La sfida energetica - Energy Intelligence
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La sfida energetica - Energy Intelligence
No. 93/2008 La sfida energetica di Rodolfo Vignocchi COGENERGY & T3 LAB C’è ormai unanime concordanza sulla necessità di trovare nuovi equilibri energetici e ambientali e sul fatto che questa sarà la grande sfida dei prossimi decenni. Si tratta di una grande sfida, ma, come spesso è avvenuto nella storia dell’umanità, può trasformarsi in una grande opportunità se riesce a dare il via allo sviluppo di una nuova economia basata su nuovi settori industriali. E’ una sfida complessa che riguarda tutti, che richiede scelte politiche avvedute e lungimiranti e che necessita in primo luogo di una grande operazione culturale che faccia chiarezza sui termini reali della questione e che orienti i comportamenti di cittadini, istituzioni e imprese. Rodolfo Vignocchi Introduzione Esiste ormai una assoluta evidenza della centralità dei temi che riguardano lo sviluppo sostenibile. La crescita demografica e la evoluzione rapidissima di alcuni grandi sistemi economici, che stanno portando miliardi di persone verso un tenore di vita paragonabile a quello delle società storicamente più evolute, rendono drammaticamente attuali due grandi problemi, tra di loro interdipendenti, anche se di natura diversa. Il primo è quello riguardante l’aumento della domanda di energia a fronte di risorse in via di esaurimento e comunque limitate, che provoca tensioni crescenti sui prezzi e in prospettiva grandi problemi di approvvigionamento. Il secondo è relativo all’impatto ambientale della produzione di energia da combustibili fossili che, se anche fossero illimitati, provocano sempre maggiori emissioni inquinanti, in particolari di CO2, con conseguenze solo in parte prevedibili sul clima e sull’intero ecosistema. C’è ormai unanime concordanza sulla necessità di trovare nuovi equilibri energetici e ambientali e sul fatto che questa sarà la grande sfida dei prossimi decenni. Si tratta di una grande sfida, ma, come spesso è avvenuto nella storia dell’umanità, può trasformarsi in una grande opportunità se riesce a dare il via allo sviluppo di una nuova economia basata su nuovi settori industriali. E’ una sfida complessa che riguarda tutti, che richiede scelte politiche avvedute e lungimiranti e che necessita in primo luogo di una grande operazione culturale che faccia chiarezza sui termini reali della questione e che orienti i comportamenti di cittadini, istituzioni e imprese. La situazione attuale: fabbisogni e fonti Per apprezzare le dimensioni della sfida energetica è necessario conoscere innanzitutto l’attuale situazione sia in termini di fabbisogni che di fonti utilizzate e di impatto ambientale. La quantità totale di energia di cui l’umanità fa attualmente uso in un anno è pari a circa 11 miliardi di TEP1, ovverossia, per usare una unità di uso più comune, 130.000 Twh2. Tale quantità di energia viene ricavata da diverse fonti primarie (così chiamate perché disponibili in natura). Fonti energetiche primarie Non rinnovabili (sono disponibili quantità finita) in Petrolio Gas naturale Carbone Uranio (energia nucleare) 1 Si usa spesso per convenzione l’unità di misura TEP = Tonnellate Equivalenti di Petrolio (simulando di ottenerla tutta dal solo petrolio). 1 TEP = ca 11.700 kwh 4 Abbiamo tutti dimestichezza con i kwh (che sono quelli che ci vengono addebitati sulle bollette elettriche) che corrisponde all’energia consumata da una apparecchiatura che ha potenza 1 kw (es una lavatrice) per un’ora di funzionamento. 130.000 Twh sono 130.000.000.000.000.000 kwh (vedi appendice). 2 ticonzero No. 93/2008 Rinnovabili (sono disponibili in quantità inesauribile o possono essere rigenerate in tempi brevi ) Solare Eolica Idrica Geotermica Biomasse3 Il fabbisogno energetico globale viene soddisfatto attualmente dalle fonti primarie in queste percentuali: Distribuzione energetiche globali fonti primarie Petrolio Carbone Gas Idroelettrico Nucleare Rinnovabili Rinnovabili idroelettrico compreso 36% 26% 24% 6% 6% 2% 8% La stragrande quantità di energia di cui disponiamo sulla terra è di origine solare. Tutta l’energia contenuta negli organismi biologici proviene dal sole in via più o meno diretta. L’energia contenuta nei combustibili fossili viene dal sole ed è stata immagazzinata in centinaia di milioni di anni in epoche lontanissime . Il ciclo dell’acqua che consente lo sfruttamento idroelettrico è provocato dal sole così come i venti e quindi anche i moti ondosi. Non dipendono dal sole: l’energia nucleare4, le maree e l’energia geotermica (calore delle viscere della terra) L’energia complessiva di provenienza solare che giunge sulla terra in un anno è pari a 19.000 miliardi di TEP o 400 milioni di Twh. Confrontando questa quantità con il fabbisogno globale si scopre che il sole fornisce la terra di una quantità di energia circa 2.000 volte superiore a quella attualmente consumata dall’intera umanità. Ma di tutta questa energia siamo riusciti ad utilizzare per ora solo una minima parte, in particolare quella che il sole ha accumulato all’interno dei combustibile di origine fossile. Da pochi anni si è iniziato un processo di utilizzo diretto dell’energia solare. Le fonti di energia primarie possono essere utilizzate direttamente oppure trasformate in fonti secondarie, allo scopo di renderle più facilmente fruibili, risolvendo problemi di distanza, trasporto, inquinamento. Fonti energetiche secondarie Benzina/gasolio Gas di città Energia elettrica Idrogeno5 3 Le biomasse non sono di per se inesauribili come il sole o il vento, ma possono essere rinnovate da cicli intelligenti di utilizzo dipendenti dall’uomo (colture, forestazioni etc.) 4 E’ peraltro originata da fusione nucleare l’energia che si sprigiona dal sole 5 Come si vede l’idrogeno non è una fonte primaria non esistendo in natura allo stato libero. L’idrogeno può essere prodotto utilizzando energia e, una volta prodotto, rappresenta un mezzo di accumulo e di trasporto dell’energia. 3 Rodolfo Vignocchi Il secolo scorso ha assistito alla affermazione straordinaria di una di queste fonti secondarie: l’energia elettrica, una vera rivoluzione tecnologica che ha consentito l’utilizzo diffuso e capillare dell’energia e il conseguente grande sviluppo economico e sociale del ‘900. Nel mondo viene prodotta attualmente in un anno energia elettrica pari a 17.400 Twh. In Italia il consumo annuale di energia elettrica è di circa 300 Twh ed è prodotto in massima parte da prodotti petroliferi e da gas metano. Le centrali idroelettriche producono circa il 10% del fabbisogno. Si pensi che nel 1960 la produzione di energia idroelettrica costituiva l’80% del totale. In quegli anni l’energia in Italia era perciò praticamente gratuita il che costituiva un vantaggio competitivo importante. A partire da quegli anni, non potendosi più utilizzare energia idroelettrica per l’esaurimento dei salti d’acqua disponibili6, l’aumento del fabbisogno è stato soddisfatto interamente da fonti fossili introducendo gradualmente un handicap per il nostro sistema economico. Come si sa le fonti energetiche non sono distribuite equamente sulla superficie terrestre. Ma neppure il consumo, come noto, è equamente distribuito. Oggi un cittadino americano (il maggiore consumatore mondiale di energia) ha un consumo energetico medio pari a quello di due europei, di dieci cinesi, di quindici indiani e di trenta africani. E naturalmente a questa distribuzione dei consumi corrisponde una analoga distribuzione nella responsabilità dei danni ambientali. Questa distribuzione disomogenea di fonti e di consumi rappresenta uno dei maggiori problemi nelle relazioni internazionali e indica che la strada per affrontare la grande sfida energetica non può essere che di scala globale. Le questioni in gioco Come già anticipato esistono due facce del problema che spesso vengono mescolate, ma sono indipendenti tra loro: • Il problema della scarsità delle fonti energetiche • Il problema dell’inquinamento e, in particolare, in questa fase, il problema delle emissioni di gas serra come la CO2 Il primo aspetto è relativo alla difficoltà di fare fronte al fabbisogno energetico sempre in crescita in particolare nei territori “evoluti” e sconta l’attuale grande processo di crescita di una parte considerevole dei cosiddetti “Paesi in via di sviluppo”, primi tra tutti Cina e India. Attualmente la maggioranza dell’energia viene prodotta partendo da combustibili fossili e si prevede che tali fonti non siano in grado di sostenere il fabbisogno futuro essendo comunque disponibili in quantità finite, e prevedendosi il raggiungimento del famoso “picco7” di utilizzo nell’arco di pochi anni/decenni. Al di là delle valutazioni sull’attendibilità di queste previsioni 6 Anche la tragedia del Vajont ha contribuito al blocco nella diffusione di nuove centrali idroelettriche. Si definisce Picco il momento in cui la quantità estratta di una certa risorsa (ad es. petrolio) raggiunge il massimo. Da quel momento in avanti le quantità estratte saranno sempre in diminuzione a causa della limitatezza dei giacimenti o delle difficoltà di estrazione. Non è quindi il momento in cui la risorsa finisce, ma si ritiene che a partire da quel momento l’approvvigionamento diventa critico e sempre più costoso 7 4 ticonzero No. 93/2008 appare evidente la necessità di individuare in tempi abbastanza rapidi degli sbocchi al problema del fabbisogno energetico. Questo problema deve essere affrontato cercando fonti per la produzione di energia aggiuntive e/o alternative rispetto a quelle attualmente utilizzate. Questo aspetto è indipendente dal tema “inquinamento” e sarebbe da affrontare anche se, per ipotesi, i combustibili fossili non producessero alcun tipo di inquinamento e/o se l’emissione di CO2 non avesse alcun effetto sul clima e sull’ambiente. Sempre legato a questo aspetto del problema è la questione della distribuzione nel pianeta delle fonti energetiche che genera disparità tra i paesi “proprietari” delle fonti energetiche e i paesi consumatori di energia, con conseguente dipendenza di questi dai primi, grandi trasferimenti di ricchezza e forti tensioni di natura geopolitica. L’Italia, oltre al problema generale della scarsità delle fonti soffre particolarmente anche la dipendenza dall’esterno del proprio approvvigionamento di risorse. Il secondo aspetto del problema riguarda invece i “danni” cagionati dai sistemi attuali di produzione dell’energia e si sta fortemente accuendo in corrispondenza della sempre più diffusa (anche se non da tutti condivisa) consapevolezza degli effetti provocati sul clima dalle forti emissioni di CO2 conseguenti all’utilizzo dei combustibili fossili. Il problema, posto in questi termini, è indipendente, da quello del fabbisogno energetico e si porrebbe in ogni caso in modo drammatico anche se, in linea puramente teorica, le attuali fonti energetiche fossero inesauribili. In ogni caso, alla luce di quanto sopra, direttrici di marcia: la situazione attuale impone tre grandi 1. Aumentare l’efficienza energetica complessiva, cioè consumare meno energia a parità di attività 2. Produrre energia con fonti nuove, possibilmente disponibili in quantità non finite (rinnovabili) 3. Produrre energia con basso livello di emissioni 1 – Consumare meno energia E’ probabilmente la direttrice che “paga di più” ed è per definizione condivisa da tutti. Attualmente si consuma energia con quantità enorme di sprechi in tutti i settori, a partire dai comportamenti dei singoli individui. Vanno in questa direzione tutti gli interventi per ridurre i consumi energetici degli edifici (riscaldamento, raffreddamento, illuminazione) che da soli sono responsabili di circa il 35% di tutto il fabbisogno mondiale di energia; la riduzione dei consumi nel trasporto (38% del consumo globale); la riduzione dei consumi di tutte le apparecchiature, motori, impianti, processi industriali. Va in questa direzione anche l’introduzione di nuovi materiali più “leggeri” che riducono l’energia necessaria per produrli, gestirli, smaltirli. Muovendosi in questa direzione si ottengono risultati sia sul fronte delle fonti energetiche, sia su quello delle emissioni inquinanti (l’energia che inquina meno è quella che non si utilizza) 2 – Produrre energia da altre fonti 5 Rodolfo Vignocchi Tali fonti nuove possono essere rinnovabili (che non si esauriscono), o anche esauribili, ma non ancora sfruttate. L’utilizzo di sole fonti rinnovabili (realmente rinnovabili) è l’unico modo per consumare energia in modo neutro rispetto alle generazioni future. Tutte le altre strade lasciano ai posteri delle eredità negative. La ricerca di nuove fonti di energia ha importanza vitale a livello globale, ma assume per ogni paese una valenza strategica diversa in relazione alla dipendenza attuale di ciascuno dalle varie risorse. Oltre alla problematica della individuazione di nuove fonti energetiche, per alcuni paesi è vitale anche il tema della diversificazione delle fonti, per ridurre i rischi dovuti alla eccessiva dipendenza da pochi produttori8. La ricerca di nuove fonti non è invece di per sé, in senso stretto, una strada per ridurre l’inquinamento, anche se la maggior parte di risorse rinnovabili hanno anche un livello molto basso, o nullo, di emissioni nocive. 3- Produrre energia in modo non inquinante Questa linea d’azione contribuisce a rispondere alla seconda faccia del problema (la necessità di ridurre le emissioni nocive), anche nel caso in cui si utilizzassero ancora fonti energetiche non rinnovabili. Anche i sistemi di produzione dell’energia da combustibili fossili stanno facendo passi in questa direzione (si pensi per esempio alle centrali a carbone di nuova generazione che hanno livelli di emissioni estremamente ridotti rispetto a quelle tradizionali). Questa strada richiede però una definizione elaborata del concetto di inquinamento che risponda, per esempio, alle seguenti domande: sottrarre la CO2 emessa dai processi di produzione di energia e immagazzinarla nel sottosuolo significa non inquinare? produrre energia senza emissioni nocive, ma depositare per millenni nel sottosuolo scorie radioattive significa non inquinare? La dimensione delle questioni in gioco e la loro interdipendenza rende la sfida estremamente complessa e pare evidente come non ci possa essere una sola soluzione al problema, ma un mix di soluzioni diverse, su diversi fronti: tecnologico, politico, normativo, comportamentale. Appare altrettanto evidente che si tratta di una sfida planetaria che l’umanità deve affrontare in una logica globale. In un epoca che si richiama costantemente alla globalizzazione, questa è forse la prima grande sfida veramente globale. I primi passi in questo senso si sono visti con la definizione di “ricette globali”, prima tra tutte quella ormai notissima del “Protocollo di Kyoto”. Tale Protocollo è frutto della Conferenza degli Stati aderenti alla Convenzione per la tutela del clima e prende le mosse di conseguenza da obiettivi sul fronte dell’impatto ambientale. Ha però avuto una forte ricaduta in termini comunicativi essendo diventato quasi il simbolo dell’azione comune verso un nuovo equilibrio sostenibile. Il Protocollo ha sancito l’impegno dei firmatari a ridurre di almeno 5 punti percentuali tra il 2008 e il 2012 le emissioni dei principali gas serra. L’Unione Europea, che sulla base del Protocollo di Kyoto, dovrà ridurre dell’ 8 % le proprie emissioni rispetto a quelle del 1990, ha cavalcato la sfida sancendo un impegno ancora più stringente: il 8 L’Italia per ridurre la dipendenza dai paesi esportatori di petrolio ha diversificato in direzione dell’utilizzo del metano, creando però una nuova dipendenza per certi aspetti ancora più critica dai gasdotti provenienti da Russia e …….. 6 ticonzero No. 93/2008 cosiddetto accordo 20-20-20. Sulla base di tale accordo gli stati membri si sono impegnati entro il 2020 a: - aumentare l’efficienza energetica, e quindi ridurre i consumi energetici del 20% rispetto alle attuali proiezioni al 2020 - ridurre del 20% le emissioni di CO2 rispetto ai valori 1990 - produrre il 20 % dell’energia da fonti rinnovabili - raggiungere il 10% di utilizzo di biocarburanti sul totale dei consumi per autotrazione Il paradigma della produzione distribuita dell’energia Una svolta decisiva in tema di energia ed ecosostenibilità potrebbe essere rappresentata dal diffondersi di un nuovo paradigma che si traguarda allo schema di funzionamento delle grandi reti informatiche. Secondo questo paradigma alle grandi centrali di produzione di energia elettrica si affiancherà una grande quantità di piccoli centri di produzione, localizzati presso gli stessi utilizzatori, che produrranno energia da fonti rinnovabili. L’energia prodotta in modo distribuito verrà in gran parte consumata localmente, presso i centri di produzione stessi, oppure verrà messa in rete, a disposizione per altri utilizzatori. La rete di distribuzione dell’energia elettrica, che oggi porta l’energia dalle centrali di produzione verso gli utilizzatori in modo unidirezionale, si trasformerà in una rete “intelligente” e multicentrica nella quale l’energia si muoverà in tutte le direzioni. Estremizzando si può immaginare che ogni utilizzatore possa diventare anche produttore dell’energia di cui necessita, utilizzando la rete come enorme serbatoio a cui attingere per soddisfare i fabbisogni eccedenti l’energia prodotta localmente o a cui trasferire l’energia prodotta in esubero. La rete, oltre al ruolo di vettore, funge anche da magazzino, equilibrando i fabbisogni e le quantità prodotte. Questo paradigma assomiglia a quello delle grandi reti informatiche che connettono tutti a tutti e consentono l’utilizzo combinato anche di grandissime capacità di calcolo, ottenute assemblando un numero enorme di piccoli calcolatori locali (grid computing). E’ la tesi sostenuta, tra gli altri, da J. Rifkin, che confronta l’evoluzione storica dell’uso dell’informazione con quella dell’uso dell’energia e stabilisce una connessione tra i salti tecnologici dell’una e i salti tecnologici dell’altra. L’avvento dell’era di internet e dell’informazione accessibile a tutti darà origine ad una nuova era nell’utilizzo dell’energia (grid energy). I nodi della rete distribuita sono rappresentati da: - sistemi fotovoltaici - generatori eolici - altri sistemi locali di sfruttamento di fonti rinnovabili (piccoli salti d’acqua, maree, moti ondosi) - sistemi di cogenerazione (da fonti tradizionali e da biomasse) - sistemi di accumulo tramite batterie - sistemi di accumulo tramite produzione ed utilizzo di idrogeno La rete distribuita di produzione di energia, con diffuso ricorso a fonti rinnovabili, rappresenta una soluzione (anche se per il momento solo teorica) di gran parte degli attuali problemi relativi all’energia: - lo svincolo graduale dalle attuali fonti fossili (disponibili in quantità finite) - le emissioni inquinanti in atmosfera - la distribuzione delle fonti energetiche (gran parte del fabbisogno viene soddisfatto localmente) 7 Rodolfo Vignocchi - l’efficienza (per lo stesso motivo cala la dispersione di energia nelle reti di trasporto) Questo nuovo paradigma ha moltissime implicazioni e si sostiene su alcune grandi sfide: - la sfida dell’ evoluzione tecnologica nell’uso delle fonti rinnovabili - la sfida dell’evoluzione tecnologica sul fronte degli “accumulatori di energia” Sviluppo sostenibile e “nuova economia” Stiamo assistendo in questi mesi al diffondersi su scala planetaria delle conseguenze di una crisi finanziaria generata dall’eccessiva disinvoltura delle più importanti banche d’affari del mondo. In realtà quello a cui si sta assistendo è la degenerazione di un sistema che ha premiato la “moltiplicazione” finanziaria del valore rispetto alla creazione reale del valore propria delle attività economiche. Ma ancora di più si stanno mostrando i limiti di un paradigma di sviluppo “derivato”, che enfatizza la velocità di crescita rispetto al reale benessere. Oggi tutto è misurato in termini “derivati” (in senso matematico del termine) e quello che conta è la crescita, fine a se stessa, anzi la velocità di crescita o addirittura l’accelerazione della crescita (cioè la velocità della velocità). E’ evidente che questo paradigma diventa sempre meno realistico specialmente per le società già molto evolute come la nostra, nelle quali è difficile immaginarsi crescite economiche imponenti, che presupporrebbero domande sempre crescenti di beni e servizi. Alle imprese sono richieste dimensioni e profitti sempre maggiori, trimestri su trimestri, e a queste crescite sono legate le remunerazioni dei manager. La creazione degli strumenti finanziari derivati, o meglio il loro abuso, sono il termometro della necessità di inseguire senza sosta l’obiettivo della crescita, grazie alla creazione di ricchezze virtuali sostenute solo dalla illusione condivisa che esistano realmente (la “ricchezza di carta”). Al di là di stigmatizzare questi eccessi è importante una riflessione di carattere più generale sulla sostenibilità reale di questo modello. Puntare a massimizzare i tassi di crescita porta oltretutto al collasso delle risorse naturali del pianeta, se non intervengono forti discontinuità. Lo sviluppo economico mondiale deve pertanto innanzitutto seguire una direzione di riequilibrio mondiale, con economie arretrate che crescono per raggiungere un livello accettabile di benessere diffuso ed economie evolute che crescono molto meno e consolidano il livello di benessere, agendo soprattutto sulla soddisfazione di bisogni immateriali. L’unico grande motore di spinta economica su cui le società evolute possono pensare di basare ancora una “economia della crescita” è rappresentato dalle attività connesse all’introduzione massiccia di uno sviluppo sostenibile. Queste attività sono pervasive, coinvolgono quasi tutti i settori dell’economia (producono PIL), ma anzichè aumentare il peso sulle risorse ambientali hanno come obiettivo la sua riduzione. In primo luogo tra queste attività industriali ci sono tutte quelle legate alla produzione dell’energia a basso impatto ambientale e con risorse rinnovabili. Ma il modello sostenibile va ben al di là di queste attività che pure rappresentano la testa di ponte. Ogni prodotto e ogni servizio dovrà essere ripensato e riprogettato in modo da ridurre sostanzialmente il suo impatto energetico-ambientale, dal momento della sua fabbricazione, al momento del suo smaltimento/riciclo a parità di prestazioni e funzionalità. Questa attività richiede un immenso lavoro e grandissimi investimenti con un enorme impegno in ricerca e in riconversioni industriali. Ma proprio questi investimenti potranno essere il sostegno 8 ticonzero No. 93/2008 di una vera e propria “nuova economia”. L’alternativa, per sostenere il modello della crescita perenne è che periodicamente intervengano fasi concentrate di “grandi distruzioni” che, come noto, sono state in passato l’elemento necessario a rimettere in moto il meccanismo dello sviluppo. Implicazioni per il mondo imprenditoriale Appare evidente come la “sfida energetica” impatti fortemente sul sistema industriale. E, come spesso succede, questo impatto può costituire in alcuni casi una minaccia e in altri casi una grande opportunità. Il coinvolgimento delle imprese può essere ricondotto a tre tipologie. - Per alcune imprese la sfida energetica rappresenta proprio il naturale terreno competitivo. Si tratta di imprese di costituzione recente, nate e proliferate in tutto il mondo per rispondere alla nuova domanda, spesso trainate da politiche incentivanti dei diversi paesi. Citiamo per esempio il grande sviluppo in Germania del settore fotovoltaico, che, a seguito di una forte politica di incentivi statali, ha generato praticamente dal nulla un nuovo settore industriale con decine di migliaia di posti di lavoro e aziende che sono diventate leader mondiali. Anche molte aziende già affermate in altri settori hanno battuto questa strada in una logica di diversificazione e stanno aprendosi nuovi decisivi sbocchi di mercato. Lo stesso vale anche nel settore dell’edilizia nel quale stanno fiorendo molteplici attività imprenditoriali legati ai nuovi concetti degli edifici a basso consumo energetico. Fondamentale anche il coinvolgimento dell’industria legata al sistema dei trasporti impegnata in direzione di un modello di “mobilità sostenibile”. Attorno alla sfida energetica stanno nascendo anche nuovi modelli di business, come quello degli IPP (Indipendent Power Provider) o delle ESCO (Energy Service Company). - La seconda tipologia di coinvolgimento riguarda l’efficienza energetica. Tutte le imprese, nessuna esclusa, hanno oggi la possibilità di rivedere criticamente i propri consumi energetici, sia quelli relativi agli edifici, sia quelli relativi ai processi industriali, avendo a disposizione una gamma molto articolata di possibili interventi sia sul fronte del consumo (efficienza energetica), sia sul fronte dell’approvvigionamento. I ritorni degli investimenti in questa direzione sono spesso incrementati da azioni di finanza agevolata e generano competitività non solo sul fronte della riduzione dei costi, ma anche su quello dell’immagine spendibile sul mercato. - La terza tipologia di coinvolgimento è quella destinata ad avere forse l’impatto più decisivo. Si tratta del ripensamento di tutti i prodotti e i servizi in una nuova logica dove anziché progettare per minimizzare i costi di produzione o per massimizzare le performance, si punta a comprimere il consumo delle risorse ambientali (e di conseguenza anche il consumo energetico) di ciò che si produce: durante il ciclo produttivo, durante la vita utile del prodotto, alla fine della vita del prodotto quando lo stesso deve essere smaltito o più propriamente riciclato. Questo ripensamento darà origine ad una nuova generazione di prodotti e a nuovi modelli di business nei quali produttori e consumatori saranno legati più strettamente e per un arco di tempo più lungo, non solo, come adesso nel momento della transazione di vendita. Sarà il mercato a premiare chi si sarà spinto su questa strada, riconoscendo un extravalore ai beni e ai servizi più coerenti con il nuovo necessario modello di sviluppo sostenibile. 9