Fare il pieno a Oslo. Alla toilette - Il Sole 24 ORE

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Fare il pieno a Oslo. Alla toilette
testo di Sylvie Coyaud, foto di Alessandro Digaetano
Dall'anno prossimo, gli autobus di Oslo saranno alimentati a biometano estratto da una fonte rinnovabile, addirittura
rinnovata ogni giorno: i residui solidi della dige-stione di 290mila abitanti, dirottati nel depuratore di Bekkelaget che il
Comune sta trasformando in una raffineria unica al mondo.
L'iniziativa è stata decisa dalla Giunta nel 2007, dopo un rapporto dai particolari avvincenti la cui redazione finale è
dovuta a Ole Jakob Johansen, oggi portavoce uffi-ciale del progetto. In tempo di crisi economica, trova, è insensato
spendere denaro per liberarsi di una risorsa potenzialmente redditizia. «Erano anni che Bekkelaget con-sumava
un'energia spropositata, in particolare l'essiccatore, la sezione - spiega - dove, dopo il filtraggio, i residui sono
deidratati da una corrente di aria calda, per farne concime da cedere ad aziende agricole. Abbiamo cercato una
soluzione meno costosa». Doveva anche essere igienica, inodore, in grado di abbassare le emissioni di gas serra,
preservare la qualità delle acque e migliorare quella dell'aria riducendo le polveri inquinanti. Il Comune, insomma,
chiedeva un miracolo e gli ingegneri ne sug-gerirono due.
Nella prima soluzione, con un investimento di 1,9 milioni di euro per i nuovi impianti, il metano proveniente dalla
fermentazione degli escrementi cittadini poteva gene-rare ogni anno 17 gigawatt di elettricità e 440mila euro di
ricavi netti. Nella seconda, un investimento di 4,8 milioni comprendeva una tecnologia di punta detta scrubbing per
ripulire il metano dall'anidride carbonica e portarlo alla qualità necessaria per i trasporti pubblici.
Il Comune non ha avuto esitazioni, «anche se il preventivo era un po' ottimista - ammette Johansen - risalendo a
quando il litro di biodiesel era ancora a 1,25 euro. Adesso è a 1,06, e l'impianto si ripagherà in tre anni, invece di
due». Interessante, sarebbe da suggerire a Milano per l'Expo 2015, e quando inizia la produzione? «Il 15 dicembre,
e la distribu-zione a gennaio». Così presto? Non per essere indiscreti, ma quanto produce un abitante di Oslo?
«Circa otto litri annui di equivalente-diesel». Pochini. «Sì, ma moltiplicati per 290mila fanno andare 80 autobus per
100mila chilometri l'anno ciascuno». E la cittadinanza è stata consultata? «Ma certo! È stata assolutamente
entusiasta».
Agli antipodi della ricca Norvegia, sono già in funzione i mini-Bekkelaget progettati da una fondazione keniota,
l'Umande Trust, con la consulenza dell'associazione ir-landese Goal. Il 5 maggio scorso, il loro "biocentro" ha
ricevuto una menzione speciale della giuria americana del Buckminster Fuller Challenge, quale «soluzione
integra-ta ai problemi più gravi delle baraccopoli: sanitari carenti, assenza di acqua potabile, fornitura di energia
inaffidabile o inesistente». Ne è stato appena inaugurato uno a Mukuru, uno dei "villaggi" di Kibera, l'immenso slum
di Nairobi noto per le flying toilet, i sacchetti di plastica gettati per strada senza badare ai passanti. Il biocentro è un
edificio tondo, con al piano terra latrine, urinali, docce; al primo ci sono una sala riunioni, un paio di uffici da affittare
anche a ore, lo studio dell'assistente sociale, la cuci-na; al secondo piano una terrazza riparata da un tetto di canne,
con sedili, tavoli e servizio di ristoro. Il biometano estratto dagli scarichi nell'interrato genera l'elettricità necessaria
alla gestione quotidiana, ma non abbastanza per rivenderla e, per esempio, pagare la fornitura d'acqua. A
Gatwekera, altro "villaggio" dotato di un biocentro, l'amministrazione l'aveva sospesa, dice Priscilla Kagure, una
ricercatrice dell'Umande, e il tanfo era tale che metà degli utenti avevano rinunciato a usarlo.
In Nigeria, Isaac Durojaiye ha una visione più ambiziosa. Fondatore della Dmt che noleggia toilette mobili in cabine
di plastica rossa e blu per eventi sportivi, politici e religiosi, ha già comprato alcuni camion sulle cui cisterne si legge
in rosso To you it may be shit, to us it's money e sotto in blu, a fugare ogni dubbio, Shit business is serious
business. Durojaiye spera di ricavarne il 35 per cento del gas e dell'elettricità consumato dall'intera nazione. Da un
rapido conteggio copiato su quello dell'ingegner Johansen, e pur tenendo presente il basso consumo energetico
locale, ci pare improbabile a meno che un nigeriano non evacui dieci volte l'equivalente-diesel di un norvegese.
Su scala più modesta, alcuni indiani hanno trovato una fonte di guadagno nei propri rifiuti liquidi, separati all'origine
da appositi gabinetti. In Nuvole e sciacquoni (Edizioni Ambien-te) - un manuale sui sistemi idrici e sanitari
ecosostenibili, di lettura più amena del previsto - Giulio Conte scrive che un litro e mezzo di urina umana contiene,
tra altre sostanze pre-giate quale azoto, bicarbonato, potassio, sodio e cloruri, ben 25 grammi di urea. Al massimo
12 chili all'anno, pochini rispetto ai 160 milioni di tonnellate ottenuti per sintesi dell'ammoniaca e dell'anidride
carbonica, e utilizzati per farne plastica, cosmetici, esplosivi ma soprattutto un fertilizzante: l'urea agricola.
Alla fine del 2008, celebrato dall'Unicef come anno mondiale per i servizi igenico- sanitari, Friends in need e altre
15-07-2009 10:42
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associazioni umanitarie avevano già installato nello stato in-diano del Tamil Nadu 1.200 gabinetti separatori.
Normalmente, le famiglie ne sfruttano solo i solidi per concimare gli orti, ma perché sprecare il resto? Alcune
associazioni hanno organizzato nella città di Musiri una raccolta in cui gli utenti delle toilette pubbliche sono pagati
cinque centesimi di rupia in cambio di ogni contributo. I ricercatori dell'università a-gronomica di Trichy, il capoluogo
del distretto, hanno testato l'urea bio in alcune risaie, ottenendo una resa pari o superiore a quella delle risaie di
controllo.
Shyama Ramani, la giovane fondatrice di Friends in need, che ha ottenuto un dottorato in economia all'università
Cornell ed è ricercatrice all'Inra, l'istituto francese di a-gronomia, ha calcolato che l'urea bio potrebbe essere
venduta ai contadini a metà prezzo rispetto quella industriale, ripagando lo stesso l'impianto di produzione e i suoi
lavo-ratori e, grazie a economie di scala e a una filiera molto corta, distribuendo un piccolo compenso ai fornitori
della materia prima. Nel frattempo, le è venuta l'idea di un concor-so di bellezza che ricompensa il gabinetto privato
più smagliante, lindo e produttivo (questo in base agli ortaggi raccolti). Come l'ingegner Johansen a Oslo, dice che
la citta-dinanza ne è entusiasta. Dalle foto dei primi tre vincitori del luglio scorso, pare proprio vero: le pareti in
cartongesso sono dipinte dentro e fuori a colori sgargianti con scene di famiglia o mitologiche, istruzioni grafiche per
l'uso e frasi grate attorno al logo dei donatori.
Nel gergo delle agenzie Onu, Ecosan sta per "ecological sanitation" ed è «l'approccio che consiste nel contenere,
neutralizzare e recuperare gli escrementi umani per usarli nei suoli e migliorare la produzione agricola». L'approccio
si sviluppa in gabinetti a basso consumo di acqua ed energia, che vanno dal minimalismo spartano all'edonismo
lussurioso, dai 106 euro di costo nel Tamil Nadu, in india, ai 12mila della California. L'Italia sembrava restia a
servirsene, ma quest'anno è comparso nel golf di Castell'Arquato, vicino a Piacenza, il primo dei mitici "Enviroloo",
inventati nel 1993 per soddisfare i bisogni dei paesi subsahariani. Si tratta di toilette ecologiche (fornite da Kazuba)
che non usano acqua, elettricità o prodotti chimici, ma solo l'energia di vento e sole. In Germania sono diffusi da
tempo i modelli No-Mix, dai quali l'urina zampilla per fertilizzare orti urbani. Dal 20 maggio esce invece sotto forma
di acqua potabile dal water della stazione spaziale e gli astronauti - che con essa hanno già brindato - sperano che
ci sia la possibilità di sceglierla liscia o gasata nel nuovo wc previsto per il vano "relax" del modulo "Tranquility", da
montare sulla stazione spaziale nel febbraio dell'anno prossimo.
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