio per questo violatori di regole". "Oppure missionari ‐precisa‐ che si donano completamente alla causa dei più deboli nell'intento di coprire, con tale atteggiamento oblativo, problemi soggettivi di riconoscimento affettivo". (Lab/Adnkronos) 04‐MAG‐15 17:18 Norme e tributi 43
Il Sole 24 Ore
Martedì 5 Maggio 2015 - N. 122
FISCO
www.quotidianofisco.ilsole24ore.com
Internazionalizzazione. Lo schema di decreto legislativo sul trasferimento, da parte delle imprese, della residenza in Italia
Trasferimento sede a doppia via
Attività e passività al valore normale - Ma dai Paesi black list è necessario il ruling
Riccardo Michelutti
pL'articolo 12 dello schema di
decreto legislativo sull'internazionalizzazione, relativo al trasferimento di residenza in Italia
di soggetti esteri esercenti imprese commerciali (inclusi gli
imprenditori individuali), accoglie la tesi dell'ingresso di attività e passività ai fini delle imposte
sui redditi al loro valore normale, determinato secondo l'articolo 9 del Tuir, indipendentemente dall'assoggettamento a
una exit tax nello Stato di provenienza, con riguardo a tutti i soggetti provenienti dalla white list
“da scambio di informazioni”,
che prescinde dal livello di tassazione sensibilmente inferiore
a quello italiano.
Tale impostazione sembra
aderire alla tesi secondo cui il
valore normale in base alle regole italiane rappresenta in ogni
caso il corretto punto di partenza per le attività e passività che
entrano nel circuito dei beni di
impresa fiscalmente rilevanti,
ivi inclusi quindi i beni provenienti da un'impresa estera (con
l'eccezione dei beni di quest'ultima aventi già un valore fiscalmente riconosciuto in Italia, come quelli di una eventuale stabile organizzazione italiana). Tuttavia, questo approccio
sistematico richiederebbe che
anche i trasferimenti di sede da
Paesi black list siano valorizzati
al valore normale, posto che non
L’AGEVOLAZIONE
Per chi proviene
da una white list
da scambio di informazioni
si prescinde
dall’exit tax
assume rilevanza la fiscalità del
Paese di origine. Invece, il comma 2 del nuovo articolo 166-bis
del Tuir subordina in questo caso il criterio del valore normale
alla stipula di un accordo di ruling internazionale, in base al
nuovo articolo 31-ter del Dpr
600/73, con il presumibile fine
di verificare preventivamente
gli accadimenti gestionali della
società estera che hanno condotto all'assetto patrimoniale
esistente al momento del trasferimento di sede in Italia.
La scelta di applicare unilateralmente il criterio del valore
normale anche in assenza di una
exit tax nello Stato di provenienza è condivisibile nell'ottica di
incoraggiare gli investimenti
esteri in Italia e dare maggiore
certezza normativa (superando
quindi gli orientamenti della comunicazione della Commissione Ue del 19 dicembre 2006 –
COM(2006)825 e dalla raccomandazione del Consiglio Ecofin del 2 dicembre 2008, che proponevano un approccio coordinato tra Stato di origine e Stato
di arrivo al fine di evitare doppie
imposizioni o salti di imposta).
Occorrerebbe però radicalizzare questa scelta, in coerenza
con il suo fondamento sistematico, prevendendo il criterio del
valore normale a prescindere
dallo Stato di provenienza, senza necessità di ruling, posto che
comunque secondo i principi
generali grava sul contribuente
l'onere della prova in merito alla
corretta identificazione del valore normale.
Altrimenti, se si intende dare
una qualche rilevanza allo Stato
di provenienza, si dovrebbe
piuttosto considerare il livello
di tassazione ivi vigente, e quindi concedere il valore normale
nel caso di trasferimento di sede
dagli Stati appartenenti alla più
ristretta white list di cui all'articolo 167, comma 4 del Tuir, che
contempla i Paesi che oltre allo
scambio di informazioni hanno
una fiscalità non inferiore alla
metà di quella italiana. In questa
prospettiva, il trasferimento di
sede da Stati non appartenenti a
quest'ultima white list potrebbe
avvenire a valore normale solamente previo interpello di cui
all'articolo 167, comma 5, lettera
b), volto a dimostrare il pagamento di imposte in misura similare a quelle italiane.
Il richiamo all'accordo di cui
al ruling internazionale non appare invece coerente né con la
natura istantanea dell'opera-
zione (poco confacente a un accordo di durata quinquennale e
con tempi di risposta non determinati) né con il fatto che il
valore normale deve essere determinato secondo le regole di
cui all'articolo 9 del Tuir, a prescindere dallo Stato di provenienza dei beni.
Inoltre, ferma restando l'irrilevanza del valore normale
ai fini dell'Irap in assenza di
una norma espressa, dovrebbe
specificarsi che in ambito Ires
(o Irpef) il valore normale rileva anche ai fini di ammortamenti e svalutazioni a prescindere dall'imputazione a conto
economico, in base all’articolo
109, comma 4, lettera b) del
Tuir, permettendo così di darne rilevanza per i trasferimenti di sede in continuità giuridica (risoluzione 9/E del 2006),
che comportano il mantenimento dei valori di bilancio
dell'impresa estera senza alcuna rivalutazione.
Bisognerebbe poi coordinare
la disciplina del trasferimento
di sede in entrata con quella dei
dividendi provenienti da Paesi
black list, di cui all'articolo 89,
comma 3 del Tuir, con riguardo
alle riserve di utili formatesi in
queiPaesi, che verrebbero “rimpatriate” attraverso il trasferimento (eventualmente anche
della holding intermedia in cui
fossero confluite) ma senza dar
luogo ad una formale distribuzione delle stesse.
Infine, deve ritenersi - anche
se l'articolo 12 dello schema di
dlgs tratta solo del trasferimento di sede - che il criterio del valore normale per l'ingresso di
beni esteri nel circuito dei redditi di impresa si renda applicabile anche per le operazioni di
riorganizzazione transfrontaliera “in entrata”, sia quelle intra-Ue disciplinate dalla Direttiva Fusioni (2009/133/CE) sia
quelle internazionali, nonché
per i trasferimenti di beni dalla
casa-madre estera alla propria
stabile organizzazione italiana,
a prescindere dall'applicazione di una exit tax nello Stato di
provenienza.
Accertamento. La Ctp Macerata sugli effetti della sentenza della Consulta
Pagamenti a rate. La presa di posizione delle Entrate
Delega al funzionario,
l’atto emesso è valido
Le sanzioni possono
colpire anche l’erede
Pierpaolo Ceroli
Giovanni Parente
pAltro punto per il fisco nella
partita sulla legittimità degli atti
emessi dai dirigenti decaduti. Dopo la Ctp Milano (di segno sfavorevole all’amministrazione finanziaria anche se un comunicato dell’Agenzia ha puntualizzato come
nel giudizio fosse stata ritenuta
non provata «l’appartenenza del
funzionariochehasottoscrittol’atto alla carriera direttiva») e la Ctp
Gorizia (favorevole al fisco), la
sentenza 150/02/2015 della Ctp
Macerata riconosce la validità dell’atto impositivo firmato da un funzionario «delegato» anche se le
norme che hanno consentito questa prassi sono state dichiarate incostituzionali dalla sentenza
37/2015 della Consulta. In realtà nel
caso specifico il diretto interessato
risultava nella graduatoria per il
concorsoadesamidadirigente,ma
la decisione si è soffermata anche
sulla validità degli atti emessi in
passato.
La società ricorrente aveva contestato la legittimità del ruolo perché sottoscritto da un «incaricato
di funzioni dirigenziali» e non da
un«dirigenteaseguitodiconcorso
pubblico». Dal canto suo, l’Agenzia ha citato la giurisprudenza di legittimità per cui il capo dell’ufficio
va considerato il soggetto «capace
di manifestare la volontà dell’amministrazione negli atti aventi rilevanzaesterna».Nelfrattempoèarrivata anche la sentenza 37/2015
della Corte costituzionale: pronuncia citata dalla ricorrente in
una memoria successiva. Ma il fisco ha dimostrato come il firmatario dell’atto fosse nella graduatoria
per il concorso ad esami per il conferimento della qualifica dirigente.
Laprovaèstataritenutadecisiva
dalla Ctp che ha respinto il ricorso.
Poi la pronuncia ricorda come la
Consulta abbia sottolineato che la
Pubblico impiego. Conferenza unificata
Mobilità, ultima tappa
per le tabelle ministeriali
pSbarca giovedì in conferen-
za unificata il decreto con le tabelle di equiparazione per la
mobilità dei dipendenti pubblici che cambiano comparto. Il
provvedimento, inattuato da
sei anni ma ora essenziale per
far partire davvero i trasferimenti del personale in “esubero” nelle Province, ha acceso
nelle settimane scorse il confronto fra Governo e sindacati.
Il problema principale è rappresentato dal fatto che, in base alle
bozze presentate dal Governo,
ai dipendenti trasferiti sarà garantito il trattamento fondamentale e l’accessorio maturato «limitatamente alle voci fisse
e continuative», con una clausola che lega il risultato finale alla «copertura finanziaria» presente in ogni amministrazione.
A quanto si apprende il testo
non ha novità di rilievo rispetto
alle vecchie bozze, e la conferenza Unificata rappresenta
l’ultimo passaggio prima della
registrazione in Corte dei conti.
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Professioni. Seminario a Roma
Per gli assistenti sociali
essenziale comunicare
Alessandro Galimberti
pVittime del circo mediatico,
deiprocessicelebratiindiretta–e
con rito sommario – nei salotti tv
del pomeriggio o di seconda serata, stretti tra l’incudine del segreto
professionale e il martello dell’opinionepubblica.Lasofferenza“mediatica” degli assistenti sociali nell’era della comunicazione/informazione in real time diventa un tema portante dell’agenda
professionale. Se ne è discusso ieri
aRomainunseminariointernazionalepromossodall’Ordine.Secondo la vulgata popolare e i social
networkquandononsottraggonoi
bambiniailoronidifamiliari,vuole
la vulgata popolare, i “social
worker”non sono in grado di fermare stalker, disarmare assassini,
assicurare al Tso persone prossime al debutto in cronaca. Come
uscirne? Come dimostra l’esperienza britannica, dove il tema è
materia di studio da un celebre casodel1973-sottolinealapresidente
del Consiglio nazonale, Silvana
Mordeglia - la capacità di “governare” la comunicazione pubblica è
parteintegrantedellaprofessione.
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funzionalità delle agenzie non è
condizionatadallavaliditàdegliincarichi dirigenziali previsti dalla
disposizione censurata. E, per la
Ctp, quest’ultima inserisce un’incertezza «nella parte in cui stabilisce che le agenzie interessate non
potranno attribuire nuovi incarichi dirigenziali a propri funzionari
a seguito dell’assunzione dei vincitori delle procedure concorsuali:
infatti, nelle more dell’espletamento dei concorsi viene inserito
un termine incerto circa il quando,
poiché tra il completamento delle
procedure concorsuali e l’assunzione dei vincitori può trascorrere
anche un notevole lasso di tempo,
contravvenendosi ai principi costituzionali». Così «se per il futuro
nonèassolutamenteconsentitoattribuire incarichi dirigenziali a
funzionari che non abbiano espletato il concorso, ciò non determina
che siano travolti tutti gli atti già
emessi da funzionari provvisti di
semplice delega».
Intanto oggi sono attesi sviluppi
sul fronte sindacale nella riunione
tra le sigle che potrebbe decidere
anche l’eventuale adozione di iniziative congiunte.
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Salvina Morina
Tonino Morina
pLe sanzioni agli eredi non si
trasmettono mai. Era questa una
delle poche certezze in campo
fiscale, almeno fino a qualche
tempo fa. Certezze che diventano dei dubbi a seguito di interpretazioni basate su formalismi
che, invece, sarebbe da evitare.
Un esempio, in tema di sanzioni
sui pagamenti rateali nel caso di
decesso del contribuente, viene
da una direttiva della direzione
provinciale di Palermo dell’8
maggio 2012, nella quale, al punto 14, si indicano le modalità da
seguire. Per la direzione siciliana, in caso di pagamenti rateali
del contribuente deceduto «le
sanzioni consolidate nel piano
di ammortamento della rateazione restano confermate nei
confronti degli eredi. Mentre, su
richiesta degli eredi, possono
essere sgravate le sanzioni inte-
re iscritte a ruolo a seguito della
decadenza della rateazione o
del ritardo di pagamento della
rata sempre che il ritardo sia imputabile al de cuius. Difficile capire il diverso trattamento delle
penalità: in un caso, si applicano
(cioè sono «consolidate») perché contenute nel piano di rateazione firmato dal defunto; in un
altro caso, sono cancellabili se
l’iscrizione a ruolo è imputabile
a negligenza del defunto.
Alla direttiva siciliana è seguita una comunicazione di servizio dell’agenzia delle Entrate,
direzione centrale Accertamento, del 20 aprile. Per l’agenzia delle Entrate, la decadenza
dal beneficio della rateazione
determina il recupero delle residue somme dovute e l’applicazione della sanzione, in misura
doppia, pari al 60% del residuo
importo dovuto a titolo di tributo, come previsto dall’articolo 8,
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comma 3-bis, del decreto legislativo 218/1997, nel caso di
mancato pagamento, a seguito
di definizione dell’accertamento con adesione, anche di una sola delle rate diverse dalla prima.
Nella stessa direttiva si segnala che l’applicazione, cioè il
sistema informatico delle Entrate, effettua un controllo sull’esistenza in vita del contribuente decaduto al momento
del calcolo degli importi da intimare o da iscrivere a ruolo, con
l’ulteriore precisazione che se la
decadenza dalla rateazione si è
verificata quando il soggetto era
in vita, la sanzione aggiuntiva
del 60% non viene applicata agli
eredi in quanto soggetti che non
hanno commesso la violazione;
se, invece, la decadenza dalla rateazione si è verificata dopo il
decesso, la sanzione verrà applicata in quanto la violazione si
presume sia stata commessa dagli eredi; in questi casi l’ufficio
dovrà valutare la configurabilità o meno della violazione nell’ipotesi in cui la decadenza sia
intervenuta prima dell’accettazione dell’eredità.
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Accertamento. I criteri del Dlgs
Abuso del diritto
verso un’attuazione
non omogenea
Massimo Antonini
Paolo Piantavigna
pA seguito della seconda ste-
suradeldecretosullacertezzadel
diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, attuativo della delega
fiscale, permangono ancora molte perplessità sulla disciplina dell’abuso del diritto.
Da un lato il nuovo articolo 10bis dello Statuto dei diritti del
contribuente («Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale) ha il pregio di avere una valenza generale, con riguardo a
tutti i tributi, eccezion fatta per
quelli doganali. Dall’altro la norma risulta criticabile laddove individua le pratiche abusive/elusive ricorrendo a criteri evanescenti e a un’aggettivazione sovrabbondante, che ne
renderanno poco prevedibile
l’applicazione concreta.
Infatti, secondo il testo attuale,
ai fini della sussistenza dell’abuso/elusione, l’amministrazione
ha l’onere di dimostrare: che
l’operazione realizza «essenzialmente» un «vantaggio fiscale»
(anche non immediato); il contrasto tra il godimento di tale vantaggio e «le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario»; l’assenza di
«sostanza economica», ovvero
l’inidoneità delle operazioni effettuate a produrre effetti extrafiscali «significativi».
Il primo e il terzo requisito sono difficili da coordinare in quanto l’amministrazione, da un lato,
ha l’onere di dimostrare che i vantaggi fiscali connotano l’essenza
dell’operazione; dall’altro lato,
essa deve comparare l’incidenza
di tali vantaggi fiscali con quelli
(eventuali) extrafiscali e dimostrare che i primi sono «fondamentali rispetto a tutti gli altri fini
perseguiti dal contribuente», come esplicita la relazione illustrativa allo schema di Dlgs.
A tale scopo, la norma indica
due possibili indici del fatto che i
vantaggi fiscali siano «fondamentali» nell’economia dell’operazione realizzata dal contribuente, ovvero: l’incoerenza
della qualificazione dei singoli
atti nei quali l’operazione si articola rispetto al «fondamento
giuridico del loro insieme» e la
non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici prescelti
dal contribuente alle «normali
logiche di mercato».
Questi concetti, nella loro indeterminatezza, si prestano ad
applicazioni pratiche disomogenee. Sarebbe preferibile l’introduzione di criteri scevri da valutazioni in ordine al carattere
“anomalo” delle scelte dei contribuenti, nonché “misurabili” (anche da un punto di vista quantitativo), in modo da circoscrivere il
potere dell’amministrazione di
riqualificare ai fini fiscali atti e
contratti civilisticamente validi,
sullabasediunloro(asserito)collegamento extranegoziale. La
certezza del diritto andrebbe,
cioè, perseguita mettendo i contribuenti nella possibilità di prevedere le conseguenze giuridiche dei loro comportamenti. E la
predeterminabilità dell’imposizione passa non solo attraverso
l’esatta tipizzazione delle fattispecie imponibili, ma anche dalla
delimitazione dei poteri di rettifica dell’amministrazione.
Complesso è, altresì, precisare
l’oggetto della prova che il contribuente deve fornire per superare
la contestazione di abuso/elusio-
IL PROBLEMA
Difficile precisare
l’oggetto della prova
che il contribuente
dovrà fornire per superare
le contestazioni del Fisco
ne. È infatti onere del contribuente giustificare la sua condotta sulla base di «valide ragioni extrafiscali, non marginali». Dalla relazione illustrativa si apprende,
però, che il legislatore delegato
intende l’espressione «non marginali» nel senso di “determinanti”, in quanto si afferma che il vantaggio d’imposta non è indebito
solo se il contribuente riesce a dimostrare che l’operazione non
sarebbe stata posta in essere senza le ragioni extrafiscali addotte.
Poco comprensibile risulta,
allora, la codificazione della libertà del contribuente di scegliere tra gli strumenti giuridici
cui il sistema abbina un diverso
carico fiscale. E, d’altra parte,
che nessuno sia tenuto «a costruire il proprio fienile in modo
che il Fisco vi entri con il forcone più grosso» dovrebbe essere
un principio ormai acquisito
(caso Duke of Westminster del
1936, come riportato in un articolo di Giulio Tremonti sul Sole
24 Ore del 23 aprile 1986).
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Vita.it, 5 maggio 2015 Tv e giornali, basta massacrarci: lo sfogo degli assistenti sociali di Gabriella Meroni Il Consiglio nazionale presenta una ricerca che accusa i media di offrire una rappresentazione distorta e offensiva dei social worker, descrivendoli come impotenti, menefreghisti se non freddi ladri di bambini. Durissimo l'attacco contro la tv: ci processa e ci condanna senza appello. Realtà o vittimismo? Un j'accuse senza precedenti, con toni che fanno emergere una vera e propria esasperazione. E' questo il contenuto di un comunicato stampa diffuso dal Consiglio nazionale Ordine degli assistenti sociali‐Cnoas per presentare la ricerca “Le rappresentazioni del Servizio sociale nei media” condotta da studiosi e docenti universitari in Germania, Gran Bretagna e Italia. In base alla ricerca, il servizio sociale non gode in Europa di buona reputazione, e la colpa è tutta dei giornalisti, rei di offrire al pubblico un'immagine «schiacciata da comodi luoghi comuni e stereotipi» e comunque parziale. Dalla ricerca emerge infatti che sui giornali i tipici assistenti sociali “allargano le braccia”, in segno di impotenza; non vanno a casa dei cittadini; conoscono il pericolo ‐ ad esempio quando ad essere minacciata è una donna ‐ ma non fanno nulla, e sono addirittura considerati ladri di bambini. Una professione, dunque, quasi sempre rappresentata in modo parziale, almeno secondo il Cnoas: generalmente donna, in bilico tra la frustrazione personale e l’insensibilità professionale, quasi mai protagonista. Gli stereotipi ‐ si legge ancora ‐ tratteggiano gli assistenti sociali come ladri di bambini, freddi burocrati, distratti esecutori delle regole del sistema, oppure, all’estremo opposto, come eroi, amici, disponibili a un approccio flessibile, capaci di manifestare molta empatia nei confronti degli utenti, ma proprio per questo violatori di regole. O, ancora, missionari che si donano completamente alla causa dei più deboli nell’intento di coprire, con tale atteggiamento oblativo, problemi soggettivi di riconoscimento affettivo. Ancora peggiore, sottolinea il Cnoas, è la situazione se si analizzano i programmi televisivi con al centro fatti di cronaca che hanno per protagonisti i servizi sociali. «Un dato balza all’evidenza: molto raramente gli assistenti sociali sono invitati nelle trasmissioni tv a partecipare come esperti. Al loro posto siedono psichiatri, psicologi, avvocati e giudici. Nei rari casi in cui vi partecipano, si assiste ad un paradosso: quello di partecipare senza poter partecipare. Il conduttore del programma (non sempre giornalista) chiede all’assistente sociale di parlare solo del caso affrontato in trasmissione, mentre l’assistente sociale vincolato, tra l’altro, al segreto professionale, tenta, quasi sempre invano, di allargare la prospettiva di analisi ai problemi e ai temi sociali di cui quel caso è solo un esempio». La ricerca condotta sui media italiani dall’equipe della professoressa Elena Allegri dell’Università del Piemonte Orientale ‐ prosegue il comunicato ‐ conferma l’enfatizzazione e la raffigurazione strumentale e spettacolare del dolore, una sorta di processo virtuale mediatico dall’esisto assolutamente scontato e a tutto svantaggio della figura e dell’opera dell’assistente sociale. «Il tutto ammantato sotto l’ala protettiva dichiarata di tv di servizio, caratterizzata da un (finto) intento pedagogico con caratteristiche di denuncia sociale. L’arena mediatica viene troppo spesso scelta come luogo di scontro e quasi mai di confronto tra i diversi soggetti coinvolti, così come i media sono spesso, consapevolmente o meno, lo strumento (a volte ricattatorio) usato dai cittadini per sollevare l’attenzione sulla propria situazione». I toni degli assistenti sociali sono davvero accorati, tanto da arrivare a chiedersi ‐ facendo riferimento a un recente caso di cronaca avvenuto in Toscana ‐ «quando avremo cittadini che per protestare contro gli assistenti sociali si arrampicheranno sul Colosseo?». Speriamo mai, diciamo noi da giornalisti, anche perchè varrebbe forse la pena di analizzare anche gli stereotipi che colpiscono questa categoria. Almeno su Vita, nel nostro piccolo cerchiamo di raccontare anche il lavoro degli assistenti sociali tenendoci il più possibile lontani dai luoghi comuni.