La sfida energetica - Energy Intelligence

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La sfida energetica - Energy Intelligence
No. 93/2008
La sfida energetica
di Rodolfo Vignocchi
COGENERGY & T3 LAB
C’è ormai unanime concordanza sulla necessità di trovare nuovi equilibri energetici e
ambientali e sul fatto che questa sarà la grande sfida dei prossimi decenni. Si tratta di una
grande sfida, ma, come spesso è avvenuto nella storia dell’umanità, può trasformarsi in una
grande opportunità se riesce a dare il via allo sviluppo di una nuova economia basata su nuovi
settori industriali. E’ una sfida complessa che riguarda tutti, che richiede scelte politiche
avvedute e lungimiranti e che necessita in primo luogo di una grande operazione culturale che
faccia chiarezza sui termini reali della questione e che orienti i comportamenti di cittadini,
istituzioni e imprese.
Rodolfo Vignocchi
Introduzione
Esiste ormai una assoluta evidenza della centralità dei temi che riguardano lo
sviluppo sostenibile. La crescita demografica e la evoluzione rapidissima di alcuni
grandi sistemi economici, che stanno portando miliardi di persone verso un tenore
di vita paragonabile a quello delle società storicamente più evolute, rendono
drammaticamente attuali due grandi problemi, tra di loro interdipendenti, anche se
di natura diversa. Il primo è quello riguardante l’aumento della domanda di energia
a fronte di risorse in via di esaurimento e comunque limitate, che provoca tensioni
crescenti sui prezzi e in prospettiva grandi problemi di approvvigionamento. Il
secondo è relativo all’impatto ambientale della produzione di energia da
combustibili fossili che, se anche fossero illimitati, provocano sempre maggiori
emissioni inquinanti, in particolari di CO2, con conseguenze solo in parte prevedibili
sul clima e sull’intero ecosistema.
C’è ormai unanime concordanza sulla necessità di trovare nuovi equilibri energetici
e ambientali e sul fatto che questa sarà la grande sfida dei prossimi decenni.
Si tratta di una grande sfida, ma, come spesso è avvenuto nella storia dell’umanità,
può trasformarsi in una grande opportunità se riesce a dare il via allo sviluppo di
una nuova economia basata su nuovi settori industriali.
E’ una sfida complessa che riguarda tutti, che richiede scelte politiche avvedute e
lungimiranti e che necessita in primo luogo di una grande operazione culturale che
faccia chiarezza sui termini reali della questione e che orienti i comportamenti di
cittadini, istituzioni e imprese.
La situazione attuale: fabbisogni e fonti
Per apprezzare le dimensioni della sfida energetica è necessario conoscere
innanzitutto l’attuale situazione sia in termini di fabbisogni che di fonti utilizzate e di
impatto ambientale.
La quantità totale di energia di cui l’umanità fa attualmente uso in un anno è pari a
circa 11 miliardi di TEP1, ovverossia, per usare una unità di uso più comune,
130.000 Twh2.
Tale quantità di energia viene ricavata da diverse fonti primarie (così chiamate
perché disponibili in natura).
Fonti energetiche primarie
Non rinnovabili
(sono
disponibili
quantità finita)
in
Petrolio
Gas naturale
Carbone
Uranio (energia nucleare)
1
Si usa spesso per convenzione l’unità di misura TEP = Tonnellate Equivalenti di Petrolio (simulando di
ottenerla tutta dal solo petrolio). 1 TEP = ca 11.700 kwh
4 Abbiamo tutti dimestichezza con i kwh (che sono quelli che ci vengono addebitati sulle bollette elettriche) che corrisponde all’energia consumata da una
apparecchiatura che ha potenza 1 kw (es una lavatrice) per un’ora di funzionamento. 130.000 Twh sono 130.000.000.000.000.000 kwh
(vedi appendice).
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Rinnovabili
(sono
disponibili
in
quantità
inesauribile o possono
essere rigenerate in tempi
brevi )
Solare
Eolica
Idrica
Geotermica
Biomasse3
Il fabbisogno energetico globale viene soddisfatto attualmente dalle fonti primarie
in queste percentuali:
Distribuzione
energetiche
globali
fonti
primarie
Petrolio
Carbone
Gas
Idroelettrico
Nucleare
Rinnovabili
Rinnovabili
idroelettrico
compreso
36%
26%
24%
6%
6%
2%
8%
La stragrande quantità di energia di cui disponiamo sulla terra è di origine solare.
Tutta l’energia contenuta negli organismi biologici proviene dal sole in via più o
meno diretta.
L’energia contenuta nei combustibili fossili viene dal sole ed è stata immagazzinata
in centinaia di milioni di anni in epoche lontanissime .
Il ciclo dell’acqua che consente lo sfruttamento idroelettrico è provocato dal sole
così come i venti e quindi anche i moti ondosi.
Non dipendono dal sole: l’energia nucleare4, le maree e l’energia geotermica
(calore delle viscere della terra)
L’energia complessiva di provenienza solare che giunge sulla terra in un anno è pari
a 19.000 miliardi di TEP o 400 milioni di Twh.
Confrontando questa quantità con il fabbisogno globale si scopre che il sole fornisce
la terra di una quantità di energia circa 2.000 volte superiore a quella attualmente
consumata dall’intera umanità. Ma di tutta questa energia siamo riusciti ad
utilizzare per ora solo una minima parte, in particolare quella che il sole ha
accumulato all’interno dei combustibile di origine fossile. Da pochi anni si è iniziato
un processo di utilizzo diretto dell’energia solare.
Le fonti di energia primarie possono essere utilizzate direttamente oppure
trasformate in fonti secondarie, allo scopo di renderle più facilmente fruibili,
risolvendo problemi di distanza, trasporto, inquinamento.
Fonti energetiche secondarie
Benzina/gasolio
Gas di città
Energia elettrica
Idrogeno5
3
Le biomasse non sono di per se inesauribili come il sole o il vento, ma possono essere rinnovate da cicli
intelligenti di utilizzo dipendenti dall’uomo (colture, forestazioni etc.)
4
E’ peraltro originata da fusione nucleare l’energia che si sprigiona dal sole
5
Come si vede l’idrogeno non è una fonte primaria non esistendo in natura allo stato libero. L’idrogeno
può essere prodotto utilizzando energia e, una volta prodotto, rappresenta un mezzo di accumulo e di
trasporto dell’energia.
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Rodolfo Vignocchi
Il secolo scorso ha assistito alla affermazione straordinaria di una di queste fonti
secondarie: l’energia elettrica, una vera rivoluzione tecnologica che ha consentito
l’utilizzo diffuso e capillare dell’energia e il conseguente grande sviluppo economico
e sociale del ‘900.
Nel mondo viene prodotta attualmente in un anno energia elettrica pari a 17.400
Twh.
In Italia il consumo annuale di energia elettrica è di circa 300 Twh ed è prodotto in
massima parte da prodotti petroliferi e da gas metano. Le centrali idroelettriche
producono circa il 10% del fabbisogno. Si pensi che nel 1960 la produzione di
energia idroelettrica costituiva l’80% del totale. In quegli anni l’energia in Italia era
perciò praticamente gratuita il che costituiva un vantaggio competitivo importante.
A partire da quegli anni, non potendosi più utilizzare energia idroelettrica per
l’esaurimento dei salti d’acqua disponibili6, l’aumento del fabbisogno è stato
soddisfatto interamente da fonti fossili introducendo gradualmente un handicap per
il nostro sistema economico.
Come si sa le fonti energetiche non sono distribuite equamente sulla superficie
terrestre.
Ma neppure il consumo, come noto, è equamente distribuito. Oggi un cittadino
americano (il maggiore consumatore mondiale di energia) ha un consumo
energetico medio pari a quello di due europei, di dieci cinesi, di quindici indiani e di
trenta africani. E naturalmente a questa distribuzione dei consumi corrisponde una
analoga distribuzione nella responsabilità dei danni ambientali.
Questa distribuzione disomogenea di fonti e di consumi rappresenta uno dei
maggiori problemi nelle relazioni internazionali e indica che la strada per affrontare
la grande sfida energetica non può essere che di scala globale.
Le questioni in gioco
Come già anticipato esistono due facce del problema che spesso vengono
mescolate, ma sono indipendenti tra loro:
• Il problema della scarsità delle fonti energetiche
• Il problema dell’inquinamento e, in particolare, in questa fase, il problema
delle emissioni di gas serra come la CO2
Il primo aspetto è relativo alla difficoltà di fare fronte al fabbisogno energetico
sempre in crescita in particolare nei territori “evoluti” e sconta l’attuale grande
processo di crescita di una parte considerevole dei cosiddetti “Paesi in via di
sviluppo”, primi tra tutti Cina e India. Attualmente la maggioranza dell’energia
viene prodotta partendo da combustibili fossili e si prevede che tali fonti non siano
in grado di sostenere il fabbisogno futuro essendo comunque disponibili in quantità
finite, e prevedendosi il raggiungimento del famoso “picco7” di utilizzo nell’arco di
pochi anni/decenni. Al di là delle valutazioni sull’attendibilità di queste previsioni
6
Anche la tragedia del Vajont ha contribuito al blocco nella diffusione di nuove centrali idroelettriche.
Si definisce Picco il momento in cui la quantità estratta di una certa risorsa (ad es. petrolio) raggiunge il
massimo. Da quel momento in avanti le quantità estratte saranno sempre in diminuzione a causa della
limitatezza dei giacimenti o delle difficoltà di estrazione. Non è quindi il momento in cui la risorsa
finisce, ma si ritiene che a partire da quel momento l’approvvigionamento diventa critico e sempre più
costoso
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4
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appare evidente la necessità di individuare in tempi abbastanza rapidi degli sbocchi
al problema del fabbisogno energetico. Questo problema deve essere affrontato
cercando fonti per la produzione di energia aggiuntive e/o alternative rispetto a
quelle attualmente utilizzate. Questo aspetto è indipendente dal tema
“inquinamento” e sarebbe da affrontare anche se, per ipotesi, i combustibili fossili
non producessero alcun tipo di inquinamento e/o se l’emissione di CO2 non avesse
alcun effetto sul clima e sull’ambiente.
Sempre legato a questo aspetto del problema è la questione della distribuzione nel
pianeta delle fonti energetiche che genera disparità tra i paesi “proprietari” delle
fonti energetiche e i paesi consumatori di energia, con conseguente dipendenza di
questi dai primi, grandi trasferimenti di ricchezza e forti tensioni di natura
geopolitica. L’Italia, oltre al problema generale della scarsità delle fonti soffre
particolarmente anche la dipendenza dall’esterno del proprio approvvigionamento di
risorse.
Il secondo aspetto del problema riguarda invece i “danni” cagionati dai sistemi
attuali di produzione dell’energia e si sta fortemente accuendo in corrispondenza
della sempre più diffusa (anche se non da tutti condivisa) consapevolezza degli
effetti provocati sul clima dalle forti emissioni di CO2 conseguenti all’utilizzo dei
combustibili fossili. Il problema, posto in questi termini, è indipendente, da quello
del fabbisogno energetico e si porrebbe in ogni caso in modo drammatico anche se,
in linea puramente teorica, le attuali fonti energetiche fossero inesauribili.
In ogni caso, alla luce di quanto sopra,
direttrici di marcia:
la situazione attuale impone tre grandi
1. Aumentare l’efficienza energetica complessiva, cioè consumare meno
energia a parità di attività
2. Produrre energia con fonti nuove, possibilmente disponibili in quantità non
finite (rinnovabili)
3. Produrre energia con basso livello di emissioni
1 – Consumare meno energia
E’ probabilmente la direttrice che “paga di più” ed è per definizione condivisa da
tutti.
Attualmente si consuma energia con quantità enorme di sprechi in tutti i settori, a
partire dai comportamenti dei singoli individui. Vanno in questa direzione tutti gli
interventi per ridurre i consumi energetici degli edifici (riscaldamento,
raffreddamento, illuminazione) che da soli sono responsabili di circa il 35% di tutto
il fabbisogno mondiale di energia; la riduzione dei consumi nel trasporto (38% del
consumo globale); la riduzione dei consumi di tutte le apparecchiature, motori,
impianti, processi industriali. Va in questa direzione anche l’introduzione di nuovi
materiali più “leggeri” che riducono l’energia necessaria per produrli, gestirli,
smaltirli. Muovendosi in questa direzione si ottengono risultati sia sul fronte delle
fonti energetiche, sia su quello delle emissioni inquinanti (l’energia che inquina
meno è quella che non si utilizza)
2 – Produrre energia da altre fonti
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Rodolfo Vignocchi
Tali fonti nuove possono essere rinnovabili (che non si esauriscono), o anche
esauribili, ma non ancora sfruttate. L’utilizzo di sole fonti rinnovabili (realmente
rinnovabili) è l’unico modo per consumare energia in modo neutro rispetto alle
generazioni future. Tutte le altre strade lasciano ai posteri delle eredità negative. La
ricerca di nuove fonti di energia ha importanza vitale a livello globale, ma assume
per ogni paese una valenza strategica diversa in relazione alla dipendenza attuale
di ciascuno dalle varie risorse. Oltre alla problematica della individuazione di nuove
fonti energetiche, per alcuni paesi è vitale anche il tema della diversificazione delle
fonti, per ridurre i rischi dovuti alla eccessiva dipendenza da pochi produttori8.
La ricerca di nuove fonti non è invece di per sé, in senso stretto, una strada per
ridurre l’inquinamento, anche se la maggior parte di risorse rinnovabili hanno anche
un livello molto basso, o nullo, di emissioni nocive.
3- Produrre energia in modo non inquinante
Questa linea d’azione contribuisce a rispondere alla seconda faccia del problema (la
necessità di ridurre le emissioni nocive), anche nel caso in cui si utilizzassero
ancora fonti energetiche non rinnovabili. Anche i sistemi di produzione dell’energia
da combustibili fossili stanno facendo passi in questa direzione (si pensi per
esempio alle centrali a carbone di nuova generazione che hanno livelli di emissioni
estremamente ridotti rispetto a quelle tradizionali).
Questa strada richiede però una definizione elaborata del concetto di inquinamento
che risponda, per esempio, alle seguenti domande: sottrarre la CO2 emessa dai
processi di produzione di energia e immagazzinarla nel sottosuolo significa non
inquinare? produrre energia senza emissioni nocive, ma depositare per millenni nel
sottosuolo scorie radioattive significa non inquinare?
La dimensione delle questioni in gioco e la loro interdipendenza rende la sfida
estremamente complessa e pare evidente come non ci possa essere una sola
soluzione al problema, ma un mix di soluzioni diverse, su diversi fronti: tecnologico,
politico, normativo, comportamentale.
Appare altrettanto evidente che si tratta di una sfida planetaria che l’umanità deve
affrontare in una logica globale. In un epoca che si richiama costantemente alla
globalizzazione, questa è forse la prima grande sfida veramente globale.
I primi passi in questo senso si sono visti con la definizione di “ricette globali”,
prima tra tutte quella ormai notissima del “Protocollo di Kyoto”. Tale Protocollo è
frutto della Conferenza degli Stati aderenti alla Convenzione per la tutela del clima
e prende le mosse di conseguenza da obiettivi sul fronte dell’impatto ambientale.
Ha però avuto una forte ricaduta in termini comunicativi essendo diventato quasi il
simbolo dell’azione comune verso un nuovo equilibrio sostenibile. Il Protocollo ha
sancito l’impegno dei firmatari a ridurre di almeno 5 punti percentuali tra il 2008 e
il 2012 le emissioni dei principali gas serra. L’Unione Europea, che sulla base del
Protocollo di Kyoto, dovrà ridurre dell’ 8 % le proprie emissioni rispetto a quelle del
1990, ha cavalcato la sfida sancendo un impegno ancora più stringente: il
8
L’Italia per ridurre la dipendenza dai paesi esportatori di petrolio ha diversificato in direzione
dell’utilizzo del metano, creando però una nuova dipendenza per certi aspetti ancora più critica dai
gasdotti provenienti da Russia e ……..
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cosiddetto accordo 20-20-20. Sulla base di tale accordo gli stati membri si sono
impegnati entro il 2020 a:
- aumentare l’efficienza energetica, e quindi ridurre i consumi energetici del 20%
rispetto alle attuali proiezioni al 2020
- ridurre del 20% le emissioni di CO2 rispetto ai valori 1990
- produrre il 20 % dell’energia da fonti rinnovabili
- raggiungere il 10% di utilizzo di biocarburanti sul totale dei consumi per
autotrazione
Il paradigma della produzione distribuita dell’energia
Una svolta decisiva in tema di energia ed ecosostenibilità potrebbe essere
rappresentata dal diffondersi di un nuovo paradigma che si traguarda allo schema
di funzionamento delle grandi reti informatiche. Secondo questo paradigma alle
grandi centrali di produzione di energia elettrica si affiancherà una grande quantità
di piccoli centri di produzione, localizzati presso gli stessi utilizzatori, che
produrranno energia da fonti rinnovabili. L’energia prodotta in modo distribuito
verrà in gran parte consumata localmente, presso i centri di produzione stessi,
oppure verrà messa in rete, a disposizione per altri utilizzatori. La rete di
distribuzione dell’energia elettrica, che oggi porta l’energia dalle centrali di
produzione verso gli utilizzatori in modo unidirezionale, si trasformerà in una rete
“intelligente” e multicentrica nella quale l’energia si muoverà in tutte le direzioni.
Estremizzando si può immaginare che ogni utilizzatore possa diventare anche
produttore dell’energia di cui necessita, utilizzando la rete come enorme serbatoio a
cui attingere per soddisfare i fabbisogni eccedenti l’energia prodotta localmente o a
cui trasferire l’energia prodotta in esubero. La rete, oltre al ruolo di vettore, funge
anche da magazzino, equilibrando i fabbisogni e le quantità prodotte. Questo
paradigma assomiglia a quello delle grandi reti informatiche che connettono tutti a
tutti e consentono l’utilizzo combinato anche di grandissime capacità di calcolo,
ottenute assemblando un numero enorme di piccoli calcolatori locali (grid
computing). E’ la tesi sostenuta, tra gli altri, da J. Rifkin, che confronta l’evoluzione
storica dell’uso dell’informazione con quella dell’uso dell’energia e stabilisce una
connessione tra i salti tecnologici dell’una e i salti tecnologici dell’altra. L’avvento
dell’era di internet e dell’informazione accessibile a tutti darà origine ad una nuova
era nell’utilizzo dell’energia (grid energy).
I nodi della rete distribuita sono rappresentati da:
- sistemi fotovoltaici
- generatori eolici
- altri sistemi locali di sfruttamento di fonti rinnovabili (piccoli salti d’acqua,
maree, moti ondosi)
- sistemi di cogenerazione (da fonti tradizionali e da biomasse)
- sistemi di accumulo tramite batterie
- sistemi di accumulo tramite produzione ed utilizzo di idrogeno
La rete distribuita di produzione di energia, con diffuso ricorso a fonti rinnovabili,
rappresenta una soluzione (anche se per il momento solo teorica) di gran parte
degli attuali problemi relativi all’energia:
- lo svincolo graduale dalle attuali fonti fossili (disponibili in quantità finite)
- le emissioni inquinanti in atmosfera
- la distribuzione delle fonti energetiche (gran parte del fabbisogno viene
soddisfatto localmente)
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Rodolfo Vignocchi
-
l’efficienza (per lo stesso motivo cala la dispersione di energia nelle reti di
trasporto)
Questo nuovo paradigma ha moltissime implicazioni e si sostiene su alcune grandi
sfide:
- la sfida dell’ evoluzione tecnologica nell’uso delle fonti rinnovabili
- la sfida dell’evoluzione tecnologica sul fronte degli “accumulatori di energia”
Sviluppo sostenibile e “nuova economia”
Stiamo assistendo in questi mesi al diffondersi su scala planetaria delle
conseguenze di una crisi finanziaria generata dall’eccessiva disinvoltura delle più
importanti banche d’affari del mondo. In realtà quello a cui si sta assistendo è la
degenerazione di un sistema che ha premiato la “moltiplicazione” finanziaria del
valore rispetto alla creazione reale del valore propria delle attività economiche. Ma
ancora di più si stanno mostrando i limiti di un paradigma di sviluppo “derivato”,
che enfatizza la velocità di crescita rispetto al reale benessere. Oggi tutto è
misurato in termini “derivati” (in senso matematico del termine) e quello che conta
è la crescita, fine a se stessa, anzi la velocità di crescita o addirittura l’accelerazione
della crescita (cioè la velocità della velocità). E’ evidente che questo paradigma
diventa sempre meno realistico specialmente per le società già molto evolute come
la nostra, nelle quali è difficile immaginarsi crescite economiche imponenti, che
presupporrebbero domande sempre crescenti di beni e servizi. Alle imprese sono
richieste dimensioni e profitti sempre maggiori, trimestri su trimestri, e a queste
crescite sono legate le remunerazioni dei manager. La creazione degli strumenti
finanziari derivati, o meglio il loro abuso, sono il termometro della necessità di
inseguire senza sosta l’obiettivo della crescita, grazie alla creazione di ricchezze
virtuali sostenute solo dalla illusione condivisa che esistano realmente (la “ricchezza
di carta”).
Al di là di stigmatizzare questi eccessi è importante una riflessione di carattere più
generale sulla sostenibilità reale di questo modello. Puntare a massimizzare i tassi
di crescita porta oltretutto al collasso delle risorse naturali del pianeta, se non
intervengono forti discontinuità. Lo sviluppo economico mondiale deve pertanto
innanzitutto seguire una direzione di riequilibrio mondiale, con economie arretrate
che crescono per raggiungere un livello accettabile di benessere diffuso ed
economie evolute che crescono molto meno e consolidano il livello di benessere,
agendo soprattutto sulla soddisfazione di bisogni immateriali.
L’unico grande motore di spinta economica su cui le società evolute possono
pensare di basare ancora una “economia della crescita” è rappresentato dalle
attività connesse all’introduzione massiccia di uno sviluppo sostenibile. Queste
attività sono pervasive, coinvolgono quasi tutti i settori dell’economia (producono
PIL), ma anzichè aumentare il peso sulle risorse ambientali hanno come obiettivo
la sua riduzione. In primo luogo tra queste attività industriali ci sono tutte quelle
legate alla produzione dell’energia a basso impatto ambientale e con risorse
rinnovabili. Ma il modello sostenibile va ben al di là di queste attività che pure
rappresentano la testa di ponte. Ogni prodotto e ogni servizio dovrà essere
ripensato e riprogettato in modo da ridurre sostanzialmente il suo impatto
energetico-ambientale, dal momento della sua fabbricazione, al momento del suo
smaltimento/riciclo a parità di prestazioni e funzionalità. Questa attività richiede un
immenso lavoro e grandissimi investimenti con un enorme impegno in ricerca e in
riconversioni industriali. Ma proprio questi investimenti potranno essere il sostegno
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di una vera e propria “nuova economia”. L’alternativa, per sostenere il modello
della crescita perenne è che periodicamente intervengano fasi concentrate di
“grandi distruzioni” che, come noto, sono state in passato l’elemento necessario a
rimettere in moto il meccanismo dello sviluppo.
Implicazioni per il mondo imprenditoriale
Appare evidente come la “sfida energetica” impatti fortemente sul sistema
industriale. E, come spesso succede, questo impatto può costituire in alcuni casi
una minaccia e in altri casi una grande opportunità.
Il coinvolgimento delle imprese può essere ricondotto a tre tipologie.
- Per alcune imprese la sfida energetica rappresenta proprio il naturale terreno
competitivo. Si tratta di imprese di costituzione recente, nate e proliferate in
tutto il mondo per rispondere alla nuova domanda, spesso trainate da
politiche incentivanti dei diversi paesi. Citiamo per esempio il grande sviluppo
in Germania del settore fotovoltaico, che, a seguito di una forte politica di
incentivi statali, ha generato praticamente dal nulla un nuovo settore
industriale con decine di migliaia di posti di lavoro e aziende che sono
diventate leader mondiali. Anche molte aziende già affermate in altri settori
hanno battuto questa strada in una logica di diversificazione e stanno
aprendosi nuovi decisivi sbocchi di mercato. Lo stesso vale anche nel settore
dell’edilizia nel quale stanno fiorendo molteplici attività imprenditoriali legati ai
nuovi concetti degli edifici a basso consumo energetico. Fondamentale anche
il coinvolgimento dell’industria legata al sistema dei trasporti impegnata in
direzione di un modello di “mobilità sostenibile”. Attorno alla sfida energetica
stanno nascendo anche nuovi modelli di business, come quello degli IPP
(Indipendent Power Provider) o delle ESCO (Energy Service Company).
- La seconda tipologia di coinvolgimento riguarda l’efficienza energetica. Tutte
le imprese, nessuna esclusa, hanno oggi la possibilità di rivedere criticamente
i propri consumi energetici, sia quelli relativi agli edifici, sia quelli relativi ai
processi industriali, avendo a disposizione una gamma molto articolata di
possibili interventi sia sul fronte del consumo (efficienza energetica), sia sul
fronte dell’approvvigionamento. I ritorni degli investimenti in questa direzione
sono spesso incrementati da azioni di finanza agevolata e generano
competitività non solo sul fronte della riduzione dei costi, ma anche su quello
dell’immagine spendibile sul mercato.
- La terza tipologia di coinvolgimento è quella destinata ad avere forse l’impatto
più decisivo. Si tratta del ripensamento di tutti i prodotti e i servizi in una
nuova logica dove anziché progettare per minimizzare i costi di produzione o
per massimizzare le performance, si punta a comprimere il consumo delle
risorse ambientali (e di conseguenza anche il consumo energetico) di ciò che
si produce: durante il ciclo produttivo, durante la vita utile del prodotto, alla
fine della vita del prodotto quando lo stesso deve essere smaltito o più
propriamente riciclato. Questo ripensamento darà origine ad una nuova
generazione di prodotti e a nuovi modelli di business nei quali produttori e
consumatori saranno legati più strettamente e per un arco di tempo più lungo,
non solo, come adesso nel momento della transazione di vendita. Sarà il
mercato a premiare chi si sarà spinto su questa strada, riconoscendo un
extravalore ai beni e ai servizi più coerenti con il nuovo necessario modello di
sviluppo sostenibile.
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