Gli italiani nel pallone

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Gli italiani nel pallone
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LA PALLA NON È ROTONDA
GLI ITALIANI
NEL PALLONE
di Fabio
BORDIGNON e Luigi CECCARINI
Il sondaggio LaPolis-Limes propone uno spaccato della passione
calcistica nostrana. Le colorazioni politiche del tifo.
Le squadre più amate. Il tifoso italiano odia le avversarie
ed è sicuro che a vincere non sia sempre il più forte.
I
L CALCIO RESTA UNA GRANDE PASSIONE
degli italiani, nonostante tutto. Dagli episodi (sempre più frequenti) di violenza negli stadi al caso doping, dagli errori arbitrali (e gli scudetti discussi) fino alle polemiche sull’intervento della politica a favore di club in difficoltà: malgrado i molti
problemi che lo attanagliano, le molte ombre emerse negli ultimi anni, il calcio era
e rimane lo sport «più amato» dagli italiani. È un fenomeno sociale di vaste proporzioni, che continua a coinvolgere un grande numero di appassionati, attorno al
quale si sviluppano identità forti e durature (in netta contrapposizione tra loro).
Rappresenta, allo stesso tempo, un sistema di significati, cui corrispondono precisi
stili di vita, relazioni sociali, abitudini personali e di consumo. Ci è parso interessante, allora, ragionare sul nesso tra tifo e identità sociale attraverso gli indizi forniti da un ampio sondaggio LaPolis-Limes 1, realizzato per questo quaderno speciale
sul calcio.
Abbiamo cercato, innanzitutto, di mappare i confini del pianeta calcio: quanti
sono i tifosi, «chi tifa chi», «chi odia chi». Ci siamo soffermati, in seconda battuta,
sulle caratteristiche sociali del tifo, approfondendo, in particolare, il legame tra fede politica e fede calcistica, vista la contiguità tra le due sfere, messa in evidenza,
in questo stesso quaderno dal saggio di Ilvo Diamanti. Infine, abbiamo cercato di
analizzare l’immagine sociale del calcio, attraverso le opinioni (di tifosi e non) circa la «genuinità» di questo sport, alla luce dei molteplici interessi economici e politici che gravitano, in questa fase, attorno al mondo del pallone. Tutto questo visto
1. Il sondaggio è stato effettuato, nel periodo 31/5-9/6/2005, da Demetra. Le interviste sono state condotte con il metodo Cati (Computer Assisted Telephone Interviewing), con la supervisione di Andrea
Suisani. Il campione, di 1.217 persone, è rappresentativo della popolazione italiana di età superiore ai
15 anni, per genere, età e zona geopolitica. L’indagine è curata da Ilvo Diamanti, Fabio Bordignon e
Luigi Ceccarini. Monia Bordignon ha svolto l’elaborazione dei dati. Documento completo su www.agcom.it
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dalla prospettiva degli italiani e dei tifosi «normali» e non degli ultrà. Faremo cioè
riferimento alle opinioni di quella tifoseria che potremmo definire – usando una
categoria ormai logora – nazional-popolare, di chi, da agosto a giugno, sa bene cosa fare la domenica, o il mercoledì sera, magari in pantofole davanti alla tv.
La temperatura del tifoso: tiepida, calda o militante?
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La passione per il calcio coinvolge quasi la metà degli italiani. Più precisamente, il 43% dei cittadini, con più di 14 anni, ha una squadra – a volte anche più di
una, nelle diverse categorie – verso cui prova un sentimento di identificazione
(«sono del…, sono della….»). Al contempo questa identità alimenta una presa di
distanza, quando non di aperta antipatia o addirittura di odio, nei confronti di altre
squadre e delle rispettive tifoserie.
Non tutti i tifosi, però, sono coinvolti nella stessa misura. Al fine di «segmentare» i cittadini in base all’«intensità» del tifo, abbiamo chiesto agli italiani selezionati
per il campione demoscopico di collocarsi in una scala da 1 a 10 in ragione della
forza del legame con la squadra tifata e successivamente abbiamo suddiviso il
campione in quattro diversi gruppi. Si tratta, naturalmente, di una definizione soggettiva del coinvolgimento individuale, suggerita dallo stesso rispondente, che non
tiene conto degli eventuali comportamenti del tifoso, come andare allo stadio,
informarsi, discutere di calcio...
Oltre al primo, ampio gruppo formato da chi non si interessa alle vicende calcistiche e non tifa alcuna squadra (57%), abbiamo distinto, all’interno del 43% di
tifosi, tre diversi tipi di atteggiamento verso il calcio che associamo a tre diverse categorie di tifosi (figura 1):
• i tifosi tiepidi compongono l’11% del campione intervistato (sono coloro
che, su una scala da 1 a 10, assegnano al proprio grado di coinvolgimento un punteggio non superiore a 6);
• al gruppo dei tifosi caldi appartiene, invece, il 17% della popolazione italiana (si tratta di persone che hanno fatto segnare, nel termometro del coinvolgimento calcistico, un punteggio compreso tra 7 e 8);
• abbiamo, infine, i più coinvolti, definiti convenzionalmente tifosi militanti,
che corrispondono al 15% degli intervistati (coloro, cioè, che hanno totalizzato il
punteggio più elevato, 9 o 10).
La passione per il calcio, dunque, rappresenta un fattore importante nella
esperienza di tante persone, che assicura identità e, allo stesso tempo, orienta gli
stili di vita e di consumo (come trascorrere il tempo libero, quali trasmissioni televisive seguire, quali giornali comperare o leggere, su quali argomenti discutere…).
Al coinvolgimento calcistico si associano tratti sociografici specifici, sebbene prevedibili, che vale la pena riprendere brevemente (tabella 1).
I dati del sondaggio confermano, innanzitutto, la marcata connotazione di genere del tifo: sono soprattutto gli uomini a seguire questo sport (56%), sebbene anche tra le donne si registri un interesse piuttosto diffuso: il tifo «al femminile» rag-
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Figura 1. Il tifo calcistico in Italia (valori in %)
Lei è tifoso di calcio? Su una scala da 1 a 10, quanto si sente tifoso?
Non tifosi
56,9
Tutti
Tifosi tiepidi
11,2
100
Tifosi
43,1
Tifosi caldi
16,9
Tifosi militanti
15,0
Legenda:
Tifosi tiepidi: punteggio compreso tra 1 e 6;
Tifosi caldi: punteggio compreso tra 7 e 8;
Tifosi militanti:punteggio compreso tra 9 e 10.
Fonte: Sondaggio LaPolis-Limes, maggio-giugno 2005 (base: 1.217 casi).
giunge il 31%. Scindendo il dato complessivo dei tifosi in base al diverso grado di
coinvolgimento, le donne – come prevedibile – si confermano minoranza in tutte e
tre le categorie, ma una su quattro rientra nella fascia dei tifosi caldi o militanti.
Questo mette in evidenza come, sebbene la differenza di genere resti considerevolmente a loro sfavore, le donne siano comunque presenti, in misura cospicua,
tra coloro che si definiscono maggiormente appassionati dello sport nazionale.
La passione per il pallone, poi, tende a declinare al crescere dell’età. Sono i
più giovani a risultare maggiormente coinvolti e appassionati, a dichiararsi tifosi
militanti. È interessante, tuttavia, notare come il dato di questa componente ritorni
a salire leggermente nelle fasce più anziane della popolazione, oltre i 65 anni,
quando, probabilmente, la disponibilità di tempo tende a crescere, così come il bisogno di riferimenti. Nonostante la sostanziale trasversalità sotto questo profilo, i
dati mostrano comunque alcuni indizi che sottolineano il tratto giovanile dei tifosi
più coinvolti. Il fattore ciclo di vita in questo orientamento assume, indubbiamente, un peso rilevante. La relazione con l’anagrafe, peraltro, condiziona anche il nesso tra passione calcistica e livello d’istruzione; il tifo sembra legarsi a titoli di studio
mediamente più elevati. Tra i diversi tipi di tifosi, tuttavia, non si osservano relazioni di rilievo. Viene ribadito, quindi, il profilo medio che caratterizza anche i cittadini più appassionati e coinvolti.
Sul piano della condizione sociale si rileva una presenza maggiore, rispetto al
dato medio, di operai (57%), studenti (63%), disoccupati (58%), ma anche del cosiddetto ceto medio dipendente (45%). Il tifo sembra coinvolgere un po’ meno i lavoratori autonomi (41%), i pensionati (38%) e, soprattutto, le casalinghe (24%),
che si collocano ben al di sotto del dato generale.
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Tabella 1. Un profilo sociale del tifo (valori in %)
Tifosi
Tutti
Non tifosi
Tiepidi
Caldi
Militanti
Totale
56,9
11,2
16,9
15,0
43,1
Genere
Uomini
Donne
44,5
68,6
15,1
7,6
21,4
12,7
19,0
11,0
55,7
31,4
Classe d’età
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
55-64 anni
65 anni e oltre
38,7
54,0
60,7
56,0
67,3
61,0
14,8
8,5
10,4
12,9
9,9
11,4
28,7
20,1
14,2
15,9
12,5
12,8
17,8
17,4
14,6
15,2
10,3
14,8
61,3
46,0
39,3
44,0
32,7
39,0
Livello
d’istruzione
Basso
Medio
Alto
65,0
54,9
53,1
12,1
9,7
12,3
11,1
18,4
19,7
11,8
17,1
14,9
35,0
45,1
47,1
Professione
Operaio
Tecnico, impiegato,
funzionario, dirigente
Imprenditore,
lavoratore autonomo
Studente
Casalinga
Pensionato
43,0
21,7
16,6
18,8
57,0
55,2
8,3
19,7
16,8
45,1
59,2
37,0
76,4
61,9
6,0
13,0
5,1
11,5
18,0
30,7
8,0
12,3
16,7
19,3
10,5
14,3
40,8
63
23,6
38,1
Fonte: Sondaggio LaPolis-Limes, maggio-giugno 2005 (base: 1.217 casi).
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Dal punto di vista territoriale, la popolazione del Nord appare un po’ meno
tifosa, rispetto ad altre aree del paese (41% contro il 46% del Centro o il 44% del
Sud), ed è meno presente in quella che abbiamo definito tifoseria militante. I tifosi
tendono, poi, a concentrarsi maggiormente nei centri urbani più grandi, rispetto
alle città di piccole dimensioni. Del resto, i «grandi» club della serie A, che più appassionano e dividono gli italiani, sono tutti (o quasi) espressione delle grandi città
e non delle piccole località di provincia. Nonostante questo, il tifo non si configura
come un fenomeno esclusivamente urbano. I supporter anche con un alto grado
di coinvolgimento, sono largamente presenti nelle piccole cittadine. Segno che
non è necessario vivere in una grande città per diventare un tifoso appassionato.
L’attaccamento ad una squadra si basa su una «fede», un’appartenenza, che può nascere ed essere coltivata anche a distanza, lontano (geograficamente) dallo stadio
in cui si esibisce la squadra del cuore. Si può partecipare e sentirsi coinvolti non
solo in modo diretto e immediato, frequentando la tifoseria organizzata o i campi
di calcio. Ma anche in modo «mediato», attraverso i mezzi di comunicazione. Oppure frequentando il club locale delle «grandi» di serie A. La passione per il calcio,
inoltre, può essere consumata nella cerchia sociale di appartenenza, nei luoghi di
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aggregazione abituali: nelle pizzerie, nei bar, nelle piazze della provincia italiana.
Dove si entra in contatto con gli amici che condividono la stessa fede e ci si compiace della vittoria. Oppure si polemizza e si discute (calorosamente) con gli «altri»
– i tifosi delle squadre avversarie – ci si diletta con la tradizionale pratica degli
sfottò. Si tratta di situazioni che consolidano l’identità, rafforzano il sentimento del
«noi» in antitesi alla dimensione del «loro»…
Tifoserie ai raggi X
Quali sono le squadre che accendono le passioni calcistiche dei tifosi italiani?
Come si caratterizzano le rispettive tifoserie, dal punto di vista del profilo sociale e
della distribuzione geografica? I dati del sondaggio LaPolis-Limes ci consentono di
fare luce su questi aspetti.
La classifica delle squadre più amate, costruita in base alle indicazioni degli
intervistati, sembra riflettere, in larga misura, l’albo d’oro del campionato italiano
(ma anche i «rapporti di forza» emersi dalla stagione appena conclusa). Sono infatti le squadre più blasonate ad occupare il «podio» della graduatoria (tabella 2),
con quote di tifosi (quasi) proporzionali al numero di scudetti conquistati nella
massima serie.
Tabella 2. Le squadre più amate
%
Scudetti vinti
Juventus
Milan
Inter
Napoli
Roma
Torino
32,4
20,4
13,0
6,7
4,2
3,1
28
17
13
2
3
7
Altra squadra
20,2
-
Fonte: Sondaggio LaPolis-Limes, maggio-giugno 2005 (base: 1.217 casi).
Al primo posto troviamo la Juventus, che, con i suoi 28 scudetti, ha già conquistato la «terza stella» del tifo: il 32% – quasi un terzo degli appassionati di calcio
– tifa, infatti, per i colori bianconeri. Al secondo posto si piazza il Milan, che vanta,
tra i propri fan, circa un tifoso su cinque. L’altra compagine milanese si ferma qualche punto più in basso: è il 13% dei tifosi a definirsi di fede interista. Naturalmente,
le dimensioni delle tifoserie sono condizionate non solo dal prestigio e dalla storia
dei rispettivi club, ma anche dalle performance degli anni recenti. Di conseguenza,
diverse squadre con un glorioso passato – ma un presente meno entusiasmante –
raccolgono un numero di tifosi molto più ridotto. È il caso del Genoa, del Bologna
(per non parlare della Pro Vercelli), mentre il Torino è l’unica formazione, tra le
«nobili decadute», a figurare nelle prime sei posizioni. Raccolgono percentuali più
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Figura 2. La geografia del tifo (valori in %)
Nord-Est
Nord-Ovest
Juventus
31,3
27,6
Milan
18,4
Inter
Torino
Genoa
Juventus
Milan
14,1
Inter
7,9
Bologna
4,8
Parma
Centro
Juventus
36,6
19,6
9,1
4,1
Sud e isole
28,7
Juventus
Roma
15,4
Milan
Milan
13,0
Napoli
Inter
12,8
Inter
Fiorentina
12,0
Cagliari
33,4
19,0
16,4
8,5
3,0
Fonte: Sondaggio LaPolis-Limes, maggio-giugno 2005 (base: 1.217 casi).
elevate società i cui successi sono più recenti oppure che possono vantare un
tifo molto caratterizzato territorialmente, come il Napoli, al quarto posto con il
7%, e la Roma, al quinto con il 4% (squadre che dispongono di un bacino potenziale molto ampio, dovuto alle dimensioni delle città che rappresentano sul terreno di gioco).
Esiste, infatti, una precisa geografia del tifo, che conviene analizzare nel dettaglio. La tifoseria bianconera è, indubbiamente, la più diffusa dal punto di vista territoriale. La «vecchia signora« figura al primo posto in tutte e quattro le ripartizioni
geografiche 2 prese in esame (figura 2). È noto, del resto, il difficile rapporto della
società bianconera con la città di Torino, così come la presenza, radicata, di numerose enclave juventine in diverse aree del Mezzogiorno (soprattutto della Sicilia). Il
numero di tifosi bianconeri registrato nel Sud e nelle Isole supera, quindi, di qualche punto il dato relativo al Nord-Ovest (31%), anche se la percentuale più elevata
è fatta segnare dalle regioni del Nord-Est (36%). Milan e Inter, per converso, si caratterizzano maggiormente come formazioni del Nord (e, per ovvie ragioni, soprattutto del Nord-Ovest). La porzione di tifo rossonero raggiunge il 28% in quest’area, mentre scende sotto la soglia del 20% nel resto del paese. Allo stesso modo, l’Inter passa dal 18% nel Nord-Ovest al 13-14% nel Nord-Est, per scendere sotto il 10% nelle regioni del Mezzogiorno. In pratica, spostandoci sulla mappa dell’Italia, le squadre che più sanno attrarre le simpatie dei tifosi sono grosso modo le
stesse: le «grandi» di serie A. Ma le posizioni della graduatoria talvolta cambiano, la-
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2. L’aggregazione delle regioni italiane in macroaree ha seguito il criterio dell’Istat: Nord-Ovest (Valle
d’Aosta, Piemonte, Liguria e Lombardia); Nord-Est (Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Veneto ed
Emilia Romagna); Centro (Marche, Toscana, Umbria e Lazio); Sud (tutte le altre regioni, isole comprese).
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Tabella 3. La squadra del cuore
(distribuzione dei tifosi, all’interno dei diversi settori sociali)
Tutti
Juventus
Milan
Inter
Altre squadre
32,4
20,4
13,0
34,2
Genere
Maschi
Femmine
30,0
36,3
17,8
24,5
14,8
10,3
37,5
28,9
Classe d’età
15-24 anni
25-34 anni
35-44 anni
45-54 anni
55-64 anni
65 anni e oltre
38,7
26,9
19,4
34,7
36,7
37,4
23,5
16,8
28,7
22,5
13,9
14,5
10,0
20,4
17,1
12,6
9,4
9,6
27,8
35,9
34,8
30,2
40,0
38,4
Livello
d’istruzione
Basso
Medio
Alto
45,4
28,6
28,8
14,1
22,0
22,3
7,8
13,4
15,8
32,8
36,0
33,2
Categoria
socioprofessionale
Operaio
Tecnico, impiegato,
funzionario, dirigente
Imprenditore,
lavoratore autonomo
Studente
Casalinga
Pensionato
26,9
9,3
26,6
37,3
21,1
27,7
13,5
37,7
30,9
37,4
37,9
37,2
17,3
27,7
34,3
10,6
20,9
8,1
13,0
8,8
30,9
26,8
14,9
43,4
Centro-destra
Centro-sinistra
35,1
32,4
26,1
15,9
8,2
12,7
30,6
39,0
Voto
Fonte: Sondaggio LaPolis-Limes, maggio-giugno 2005 (base: 1.217 casi).
sciando spazio alle società più rilevanti del contesto territoriale considerato. Se
in tutto il Nord Italia il podio rimane invariato, nel Nord-Ovest sono Torino (8%) e
Genoa (5%) ad occupare il quarto ed il quinto posto, mentre nel Nord-Est le stesse
posizioni vanno, rispettivamente, al Bologna (9%) e al Parma (4%). Nel CentroSud, peraltro, le specificità riguardano anche la vetta della classifica. La Roma, con
il 15%, si propone come seconda squadra del Centro Italia, superata solo dalla Juventus. Il tifo per il Napoli, invece, lievita fortemente soprattutto nelle regioni del
Sud, dove occupa la terza piazza (con il 16%, dietro al Milan e alla Juventus). In
queste aree, inoltre, la top-five del tifo calcistico vede la presenza della Fiorentina
(nel Centro Italia: 12%) e del Cagliari (nel Sud: 3%).
Altri importanti indizi per costruire un identikit delle principali tifoserie provengono dal profilo socio-demografico (tabella 3). Dal punto di vista dell’anagrafe
è ancora la Juventus a presentare il profilo più trasversale. I supporter bianconeri,
infatti, risultano molto numerosi sia nelle classi più giovani che in quelle più anziane della popolazione. Solo nelle fasce d’età centrali (35-44 anni) la componente juventina del tifo tende a declinare e viene superata dal gruppo dei milanisti. In ge-
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Figura 3. L’intensità del tifo (valori in %)
30,9
39,0
30,1
Juventus
21,6
50,4
28,0
Milan
25,7
37,4
36,9
Inter
27,3
26,9
45,8
Napoli
12,7
44,1
43,2
Roma
Tifo tiepido
Tifo caldo
Tifo militante
Fonte: Sondaggio LaPolis-Limes, maggio-giugno 2005 (base: 1.217 casi).
nerale, il tifo rossonero tende a concentrarsi soprattutto tra le persone in età adulta
e tra i giovani, mentre risulta piuttosto debole superata la soglia dei 55 anni. Anche
l’Inter non sembra attrarre particolarmente le persone più anziane, tra le quali
sembra persistere maggiormente l’attaccamento ad altre grandi squadre del passato: risulta ancora vivo, in particolare, il mito del Grande Torino.
Il profilo dell’età si riflette poi sul grado di scolarizzazione delle tifoserie. Sono
infatti gli juventini, più presenti nelle classi anziane della popolazione, a dominare
il settore sociale composto dalle persone meno istruite (tocca addirittura il 45%, tra
chi ha conseguito la sola licenza elementare). La distanza rispetto alle due milanesi
tende invece a ridursi tra chi è in possesso di titolo di studio medio o medio-alto. Il
carattere «mediano» del tifo bianconero si riflette, infine, anche sull’intensità della
passione calcistica: tra le maggiori squadre, infatti, il club torinese è quello che
propone la porzione più ampia di tifosi tiepidi (31%, sul totale dei supporter juventini, figura 3).
Dal campo di calcio al campo politico
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Il fenomeno della politicizzazione delle curve, in particolare dei gruppi ultrà
più violenti, è cosa nota. Le cronache ci raccontano, con una certa regolarità, di
questo aspetto e dei suoi effetti. Tanto da rendere necessario l’intervento del governo, come è accaduto recentemente, con le disposizioni del ministero dell’Interno a tutela dell’ordine pubblico. Ovviamente, occorre evitare le facili generalizzazioni: non tutti i tifosi sono ultrà violenti, vicini agli ambienti della destra estrema e
naziskin. Intorno al tifo popolare, del resto, si sviluppano – come abbiamo sottolineato – importanti prassi di integrazione sociale, di associazionismo, e non certamente di violenza e di conflitto. Neppure coloro che abbiamo definito militanti, a
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partire dai dati del sondaggio, possono essere associati alle frange estreme della
tifoseria ultrà. Il peso stesso di questa componente non consente tale accostamento. I nostri militanti corrispondono, infatti, al 15% degli italiani con più di 14 anni:
se fossero tutti degli hooligan ci troveremmo di fronte ad un fenomeno indubbiamente allarmante.
Queste considerazioni, tuttavia, non rendono superfluo il tentativo di analizzare il rapporto tra il tifo e la politica. In che modo la passione per il calcio, come
elemento che fonda l’identità sociale e sollecita sentimenti di appartenenza, si rapporta con la politica e con i partiti? Appartenenza politica e fede calcistica si compongono in uno specifico modello di identità sociale, oppure rappresentano due
sistemi di significato in conflitto? Cercheremo, sulla scorta delle informazioni rilevate dal sondaggio LaPolis-Limes, di trarre qualche indicazione su questi aspetti.
Sinistra o destra? Un classico indicatore utilizzato per studiare l’identità politica dei cittadini è l’autocollocazione degli stessi sul continuum sinistra-destra. I
tifosi, rispetto agli altri italiani, sembrano trovare minori difficoltà nel collocarsi in
base a tale schema (si veda la figura 1 nell’articolo di Ilvo Diamanti). Coloro che
non si riconoscono nelle diverse posizioni di questo asse ideologico (o che faticano a trovare la propria posizione) sono il 27% tra i tifosi, ma salgono al 39% tra
coloro che non si interessano di calcio. Per quanto riguarda, poi, le specifiche posizioni occupate sull’asse, si osserva, tra i tifosi, una maggiore tendenza a definirsi
di centro (10%, contro il 7%), di centro-destra (16%, contro l’11%) o di destra
(10%, contro il 7%).
Se andiamo a scomporre, poi, i tifosi interpellati dal sondaggio nelle tre categorie individuate (tiepidi, caldi e militanti), i dati non fanno osservare una chiara
tendenza verso l’una o l’altra polarità del continuum politico-ideologico. Una specifica posizione politica, quindi, non pare costituire un elemento distintivo della
tifoseria popolare nel suo complesso. Tuttavia, viene confermato un aspetto non
secondario dell’identità politica. Via via che cresce l’intensità del coinvolgimento
nel calcio diminuisce la quota di coloro che dicono di non riconoscersi nello schema sinistra-destra. Detto in altri termini, tanto più si è appassionati di calcio quanto
maggiore è la capacità di identificarsi in un’area di significato ideologico.
Questo dato ci fornisce qualche indizio circa l’ipotesi di una maggiore integrazione politica dei tifosi (o, quantomeno, di una minore apatia politica). Tra i non
tifosi, infatti, quasi quattro su dieci (39%) non si definiscono politicamente, e il dato decresce fino ai tifosi caldi e militanti (26%). Sicuramente tale relazione riflette,
almeno in parte, il profilo sociale degli appassionati di calcio. Come abbiamo visto, i segmenti più marginali della società – quelli con minori risorse culturali, ma
anche le donne (generalmente più distaccate dalla politica) – sono presenti, in misura maggiore, tra le file dei non tifosi. Ma va anche sottolineato come i cittadini
tifosi rappresentino quasi la metà degli italiani. Compongono, di fatto, un segmento non solo ampio ma anche trasversale rispetto ai tratti sociografici della popolazione, che riproduce, grosso modo, i caratteri della media sociale.
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Figura 4. Il calcio e la politica (scarti in % rispetto al valore medio)
Elettori della Margherita
+15,6
Elettori di An
+14,8
Elettori di Forza Italia
+13,0
Elettori di Rc
Elettori dei Ds
-1,8
-6,0
Elettori di centro-destra
Elettori di centro-sinistra
+11,6
+1,4
Fonte: Sondaggio LaPolis-Limes, maggio-giugno 2005 (base: 1.217 casi).
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La politica del pallone. Analizziamo, allora, più da vicino il nesso tra tifo e politica, prendendo in esame i principali partiti, le due coalizioni e coloro che hanno
dichiarato l’intenzione di votarli. Dapprima vediamo, in via comparativa, quanto
pesa la componente dei tifosi nei diversi elettorati.
Oltre la metà degli elettori del centro-destra (55%), per quanto attiene agli
schieramenti, si compone di appassionati di calcio, mentre a centro-sinistra ci si
ferma dieci punti più in basso (circa il 45%). È ancor più interessante entrare dentro le coalizioni e prendere in considerazione il risultato relativo ai partiti maggiori.
La figura 4 ordina le varie formazioni politiche in base al peso della componente
dei tifosi all’interno dei rispettivi elettorati. La quota maggiore è riconducibile alla
Margherita (59%, +16 rispetto alla media). Seguono, a ruota, Alleanza nazionale
(58%, +15%) e Forza Italia (56%, +13%), i cui simpatizzanti appaiono molto attenti
e coinvolti sotto il profilo calcistico. La passione per il pallone, invece, sembra toccare in misura minore gli elettori di sinistra. Il Partito della Rifondazione comunista
e, in particolare, i Democratici di sinistra mostrano un elettorato più disincantato
nel rapporto con il calcio. Gli elettori del partito neocomunista sono tifosi nella misura del 41% (con uno piccolo scarto dalla media: -2%). Nel caso dei diessini, invece, gli amanti del calcio scendono sotto la soglia di quattro su dieci (37%, -6% rispetto al dato medio).
Ma quali sono gli orientamenti politico-elettorali delle diverse tifoserie? Si è visto che i tifosi, in generale, tendono a riconoscersi maggiormente nello schema sinistra-destra, prediligendo, in misura più elevata che nella popolazione generale,
le posizioni di centro, di centro-destra e di destra. In modo coerente, il peso dei
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tifosi è maggiore tra gli elettori della Casa delle Libertà. Se prendiamo in considerazione alcune squadre, come Juve, Milan, Inter, si possono scorgere alcune differenze apprezzabili nella identità politica e nella scelta elettorale dei tifosi (tabella
3). La Juve tende a proporre, anche in questo caso, un profilo «medio». Tra gli elettori della coalizione di centro-sinistra, la quota dei tifosi juventini è intorno ad un
terzo del totale (32%), pari, all’incirca, al dato rilevato sull’altro versante dello spazio politico (nonché alla media generale). Questo equilibrio non si ripropone nel
caso dei milanisti. La componente di tifosi rossoneri, infatti, risulta nettamente più
ampia nell’elettorato della Casa delle libertà: 26% contro il 16% registrato tra gli
elettori dell’Unione. Gli interisti, per contro, mettono in mostra una maggiore connotazione di centro-sinistra (13%, contro l’8% dell’elettorato di centro-destra). La
posizione politica delle tifoserie, in sintesi, appare fortemente condizionata dalla
specifica collocazione dei milanisti, che propongono un’identità politica ben definita e orientata verso il centro-destra. Probabilmente, la discesa in campo (politico)
del (ex) presidente del Milan – Silvio Berlusconi – alla guida del polo di centro-destra, ha assicurato maggiore contiguità tra il mondo del calcio e il sistema dei partiti, rafforzando, così, il nesso tra i colori della politica e quelli del pallone.
Tifoserie contro
La passione calcistica presenta anche una dimensione «negativa», che non può
essere trascurata se vogliamo comprendere appieno gli orientamenti degli italiani
nei confronti dello sport nazionale. L’attaccamento ai colori di una determinata
squadra spesso si accompagna, infatti, al «tifo contro»: l’antipatia, più o meno intensa, verso uno o più club avversari. Tali contrapposizioni tra squadre e tifoserie costituiscono, per molti versi, un fenomeno prevedibile. Come ogni disciplina, il calcio si basa sulla competizione per il successo e, da sempre, il mito sportivo si alimenta di forti rivalità. Inoltre, le dimensioni assunte dal pianeta calcio in Italia – a
livello di coinvolgimento popolare, attenzione mediatica e, in ultima analisi, sotto
il profilo economico-finanziario – hanno contribuito, nel tempo, ad approfondire
tali fratture. Del resto, è la stessa formula della principale competizione calcistica
nazionale (il campionato: basato sul classico girone all’italiana) ad incentivare l’emergere del tifo «negativo». Gli scontri diretti, nonostante la grande salienza sotto il
profilo simbolico e psicologico, portano relativamente pochi punti e, non di rado,
il successo di una squadra è costruito sulla continuità nei match con formazioni
che non corrono per lo stesso obiettivo. Tale meccanismo vale sia per la serie A,
sia per le serie minori (anche se, in quest’ultime, il ricorso a play-out e play-off è
diventato, nelle ultime stagioni, sempre più frequente). Di conseguenza, per il tifoso diventa quasi normale, la domenica, attendere – con l’orecchio alla radiolina,
davanti alla televisione, attraverso lo schermo del cellulare – non solo notizie «positive» (per sé e per la propria squadra), ma anche notizie «negative», dai campi che
vedono impegnati i diretti avversari.
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L’essere «contro» e «anti» (antijuventino, antimilanista eccetera) diventa, in questo modo, una componente centrale dell’identità calcistica, suscitando, talora, sentimenti intensi quanto il tifo per la squadra del cuore. Soprattutto nel caso di formazioni che, per lunghi periodi, si trovano a competere per il medesimo traguardo. Oppure sono protagoniste di scontri particolarmente aspri o controversi, perché accompagnati da episodi dubbi o sospetti di irregolarità (com’è di ordinaria
amministrazione, nel calcio italiano). Le antipatie, peraltro, possono generare da
conflitti che vanno ben oltre il confronto agonistico sul campo. La rilevanza assunta, in ambito calcistico, dai mezzi di comunicazione – e soprattutto dalla televisione – attribuisce un ruolo di crescente centralità agli aspetti legati alla comunicazione. Di conseguenza, iniziative sfavorevoli o dichiarazioni polemiche nei confronti
di una determinata società – da parte di giocatori, allenatori e dirigenti – vengono
immediatamente amplificate dal megafono dei media, generando tensioni tra tifoserie (e società) che approfondiscono fratture preesistenti, oppure contribuiscono
a crearne di nuove.
È utile distinguere, peraltro, tra i diversi livelli delle possibili contrapposizioni
tra squadre, non sempre (o non del tutto) coerenti tra loro. Esistono fratture di tipo
«politico» che riguardano le relazioni tra le società, la geografia delle alleanze per il
controllo delle istituzioni che governano il pianeta calcio in Italia. Esistono, poi,
antagonismi tra le tifoserie organizzate, che spesso si alimentano di rivalità di lunga durata, assumendo, non di rado, forti connotazioni di tipo politico-ideologico.
Esistono, infine, contrapposizioni tra le tifoserie «in senso lato». I risultati del sondaggio LaPolis-Limes ci consentono di fare luce soprattutto su quest’ultime, a partire dalle indicazioni fornite dagli stessi tifosi.
I dati sembrano confermare, innanzitutto, le ampie proporzioni del tifo «negativo» in Italia. Tra chi si dichiara tifoso, infatti, circa una persona su due riesce ad
individuare (almeno) una squadra come particolarmente «antipatica». Tale sentimento, inoltre, cresce vistosamente in base all’intensità del tifo calcistico. Tanto più
forte è l’attaccamento ai colori di una determinata squadra, tanto più tendono a
svilupparsi atteggiamenti di contrapposizione verso altre formazioni e altre tifoserie. Possiamo verificarlo con riferimento ai tre diversi tipi di tifosi che abbiamo individuato nei paragrafi precedenti. Tra i tifosi tiepidi, meno di uno su quattro
(38%) ha una squadra antipatica. Ma la percentuale sale nelle due categorie successive: si passa al 47%, tra i tifosi caldi, e sopra la maggioranza assoluta, tra i militanti, che fanno registrare il 62%.
Il tifo negativo, inoltre, ripropone la stessa classifica del tifo positivo. Le squadre più simpatiche sono, allo stesso tempo, le più antipatiche. C’è, anzi, una relazione diretta, e particolarmente evidente, tra simpatia ed antipatia. La Juventus, innanzitutto, risulta al primo posto anche in questa speciale graduatoria (figura 5).
L’11% degli appassionati di calcio (il 24% di chi ha una squadra antipatica) si dichiara, infatti, antijuventino. La squadra bianconera è, dunque, contemporaneamente, la più amata e la più odiata. Un risultato che, per molte ragioni, non stupisce. La società torinese è indubbiamente quella che vanta i maggiori successi (al-
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Figura 5. Il «tifo contro» (valori in %)
C’è una squadra di calcio che le sta particolarmente antipatica? Se sì, ci può dire quale?
Non tifosi
56,9
Non provano
antipatia per una
squadra 21,2
Tutti
100
Tifosi
Juventus
10,5
43,1
Provano
antipatia per una
squadra 21,9
Milan
6,0
Inter
2,7
Altra squadra
2,7
Fonte: Sondaggio LaPolis-Limes, maggio-giugno 2005 (base: 1.217 casi).
meno a livello nazionale). Oltre ai 28 scudetti conquistati, la Juve ha quasi sempre
occupato, anno dopo anno, posizioni di vertice nella massima serie: le squadre
candidate allo scudetto, per questo, hanno sempre dovuto «fare i conti» con la Juventus. La storia del campionato italiano è ricca di grandi «dualismi» che hanno visto protagonista la Juventus: oggi con il Milan, ieri con l’Inter, la Roma… ma anche
il Verona, il Parma. Inoltre, sulla società torinese pesano, da sempre, accuse di presunti favori arbitrali e altre illegalità sportive (si pensi, in particolare, al recente processo per doping) – sentimenti di ostilità che, peraltro, spesso circondano, in diversi contesti, le squadre più blasonate. Come per la classifica sul tifo, a collocarsi
sul podio delle squadre più antipatiche sono le altre due formazioni che vantano i
maggiori successi in serie A. Il Milan occupa il secondo posto, con il 6%, l’Inter il
terzo, con il 3%. Gli altri club italiani raccolgono, complessivamente, il 3% delle
antipatie.
È particolarmente interessante, poi, distinguere i risultati appena descritti all’interno delle principali tifoserie, al fine di individuare l’intensità e la direzione
delle reciproche inimicizie (figura 6). La tifoseria meno «antagonista», da questo
punto di vista, è senza dubbio quella juventina. Del resto, il tifo bianconero è quello che coinvolge la platea più ampia di persone, sul piano nazionale: è, anche per
questo, il meno «militante», il più trasversale (dal punto di vista sociale e politico), il
meno «concentrato» (dal punto di vista geografico). «Solo» il 36% dei simpatizzanti
della Vecchia Signora afferma di provare sentimenti di ostilità nei confronti di una
specifica squadra. Le antipatie si rivolgono, innanzitutto, al Milan (22%) e, in misura minore, all’Inter (7%). Juve e Milan, del resto, negli ultimi anni si sono trovate
spesso contrapposte, sia sul piano nazionale che internazionale. L’esito del cam-
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Figura 6. Simpatie e antipatie* (valori in %)
18,2
64,0
29,0
7,2
22,0
Juventus
Milan
Inter
Roma
Napoli
35,8**
53,7**
64,3**
91,5**
60,7**
41,7
9,1
18,2
13,6
46,1
* Nel grafico vengono indicate solamente le principali direttrici del tifo «contro».
** Percentuale di persone, all’interno delle tifoserie di ciascuna squadra, che dichiarano di avere in
antipatia almeno una squadra.
Fonte: Sondaggio LaPolis-Limes, maggio-giugno 2005 (base: 1.217 casi).
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pionato si è spesso giocato sull’asse Torino-Milano – 12 degli ultimi 15 scudetti figurano nella bacheca di questi club – ed il ricordo della finale di Manchester
(2003) è ancora molto fresco.
I tifosi del Milan sembrano ricambiare con la stessa moneta, dichiarandosi, innanzitutto, «nemici» della Juve. Nonostante l’alleanza politica tra i due club, quindi,
le tifoserie appaiono in netta contrapposizione. Le antipatie dei rossoneri si rivolgono, in seconda battuta, ai cugini dell’Inter, indicati dal 7% come bersaglio del
«tifo contro». In ogni caso, l’antagonismo su base cittadina, che probabilmente conta molto di più a livello locale (e di tifo organizzato), tende ad essere messo in secondo piano dalle tifoserie «in senso lato», che sembrano invece attribuire maggiore importanza alle rivalità che si creano sul campo, nel confronto per i principali
trofei. Anche i supporter dell’Inter, peraltro, tendono ad esprimere, innanzitutto,
sentimenti antijuventini: ben il 46% dichiara di non sopportare la squadra torinese,
mentre una percentuale inferiore (il 18%) indirizza il proprio astio verso il club di
Berlusconi e Galliani.
Emerge, in modo piuttosto esplicito, come sentimenti di ostilità siano particolarmente intensi soprattutto tra i tifosi delle squadre di minore successo, o che da
più tempo non riescono a raggiungere risultati di un certo rilievo. Tra i tifosi nerazzurri, che da più di quindici anni rincorrono il successo in campionato (dopo la
stagione «dei record» 1988-89), più di sei su dieci manifestano sentimenti di ostilità
verso altre compagini. Nel caso della Roma, che pure ha conquistato il tricolore solo tre anni fa, si sale addirittura al 91%. Anche in questo caso, peraltro, il contrasto
tutto capitolino nei confronti della Lazio (19%) passa in secondo piano rispetto alla
rivalità verso la Juve. Del resto, nei momenti di maggiore splendore – nella recente
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Figura 7. L’immagine del calcio (valori in %)
Quanto si sente d’accordo con ciascuna delle seguenti affermazioni...
Nonostante tutto il calcio
è ancora uno sport vero,
dove vince il migliore
Il calcio oggi è al centro
di troppi interessi politici
Il calcio oggi non è
credibile perché ci sono
troppi interessi sotto
Andare allo stadio
oggi è rischioso perché
c’è troppa violenza
24,4
40,1
10,6
22,0
4,2 11,4
28,1
43,1
16,7
49,7
3,8 13,8
Per niente
3,7 3,6
30,3
50,8
7,6
4,5
28,4
Poco
Molto
Moltissimo
3,2
Non sa / non risponde
Fonte: Sondaggio LaPolis-Limes, maggio-giugno 2005 (base: 1.217 casi).
èra Capello come negli anni Ottanta – i giallorossi si sono sempre dovuti confrontare proprio con i bianconeri, dando vita a scontri molto serrati (e puntualmente
accompagnati da aspre polemiche). Allo stesso modo, i tifosi del Napoli sembrano
avere impresso nella memoria soprattutto il dualismo che, tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, ha opposto la formazione partenopea, capitanata da
Diego Armando Maradona, al Milan di Sacchi e Van Basten: il 29% afferma, infatti,
di provare avversione innanzitutto verso i colori rossoneri.
L’immagine del calcio
Un ultimo aspetto preso in considerazione dal sondaggio riguarda le opinioni
della popolazione (tifosa e non) nei confronti del mondo del pallone (figura 7). I
risultati dipingono un quadro piuttosto grigio, che sembra puntare il dito su alcuni
vizi del calcio italiano. Si fa largo, innanzitutto, una idea del calcio come sport fruibile quasi esclusivamente attraverso il tubo catodico. Almeno se si vuole evitare di
ritrovarsi coinvolti in risse (senza averle provocate), o di dover fare i conti (magari
senza alcuna colpa) con i lacrimogeni della polizia. Recarsi allo stadio per vedere
la partita è considerato, dalla maggioranza delle persone, rischioso, a causa dei ripetuti episodi di violenza. Ne è convinto addirittura il 79% del campione interpellato. Solo tra i giovani (e tra le persone più istruite) tale percentuale, pur mantenendosi molto alta, fa registrare valori leggermente inferiori. E tra gli stessi calciofili
– anche i più appassionati – prevale, nettamente, l’immagine dello stadio come un
luogo rischioso, da non frequentare (75%).
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Tabella 4. Tifoserie e opinioni sul calcio (valori in % di chi si è detto molto
o moltissimo d’accordo con ciascuna affermazione)
Tifano
Non tifano
Juventus
Milan
Inter
Roma
Napoli
Totale
tifosi
Andare allo stadio oggi è rischioso
perché c'è troppa violenza
81,8
86,1
70,9
68,0
64,1
90,0
75,7
Il calcio oggi non è credibile perché
ci sono troppi interessi sotto
80,3
73,4
74,4
85,8
81,8
92,5
79,5
Il calcio oggi è al centro
di troppi interessi politici
59,1
57,5
60,9
49,7
64,5
58,6
60,6
Nonostante tutto il calcio è ancora
uno sport vero, dove vince il migliore 26,4
44,6
48,0
25,5
10,4
42,6
38,9
Fonte: Sondaggio LaPolis-Limes, maggio-giugno 2005 (base: 1.217 casi).
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Ma è l’immagine stessa del calcio ad apparire, da molti punti di vista, piuttosto
logora: tra le persone comuni, ma anche tra gli appassionati. Otto persone su dieci, tra gli italiani, affermano che il calcio è poco credibile, perché al centro di troppi interessi economici e politici. Il 60%, nello specifico, ritiene che il calcio sia disturbato da troppe interferenze di tipo politico. Poco più di tre persone su dieci,
infine, si dicono convinte, che, nonostante tutti i vizi che lo affliggono, il calcio sia
ancora uno sport vero, dove, alla fine, è sempre la squadra più forte a prevalere.
Come anticipato, peraltro, si registra una singolare convergenza, su queste
opinioni, tra tifosi e non tifosi (tabella 4). In altre parole, anche chi segue il calcio
con assiduità e con passione sembra crederci (mediamente) poco. Otto tifosi su
dieci – dato perfettamente allineato alla media generale – esprimono un giudizio
severo sul calcio di oggi, e lamentano la presenza di troppi interessi, che rischierebbero di condizionare l’esito di partite e campionati. Solo quattro persone su
dieci, tra coloro che seguono con interesse il corso di coppe e campionati, si dicono convinte che, alla fine, siano i reali valori in campo ad essere premiati. Come si
spiega questa apparente contraddizione? Come si spiegano l’entusiasmo, l’interesse, la passione (spesso portati ad esasperazione) che circondano un sistema governato, secondo la maggioranza dei suoi stessi spettatori, da oscure relazioni e sistematici complotti?
Ancora una volta, la chiave più verosimile per la lettura dei dati proposti dal
sondaggio è fornita dalle appartenenze calcistiche individuali. Se andiamo a
scomporre i risultati in base ai colori del tifo, emerge, in modo netto, come i fan
della Juventus e del Milan esprimano un livello di fiducia nel sistema calcio sensibilmente più elevato rispetto alla media. I due club, del resto, negli ultimi anni
si sono spartiti gran pare dei successi sul piano nazionale (e, spesso, anche a livello europeo). Inoltre, l’asse tra le due società costituisce, attualmente, il polo
più influente all’interno del pianeta calcistico in Italia (anche se non sono man-
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cate, di recente, indiscrezioni di un’incrinatura nei rapporti tra i rispettivi staff dirigenziali).
Le tifoserie delle altre squadre maggiori sembrano presentare, all’opposto, la
«sindrome dell’escluso», la frustrazione e il risentimento tipico di chi è consapevole
di occupare una posizione marginale (almeno rispetto alle aspettative) all’interno
del sistema e, per questo motivo, si sente continuamente bersaglio di ingiustizie e
soprusi. Del resto, proprio dai vertici di queste società si sono levate, anche di recente, forti voci di dissenso nei confronti dei meccanismi che, in questa fase, regolano il calcio nel nostro paese. Non stupisce, quindi, che siano i tifosi dell’Inter e,
soprattutto, della Roma ad esprimere le maggiori perplessità (per usare un eufemismo) sul funzionamento del calcio e delle sue istituzioni. Tra i nerazzurri, appena
uno su quattro si dice convinto che sia la squadra più forte ad aggiudicarsi coppe e
campionati, mentre tra i giallorossi si scende addirittura ad uno su dieci.
Conclusioni
Dai risultati del sondaggio LaPolis-Limes abbiamo ricavato alcune coordinate
per abbozzare una prima mappa, per quanto schematica, del tifo calcistico in Italia. In particolare, abbiamo cercato di individuare, a partire dalle risposte fornite
dai cittadini, le dimensioni del fenomeno calcio nel nostro paese, approfondendo,
in particolare, le caratteristiche sociografiche e gli orientamenti delle principali tifoserie (in senso lato).
Ne emergono alcune importanti indicazioni che, allo stesso tempo, forniscono
al ricercatore sociale alcuni assist per allargare lo sguardo all’intera società italiana.
Il calcio come metafora del paese. Si tratta, peraltro, di un fenomeno non certo di
nicchia, che offre quindi un punto di osservazione inconsueto ma interessante sulla cultura (politica) degli italiani, su alcuni suoi tratti caratteristici (e alcuni suoi vizi). Si tratta – meglio precisarlo – di semplici suggestioni, che trovano, tuttavia, un
qualche fondamento nei dati.
1) Il calcio conferma, innanzitutto, la sua capacità di coinvolgere ed appassionare un’elevatissima porzione della popolazione: quasi una persona su due. In
una fase come quella attuale, in cui le persone stentano a trovare dei riferimenti
stabili ed affidabili – nella politica, tra le istituzioni dello Stato e del mercato – il
calcio si propone ancora come ambito – uno degli ultimi, di massa – dove nascono
e si consolidano identità forti e durature. Un patrimonio, di questi tempi, seppur riferito ad una dimensione del tutto particolare come quella sportiva.
2) Ma il modo in cui gli italiani vivono il calcio sembra riproporre, al contempo, alcuni limiti spesso attribuiti allo spirito civico degli italiani. Il tifo, come abbiamo sottolineato, si alimenta, nel nostro paese, di un’importante componente «negativa». Il tifo «contro» è praticato da quasi un appassionato su due. In molti casi,
l’antipatia per gli avversari sembra quasi superare, per intensità, l’attaccamento ai
colori della propria squadra. Tale propensione al particolarismo influenza, in modo non trascurabile, gli atteggiamenti delle persone verso il funzionamento del
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pianeta calcio e delle sue istituzioni: una visione costantemente filtrata attraverso la
lente dell’appartenenza individuale e degli interessi di squadra. La lettura delle vicende calcistiche, di conseguenza, risulta dominata dalla dietrologia, dalle teorie
del complotto e, in ultima analisi, da una profonda sfiducia nel sistema. Un approccio, quello al calcio, che sembra richiamare la cronica lontananza dalle istituzioni, la nota diffidenza nei confronti della politica espresse, tradizionalmente, dai
cittadini italiani.
3) Dunque il calcio si lega, a doppio filo, ad un’importante risorsa della società: il capitale sociale. Partecipazione, reti associative, fiducia, legami, condivisione di valori comuni sono sicuramente elementi che appartengono al mondo del
calcio. E favoriscono prassi di integrazione sociale. Ma non sempre queste dinamiche si estendono al di fuori della cerchia di riferimento, verso il sistema in generale. Non sempre, cioè, si tratta di un capitale sociale «che apre» (bridging), alimentando forme di integrazione esterne. Anzi, talvolta diventa un vero e proprio elemento di diffidenza e di chiusura; un capitale sociale «che serra» (bonding), alimentando – sì – solidarietà, ma circoscritta all’interno del gruppo.
Possiamo concludere, quindi, che il calcio suggerisce, quantomeno, un’angolatura interessante da cui osservare la società italiana. E, per molti versi, può essere
assunto quale specchio (magari deformato) del nostro paese: il paese «del pallone»; un paese «nel pallone»? *
28
* L’articolo è stato discusso e progettato assieme dai due autori, che congiuntamente hanno steso l’introduzione e le conclusioni. Luigi Ceccarini ha comunque redatto il primo e il terzo paragrafo, Fabio
Bordignon i paragrafi secondo, quarto e quinto.