Con il termine clonazione (dal greco klòn = germoglio, ramoscello
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Con il termine clonazione (dal greco klòn = germoglio, ramoscello
CHE COS'È LA CLONAZIONE? Con il termine clonazione (dal greco klòn = germoglio, ramoscello) si indica solitamente una forma di riproduzione non mediata da accoppiamento sessuale. Pertanto, un organismo generato per clonazione, possiede un unico genitore ed il suo DNA non è il risultato del rimescolamento dei geni che avviene durante la fecondazione. La tecnica di laboratorio più utilizzata viene denominata “trasferimento nucleare” e consente di ottenere delle “copie” o cloni di un organismo di partenza, ad esempio un animale. Nel 1996 i ricercatori del “Roslin Institute” di Edimburgo hanno creato il primo esemplare di ovino clonato. Dolly, così venne chiamato l’agnellino femmina ottenuto, era una copia perfettamente identica alla pecora progenitrice di sei anni dalla quale era originata. La clonazione di un mammifero aprì un capitolo nuovo della scienza. Da allora, altre 16 specie animali sono state clonate, tra queste il topo, il gatto, il cavallo, l’asino, il toro, il lupo, il maiale, il muflone ed il cane. Nel 1999 viene clonato il primo animale in Italia: è il toro Galileo. Il 14 febbraio del 2003 Dolly muore dopo aver contratto una forma di artrite al bacino ed alla zampa posteriore sinistra ed una malattia polmonare irreversibile che ha costretto gli scienziati a ricorrere all'eutanasia. Nel 2006 in Cina viene clonato un vitello nel cui DNA sono stati inseriti geni che proteggono dal morbo della mucca pazza, o Bse. Le motivazioni che hanno spinto i ricercatori a mettere a punto le tecniche di clonazione sono molteplici. Alcune di queste riguardano la possibilità di salvare gli animali in estinzione o di ottenere organi e tessuti “fotocopia” da utilizzare per fini terapeutici nell’uomo. Molti interventi in campo genetico, e fra questi la clonazione, hanno delle inevitabili ripercussioni etiche. Basti pensare al sensazionalismo suscitato dalla notizia, dopo alcuni esperimenti annunciati pubblicamente ma non suffragati da pubblicazioni scientifiche, dell’avvenuta clonazione di un essere umano. In realtà un istituto privato americano, l’«Advanced Cell Technology» (Act), ha realizzato il primo trasferimento nucleare e la partenogenesi di cellule somatiche umane. I risultati dell'esperimento sono stati pubblicati sulla rivista on-line E-Biomed Jounal of Regenerative Medicine. Anche l’industria alimentare potrebbe beneficiare della clonazione animale per la possibilità allettante, in termini economici e qualitativi, di ottenere soggetti con caratteristiche favorevoli. Già a partire dal 2003 alcuni ricercatori in Nuova Zelanda hanno prodotto cloni bovini da un animale geneticamente modificato per fornire latte più ricco di caseina e, di conseguenza, formaggi in tempi record. La tecnologia è quindi pronta alla commercializzazione di carne e latte provenienti da animali clonati e l’industria alimentare potrebbe beneficiare della stessa, ma qual è la sicurezza alimentare di questi prodotti? QUALE È IL RISCHIO DERIVATO DALL'USO DI ALIMENTI PROVENIENTI DA PRODOTTI CLONATI? La Commissione europea nell'aprile 2007 ha chiesto all’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) “di valutare sotto il profilo scientifico la sicurezza alimentare ” dei prodotti ottenuti da animali clonati ed al gruppo europeo sull'etica “di aggiornare il loro parere sulla tecnica della clonazione che si prepara a uscire dai confini della semplice ricerca”. L’EFSA, il 9 gennaio scorso ha espresso parere favorevole alla vendita nella Comunità Europea, di latte e carne provenienti da maiali e bovini clonati e dalla loro progenie. Infatti, per il comitato scientifico, non ci sarebbero differenze in termini di sicurezza fra gli alimenti ottenuti dal bestiame clonato e quelli provenienti da animali “normali”, poiché i primi presentano componenti nutrizionali paragonabili a quelle dei secondi. Sempre secondo il Comitato scientifico dell'EFSA, nonostante mortalità e malattie nei soggetti clonati siano significativamente più alte di quelle degli altri animali, la percentuale delle patologie è destinata a diminuire con i progressi tecnologici. Inoltre, il bestiame clonato eventualmente “ammalato” , non verrebbe destinato alla catena alimentare. Il parere dell’EFSA si limita a considerazioni relative alla clonazione di bovini e suini escludendo per il momento altri animali come pecore e capre e non è definitivo. Per questo l’agenzia europea ha lanciato una consultazione pubblica che si concluderà il 25 Febbraio per arrivare a maggio alla pubblicazione di un giudizio finale in merito alle richieste della Commissione europea. Giorgio Poli, docente di Biotecnologie della facoltà di Medicina Veterinaria dell'Università di Milano, in un’intervista del 12 gennaio al Sole 24 Ore, condivide il parere favorevole espresso dall’EFSA sulla possibilità di commercializzare carni e latte derivanti da animali clonati. “Non è in discussione la sicurezza degli alimenti” commenta Poli al Sole 24 ore, aggiungendo che nel caso della clonazione “non siamo di fronte a interventi di ingegneria genetica: non c'è nessuna modificazione del Dna, semplicemente la riproduzione di una cellula adulta”. Secondo il docente di Biotecnologie, il consumo di carne di animali clonati potrebbe costituire più che altro un problema etico e di benessere animale, soprattutto in considerazione del maggiore tasso di mortalità tra gli animali clonati. A tal proposito, la stessa Efsa ha pubblicato in data 18/01/08 il Parere dello European Group on Ethics and New Technologies (EGE) sugli aspetti etici della clonazione animale a fini alimentari. Per gli esperti etici dell'Unione europea non ci sono ragioni categoriche per opporsi sostanzialmente a questo tipo di clonazione ma, allo stato attuale, non si vedono argomenti cosi' forti per sostenere questo tipo di tecnologia, dal momento che implica delle conseguenze gravi per la salute e il benessere degli animali. Infine, negli Stati Uniti un giudizio espresso dalla Food and Drug Administration (FDA) (http://www.fda.gov/cvm/CloneRiskAssessment.htm), l’equivalente statunitense dell’EFSA, ha aperto la strada alla commercializzazione di carne, latte e formaggi provenienti da animali clonati senza la necessità di un’ etichettatura obbligatoria. A metà ottobre del 2006, la FDA ha infatti pubblicato un documento nel quale venivano illustrati i risultati degli studi sulla valutazione del rischio (Risk Assessment) inerenti la sicurezza degli alimenti ottenuti da animali clonati. Nel rapporto, l’FDA aveva confermato scientificamente i risultati già emersi durante gli oltre 5 anni di studi e già in parte pubblicati dalla stessa Agenzia nel 2003, e cioè l’assenza di differenze rilevabili anche per quanto riguarda i livelli di sicurezza, tra gli alimenti prodotti da animali normali e clonati. QUALE È IL PARERE DI PRODUTTORI E CONSUMATORI? Le associazioni dei produttori (Confederazione Italiana Agricoltori; Coldiretti) e consumatori (Adusbef, Federconsumatori, Adoc ed Adiconsum) italiani hanno espresso un giudizio sfavorevole in merito alla possibilità di trovare sulle nostre tavole latte, formaggi e carni provenienti da animali clonati. Secondo un’ indagine condotta nel sito internet della Coldiretti, la maggioranza dei consumatori (55%) ritiene necessario che l'Italia e l'Europa proibiscano la vendita di carne, latte e formaggi proveniente da animali clonati. Per il 36% dei rispondenti è necessario inoltre che la commercializzazione di questi prodotti sia consentita previa apposizione di un’etichettatura obbligatoria, mentre solamente l'8% ritiene, secondo i dati forniti dall’associazione di categoria, che la scienza abbia dimostrato l’equivalenza fra questi alimenti e gli altri. ...ED IL NOSTRO? Nonostante le preoccupazioni dei consumatori siano, in parte, comprensibili, andrebbe evitato il sensazionalismo giornalistico della notizia. E’ doveroso sottolineare che il parere scientifico espresso dall’EFSA non è definitivo. Riteniamo infine auspicabile, nel caso in cui, dopo un eventuale parere favorevole dell’EFSA e del gruppo etico, si decida per la libera commercializzazione degli alimenti “clonati”, che la vendita sia consentita previa apposizione di un’etichettatura obbligatoria; sebbene infatti, i dati scientifici attualmente disponibili dimostrino l’innocuità di tali alimenti, la presenza di un etichetta distintiva tutelerebbe la libertà individuale del consumatore di decidere quale alimento portare sulla sua tavola.