Un`esperienza d`integrazione attraverso il cineforum
Transcript
Un`esperienza d`integrazione attraverso il cineforum
Un'esperienza d'integrazione attraverso il cineforum Dal 2003 si è lavorato nel territorio della ASLRomaH per sviluppare la cultura e la pratica della mutualità, creando condizioni per cooperare, acquisire consapevolezza, partecipare attivamente, recuperando responsabilità personale anche nella direzione di superare lo stigma e il pregiudizio che troppo spesso si genera nell’ambito del disturbo mentale. Si sono attivati diversi gruppi di auto mutuo aiuto. Si sta lavorando per creare dei circuiti di confronto e di cooperazione per “fareassieme”, per facilitare al meglio la promozione e il mantenimento di un benessere che richiede sempre più la diretta partecipazione degli utenti e dei familiari.. L’obiettivo è quello di diventare concreti nella direzione di promuovere e sostenere iniziative sociali che accolgono i nostri utenti, cercando insieme strategie utili al recupero delle loro risorse . L’iniziativa di organizzare periodicamente la visione di alcuni film “mirati” con la possibilità di un commento finale rientra in quest’ottica. Infatti, la prima condizione per lavorare assieme è la possibilità di conoscersi, di parlare, di riflettere, di confrontarsi. Abbiamo visto per due volte il salone del CSM trasformarsi in una sala cinematografica e riempirsi di spettatori provenienti dal Centro Diurno Psichiatrico del territorio, dai vari gruppi di psicoterapia, dai loro familiari e dai vari gruppi di auto mutuo aiuto. Sono stati presenti diversi operatori del CSM di Velletri e di Genzano. Il primo film è stato proiettato l’anno scorso, esattamente il 14 marzo e si chiama: “SI può fare”. La premessa per la scelta del film: L’affrontare la malattia mentale come un disagio che investe la persona che ne soffre, senza considerare il contesto, le relazioni e la cultura sociale in cui la persona vive, traduce la realtà del disturbo in un processo di cronicizzazione sempre più grave. Il bisogno di chiudersi in se stessi o di assumere condotte devianti, distruttive, incoerenti, immature possono spesso essere a volte l’unica forma di risposta che la persona trova come soluzione ad una sordità e cecità dell’ambiente in cui esso vive. Spesso il disagio mentale è la diretta o indiretta espressione di bisogni mai riconosciuti né espressi, tantomeno esauditi. Si rimane imbrigliati in dinamiche affettive –relazionali assurde, incantate, congelate intorno ad eventi traumatici o a posizioni esistenziali concepite in epoche lontane della propria vita, mai più verificate né corrette. Il film “si può fare” mette in evidenza in modo profondo, adeguato, quanto bene può essere restituito alla persona con disagio psichico, nel momento che viene considerata come”persona” e non come “matto”. Al commento finale il tempo sembrava scorrere troppo veloce per ascoltare tutti; tutti hanno espresso il desiderio di continuare il dialogo che si è aperto. Testimonianza “Questo film è stato proiettato presso il CSM di Velletri per gli utenti e i familiari, che fanno parte dell’automutuo aiuto dei castelli romani. La pellicola parla della legge 180, voluta dal dott. Basaglia, che vede la chiusura dei manicomi. Tratto da fatti realmente accaduti, il film racconta come in seguito alla 180, un gruppo di pazienti, da molto tempo rinchiusi in manicomio, riescono a trasformare la loro vita, costituendo una cooperativa specializzata nella posa in opera del parquet. Devo dire una storia stimolante per me, che sono utente in ambiente psichiatrico da molti anni. L’idea di creare una cooperativa è stata partorita anche dal gruppo di psicoterapia di cui faccio parte. Il film a me ha dato speranza per il futuro, voglia di cambiamento e una marcia in più per combattere il pregiudizio di certe persone.” Giulio Cesare 25 marzo 2013 Proiezione del Film: “BennY e Joon” Perché la scelta di questo film? Un film del 1993- Una zoomata all’interno della vita quotidiana di una famiglia come tante, un fratello e una sorella, Benny e Joon, orfani, che cercano di arginare gli ostacoli della vita quotidiana. Benny ha un’officina, e si occupa di Joon come un padre e una madre, provvedendo a lei per tutte le esigenze. Joon soffre di un disturbo psichiatrico importante e non riesce a tollerare più di tanto le varie assistenti che a turno si occupano di lei. Un film come tanti, che in esso racchiude scene di vita comune alle famiglie che hanno a che fare col disagio mentale, compresa la crisi: crisi che esprime in modo chiaro la difficoltà di individuazione di Joon, la difficoltà di cambiamento del sistema familiare. Presenti: operatori, tirocinanti, utenti del C.D. psichiatrico, familiari, utenti del CSM, gruppi di auto mutuo aiuto: Si può concludere anche questa volta che l’esperienza è stata positiva: tutti i partecipanti hanno espresso i loro pareri, emozioni e sentimenti scaturiti dalla visione del film: in sintesi, evidenziamo alcuni punti espressi a) si è colta l’importanza di dare fiducia a se stessi e all’altro come condizione per effettuare un cambiamento b) La possibilità di entrare nel mondo emotivo dell’altro a volte può essere data dalla ricerca dello stesso linguaggio usato e dall’attendere il permesso per farlo. c) La crisi, insieme al rischio, è una condizione necessaria perché avvenga la possibilità di un cambiamento. d) Il senso di responsabilità e la dedizione che Benny nutre per la sorella malata sfociano in un’iperprotezione e in una conseguente cronicizzazione del comportamento “malato” di Joon, e) ma diventano anche l’unica modalità di essere in vita di Benny che non può permettersi un’esistenza piena. f) È stato altresì colto quanto sia importante amare ed essere amati indipendentemente dalla patologia. g) Una motivazione al cambiamento e al recupero è data dalla possibilità dell’appassionarsi, e di amare, e non necessariamente ci deve essere un amore di coppia. Tutti sottolineano il messaggio di speranza dato dal film e si conclude l’incontro con la prospettiva di continuare il cineforum con una ipotesi di incontri bimestrali. Ogni gruppo proporrà possibili temi da trattare e film da vedere. Il clima emotivo generale è stato positivo: è stato interessante vedere come i vari gruppi di auto mutuo aiuto ben si sono integrati con i ragazzi del centro diurno e dei gruppi di psicoterapia: è stato bello e interessante vedere come ognuno esprimendosi in relazione al film permettesse uno scambio forte, autentico e sincero della propria condizione in relazione agli altri. Un ragazzo del centro diurno si è immedesimato nel personaggio di Joon, ragazza con disagio mentale, sottolineando l’importanza di trovare una persona con cui fare progetti, amare ed essere amati. I familiari hanno sottolineato la fatica e la difficoltà che si prova ogni giorno e di come, a volte, per il troppo amore si corre il rischio di proteggere e soffocare, non permettendo l’autonomia e il distacco del malato e di quanto, d’altra parte, per il familiare sia impensabile non prendersi la responsabilità, di come anche gli altri figli risentono di tutto questo non potendosi dedicare alla propria vita facendosi sfuggire alcune opportunità. Testimonianze “L'utilizzo del film come strumento per avviare la riflessione è un metodo molto valido in quanto consente da una parte all'operatore di guidare in maniera indiretta (ma comunque programmata) una discussione, dall'altra all'utente di avere gli strumenti necessari per parlare, confrontarsi su una specifica tematica. Il film "Benny e Joon" ha offerto molti spunti di riflessione: l'amore oltre la malattia,la voglia di indipendenza, la difficoltà a far capire ai parenti che l'amore eccessivamente dimostrato puó portare alla frustrazione piuttosto che al benessere. Tutti questi argomenti sono stati opera di discussione dopo la visione del film. Anche il modo in cui è avvenuta la discussione è rilevante: la disposizione di utenti e operatori in cerchio è un modo per abbattere le gerarchie, per far sì che non ci siano barriere ma solo persone allo stesso livello che sono intenzionate a discutere del film appena visto, tirando fuori impressioni, dubbi, puntualizzazioni. Durante la visione del film noi tirocinanti abbiamo cercato di osservare l'atteggiamento degli spettatori: alcuni di loro sembravano distratti, anche poco interessati alla pellicola. Altri invece osservavano attentamente senza distogliere lo sguardo dallo schermo. Solo durante la discussione in gruppo ci siamo rese conto che gli spettatori "poco interessati" erano invece coloro che hanno partecipato in maniera attiva al momento di scambio di opinioni, tirando in ballo i momenti più importanti del film e portando la discussione ad un livello più elevato. In qualità di tirocinanti ci siamo rese conto che grazie alla pellicole è possibile andare al di là di quella invisibile corazza che ognuno di noi ha per difendersi dal mondo esterno e non esporsi per paura di farlo. Mettere in luce attraverso la pellicola una parte di sè è essenziale perchè ci permette di avere un confronto AUTENTICO tra persone differenti”. Perasmo-Capozzi tirocinanti ass.soc.li “Nel quadro del tirocinio svolto durante il mese di febbraio, ho avuto l’onore e il piacere di assistere alla proiezione del film “Benny e Joon”, in compagnia dei ragazzi del CSM, del Centro Diurno, dei famigliari, degli infermieri e degli psicologi. Era una rappresentazione molto realistica della vita quotidiana. Si trattava di una ragazza orfana chiamata Joon, che viveva col fratello maggiore, unico membro della sua famiglia rimasto in vita. Joon era una ragazza all’apparenza normalissima, oltre che molto bella, ma sofferente di una malattia mentale, la cui vita fu travolta dall’arrivo inaspettato di quello che sarebbe dovuto essere il loro governante, un ragazzo più o meno della sua età. Mi sono rimasti in mente soprattutto gli insegnamenti trasmessi dal film. I malati mentali sono persone di gran cuore, anche loro sono in grado di amare, di aprirsi, di condividere le loro passioni, anche con persone esterne, basta soltanto che ne abbiano fiducia. E’ molto importante a volte lasciar loro la possibilità di decidere, prendere iniziative sul loro futuro, sulle relazioni, sui passatempi. La terapia farmacologica: I famigliari a volte si limitano a questa, e sono convinti che sia l’unica soluzione possibile, cosa questa assolutamente sbagliata. Oltre ai farmaci, infatti, i malati mentali hanno bisogno di amore famigliare, di attenzione, di ascolto, di attività rilassanti (dentro e fuori casa), per poter uscire dalla routine e sviluppare anche l’abilità a relazionarsi con gli altri. A volte la famiglia non può farcela da sola, c’è bisogno di una generosa e volontaria partecipazione di amici e conoscenti, senza però incorrere nell’errore di far sentire la persona con disagio mentale malata o iperprotetta”. Jocelin tirocinante infermiere Sono Alessandro, uno studente infermiere. Ho partecipato, durante lo svolgimento del tirocinio, alla visione del film intitolato “Benny e Joon”. All’evento hanno partecipato i ragazzi del Centro Diurno e dei gruppi AMA, e molte figure professionali come psichiatri, psicologhe e operatori sanitari. Dopo la visione del film, la dottoressa Caporuscio ci ha invitato ad esprimere quelli che, a nostro parere, erano stati i momenti più emozionanti e salienti. Molti sono stati i commenti poiché questo film ha toccato un argomento importante come la malattia mentale. La storia parla infatti di una ragazza malata di schizofrenia, e del fratello che, molto ansioso, si occupa di lei ed è quindi coinvolto in questo problema. I due discutono spesso in occasione di diverse scelte quotidiane, ma avviene un forte cambiamento positivo nella ragazza quando nella sua vita entra una persona molto particolare, di cui si innamora e con cui vorrebbe andare a vivere insieme. Non appena il fratello viene a sapere di questa storia, la sua ansia di protezione nei confronti della ragazza si accentua, al punto da cacciare il ragazzo fuori di casa e impedendole di vederlo. La sorella ha così un forte momento di crisi e finisce con l’essere ricoverata in una clinica. Ho notato che l’ambiente della clinica era freddo, privo di dialogo, di emozioni positive o propositive. Il fratello capisce dunque che ha commesso un errore a non ascoltarla, a non tentare un dialogo con lei. Quindi, in accordo con il fidanzato, va a trovare la sorella nella struttura. La ragazza, non appena lo vede, lo accusa di volerla malata a tutti i costi e di non capire ciò che è importante per lei. Una volta uscita dalla clinica, ella decide infine di andare a convivere con il suo fidanzato. In questo punto del film, c’è la prima vera e propria decisione della ragazza. A volte la paura di ascoltare il prossimo ci chiude in idee e convinzioni negative, che non portano nessun risultato positivo. Durante la discussione, nello scambio di opinioni e idee, sono emersi anche pensieri di autocritica: le persone si sono immedesimate nei personaggi, e hanno capito dove stavano sbagliando nell’affrontare i problemi quotidiani. Ciò che conta nella vita è avere un obiettivo che ti spinga ad andare avanti, che sia una passione o una persona, ma l’importante è camminare seguendo sempre quella forza positiva che ti aiuta ad arrivare alla meta. Alessandro tirocinante infermiere A cura della dott.ssa Rosa Caporuscio