Commento al vangelo della donna cananea

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Commento al vangelo della donna cananea
Note linguistiche sulla Domenica
“della donna cananea”
XX del Tempo Ordinario (anno A)
Letture: Mt 15,21-28; Is 56,1.6-7; Sal 66(67); Rm 11,13-15.29-32
(testo greco: Nestle-Aland 27)
(testo italiano: CEI 2008)
Mt 15,21 Καὶ ἐξελθὼν ἐκεῖθεν ὁ Ἰησοῦς
ἀνεχώρησεν εἰς τὰ μέρη Τύρου καὶ Σιδῶνος.
22 καὶ ἰδοὺ γυνὴ Χαναναία
ἀπὸ τῶν ὁρίων ἐκείνων ἐξελθοῦσα ἔκραζεν
λέγουσα· ἐλέησόν με, κύριε υἱὸς Δαυίδ·
ἡ θυγάτηρ μου κακῶς δαιμονίζεται.
23 ὁ δὲ οὐκ ἀπεκρίθη αὐτῇ λόγον.
καὶ προσελθόντες οἱ μαθηταὶ αὐτοῦ
ἠρώτουν αὐτὸν λέγοντες· ἀπόλυσον αὐτήν,
ὅτι κράζει ὄπισθεν ἡμῶν.
24 ὁ δὲ ἀποκριθεὶς εἶπεν· οὐκ ἀπεστάλην
εἰ μὴ εἰς τὰ πρόβατα τὰ ἀπολωλότα
οἴκου Ἰσραήλ.
25 ἡ δὲ ἐλθοῦσα προσεκύνει αὐτῷ
λέγουσα· κύριε, βοήθει μοι.
26 ὁ δὲ ἀποκριθεὶς εἶπεν· οὐκ ἔστιν καλὸν
λαβεῖν τὸν ἄρτον τῶν τέκνων καὶ βαλεῖν
τοῖς κυναρίοις.
27 ἡ δὲ εἶπεν· ναὶ κύριε, καὶ γὰρ
τὰ κυνάρια ἐσθίει ἀπὸ τῶν ψιχίων
τῶν πιπτόντων ἀπὸ τῆς τραπέζης
τῶν κυρίων αὐτῶν.
28 τότε ἀποκριθεὶς ὁ Ἰησοῦς εἶπεν αὐτῇ·
ὦ γύναι, μεγάλη σου ἡ πίστις· γενηθήτω σοι
ὡς θέλεις.
καὶ ἰάθη ἡ θυγάτηρ αὐτῆς ἀπὸ τῆς ὥρας
ἐκείνης.
Mt 15,21 Partito di là, Gesù
si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone.
22 Ed ecco, una donna cananea,
che veniva da quella regione, si mise a gridare:
"Pietà di me, Signore, figlio di Davide!
Mia figlia è molto tormentata da un demonio".
23 Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono
e lo implorarono: "Esaudiscila,
perché ci viene dietro gridando!".
24 Egli rispose: "Non sono stato mandato
se non alle pecore perdute
della casa d'Israele".
25 Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a
lui, dicendo: "Signore, aiutami!".
26 Ed egli rispose: "Non è bene
prendere il pane dei figli e gettarlo
ai cagnolini".
27 "È vero, Signore - disse la donna -, eppure
i cagnolini mangiano le briciole
che cadono dalla tavola
dei loro padroni".
28 Allora Gesù le replicò:
"Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te
come desideri".
E da quell'istante sua figlia fu guarita.
V.21, ἀνεχώρησεν, anechòresen,1 si ritirò: verbo prediletto da S.Matteo,2 indica
un ritiro e, alla lettera, un inoltrarsi in una regione (chòra); è il verbo da cui proviene la parola 'anacoreta', chi si ritira e si allontana in una zona appartata.
Τύρου καὶ Σιδῶνος, Tùrou kài Sidònos, Tiro e Sidone: questa coppia di nomi di
città ricorre spesso nell'AT in oracoli di sventura 3; sventura relativa, perché la loro rovina è
funzionale alla conversione al Signore, proprio come accadrà alla cananea e come era stato
Il sistema di traslitterazione impiegato nelle nostre note linguistiche è semplificato rispetto al
sistema tradizionale (la cui precisione è necessaria quando non è visibile il testo greco), al fine di
agevolare la pronuncia di chi non conosce il greco.
2
Matteo: 10; Marco: 1; Luca: 0; Giovanni: 1; Atti: 2.
3
Is 23,1s.; Ger 25,22; 27,3; 47,7; Ez 28,11.21; Gl 4,4.
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profetizzato in Zaccaria: “Oracolo. "La parola del Signore è sulla terra di Adrac e si posa su
Damasco, poiché al Signore appartiene la perla di Aram e tutte le tribù d'Israele, 2 e anche
Camat sua confinante e Tiro e Sidone, ricche di sapienza.” (Zc 9,1-2).
Alla luce di questa profezia acquisisce senso il ritirarsi di Gesù in queste regioni, di
cui non conosciamo altre motivazioni e che è tanto più misterioso quanto più consideriamo ciò che il Signore affermerà al v.24.
Da queste regioni ora esce (ἐξελθοῦσα, exelthoùsa, v.24, tradotto con che veniva)
incontro al Signore una donna cananea, Χαναναία, chananàia, termine che all'epoca dei
fatti narrati non corrispondeva più a un popolo esistente (infatti S.Marco nel passo parallelo parla di donna “greca di razza siro-fenicia” (Mc 7,26) ma che S.Matteo usa per i suoi ric chi richiami veterotestamentari: i Cananei dispregiati discendenti di Cam (cf. Gn 9,25-27) e
con i quali gli Israeliti non avrebbero dovuto mai fraternizzare (cf. Gdc 2,1-5); inoltre, “i libri storici, profetici e sapienziali sono pieni di invettive contro i Cananei, diventati anche
un tipo di rovina religiosa e morale per le loro prostituzioni, l”adulterio fornicatore contro
il Signore.”4 Ma come rileva S.Ilario di Poitiers, “bisogna esaminare la figura della cananea
a partire dall'efficacia stessa dei termini. [...] Questa cananea che esce dal suo territorio, che
abbandona cioè i pagani per la nazionalità di un altro popolo, sarà giustamente considerata come l'immagine dei proseliti, e la figlia – per la quale prega – come quella del popolo
dei pagani.”5
Come se bastasse, questa cananea è per giunta donna, e già nelle note linguistiche
sull'Evangelo della Samaritana, per la terza Domenica di Quaresima, rilevammo quale fosse la mentalità giudaica del tempo: “Yossè, figlio di Iochanan soleva dire: «[...] non t'intrattenere a lungo con una donna; e se ciò è inteso per la propria moglie, lo è tanto più per la
moglie degli altri». Per questa considerazione i dotti hanno detto che chiunque conversi
molto con le donne, causa del male a se stesso, perché si distrae dallo studio e finisce per
meritarsi la Gehenna”6
Ma l'Autore sacro da questi presupposti più che negativi fa spiccare la virtuosità
della donna, riferendo la sua ricchissima invocazione 7: ἐλέησόν με, κύριε υἱὸς Δαυίδ,
elèesòn me, kùrie huiòs Davìd: Pietà di me, Signore, figlio di Davide!
La formula è composita come il background culturale della cananea: all'uso ellenistico di rivolgersi con la parola kùrios a un personaggio avvertito come divino, si accompagna l'acclamazione strettamente giudaica al Messia figlio di Davide 8. Commistione che
non deve stupire più di tanto se teniamo in considerazione l'esegesi di S.Ilario, che ritiene
la cananea una proselita, una pagana già convertitasi al giudaismo: “poichè conobbe il Si-
T. Federici, Cristo Signore Risorto amato e celebrato, Palermo 2001, p. 735.
S. Ilario di Poitiers, In Evangelium Matthaei Commentarius, 15,3.
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Pirqê Abôt I,5.
7
Notiamo che il verbo ἔκραζεν, èkrazen, si mise a gridare, v.22, non vuol dire semplicemente
'gridare', ma ha nella maggior parte delle attestazioni una sfumatura cletica, di implorazione: cf.
Mt 9,27; 14,30; 20,30s.; 21,9.15; 27,50.
8
L'invocazione a Gesù come Figlio di Davide è sulle labbra di due ciechi sia in Mt 9,27 che 20,30.
Un forte nesso con la nostra pericope è in Mt 12, 23, in cui la folla si interroga sulla liceità di
chiamare Gesù in tal modo, subito dopo che Egli aveva guarito un indemoniato.
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gnore dalla Legge, lo chiama Figlio di Davide.” 9 Tipicamente giudaica è anche la supplica
ἐλέησόν με, che troviamo ampiamente attestata nel Salterio.10
V.24, ἀπεκρίθη, apekrìthe, rispose: notiamo come nell'Evangelo di questa Domenica Gesù parli solo rispondendo; ogni sua affermazione è una risposta a un'interpellanza.
In greco ciò appare ancor più evidentemente per il ripetersi del medesimo verbo apokrìnomai ai vv. 23.24.26.28. Ciononostante, è sempre il Signore ad avere l'iniziativa, dal momento che è Lui che vuole che noi domandiamo: “Una di tali pecorelle era questa donna; per
questo motivo non veniva trascurata ma la sua aspettativa veniva solo ritardata. Non sono
stato inviato - dice Cristo - se non alle pecore sperdute della casa d'Israele. Ma quella insisteva
gridando, continuava a pregare, a bussare, come se già avesse sentito dire: «Domanda e riceverai, cerca e troverai, bussa e la porta ti verrà aperta». Insistette e bussò.”11
La qualificazione πρόβατα ἀπολωλότα, pròbata apololòta, pecore perdute, del v.
24 è anch'essa ricca di richiami veterotestamentari:
Ger 23,1 "Guai ai pastori che fanno perire e disperdono (apollùmi) il gregge (pròbata) del
mio pascolo. Oracolo del Signore.
Ger 50,6 Gregge di pecore sperdute (pròbata apololòta) era il mio popolo, i loro pastori le
avevano sviate, le avevano fatte smarrire per i monti; esse andavano di monte in colle,
avevano dimenticato il loro ovile.
Sal 118(119),176 Mi sono perso come pecora smarrita (pròbaton apololòn); cerca il tuo servo:
non ho dimenticato i tuoi comandi.
Is 53,6 Noi tutti eravamo sperduti (planào) come un gregge (pròbata), ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti.
οἴκου Ἰσραήλ, òikou Israèl, casa di Israele: anche questa espressione è peculiare
del linguaggio veterotestamentario: nel NT compare 2 volte in Matteo (Mt 10,6 e qui); 2 in
Atti (2,36; 7,42); 2 in Ebrei (8,8.10); di contro a 123 attestazioni nell'AT. La prima lettura di
questa Domenica ci dà un ottimo esempio di come comprendere le parole di Gesù alla luce
dell'AT (e non solo viceversa!): è infatti la profezia di Isaia che ci rivela l'intima portata di
questa casa (òikos) di Israele: “li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella
mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, per ché la mia casa (òikos) si chiamerà casa (òikos) di preghiera per tutti i popoli".
Quanto profetizzato è esattamente ciò che sta accadendo ora: la preghiera della cananea del V.25 - προσεκύνει... βοήθει μοι, prosekùnei...boèthei moi, si prostrò...aiutami
- si rivela la preghiera perfetta di una pia israelita. Oltre all'atto del prostrarsi (proskunèo) in cui abbiamo visto coinvolti i discepoli Domenica scorsa (Mt 14,33), oltre che le donne e i
discepoli alla Resurrezione (Mt 28,9.17) – la sua richiesta di aiuto è di sapore fortemente
salmico:
Sal 43(44),27 Àlzati, vieni in nostro aiuto! (βοήθησον ἡμῖν, boètheson hemìn) Salvaci per
la tua misericordia!
Sal 69(70)6 Ma io sono povero e bisognoso: Dio, affréttati verso di me (βοήθησόν μοι,
boethèsòn moi). Tu sei mio aiuto e mio liberatore: Signore, non tardare.
Op. cit., 15,3.
Cf. nei Settanta Sal 6,3; 9,14; 24,16; 25,11; 26,7; 30,11, 40,5; 40,11; 50,3; 55,2; 56,2; 85,3.16; 118,29.58.
132.
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S.Agostino, Discorsi, 77, 6.9.
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Sal 78(79),9 Aiutaci (βοήθησον ἡμῖν, boètheson hemìn), o Dio, nostra salvezza, per la gloria del tuo nome; liberaci e perdona i nostri peccati a motivo del tuo nome.
Sal 109(110),26 Aiutami (βοήθησόν μοι, boethèsòn moi), Signore mio Dio, salvami per il
tuo amore.
Sal 118(119),86 Fedeli sono tutti i tuoi comandi. A torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto! (βοήθησόν μοι, boethèsòn moi)
Sal 118(119),117 Aiutami (βοήθησόν μοι, boethèsòn moi) e sarò salvo, non perderò mai di
vista i tuoi decreti.
V.26, κυναρίοις, kunarìois, cagnolini: è chiara la volontà di addolcire, tramite la
scelta della forma diminutiva-vezzeggiativa, il termine kùon, 'cane', animale impuro che
nella Bibbia è sovente termine di paragone per i pagani. E' una spia linguistica per comprendere come ci sia un disegno d'amore anche dietro tali dure parole del Signore: “Cristo
si mostrava indifferente verso di lei, non per rifiutarle misericordia, ma per infiammarne il
desiderio; e non solo perché fosse più ardente il suo desiderio, ma – come ho detto prima –
anche perché fosse messa in risalto la sua umiltà.”12
Umiltà dipinta ad ancor più vivi tratti dal γὰρ, gàr del v. 27, da tradurre con 'infat13
ti' più che con 'eppure': nel testo greco la risposta della cananea non è in contrapposizione a quello che dice il Signore (“è vero...eppure”), ma anzi lo rafforza (“è vero...infatti”).
V. 27, πιπτόντων, piptònton, che cadono, da pìpto: questo verbo richiama fortemente i temi affrontati nella seconda lettura di questa Domenica, e anche i termini, se la
pericope scelta non fosse stata decurtata della sua parte centrale. In Rm 11,22 leggiamo infatti: “Considera dunque la bontà e la severità di Dio: la severità verso quelli che sono caduti (pìpto); verso di te invece la bontà di Dio, a condizione pero che tu sia fedele a questa
bontà. Altrimenti anche tu verrai tagliato via.”
Con questo confronto comprendiamo in termini chiari che quanto S.Paolo afferma
nella seconda lettura è già in nuce nell'Evangelo di questa Domenica: “se il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo; che cosa sarà la loro riammissione se non una
vita dai morti?” (Rm 11,15). Quelli che sono caduti, gli israeliti che non hanno riconosciuto
Gesù, hanno dato al mondo e alle genti la riconciliazione (“avete ottenuto misericordia a
motivo della loro disobbedienza” Rm 11,30), allo stesso modo in cui le briciole che cadono
dalla tavola dei padroni danno nutrimento ai cagnolini. L'Apostolo è andato a scuola da
questa umile e disprezzata donna cananea, la quale, grazie a questo incontro con Gesù, si
scopre teologa14 e maestra di preghiera.
La nobiltà del suo animo è ora additata da Gesù stesso, che al v.28 si rivolge a lei
chiamandola γύναι, gùnai, donna: “titolo di nobiltà, che si usa per le regine, per le grandi
S. Agostino, ivi, 1.1.
Così la Nova Vulgata, da tener sempre presente come riferimento normativo per una corretta
traduzione: “At illa dixit: "Etiam, Domine, nam (infatti) et catelli edunt de micis, quae cadunt de
mensa dominorum suorum."
14
“è anche un'ottima teologa, che come ogni vero teologo risponde non alle proprie idee, i
concettuzzi schematizzati a tavolino dopo cena e dopo la televisione, bensì agli impulsi interiori
dello Spirito Santo” T. Federici, op. cit., p. 736.
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dame”,15 titolo che Gesù impiegò due volte per rivolgersi alla propria Madre (Gv 2,4; Gv
19,26).
Ma la glorificazione di questa donna si spinge ancora oltre. γενηθήτω, ghenethèto,
avvenga: “questa parola è affine a quella che diceva: Sia fatto il cielo, e fu fatto. ” 16 In Gn
1,3 infatti troviamo la stessa forma verbale: “Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu! (καὶ
εἶπεν ὁ θεός γενηθήτω φῶς καὶ ἐγένετο φῶς). “E da quel momento sua figlia fu guarita.
Hai visto come ella abbia non poco contribuito alla guarigione della figlioletta? Per questo
Cristo non disse: La tua figlioletta è guarita, ma: «Grande è la tua fede. Ti sia fatto come
vuoi», perchè tu impari che tali parole erano pronunciate non senza motivo nè per adulazione, ma che grande è la potenza della fede.” 17 La misera cananea, a parole paragonata a
un cagnolino, nei fatti è – a pieno titolo - collaboratrice creativa del Regno di Dio.
T. Federici, ivi, p.738. Cf. Gdt 11,1; così Antonio si rivolge a Cleopatra in una sua lettera, e si
potrebbero citare numerosi passi di Omero o Sofocle in cui γύναι assume un significato
15
onorifico.
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S.Giovanni Crisostomo, Commentarius in S.Matthaeum evangelistam 52,2.
S. Giovanni Crisostomo, ibidem.
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