Frate Leone - "Ferraris"

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Frate Leone - "Ferraris"
Federico Maggio1
Frate Leone
La figura del secretarius Francisci attraverso gli scritti
Tra le figure dell’Ordine francescano delle origini un posto di rilievo è occupato da Leone
d’Assisi, compagno di Francesco di cui non sono pervenute molte notizie biografiche, ma sul quale
si sono concentrati diversi studi, in particolare in relazione alle sue opere. È interessante notare
come numerosi dibattiti sugli scritti attribuiti al secretarius Francisci2 abbiano contribuito a costruire un’immagine di Leone intrisa di luoghi comuni, rappresentazione che, grazie agli studi più recenti, sta trovando una precisa definizione.
Frate Leone iniziò il suo percorso al fianco di Francesco probabilmente nel 12153, meno che
ventenne, e alcune testimonianze lo vogliono malato a Bologna nel 1220; la sua vicinanza al Santo4
fu preziosa e particolarmente costante negli ultimi anni di vita di quest’ultimo, quando gli fu accanto durante la stesura di testi quali la “Regula Bullata” e “Il Cantico delle Creature”5, accompagnandolo inoltre «per tutti gli eremitaggi […] in cui il povero moribondo non ebbe più altro modo di dimenticare un po’ i suoi tormenti che farsi cantare da lui [Leone] e da frate Angelo il Cantico del
1Ex alunno del Liceo Scientifico “G. Ferraris”, con laurea triennale in Lettere Moderne presso l’Università Cattolica di
Milano e attualmente iscritto alla laurea specialistica in Filologia Moderna presso la stessa Università.
2Svariate fonti ricordano come frate Leone fu il confessore e il depositario dei segreti di Francesco.
3«L’ingresso di Leone nella fraternitas […] è forse da collocare intorno al 1215 quando, come scrive Tommaso da Celano nella Vita prima beati Francisci, trenta uomini, tra chierici e laici, vestirono l’abito della nuova religio, attratti dalla
predicazione dei primi compagni». T. CALIO’ in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 64, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 2005. Reperibile anche in http://www.treccani.it/enciclopedia/leone-d-assisi_%28Dizionario-Biografico%29/.
4Qui e nel resto del testo verrà così indicato Francesco d’Assisi.
5Per le opere si utilizza il nome presente in Fonti Francescane, Edizioni Messaggero Padova, Padova 1977.
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Sole»6. Non è difficile immaginare come Francesco nutrisse sentimenti di fiducia verso frate Leone
e come quest’ultimo abbia cercato di apprendere appieno la sua idea spirituale.
A Leone il Santo indirizzò due scritti che oggi hanno una grande importanza in quanto conservati e autografi. Il primo è la “Benedizione a frate Leone”, un testo su pergamena conservato presso il
Sacro Convento di Assisi e che Leone custodì gelosamente:
Il Signore ti benedica e ti custodisca. Mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Volgaa te
il suo sguardo e ti dia pace. Il Signore benedica te, frate Leone7.
Rendendosi conto della straordinaria eccezionalità del testo, per autenticarlo Leone di suo pugno
aggiunse:
«Il beato Francesco scrisse di suo pugno questa benedizione per me Frate Leone». E in fondo al
foglio, ben staccato dalla firma e dalla macchia da cui parte il segno del Tau, nota: «Allo stesso
modo fece lui di sua mano il segno del Tau con la sua base»8.
Leone mettendo l’accento sul fatto che il testo della pergamena fosse autografo di Francesco,
cambia la finalità dello scritto: da benedizione personale richiesta al Santo a opera preziosa in quanto da lui scritta.
Lo stretto rapporto tra i due frati è però maggiormente visibile nel secondo scritto di Francesco
indirizzato al suo secretarius: si tratta di un biglietto in cui il Santo si rivolge in maniera confidenziale al suo compagno e nel quale mette in relazione il loro rapporto come quello di una madre verso il figlio. Il messaggio si conclude con l’invito di Francesco ad andare presso di lui se Leone lo
avesse ritenuto necessario.
Frate Leone, frate Francesco tuo ti dà salute e pace. Così dico a te, figlio mio, come una madre,
che tutte le parole che abbiamo dette in via, brevemente in questa frase riassumo a modo di consiglio; e dopo non ti sarà necessario venire da me per consigliarti, poiché così ti dico: in qualunque
maniera ti sembra meglio di piacere al Signore Iddio e di seguire i suoi passi e la sua povertà, fatelo
con la benedizione di Dio e con la mia obbedienza. E se credi necessario per il bene della tua anima,
o per averne conforto, venire da me, e lo vuoi, o Leone, vieni9.
Secondo la tradizione la chartula contenente questo testo fu conservata da frate Leone a contatto
con la pelle o in una tasca del saio fino alla morte e questo può essere accertato prendendo in considerazione il grado di usura della stessa. Francesco aveva comandato al suo secretarius di conservare
lo scritto che, effettivamente, fu piegato fino a costituire una striscia conservabile in una teca 10. Si
6P. SABATIER, Speculum perfectionis, seu S. Francisci Assisiensis, Legenda Antiquissima/Auctore fratre Leone [trad.
G. Bonghi], Librairie Fischbacher, Paris 1898, p. LXXII.
7Fonti Francescane, Edizioni Messaggero Padova, Padova 1977, p. 177.
8Fonti Francescane, p. 177 nota.
9Fonti Francescane, p. 171.
10«Accipe tibi chartulam istam et usque ad diem mortis tue custodias diligenter». A. BARTOLI LANGELI, Gli autografi di frate Francesco e di frate Leone, in Corpus Christianorum Autographi Medii Aevi, V, Brepols, Turnhout 2000,
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ricordi inoltre come frate Leone apportò nel tempo delle correzioni agli scritti francescani a lui indirizzati. Anche questo biglietto dimostra quale sentimento corresse tra i due frati e proprio questi
scritti autografi del Santo hanno certamente influito sull’immagine che la storia ha dato alla figura
di Leone. Un’immagine che però deve ad ogni modo essere confrontata con quella ricostruibile dalle opere di Leone stesso.
Diverse questioni hanno toccato gli scritti leonini e la più importante è stata quella relativa alla
paternità degli scritti stessi. Leone «andò durante più di quarant’anni dopo la morte di Francesco
scrivendo senza posa, rinfocolando l’entusiasmo, raccontando le meraviglie del Poverello»11. Significativa è la constatazione delle varie testimonianze che accanto al nome di Leone accostano più
volte «scripsit» che «dixit». Punto di partenza è la “Lettera di Greccio” datata 11 agosto 1246. La
volontà dei tre firmatari (con Leone anche frate Rufino e frate Angelo) è quella di allegare questa
lettera a mo’ di presentazione ad un testo contenente una serie di episodi riguardanti la vita del Santo. Alla richiesta del Ministro Generale Crescenzio da Jesi, formulata durante il Capitolo Generale
di Genova del 1244 di far pervenire testi relativi a Francesco, Leone e i suoi compagni rispondono
che:
Non ci proponiamo tuttavia di scrivere una vita, dal momento che della sua vita e dei miracoli
che Dio ha compiuto per mezzo di lui sono già state redatte delle «leggende»; bensì abbiamo colto,
come da un prato rigoglioso, un mazzo di fiori, quelli che ci sono parsi i più belli, senza però disporli in ordine cronologico12.
L’atteggiamento dei frati è dunque quello di presentare Francesco più da un punto di vista spirituale, mettendo in risalto le sue virtù, volendo porre l’accento sui ricordi di chi, standogli vicino, ne
ha appreso buona parte degli insegnamenti. Sulla “Lettera di Greccio” si fonda però un grande problema: quale testo accompagnava? Una domanda a cui non è stata trovata una risposta sicura e che
spesso è stata affrontata partendo da presupposti errati, contraddicendo anche le intenzioni esplicitate nella lettera stessa. Un tentativo di riconoscere il testo che seguiva questa lettera è stato fatto con
la “Legenda trium sociorum”, testo attribuito ai tre firmatari della lettera grecciana, ma che presenta
parecchi dubbi circa l’attribuzione. La “Legenda trium sociorum” si presenta infatti come una biografia vera e propria e ciò è in totale disaccordo con il tipo di testo presentato dalla lettera. Frate
Leone avrebbe potuto scrivere senza alcuna difficoltà le vicende contenute in questo testo, ma era
questa la sua volontà? In virtù del suo carattere e della stretta relazione con Francesco avrebbe potuto pensare ad un testo diverso rispetto alle leggende già presenti senza creare un doppione (anche se
con probabili episodi inediti)? La risposta a questi quesiti è stata data dai vari studi e oggi è generalmente accettata la tesi che la “Legenda trium sociorum” non sia da accostare alla “Lettera di Greccio” e non sia probabilmente nemmeno opera di frate Leone. Molti storici di questioni francescane
sono intervenuti sull’argomento e tra questi Teophile Desbonnettes nota come «da una parte la Legenda trium sociorum dipende dall’Anonymus Perusinus, dall’altra che la Vita Secunda dipende dalla Legenda trium sociorum e che pertanto la redazione della Legenda trium sociorum deve essere
collocata tra il 1241 e il 1247; la data della lettera di Greccio, 11 agosto 1246, può quindi essere acpp. 81.
11P. SABATIER, Speculum perfectionis, p. LXXI.
12Fonti Francescane, pp. 535-536.
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cettata come terminus ante quem della redazione»13. L’Anonymus Perusinus (chiamato così per il
luogo di conservazione dell’unico manoscritto che lo tramanda), per quanto sia stato scritto pochi
anni dopo la morte di Francesco, non è ascrivibile a frate Leone in quanto l’opera si basa su testi
che Leone non avrebbe avuto bisogno di consultare; si configura quindi come lo scritto di un autore
che non conobbe Francesco di persona.
In maniera più approfondita è necessario accostarsi alla Legenda Perusina, ribattezzata poi
Compilatio Assisiensis14. Questo scritto è ritenuto opera di frate Leone e da quest’opera sarebbero
ricavabili importanti informazioni sulla sua figura. La Compilatio Assisiensis si presenta come un
insieme di episodi accostati l’uno all’altro senza un preciso ordine cronologico; il pensiero corre veloce alla “Lettera di Greccio” e gli studi si sono orientati verso il riconoscimento della Legenda Perusina proprio con il florilegio annunciato da Leone, Angelo e Rufino. Nonostante molti punti siano
indubbiamente in comune, non è possibile riconoscere tout court l’opera in quella che accompagnava la lettera del 1246. Jacques Dalarun mette in luce come un tratto curioso dell’opera sia l’incoerenza di Francesco e si chiede se tale tratto appartenga al Francesco storico o sia opera dell’autore 15.
Effettivamente ci sono passi in cui Francesco appare “imperfetto” rispetto all’immagine che negli
altri testi si ritrova; un Francesco più umano che, se da una parte è indubbiamente esempio per i
compagni, dall’altro pronuncia discorsi più liberali di quello che ci si aspetterebbe (ad esempio sul
tema del corpo) e provi sentimenti che si avvicinano a quello della vendetta (riguardo certe comunità). Ammesso che l’autore della “Legenda Perusina” sia Leone, si può teorizzare che tutti gli episodi presenti siano accaduti realmente, ma per quanto riguarda i passi che più si distaccano dall’immagine di Francesco che la tradizione ha tramandato, è possibile ipotizzare nella scrittura una certa
sfumatura del carattere leonino. È facile, se non inevitabile, che ogni scrittore lasci la propria traccia
nella sua opera e così è possibile riconoscere in questa l’indole di Leone, desideroso di far passare
un messaggio veritiero, storico e non idealizzato di Francesco. Con ciò il frate non ha paura a far
vedere un Francesco infastidito dai topi nel momento in cui sta componendo “Il Cantico delle Creature”, aspetto quasi paradossale se si pensa che il Santo in questo testo ringrazia il Signore per tutto
il Creato. D’altra parte alcune testimonianze sembrerebbero mostrare un Leone particolarmente critico verso certi biografi francescani, accusati di non aver scritto tutto e correttamente quello che riguarderebbe il Santo.
Nella “Legenda Perusina” è possibile notare un contrasto interiore di Francesco, forse rispecchiato in quello dell’autore, contrasto che tende a rappresentare Francesco come un soggetto umano
che combatte con i problemi interni all’Ordine. È presente nel testo una certa polemica contro determinate figure interne o vicine all’Ordine stesso, dai frati letterati al Cardinale Ugo d’Ostia, reo
quest’ultimo di «intervenire sempre contro gli interessi reali dell’Ordine e contro il desiderio profondo di Francesco. Dormire da lui è dormire in mezzo ai demoni»16. L’autore della “Legenda Perusina” è pessimista circa l’avvenire dei frati francescani, non vede una prosecuzione del percorso che
Francesco aveva tracciato; la volontà leonina è quella di sposare una posizione simile a quella del
Santo, compito possibile in quanto custode dei segreti di Francesco. La “Legenda Perusina” è con13J. DALARUN, La Malavventura di Francesco d’Assisi, Edizioni Biblioteca Francescana, Milano 1996, p. 131.
14Il manoscritto della Compilatio Assisiensis fu scoperto e pubblicato da padre Ferdinand Delorme nel 1922.
15Cfr. J. DALARUN, La Malavventura di Francesco d’Assisi, p. 142.
16J. DALARUN, La Malavventura di Francesco d’Assisi, p. 147.
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cepita come una serie di episodi della vita di Francesco, non esiste una cronologia, e ciò porta a
pensare che sia stata utilizzata come fonte per la seconda parte della “Vita secunda” di Tommaso da
Celano.
Gli studiosi si sono interrogati sui rapporti tra i vari testi e il Dalarun ha messo in luce che Leone
avrebbe potuto scrivere un testo sul modello della “Legenda Perusina” perché non soddisfatto del
primo tentativo biografico di Tommaso da Celano; lo storico francese ipotizza inoltre una “Legenda
duorum sociorum”, escludendo Leone dalla stesura di quell’opera. I dubbi sono ancora molti, la
“Legenda Perusina” e la “Legenda trium sociorum” hanno comunque dei punti in comune e proprio
la diversa costruzione delle opere potrebbe prevedere la presenza di Leone in entrambe le fasi di
stesura.
Uno scritto che fu attribuito a frate Leone è lo “Speculum Perfectionis” pubblicato per la prima
volta da Paul Sabatier nel 1898. Sabatier, pastore calvinista, assegnò l’opera all’attività di Leone e
pose la composizione poco dopo la morte di Francesco, già nel 1227. Oggi gli studiosi sono concordi nel riconoscere l’errore di Sabatier (che aveva intitolato l’opera “Leggenda antichissima di san
Francesco” prima e “Memorie di frate Leone” poi) nell’attribuzione e nella datazione, che è stata
posticipata al 1318. Ciò rendeva nulle anche le tesi dello studioso francese provenienti dal confronto tra lo “Speculum Perfectionis” e le altre opere francescane. Questo scritto fu inoltre «composto
con lo scopo di una determinata esemplificazione di vita francescana»17 e tale aspetto contraddice
l’immagine di Leone costruita fino a questo momento, cioè quella di un frate tanto vicino alla figura
di Francesco, alla sua realtà storica e al suo conflitto interiore, che mai avrebbe composto un’opera
sul Santo prendendo per sommi capi solo determinati episodi. Sarebbe venuta paradossalmente a
mancare quella “confidenza” che contraddistingue tanto la “Legenda Perusina” quanto lo stesso
Leone.
Nella sezione delle “Cronache e altre testimonianze francescane”, le Fonti Francescane non
mancano di citare alcuni passi relativi a frate Leone: i “Ricordi” e una nota del frate al breviario di
Francesco. I “Ricordi” sono testimonianze di alcuni frati che rammentano episodi vissuti o narrati
da Leone; il primo è un consiglio che Francesco dà al frate, novus sacerdos, di non dilungarsi troppo nella celebrazione della messa; il secondo riguarda la morte di Leone che «morì da poverello
[…] e si crede che devoto e nudo sia entrato ricco nel regno dei cieli»18. Si rifà invece ad un sogno
di Leone sul tema della tentazione il contenuto del terzo ricordo.
La nota al breviario di San Francesco riguarda la lettura che i frati Leone e Angelo fecero a
Francesco dei brani contenuti nel testo religioso quando il Santo non era più in grado di farlo da
solo, compito che i due frati mantennero fino alla morte del fondatore dell’Ordine.
Ulteriori scritti leonini sono la “Vita beati fratris Egidii”, i “Verba sancti P. Francisici” e l’”Intentio Regulae”, testi che trovano d’accordo studiosi quali Miccoli e Manselli nell’attribuzione al
secretarius Francisci; inoltre un libro contenente la trascrizione della Regola da parte di Leone fu
inventariato nel XIV secolo tra le opere presenti presso Santa Maria alla Porziuncola.
17R. MANSELLI, Nos qui cum eo fuimus. Contributo alla questione francescana, Istituto Storico dei Cappuccini,
Roma 1980, p. 48.
18Fonti Francescane, p. 2164.
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Ultimi testi che possono aiutare a comprendere la figura di frate Leone sono quelli che evidenziano un rapporto tra il frate e Santa Chiara. Ubertino da Casale nell’”Arbor Vitae crucifixae Iesu”
ricorda alcuni rotoli donati da frate Leone a Chiara e alle sue sorelle, rotoli che furono persi e successivamente ritrovati19. Lo stesso Ubertino parla anche di un libro scritto dallo stesso frate, ma su
questo non si hanno maggiori notizie in merito dal momento che risulta perso e mai inventariato. La
decisione di Leone di affidare a Chiara la conservazione di questi scritti conferma l’esistenza di un
legame fra i compagni di Francesco e la comunità religiosa femminile. È da ricordare infatti come
frate Leone e frate Angelo l’11 agosto 1253 furono accanto alla Santa negli ultimi momenti della
sua esistenza terrena. Alla volontà dei due frati è inoltre da ascrivere la consegna a Chiara del
breviario di Francesco, previa autenticazione autografa di Leone. Il secretarius Francisci desiderava
che i suoi scritti fossero tramandati ai posteri, ma non è da dimenticare come immaginasse anche un
uso diretto di questi, come nel caso del breviario scritto di suo pugno per Chiara e le sue compagne20. Il rapporto tra Leone e Chiara potrebbe farsi ancor più stretto se si ammettesse l’aiuto del frate all’abbadessa nella scrittura delle lettere ad Agnese di Praga e del Testamento e la sua presenza
come cappellano della comunità di S. Damiano. Non è inoltre da escludere, come sottolinea Attilio
Bartoli Langeli, che Leone avesse scritto anche un vero e proprio libro contenente la Regola e il Testamento di Santa Chiara. A dare la perfetta definizione del rapporto tra il frate e la fondatrice delle
Sorelle Povere ci ha pensato il Sabatier, che scrive:
In Santa Chiara, Fratello Leone non aveva solamente una sorella per la quale vivere era perseverare senza esitazioni sulla strada tracciata da San Francesco, un’anima ardente e immolata all’ideale, lei giocò un ruolo anche più modesto, ma non meno necessario, divenendo la depositaria di tutto
ciò che usciva dalla sua penna. Man mano che venivano composti, libri, cedole, rotoli, erano portati
a San Damiano, per esservi accuratamente conservati in attesa di giorni migliori21.
È riscontrabile a questo punto come Leone, che sopravvisse a buona parte dei primi soci, dopo
la morte di Francesco si sia impegnato assiduamente per tramandare la memoria del Santo, tanto
presso i contemporanei quanto con uno sguardo rivolto al futuro. I suoi scritti furono recuperati dagli spirituali, che videro in lui il fondatore della loro corrente. La sua attività di scrittore non si concluse con molta probabilità molti anni prima della morte, la cui data rimane incerta. Il frate è citato
in alcuni testamenti e come testimone durante il processo di canonizzazione di Chiara. Nell’ultimo
periodo della sua vita dovette affrontare le critiche dei nemici, probabilmente contrattacchi alle accuse di eccessiva rilassatezza mosse contro di loro dagli spirituali. La crisi interna all’Ordine era
aperta. Leone chiuse gli occhi negli anni appena successivi al 1270 e ciò è riscontrabile grazie a due
appunti autografi di Leone che, sul calendario di un breviario, annota la morte di frate Angelo in
data 11 marzo e quella di frate Rufino il 13 gennaio. Un’altra mano, anonima, indica come Leone
morì lo stesso giorno di Rufino di ventidue anni dopo, indicando anche l’anno, ma oggi l’ultima ci19Secondo alcuni studiosi sono proprio questi rotoli quelli che contenevano il testo originale della “Legenda Perusina”.
Il testo è stato probabilmente scritto da Leone, ma è ad Ubertino da Casale che si deve la redazione definitiva della
“Compilatio Assisiensis”. Anche i due biglietti autografi di Francesco e conservati fino a quel momento da frate Leone
furono probabilmente affidati alla conservazione delle monache.
20Nonostante alcune differenze che intercorrono tra questa scrittura e quella della chartula, è accettata unanimemente
l’attribuzione del breviario a frate Leone. Cfr. A. BARTOLI LANGELI, Gli autografi di frate Francesco e di frate Leone, in Corpus Christianorum Autographi Medii Aevi, V, Brepols, Turnhout 2000, pp. 82-89.
21P. SABATIER, Speculum perfectionis, p. LXXXI.
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fra (o le ultime) sono mancanti; solo ipotizzando la morte di Rufino prima del 1253, in quanto non
presente al processo di canonizzazione di Chiara, si può risalire alla morte di Leone22.
Il secretarius Francisci era un chierico e questo indica come fosse un uomo di una certa cultura.
La sua scrittura è stato oggetto di studio e i risultati hanno dimostrato come la semigotica in piccolo
modulo utilizzata nei vari testi era usuale in quell’epoca, ma risulta dissimile dal tratto degli amanuensi professionisti, che propendevano maggiormente per l’utilizzo della gotica.
Anche se la mano protagonista della scrittura fu quella di Leone, c’è la consapevolezza che i testi provengono dall’insieme delle esperienze vissute e conservate nella memoria da più frati, come
la “Lettera di Greccio” esplicita. Discussioni tra i frati non mancarono nemmeno durante la stesura
di alcuni testi di Francesco, come la Regola, e ciò oltre a sottolineare ulteriormente la vicinanza e il
ruolo di primo piano che Leone ebbe al fianco di Francesco, indica come il frate abbia dato la sua
necessaria impronta all’opera, ma è un’impronta derivante da un ricordo collettivo. La personalità
di Leone è ben visibile; si riscontra una sorta di nostalgia per i tempi in cui Francesco era presente e
regolava la vita dell’Ordine, si nota come rimproveri coloro che scrivevano del Santo in maniera
non esaustiva, si vede la volontà di dare di Francesco un’immagine non idealizzata ma alquanto realistica, perché fu nella realtà che il Santo di Assisi operò e divenne grande. Leone rimase un punto
di riferimento tra i soci e «a coloro che venivano per vederlo e per ascoltarlo, Frate Leone sembra
sovente aver donato in ricordo alcune parole di San Francesco, naturalmente scelte con il fine di
mantenere coloro che le ricevevano nella osservanza pura della Regola. Era allo stesso tempo un
memoriale e una parola d’incoraggiamento»23. Leone non era un biografo professionista e l’incoerenza, vera o presunta, della “Legenda Perusina” lo dimostra. L’autore sembra quasi procedere su
un piano particolarmente realistico: ciò che racconta non è stato filtrato in alcun modo e questo rimanda proprio ad un’autenticità e ad una completezza dell’opera leonina. Il frate non teme di evidenziare i problemi e la sua maniera di procedere è stata spesso confrontata con quella di Bonaventura, la cui idea di progresso continuo dell’Ordine si scontra con l’amaro presente di Leone, che tende invece ad idealizzare il passato. Frate Leone si sforzò di comprendere pienamente il messaggio
di Francesco e tentò con i suoi scritti di tramandarlo nei secoli. Francesco non scrisse biglietti e benedizioni solo a Leone (anche se questi sono gli unici che si sono conservati), ma è significativo notare come «quando il Santo gli ordinava di scrivere, egli si sentiva ben altro che un secretarius […]
L’eredità del Francesco scrivente passò a lui, primo di quei frati che trovarono nello scrivere di proprio pugno una risorsa per mantenere in vita le memorie e i valori del Santo»24. Dopo la morte del
Santo, Leone (e non da solo) volle porsi su una linea di continuità con l’insegnamento ricevuto e ci
riuscì in virtù della sua appartenenza alla comunità viva che era la famiglia francescana delle origini. Visse infatti da povero fino alla fine dei suoi giorni frequentando, oltre ai luoghi simbolo dei
francescani, come la Verna, la Porziuncola e San Damiano, solo piccoli conventi e romitori. Leone
subì in parte la crisi dell’Ordine, non si fece infiacchire e continuò a scrivere e a testimoniare la versione più pura del messaggio che Francesco aveva donato al mondo.
22Si deve a Paul Sabatier la ricostruzione di questo processo per identificare la data di morte di frate Leone, in P. SABATIER, Speculum perfectionis.
23P. SABATIER, Speculum perfectionis, p. LXXVIII.
24A. BARTOLI LANGELI, Gli autografi di frate Francesco e di frate Leone, p. 79.
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Bibliografia
Fonti Francescane, Edizioni Messaggero Padova, Padova 1977
Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 64, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2005
P. SABATIER, Speculum perfectionis, seu S. Francisci Assisiensis, Legenda Antiquissima/Auctore
fratre Leone [trad. G. Bonghi], Librairie Fischbacher, Paris 1898
J. DALARUN, La Malavventura di Francesco d’Assisi, Edizioni Biblioteca Francescana, Milano
1996
R. MANSELLI, Nos qui cum eo fuimus. Contributo alla questione francescana, Istituto Storico dei
Cappuccini, Roma 1980
G. MICCOLI, Francesco d’Assisi. Realtà e memoria di un’esperienza cristiana, Einaudi, Torino
1991
A. BARTOLI LANGELI, Gli autografi di frate Francesco e di frate Leone, in Corpus Christianorum Autographi Medii Aevi, V, Brepols, Turnhout 2000
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