La cultura dell`innovazione

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La cultura dell`innovazione
Scheda libro
/La cultura dell’innovazione/
Comportamenti e ambienti innovativi
Riccardo Viale
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tesi del libro
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Riccardo Viale, "La cultura dell’innovazione. Comportamenti e ambienti innovativi"
Il Sole 24 ore, Milano, 2008
tesi del libro
Il titolo “La cultura dell’innovazione, comportamenti e ambienti
innovativi” racchiude in sé la tesi del libro, ovvero il concetto
base attorno al quale si sviluppano le diverse argomentazioni,
organizzate in capitoli e affidate a diversi autori.
L’innovazione non deve essere considerata e studiata come un
rigoroso processo scientifico, tecnologico o economico. Essa è
intrinseca alla società, al territorio e alla cultura all’interno della
quale si sviluppa e come tale non racchiude soltanto aspetti
razionali, ma anche e soprattutto l’insieme di quei valori emotivi e
culturali, quali la creatività, la passione, l’arte, che ne caratterizzano
e identificano il tessuto sociale.
In corrispondenza all’aspetto culturale dell’innovazione, viene
evidenziata anche la dimensione locale, ovvero, la forte tendenza
a concentrarsi in determinati luoghi, dove possono nascere e
svilupparsi fitte reti di relazioni sociali, in grado di incoraggiare il
confronto tra individui, lo scambio e la circolazione di conoscenza
ed esperienza, facilitando così l’emergere di nuove soluzioni e idee.
Nel suo complesso l’innovazione può essere, quindi, considerata
come un fenomeno urbano.
Percorso contenuti
Come detto in precedenza, ogni capitolo è affidato ad un autore
diverso che indaga ed argomenta un aspetto dell’innovazione,
coerentemente alla tesi complessiva del libro.
Si parte così da un’analisi storica del problem solving, per analizzare
il ruolo della conoscenza e della creatività nei processi innovativi,
descrivendo l’importanza della dimensione locale e sociale del
territorio di sviluppo, evidenziando il ruolo delle imprese e le loro
prospettive.
Un percorso complesso e completo attraverso gli aspetti dei
processi innovativi che possono essere raggruppati in tre macroaree: il territorio, le imprese, i valori della società.
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Eleonora Ganini // Flavia Frison // Clara Fustinoni // Dina Skuratovich
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situazione di contesto
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Riccardo Viale, "La cultura dell’innovazione. Comportamenti e ambienti innovativi"
Il Sole 24 ore, Milano, 2008
situazione di contesto
Note sull’autore:
Riccardo Viale // Il Professore Riccardo Viale è nato a Torino il 31
dicembre 1952. Nel 1978 ha conseguito la laurea in Medicina e
Chirurgia con la specializzazione in Psichiatria presso l’Università
degli Studi di Torino. E’ docente stabile di Politica della Ricerca
e dell’Innovazione presso la Scuola Superiore della Pubblica
Amministrazione di Roma; Professore ordinario di Logica e Filosofia
della Scienza presso la Facoltà di Sociologia dell’Università degli
Studi di Milano-Bicocca. Membro e Visiting Scholar di diversi
Atenei stranieri: Oxford; Aix en Provence; Rice, Houston; Friburgo;
Universidade Federal di Rio de Janeiro; Santa Barbara, Universidade
Federal Fluminense di Niteroi, Brasile. Invitato come Distinguished
Visiting Fellow presso la Columbia University di New York (20082009).
Fondatore e Presidente della Fondazione Rosselli; Direttore
del Laboratorio sull’Innovazione, la Ricerca e l’Impresa (LIRA)
dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca; Direttore Scientifico
dell’Istituto di Metodologia della Scienza e della Tecnologia di
Torino.
Dal 2004 al 2006 è stato editorialista de La Stampa. Attualmente
è editorialista de Il Sole 24 Ore.
Principali interessi di ricerca:
Metodologia ed epistemologia delle scienze sociali;
Cognizione sociale e cervello;
Epistemologia sociale; Teorie della razionalità limitata;
Modelli cognitivi del ragionamento e della decisione;
Teoria cognitiva della scienza;
Economia cognitiva;
Antropologia cognitiva;
Sociologia della scienza;
Sociologia neurocognitiva;
Innovazione tecnologica;
Politica della ricerca.
La Cultura Dell’innovazione
Maria Dukhvalova // Francesco Donati // Chiara Gambarana
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situazione di contesto
Editore: Il Sole 24 Ore
Data di pubblicazione: 2008
Siamo nel secolo dell'innovazione permanente e pervasiva.
Dall'impresa manifatturiera alle istituzioni culturali e sportive,
l'innovazione gioca un ruolo centrale nella vita organizzativa
e nelle decisioni strategiche. Per capire il fenomeno ci si affida
tradizionalmente al lavoro degli economisti. Questo tipo di analisi
riesce a rappresentare, però, solo gli aspetti esterni del processo
innovativo; non è in grado, invece, di spiegarne né la genesi né i
meccanismi intimi di sviluppo. L'obiettivo di questo testo è coprire
tale vuoto, concentrandosi sugli aspetti psicologici, valoriali e sugli
incentivi sociali e istituzionali in grado di generare comportamenti
innovativi. Un libro quanto mai attuale che spiega come si genera
e si produce l'innovazione. Un riferimento importantissimo che
attraverso le voci di grandi esperti italiani di psicologia, economia,
sociologia, politica della ricerca, epistemologia e teoria della
complessità, cerca di chiarire una serie di incombenti questioni.
Quali sono le caratteristiche cognitive nella soluzione creativa dei
problemi; che tipo di propensione al rischio ha l'innovatore; quali sono
i valori culturali che incentivano comportamenti innovativi; come
possiamo caratterizzare gli ambienti ed i territori che favoriscono
la nascita di imprese innovative; cosa deve fare un'impresa per
generare innovazioni di successo economico; che ruolo ha la
ricerca scientifica nell'alimentare l'innovazione tecnologica.
Si tratta di testo particolarmente interessante per chi desidera
accostarsi a uno dei temi cardine dell’economia contemporanea.
Altri testi:
Il libro verde sull’innovazione. Come rilanciare l’innovazione in italia
M. Calderini - M. Sobrero
Editore: Il Sole 24 Ore
Data di pubblicazione: 2008
L'importanza della ricerca e dell'innovazione per la competitività
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Riccardo Viale, "La cultura dell’innovazione. Comportamenti e ambienti innovativi"
Il Sole 24 ore, Milano, 2008
delle imprese e dei sistemi economici è un elemento ormai
consolidato. Il primo libro verde, curato dalla Fondazione Cotec,
parte da questo dato per sviluppare un'articolata e approfondita
analisi dell'attuale situazione italiana in tema di ricerca e
innovazione. Dopo una rapida, ma significativa ed approfondita
ricognizione generale sullo stato di salute (o di malattia) del paese
rispetto all'innovazione, il testo fornisce indicazioni specifiche nei
diversi campi.
La cultura dell’innovazione in italia
Fondazione Cotec, Wired, e IRPPS del CNR
Data di pubblicazione: 2009
Nell’ambito delle celebrazioni della Giornata Nazionale per
l’Innovazione, è stato distribuito il primo Rapporto Annuale sulla
Cultura dell’Innovazione, realizzato dalla Cotec in collaborazione
con il mensile Wired e l’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le
Politiche Sociali del Cnr.
Il Rapporto è stato prodotto a partire da un campione di oltre 2000
cittadini italiani, stratificati per genere, età e area di provenienza
in modo da rappresentare nella maniera più fedele possibile uno
spaccato dell’intera popolazione. Ne emerge la consapevolezza
dell’importanza del lavoro, della ricerca e dello studio come fattori
fondamentali per innovare. Vengono ritenuti indispensabili anche
incentivi finanziari e simbolici adeguati per motivare chi intraprende
la difficile strada dell’innovatore.
Il Rapporto sulla cultura dell’innovazione costituisce il primo episodio
di uno studio che si propone di essere realizzato annualmente
quale aggiornamento periodico dell’analisi del grado di diffusione
della cultura dell’innovazione nella società italiana, un fenomeno
complesso e di importanza strategica per il futuro del Paese.
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argomenti fondanti il testo
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origine storiche dell'innovazione permanente
capitolo 1
(Riccardo Viale)
Il primo capitolo ci introduce al tema dell’innovazione permanente,
che caratterizza i giorni nostri, andandone ad indagare le origini
storiche. Se in passato le t non erano frequenti e si trasformavano
in difficoltà in innovazioni che si diffondevano lentamente nel mercato, oggi la situazione si è capovolta. Riccardo Viale, come molti
altri autori, fa risalire la svolta tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, soprattutto negli USA. Una serie di incentivi (economici, culturali, istituzionali ecc.) hanno incoraggiato in quegli anni comportamenti innovativi, che a loro volta hanno rafforzato tali incentivi,
generando così circoli virtuosi e quindi innovazione permanente. I
cambiamenti di quegli anni sono legati a quelle che Viale chiama le
3 C (che s’influenzano a vicenda): aumento della Concorrenza del
mercato, scoperta dei rendimenti crescenti legati alla Conoscenza scientifica delle tecnologie e sempre maggiore disponibilità di
Capitale finanziario per le imprese impegnate in ricerca e sviluppo.
La concorrenza diventa significativa con la rivoluzione dei trasporti della seconda metà dell’800 (treno, auto), con la maggiore urbanizzazione, l’aumento del reddito medio disponibile e le leggi
antitrust statunitensi del 1890; in un contesto fortemente concorrenziale, che caratterizza la globalizzazione dei giorni nostri,
diventa fondamentale per le imprese distinguersi attraverso prodotti e processi innovativi.
Il secondo fattore, la conoscenza scientifica delle tecnologie, sviluppatosi con la seconda rivoluzione industriale e incentivato dalle
leggi sui brevetti (che consentono alle imprese di proteggere le
proprie innovazioni) porta alla nascita dei primi laboratori di ricerca e sviluppo all’interno delle imprese e alle collaborazioni tra
università e imprese; la ricerca e quindi l’innovazione diventano un
“must” delle imprese.
La disponibilità di Capitale finanziario diventa fondamentale per
le imprese della seconda rivoluzione industriale (a differenza di
quelle della prima), che creano fusioni, dando presto vita a società
per azioni; il mercato azionario permette così l’investimento nelle
imprese di grandi quantità di capitali, utilizzati soprattutto in ricerca e sviluppo. Le imprese di oggi sono ormai strutturalmente
collegate alle istituzioni finanziarie.
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ostacoli cognitivi ad innovazione
capitolo 2
(Fabio del Missier e Rino Rumiati)
La psicologia cognitiva, spiegata da Fabio Del Missier e Rino Rumiati, come chiave di lettura dei meccanismi mentali chiamati in gioco
nella generazione d'innovazione.
Le diverse attività cognitive:
1. individuare problemi/opportunità non immediatamente
evidenti;
2. generare soluzioni per problemi mal definiti;
3. scoprire nuove procedure
volte a produrre diversi tipi d'innovazione rispettivamente
I. identificazione di un nuovo bisogno o esigenza, nuovo
modo di concepire un prodotto;
II. ideazione di un nuovo prodotto o servizio, o di una loro
componente, o trasformazione innovativa di un prodotto o servizio già esistente;
III. ideazione di nuovi processi) possono avere esiti qualitativi soggettivamente differenti in base alla naturale influenza di
elementi cognitivi aiutanti o opponenti tali attività, il capitolo offre
dei suggerimenti pratici per alimentare un'impostazione mentale
efficace nella produzione di idee innovative.
INDAGA
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creatività e innovazione
capitolo 3
(Paolo Cherubini)
Paolo Cherubini contrappone alla versione “allargata” della spiegazione cognitiva dell’innovazione (presentata nel capito precedente
da Fabio Del Missier e Rino Rumiati) una sua versione “ristretta”. In
poche parole nella tesi viene brevemente affrontata la questione
della natura dell’innovazione e del pensiero creativo.
Dopo un’ampia analisi delle tesi di dottorato sulla creatività, Cherubini ha notato che nonostante l’argomento fosse lo stesso, nelle
aree diverse si usavano termini diversi(le tesi di area economicofinanziaria preferivano termine “innovazione”, focalizzandosi sugli
aspetti organizzativi, mentre le tesi de area psicologica usavano
più il termine “creatività”, focalizzandosi sugli aspetti isndividuali).
Così l’autore sostiene che la psicologia cognitiva può aiutare a capire solo l’attività di problem solving finalizzata all'adattamento di
una soluzione tradizionale a un contesto nuovo. Più problematica
invece, per la psicologia, l'analisi empirica della creatività assoluta,
cioè pensare o realizzare qualcosa che non era stato né pensato
né realizzato prima e che costituisce un'innovazione.
Nella tesi l’autore descrive 4 approcci dello studio della creatività:
psicometrico e psicologico; cognitivo-sperimentale; storico-ideografico ; cognitivo-computazionale. Avvertendo comunque che
“ciascuno dei quattro approcci ha dei seri limiti, intrinseci al loro
essere approcci indiretti”.
Un’altro aspetto importantissimo che sottolinea psicologo è che
una delle caratteristiche dei più grandi innovatori è la capacità
di superare gli schemi tradizionali di pensiero attraverso l’utilizzo
creativo delle analogie.
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propensione a innovare e conoscenza di sfondo
capitolo 4
(Andrea Pozzali)
Prendendo per assunto che l’innovazione è un fenomeno relativamente poco diffuso, ovvero fortemente legato a determinate
dimensioni temporali, spaziali e sociali, Andrea Pozzali, nel capitolo 4, cerca di mettere in luce quelli che possono essere i fattori
di influenza per lo sviluppo dell’innovazione, attraverso un focus
sull’individuo, sulla sua interazione con l’ambiente fisico, sociale
e culturale. In particolare viene analizzato il rapporto tra innovazione e conoscenza. Quest’ultima viene classificata in conoscenza proposizionale, che ha la sua manifestazione nelle scoperte
scientifiche; conoscenza prescrittiva, che traduce la scoperta in
invenzione; conoscenza tacita, definita da Michael Polanyi, come
l’insieme di tutte quelle forme di sapere possedute più o meno
consapevolmente dal soggetto e che per loro natura non possono essere codificate. Questa a sua volta può essere classificata
in conoscenza tacita competenziale, che racchiude ed interessa
le abilità fisiche di un individuo; conoscenza tacita cognitiva, che
riguarda le competenze linguistiche; conoscenza tacita di sfondo,
che racchiude tutti quei valori, quelle credenze, quei comportamenti, assunti dall’individuo in quanto inserito in un determinato
contesto socio-culturale. E’ proprio sull’importanza e sulla relazione di quest’ultima con i processi di innovazione, che si sviluppa la
tesi del capitolo, ovvero:
L’innovazione non può essere vista come un fenomeno puramente economico o ingegneristico: per poter essere compresa, deve
essere considerata anche come un fenomeno sociale e culturale.
(Pozzali, 2008 p. 130)
In particolare, al termine del capitolo, vengono evidenziati i tre
fattori fondamentali che influenzano la propensione di una determinata società all’innovazione:
il “peso” della tradizione culturale, ovvero la propensione
alla rottura con le consuetudini del passato e con le abitudini consolidate;
l’orientamento positivo nei confronti del rischio, ovvero
la disponibilità ad accettare un determinato livello di rischio nei
processi di sviluppo e innovazione, tale da considerare i possibili fallimenti come parti integranti di tali processi; la tendenza
al “pensiero veloce”, ovvero la propensione ad assumere decisio-
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ni fondamentali in tempi relativamente brevi, in modo da limitare
l’incertezza e l’indecisione: in un contesto innovativo e dinamico,
prendere decisioni in tempi rapidi è spesso una necessità vitale.
In conclusione si può affermare che la propensione all’innovazione
di una determinata cultura è data dal giusto equilibrio tra questi fattori. Un terreno fertile per l’innovazione sarà, quindi, quella
cultura in grado di liberarsi dal peso della tradizione, disposta a
convivere con un livello ragionevole di rischio e di vulnerabilità e in
grado di premiare i soggetti in grado di prendere decisioni fondamentali in tempi rapidi.
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la dimensione locale dell'innovazione
capitolo 5
(Guido Martinotti e Andrea Pozzali)
Guido Martinotti è professore di Sociologia urbana presso la facoltà
di Sociologia dell’Università di Milano Bicocca.
Il quinto capitolo ci mostra come l’innovazione dipenda fortemente
dal luogo,cioè dal contesto locale in cui si sviluppa. Martinotti e
Pozzali, attraverso il caso della Silicon Valley, individuano alcuni dei
fattori che rendono determinate zone geografiche maggiormente
propense all’innovazione rispetto ad altre.
Un fattore è la presenza di un capitale sociale, cioè una fitta rete
sociale che collega vari attori dell’innovazione (università, centri
di ricerca, aziende, istituzioni pubbliche), relazioni che possono
essere sia formali che informali. Nella Silicon Valley questa rete è
caratterizzata dalla presenza di numerose università di eccellenza.
Un altro fattore concerne le caratteristiche del sistema industriale,
che nel caso della Silicon Valley consiste in microelettrica e network
computing, settore da costruire ex novo e quindi più propenso ala
nascita di piccole aziende innovative e dinamiche.
In California c’erano anche condizioni istituzionali favorevoli:
diffusione in larga scala del venture capital, mercato del lavoro
flessibile e aperto, politiche di finanziamento federali generose nei
confronti della ricerca universitaria.
Non ultimi i fattori culturali: forte spinta all’imprenditorialità
individuale, orientamento positivo nei confronti dell’assunzione
di rischio, valutazione positiva dei casi di insuccesso, della
competizione, dello stress.
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la capacità di innovare nelle imprese
capitolo 6
(Luigi Marengo)
Luigi Marengo raggruppa i fattori che determinano il successo
innovativo in un'impresa in quattro categorie: la capacità di
percepire le minacce e le opportunità nell’ambiente circostante; la
capacità di mettere in atto i necessari e conseguenti cambiamenti
interni; la capacità di tradurre il cambiamento in risultato
economico e la capacità di mantenere queste condizioni nel tempo.
Un'azienda è in grado di innovare se riesce ad approfittare delle
nuove conoscenze tecnologiche generate al suo interno o esterno;
se riesce a cogliere i cambiamenti di gusto o i bisogni latenti dei
consumatori; se riesce a seguire in modo efficace l'attività dei
concorrenti; se riesce a occupare nuove nicchie di mercato locale o
internazionale; se riesce ad approfittare delle opportunità generate
da nuovi vincoli o da incentivi legali e dal quadro istituzionale e
politico generale; se riesce a mantenere attivo questo ciclo di
condizioni senza fossilizzarsi su alcune routine organizzative.
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conoscenza tecnologica e innovazione:
il ruolo crescente dell'innovazione
capitolo 7
(Pier Paolo Patrucco)
Questo capitolo pone al centro dell’economia dell’innovazione la
dimensione relazionale, comunicativa e cooperativa che sta dietro
alla creazione di conoscenza e d’innovazione. La comunicazione
tecnologica viene poi definita come quel supporto necessario
all’accumulazione della conoscenza stessa, che permette
la crescita delle imprese. Ogni programma per la diffusione
dell’innovazione nelle imprese dovrebbe tenere in considerazione,
oltre alla componente puramente tecnologica, altre componenti,
quali: il fattore umano, la cultura d’impresa, la cultura sociale
e la cultura di mercato. Le imprese sono il motore per la
generazione e la diffusione di conoscenza solo se sono in grado di
implementare interazioni e scambi di conoscenza efficaci con altre
imprese, università, organizzazioni etc. Devono trarre vantaggio
dall’esterno, dalla multidisciplinarietà e rendere accessibile la
propria conoscenza tramite i mezzi di comunicazione tecnologica.
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complessità nei percorsi dell'innovazione
capitolo 8
(Pietro Terna)
Lo slogan del capitolo è “more is different”, è il titolo di un articolo
di Philip Anderson, e dagli suoi studi sugli elementi di numero
elevato che interagiscono. Complessità depende
dalla quantità degli elementi partecipanti
dell'interazione tra gli elementi secondo le regole implicite
o esplicite
Questi due livelli di lettura si sovrappongono.
I sistemi complessi hanno le seguenti caratteristiche (secondo
Holland)
' il parallelismo, con moltitudine di agenti che interagiscono
e producono un gran numero di segnali e informazione
simultaneamente
' l'azione condizionale, per cui gli agenti adottano schemi
del tipo se/allora, con l'azione conseguente ad allora che può a
sua volta essere un segnale che genera interazioni o retroazioni
' la presenza di moduli o blocchi di regole, cha agiscano in
sequenza
' la capacita di adattamento ed evoluzione con il
cambiamento continuo degli agenti
Tutto l'articolo è dedicato alla ricerca della spiegazione di cos'è
la complessità, soprattutto nel mondo economico attuale, spinto
dall'innovazione tecnologica costante, come è possibile studiare
questo sistema complesso per produrre gli strumenti per la politica
economica.
La complessità come abbiamo visto ha più livelli in cui gli agenti
(partecipanti del sistema), interagendo tra di loro, creano una rete
di significati ed interazioni. Nel contesto economico abbiamo tre
tipi di agenti importanti per lo sviluppo dell'innovazione:
' enti di governo
' enti di ricerca (soprattutto università)
' le imprese
Il successo degli studi dell''innovazione e dell'applicazione nella
realtà dipendono da quanto siano efficaci tutti i tre attori sia nel
loro compito sia nell'interagire con gli altri.
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sistema dei legami e delle genealogie
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sistema dei legami e
delle genealogie
Il volume “La cultura dell’innovazione”, promosso dalla Fondazione
Cotec (Fondazione per l’innovazione Tecnologica), parte dall’analisi
della possibilità dell’innovazione nell’industria manifatturiera e
nel settore dei servizi dicendo che questo fenomeno può essere
promosso e spiegato e promosso solo con un’attenta analisi di
tipo psicologico, culturale e istituzionale.
Essendo un testo composto da più parti scritte dagli autori
specializzati nei settori diversi (psicologia,filosofia, formazione,
economia e finanza, sociologia, storia delle scienze e tecnologia
ecc.) il volume risulta in se interdisciplinare.
Viale gli unisce nella discussione sul tema della cultura
dell’innovazione, e risulta interessante quanto sono differenti non
tanto opinioni ma i punti di vista dell’osservazione del problema
posto. In ogni caso però si sottolinea l’importante dominanza
del fattore socio-culturale e del ambiente nel quale si avvisa lo
sviluppo dell’innovazione.
In uno degli articoli Riccardo Viale dice che da più anni si parla,
in Italia, sulla falsariga dell'esperienza americana, di educare i
giovani all'innovazione. Di fronte alla differente propensione
all'innovazione di aree geografiche, territori e contesti locali, si
pensa che la causa si trovi proprio in uno specifico atteggiamento
culturale e psicologico dell'individuo.
Viale sottolinea che la conoscenza di sfondo "inno genetica" che
l'individuo assorbe nei suoi processi di sviluppo e socializzazione
sembra di influire in modo determinante.
Valori e norme
comportamentali come la curiosità intellettuale, la capacità di
"problem solving", l'anticonformismo nelle soluzioni, la propensione
al rischio, il gusto per la conoscenza e la comprensione della
realtà naturale e umana, sembrano iscritti nella cultura locale,
trasmessa attraverso l'istruzione e l'interazione sociale. Solo
queste specificità sembrano di spiegare la differente performance
innovativa di aree che hanno analoghi fattori di contesto economico,
finanziario e amministrativo, come alcune regioni degli Stati Uniti.
Qui che viene avvisata la necessità da alcuni studiosi e policy maker
di orientare gli strumenti educativi verso la promozione di questo
tipo di valori e comportamenti, quando il contesto locale ne sia privo.
Il vero problema a questo punto è “Come educare alla cultura
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sistema dei legami e
delle genealogie
dell'innovazione?”
La tendenza attuale è di orientare i programmi scolastici, liceali
e universitari, verso i contenuti legati all'innovazione. Cultura
scientifica, tecnologica, economica e di "business administration"
instillata ad adolescenti viene proposta come lo strumento
privilegiato. Ed appunto a questa tendenza che tralascia alcuni
importanti errori si contrappone Viale.
Dagli studi della nuova psicologia dell'età evolutiva (Alison Gopnik
“The Philosophical Baby, Farrar, Strauss and Giroux” New York, 2010)
si afferma che l'evoluzione cognitiva presenta un cambiamento
che potrebbe essere rappresentato, metaforicamente, come il
passaggio da una fase di ricerca a quella di sviluppo produttivo.
Così i bambini nei primi anni di vita presentano il potenziale più alto
di capacità creativa e di ricerca rispetto alle fasi successive. La
loro mente e il loro corpo sono uno strumento d'indagine continua,
di creazione di ipotesi sulla base dell'evidenza e della fantasia e
di controllo e cambiamento concettuale alla luce di nuovi dati. La
mente è libera di indagare e di sondare innumerevoli possibilità di
interpretare il mondo. Il corpo permette l'interazione sensoriale
con la realtà esterna da cui ricevere, elaborare e immagazzinare
sempre nuovi dati. I bambini sono dei veri e propri laboratori di
ricerca viventi.
Dopo i primi anni però diminuisce progressivamente l'effervescenza
creativa e prende piede una tendenza a sistematizzare e
sviluppare le proprie ipotesi sul mondo. La necessità di affrontare,
in modo sempre più autonomo e pragmaticamente di successo,
la realtà circostante portano il futuro adulto a fissare e utilizzare
gli strumenti concettuali di cui dispone. Così si passa, per usare
la terminologia di Thomas Kuhn, a una fase di "scienza normale"
dove la componente di cambiamento concettuale diventa minore.
Il bambino, e successivamente l'adolescente, come "scienziato
normale" perde progressivamente quell'apertura e permeabilità
mentale che contraddistingue le prime fasi di sviluppo. È un errore,
quindi, pensare di poter influire sulla propensione all'attività
creativa e innovativa con programmi didattici che inizino a livello
adolescenziale. È corretto invece concentrarsi su fasi di sviluppo
precedenti cercando di alimentare e mantenere vivo nel tempo la
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dimensione di "child as a little scientist" (bambino come piccolo
scienziato).
Non si può dimenticare in questo contesto l’attività e il lavoro di
uno dei più grandi Maestri del Design italiano Bruno Munari. Lui in
sostanza ha messo in pratica i concetti sopraccennati, realizzando
numerosi progetti per la stimolazione e sviluppo della creatività
dei bambini piccoli, ed altri per lo sviluppo della propriocezione e
coordinazione per bambini ipovedenti e ciechi.
Viale evidenzia uno secondo errore: ovvero credere di promuovere
la propensione all'innovazione attraverso programmi centrati solo
sulla conoscenza tecnico scientifica e su quella di tipo economico
gestionale.
Come evidenzia il rapporto Cotec -Wired del 2009 sulla cultura
dell'innovazione non è chiaro se l'acculturazione verso la scienza e
tecnologia abbia una influenza determinante nell'accettazione delle
tecnologie. Sembrano esserci altri fattori più profondi, come quelli
legati al genere. Ad esempio, all'interno di campioni di scienziati
maschi e femmine, con la stessa base conoscitiva, continua a
esserci una differenza sensibile nell'accettazione delle tecnologie,
con una maggiore propensione nei maschi che nelle femmine.
Anche l'età sembra giocare un ruolo importante nel favorire,
nei più giovani, una maggiore percezione degli aspetti benefici
delle tecnologie. La maggiore propensione e apertura verso
il nuovo, insita in questo atteggiamento, sembra diminuire
progressivamente con l'età, dal "piccolo scienziato" in poi.
Autore sostiene che aspetti cognitivi ed emozionali sono
intrecciati nel determinare la tendenza al pensiero creativo, una
minore percezione del rischio e un atteggiamento innovatore.
Da queste considerazioni emerge che una proposta educativa
adeguata dovrebbe non avere solo una finalità contenutistica, ma
soprattutto procedurale. In altre parole si tratterebbe di agire più
sul "know how" che sul "know that" del giovane.
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capacità di anticipazione
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capacità di anticipazione
Come anticipa il libro, siamo nel secolo dell’innovazione che
gioca un ruolo centrale nella vita organizzativa e nelle decisioni
strategiche. Il libro è decisamente attuale poiché ora molte
aziende stanno soffrendo di una perdita d’innovatività che è
dovuta ad una scarsa cultura di partecipazione da parte dei loro
dipendenti, che si ritrovano spesso con scarse motivazione e sono
poco valorizzati. C’è bisogno di attivare il potenziale umano, fare
leva nelle motivazioni per raccogliere le capacità degli individui
introducendoli in ambienti stimolanti.
La motivazione è ciò che fa cambiare “una buona idea” in una
“idea di successo”.
L’economia italiana sta vivendo un periodo critico, con scarsa
produttività e bassi tassi di crescita economica, molte imprese
non riescono ad ottenere posizioni competitive sui mercati
internazionali. La tesi del libro anticipa il fatto che per essere
competitivi bisogna esplorare diversi modi di approcciarsi ai
problemi, proporre soluzioni nuove. Se si è in grado di offrire
prodotti e servizi caratterizzati da elementi nuovi, differenziati
o anche personalizzati, si può ambire ad ottenere un vantaggio
competitivo.
Il libro resta però a un livello molto teorico, l’innovatività delle tesi
esposte è forse abbastanza limitata, le soluzioni proposte possono
risultare quasi superate. Basti pensare che nella postfazione si dice:
“Il ripensamento dell’intero sistema formativo italiano rappresenta
la principale leva di sviluppo nel prossimo futuro”, non pare essere
esattamente una genialata.
“Non vorrei che immaginassimo di poter avere innovazioni senza
innovatori.”
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/6/
confronto con attualità
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Riccardo Viale, "La cultura dell’innovazione. Comportamenti e ambienti innovativi"
Il Sole 24 ore, Milano, 2008
confronto con attualità
Quanto sono attuali le tesi esposte nel libro e, se non lo sono,
come possono essere riportate ai giorni nostri?
Fin dal primo capitolo il libro esplicita la tesi chiave sulla quale vengono argomentati tutti i contenuti successivi: il concetto “d’innovazione permanente” del quale è pervasa la società odierna.
La trattazione dei vari contenuti, di cui sono riferimento i rispettivi capitoli e autori, non pecca certo di completezza “orizzontale”, intendendo con questo l’efficacia nel far interagire contributi
multidisciplinari riuscendo a offrire una completa panoramica dei
possibili punti di vista in base ai quali si può affrontare la tesi principale; tuttavia i singoli contributi non si possono certo dire del
tutto esaustivi per quanto concerne una panoramica “verticale”
di approfondimento delle tesi esposte: spesso le tesi non si prendono lo spazio per giustificarsi con esempi esplicativi e legati alla
contemporaneità, piuttosto risultano come “postulati” da prendere come veri per fiduciosa assunzione o gli esempi riportati sono
del tutto anacronistici.
Volendo azzardare un’analisi del grado d’innovazione dei contenuti
e della modalità espositiva del libro, si potrebbe dunque dire che
per i primi il libro risulta “politicamente corretto”, esaustivo ed
efficace ma non certo azzardato, per la seconda il tono è invece
molto più in linea con le tesi veicolate, la collaborazione, l’interdisciplinarietà, l’aria di democratizzazione tipica di un’apertura ad
una struttura di divulgazione della conoscenza non più a piramide
bensì a rete, così come suggeriscono le ultime frontiere dell’open
innovation, dove il giudizio del valore dei singoli contributi viene
rimandato in questo caso ai lettori.
Il libro parla dell’oggi e del modo in cui fino ad oggi si è cercato di
progettare il domani, le sue tesi non possono dunque che essere
attuali, anche se si è spiegato come in effetti gli approfondimenti esplicativi di queste tesi sarebbero potuti essere più legati a
esempi cronologicamente più recenti; sarebbe stato apprezzabile
un approccio, in parallelo all’indiscutibilità delle tesi esposte,
legato ad un maggior sforzo di visioning sulle tendenze delle future discussioni metaprogettuali riguardanti l’innovazione.
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confronto con attualità
In conclusione il libro propone una solida visione a 360 gradi come
valido spunto di partenza per affrontare la tematica dell’innovazione e attivare una riflessione personale su quale può essere la
coniugazione attuale adeguata a perseguirne gli scopi. Uno stimolo di sicuro interesse per chi nella propria professione, a qualsiasi
livello, è costretto a scontrarsi con questa variabile.
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Riccardo Viale, "La cultura dell’innovazione. Comportamenti e ambienti innovativi"
Il Sole 24 ore, Milano, 2008
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conclusioni
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Riccardo Viale, "La cultura dell’innovazione. Comportamenti e ambienti innovativi"
Il Sole 24 ore, Milano, 2008
conclusioni
Applicando una barbarie, come direbbe Baricco, sviluppiamo i giudizi col metodo di feedback a stelline di gradimento ed un breve
commento
comprensibilità
Richiede concentrazione e riflessione ma di base complessivamente ben spiegato
leggibilità
Il libro non racconta in chiave parabolica ne metaforica, il carattere
è spiegativo e non discorsivo
interesse
Di sicuro interesse professionale, la trattazione degli argomenti si
avvicina spesso a tematiche condivisibili col design
grado di approfondimento
Il dettaglio di una teoria è spesso rimandato alla bibliografia privilegiando un’infarinatura generale, di sicura efficacia la scelta di
affidare le tematiche dei capitoli ai diretti esperti
utilità
Avere prospettive diverse ed esterne degli stessi temi discussi nel
design
applicabilità e spendibilita' dei contenuti
Lo sforzo nel dare suggerimenti pratici su come affrontare le pratiche progettuali legate all’innovazione è costante e ben riuscito
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schemi
tesi del libro
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schemi
capitolo 1
origini storiche dell'innovazione permanente
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schemi
capitolo 3
creatività e innovazione
“L’innovazione cambia i modi di vivere, di pensare, di interagire con gli altri, di
proiettarsi nel futuro e ridefinire il passato, al punto che poi risulta impossibile
- o viene psicologicamente percepito come tale - “tornare indietro”.
(Paolo Cherubini “Creatività e innovazione”)
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schemi
capitolo 4
propensione a innovare e conoscenze di sfondo
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schemi
capitolo 5
la dimensione locale dell'innovazione
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schemi
capitolo 6
la capacità di innovare nelle imprese
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schemi
capitolo 7
conoscenza tecnologica e innovazione:
il ruolo crescente della comunicazione
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approfondimenti
back cap1
1// origini storihe di innovazione permanente
Il capitolo di Viale ci mostra con esempi e cenni storici quali cambiamenti hanno portato alla situazione esistente di innovazione
permanente. Di particolare interesse per noi designer è l’attenzione che in questo clima viene data alla conoscenza, e quindi alla
ricerca e sviluppo, di cui siamo chiamati anche noi ad occuparci.
Ciò che caratterizza infatti il cambiamento avvenuto tra fine ‘800
e inizi ‘900 e che diventa il marchio del XX secolo è il ruolo crescente della conoscenza come fattore di vantaggio competitivo
dell’impresa, a cui il mondo finanziario trasferisce ingenti risorse
attraverso nuovi strumenti, prevalentemente di capitale di rischio.
La conoscenza però non è un bene escludibile, non è rivale ed è
cumulativo, perciò per un’impresa diventa difficile utilizzare pienamente e per lungo periodo il vantaggio derivante dal suo possesso. Diventa fondamentale quindi investire sempre più in attività
che generano nuova conoscenza o che rendono utilizzabile quella
presente in tempi brevi. Come ci dice Viale in settori molto innovativi la percentuale di lavoratori non impegnati nella produzione
raggiunge anche l’80 %. Questi dati, insieme a quelli relativi ai
sempre maggiori rapporti tra università e impresa, sembrano aprire molte opportunità lavorative per noi progettisti. Sicuramente,
visto il clima di innovazione permanente e il ruolo determinante
della nuova conoscenza, non possiamo immaginare la nostra professione senza immaginare una continua attività di ricerca (<<La
ricerca non ha fine>> sostiene infatti Popper). È inoltre importante
per noi anche la capacità di riuscire ad applicare la conoscenza
esistente in campi diversi da quello in cui è stata sviluppata: non è
infatti sempre facile generare nuova conoscenza, però si possono
generare innovazioni trasferendo quella esistente da un campo
all’altro.
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back cap2
2// ostacoli cognitivi e innovazione
Ostacoli 1
"Bassa sensibilita" all’esistenza di
problemi
"Attribuzione": tendenza delle persone ad attribuirsi la responsabilità di errori che sarebbero invece da ascrivere a un’inadeguada progettazione o all’eccessiva complesità del compito
"Fissità funzionale": considerare un oggetto come invariabilmente associato alle sue funzioni più tipiche e comuni
Relativi suggerimenti:
Valutate con attenzione i casi in cui qualcosa non funziona
come dovrebbe
Chiedetevi se qualcosa che sembra funzionare adeguatamente potrebbe essere modificato per funzionare meglio o
per svolgere qualche importante funzione addizionale
Prendere nota delle circostanze nelle quali si è pensato "se
solo esistesse qualcosa che..."
Considerate le situazioni assumendo punti di vista differenti
Privilegiate l'azione di shadowing piuttosto che il colloquio
diretto con le persone
Ponete l'attenzione agli usi impropri dei prodotti e alla presenza di oggetti "non previsti" ma abilitanti una qualche attività
d'interesse
Pensate ai diversi modi di utilizzare un oggetto, in associazione ad una serie d'idee scelte a caso, anche molto dissimili
dall'oggetto in questione
Provate a combinare le caratteristiche di diversi oggetti in
una sola rappresentazione
Provate a pensare in termini provocatori: prendete seriamente idee provocatorie o ironiche ed esploratene le conseguenze
Ostacoli 2
Si è spesso di fronte ad un “problema mal strutturato”
(cfr. “Termini in evidenza)
Di solito, sono evidenti solo alcuni vincoli generali sul tipo
di soluzione e altri vincoli relativi ai costi e ai mezzi disponibili
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approfondimenti
2// ostacoli cognitivi e innovazione
La conoscenza vincola lo spazio della ricerca della soluzione, questo può talvolta costituire una fonte di difficoltà; può
farci focalizzare su un percorso di soluzione solo apparentemente
promettente oppure può farci immaginare dei vincoli che non sono
realmente coercitivi
”Parzialità”: Spesso le persone sono in grado d’immaginare
solo un numero limitato di opzioni, coprendo una parte piuttosto
ridotta dello spazio delle possibilità
Indisponibilità di conoscenza adeguata a risolvere il problema
Utilizzo di una rappresentazione inadeguata, incapace di
semplificare la ricerca nello spazio del problema
Incapacità di percepire le possibili corrispondenze strutturali fra il problema dato e un problema risolto in passato in un
diverso ambito e/o incapacità di adattare la soluzione passata alla
nuova realtà
Relativi suggerimenti:
Se non avete le conoscenze necessarie ricorrete a consulenti, esperti e amici
Utilizzate schemi e diagrammi per rappresentare la situazione attuale, utile per mettere a nudo la struttura del problema e
per liberare la memoria di lavoro durante la ricerca di una soluzione
Affrontate un sotto-problema per volta
Cercate d'immaginare rappresentazioni alternative di un
problema pensando anche in termini inusuali
Rendete espliciti i vincoli che state applicando alla situazione e chiedetevi se ci sono dei vincoli che potete abbandonare
Chiedetevi se esistono altri problemi con una struttura
simile(anche in ambiti diversi), in quale modo sono stati risolti?
(=produrre una soluzione per analogia Es. la soluzione per un problema medico viene ricavata da una strategia militare)
Un "gruppo di singoli individui" è più efficace di una sessione di brainstorming
Non insistete troppo sulle soluzioni che avete individuato,
date la caccia all'idea che manca
Evitate di pensare al problema ed alle soluzioni individuate
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back cap 2
2// ostacoli cognitivi e innovazione
per qualche giorno
Non copiate ma sentitevi liberi di prendere spunto
Ostacoli 3
Difficoltà nel rendersi conto che le vecchie procedure possono essere sensibilmente migliorate
“Opzione focale”: Può essere molto difficile individuare un
metodo nuovo se ci si concentra troppo sulle caratteristiche del
vecchio metodo
Relativi suggerimenti:
Considerate i vari sotto-processi che compongono le procedure più complesse che state esaminando
Prendete mentalmente le distanze dalla soluzione esistente, provate a pensare qualcosa di completamente nuovo prima di
considerare variazioni meno radicali
Sono stati riportati solo i suggerimenti che più strettamente possono essere utili alla figura del progettista.
Termini in evidenza:
"Problemi mal definiti": quei problemi in cui non sono definiti bene
ne l'obiettivo da raggiungere ne gli operatori necessari al raggiungimento
"Impasse": Rimanere bloccati a lungo in uno o più stadi del processo di individuazione della soluzione
"Fissità funzionale": considerare erroneamente un oggetto come
invariabilmente associato alle sue funzioni più tipiche e comuni
"gruppo di singoli individui": competenze multidisciplinari, a ognuno si fornisce una descrizione del problema chiedendo di generare, individualmente, qualsiasi soluzione possibile, mettere poi a
diagramma le soluzioni proposte e ragionarci insieme e con anche
altri collaboratori
"Einstellung": la tendenza ad utilizzare un metodo già appreso per
risolvere un problema, anche quando il problema potrebbe essere
risolto con un metodo più semplice ma nuovo
Citazioni:
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approfondimenti
back cap 2
2// ostacoli cognitivi e innovazione
"I buoni problemi non sono evidenti, e la loro ricerca è resa difficile
da alcuni vincoli cognitivi [...] ci attribuiamo la responsabilità degli
errori e degli ostacoli che costellano le nostre attività quotidiane,
non considerando la possibilità che essi siano invece da ascrivere
alla cattiva progettazione degli oggetti o delle soluzioni tecnologiche" [P.74 r.12]
"Trovare la rappresentazione adeguata è uno dei passi decisivi per
individuare la soluzione"
[P.81 r.29]
"L'abitudine può rendere ciechi" [P.85 r.18]
"La presenza di condizioni stressanti e la pressione temporale possono limitare la capacità di individuare nuove soluzioni" [P.87 r.12]
Molti concetti sono ripresi da una cultura metaprogettuale tipica
del bagaglio nozionistico dei testi fondamentali del percorso formativo di un progettista; è tuttavia interessante il fine di concreta
applicabilità che è stato dato ai suggerimenti.
Fabio Del Missier // è ricercatore e docente di Psicologia generale presso la facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di
Trieste.
E’ attualmente attivo nelle aree di ricerca riguardanti la Psicologia
della decisione, le Basi mnestiche dei processi decisionali e i Processi di memoria e di controllo.
Rino Rumiati // è professore ordinario di Psicologia cognitiva e Psicologia della comunicazione presso la facoltà di Lettere e Filosofia
dell’Università di Padova
Le sue altre pubblicazioni recenti fanno chiaramente capire che
dei due autori è quello più addentro all’applicazione pratica della
decisione manageriale:
• Decisioni manageriali. Come fare scelte efficaci, Rumiati
Rino; Bonini Nicolao, 2010, Il Mulino
• Decidere, Rumiati Rino, 2009, Il Mulino
• Rischiare. Quando sì e quando no nella vita di ogni giorno,
Rumiati Rino; Savadori Lucia, 2009, Il Mulino
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back cap 3
3// creatività e innovazione
Non possiamo non notare un legame forte di questo capitolo con il
campo che ci interessa di più, il Design. Quando si parla del design,
è sottointesa la presenza tacita della “creatività” ed “innovazione”. Non è vero? Giusto, questo non è sempre vero, anzi molto
spesso i fenomeni sopraccennati non accompagnino i progetti di
design. Purtroppo nell’immaginario comune ad un nuovo progetto
(inteso come qualsiasi prodotto dell’attività progettuale) troppo
spesso viene assegnata la “targhetta” dell’innovativo, anche se
non lo è assolutamente. Questo accade di solito perché il termine “innovazione” viene usato in modo incorretto. Così Cherubini
propone circoscrivere il significato del termine “innovazione” e ci
spiega gli origini dell’innovazione e della creativi.
L’innovazione è l’affermarsi e diffondersi di una novità tale da
cambiare significativamente e in modo duraturo alcuni aspetti della vita di un gruppo umano. Da questa definizione si individuano
alcune dimensioni che possono descrivere il progetto come innovativo e prevedere il suo successo, ovvero:
- La presenza di una novità;
- Il suo affermarsi e diffondersi in un gruppo;
- Il cambiamento significativo e duraturo di alcuni aspetti
della vita di quel gruppo.
Cosi la novità può assumere diversi valori: novità locale(come trasferire un prodotto già noto in un nuovo mercato) o novità in
senso stretto(ad es una nuova invenzione tecnologica); novità
“tangibili” (concreti, tecnologici) e quelli “intangibili” (culturali,
sociali, ideologici).” Sono aspetti in parte indipendenti, ma è difficile o addirittura impossibile- dice Cherubini- che un processo di
innovazione prevede il diffondersi di novità solo tangibili o solo
intangibili”.
Per quello che riguarda il diritto all’esistenza delle invenzioni, Cherubini dice che “un nuovo prodotto tecnologico è - o è destinato
ad essere – cosa morta se non veicola promesse di cambiamento
culturale: ridurre la fatica, aumentare il piacere, il senso di salute,
il divertimento, la desiderabilità sociale di chi lo possiede; in breve
aumentare la qualità della vita. Poco importa se quelle promesse
siano fondate o meno: l’importante è che siano ritenute tali, fino
a rendere essenziale quel manufatto”. Molto curioso l’esempio del
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approfondimenti
3// creatività e innovazione
telefono cellulare, paradossale ma maggior parte delle persone
non possono più rinunciarci, e fare un passo indietro, anche se
sostiene che questa invenzione abbia ridotto la qualità della vita.
Solo a pensare quanti oggetti di design inizialmente erano pensati
come “assistenti” per facilitarci la vita, in realtà con passare del
tempo ci creavano tanti altri problemi, spesso più gravi. Temo
che maggior parte delle invenzioni geniali del secolo scorso (non
osiamo pensare a quelle che ci aspettino ancora) hanno più effetti
“collaterali”, ma ormai sono talmente presenti nella nostra vita
quotidiana che non ce lo possiamo immaginare di farne a meno.
Per fortuna la cecità del consumismo - anche se lentamente, ma - sta lasciando lo spazio alla coscienza comune e razionalità
nel utilizzo delle risorse.
Per quello invece che riguarda “le mode passeggere” sono
le affermazioni e diffusioni di novità, ma non sono innovazione.
“La diffusione e l’accettazione della novità dipende soprattutto da fattori sovraindivudali, e in essa la creatività individuale
– o la sua assenza - non gioca un ruolo di rilievo. Ma per quanto
riguarda la genesi - e lo sviluppo – della novità, la creatività
individuale, “il pensiero fuori dal coro”, può avere un ruolo importante”. Così in seguito di questa affermazione Cherubini identifica
la creatività di due tipi:la creatività del I tipo (il problem solving)
e la creatività del II tipo (la capacità di inventare cose veramente
nuove). Purtroppo l’ultima è molto più rara.
Paolo Cherubini // (1968) attualmente professore ordinario
presso Dipartimento di Psicologia all’Università degli Studi di Milano – Bicocca (dal 2001).
Insegna psicologia del pensiero, psicologia della comunicazione, e psicologia della decisione.
Laureato in psicologia a Padova nel (1991), ha concluso
PhD in psicologia generale e sperimentale a Padova (1996) con
permanenza all’Università del Sussex (1994).
Dal 1996 al 2000 ha lavorato nel privato organizzando
corsi di formazione e offrendo servizi di consulenza in decision
making e problem solving.
Dal 1998 al 2000 ha usufruito di una borsa di post-dot-
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back cap 3
3// creatività e innovazione
torato presso l’università di Padova, continuando l’attività di ricerca iniziata nel dottorato ed insegnando nel corso di psicologia
del pensiero del prof. Alberto Mazzocco. Nel 2000 è iniziata una
collaborazione di ricerca con il prof. Johnson-Laird della Princeton
University, tuttora in corso.
Sua area di ricerca si espande soprattutto sulla psicologia
sperimentale di ragionamento, decisione, e orientamento dell'attenzione, investigandone le caratteristiche funzionali, le basi neurali, e gli aspetti applicativi (in area medica, giuridica, e nello sviluppo di opinioni e credenze sociali). Ha pubblicato diversi articoli
scientifici e alcuni libri.
Pubblicazioni:
1. P. Cherubini, P.N. Johnson-Laird (2004).
"Does everyone love everyone? The psychology of iterative reasoning"
In: Thinking and Reasoning, vol. 10, pp. 32-53.
2. S. Sacchi, P. Cherubini (2004).
"The effect of outcome information in evaluating physician's own diagnostic decisions".
In: Medical Education, vol. 38, pp. 1028-1034.
3. P. Cherubini, E. Castelvecchio, A.M. Cherubini (2005).
"Generation of hypotheses in Wason’s 2-4-6 task: an information theory
approach".
In: Quarterly Journal of Experimental Psychology Section A-Human Experimental P., vol. 58, pp. 309-332.
4. P. Cherubini (2005).
Psicologia del pensieroMilano: Raffaello Cortina.
5. P. Cherubini, D. Rossi, R. Rumiati, F. Nigro, A. Calabro (2005).
"Improving attitudes toward prostate examinations by loss-framed messages". In: Journal of Applied Social Psychology, vol. 45, pp. 732-744.
6. P. Cherubini, M. Burigo, E. Bricolo (2006).
"Inference-driven attention in symbolic and perceptual tasks: Biases toward expected and unexpected inputs"
In: Quarterly Journal of Experimental Psychology Section, vol. 6, pp. 597624.
7.P. Cherubini, D. Giaretta, A. Paternoster, M. Marraffa (a cura di).
Cognizione e computazione, Padova: CLEUP, 2006.
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approfondimenti
4// propensione a innovare e conoscenza di sfondo
Il design è parte integrante di un qualsiasi processo di innovazione
e per questo motivo è soggetto a quegli stessi fattori di influenza
precedentemente descritti.
Il design, in quanto espressione dell’atto progettuale, riflette ed
evidenzia i caratteri fondamentali della conoscenza di sfondo del
progettista, e del contesto socio-culturale in cui è inserito. E’ per
questo motivo che delle stesse soluzioni tecnologiche vengono
sviluppate in modo differente in base alle aziende e ai mercati di
riferimento.
I distretti industriali del nord-est italiano sono un esempio di
come il contesto socio-culturale può garantire la propensione
all’innovazione di una determinata porzione sociale, stanziata
in un determinato luogo geografico, in un determinato periodo
storico. In questo caso i rapporti personali si mischiano a quelli
lavorativi, creando una diffusione spontanea di conoscenza, in un
rapporto di mutua influenza tra conoscenza tecnologica, sociale
e culturale.
Un terreno fertile per il design che ne assorbe e riflette le
dinamiche sociali e innovative.
La tesi del capitolo, ovvero l’influenza della conoscenza di sfondo
e del contesto socio-culturale sulla propensione all’innovazione di
una data porzione sociale, è argomentata in modo convincente
con riferimenti a studi teorici recenti; le riflessioni dell’autore sono
esposte in modo chiaro e risultano facilmente comprensibili. L’unico
difetto, se così lo si vuol chiamare, è quello di non sottoporre al
lettore esempi concreti e attuali di tale influenza. Viene, infatti,
esposta ed argomentata soltanto la motivazione socio-culturale
che ha impedito la verifica della rivoluzione industriale in Cina nel
XIV secolo. Un esempio sicuramente coerente all’argomentazione
generale, ma probabilmente poco coinvolgente per il lettore, che
probabilmente preferirebbe esempi contemporanei.
Andrea Pozzali // Nato nel 1973, dopo la maturità scientifica
ha conseguito la laurea con lode in Economia Politica presso
l'Università Commerciale "Luigi Bocconi" di Milano. È dottore di
ricerca in Sociologia applicata e metodologia della ricerca sociale
presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca.
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Riccardo Viale, "La cultura dell’innovazione. Comportamenti e ambienti innovativi"
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back cap 4
4// propensione a innovare e conoscenza di sfondo
I suoi principali interessi di ricerca riguardano l'analisi del ruolo
della conoscenza tacita nei processi di trasferimento tecnologico,
lo studio delle differenze epistemologiche e socio-cognitive tra
mondo della ricerca pubblica e mondo della ricerca privata, i
problemi di governance dei sistemi di ricerca a livello nazionale
e locale e le dinamiche territoriali di promozione dell'eccellenza
scientifica e della competitività economica.
È autore di pubblicazioni nazionali ed internazionali sui temi del
trasferimento scientifico e tecnologico e sulla dimensione locale
dell'innovazione.
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approfondimenti
5// la dimensione locale dell'innovazione
Quello che emerge dall’analisi del caso della Silicon Valley in
confronto ad altri e quindi dagli studi sui sistemi d’innovazione
locale è il fatto che i contesti in cui si concentrano le innovazioni
presentano un mix unico e non facilmente riproducibile o
trasferibile di fattori istituzionali, culturali, sociali, economici, di
pratiche condivise, di saperi locali e di attitudini individuali. La
conoscenza scambiata in questi contesti è spesso di tipo tacito,
legata all’esperienza e localizzata. Per tutti questi motivi è difficile
progettare e prevedere contesti di innovazione. Sicuramente
però, come affermano Martinotti e Pozzali, le città costituiscono
un contesto estremamente favorevole all’innovazione, perché
consentono la confluenza in uno stesso luogo di una massa critica
di persone, e quindi di capitale umano e creativo di talento e lo
sviluppo di una rete di relazioni che incoraggiano il confronto tra
individui diversi, lo scambio e la circolazione continua di esperienza
e punti di vista, facilitando così l’emergere di nuove soluzioni e
idee. Nella classifica stilata da Wired nel 2000 che ha identificato i
46 principali hubs of technological innovation non compaiono città
italiane.
image source http://hdr.undp.org/en/media/HDR_2001_map_appendix_1_3.pdf
L’Italia rientra però tra i potential leaders, che Wired descrive così:
“most of these countries have invested in high levels of human
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back cap 5
5// la dimensione locale dell'innovazione
skills and have diffused old technologies widely but innovate little.
Each tends to rank low in one or two dimensions, such as diffusion
of recent innovations or of old inventions. Most countries in this
group have skill levels comparable to those in the top group.”
È vero che i contesti di innovazione non possono essere progettati
però forse bisogna cercare di capire quali sono i fattori che fanno
rimanere l’Italia un “potential leader” e che non fanno sì che città
come Milano, ad esempio, diventino hub d’innovazione. Queste
riflessioni farebbero propendere noi designer a dirigerci in contesti
lavorativi collocati soprattutto nell’area anglosassone, come si
vede dalla mappa. D’altra parte un’ulteriore riflessione che ci muove
è: con il sempre maggiore peso delle tecnologie dell’informazione
e della comunicazione (che consentono incontri virtuali, scambi
di conoscenze, progettazione collaborativa ecc.), i contesti locali
avranno ancora un ruolo così importante nella generazione di
innovazioni? Piuttosto non potrebbero essere i contesti virtuali
(come quelli delle comunità creative che stanno emergendo sul
web) a diventare culle di innovazione?
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approfondimenti
6// la capacità di innovare nelle imprese
Uno dei fattori di successo per un’azienda è la capacità di creare
un design, soprattutto per quanto riguarda il prodotto, vincente
(dominant design), che diventi standard strutturale per le
innovazioni successive.
Un’ innovazione di prodotto non può limitarsi alla soluzione di un
problema tecnologico, ma deve basarsi sulla comprensione del
mercato, dei bisogni dell’utilizzatori, di come il prodotto verrà
usato e per quali fini. Le imprese innovative devono cogliere
segnali dall’esperienza commerciale e dall’interazione con gli utenti
stessi, oltre a formare il mercato creando nuovi bisogni e utilizzi.
Manufatti complessi, ma anche servizi, possono essere realizzati
in modi molto diversi e spesso, almeno nel periodo iniziale di vita
di un prodotto, vi sono molti design o architetture alternative che
competono sul mercato. Chi ha visitato il museo dell’automobile
ha potuto constatare l’enorme varietà e vastità del design che
caratterizzò i primi decenni, a cavallo tra fine Ottocento e inizio
Novecento, sicuramente ben superiori alla varietà che possiamo
osservare oggi. Doveva ancora essere identificato il design
dominante per la forma e la funzionalità che dovesse avere
un’automobile. Altri esempi di questa varietà nel periodo iniziale
sono il lancio sul mercato dei personal computer, delle console per
videogiochi o degli elettrodomestici.
Prevedere a priori quale design prevarrà è molto difficile; nella
competizione tra le diverse soluzioni di design interagiscono
molti fattori: tecnologici, economici, psicologici, sociali, politicoistituzionali. Per aiutare le aziende a capire dove e come innovare si
sono sviluppati negli ultimi anni diversi approcci alla progettazione:
sempre più spesso le aziende instaurano rapporti diretti con i
clienti finali. Ciò permette loro di avere un immediato feedback
su i loro prodotti, suggerimenti per possibili miglioramenti, fino a
favorire situazioni di collaborazione per co-creare insieme nuovi
prodotti. Lo scambio di competenze e informazioni tra le varie
aziende risulta fondamentale per raggiungere più velocemente gli
obiettivi prefissati. L’eventuale presenza di esternalità di rete può
conferire un vantaggio decisivo al primo che riesce a servire una
massa critica del mercato.
Marengo illustra in modo molto chiaro i diversi fattori che possono
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Riccardo Viale, "La cultura dell’innovazione. Comportamenti e ambienti innovativi"
Il Sole 24 ore, Milano, 2008
back cap 6
6// la capacità di innovare nelle imprese
conferire innovazione in un’azienda. Essere pronti e flessibili ai
cambiamenti che le tecnologie, la società o il mercato ci impongono
è importantissimo; ma ancor più importante è la capacità di
mantenere questa elasticità nel tempo e non “adagiarsi” al
primo successo. Dalla lettura risulta chiaro il comportamento che
l’azienda dovrebbe assumere nonostante il testo mantenga una
linea molto teorica. A mio avviso tuttavia i concetti presentati nel
capitolo sono tanto condivisibili quanto supportati da esempi poco
attuali.
Luigi Marengo // Professore ordinario di Economia politica
presso la Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento
S. Anna di Pisa.
Ha conseguito il dottorato di ricerca in Economia politica
presso l'Università del Sussex e una Laurea in Economia presso
l’università di Torino.
Le sue aree di ricerca principali sono l'economia organizzativa,
l'economia del cambiamento tecnologico e dinamiche di settore,
la teoria della decisione e l'economia sperimentale.
Maria Dukhvalova // Francesco Donati // Chiara Gambarana
Eleonora Ganini // Flavia Frison // Clara Fustinoni // Dina Skuratovich
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approfondimenti
7// conoscenza tecnologica e innovazione:
il ruolo crescente della comunicazione
In questo capitolo viene posta l’enfasi sul fatto che per innovare
bisogna trarre conoscenza da diverse fonti, proprio come il design.
La nozione di conoscenza collettiva definisce il fatto che questa
è dispersa in frammenti che appartengono a diversi proprietari.
L’apprendimento viene quindi dalle imprese, dalle attività di
R&S e dall’accumulazione di conoscenze esterne. Bisogna che
per innovare, come per progettare, ci sia cooperazione che si
costruisce sulla comunicazione e sullo scambio di competenze
e informazioni. Le imprese ora più che mai sono incentivate a
condividere le proprie conoscenze, uniscono la produzione interna
all’apprendimento esterno. Ad esempio l’azienda Procter and
Gamble (P&G) si pose l’obiettivo di sviluppare il 50% dei nuovi
prodotti attraverso l’acquisizione di conoscenza dall’esterno, non
per ridurre il numero di dipendenti, ma per sfruttare al meglio le
competenze alimentando lo sviluppo di nuovi prodotti. “Proudly
found elsewhere”. L’idea è di adottare un approccio proattivo, con
partner sempre diversi che generano nuovo valore e conoscenza.
Nel campo del design anche coinvolgere l’utente può portare
alla generazione di nuove idee. Alcune aziende famose ci hanno
provato, come nel caso famosissimo dell’IKEA che lascia la
possibilità all’utente finale di combinare opzioni pre-definite;
oppure Nike che con il suo progetto NikeID mette a disposizione
una piattaforma di personalizzazione dei prodotti. In questi casi
però l’utente partecipa in modo non progettuale, poiché deve
solo ricombinare a piacimento delle opzioni, le aziende dovrebbero
lasciare ancora più libertà di espressione agli utenti, realizzando
dei tool adatti allo scopo.
Anche sul web si tenta di mettere in condivisione conoscenze,
ad esempio con la nascita dei tag e di servizi come Delicious che
utilizzano il social bookmarking per organizzare le risorse web
e condividerle col mondo. Col passare del tempo poi si arriva al
fenomeno dei contenuti generati dagli utenti (User Generated
Contents – UGC), il web 2.0 che dà autonomia alle persone. Qui
ci si lega al mondo del design con la nascita di piattaforme in
cui vengono proposti concorsi di tipo progettuale, come Zooppa
o RedesignMe. Questo porta però all’altra faccia della medaglia
dell’UGC che è il Crowdsourcing che assume il punto di vista
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Riccardo Viale, "La cultura dell’innovazione. Comportamenti e ambienti innovativi"
Il Sole 24 ore, Milano, 2008
back cap 7
7// conoscenza tecnologica e innovazione:
il ruolo crescente della comunicazione
dell’impresa per descrivere la possibilità di attingere dall’esterno
coinvolgendo la collettività.
Un esempio di Crowdsourcing è stata la campagna di lancio della
nuova 500, la Fiat a cinquecento giorni dal lancio ha dato vita
ha una grande campagna di promozione che mirava a coinvolgere
il più possibile gli utenti finali. “500 wants you”. Il sito della
campagna è diventato un laboratorio di idee, con sezioni dedicate
ai designer, ai web designer, ai writer etc. La Fiat aveva chiesto di
realizzare un’infinità di cose: slogan, manifesti, video, mascotte,
ognuno poteva apportare il proprio contributo nella realizzazione
della nuova macchina e della campagna promozionale.
Il capitolo scritto da Patrucco resta su linee molto teoriche, ci fa
capire che ai giorni nostri le imprese per guardare avanti hanno
bisogno di conoscenza. Questa non deriva più solamente dall’interno
ma soprattutto varcando i confini dell’azienda, instaurando rapporti
di collaborazione con altre imprese, organizzazioni e università. Il
ruolo crescente della comunicazione tecnologica permette questo
superamento dei confini e favorisce la cooperazione per portare
alla realizzazione di nuovi prodotti, servizi, tecnologie e processi.
Pier Paolo Patrucco // è ricercatore di Politica economica
presso il Dipartimento di Economia dell’Università di Torino e
ricercatore associato presso il Collegio Carlo Alberto (Moncalieri,
TO).
Ha conseguito il Dottorato in Economia presso l'Università di
Nizza-Sophia Antipolis, un Master in Economia presso l’ISTAO di
Ancona e una Laurea presso l'Università di Torino.
I suoi principali interessi di ricerca sono rivolti all’economia della
conoscenza, innovazione e nuove tecnologie, economia industriale
ed economia regionale. Ha lavorato e tutt’ora collabora come
recensore a diverse riviste di settore, è membro della Società
Italiana degli Economisti ed ha numerose pubblicazioni riguardanti
l’economia dell’innovazione.
Maria Dukhvalova // Francesco Donati // Chiara Gambarana
Eleonora Ganini // Flavia Frison // Clara Fustinoni // Dina Skuratovich
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approfondimenti
8// complessità nei percorsi dell'innovazione
In quanto l'argomento è molto complesso, bisogna faresi uno
studio sui modelli di studio della complessità. L'autore ci propone
4 modalità principali:
riprodurre i modelli di studio im scala
studio letterario che riporta gli accadimenti di un certo periodo e
gli studia, estraendo cause, legami, effetti, approfondimenti etc
studio matematico, basato sui modelli descritti con equazioni
studio degli agenti che operano nella realtà virtuale, con le
caratteristiche tanto simili alla realtà, quanto lo decide il
ricercatore.
E' Interessante approfondire l'ultimo modello di ricerca in
quanto è recente ed innovativo. Sono i linguaggi grafici di
programmazione che permettono realizzare i modelli degli
ambienti con degli agenti (programmi indipendenti) che operano
secondo le regole prestabilite. Dopo avvio del sistema gli
attori entrano in contatto tra di loro e interagiscono secondo
i loro profili, che permette osservare i comportamenti singoli
e di gruppi (se si formano nel corso di interazione) e capire le
tendenze di comportamento.
L'autore ci fornisce degli esempi di questi tipi di ambienti:
il software sviluppato dai studiosi di MIT, basato sul
linguaggio Logo, NetLogo e StarLogo
un altro modello sugli agenti – SLAPP (Swarm Like Agent
Protocol in Python)
I modelli basati sugli agenti (Agent Based Model – ABM) è un
classe di modelli di calcolo per simulare gli azioni ed interazioni
di agenti autonomi per poter osservare gli effetti di essi sul
sistema in generale. E' una combinazione di teoria dei giochi,
dei sistemi complessi, sociologia di calcolo e programmazione
evoluta.
I modelli basati sugli agenti in generale sono composti da:
1- numerosi agenti specificati su diverse scale (profilati),
2- euristica decision-making, 3- regole o processi adattivi,
4-topologia interattiva, 5- ambiente.
Pietro Terna // è professore ordinario di Economia politica pres-
so la Facoltà di Economia dell'Università di Torino, dove insegna
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Riccardo Viale, "La cultura dell’innovazione. Comportamenti e ambienti innovativi"
Il Sole 24 ore, Milano, 2008
back cap 8
8// complessità nei percorsi dell'innovazione
Microeconomia e Simulation models for economics. Svolge anche
attività didattica in forma seminariale nel campo delle applicazioni
della simulazione in economia, sviluppando una scuola nella specifica disciplina. Insegna nel corso di simulazione economica per i
dottorandi della Scuola di dottorato in economia di Torino.
E' autore di numerosi lavori pubblicati su riviste e in volumi collettivi, pubblicati in Italia e all'estero, nonché coautore di un volume
sulle applicazione delle reti neurali artificiali all'economia.
La produzione scientifica copre i temi: delle applicazioni Monte
Carlo all'analisi di stimatori o situazioni limite in econometria; della analisi quantitativa dei fenomeni economici; delle metodologie
di calcolo per l'analisi dei fenomeni economici. Ha dedicato gran
parte della ricerca più recente, oltre al tema delle reti neurali per
la costruzione di agenti capaci di apprendimento e scelte, alla utilizzazione di tecniche avanzate di simulazione per la costruzione
di modelli economici.
I risultati ottenuti riguardano sia la discussione del paradigma
dell'agente rappresentativo, sia la necessità - e in quale forma
– della presenza di razionalità negli agenti economici per la spiegazione della complessità dei fenomeni aggregati. I lavori mostrano come agenti non dotati di "mente", ma che adottino semplici modalità di comportamento ed eventualmente apprendano
dall'ambiente nuove routine per le scelte e per la valutazione delle
relative conseguenze, possano determinare, interagendo, eventi
come la nascita di un mercato multi-agente o la complessità delle
serie storiche di un mercato di borsa.
Ancor più recentemente i lavori si sono indirizzati verso la simulazione dell’impresa e delle organizzazioni, nonché dei processi di
scelta all’interno di tali strutture. La simulazione delle organizzazioni e della loro interazione sta conducendo allo sviluppo di una
piattaforma di simulazione multi-agente e multi-modello, in grado
di rappresentare situazione complesse
Maria Dukhvalova // Francesco Donati // Chiara Gambarana
Eleonora Ganini // Flavia Frison // Clara Fustinoni // Dina Skuratovich
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Facoltà del design
Open lecture Design of the other Things
anno accademico ‘10-’11
Docente: Stefano Maffei
Cultori: Massimo Bianchini | Ursula Borroni | Beatrice Villari