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1
PICCOLO VADEMECUM
PER IL VIAGGIATORE
SUL TETTO DEL MONDO
UN VIAGGIO IN TIBET
IN COMPAGNIA DI
FRANCO PIZZI
2
Franco Pizzi, nato nel 1948,
studioso e
praticante del buddismo tibetano, vive da oltre
dieci anni in India; accompagna gruppi turistici
in Asia, e traduce testi dal tibetano.
Stampato a New Delhi, aprile 2001
Proprietà letteraria riservata a
franco pizzi
[email protected]
3
INDICE GENERALE
GEOGRAFIA DEL TIBET 11
ACCENNI DI STORIA DEL TIBET 16
L’antica storia del Tibet:
Storia moderna del Tibet:
LE RELIGIONI DEL TIBET
39
La religione bön
Il buddismo tibetano e le sue scuole
La scuola Nyingmapa
La scuola Sakyapa
La scuola Kagyupa
La scuola Ghelugpa
43
44
45
49
Il cristianesimo
L’islam
50
51
IL POPOLO TIBETANO
4
52
OGGETTI RITUALI E DIPINTI
56
FESTIVAL RELIGIOSI
62
ARRIVIAMO SUL TETTO DEL MONDO!
63
LHASA E DINTORNI
63
CHAKZAM
DROLMA LHAKHANG
ARRIVO A LHASA
JOKHANG
CHAKPO RI
RAMOCHE
BOMPO RI
POTALA
SHOL
LUKHANG
DRALHA LÜPHUG
NORBULINKA
SERA
L’ORACOLO DI NECHUNG
DREPUNG
GHEPHEL RI
5
63
65
68
70
74
75
75
75
83
84
84
85
87
91
93
96
GANDEN
97
TSURPHU
99
VERSO LO YARLUNG
103
MINDROLING
TSEDANG
TRANDRUK
YUMBULHAKHANG
CHONGYE
SAMYE
103
105
106
107
109
109
DA TSEDANG A SAKYA 113
GYANTSE
SHALU
SHIGATSE
SAKYA
117
120
122
125
VERSO SHEGAR E KATMANDU 127
130
BIBLIOGRAFIA
6
PREMESSA
Ho scritto questo libricino senza nessuna
pretesa di comporre una guida con informazioni
dettagliate sulla geografia, storia e religione del Tibet,
poiché queste possono essere trovate altrove. Come
viaggiatore ho sempre avuto bisogno di qualche foglio
che mi guidasse sulle strade che percorrevo e quindi
ho pensato che poche pagine scritte in modo conciso
possano aiutare altre persone a godersi il viaggio sul “
Tetto del Mondo”, lungo la Transhimalaya che va da
Lhasa a Katmandu. Non ho accennato ad altre aree
del Tibet, all’eccezione della zona del monte Kailash e
del lago Manasarovar, essendo questi strettamente
collegati al contesto religioso e culturale del Tibet.
Trattandosi di un percorso molto particolare, in
base alla mia esperienza vorrei suggerire alcuni
elementi che possono aiutarvi ad intraprendere questo
viaggio con una giusta prospettiva verso le difficoltà
che si potrebbero incontrare.
La strada offre sempre nuove sorprese, anche
per me che da lungo tempo la percorro per lavoro, e
quindi bisognerebbe lasciarsi trasportare dai paesaggi
ed dagli incontri del momento; ciò che è da vedere non
sono soltanto i monasteri, molti dei quali sono oramai
musei privi di vita spirituale, ma il vero Tibet è quello
che si osserva dal finestrino della macchina. Per cui un
7
trasferimento non è mai lungo e noioso ma pieno di
cose nuove da scoprire, piccoli scorci di paesaggi, il
campo nomade dove si può acquistare il formaggio, e
altre scene di vita che non sono descritte, e non
possono esserlo, in nessuna guida, perché stimolano
un qualcosa dentro di noi, e questo succede anche per
chi fa lo stesso tragitto da molti anni.
Il fiume in piena ha portato via la strada, la
valanga o la neve ha interrotto il nostro tranquillo
viaggio; disperazione!
Il nostro tempo, il nostro viaggio già pagato sta
subendo degli intoppi, si sta perdendo tempo! Niente
di meno vero. Il più delle volte succede che i tibetani
curiosi, timidi e poi sorridenti ci avvicinano!
“Quell’autista dovrebbe fare così” Gli autisti sono
abituati a cavarsela da soli su queste strade; evitiamo
i consigli e soffermiamoci con i nomadi arrivati a
vedere i viaggiatori; per loro destiamo ancora la
stessa curiosità che aveva destato Ippolito Desideri
nel 1700! Approfittiamo di questo raro incontro!
Evitiamo il pietismo verso i bambini che corrono a
chiedere qualcosa, qualunque cosa, a noi occidentali.
Il colonialismo non è solo l’imposizione di una cultura
su un’altra con le armi ma anche il voler imporre, in
qualche modo, le nostre cose alla gente del posto,
come le penne, le brioche etc....evitiamo di accrescere
una nuova forma di accattonaggio che diventerà
8
cronica per persone che non hanno bisogno di
niente....Osserviamo il bambino che ci tende la mano:
è bianco e rosso, paffutello, e corre a 5000 metri, cosa
che noi non siamo capaci di fare. Il suo cibo ed i suoi
abiti, che a noi sembrano miserevoli, sono ciò che gli
serve per vivere nel suo ambiente. Pensiamo un
attimo se un tibetano viene in Italia e ci dice:
“Poverino, il tuo cibo non è salutare e i tuoi abiti non
sono adatti, cambia la bistecca con la tsampa ed
invece di quella camicia che hai, indossa un mantello
di pelliccia di yak.”
“Ma cosa può succedere se gli ho dato solo una
caramella”, mi si chiede. Succede, in effetti, che
stiamo immettendo l’idea dell’accattonaggio. Siamo in
molti a viaggiare su queste strade, e molti la pensano
così, con il risultato che i bambini e gli adulti vengono
ad elemosinare, non per necessità ma soltanto per
una cattiva abitudine che noi abbiamo creato.
Ultimamente osservavo la plastica, le scatolette
abbandonate lungo le rive del lago Yamdrok; i tibetani
non hanno una cultura ecologica per cui
abbandonano ciò che non serve dovunque gli pare:
siamo noi che collaboriamo a queste spazzature in
Tibet. Lasciando le cose come sono senza interferire,
aiutiamo la cultura del posto a sopravvivere!
Quando arriviamo a destinazione, in albergo,
naturalmente, qualcosa non va. Il water è otturato, le
9
lenzuola non sono candeggiate etc etc Qui siamo nel
terzo mondo; come si può pretendere che tutto
funzioni! Invece di utilizzare il tempo dopo cena a
parlare dell’albergo, utilizziamolo per uno scambio di
vedute sulla giornata; ampliamo la nostra conoscenza
su ciò che abbiamo visto durante il giorno
discutendone con l’accompagnatore; egli è li non solo
per assicurarsi che la logistica sia funzionante, ma
anche per dividere la sua conoscenza con i clienti.
tashi delegs…..
indice
10
GEOGRAFIA DEL TIBET
Venti milioni di anni fa il Tibet giaceva sul fondo
del mare. L’impatto di quella che oggi è l’India con la
terra ferma ci regalò quello che conosciamo come il
“Tetto del Mondo”. L’altopiano tibetano copre una
superficie di 2.500.000 kmq1 (3.800.000 kmq. secondo
un’altra fonte)2, e contava 6.000.000 di abitanti al
momento dell’occupazione cinese. Questo territorio
immenso comprendeva ciò che adesso è conosciuta
come la Regione Autonoma del Tibet, oltre alla provincia
dell’Amdo, diventato Qinghai a Nord-Est, la provincia del
Kham, divenuta Sichuan ad Est, e parte della provincia
di Xinjiang a Nord-Ovest. .
Da tempi antichi il Tibet è stato il paese dove
leggenda e superstizione, realtà e scienza si sono
mescolate; dove superbi esploratori della mente hanno
mostrato teorie e miracoli eccezionali; dove credenze
religiose si sono mescolate a fenomeni fisici, dove le
pietre ed ogni cosa, da noi ritenuta inanimata, hanno
trovato uno spazio nel quotidiano: i laghi, il colore del
1 2.500.000 kmq: secondo “Tibet proving truth from facts” publ. The
Departement of Information and International Relation, Dharamsala,
1994 pag 3
2 3.800.000 kmq secondo Barraux Roland, Histoire des Dalaï Lamas,
ed Albin Michel 1993 pag 23.
11
cielo, ed i fiumi potenti sono le dimore di Dei e spiriti; le
montagne, castelli di ghiaccio, sono le abitazioni di
divinità tantriche, ed i passi, così difficili da valicare sono
ornati dalle tarciok3 o da piccoli mucchi di sassi offerti
dai pellegrini in ringraziamento agli Dei locali per la
buona riuscita della salita e l’augurio di una buona
discesa.
A Nord il Tibet è delimitato dai monti Kunlun e a
Sud dalla giovane catena dell’Himalaya. Questa
muraglia di roccia e di ghiaccio scaturì dallo scontro del
continente indiano, che spostandosi alla deriva nel mare
di Tetis alla velocità di 10 metri all’anno, per un periodo
di 40.000.000 di anni, ha formato per secoli la barriera
naturale ai monsoni provenienti dall’India, ed ha impedito
le invasioni e migrazioni di massa dando la possibilità di
conservare inalterata la cultura locale. I molti laghi salati
e i numerosi fossili, che bambini sorridenti vendono
lungo la strada, sono testimonianze che ancora oggi ci
ricordano il mare di Tetis. Dal Kailash, il monte Meru, il
centro dell’universo nella cosmologia e il misticismo
tibetano ed induista, nascono quattro fiumi: lo Tsangpo,
3 Tarciok: bandierine di vari colori, solitamente cinque, che indicano i
cinque elementi, ricoperte di mantra di diverse divinità, stampati con
blocchi di legno. Si trovano dappertutto: sui passi montani, sui fiumi,
sui monasteri e sulle case. Appena il vento le colpisce, il mantra viene
sparso in tutte le direzioni placando le influenze negative con il suo
potere benefico.
12
che arrivando in India diventa il Brahmaputra; l’Indo,
intorno al quale 3000 anni A.C. si erano già stanziate le
prime comunità della civiltà indiana; il Gange4, il fiume
più sacro dell’India e il Sutley, che attraversa l’India del
Nord nella zona di Kinnaur per poi passare in Punjab ed
infine affluire nell’Indo in Pakistan. Lo Tsangpo,
scorrendo da Ovest verso Est, attraversa il Tibet
meridionale, e sulle sue rive si stanziarono le prime tribù
che diedero origine al popolo tibetano. Più a Sud
scendono altri tre fiumi, che entreranno nel Sud-Est
asiatico: il Mekong, il Salween e lo Yangtse.
Situati all’estremo Ovest del paese, il Kailash,
che si erge come il principio dell’energia maschile, e il
lago Manasarovar, simbolo dell’energia femminile,
furono da tempi antichi meta di pellegrinaggio per gli
antichi bön, per gli induisti e per i buddisti. “Non ci sono
montagne come l’Himalaya, perché in esse vi sono il
Kailash ed il Manasarovar”5. In questi luoghi meditarono
4 Gange: a riguardo delle sorgenti del Gange sono stati fatti numerosi
studi e spedizioni, dal tempo di Akbar il Grande fino al periodo
coloniale Inglese. In fine furono gli Inglesi, nel XIX sec. a determinare
che il Gange nasce dal lago Manasarovar ed infossandosi sotto
l’Himalaya sbuca in territorio indiano a Gangotri da una roccia
chiamata “Testa di Mucca” rif. Allen Charles, A Mountain in Tibet; The
Search for Mount Kailash and the Sources of the Great River of India,
ed Rupa&Co Calcutta, ed 1992.
5 cit. Dagli Skanda Purana.
13
molti yogin6, come il venerato ed ancora oggi famoso
Milarepa. Sempre in questa zona era localizzato il regno
di Shang Shung.7
Ad Oriente troviamo la zona del Kham, una
regione più fertile a causa del monsone che penetra
laddove la catena dell’Himalaya degrada; questa zona è
abitata dal clan dei Khampa, etnia nomade, di statura
alta, fieri guerrieri e banditi che si distinguono dal resto
della popolazione tibetana. Il Kham è quello che ha
sempre dato il più alto tributo di vite nel corso di guerre e
tentativi d’invasioni, fino all’ultima ben riuscita dei cinesi
nel 1959.
Nella zona centrale troviamo le province più
famose di Ü e di Tsang, dove le piogge più scarse e il
clima più mite hanno permesso vari tipi di coltivazioni,
come il grano e l’orzo. Le due province di Ü (centrale) e
Tsang dal V sec. (prima data a cui è possibile fare
riferimento storico) in avanti sono state il centro della vita
politica e religiosa del Tibet, ed è stato da questa parte
del Tibet, più esattamente dalla valle dello Yarlung,
lungo la sponda Sud Est del fiume Tsangpo, che gli
6 Yogi: praticante dello yoga; questo termine si riferisce agli asceti, di
solito laici, che vivono in eremitaggio dedicandosi alla pratica della
meditazione. Il più conosciuto yogin tibetano è Milarepa. Ved. Tsang
Nyong Heruka, I Centomila Canti di Milarepa; traduzione di Franco e
Kristin Pizzi, ed. Rassegna Culturale JM 1989.
7 Shang Shung: l’antico regno dei bön, ved cap sulla Storia.
14
imperatori tibetani hanno controllato il loro regno
immenso che si estendeva fino all’Afganisthan.
Le escursioni termiche, da +40 al sole a +2
all’ombra, il vento improvviso che alza mulinelli di sabbia,
l’aria tersa, il cielo cobalto e il tappeto di stelle troppo
vicino all’uomo, le strette valli che conducono a
misteriose gompe arroccate su pendii rocciosi, i fiumi
verdi in estate che diventano strade ghiacciate in inverno
sono poche parole per dare l’idea del paesaggio
dell’altopiano tibetano. Sebbene il Tibet è situato sulla
stessa latitudine dell’Algeria, la sua altitudine rende
difficile la vita a tutti i livelli: “In estate soffrono per la
pioggia ed il sole, in inverno per la neve ed il vento, non
avendo né cibi né vestiti. Ricolmo di pietà il Bodhisattva
Avalokitesvara8 gli portò sette tipi di semi: grano
saraceno, orzo, senape, grano, riso, sesamo e ceci.”9
8 Avalokitesvara: in tibetano Cenresig, è il Bodhisattva della
compassione di cui i Dalai Lama sono considerati emanazioni. Il
mantra associato con lui è quello più conosciuto dai tibetani OM MA
NI PAD ME HUNG HRIH. Egli è rappresentato in varie forme tra cui
quella più comune come divinità bianca; seduta nella posizione del
loto, con quattro braccia, di cui due con le mani giunte fra le quali
tiene un gioiello che rappresenta la mente; nella mano del braccio
destro tiene un rosario (mala) e in quella sinistra tiene un fiore di
loto. Avalokitesvara è il nome sanscrito, il che indica la sua origine
indiana. Cenresig è rappresentato anche in piedi con 11 teste; la
leggenda dice che vedendo la sofferenza in cui si dimenano gli esseri
sbatté la testa contro il muro e se la ruppe in undici parti. Suo padre, il
15
ACCENNI DI STORIA DEL TIBET
L’origine del popolo tibetano non è ben definita a
causa della mancanza di documenti storici. Secondo
ricercatori cinesi i primi insediamenti tibetani sono
avvenuti nella zona del Kham, mentre ricercatori di altri
paesi sostengono che il popolo tibetano si è sviluppato
attraverso mescolanze di popoli differenti in migrazione.
Tutti gli studiosi si trovano d’accordo che la civiltà
tibetana si sviluppò nella fertile valle dello Yarlung
intorno a Tsedang.
La leggenda, alla quale ancora oggi i tibetani
fanno riferimento, tira di nuovo in ballo il Bodhisattva
Avalokitesvara, che avrebbe inviato in Tibet un suo
discepolo, una scimmia realizzata, con il compito di
fondare un eremitaggio in Tibet, a Gampori nello
Yarlung. Un giorno gli si avvicinò una sinmo, un demone
femminile nelle sembianze di una orchessa, sofferente di
solitudine, e la scimmia compassionevole si accoppiò
Buddha Amithaba, prese i pezzi e ne fece 11 teste dandogli così la
possibilità di poter seguire meglio gli esseri con la sua compassione.
9 Cit. Da R.A. Stein, La civilisation Tibètaine, l’Asiathèque, 1987.
16
con lei procreando sei figli che furono l’origine dei sei
clan tibetani.
L’antica storia del Tibet: può essere
suddivisa, grossomodo, in tre epoche:
1 L’epoca del regno di Shang Shung.
2 L’epoca dell’impero tibetano, corrispondente alla
dinastia dei 33 re tibetani.
3 L’epoca del culmine e della distruzione dell’impero.
1 Il regno di Shang Shung: trova le sue origini intorno al
secondo millennio prima di Cristo, quando il maestro
Sherab Miwoce fondò la corrente bön. Shang Shung era
situata nella zona tra il Kailash ed il lago Manasarovar,
ma la sua influenza culturale si estendeva praticamente
in tutto il Tibet centrale ed orientale.
2 33 generazioni di re venuti al potere nella valle dello
Yarlung, dal tempo di Nyatri Tsenpo (127 a.C) fino a
Songtsen Gampo (618-649). Durante tutto questo
periodo la cultura del regno tibetano era quella di Shang
Shung, come pure la sua religione. La religione di stato
era quella dei bön ed il re era sempre accompagnato da
uno o più sacerdoti reali che servivano come sue guardie
del corpo ed erano essenziali per il mantenimento del
suo prestigio e del suo benessere, e non ultimo per
17
assicurare la prosperità del popolo e della nazione.
Secondo la leggenda questi re tibetani discendevano dal
cielo con una scala, ed al termine della loro vita
risalivano al cielo aiutandosi con una corda che
scendeva da un arcobaleno (la corda “dmu”).
La storia del primo re Nyatri Tsenpo merita di
essere raccontata: un bambino fu trovato da solo sulla
montagna Yarlha Shampo, vicino a dove oggi sorge lo
Yumbulhakhang, dai capi dei clan tibetani. Quando gli fu
chiesto di spiegare la sua provenienza, egli indicò una
direzione che fu interpretata dai tibetani come il cielo.
Questo fece pensare che il bambino era di discendenza
divina ed essi decisero di onorarlo come il loro re
(Tsenpo). Quindi costruirono un trono (Tri) di legno e lo
trasportarono a valle in spalle (Nya).
Un altra storia racconta come l’VIII re, Grigu
Tsenpo (I sec. D.C.) fu il primo re a lasciare dietro di se
le sue spoglie mortali: si dice che Grigu aveva un
carattere collerico ed orgoglioso, e che il suo sport
preferito era quello di organizzare duelli. Nel corso di uno
di questi, preso dalla collera, tagliò inavvertitamente la
corda celeste con la spada, quindi non potendo risalire al
cielo morì sulla terra e fu sepolto a Chongye, nella valle
dei re, a 30 Km. da Tsedang.
18
Di tutto questo periodo non esistono
documentazioni storiche, ma tutte le vicende sono
basate su narrazioni tramandate oralmente.
3 Il culmine dell’impero tibetano: fu raggiunto sotto il
regno del re Songtsen Gampo, quando l’impero divenne
uno dei più potenti dell’Asia centrale. Per mantenere
buone relazioni con l’imperatore tibetano, l’imperatore
della dinastia dei Tang (618-906), impaurito dalla
potenza del suo vicino che si spingeva fino ai suoi
confini, rispose positivamente alla richiesta in sposa di
una nobile cinese da parte di Songtsen Gampo; così
pure fece il re Nepalese, e nel 641 avvenivano i primi
due matrimoni di stato, di Songtsen Gampo con la
principessa cinese Wen Chen Kanjo e con la principessa
Nepalese Tritsun Bhrikuti Devi. Le due regine, entrambe
Buddiste, riuscirono a convertire il loro sposo alla stessa
religione e furono costruiti i primi monasteri: nel 649 a
Lhasa furono fondati il Jokhang e Ramoce, allo scopo di
ospitare le statue del Buddha portate in dono dalle due
principesse.
Songtsen Gampo intravide la necessità di
modernizzare il suo paese; dalla Cina importò il sistema
legislativo, l’arte della geomanzia, l’astrologia e la
scienza medica e dall’India la spiritualità e l’alfabeto. Egli
inviò una delegazione di sette saggi presieduta da
Thönmi Sambhota in India per studiare il sanscrito e il
devanagari, e da quest’ultimo fu elaborato un sistema di
scrittura adatto alla lingua tibetana. Fu lo stesso Thönmi
19
Sambhota ad iniziare la traduzione dei testi sanscriti in
tibetano. Songtsen Gampo, imperatore dinamico, istituì
un codice legislativo, formò una gerarchia di ministri,
fece un censimento dei pascoli e dei campi e formulò le
regole per l’utilizzazione delle acque, oltre a far pagare
pedaggi ed imposte. Poiché egli volle diffondere la
nuova cultura buddista, attirò il re Ligmigya di Shang
Shung in una trappola e lo uccise, arrivando così
all’annessione di Shang Shung all’impero tibetano.
Oltre alle principesse straniere, l’imperatore ebbe
quattro mogli tibetane, fra cui una bönpo, e fu da una di
queste che ebbe la sua discendenza. Gli successe il
figlio Tride Tsukten, il quale diede alla luce un figlio che
doveva essere il secondo dei grandi imperatori tibetani:
Trisong Detsen (755-797). Con lui il Tibet acquisì una
stabilità politica e religiosa. Re guerriero, egli allargò le
sue frontiere dall’Afganisthan alla Cina orientale, dai
monti Altai fino all’India ed al Bengala. La ragione per
cui viene ricordato è quella di aver proclamato il
Buddismo religione di stato. Egli incominciò con l’invitare
dalla celebre università di Nalanda per primo
Shantarakshita, un eminente studioso, per divulgare gli
insegnamenti buddisti. Il suo approccio, con i tibetani,
popolo abituato ai riti sciamani e alla magia in genere, fu
troppo rigido e scolastico e quindi insoddisfacente per le
20
loro necessità. Il re, quindi, su consiglio del filosofo invitò
Padmasambhava10, per continuare la sua opera.
Originario della valle di Swat nell’Uddyana11, nel Nord
dell’India , Padmasambhava viaggiò dappertutto; dal
Kashmir al Ladakh12 , nel Sikkim, nel Buthan, finché
varcò l’Himalaya ed approdò sulla sponda del fiume
Tsangpo, nella regione di Drakmar.
Padmasambhava fu da sempre circondato da
un’aura di mistero; gli furono attribuiti poteri magici con
cui avrebbe sottomesso gli Dei della vecchia religione
bön costringendoli a partecipare alla costruzione del
monastero di Samye (799). Egli fondò la prima comunità
monastica, formata da dodici indiani e tre tibetani, che
prese subito piede a causa delle sue regole abbastanza
permissive e della garanzia di una buona retribuzione
nella vita futura per le azioni positive fatte in questa vita.
Il terzo re rimasto famoso nella storia tibetana è
Tritsug Detsen Ralpachen (815-838). Egli fu un fervente
buddista e si adoperò per salvaguardare e propagare
10 Padmasambhava: è conosciuto anche come Guru Rimpocè, il
prezioso maestro, sembra che fosse un parente di Shantarakshita, e
che fu quest’ultimo a consigliare al re d’invitarlo. Su questo non esiste
comunque nessuna documentazione storica come pure sulle origini di
Guru Rimpocè.
11 Uddyana: può essere identificata con una delle regioni a Nord
dell’attuale Pakistan.
12 Qui vi si trova la Gompa di Tak-Tak dove meditò Padmasambhava
mentre era sulla strada del Tibet.
21
questa religione invitando pandita indiani. È rimasto
soprattutto famoso per la stele davanti al Jokhang, su cui
è inciso il trattato di pace con i cinesi (821-822), nelle
due lingue, dopo la prima occupazione cinese avvenuta
nel 763. La stele è ancora al suo posto ed in una certa
parte del trattato si legge: “ Entro i due paesi, non ci sarà
né fumo né polvere, non ci saranno allarmi improvvisi, e
la parola “nemico” non sarà mai più pronunciata. Le
guardie di frontiera non dovranno avere più nessuna
preoccupazione e potranno dormire tranquilli....” questo
era nell’821! La sua tendenza pro-buddista era tale da
volersi fare monaco; questo, oltre a tutti i privilegi e le
donazioni fatte al clero, fu troppo per i suoi oppositori
che lo assassinarono.
Suo figlio Tsangma, divenuto monaco, si spinse
fino a mettere tutta l’amministrazione reale sotto la tutela
del clero, ma fu costretto a scappare e rifugiarsi in
Buthan. Rimase suo fratello Langdarma (838-842). Sotto
la spinta dei sacerdoti bön, quest’ultimo instaurò un
regime di terrore per i buddisti, uccidendo ed
espropriando. Il risultato fu il suo assassinio per mano di
un monaco, Pelgy Dorge, uno dei discepoli di
Padmasambhava; egli si vestì con un mantello, nero
fuori e bianco dentro, e con un cappello nero13;
13 Scia nak: cappello nero, viene ancora oggi rappresentato nelle
danze rituali tibetane (chams).
22
cavalcando un cavallo bianco annerito con il nerofumo
s’introdusse vicino al re.
Nella manica del suo mantello nascondeva un arco ed
una freccia. Si avvicinò al re inginocchiandosi, facendo
finta di salutarlo. Al primo inchino tese l’arco, al secondo
sistemò la freccia, al terzo la tirò nel petto del re. Poi
scappò via oltrepassando il fiume la cui acqua lavò il
nero fumo dal cavallo e lui, indossando il mantello con il
lato bianco verso l’esterno, riuscì a scappare alle
ricerche dei soldati. Sembra che si rifugiò nella grotta di
Yerpa, non lontano da Lhasa, ma secondo altri si rifugiò
nell’Amdo.
Con l’uccisione di Langdarma finisce la dinastia
di Yarlung. Alcuni suoi discendenti fuggirono e fondarono
il regno di Guge, che durò fino al 163014, e quello del
Ladakh, che conservò la sua indipendenza fino al 1842,
anno in cui fu invaso dal generale Zorawar Singh di
Jammu (J&K India)
Lo stesso generale non soddisfatto delle sue conquiste
si spinse fino in Tibet e conquistò un vasto territorio
vicino al Kailash, sembra lo stesso regno di Guge. I
tibetani chiesero aiuto al loro imperatore cinese.
L’esercito tibeto-cinese era formato da 10000 uomini
contro i 5000 del generale. La guerra fu veloce, le truppe
del generale furono massacrate e lo stesso generale
14 Il regno di Guge cadde in concomitanza della presenza del Gesuita
D’Andrade che per alcuni aspetti indirettamente ne fu l’artefice.
23
ucciso e fatto a pezzi ed il suo cuore mangiato in quanto
ritenuto un uomo estremamente coraggioso!
indice
Storia moderna del Tibet:
Dopo Langdarma il Tibet entrò in un periodo di
lotte intestine che durò fino all’XI sec.. L’indebolimento
del potere centrale si accompagnò, sotto la copertura di
sviluppo culturale e religioso, con una moltiplicazione di
centri di potere. Mentre si cancellavano le tracce dei re e
dei principi, le grandi famiglie nobili diedero nascita alle
potenze ecclesiastiche che radunarono intorno a loro gli
elementi politici, economici e militari della società
tibetana. Le più importanti tra queste erano: la famiglia
dei Sakya, quella dei Pamodrupa nella regione del
Kham, quella di Tsal, sul fiume Kyiciu ad Est di Lhasa,
ed un altro clan del Kham che diede origine alla scuola
Karmapa.
Nel XI sec. apparve sulla scena lo studioso e
traduttore Rincen Zangpo (985-1054), che fu inviato in
India dal re del Guge per studiare le nuove correnti del
buddismo Vajrayana.
Egli risiedette per molti anni nel Kashmir, e fondò
numerose gompe15 in Ladakh. Nel 1042 arrivò
15
Gompa: termine tibetano per monastero; originariamente
indicava un posto isolato per la pratica di meditazione.
24
sull’altopiano tibetano il maestro Bengalese Atisha,
invitato dallo stesso re di Guge, che vi soggiornò fino alla
sua morte nel 1054. Egli era un esperto conoscitore di
tutti i veicoli del buddismo, l’Hinayana, il Mahayana e il
Vajrayana imparato dai Mahasidda16 in quel momento in
una fase decrescente in India. Attirò discepoli da tutte le
parti del Tibet, e il suo discepolo più vicino, Dromtön
(1005-1064), fondò la scuola Kadampa (1056) che più
tardi il riformatore Tsongkhapa avrebbe trasformato nella
scuola Ghelugpa, detta dei “ Berretti Gialli”.
L’XI sec. fu un periodo di fioritura, di studi e di
grandi yogin. Marpa Lotsawa17 di Lodrak (1012-1096) si
recò per tre volte in India alla ricerca d’insegnamenti dal
suo maestro, il Mahasidda Naropa, a sua volta discepolo
del Mahasidda Tilopa. Marpa portò in Tibet molti testi
tantrici, li tradusse e passò la sua conoscenza a quattro
discepoli di cui il più famoso ed ancora oggi venerato
Milarepa (1040-1123). Tra i discepoli di quest’ultimo vi fu
Reciungpa, un famoso yogin laico i cui insegnamenti
furono inseriti nella scuola Drugpa Kagyu, e Gampopa
(1079-1153), un monaco Kadampa18 con gli
insegnamenti dei Mahasidda Tilopa e Naropa. Il
16 Mahasidda: termine sanscrito che indica un essere realizzato ed in
possesso di poteri straordinari.
17 Lotsawa: termine tibetano per traduttore.
18 Gampopa nel suo primo incontro con Milarepa si definisce monaco
Kadampa.
25
principale discepolo di Gampopa fu Dusum Kyenpa
(1110-1193), il primo Karmapa, che introdusse il sistema
dei Tulku19 per assicurare la successione all’intero
lignaggio. Benché il lignaggio dei Karmapa è molto
famoso per la sua tradizione spirituale degli yoga
tramandata da Milarepa, i Karmapa stessi sono sempre
stati molto attivi nella politica; alleati con i nobili di Tsang,
dalla loro sede a Tsurphu, nella valle di Tolung, hanno
combattuto contro i Ghelugpa e detenuto il potere sotto
la protezione dei Pamodrupa che regnavano dalla città di
Tsedang.
La prima scuola che si affermò politicamente in
Tibet fu quella dei Sakya, nell’omonimo monasterofortezza non lontano da Shigatse, fondato nel 1073 da
Kunciok Gyalpo. A lui succedettero Kunga Gnyingpo,
Sonam Tsemo, Sakya Pandita e Pakpa.
Nel XIII sec., durante il regno del Gengis Khan in
Mongolia, divenne chiaro che i Mongoli volevano
19 Tulku: una parola che si sente spesso nei viaggi in Tibet o in
Ladakh, sta ad indicare la reincarnazione del Lama precedente. È un
termine che viene applicato di solito solo ai Lama di alto rango e vi
sono differenti metodi per il ritrovamento del nuovo Lama. Per
esempio i Karmapa usano il metodo di lasciare una lettera in cui viene
detto il nome del prossimo Tulku, della sua famiglia e del posto dove
si deve andare a cercare; mentre per i Dalai Lama di solito ci si affida
a visioni che hanno Lama con alti poteri spirituali, all’oracolo di stato
etc...
26
sottomettere il Tibet e siccome i tibetani si resero conto
che sarebbe stato impossibile resistere alla pressione
Mongola, optarono per andare a negoziare con il loro
potente vicino. Fu così che i rappresentanti delle famiglie
nobili si recarono presso il Gengis Khan e più tardi
presso i suoi nipoti cercando in questo modo di
mantenere la loro autonomia in modo pacifico.
La fama di eruditi ed esperti in magia dei Lama
era giunta alla corte dei Mongoli e Sakya Pandita Kunga
Gyaltsen (1182-1251) fu inviato dai nipoti del Gengis
Khan nel momento in cui un generale troppo zelante
aveva raso al suolo il monastero di Radeng (1239).
Sakya Pandita convertì al buddismo Godan, placando
con molta diplomazia l’eccesso distruttivo dei Mongoli.
Così egli ottenne la sovranità sulle provincie di Ü e
Tsang con il trattato del 1247.
In seguito il secondo Karmapa, Karma Paksci,
andò in Mongolia e partecipò ai dibattiti tra buddisti e
taoisti. La sua fama arrivò al Kublai Khan che lo invitò.
Karma Paksci vi andò, ma rifiutò di prolungare il suo
soggiorno, offendendo in questo modo il Kublai Khan. Di
conseguenza i Mongoli scelsero il clan dei Sakyapa
come interlocutore privilegiato per gli affari tibetani. Il
nipote di Sakya Pandita, Pakpa, si recò alla corte del
Kublai Khan, futuro fondatore della dinastia Yuan a
Pechino, e ricevette il titolo di vicere sulle tredici
provincie del Tibet. Questo potere durò 96 anni; il
27
declino della dinastia Yuan nel 1368 segnò anche il
declino della supremazia Sakya in Tibet.
L’influenza della dinastia Yuan può essere considerata
come la prima mossa d’intervento cinese negli affari
tibetani. La stessa cosa venne ritentata dalla sorgente
dinastia Ming, in un periodo di lotte interne tibetane
durante il quale la borghesia era decadente ed il clero
non era stabile politicamente e si fronteggiava con le
armi. Questo ebbe fine quando Rinpung, un ministro del
clan dei Pamodrupa, rimise ordine combattendo contro i
Karmapa e la famiglia di Tsang che governavano su
Shigatse e Gyantse.
Nel 1357, sulle rive del lago Kokonor, nacque
Tsongkhapa colui che fondò la scuola Ghelugpa o dei
Berretti Gialli. Egli non sapeva che l’apparizione di
questa scuola sulla scena tibetana avrebbe influenzato
la vita politica e spirituale del Tibet fino ai giorni nostri.
Tsongkhapa si concentrò soprattutto sugli insegnamenti
di Atisha della scuola Kadampa, e fu ospitato a Radeng
per un ritiro dal 1402 al 1405. Fu riconosciuto dalla
scuola Kadampa come un erudito; ottimo organizzatore,
egli impose ai suoi monaci l’obbligo del celibato, il
regime vegetariano, il voto di povertà individuale e
l’astensione dalle bevande alcoliche. La sua grande
opera fu il “ Lamrim Cempo”. Anche se Tsongkhapa,
fondando il monastero di Ganden nel 1409, non aveva
previsto di mescolarsi alla politica, lo fecero i suoi
discepoli che fondarono Sera (1419), Drepung (1416) e
28
Tashilunpo (1447). Queste furono delle vere e proprie
città monastico-universitarie, che presto divennero
politicizzate e dettero una svolta decisiva all’occupazione
cinese del 1959.
La morte di Tsongkhapa diede origine ad una
nuova lotta di potere nel Tibet che durò 3 secoli e vide
soprattutto l’alleanza dei principi di Tsang e la scuola
Karma Kagyupa e Pamodrupa contro la scuola
Ghelugpa. Il discepolo di Tsongkhapa, Gendün Drub20
(1391-1475), era famoso per la sua dedizione alla vita
spirituale e per la costruzione del monastero di
Tashilunpo21, che iniziò all’età di 57 anni. Alla sua morte
le sue spoglie furono conservate a Tashilunpo.
Il suo successore fu Gyalwa Gendün Gyatso
(1475-1542); nella sua biografia si legge che le sue
prime parole rivolte al padre furono: “Dopo la mia morte,
alla fine della mia vita precedente, fui imbalsamato, il
protettore Mahakala entrò nel mio lenzuolo e mi portò
con lui. Incontrai il Buddha Maitreya, Atisha e
Tsongkhapa. Quest’ultimo mi disse: “Tutte le tue attività
saranno consacrate alla dottrina, per il beneficio degli
20 Gendün Drub secondo alcuni studiosi non era solo il discepolo di
Tsongkhapa, ma anche il nipote.
21 La costruzione di Tashilunpo richiese 15 anni. Egli chiamò dal
Nepal gli artisti per la fattura delle statue, ed in particolare quella di
Maitreya (Ciampa), il Buddha del Futuro, alta 26 metri, furono
impegnati 150 tonnellate di bronzo e di rame e ricoperta con 170 Kg
di oro.
29
esseri.” Egli fu riconosciuto come la reincarnazione di
Gendün Drub e fu trasferito a Drepung dove seguì il
rigido programma di studio e meditazione. A lui si deve
la scoperta del lago Lhamoi Lhatso22 e la fondazione del
monastero Chökor Gyel nel 1509 sulle rive dello stesso
lago. Fu inumato nel monastero di Drepung.
Seguì Gyalwa Sonam Gyatso (1543-1588);
anche la sua infanzia ebbe qualcosa di particolare: nella
sua biografia è menzionato che da bambino sedeva
sempre a gambe incrociate, dispensava benedizioni, ed
ancora giovane menzionò il nome del suo predecessore.
Anche lui risiedette a Drepung. Fu un grande viaggiatore
e visitò indifferentemente i monasteri di altre scuole; i
suoi insegnamenti, nel corso di questi viaggi, furono
indirizzati a riportare l’unità tra le varie scuole. Egli riuscì
a convertire i Mongoli al buddismo della tradizione
Ghelugpa, e l’Altan Khan volle elevarlo al di sopra dei
comuni mortali dandogli il titolo di “Talai” (oceano di
saggezza), che è stato conservato fino ai giorni nostri
come “Dalai Lama”. Per rendere omaggio ai suoi due
predecessori, egli estese il suo stesso titolo a Gendün
Drub e Gendün Gyatso, divenendo così il terzo “Dalai
Lama”
Yonten Gyatso (1589-1617) IV Dalai Lama di
origine Mongola, nipote dell’Altan Khan, sparse il
22 Il lago prende il nome di una protettrice, Palden Lhamo, ed è
situato a 150 Km. a Sud-Est di Lhasa.
30
buddismo in tutta l’Asia Centrale, fino in Siberia. Questo
fu anche l’inizio dell’ingerenza Mongola nella corte e
negli affari dei Dalai Lama.
Il V Dalai Lama, ricordato come il “Grande
Quinto” (1617-1682), Nawang Lobsang Gyatso, nato a
Chongye, la vecchia capitale dello Yarlung, per arginare
la potenza del re di Tsang, Karma bstan skyon, a cui
erano alleati i Karmapa23, chiese l’aiuto dell’esercito
Mongolo. Al comando dei Mongoli vi era Gushri Khan, il
quale sconfisse il re di Tsang (1642), ed i Karmapa
dovettero assistere al saccheggio del monastero di
Tsurphu. Il generale non si fermò qui, ma distrusse tutti i
nemici dei Ghelugpa, dal Sikkim al Ladakh. Gushri Khan
stabilì la sua capitale a Gyantse, lasciando Shigatse
sotto il governo del Pancen Lama24, per porre fine alle
23 Secondo il Toscano il re di Tsang era “Il continuatore del filone
nazionale del Tibet, l’assertore della piena sovranit{ del Tibet, di una
patria libera da ogni influenza straniera” Alla Scoperta del Tibet
Giuseppe. M. Toscano pag 319 ed E.M.I. 1977. Infatti il potere di
Lhasa con l’aiuto dei Mongoli sottomise il Tibet al potere centrale di
Lhasa, distruggendo tutto ciò che interferiva con la politica dei
Sovrani.
24 Pancen Lama: sembra che il Pancen Lama messo sul trono dal V
Dalai Lama era un suo parente. Fu riconosciuto come l’emanazione di
Amithaba, uno dei cinque Dhyani Buddha, che risiede nella pura terra
di Dewa Cen, situato ad Ovest nella cosmologia mistica tibetana.
Quindi il Pancen Lama è considerato superiore al Dalai Lama a livello
spirituale, poiché il Dalai Lama è considerato l’emanazione del
Bodhisattva Avalokitesvara. Sul piano politico il Pancen Lama era il
31
continue battaglie tra questa regione e Lhasa, e si
nominò re e protettore della religione. Sonam Chöpel,
personaggio vicino al Dalai Lama, insistette presso
quest’ultimo che si recasse a Gyantse per arginare il
potere politico dilagante di Gushri Khan; così fece, e
finalmente il Gushri Khan rimise il potere temporale nelle
mani del Dalai Lama; così si entrò nella fase del “DioRe”, assistito da un reggente laico come rappresentante
del Gushri Khan.
Lobsang Gyatso scrisse una storia del Tibet, e
considerò di spostare la sede dei Dalai Lama da
Drepung a Lhasa. Nel 1645 egli iniziò la costruzione del
Potala, ma prima di morire riuscì soltanto a terminare la
parte bianca. Per suo volere la sua morte fu tenuta
nascosta per 15 anni; questo servì al reggente, Sangye
Gyatso, per terminare la parte rossa del Potala nel 1690.
Il Potala diventò il centro politico e religioso, il luogo dove
furono inumati tutti i Dalai Lama dal V al XIII,
all’eccezione del VI. Lobsang Gyatso fu un uomo politico
sovrano della regione di Shigatse, ed ha sempre avuto un ruolo molto
importante negli affari politici fino ai giorni nostri. L’ultimo Pancen
Lama non fuggì dal Tibet con l’arrivo dei cinesi e passò 14 anni a
Pechino per la rieducazione perché aveva insistito presso i tibetani di
continuare ad avere fede nel Dalai Lama in esilio in India. Morì in
maniera misteriosa. Oggi giorno vi sono due Pancen Lama, uno
riconosciuto dal Dalai Lama, scomparso nelle mani dei cinesi, l’altro
messo sul trono dai cinesi e considerato il vero Pancen Lama dal
governo cinese.
32
oltre che spirituale; con l’aiuto dei Mongoli assorbì i
monasteri di altre scuole, diede spazio alle scienze e fu
tollerante verso altri tipi di religione. Si racconta che dalla
sua finestra vedeva un uomo continuamente raccolto in
preghiera; un giorno decise di conoscerlo ed inviò un
Lama ad invitarlo. L’uomo disse che sicuramente ci
sarebbe andato. Quando il messaggero ritornò davanti al
Dalai Lama, l’uomo era già arrivato. Era un mistico
musulmano, ed il Dalai Lama gli chiese come si trovasse
a Lhasa. Egli rispose che stava bene, ma che a Lhasa
mancava uno spazio per seppellire i morti del suo credo.
Il Dalai Lama salì sul tetto del Potala e tirando quattro
frecce delimitò la zona di residenza dei musulmani,
ancora rimasta tale oggigiorno. In seguito il mistico
musulmano ritornò ad incontrare il Dalai Lama più volte,
tanto che alcuni sussurrarono che quest’ultimo si fosse
convertito all’ Islam.
Il VI Dalai Lama, Rigdzin Tsangyang Gyatso
(1683-1706) rimase nella storia come il Dalai Lama
contestatore; era un personaggio assai fuori dal comune,
ricordato con molto affetto dal popolo tibetano.
Involontariamente egli offrì il pretesto di una nuova
interferenza in Tibet ai Ching, nuova dinastia dei Manciu
regnanti in Cina: viene riportato che ad un certo punto
della sua carriera monastica, quando era il momento di
prendere i voti da monaco, egli li rifiutò davanti al suo
tutore il Pancen Lama, imbarazzando notevolmente il
clero tibetano che non poteva dimetterlo poiché era una
33
reincarnazione né poteva accettarlo a causa di questo
suo rifiuto e della sua condotta poco ortodossa;
eccellente praticante del Vajrayana era allo stesso
tempo poeta, amante delle belle donne e delle taverne,
dove si recava di notte con i suoi amici a bere ed ad
incontrarsi con le donne locali. Egli abbellì la residenza
di Norbulinka e dietro al Potala costruì il Lukhang, il
luogo dove si consumavano i suoi incontri segreti. La
sua condotta fu il pretesto, non la causa reale,
dell’invasione Mongola. Lhazang Khan, alleato della
corte Manciu, marciò su Lhasa (1706), uccise il potente
reggente Sangye Gyatso, saccheggiò Drepung e portò
via il Dalai Lama, con la scusa di portarlo a Pechino. Non
si ebbero più notizie di lui; sembra che fu ucciso vicino al
lago Kokonor.
Da quel momento in poi la reggenza passò in
mano al clero (prima era in mano ai laici) e si protrasse
non oltre al 20 anno di età del Dalai Lama. I
rappresentanti cinesi a Lhasa mantennero la pace per un
secolo e mezzo, appoggiati dai monaci Ghelugpa
conservatori; questa è una delle ragioni per cui più tardi il
Tibet verrà considerato come facente parte della sfera
politica della Cina. A Lhasa, i reggenti pro-cinesi
continuarono a mantenere il potere attraverso le morti
premature dei Dalai Lama, il che durò fino al XIII Dalai
Lama.
Thubten Gyatso (1875-1933), XIII Dalai Lama, il
primo a raggiungere la maggiore età dal VIII Dalai Lama
34
in poi, regnò nel momento del declino della dinastia
Ching e della presa di potere dei nazionalisti cinesi, e,
cosa più importante ancora, nel momento in cui vi poteva
essere un apertura verso l’occidente da parte del Tibet.
Egli andò in esilio per due volte: la prima nel 1904, con
l’arrivo della spedizione Inglese comandata da
Younghusband, che aveva il pretesto d’installare una
missione commerciale a Lhasa (il vero motivo era di
sorvegliare più da vicino le mire espansionistiche Russe
e cinesi). Gli Inglesi entrarono attraverso il confine con il
Sikkim ed un incidente causò una battaglia che in pochi
minuti lasciò sul terreno più di 700 tibetani. Il Dalai Lama
si rifugiò a Pechino e ritornò nel 1910, per ripartire di
nuovo in esilio nel 1911 a Darjeeling, India, quando i
cinesi tentarono di occupare il Tibet.25 Al suo ritorno egli
proclamò l’indipendenza del Tibet, e subito dopo si
scontrò con l’intransigenza del clero che non volle le sue
innovazioni ed aperture verso l’occidente. Sembra che
anche lui morì avvelenato per mano dell’opposizione.
Il Tibet perse così l’occasione di entrare nella
comunità internazionale come paese indipendente.26
25 Questa invasione dei cinesi non fu come quelle precedenti del
1720/28/50/92, su richiesta tibetana, ma rientrava nell’ottica
coloniale della spartizione del mondo.
26 Il trattato di Shimla del 1914, non sottoscritto dalla Cina, stipulava
quanto segue: “ Il Tibet costituisce una parte della Cina, comunque sia
la Cina che l’Inghilterra s’impegnano a non annettere tutto o parte del
territorio tibetano.” Una distinzione fu fatta fra il “Tibet esterno” che
35
L’incapacità politica di Thubten Gyatso è stata fatta
risaltare più volte da storici Inglesi e cinesi: sembra che
abbia passato molto tempo cercando rifugio prima in
Mongolia , da dove fu allontanato, quindi in Cina, e infine
corse a chiedere aiuto agli Inglesi che aveva combattuto
prima. Naturalmente non fu ascoltato seriamente da
nessuno. A causa della sua poca responsabilità politica
gli fu anche levato temporaneamente il titolo di Dalai
Lama dai cinesi. Le sue valutazioni politiche erano nulle,
specialmente la speranza di un aiuto militare dalla
Russia in quel momento occupata con guerre più serie.
Il XIV Dalai Lama, Jampel Nawang Lobsang Yeshe
Tenzin Gyatso, nacque nella regione dell’Amdo nel
1935. Il reggente Reting Rimpocè fu l’artefice del suo
riconoscimento attraverso i segni che gli si mostrarono
nelle acque del lago Lhamoi Lhatso, dove egli sedette in
profonda meditazione; ad un certo punto apparvero tre
sillabe sulla superficie del lago: AH-KA-MA; nella visione
vide anche un monastero di tre piani, con tetti d’oro e di
giada, ed un sentiero che conduceva ad un abitazione ai
si governava da se e che non sarebbe stato rappresentato al
parlamento cinese, e “Tibet interno” di cui le regole non sono state
ben definite. “La scelta del Dalai Lama è di competenza esclusiva dei
tibetani, e sarà notificata al governo cinese che attraverso il suo
rappresentante a Lhasa conferirà il titolo che gli spetta secondo il suo
rango.”
36
piedi di una collina , con il tetto fatto con tegole blu. Era il
1935, ed un anno dopo una delegazione partì alla ricerca
del bambino che fu trovato nell’esatto posto descritto
dalla visione.
Già nella sua infanzia S.S. il Dalai Lama dovette
arrivare di nascosto a Lhasa, sul trono che gli spettava di
diritto. L’oracolo di stato venne consultato e consigliò
d’insediarlo subito; così nel 1940, all’età di cinque anni,
egli si ritrovò già seduto sul trono, anche se era il
reggente a curare gli affari politici. Nel 1949, dopo la
caduta del governo nazionalista cinese, i tibetani
considerarono terminati i vincoli di alleanza provenienti
dal periodo imperialista, e quindi invitarono i cinesi
residenti in Lhasa a lasciare il paese; subito dopo il
governo di Tchang Kai Chek annunciò la sua decisione
di voler liberare il Tibet. Fu così che all’età di 15 anni al
Dalai Lama furono conferiti i pieni poteri temporali e
spirituali. In attesa dei risultati delle negoziazioni tra i
rappresentanti del suo governo e il governo comunista
cinese, il Dalai Lama si allontanò da Lhasa nel 1950, ma
vi fece ritorno subito dopo sperando che i cinesi
avrebbero mantenuto la promessa di lasciare
l’autonomia al Tibet e la libertà di culto. Nel 1951
avvenne l’occupazione “pacifica” del Tibet con l’arrivo
delle truppe cinesi. Nel 1959 i cinesi invitarono il Dalai
Lama ad uno spettacolo culturale, dove egli si doveva
presentare da solo, senza scorta. Il popolo tibetano lo
37
venne a sapere e si ammasso davanti al Norbulinka per
vietare a Tenzin Gyatso di andarci. Il Dalai Lama scappò
di notte travestito da laico per evitare un massacro, ed al
suo posto venne messo un monaco che gli somigliava.
Scortato dai fedeli Khampa, il 30 marzo attraversò la
frontiera dell’India, in Assam. A Lhasa scoppiò una
rivolta che venne brutalmente repressa dall’esercito di
liberazione; fu con la rivoluzione culturale del 1966 di
Mao Tse Tung che la repressione toccò il suo apice, con
la distruzione di monasteri, uccisioni, trasformazione di
monasteri
in
comunità
agricole,
sterilizzazioni
etc....Assurdamente alcuni monasteri furono risparmiati
dalla furia delle guardie rosse da Ciu En Lai.
Il Dalai Lama si stabilì a Dharamsala, nello stato
dell’Himachal Pradesh, India del Nord, nel 1960. Con lui
100.000 tibetani hanno scelto la via dell’esilio in India,
Nepal e Buthan; in questo modo sono riusciti a
ricostruire i principali monasteri, in cui le tradizioni
religiose e culturali vengono tramandate fuori dal Tibet.
Nel mentre, nel Tibet stesso si assiste ad un’alternarsi di
periodi alle volte repressivi e alle volte più permissivi.
Fino ad ora i tentativi del Dalai Lama di raggiungere un
punto d’accordo con i cinesi circa un suo ritorno in un
Tibet autonomo, non si parla neanche più
d’indipendenza, sono risultati infruttuosi.
indice
38
LE RELIGIONI DEL TIBET
La religione bön27
La tradizione bön originariamente consisteva in
un assortimento di cognizioni e pratiche magico rituali
basate sul principio dell’interazione tra l’uomo, le forze
esterne della natura ed il cosmo, invisibili alla percezione
ordinaria ma di grande influenza e determinante
nell’esistenza umana. Gli antichi bönpo avevano una
profonda conoscenza della dimensione energetica
dell’individuo e delle energie presenti nell’universo,
personificate o dominate da una grande varietà di esseri
non umani capaci di essere di beneficio oppure di
disturbare l’uomo. Secondo la tradizione, ad un certo
momento nel tempo queste cognizioni e pratiche rituali
furono revisionate e codificate da Shen Rab Miwo Che,
un maestro di Shang Shung, che in molti modi era simile
ai grandi saggi e fondatori delle religioni del passato.
Shang shung, la città dal quale i bön, regnavano
sul Tibet ha origine antichissime, si parla di 2000 anni
prima di Cristo. La sua localizzazione è creduta essere
nella zone del Kailash, ed diversi esploratori
recentemente ne rivendicano la scoperta ed alcuni di
27 bön: le informazioni in questo paragrafo sono state tratte dal libro:
“Drung, Deu e bön; narrazioni, linguaggio simbolico nella tradizione
bön del’antico Tibet” Namkai Norbu, ed. Shangshung 1991
39
essi ne fa di essa la mitica Shangrla. I bön regnavano sul
Tibet, lasciando ampia autonomia politica poiché molte
zone erano difficilmente raggiungibili. L’origine di questo
popolo non è ancora determinata, si sa che avevano
raggiunto una civiltà molto avanzata la cui distruzione
incominciò con l’avvento del buddismo nel periodo di
Songtsen Gampo e terminò nel periodo del V Dalai
Lama quando tutto quello che era documentato venne
completamente distrutto
La tradizione religiosa bön era, quindi, presente
in Tibet molti secoli prima della diffusione del buddismo,
ed era molto probabilmente basata su elementi comuni
all’eredità
dello
sciamanesimo
pan-asiatico.
Etimologicamente il termine “bön” deriva dal verbo
“Bönpa”, recitare formule magiche, perché il potere che i
suoi praticanti ottenevano derivava dalla recitazione dei
mantra, sillabe o suoni con la capacità di influenzare
certe dimensioni di energia. L’innovazione più importante
nell’insegnamento di Shen Rab Miwo Che fu l’abolizione
degli antichi sacrifici crudeli e l’adozione dell’uso di
“effigi” di fango o burro per rimpiazzare le vittime umane
o animali, una tradizione ancora mantenuta oggigiorno
non soltanto nel bön ma anche in tutte le scuole del
buddismo tibetano. Questa era la saggezza originale dei
tibetani, che ha imbevuto tutti gli aspetti culturali e
religiosi del Tibet.
Dopo la diffusione del buddismo in Tibet e le
susseguenti lotte e persecuzioni per tentare di eliminare
40
la tradizione bönpo, la religione bön si è trasformata e
codificata in un canone di scritture molto simile a quello
buddista, non differente nei principi filosofici e nelle
pratiche rituali e meditative dalle altre scuole tibetane di
tradizione buddista. Questa nuova corrente è conosciuta
sotto il nome di “bön riformato” ed ancora adesso
esistono monasteri e maestri appartenenti a questa
scuola in Tibet, come anche fuori.
Allo stesso tempo, negli insegnamenti buddisti
tibetani sono stati incorporati vari elementi provenienti
dalla tradizione bön, creando così una forma di
buddismo particolare chiamata “buddismo tibetano”
Il buddismo tibetano e le sue scuole
Quando il buddismo raggiunse il paese delle
nevi, in India era già passato attraverso varie fasi di
evoluzione: dal tempo del Buddha Sakyamuni in cui
l’accento era su forme di meditazione molto semplici per
il controllo della mente nel contesto della vita monastica,
i cui monaci dovevano provvedere alla sopravvivenza
attraverso l’elemosina, nel corso dei secoli avevano
avuto luogo vari concili che avevano dato origine ad un
buddismo settario, diviso tra coloro che sostenevano di
voler mettere in pratica le parole ortodosse del maestro e
coloro che adottavano un punto di vista più moderato
adeguandosi ai cambiamenti della società. Così
nacquero in India le correnti Hinayana, piccolo veicolo, il
41
cui ideale era quello di praticare con molta assiduità per
il liberarsi dalle proprie sofferenze, e il Mahayana,
grande veicolo, che proponeva l’ideale del “Bodhisattva”,
che aveva come motivazione quella di raggiungere
l’illuminazione non soltanto per se stesso ma anche per
portare allo stesso livello tutti gli altri esseri. Le due
correnti avevano dato origine alla costruzione di
monasteri, in India come anche a Sri Lanka, che
coesistettero per diversi secoli; si era sviluppato una
conoscenza teorica, filosofica e metafisica molto
approfondita ed i monasteri godevano di grandi privilegi
ed agi materiali. In reazione a questa forma di
“imborghesimento” dei monaci si era sviluppata una
nuova corrente, il Vajrayana, veicolo adamantino, che
proponeva una serie di tecniche di meditazione che
portavano all’illuminazione in una sola vita e che non
richiedevano la rinuncia dalla vita quotidiana ma
permettevano di fare uso degli ingredienti della vita
comune come un mezzo per la trasformazione della
mente.
Nel periodo della diffusione del buddismo in
Tibet, in India le tre correnti erano vive anche se vicine al
loro tramonto. L’invito in Tibet del maestro Santarakshita
aveva apportato soprattutto elementi del buddismo più
scolastico, mentre l’arrivo di Padmasambhava, Guru
Rimpocè, portò una nota più tantrica. Nel corso dei
secoli, anche in Tibet, il buddismo subì varie
trasformazioni che dettero origine a differenti scuole o
42
lignaggi d’insegnamento. Ancora oggi nel buddismo
tibetano si trovano metodi e concetti filosofici di tutte e
tre le correnti, anche se principalmente vengono praticati
i metodi Mahayana e Vajrayana.
La scuola Nyingmapa28
Questa scuola raccoglie gli insegnamenti diffusi
da Padmasambhava, Guru Rimpocè, che arrivò in Tibet
su invito dell’imperatore Trisong Detsen e fondò nel 799
il monastero di Samyè con la prima comunità monastica
di dodici discepoli. I Nyingmapa assorbirono elementi
sciamanici della vecchia religione bön, assimilando le
divinità bön animiste come protettori del Dharma. Delle
quattro scuole è quella che ancora oggi conserva un
maggior carattere di magia nei suoi riti. I detentori di
questa scuola non si mescolarono mai con faccende
politiche, il che causò la loro poco notorietà fino all’arrivo
del V Dalai Lama. La famiglia di quest’ultimo
apparteneva al lignaggio Nyingmapa e perciò egli ne
risollevò le sorti con la fondazione di due monasteri,
quello di Mindroling e quello di Dorge Drak.
Padmasambhava ebbe due consorti, una delle quali la
tibetana Yeshe Tsogyal, insieme alla quale nascose, in
posti segreti in Tibet ed in India, molti testi contenenti
insegnamenti segreti e profezie che sarebbero stati
28 Nyingmapa: in tibetano significa vecchia, anziana
43
riscoperti nel momento opportuno in tempi posteriori.
Questi testi sono chiamati “gterma” e i Nyingmapa
contano tra i loro maestri molti “tertön”, scopritori di testi.
Tipico di questa scuola è la pratica dello dzogchen,
attraverso il quale, con pratiche yogiche, si realizza il
corpo dell’arcobaleno al momento della morte e non si
lasciano tracce di spoglie mortali dietro di se.29 Poiché
questa scuola non fu coinvolta nelle politica, la
trasmissione in questo lignaggio avviene principalmente
da padre in figlio.
La scuola Sakyapa
Fu la prima ad essere fondata nella seconda
diffusione del buddismo in Tibet. Essa si basa sugli
insegnamenti dello yogin tantrico indiano Virupa, che
furono portati in Tibet da Drokmi Lotsawa30. Nel 1073
Kunciok Gyalpo fondò il monastero di Sakya e ne fu il
primo abate. Gli succedette Kunga Nyingpo il quale
sviluppò una mescolanza di vecchi e nuovi tantra e la
29 Questo metodo chiamato “jangter”, letteralmente: il terma a nord,
proviene da un insegnamento descritto in questo terma scoperto da
un maestro chiamato Godemchen; è conosciuto per la sua semplicità,
rapidità e efficacia per raggiungere la natura di Buddha; era
specialmente diffuso nel XIV sec. nei lignaggi Godemchen, consistenti
in linee di yogin Ngakpa per la maggior parte laici.
30 Lotsawa: in tibetano traduttore
44
sistematica analisi filosofica e logica tipica di questa
scuola. I Lama Sakya furono famosi per le loro arti
magiche e il loro potere politico. Sakyapandita e Pakpa
furono personaggi politici potenti alla loro epoca. Dal loro
monastero uscivano i lung-Gompa31. La scuola
Sakyapa è principalmente una scuola monastica con
l’accento sul raggiungimento intellettuale, benché essi
siano specializzati nella pratica tantrica del Lamdre32,
un
sentiero
tantrico
che
porta
velocemente
all’illuminazione.
La scuola Kagyupa
Lignaggio “della trasmissione orale” viene
chiamata anche dei “berretti rossi”. Gli insegnamenti
tramandati provengono dagli yogin tantrici indiani Tilopa,
Naropa, Maitripa ed altri, trasmessi al tibetano Marpa
Lotsawa di Lodrak (1012-1096) , che si recò per tre volte
in India per riceverli e poi li tradusse e li trasmise ai suoi
31 Lung-gom: meditazione del vento, sistema di meditazione che
viene fatto al buio completo per un lungo periodo di tempo, alla fine
del quale i praticanti sono capaci di coprire distanze lunghissime in
brevissimo tempo.
32 Lamdre: un sentiero tantrico basato sulla dottrina del sentiero
(lam) e del frutto (dras)
45
discepoli tra cui il principale era Milarepa del Gung
Thang (1040-1123)33.
Ci permettiamo una piccola divagazione per
raccontarvi la storia della vita di Milarepa che rimane
tutt’ora un magnifico esempio di un uomo del tutto
comune che attraverso la pratica ascetica raggiunse la
Buddhità.
Prima di diventare il famoso yogin, Milarepa ebbe una
gioventù travagliata che lo portò fino all’uccisione dei
suoi parenti; essi si erano impossessati dei beni lasciati
loro in custodia da suo padre in punto di morte con la
promessa da parte dello zio di restituirli a Milarepa al
raggiungimento della maggiore età. La promessa non fu
mantenuta, e la madre, risentita per questo torto, spinse
il figlio ad imparare la magia per uccidere i parenti.
Milarepa obbedì al volere della madre, ma in seguito fu
preso dal rimorso per quello che aveva fatto e seguendo
il consiglio del suo maestro di magia si mise alla ricerca
33 Mi la ras pa: Mila era il suo nome di famiglia, ras.pa significa
“vestito di cotone” perché quella fu l’unica veste che indossò dopo che
lasciò il suo maestro e si dedicò per tutta la sua vita alla pratica dello
yoga; era uno specialista di “Tummo” una pratica che origina il calore
interiore, e vestirsi solo di cotone oppure semplicemente nudo anche
in posti freddissimi dimostrava la siddi (realizzazione) di questa
pratica. Il tummo fa parte dei sei insegnamenti tantrici dati da Naropa
a Marpa, chiamati i “sei yoga di Naropa”, che sono la crema del
sentiero vajrayana; oltre al tummo vi è la pratica del corpo illusorio,
lo yoga del sogno, la chiara luce, il bardo e il powa.
46
del maestro Marpa. All’inizio il loro incontro non fu dei più
felici. Attraverso i suoi poteri di preveggenza, Marpa
sapeva del suo passato e sapeva anche della
connessione karmica con lui34. Lo sottopose a tutti i tipi
di prove fisiche e psicologiche che portarono Milarepa
sull’orlo del suicidio. L’unica persona ad aiutarlo fu la
moglie di Marpa, Dagmema, che lo assistette con amore
materno, fino al momento in cui Marpa gli diede gli
insegnamenti tantrici che in seguito lo portarono alla
realizzazione. Milarepa, maestro dei sei yoga di Naropa,
visse nella zona di Nyalam, ed ebbe molti discepoli a cui
insegnò nella maniera dei Mahasidda indiani, attraverso i
canti spirituali, chiamati doha35.
Due tra i suoi discepoli furono quelli più
importanti per la discendenza del lignaggio: Reciungpa,
uno yogin laico i cui insegnamenti sono tramandati nella
scuola Drugpa Kagyu, e Gampopa, un monaco
Kadampa (1079-1153) da cui discende il lignaggio
Karma Kagyu. Il principale discepolo di Gampopa fu
34 Connessione karmica: essa indica un legame con qualcun’altro
proveniente dalle vite passate.
35 Doha: un metodo d’insegnamento in cui il maestro esprime i suoi
concetti e le sue comprensioni in canti poetici. Insieme con la
biografia di Milarepa vi è una raccolta chiamata “I Centomila Canti di
Milarepa”, scritta da Tsang Nyong Heruka, in cui vengono narrati gli
incontri e l’interazione con i principali discepoli nel corso dei suoi
lunghi viaggi. Questa raccolta è tradotta e pubblicata da Franco e
Kristin Pizzi, ed. Rassegna Culturale J.M, 1989. Roma
47
Dusum Kyempa (1110-1193), il primo Karmapa. Il
lignaggio dei Karmapa è rimasto intatto fino ai giorni
d’oggi con il XVII Karmapa, Oghien Trinle, riconosciuto
nel 1992 come reincarnazione di Rangjung Rigpei Dorge
(1924-1981) deceduto a Rumetriek, la sua sede in esilio
in Sikkim, India del Nord. Il XVII Karmapa viveva nel
monastero di Tsurphu, nella valle di Tölung 1998). Nel
gennaio del 2000, il giovane karmapa scappa dal
monastero di Tsurpu per rifugiarsi a Dharamsala. La sua
fuga è stata giustificata dalla necessità di stare vicino al
suo lama, per poter progredire nei suoi studi, ma, oltre
ad essere poco chiara, ha creato notevole imbarazzo per
il governo indiano, che ancora non ha concesso l’asilo
politico, e per il governo tibetano in esilio. Per il momento
è relegato in un monastero Gelugpa in Dharamsala e
non ha il permesso di muoversi se non guardato a vista
dai servizi di sicurezza indiani.
Oltre ai Drugpa Kagyu e i Karma Kagyu, il
lignaggio Kagyu ebbe altri rami, come i Drigung Kagyu, i
Taklung Kagyu, ed altri meno importanti, ognuno con un
lignaggio di discendenza specifico. Tutte queste scuole
mettono l’accento sulla pratica di meditazione, ed hanno
instaurato una tradizione di un ritiro di tre anni, tre mesi e
tre giorni, come un periodo per imparare tutte le tecniche
di meditazione. Nel passato gli yogin meditavano da soli,
nelle grotte in montagna, ma l’istituzione del ritiro serve
allo scopo pratico d’istruire molti aspiranti maestri in una
volta. Il punto di vista filosofico su cui si basano gli
48
insegnamenti Kagyupa è quello della Mahamudra36, il
grande sigillo, l’unione della verità ultima e relativa.
La scuola Ghelugpa
Conosciuta anche come i “Berretti Gialli”, fu
l’ultima ad essere fondata in Tibet . Si originò da
Tsonkhapa37 (1357-1499), un fervente seguace della
scuola Kadampa, portata in Tibet da Atisha. Tsonkhapa
si presentò sulla scena in uno dei tanti momenti di
degenerazione del clero. Egli impose una rigida
disciplina, fece indossare i berretti gialli per distinguere i
suoi monaci da quelli Kagyupa che indossavano berretti
rossi, ed impostò la nuova scuola dei Ghelugpa (la
scuola dei virtuosi) sulla disciplina monastica, sullo
studio della filosofia e sul dibattito. Egli fondò il
monastero di Ganden nel 1409, ed i suoi discepoli
fondarono, in seguito, i monasteri di Sera e Drepung,
che divennero vere e proprie città monastiche ospitanti
più di 5000 monaci. Tsonkhapa non immaginava di certo
che la sua scuola sarebbe diventata la più importante a
livello politico, attraverso la successione dei Dalai Lama
fino ai giorni nostri. Come abbiamo visto, i Ghelugpa
mettono più l’accento sullo studio, e i monaci di questa
36 Mahamudra: in tibetano ciak-ghya-cempo; letteralmente il grande
sigillo.
37 Tsonkhapa: lett.” Della regione delle cipolle.”
49
scuola ottengono il titolo di geshe38 dopo aver studiato
per vent’anni. È solo dopo un lungo studio che gli viene
aperta la porta della meditazione tantrica. Il punto di vista
filosofico maggiormente seguito nella scuola Ghelugpa è
la mahamudra.
Il cristianesimo39
Il cristianesimo fece una breve apparizione sul
Tetto del Mondo nel XVII sec.. con il gesuita portoghese
Antonio De Andrade (1624). Egli diede l’avvio ad una
comunità cristiana nel regno di Guge dove creò una
missione con l’appoggio del re e della regina e dove
costruì anche una chiesa cristiana; la missione sembrò
fiorire fino al 1630 a tal punto che i lama buddisti,
vedendo la loro influenza diminuire, chiesero l’aiuto
all’esercito del Ladakh per destituire il re, chiudere la
missione e distruggere la chiesa. La destituzione del re
della vecchia dinastia di Guge segnò la fine di questo
regno.
Nel 1712 Ippolito Desideri ritornò in Tibet alla
ricerca della missione fondata da De Andrade, ma
sembra che fu più interessato a restare a Lhasa, dove
imparò il tibetano e tradusse la Bibbia in tibetano
38 Geshe: corrisponde più o meno ad un nostro professore di filosofia.
39 Ved Charles Allen, op cit Pag 37 a 39 e da 41 a 54.
50
piuttosto che andare a cercare la missione della quale
comunque non si seppe più nulla. Egli rimase a Lhasa
fino al 1721 dove incontrò il Lhazang Khan e gli fu dato il
permesso di parlare ed evangelizzare liberamente. Non
trovò nessuna comunità cristiana in Tibet né tentò di
crearne una. Quando lasciò il Tibet portò con se le sue
note che diedero origine ad un libro molto interessante,
trovato tra i suoi documenti dopo la sua morte nel 1875
nella libreria di un cavaliere Italiano di Pistoia.
L’islam
Una piccola comunità musulmana risiede a
Lhasa sin dal periodo del V Dalai Lama.
indice
51
IL POPOLO TIBETANO
Tradizionalmente si può dire che la popolazione
tibetana è divisa in due categorie: i nomadi, che vivono
di pastorizia e si spostano nell’arco dell’anno dai pascoli
più alti in montagna l’estate ai terreni più soleggiati in
inverno. Essi vivono in tende di pelo di yak tessuto in
strisce e cucite insieme; la loro dieta consiste soprattutto
di tsampa (farina di orzo abbrustolita) mangiata in vari
modi, latte, formaggio di yak, (piccole rondelle seccate al
sole ed estremamente dure da mangiare se non sciolte
nelle zuppe) o ad altri tipi più somiglianti ai nostri
formaggi affumicati, burro e carne soprattutto secca
sempre di yak o di pecora. La loro bevanda principale è il
tè al burro, che più che ad un tè assomiglia ad un brodo,
molto nutriente per le altezze a cui vivono. La bevanda
alcolica tradizionale è il chang, birra di orzo fermentato.
L’altra parte della popolazione tibetana si dedica
maggiormente a due tipi di attività: l’agricoltura ed il
commercio. L’agricoltura si basa soprattutto sulla
coltivazione dell’orzo, la base per la tsampa, oltre al
grano, gli ortaggi e le patate in differenti zone del Tibet.
popolo
Il commercio è una grossa fonte di guadagno del
tibetano. Da secoli i tibetani sono abili
52
commercianti ed è raro trovare una famiglia senza
neanche un commerciante.
Per tradizione un figlio o una figlia veniva donato
ad un monastero, in teoria per l’accumulazione di karma
positivo che maturerà nelle vite future, ma più
realisticamente per questioni economiche. Un tibetano
mi diceva che solitamente questa sorte toccava a quello
meno dotato, mentre gli altri venivano indirizzati verso il
commercio o l’amministrazione delle terre. Così era per
le famiglie più abbienti, mentre per le altre donare un
figlio al monastero era una questione di sopravvivenza
oltre ad una questione di prestigio: al figlio veniva offerta
la possibilità di un istruzione religiosa ed egli acquistava
lo status del monaco che ancora oggi viene considerato
come un livello elevato.
Il commercio era sviluppato soprattutto verso
Sud con il Nepal, e da qui fino al Bihar e il Bengala. I
viaggi d’affari verso il Sud erano allo stesso tempo
motivo di pellegrinaggio in luoghi sacri al buddismo: in
Nepal a Boudhanath, Swayamunath e Lumbini- luogo di
nascita del Buddha Sakyamuni-, in India a Sarnath luogo del primo insegnamento del Buddha- a Bodhgaya luogo dell’illuminazione del Buddha- e Kushinagar, luogo
del para-nirvana del Buddha. Ad Est il commercio era
sviluppato con la Cina, da cui importavano soprattutto tè
e broccati.
Recentemente la popolazione tibetana si è
dovuta adattare alle richieste dell’occupante cinese che
53
ha cercato di trasformare questo paese feudale in uno di
tipo socialista; quindi molti tibetani sono stati costretti a
lasciare la vastità delle loro valli per lavorare nelle
officine cinesi, alla costruzioni delle strade e in tutti quei
generi d’impieghi che fanno parte di una civilizzazione
moderna. Anche se il progresso importato dai cinesi non
è stato soltanto di svantaggio ai tibetani, ha interrotto
l’integrità di una cultura che come tutte le altre aveva il
diritto di scegliersi le proprie vie di sviluppo e la
popolazione cinese immigrata in Tibet, che a detta del
governo tibetano in esilio di Dharamsala, supera oramai
quella tibetana, ha tolto al Tibet la sua caratteristica di
omogeneità ed ha creato il problema della fusione delle
due culture e la perdita dell’autenticità da una parte per i
tibetani, e il discontento per la popolazione cinese che
stenta ad adattarsi nel contesto culturale e fisico del
Tibet.
Guardando più da vicino queste cose ed ascoltando
alcuni amici tibetani, (1999-2000) le cose cambiano
rapidamente anche in questo ambito . In effetti alcuni
conoscenti mi dicevano che oramai le nuove generazioni
tibetane e quelle cinesi tendono verso l’integrazione l’una
dell’altra. Il tibetano medio, quello che vive nella
campagna o il pescatore non ha più interesse nella lotta
per l’indipendenza ma pensa alla propria sopravvivenza.
Certo, nella loro vita almeno una volta vogliono incontrare
il Dalai Lama, e sembra che oramai i permessi vengono
dati facilmente per chi vuole viaggiare in India.
54
Il matrimonio: varie sono le forme di matrimonio in Tibet,
ancora conservate ai giorni nostri. La monogamia è
praticata nella regine dell’Amdo, la poliandria e tuttora
praticata in molte zone del Tibet, all’eccezione delle
grandi città. La poligamia, oramai in disuso, era praticata
dai Re o dalle famiglie potenti per conservare le loro
proprietà. Un mio amico mi diceva che nelle città, come
Lhasa, i giovani tendono a sposare chi vogliono e non
sono difficili i matrimoni fra le due etnie.
La morte ha sempre avuto un ruolo importante nella
cultura tibetana. La credenza nella reincarnazione ha
spesso influenzato le attività giornaliere del popolo del
paese delle nevi, la credenza nella legge di causa ed
effetto, alla base della filosofia buddista, porta ad una
condotta meritoria nella vita quotidiana. Al momento
della morte vengono eseguiti dei rituali per la guida del
principio cosciente del defunto attraverso i 49 giorni di
bardo40. I rituali possono essere più o meno ricchi a
seconda delle possibilità economiche della famiglia del
defunto. Il tipo di funerale più usato è quello “dell’aria”. Il
corpo viene portato in appositi posti, e sezionato. I resti
vengono lasciati in pasto alle belve o agli uccelli. Altro
metodo è quello di gettare il cadavere in un fiume, o la
cremazione se si tratta soprattutto di lama.
indice
40 Bardo periodo intermedio fra la morte e la nuova rinascita
55
OGGETTI RITUALI E DIPINTI
Una breve introduzione agli oggetti rituali ed ai
più comuni dipinti che si trovano nei monasteri può
essere interessante per i clienti che di solito si attardano
per le foto e che non seguono le spiegazioni della guida.
Arrivando ad un monastero la prima cosa che
colpisce è una ruota dorata con otto raggi fiancheggiata
da due gazzelle sul tetto, indipendentemente dalla
scuola di appartenenza della Gompa stessa. La ruota
rappresenta la diffusione della dottrina (chiamata
dharma), e gli otto raggi all’interno di essa indicano
“l’ottuplice sentiero”41, insegnamento del Buddha
Sakyamuni; poiché questo insegnamento fu dato nel
parco dei cervi a Sarnath, Benares, ritroviamo le due
gazzelle.
Ogni Gompa al suo interno è strutturata in modo
da rendere omaggio ai tre luoghi di rifugio: il Buddha, il
Dharma e il Sangha.
Il Buddha è simboleggiato dalla statua di
Sakyamuni, normalmente posta sull’altare principale;
41 Ottuplice sentiero: questo insegnamento del Buddha spiega: la
giusta visione, il giusto pensiero, la giusta parola, la giusta azione, il
giusto modo di sussistenza, il giusto sforzo, la giusta consapevolezza e
la giusta concentrazione.
56
Il Dharma è mostrato dai volumi del Kangyur e
Tengyur, gli insegnamenti del Buddha ed i commentari
ad essi, disposti generalmente in scaffali che ricoprono
le pareti laterali
Il Sangha è rappresentato dalla comunità
monastica residente nella Gompa; mentre quello che
viene definito il “Sangha Supremo” sono i dipinti o le
statue onnipresenti in tutti i monasteri dei “Rig Sum
Gönpo”, i signori delle tre famiglie, solitamente disposti
come segue:
Al centro Cenresig, Avalokitesvara, bianco, il Bodhisattva
della compassione, seduto nella posizione del loto, con
quattro braccia, due delle quali, con le mani giunte sul
petto, stringono un gioiello, la rappresentazione della
mente pura; nella mano destra tiene un mala, (rosario),
nella sinistra un loto.
Alla sua destra Jampel Jang, Mangiushri, rosso, il
Bodhisattva della saggezza; nella sua mano destra
impugna una spada fiammeggiante, simbolo del tagliare
le oscurazioni della mente, nella sinistra un loto sul quale
è posato un testo.
Alla sua sinistra Chag Na Dorge, Vajrapani, blu, il
Bodhisattva del potere; egli è in piedi ed in un
atteggiamento irato; nella mano destra stringe un Dorge.
.
57
Molto spesso si vedono, su piccoli tavolini usati
per i rituali, i seguenti strumenti: una campana, un
Dorge, un damaru, una o due kapale ed una mala. Il
significato di questi strumenti è molto profondo e
complesso; qui daremo la spiegazione più facile da
tenere a mente:
La campana, simbolizza il principio femminile, la
saggezza
Il Dorge, il principio maschile, il mezzo; all’inizio di ogni
rituale vengono presi il Dorge con la mano destra e la
campana con la sinistra e incrociati sul petto a ricordare
l’unione sessuale, base del tantrismo, per raggiungere la
conoscenza della mente nel suo stato puro.
Il damaru, un piccolo tamburello usato per richiamare le
divinità.
Kapala: tradizionalmente era una calotta cranica ora
sostituita con contenitori della stessa forma ma in ottone
o altri metalli. Normalmente, anch’essi oggetti
appartenenti al tantrismo, sono nel numero di due e
contengono una del tè, simbolo del sangue mestruale, e
l’altra del chang (birra tibetana bianca), a ricordare il
seme maschile.
Mala, rosario di 108 semi. Quando si sgrana il mala
recitando i mantra, bisogna pensare che ognuno dei
semi è la divinità a cui ci si rivolge; quindi il mala viene
considerato un oggetto molto personale e sacro.
58
Sulle pareti, tra gli altri dipinti, di solito ve n’è uno
strutturato a forma di albero, al centro del quale vi è un
Lama circondato da altri Lama; questo dipinto indica il
lignaggio di appartenenza del monastero.
Thangka : Dipinti su tela contornati da broccati di vari
colori; nei monasteri se ne trovano decine appesi sui
muri. Questi dipinti raffigurano differenti divinità, dei
mandala oppure dei maestri; sono facilmente arrotolabili
e permettevano al praticante o ai devoti nomadi di
portarli con se dovunque andavano.
Esiste una particolare tradizione per fare thangke
ricamate invece che dipinte, in cui vari pezzi di seta
vengono cuciti insieme, simile ad un patchwork o ad un
lavoro di “appliqué”. Questo tipo di thangka, chiamato
“gocen thangka”, viene utilizzato soprattutto in occasione
delle feste rituali in cui un thangka enorme viene
srotolato davanti agli spettatori.
Mandala : I mandala possono essere dei dipinti su muro,
su thangka, fatti con sabbie colorate su grosse pietre
rotonde, che si trovano all’interno dei monasteri, costruiti
appositamente in occasione di un particolare rituale,
oppure rappresentazioni tridimensionali di legno, o altro
materiale, del mondo delle divinità. Sui mandala gli
occidentali hanno spaziato in lungo e largo, dando ogni
sorta d’interpretazione. Brevemente il mandala
rappresenta l’universo della divinità al quale è dedicato.
Ve ne sono di differenti forme; circolari, quadrati o
triangolari.
59
Sull’altare si trovano vari tipi di offerte. Le ciotole
di offerte sono dei contenitori di acqua nel numero di
sette con al centro di esse una ciömè (lampada a burro).
Esse vengono riempite ogni mattina con acqua pura e
svuotate la sera. Ogni ciotola rappresenta un diverso tipo
di offerta di piacere sensuale per le divinità: acqua da
bere, acqua da lavarsi i piedi, fiori, incenso, luce,
profumo, cibo e musica. L’origine di questa usanza è
indiana, poiché un ospite, in questo caso la divinità,
veniva trattato con questo tipo di premure al suo arrivo.
Le torme sono offerte fatte di tsampa e ricoperte
di burro; alcune sono ornate con fiori fatti anche essi di
burro; possono essere di varie dimensioni e forme;
alcune sono offerte giornaliere, altre sono fatte
appositamente in occasione di un particolare rituale. Le
torme vengono considerate come cibo per le divinità, gli
spiriti o i demoni.
Le divinità: La ricchezza delle immagini nel
panteon buddista può originare confusione o malintesi
per noi occidentali abituati a rappresentazioni più sobrie,
e mi sembra quindi necessario dedicare qualche linea
per mettere un pò di ordine.
Con divinità intendo le rappresentazioni di
Yidam, divinità di meditazione, e dei Protettori con il loro
seguito. Gli Yidam rappresentano un aspetto della mente
pura raffigurata sotto sembianze di un Dio; non sono
quindi da considerare come entità realmente esistenti in
forma solida, ma la loro immagine deve “essere capita”
60
come un indicazione di un particolare aspetto della
mente pura. Così tra le divinità pacifiche troviamo
Cenresig, come simbolo della compassione, Tara, come
simbolo della gentilezza e dell’amore, Mangiuscri, come
simbolo della saggezza etc....Più che le divinità pacifiche
si è colpiti da quelle di aspetto irato, con un grande
dispiego di sangue, calotte craniche, teste tagliate etc...
non è questo il posto per entrare in dettaglio, ma basta
pensare che ognuna di questi attributi si riferisce
all’eliminazione o distruzione di una particolare
negatività, e quindi rappresenta un passo in avanti sul
sentiero spirituale. Le divinità di meditazione sono
spesso rappresentate in Yab-Yum, unione di aspetto
maschile e femminile. Piuttosto che lasciarsi andare ai
particolari “spinti” di queste immagini, bisogna
interpretarli come facenti parte di sistemi di
visualizzazione
e
meditazione
molto
elaborati
appartenenti al tantrismo, dove il sesso, visualizzato
oppure praticato realmente, è considerato come un
mezzo per trascendere il modo di funzionare abituale
della mente.
I Protettori sono delle rappresentazioni
particolarmente feroci, che potrebbero anche incutere
paura se uno non sapesse che il loro potere e la loro
forza servono a distruggere tutto ciò che è nemico o
ostacolo alla via spirituale; di conseguenza queste
immagini così potenti divengono amici lungo il sentiero.
indice
61
FESTIVAL RELIGIOSI
Tradizionalmente ogni monastero ha una sua
particolare festività nel corso dell’anno durante il quale
vengono eseguite “danze religiose” chiamate “chams”,
eseguite dai monaci vestiti con abiti di broccato e grandi
cappelli. Il ritmo delle danze viene scandito dai tamburi
ed i cimbali. Sono danze molto lente di cui ogni passo ha
un significato simbolico. Molto spesso vengono
rappresentate scene della vita di Guru Rimpocè (in
questo caso la festa è chiamata “tse ciu” (festa del
decimo giorno perché ogni decimo giorno del mese
tibetano è dedicato a Guru Rimpocè). Altro tema molto
ricorrente dei chams è la danza dei “Shia Nak”, cappelli
neri, che rappresenta l’uccisione del re Langdarma da
parte di Pelgy Dorge. Frequentemente ci sono anche
danze collegate con il protettore Mahakala, come per
esempio le danze di fine anno chiamate “Gu Tor” in cui
una gigantesca torma che simboleggia le influenze
negative dell’anno trascorso viene distrutta per eliminare
gli ostacoli. Oltre alle chams di ogni monastero vi sono
una serie di altre feste rituali in vari periodi dell’anno.
indice
62
ARRIVIAMO SUL TETTO DEL MONDO!
LHASA E DINTORNI
Per entrare nel Tibet vi sono molte strade che
attraversano passi altissimi, le stesse che venivano
usate dalle carovane, dai Gesuiti o dagli esploratori
inglesi, oggigiorno sono tutte precluse per noi
occidentali, quindi la più facile, che noi utilizzeremo, è il
volo aereo da Katmandu a Lhasa. Un volo spettacolare
di circa un’ora sull’Himalaya ci conduce a Lhasa,
all’aeroporto di Gonkar, ad un’altezza di 3600 metri. Le
pratiche di entrata nel paese sono lunghe e noiose, e se
si vuole avere un carrello per i bagagli bisogna pagare.
Lhasa dista due ore di macchina dall’aeroporto.
Inizialmente si costeggia lo Tsangpo, si attraversa il
ponte di Chakzam42, e si prosegue costeggiando, più
avanti, la sponda del fiume Kyiciu43. Lungo la strada
l’unico punto interessante dove soffermarsi è il Drolma
Lhakhang, a 20 km. da Lhasa.
CHAKZAM
42 Chakzam: ponte di ferro; di questo famoso ponte , il primo in ferro
costruito in Tibet, sono rimaste solo le rovine; ora vi è un ponte
moderno, sorvegliato dalle guardie armate cinesi.
43 Kyiciu: lett. significa”fiume della felicit{”
63
Il ponte di ferro che attraversava il fiume
Tsangpo fu costruito 650 anni addietro da Tangtong
Gyalpo, famoso yogin e tertön 44 della scuola
Nyingmapa, passato alla storia, più che per i suoi poteri
spirituali, per la sua ingegnosità nel costruire ponti
sorretti da catene di ferro. Tangtong Gyalpo si recò in
Bhutan alla ricerca di questo prezioso metallo e lo
ottenne in cambio della costruzione di otto ponti per il
governatore del Bhutan. Gli si attribuiscono 108 ponti di
cui uno in questa zona. A Sud del ponte vi era la sua
residenza principale, la Gompa di Chakzam Ciuwo Ri45,
costituita dal Labrang e dal Dukhang, e da un edificio più
ampio che era la sua residenza. Il Ciörten46 che si trova
all’estremità del ponte contiene le sue reliquie e una sua
immagine, custodita nella cappella sulla punta.
Il ponte è dominato dalla montagna Ciuwo Ri.
Sul fianco di questa montagna vi sono 108 fonti di acqua
termale; sono stati costruiti 108 eremitaggi, dove si dice
che 108 yogin hanno raggiunto il risveglio dopo che
questo posto era stato benedetto da Padmasambhava.
La grotta dove quest’ultimo ha vissuto, una delle sue 8
grotte di meditazione, è situata sulla cima della
44 Tertön: persone che hanno il potere di ritrovare testi nascosti da
Padmasambhava e dalla sua conserte Yeshe Tsogyal, normalmente
appartenenti alla scuola Nyingmapa.
45 Ciuwo Ri: la montagna dell’acqua calda
46 Ciörten: termine tibetano per “Stupa”
64
montagna, ed è chiamata ”Namkhading” (fluttuante nel
cielo). Da questo posto incominciò la crociata contro il
buddismo condotta da Langdarma, ultimo re della
dinastia di Yarlung.
DROLMA LHAKHANG
A 20 km. da Lhasa si trova il complesso
monastico di Nyethang, di cui l’unica costruzione che fu
risparmiata per volere di Ciu En Lai è il Drolma
Lhakhang.47 La fama di questo monastero è dovuta al
famoso maestro Bengalese Atisha che vi risiedette dal
1042 al 1054, anno della sua morte. Nel periodo in cui
risiedeva a Guge, Dromtön lo invitò in Tibet per
47 Drolma Lhakhang: Monastero di Tara, divinità femminile pacifica
che neutralizza tutti gli ostacoli alla vita e tutte le paure. Benchè ci
sono immagini di molti differenti aspetti di Tara, quelli più ricorrenti
sono Tara verde e Tara bianca, sedute rispettivamente nella posizione
del Bodhisattva e nella posizione del loto. La leggenda dice che Tara
era una principessa di nome Dawa, luna, che volendo divenire un
Buddha si presentò davanti ad un assemblea di saggi esponendo il
suo desiderio. Le fu detto che ciò a cui aspirava era molto elevato, e
siccome lei era in possesso di un corpo femminile e quindi inferiore,
doveva aspettare la prossima reincarnazione per poter realizzare il
suo scopo. Lei replicò dicendo che a livello ultimo non esiste nessuna
differenza di sesso e quindi continuò la sua strada fino alla
realizzazione; fece il voto di eliminare tutte le paure degli esseri
manifestandosi sempre in una forma femminile. Tara o Drolma in
tibetano lett. significa” liberatrice”
65
risollevare le sorti di un ennesimo periodo di decadenza,
e Atisha vi restò fino alla morte. Il tempio di Drolma fu
costruito in questo periodo.
Si accede al monastero attraverso un piccolo e
simpatico giardino sui i cui lati vi sono le abitazioni dei
pochi monaci rimasti; l’edificio è costituito da tre camere
e le mura della Gompa sono decorate con affreschi che
rappresentano Atisha con i suoi due discepoli più vicini,
Dromtön e Naktso Lotsawa. Inoltre si può ammirare un
affresco del Buddha Sakyamuni fiancheggiato dal
Bodhisattva Jampa (Maitreya) e Jamyang (Manjugosha).
I quattro guardiani48 sono rappresentati da statue
risalenti alla costruzione del monastero.
All’interno le tre camere sono connesse tra di
loro:
- La prima, il Namgyal Lhakhang, contiene due stupe;
una di esse contiene pezzi di vestiti di Atisha, l’altra
reliquie di Marpa; si può ammirare anche una statua di
Atisha in terra cotta, dove egli, a quanto si dice, è
rappresentato com’era.
48 Quattro Guardiani: sono le rappresentazioni di quattro re mitici
che proteggono l’universo nelle quattro direzioni; essi sono
rappresentati sui muri d’ingresso in tutti i monasteri; in questo caso
sono delle statue disposte come segue: ad Est, Dhritarashtra, di colore
bianco, tiene un liuto nelle mani; a Sud, Virudhara, di colore blu, con
la spada; a Nord, Virupaksha, di colore rosso, con uno stupa; ad Ovest,
Vaishravana, di colore giallo, con una mangusta.
66
- La seconda, il Drolma Lhakhang, dà il nome al
monastero perché Drolma era la divinità personale di
Atisha. Le statue delle divinità coprono tre lati della
stanza, circondando la statua di Jowo Sakyamuni (XI
sec.). Si dice che vi era anche una statua di Drolma
parlante, che era considerata la reliquia più importante
del posto; ora è sparita e sostituita da un vaso
contenente le ossa di Atisha. Dal lato opposto è
rappresentato il discepolo Dromtön, e sembra che egli
ascolti il suo maestro.
- Nella terza, il Tsepame Lhakhang49 troviamo il trono di
pietra su cui sedeva Atisha per dare insegnamenti. La
stanza contiene i Buddha dei tre tempi50, circondati
dagli otto discepoli più vicini di Sakyamuni.
Uscendo si trovano due piccole stupa, l’una
contenente ancora reliquie di Atisha, l’altra i vestiti di
pelle del suo discepolo Dromtön. Inoltrandosi nei campi
dall’altra parte della strada, con la guida di un monaco, si
può visitare la stanza con le due enormi stupa contenenti
reliquie del maestro a destra e del discepolo a sinistra.
49 Tsepame: sanscrito Amitayus, il Buddha che dona l’immortalit{.
50 Buddha dei tre tempi: Troveremo spesso statue rappresentanti il
Buddha del passato, Dipankara, il Buddha del presente, Sakyamuni, e
quello del futuro Maitreya; quest’ultimo è facilmente riconoscibile
perché spesso è seduto su una sedia, e perché nei capelli si vede uno
stupa.
67
ARRIVO A LHASA
Si prosegue per 17 km. costeggiando il fiume
Kyiciu, e tra poco, arrivando nella fertile pianura dove il
Kyiciu confluisce con il Tolung, vedremo i tetti dorati del
Potala adagiato sulla collina di Marpo Ri, gli stessi tetti
che hanno lasciato senza fiato i carovanieri Mongoli,
indiani e Nepalesi, i mercanti del Baltistan che si
riunivano in questa valle nelle stagioni destinate al
commercio, gli esploratori, e forse, per un attimo, anche i
soldati degli eserciti di occupazione. Lhasa era
conosciuta dal tempo di Songtsen Gampo che la fondò
come Ra-sa, la terra delle capre. Il nome derivava dalle
capre che trasportarono la terra per prosciugare il lago
dove sorse il Jokhang; si trasformò poi in Lhasa, la terra
degli dei. Il Potala, costruito dal V Dalai Lama, con i suoi
tetti d’oro fiammeggianti al tramonto, divenne per il
popolo nomade del Tibet la dimora del Bodhisattva
Cenresig, la meraviglia del Tibet, il luogo di
pellegrinaggio per eccellenza.
Per noi, entrare in Lhasa
oggi è un pò
deludente. La città cinese ci attende con i suoi grandi
viali deserti, costeggiati da squallidi edifici in cemento; il
traffico è ordinato ma poco consistente per delle strade
così grandi. La delusione dura finché non si raggiunge la
zona del Jokhang: sulla piazza antistante e sul barkhor vi
è un’esplosione di colori, bancarelle tibetane, profumo di
68
ginepro che si leva continuamente dai sangkhang51. In
queste stradine s’incontrano i fieri Khampa, guerrieri e
briganti di tradizione che si aggirano con i lunghi capelli
intrecciati in fili di seta, con pugnali ciondolanti alle loro
cinture, con i visi segnati dal sole e dal vento. Le loro
donne sorridenti e giocose vendono oggetti ai turisti.
S’incontrano i pellegrini venuti da lontano prosternandosi
ogni tre passi per tutto il percorso del loro viaggio,
monaci che fanno rituali di ciod52 in mezzo alla folla
come mezzo di sostentamento. Questa è la vera Lhasa,
dove con la fantasia dobbiamo vivere i tempi andati di
questo paese. Fortunatamente, i cinesi sono poco
numerosi in questo luogo sacro e persino la polizia
rimane tranquilla davanti ad eventuali reazioni violente
alle loro provocazioni.
51 Sangkhang: costruzione semi conica che serve per bruciare
ginepro in offerta agli dei e per purificare l’ambiente; se ne trovano
spesso all’entrata dei monasteri.
52 Ciod: rituale in cui si offre simbolicamente il proprio corpo alla
divinità, con lo scopo di superare la credenza nella realtà di un Io. Una
volta questo rituale era praticato nei cimiteri. Proveniente da un
maestro indiano Padampa Sangye dell’XI sec., il rituale fu trasmesso a
Ma Cik Lab Drön, yoghini tibetana, che lo elaborò creando una pratica
tipicamente tibetana.
69
JOKHANG53
Secondo la tradizione locale il Tibet è un grande
mandala il cui centro è la città di Lhasa; quest’ultima è a
sua volta un mandala ed il suo centro è il Jokhang.
Quindi il Jokhang è il luogo sacro per eccellenza in
Lhasa, ancora di più che il Potala. Vi si accede da una
bella e grande piazza lastricata, (ora in rifacimento,
agosto 2000) anch’essa disseminata di bancarelle, e già
dall’inizio si intravedono devoti tibetani che si
prosternano davanti al monastero.
Il tempio è circondato dal barkhor54, una strada di forma
quadrata di 1 km. che racchiude il Muru Nyingba, la
vecchia sede dell’oracolo di stato, e le case della
vecchia nobiltà. Gli sangkhang, situati nei quattro punti
cardinali, sono alimentati continuamente dai tibetani con
offerte di ginepro il cui fumo profumato ci accoglie
entrando nella piazza. Davanti all’ingresso principale del
53 Jokhang: letteralmente la casa di Jowo; quest’ultimo rappresenta il
Buddha Sakyamuni all’et{ di dodici anni, nella postura della
meditazione. A differenza delle statue del Buddha Sakyamuni, Jowo è
ornato con gioielli e tiene una ciotola nelle mani giunte in grembo.
54 Lingkhor, barkhor, nangkhor: significano rispettivamente “cerchio
esterno”, che una volta delimitava il perimetro di Lhasa, “cerchio
intermedio”, che delimita l’area esterna del Jokhang, e “cerchio
interno” che delimita il tempio stesso.
70
tempio, un salice piangente rappresenta i capelli del
Buddha (Jowo U Tra) ed al suo fianco vi è la stele di
pietra sulla quale è inciso il trattato di pace del 822
stipulato tra il re Ralpacen ed i cinesi a seguito della loro
prima occupazione del Tibet. Lateralmente un’altra stele
fu eretta nel 1794 dai cinesi, su cui viene spiegato come
curarsi dal vaiolo; su di essa è visibile una cavità formata
dallo sfregare delle teste dei tibetani i quali credevano
che la stele stessa fosse la medicina.
Il Jokhang fu costruito per volere del re Songtsen
Gampo per ospitare la statua del Jowo55 portatagli in
dono dalla consorte Nepalese Bhrikuti. Il luogo per la
costruzione del Jokhang fu scelto dalla principessa
cinese, seconda consorte del re, esperta in geomanzia.
Dice la leggenda che essa lanciò un anello che cadde al
centro di un laghetto dal quale si manifestò
spontaneamente uno stupa bianco. Il lago fu prosciugato
in parte; sembra che ancora oggi, sotto il cortile
principale del Jokhang vi sia dell’acqua. Atisha dimorò in
questo posto nel XI sec.., e da quel momento divenne il
posto più sacro di Lhasa.
55 Jowo: inizialmente la statua che risiedeva nel tempio era quella
donata dalla principessa Bhrikuti; sembra che dopo la morte del re la
statua fu sostituita con quella della principessa Wencheng che era
ospitata a Ramoche. Questa statua apparentemente fu regalata da un
re bengalese all’imperatore cinese e portata in Tibet dalla capitale
dell’imperatore Tang. Si dice che l’originale fu portato via durante il
saccheggio di Lhasa per mano degli invasori Dzungar nel 1717.
71
Entrando dalla porta principale si passa sotto la
campana presa dal convento dei cappuccini di Lhasa
quando quest’ultimo fu distrutto nel 1745. Il piccolo
corridoio è affrescato con divinità protettrici, divinità
dell’acqua, della terra, etc...Procedendo si entra nel
Chökhang, al cui centro troneggia una statua di
Padmasambhava e una di Sakyamuni Buddha. Sulle
pareti si aprono ventiquattro cappelle, protette da grate
di ferro. Dietro l’altare principale si trova il sancta
sanctorum: “la statua di Jowo”. La statua, che sia
l’originale o meno, è di una raffinata bellezza, ed è
fiancheggiata da due leoni di argento donati da uno
sconosciuto imperatore cinese. Essa rappresenta il
Buddha in età giovanile, i suoi abiti sono tempestati di
pietre preziose e sembra che l’aureola che adorna la
testa sia stata fatta dall’artista Nepalese Arnico nel XIII
sec.. Nel centro del tempio, il cui tetto è fatto da una
cupola dorata, vi è la statua di Cenresig a undici teste.
Questa è stata la prima statua consacrata nel tempio e
sembra che
contenesse lo spirito di Tamdrin, di
Songtsen Gampo, di Wencheng e di Bhikruti; l’originale
fu distrutto dai cinesi. Un’altra statua di Jampa, Maitreya,
faceva parte della dote della principessa Nepalese, e
nell’ultimo lhakhang vi è una testa di capra, ricordo degli
animali che collaborarono trasportando le pietre per le
fondamenta del Jokhang. Nell’angolo del cortile è situata
la cappella dedicata a Tsongkhapa; si dice che la statua,
al suo interno, fu fatta a sua rassomiglianza. Alla destra
72
di questa cappella vi è quella dedicata a Öpame56, il
Buddha di luce infinita che risiede nel Dewa Cen, il
paradiso occidentale.
Piano superiore:
Questo piano è formato da 17 cappelle. La
principale è il Chögyal lakhang, dedicato a Songtsen
Gampo e le due sue consorti. Vi si accede attraverso
una porta del settimo secolo, ed al suo interno vi è una
magnifica brocca d’argento con il lungo collo terminante
in una testa di cavallo. La brocca, che serviva per il
chang57, è del VII sec. ed apparteneva a Songtsen
Gampo. I Buddha affrescati alle sue spalle sembrano
essere di epoca posteriore. Al suo fianco si trova il Tsen
Gye Lhakhang, dedicato a Guru Rimpocè58; al suo lato
si trova quello dedicato allo Yidam Khorlo Demciog59, in
Yab-Yum con la sua consorte Dorge Phagmo.
56 Öpame: sanscrito Amithaba, uno dei cinque Dhyani Buddha; egli
risiede nel paradiso di Dewa Cen, ad Ovest del mandala dei cinque
Dhyani Buddha; il suo colore è rosso, e rappresenta l’energia pura
dell’elemento fuoco.
57 Chang: birra ottenuta dalla fermentazione di orzo, di poca
gradazione alcolica.
58 Guru Rimpocè: il prezioso guru altro nome per Padmasambhava; i
Tsen Gye sono le otto manifestazioni dello stesso.
59 Khorlo Demciog: Yidam tantrico, in sanscrito Chacrasamvara, “la
ruota della grande beatitudine”; la sua consorte è Dorge Phagmo,
Vajra Varahi “la vajra scrofa”.
73
Il tetto:
Le cupole dorate, gyapip, sono l’ornamento che
questo stupendo monastero si merita. Quelle che
coprono il Lhakhang di Jowo e di Tugje Cempo sono il
dono di un re tibetano del XIV sec.. Dal tetto si può
godere un’ottima panoramica sulla pianura di Lhasa e
soprattutto sulla vita tibetana nel barkhor. Vale la pena
soffermarsi a bere un tè nella moderna caffetteria e poi
guardarsi ancora intorno riflettendo come doveva essere
questa città qualche decennio fa.
CHAKPO RI:
La collina sacra a Chagna Dorge, sfregiata dai
cinesi con un antenna altissima che è impossibile non
notare, sorge a Sud del Potala ed è considerata come
una delle montagne sacre nei dintorni di Lhasa. La
leggenda vuole che qui ha risieduto il medico personale
dell’imperatore Trisong Detsen, Yutokpa Yonten Gönpo.
Il V Dalai Lama vi aveva voluto fondare il collegio
medico, Mentsikhang, nel XVII sec.. Fu distrutto,
naturalmente, dall’artiglieria cinese nel 1959. Nel 1913 il
XIII Dalai Lama costruì un nuovo Mentsikhang non
lontano dal Jokhang, all’interno del quale sono esposte
thangke antiche e moderne che rappresentano
l’anatomia del corpo umano.
74
RAMOCHE:
Il secondo tempio per importanza spirituale dopo
il Jokhang è Ramoche. Anche questo fu costruito per
ospitare la statua di Jowo Chempo di Wencheng che
subito dopo la morte dell’imperatore fu scambiata con
quella del Jokhang, il Jowo Ciungwa della principessa
Nepalese. Ramoche fu distrutto nel 1960; durante le
ricerche fatte nel 1983 si trovò la parte inferiore della
statua nella spazzatura di Lhasa e la parte superiore a
Pechino. Oggi giorno la statua di Jowo è circondata
dagli otto Bodhisattva, il trono del Dalai Lama e
l’immagine di Tsongkhapa e i suoi discepoli, Gyeltsab Je
e Khedrub Je, situati di fronte alla statua.
BOMPO RI:
La collina di Bompo Ri si trova a poche centinaia
di metri da Chakpo Ri. Si dice che vi abbia meditato
Guru Rimpocè; il tempio attuale è stato costruito dai
cinesi per celebrare la loro vittoria sui Nepalesi.
POTALA:
La mastodontica costruzione che si erge sulla
valle del Kyiciu con i suoi tetti di rame dorato è stata
costruita sul fianco della collina Marpo Ri ed è visibile da
km. di distanza per noi, come lo è sempre stato per i
pellegrini tibetani in cui suscita venerazione, timore e
mistero. Il Potala è la casa del Bodhisattva Cenresig, il
protettore del Tibet incarnato nella persona del Dalai
75
Lama. La sua costruzione richiese un enorme lavoro: è
alto 13 piani e misura 400 metri da Est ad Ovest e 350
da Nord a Sud. Fu necessario scavare tanta terra che si
formò una buca enorme trasformata poi in lago, dove il
VI Dalai Lama costruì il padiglione per i suoi incontri
amorosi; nelle fondamenta fu versato del rame per
proteggerlo contro i terremoti.
La costruzione del Potala, conosciuta come Tse
Potang60, fu iniziata sulla collina Marpo Ri61 da
Songtsen Gampo nel VII sec.. Si dice che il Potang
Karpo62 , di 11 piani, fu la residenza degli imperatori.
Secondo alcuni ricercatori l’edificio originale era molto
più piccolo e fu lentamente rovinato dagli elementi
naturali, mentre quanto fosse rimasto in piedi fu raso al
suolo dal V Dalai Lama il quale nel 1645 accentrò il
potere politico e spirituale nelle sue mani e diede inizio
alla costruzione del Potala. Alla sua morte, tenuta
segreta per suo volere, erano stati costruiti nove piani; ci
vollero altri 15 anni al reggente Sangye Desi Gyatso per
terminare il palazzo costruendo il Potang Marpo63 nel
1694. Il XIII Dalai Lama lo innalzò ancora di due piani nel
XX sec.. All’interno del Potala vi sono 1000 camere di cui
60 Tse Potang: Tse, picco; Potang, palazzo.
61 Marpo Ri: la collina rossa.
62 Potang Karpo: palazzo Bianco.
63 Potang Marpo: palazzo rosso. Questa è l’ala religiosa mentre quella
bianca è quella secolare.
76
noi visiteremo una minima parte, e secondo la leggenda
vi sono due invisibili ali sui fianchi della montagna che
faranno volare il palazzo quando questo sarà minacciato
da una terribile inondazione, che noi non vedremo! Fin
dall’XI sec.. il palazzo assunse il nome di Potala, nome
che deriva da una montagna mitica nell’India del Sud
residenza del Bodhisattva Avalokiteshvara, Cenresig, di
cui Songtsen Gampo era considerato un’emanazione,
come pure tutti i Dalai Lama.
Il palazzo fu il ricettacolo dei più svariati tesori;
artisti cinesi, nepalesi, indiani e tibetani vi hanno scolpito
e disegnato opere d’arte preziose risparmiate dalla furia
della Guardie Rosse per volere di Ciu En Lai. La
cappella, sicuramente attribuita, a Songtsen Gampo è la
Chögyal Drupug, dove egli meditò; subito a fianco vi è il
Pakpa Lhakhang, ovvero la camera del tesoro. Il Potang
Marpo di Desi Sangye contiene la maggior parte dei
Lhakhang, mentre nel Potang Karpo vi sono le
abitazioni, gli uffici del governo, le fortificazioni e il
monastero personale del Dalai Lama.
Ora il Potala è un museo di stato tenuto da 40
monaci poco socievoli; non è più il luogo che ispirava i
pellegrini da lontano, ma rimane comunque interessante
da visitare. È facile immergersi nelle stanze buie,
tappezzate da thangka e broccati, e camminare
77
all’ombra dei Serdung64 con lo spirito del viaggiatore di
epoche passate e non come un turista che visita un
museo qualunque!
Dungrab Lhakhang:
I muri di questo locale sono ricoperti con scaffali
di testi sacri, il Kangyur e il Tengyur, sotto i quali
passano i pellegrini credendo di ottenere la benedizione
della parola del Buddha. Nel centro si trovano statue del
V Dalai Lama e del Buddha Sakyamuni; nello stesso
locale altre statue rappresentano le otto manifestazioni di
Guru Rimpocè. A sinistra si trova il Serdung del XI Dalai
Lama ed i muri sono affrescati con gli otto Buddha della
medicina65. Il soffitto è ricoperto con magnifici broccati
cinesi.
Tse Dungkhang:
Chiamato anche “Dzambuling Gyen Cig”, l’unico
ornamento dell’universo, è in effetti qualcosa di molto
spettacolare. In questa sala si trova il Serdung del V
Dalai Lama; ci troviamo ad essere molti piccoli di fronte a
questo stupa fatto in legno di sandalo, alto 14,8 metri,
ricoperto con 3700 Kg. di oro e tempestato di pietre
preziose. Alla sinistra vi è il Serdung del XII Dalai Lama
64 Serdung: reliquari di oro o altro materiale in cui sono contenute le
salme dei Dalai Lama, dal V al XIII, fatta eccezione del VI fatto sparire
dai Mongoli. Il primo è a Tashilunpo, il II, III, IV a Drepung.
65 Sangye Menla: Il Buddha della medicina di solito di colore blu.
78
e ancora alla sua sinistra quello del X, circondati dagli
otto ciörten votivi chiamati Gianciub Ciörten.
Nyingmapa Lhakhang:
Consacrato a Guru Rimpocè, il fondatore della
scuola Nyingmapa. Egli ebbe due consorti: Yeshe
Tsogyel66, tibetana, e Mandarava67, indiana. Di fronte
ad essi vi è una statua di Tangtong Gyalpo. Infine vi
sono i “Lobpön Gye”, gli otto maestri di Guru Rimpocè, i
“Guru Tsen Gye”, le otto manifestazioni di Guru
Rimpocè, ed i “Ciörten Gye”, gli otto stupa.
Gelug Lhakhang:
Dedicato alla scuola Ghelugpa, con al centro la
statua di Tsongkhapa e dei suoi due discepoli, alla
66 Yeshe Tsogyel: Per la sua biografia vedere Keith Dowman, La
Danzatrice del cielo, Ubaldini ed. Roma
67 Mandarava: era figlia del re di Mandi, Himachal Pradesh, India. La
leggenda dice che dopo varie insistenze da parte del padre per
trovarle uno sposo tra i nobili locali, lei fuggì sulle montagne
circostanti con il maestro tantrico Guru Rimpocè; i soldati del padre
la trovarono e lei fu incarcerata in una fossa, ancora oggi esistente,
mentre lui fu condannato al rogo. La sentenza fu eseguita ma la pira si
trasformò in un lago, ed il re, riconoscendo in Guru Rimpocè un
essere realizzato, si convertì al Buddismo. Il lago di Rewalsar, TsoPema, il lago del loto, è tutt’ora luogo di pellegrinaggio, come pure la
grotta dove egli meditò.
79
sinistra Songtsen Gampo e una rappresentazione del V
Dalai Lama.
La sala del trono:
Questa sala ha otto colonne sulle quali sono
affrescate scene della vita del V Dalai Lama.
La galleria sopra la sala del trono:
Si apre sopra la sala del trono contiene delicati
affreschi del XVII sec. della scuola di pittura del Tibet
centrale, che rappresentano scene contemporanee alla
costruzione del Potala, i giorni dedicati al Mönlam
Cempo68, il funerale del V Dalai Lama, la pianta del
monastero di Samye, ritratti di Desi Gyatso e del V Dalai
Lama.
Chögyal Drupug:
Questa piccola grotta, molto raccolta e sempre
molto affollata, il sito originario dove Songtsen Gampo
nel VII sec. meditò è situata sulla punta della collina di
68 Mönlam Cempo: secondo le scritture buddiste il Buddha
Sakyamuni fu vincitore in una disputa con sei Brahmini, dopo aver
utilizzato i suoi poteri magici a Sravasti, alla luna piena del primo
mese. In seguito a questa leggenda Tsongkhapa istituì il festival di
Mönlam Cempo in Tibet nel 1409, che fu celebrato dal I al XV giorno
del primo mese dell’anno tibetano. Attorniato da migliaia di devoti,
Tsongkhapa fu il primo a celebrarlo. Egli offrì una corona d’oro
tempestata di gioielli all’immagine del Jowo, ed una d’argento a
Mikyöd Dorge e a Cenresig a 11 teste. Inizialmente alla cerimonia
partecipavano 8000 monaci provenienti dai monasteri di Sera,
Drepung e Ganden.
80
Marpo Ri. All’interno si trovano le statue dell’imperatore,
di suo figlio, di tre mogli, quella nepalese, cinese e una
tibetana, di Tönmi Sambhota69, Tsongkhapa e Jampa.
Tsepak Lhakhang:
Dedicato al Buddha della lunga vita, contiene le
immagini dei nove Buddha di lunga vita, oltre a
rappresentazioni di Tara Bianca e Verde e un affresco di
Tangton Gyalpo.
Drubwang Lhakhang:
Il Serdung del VII Dalai Lama è stato sistemato
all’interno di questo Lhakhang. Vi si trova un immagine
del Buddha con gli otto Bodhisattva.
Dükhor Lhakhang :
Il magnifico mandala dorato tridimensionale del
Kalaciakra70 troneggia al centro della sala; un tangka
rappresenta i Lama detentori di questa iniziazione, che
ne hanno tramandato la tradizione. Oltre al mandala, il
kalaciakra è rappresentato da una stupenda statua
dorata delle due divinità in Yab Yum ed in un angolo
della camera una statua di Guru Rimpoccè sembra
osservare tutti i visitatori.
69 Tönmi Sambhota: il ministro che fu inviato in India per studiare
l’alfabeto da utilizzare in tibetano.
70 Kalaciakra: dü khor; la ruota del tempo, la più alta iniziazione
tantrica in cui è compreso tutto ciò che riguarda l’astrologia, la
scienza medica, etc....
81
Pakpa Lhakhang:
È il più vecchio Lhakhang del Potala; costituiva
la parte superiore della caverna dove meditò
L’imperatore Songtsen Gampo. Contiene l’immagine più
venerata e sacra del palazzo, Pakpa Lokesvara, la
rappresentazione di Cenresig in piedi fatta in legno di
sandalo portato dall’India. Alcune pietre, nella stessa
cappella, recano le impronte di Tsongkhapa e di Guru
Rimpocè. Gli altari di questa stanza sono fatti di bronzo e
di legno.
Il serdung del XIII Dalai Lama
Poco più piccolo di quello del V Dalai Lama;
vicino ad esso si trova una pagoda fatta con 200.000
perle; gli affreschi sui muri riportano scene della sua vita.
Raramente aperta ai visitatori.
Drukpa Lhakhang
Questa cappella dovrebbe contenere le reliquie
del VI Dalai Lama fatto scomparire dai Mongoli. Si può
ammirare una bellissima statua della protettrice
Relchikma e 1000 immagini di Tsepame, Buddha di
lunga vita.
Lolang Lhakhang
I mandala tridimensionale di Demciog, Sangdu e
Jigche in metallo dorato sono esposti in questa sala; essi
furono ordinati dal VII Dalai Lama. I suoi appartamenti
nel Sasum Namgyal furono trasformati in sale di
ricevimento; qui venivano ricevuti gli emissari della corte
cinese, avvenimenti testimoniati dalle molte targhe d’oro
82
che i dignitari cinesi donarono al Dalai Lama. Vi è anche
un dipinto di Qi Huan, L’imperatore cinese che aiutò i
tibetani nel 1780 a sconfiggere i nepalesi e a
detronizzare lo Shamarpa che aveva fomentato la
guerra. I volumi del kangyur, in questa sala, sono di
epoca Manciu.
Jampa Lhakhang:
Il tempio di Maitreya, Buddha del futuro, fu
rinnovato dopo un incendio che lo distrusse nel 1984. La
statua risale al 1500. Inoltre vi si trovano i Serdung del
VII Dalai Lama, alto 9 metri e ricoperto di pietre preziose,
del VIII Dalai Lama, nella cui cappella vi è un thangka
con Nyatri Tsenpo e dell’XI Dalai Lama. I volumi del
Kangyur esposti sono scritti in oro.
SHOL:
Scendendo una lunga scalinata si arriva al
piccolo villaggio di Shol; vi si trovano i più diversi
negozietti in cui vale la pena fermarsi e vedere se si
trova qualcosa. In questo villaggio, i cui abitanti erano al
servizio del palazzo, si trovano il Pharkhang, la
stamperia, dove sono conservati i blocchi in legno del
Kangyur e del Tengyur, e il Kashak, il governo tibetano.
Da sempre qui è situato anche il quartiere a luci rosse
tradizionale tibetano.
83
LUKHANG:
Nel laghetto, dietro al Potala, ricavato dalla buca
formata per estrarre la terra per la costruzione del
palazzo, vi è una piccola isola circolare su cui si erge la
pagoda originale. L’atmosfera è tranquilla, il parco
intorno è spazioso e la domenica famiglie di tibetani
vengono a fare il pic-nic. Fu costruita dal VI Dalai Lama
per i suoi incontri con amanti ed amici. Al primo piano le
mura sono decorate con affreschi rappresentanti
posizioni di yoga Dzogcen ed immagini dei Mahasidda
indiani da cui quest’arte deriva, datate del XVIII sec.
Spesso viene detto dalle guide locali che l’ingresso è
vietato agli stranieri, cosa non vera, anzi lo consiglio per
una tranquilla passeggiata in un momento libero dalle
visite da programma.
DRALHA LÜPHUG:
La grotta del serpente71, è localizzata a Nord
Est di Chakpo Ri. In questa grotta fu imprigionato il Naga
che si oppose alla costruzione del Jokhang perché era
casa sua; il suo laghetto fu prosciugato per far posto al
monastero. Qui si ritirarono a meditare l’imperatore
71 klü: naga in sanscrito, sono degli esseri metà serpente e metà
uomo che vivono nell’acqua; si dice che essi sono i guardiani dei
tesori; possono essere di colore bianco o nero, sono considerate
divinità molto potenti e in grado di dare benessere oppure disgrazia
se offesi. Sono propiziati con particolari riti ed offerte.
84
Songtsen Gampo ed altri famosi Mahasidda tra i quali
Guru Rimpocè. All’interno della grotta i pellegrini
circoambulano una colonna di pietra sulla quale vi sono
le immagini dei cinque Dhyani Buddha auto
manifestatesi. I muri esterni sono affrescati con molte
divinità, con le immagini del Mahasidda Virupa e
dell’onnipresente imperatore con le due mogli; molte
altre sculture sono state distrutte dai cinesi.
NORBULINKA:
Non lontano dal Lhasa Hotel, con una simpatica
e breve passeggiata, si raggiunge il parco di Norbulinka “
Il giardino del gioiello”, il palazzo estivo del Dalai Lama.
Norbulinka fu costruito dal VII Dalai Lama, e nel tempo
furono aggiunti nuovi edifici, fino alla costruzione del
nuovo palazzo fatto dal XIV Dalai Lama S.S Tenzin
Gyatso. I Dalai Lama, circondati da dignitari di corte,
Lama, soldati, monaci con colorati stendardi,
procedevano verso la dimora estiva sotto il loro
baldacchino dorato, tra ali di folla riverente e felice, tra
l’odore d’incenso bruciato dai fedeli.
Si accede attraverso un portale di legno costruito
per volere del XIII Dalai Lama, sormontato dalla ruota del
Dharma con otto raggi e con una gazzella da ogni lato.
Entrando, prima di salire le scale, un orologio segna l’ora
85
della fuga del XIV Dalai Lama. Al piano superiore vi è
l’abitazione privata del Dalai Lama, lasciata com’era
quando egli fuggì di notte travestito da laico nel 1959;
queste stanze sono ancora meta di pellegrinaggio per i
tibetani, che si prosternano davanti al letto e lasciano
offerte in soldi persino nel bagno del Dalai Lama. In una
delle camere si può ancora vedere una vecchia radio,
regalo di Nehru. La sala del trono è affrescata con
rappresentazioni dell’origine mitologica dei tibetani,
l’accoppiamento della scimmia con l’orchessa bianca
sulla montagna di Gampo Ri in Tsedang, e altre scene
storiche fino alla costruzione del Jokhang. Sul muro
adiacente è dipinta la costruzione di Samye, voluta dal
l’imperatore Trisong Detsen. La parte più vecchia,
risalente al 1755, fu usata dalle guardie rosse come
abitazione. Il Norbulinka offre un momento di relax e
ritiro dal cemento di Lhasa, ed uscendo vi sono
negozietti che vendono i soliti oggetti trovabili anche
intorno al Barkhor.
Poco lontano da Lhasa si trovano tre dei quattro
principali monasteri dell’ordine Ghelugpa in Tibet:
Ganden, Sera e Drepung (il quarto, Tashilunpo, è a
Shigatse). Questi furono fondati rispettivamente da Je
Tsongkhapa (1409), Jamcen Ciöje Sakya Yeshe (1419),
Jamyang Ciöje Tashi Palden (1416) e Gendün Drub
(1447), che sarà a posteriori nominato il primo Dalai
Lama.
86
SERA:
Il monastero è adagiato sulle pendici della collina
Tatipu, a 5 km. da Lhasa. Sera significa “giardino di
rose” oppure “la grandine benefica”, in contrasto con
Drepung che significa “pugno di riso”. Il nome indica la
rivalità che è sempre regnata tra i due monasteri: la
grandine che distrugge il riso. I suoi Dob-Dob72 erano
considerati pericolosi, ma erano rispettati dalla gente.
Nel 1959 nel monastero di Sera vi erano all’incirca 5000
monaci; oggi se ne contano più o meno 400, quindi il
monastero non da più la stessa impressione di un
tempo, quando i monaci usavano scendere in piazza per
lottare contro quelli di Drepung. Il monastero subì una
repressione molto dura nel settembre del 1987, quando i
monaci scesero in campo contro i cinesi. Durante la
rivoluzione culturale, buona parte del monastero fu
distrutta, anche se sono rimasti intatti i due principali
collegi, con le loro rispettive immagini e reliquie.
Benché Sera non è più quel monastero potente
del 1419, ma ha piuttosto l’area di un museo, spesso
siamo accolti da monaci impegnati nel rtsod pa73, il
72 Dob-Dob: erano chiamati così i monaci guerrieri di Sera, spesso
utilizzati per pesanti servizi d’ordine; qualche volta essi si sono spinti
fino a minacciare il potere centrale di Lhasa.
73 Rtsod-pa: la vita monacale dei Ghelugpa è imperniata soprattutto
sullo studio e sul dibattito; quest’ultimo è come una sorta
d’interrogazione su un testo di filosofia studiato antecedentemente.
87
dibattito, che costituisce una delle maggiori attività di
studio per i monaci che vogliono ottenere il titolo di
Geshe.
Tre sono i collegi che rimangono in questa
cittadella monastica:
Sera Me: centro per gli studi fondamentali per i monaci;
Sera Je: il più grande, riservato ai monaci itineranti,
specialmente Mongoli;
Ngagpa Dratsang: il collegio dove viene insegnato il
tantra Ghelugpa.
Tsog Cen:
Ad Est dell’unica strada che attraversa Sera,
contro la parete rocciosa, si trova la sala delle riunioni, il
Tsog Cen, costruito su quattro piani. La gigantesca
statua di Maitreya, Jampa, è la principale attrazione del
tempio. Al piano superiore è conservata l’immagine
considerata la più sacra di Sera, un Cenresig a mille
braccia dorato. Questa statua era conservata a Pabonka
e poi installata a Sera.
Un monaco è seduto mentre un’altro, in piedi, gli pone delle domande.
Quest’ultimo ha un rosario avvolto intorno al braccio destro e per
ogni domanda sbatte le mani una con l’altra e percuote un piede per
terra. Questi gesti hanno molti significati; quello più comune è: lo
sbattere delle mani simbolizza il chiudere l’accesso nei reami
inferiori; lo sbattere del piede per terra il far sentire la parola del
Dharma nei reami inferiori per aiutare i suoi abitanti.
88
Jepa Ducen
Dall’altro lato della strada si trova il Jepa Ducen,
un altro monastero costruito dal principe Dzungar
Lhazang Khan, che governò Lhasa dal 1705 al 1715,
dopo l’uccisione del reggente del V Dalai Lama, Sangye
Gyatso.
Sul muro destro è dipinta la ruota della vita, con
al centro il maiale, il gallo e il serpente che si inseguono
l’un l’altro, rappresentando le tre emozioni di base:
avidità, ignoranza ed odio. I sei settori in cui è divisa la
ruota indicano i sei reami in cui ci si reincarna fintanto
che non si è raggiunta la liberazione; ad un livello più
sottile essi rappresentano le sei emozioni alle quali sono
soggetti gli esseri, dando origine al samsara
quotidiano74. La ruota è racchiusa da un altro cerchio
74 I sei reami sono così suddivisi: il regno umano, governato
dall’emozione dell’attaccamento, quello animale, la cui emozione
predominante è la stupidità; gli inferni, paragonabili ai nostri inferni
danteschi, i cui abitanti sono governati dall’ emozione
dell’avversione; gli yidak, un particolare tipo di creature con il collo
piccolo ed il ventre grande, la cui emozione è l’avidit{ di cibo e
bevande, poiché il cibo non passa attraverso la loro stretta gola ed i
liquidi si trasformano in fuoco; i semidei, la cui sofferenza è la gelosia:
nonostante la loro esistenza sia piacevole, nel loro reame cresce
soltanto il tronco dell’albero che dona i frutti della lunga vita, mentre i
rami con questi frutti sono nel reame degli dei, per cui sono sempre in
lotta per prenderne posesso; gli dei, che soffrono dell’emozione
dell’orgoglio.
89
diviso in dodici parti che rappresentano i dodici fattori
interdipendenti.
Al centro sono rappresentati i quattro re
guardiani e sul muro destro il monte Meru, il centro
dell’universo secondo la cosmologia tibetana. All’interno
si trova la cappella dedicata al protettore Tamdrin
(Hayagriva) la cui statua si trova su un altare di rame al
centro del Lhakhang. Divinità terrifica, rappresenta
l’energia irata che serve per distruggere più velocemente
gli ostacoli alla realizzazione. I tibetani sostengono che è
un’immagine parlante che preannuncia eventuali disastri.
In alto a sinistra dell’altare, in una nicchia, vi è il purba75
appartenuto al Mahasidda Darchar del XIII sec.. La
leggenda racconta che il pugnale arrivò volando
dall’India e cadde su una collina dietro Sera76.
Sera è circondata da altri eremitaggi tra cui il più
importante è quello di Songtsen Gampo chiamato
Pabonka (VII sec..) Originariamente era un palazzo di
nove piani costruito sulla collina alle spalle di Sera.
Guardando dalle sue finestre, L’imperatore vedeva la
collina di Marpo Ri e così concepì l’idea di costruire il
Potala. Questo monastero fu distrutto molte volte, la
prima da Langdarma nel IX sec.. Ricostruito da Pakpa
75 Purba: pugnale rituale, usato come strumento simbolico per
distruggere l’Ego.
76 Nel punto dove cadde il purba fu costruito un eremitaggio
chiamato “purbu ciok”
90
nel XIII sec.., fu raso al suolo durante la rivoluzione
culturale. È stato restaurato nel 1986. Ad un pò di
distanza verso Est vi è una grande pietra piatta dove
venivano celebrati i funerali dell’aria.77
L’ORACOLO DI NECHUNG
Sulla strada che porta verso Drepung, vi è la
Gompa di Nechung, che come tutte le altre ha subito la
distruzione da parte dei cinesi durante la rivoluzione
culturale, i quali la trasformarono in comunità agricola.
Pehar è la divinità che risiede in questa Gompa, ed oltre
ad essere l’oracolo di stato è anche la divinità protettrice
dei Ghelugpa. La tradizione vuole che Pehar
originariamente fosse la divinità protettrice degli Horpa,
che vivevano ad Est del lago Kokonor. Durante la
costruzione di Samye (799) Guru Rimpocè lo invocò e lo
sottomise alla dottrina (Dharma) facendolo divenire il
protettore di questo monastero. Durante il periodo del V
Dalai Lama, Pehar fu spostato a Tse Gungthang; qui
77 Funerali dell’aria: a causa del freddo i corpi non possono essere
interrati e a causa della mancanza di legna non possono essere
bruciati, quindi è stata adottata questa forma di funerale che consiste
nel tagliare il corpo, sventrarlo e lasciarlo in pasto agli animali. Le
ossa vengono poi tritate e mescolate con della terra e vengono fatte
delle piccole immagini chiamate tsa-tsa, che vengono poste in un
luogo di buon augurio per il defunto.
91
sembra che entrò in disaccordo con l’abate del
monastero, e quest’ultimo lo rinchiuse in una scatola e lo
gettò nel fiume Kyiciu. Il V Dalai Lama vide la scatola
fluttuare sull’acqua ed incuriosito mandò un monaco a
prenderla con la raccomandazione di non aprirla. La
scatola era troppo pesante ed il monaco , molto
incuriosito, l’aprì e lo spirito di Pehar volò via sotto forma
di un piccione, gridando: “Neciung Neciung” (questo
posto è piccolo) e si posò sull’albero che in seguito
sarebbe diventato la sua residenza.
Sui muri del vasto giardino che si trovano davanti
al monastero vi sono rappresentazioni di divinità
Protettrici e dell’albero sul quale si posò Pehar. Il
Gönkhang78 a sinistra dell’edificio principale ospita le
immagini delle due manifestazioni di Pehar, quello a
destra contiene l’immagine della Protettrice Palden
Lhamo e Nyima Shönnu, una protettrice della scuola
Nyingmapa. Alle loro spalle vi è la statua alta 10 metri di
Guru Rimpocè. Le qualità medianiche di Pehar furono
adottate dal V Dalai Lama ed usate fino ai giorni nostri in
un nuovo monastero Nechung costruito a Dharamsala, in
India. Pehar, conosciuto come l’oracolo di stato, entra
nel corpo di un medium, ed ha un ruolo molto importante
nelle decisioni spirituali e temporali del governo tibetano.
Nei tempi passati, ed ancora oggi, l’oracolo veniva
78 Gönkhang: un locale dedicato ai protettori, presenti in ogni
monastero.
92
consultato durante il periodo di Losar, il capodanno
tibetano. Egli era atteso nel Jokhang dal Dalai Lama;
accompagnato dai suoi monaci e bardato come un
guerriero vi arrivava in mezzo a due ali di folla che si
inginocchiavano al suo passaggio per ricevere la sua
benedizione. In presenza del Dalai Lama andava in
trance ed eseguiva una danza sciamana, correndo
agilmente da un punto all’altro nonostante la sua
bardatura e rispondeva alle domande che gli venivano
poste, alle volte solo con suoni gutturali difficili da
comprendere. Oggi giorno questa tradizione viene
mantenuta a Dharamsala, con un pò meno fasto.
DREPUNG:
Incassato tra le montagne, a 8 km. ad Ovest di
Lhasa, ai piedi del monte Gampoi Utse, si trova quello
che è stato il più potente dei monasteri Ghelugpa del
passato. Drepung fu fondato dal discepolo di
Tsongkhapa, Jamyang Ciöje Tashi Palden, nel 1416, sul
modello del Vihara Dhanyakataka, nel Sud dell’India,
dove si dice che il Buddha Sakyamuni insegnò il
Kalaciakra. La storia comincia con Gendün Gyatso, il II
Dalai Lama, che spostò la sua residenza da Tashilunpo
in questo monastero (1526) e costruì la sua residenza, il
Ganden Potang, dietro al monastero. L’ Altan Khan nel
1578 diede il titolo di Dalai Lama a Sonam Gyatso, e 40
anni dopo il palazzo fu attaccato e distrutto dalla famiglia
reale di Tsang appoggiata dai Karmapa di Tsurphu. Nel
93
1655 il V Dalai Lama governò da questo palazzo mentre
il Potala era sotto costruzione, e dopo la sua morte il
monastero fu ancora una volta distrutto dai Mongoli a
causa dell’appoggio che i suoi monaci davano al
reggente Desi Gyatso.
Nel nostro secolo i monaci di Drepung si
opposero alle innovazioni volute dal XIII Dalai Lama e
dopo la sua morte l’ambiguità di Drepung e il rifiuto di
riconoscere il reggente del giovane XIV Dalai Lama
collaborarono a destabilizzare il potere centrale dando
origine ad una confusione che facilitò l’invasione cinese.
Una comunità monastica un pò turbolenta! Drepung era
un’immensa città monastica che ospitava settemila
monaci e nonostante le distruzioni subite, i quattro
collegi - Ngagpa, Gomang, Deyang e Losel - lo Tsogcen
e la residenza dei Dalai Lama sono rimasti intatti.
Tsogcen
Il cortile dei dibattiti è antistante all’edificio di tre
piani chiamato Tsogcen Lhakhang, nel quale sono
contenute le statue di diversi Dalai Lama. Le reliquie
degli abati di questo monastero sono conservate in nove
stupa che circondano una magnifica statua di Cenresig
in argento ed una di Mangiuscri in bronzo. I reliquari del
III e IV Dalai Lama in argento sono ospitati nel Lübum
Lhakhang. La statua più venerata è quella di Jampa,
Maitreya, conosciuta come Jampa Thongdröl, che dona
la liberazione solo a guardarla, costruita su tre piani. In
94
una stanza del terzo piano viene venerata la conchiglia
appartenuta a Tsongkhapa e nella stessa stanza
troviamo il reliquario del II Dalai Lama Gendün Gyatso.
Diverse statue di Drölma Sungyangma79
sono
conservate nel Drölma Lhakhang e tra le varie cappelle
la più bella è quella in cui viene conservata una statua in
argento del Jowo Sakyamuni. La visita termina sul tetto
da dove si può godere un bel panorama della valle.
Ngagpa Dratsang
Il collegio tantrico Ngagpa Dratsang fu fondato
da Tsongkhapa e contiene le immagini e le statue più
potenti di Drepung. Dorge Jigce, Yamantaka, il signore
della morte, con i vestiti di ferro e con la testa di bufalo, è
una delle principali divinità tutelari della scuola
Ghelugpa; il potere della statua deriva dalle reliquie di
Ra Lotsawa80 che vi sono contenute.
Le statue sull’altare sono rappresentazioni dei
Buddha dei tre tempi: al centro Sakyamuni (presente),
alla sua destra Dipankara (passato) e alla sua sinistra
Maitreya (futuro); gli otto Bodhisattva sono rappresentati
dalle statue che li circondano.
79 Statua di Tara parlante.
80 Ra Lotsawa: Nacque a Nyalam (XI sec..) e studiò in Nepal; egli è
considerato come uno dei migliori traduttori tibetani. Nella biografia
di Milarepa gli si addebita l’uccisione del figlio di Marpa, Dharma
Dode, attraverso la magia, a causa della gelosia.
95
Loseling Dratsang
Sede della scuola di logica; la principale statua è
quella di Jampa. Su una parete, un affresco rappresenta
Sonam Dragpa, uno dei più conosciuti intellettuali del
primo XVII sec.. Egli fu costretto a suicidarsi e più tardi si
manifestò nell’aspetto di Dorge Shugden; oggi giorno,
alcuni tragici avvenimenti, hanno dimostrato che i suoi
seguaci si sono trasformati in una forza politica più che
spirituale, antagonista al Dalai Lama.
Ganden Potang
Prima di trasferire la loro residenza al Potala, i
Dalai Lama risiedettero al Ganden Potang, costruito nel
1530 da Gendün Gyatso. Questo palazzo rimase in
qualche modo il quartiere generale dei Dalai Lama
anche dopo la costruzione del Potala. Nella sala delle
riunioni la statua di Drölma parlante e la statua di
Cenresig sono le cose più interessanti da vedere.
GHEPHEL RI
Sulla punta di questa di montagna è situato un
eremitaggio ora restaurato; i monaci che vi abitano
diventano all’occasione anche i pastori delle mandrie di
yak che pascolano in prati di erbe mediche. Lo yoghurt
fatto dal loro latte era destinato ai Dalai Lama.
La montagna, 5200 metri, è una delle mete
preferite dai pellegrini; essi vi ascendono specialmente
96
nel giorno di Saga Dawa81, il giorno in cui ricorre
l’anniversario della nascita, il risveglio e il paranirvana
del Buddha Sakyamuni. I Dalai Lama, accompagnati da
una folla di dignitari e devoti, salivano sulla montagna
per celebrare i riti appropriati e bruciare profumato
ginepro in offerta alle divinità del luogo.
GANDEN:
A 40 km. a Nord-Est di Lhasa, ad un’altezza di
4750 metri, in un anfiteatro esposto a Sud, si trova il
monastero di Ganden; la dinamite delle guardie rosse ha
lasciato cumuli di macerie di quello che era uno dei 4 più
importanti monasteri Ghelugpa del Tibet. I tibetani si
sono prodigati volontariamente nella sua costruzione,
offrendo il loro tempo libero; benché inizialmente questo
fu vietato dai cinesi, un ripensamento li portò ad
assumere addirittura degli operai per la ricostruzione
(agosto 2000 è in maggior parte completato) .
Originariamente il monastero ospitava 2000
monaci, oggi non più di 300. Ganden fu fondato da
Tsongkhapa nel 1409, ed i suoi due collegi principali,
quello di Jangtse (Nord) e Shartse (Est) furono fondati
rispettivamente da Pelsangpo e Rincen Gyaltsen.
Ganden fu poco coinvolto nei problemi politici. Questo
monastero era famoso per la dedizione allo studio e alla
pratica, fino al XX sec.., quando i suoi monaci si unirono
81 Saga dawa: viene celebrato di solito nel mese di maggio.
97
alle fazioni conservatrici di Drepung e Sera, ostacolando
le riforme del XIII Dalai Lama e facilitando la strada ai
cinesi.
Al centro del nuovo complesso si trova la
costruzione dov’è situato il sancta sanctorum: un
reliquario dorato82 dove sono contenute le reliquie di
Tsongkhapa, chiamato “Thongwa Dönden” (significativo
da vedere), poiché Tsongkhapa morì a Ganden nel
1419. Il ciörten era stato placcato d’argento dal
successore di Tsongkhapa, poi dorato dal pronipote del
Mongolo Gushri Khan, mentre il generale Dzungar che
guidava l’invasione del 1717 fece costruire una tenda in
legno di sandalo come sua canopea. A destra e a
sinistra del Thongwa Dönden vi sono i ciörten contenenti
le reliquie dei suoi discepoli Khedrup Je e Gyeltsab Je.
Poiché Ganden fu totalmente distrutto, si tratta di copie
dell’originale. Accanto si trova la sala del trono e più
avanti la sala dello Yidam Khorlo Demciog.
Lingkhor
La parte più interessante è il lingkhor che
circonda il complesso monastico. I pellegrini fanno un
ora di cammino intorno al monastero prosternandosi
continuamente davanti alle immagini che si credono nate
spontaneamente e nei molti posti che si credono
associati con la persona di Tsongkhapa. Incominciando
82 Il reliquario era stato fatto placcare in argento dal successore di
Tsongkhapa; fu distrutto dai cinesi.
98
dalla parte Sud del khora si trova un immagine auto
emanata di Padampa Sangye e del cappello di
Tsongkhapa; procedendo si arriva al posto dove morì la
madre di Tsongkhapa dopo essere stata liberata da suo
figlio, ad una pietra con il mantra OM MA NI PADME
HUNG auto emanato, e altre meraviglie simili che si
susseguono fino al punto principale e più venerato, la
grotta Öser Phuk (la grotta della luce) dove Tsongkhapa
meditò. Questo eremitaggio fu il primo luogo utilizzato di
Ganden, le immagini principali al suo interno, anch’esse
credute auto manifestate, sono Atisha, Sakyamuni,
Palden Lhamo e Tsepame.
indice
TSURPHU:
Tsurphu, la roccaforte dei Karmapa83, è situata
nella parte alta della valle di Tolung alla quale si accede
dal ponte di Donkar, a 12 km. da Lhasa. Seguendo il
corso del Tolung per una trentina di km. si arriva ad un
ponte dove la strada gira a sinistra per inoltrarsi nella
fertile valle di Dowo Lung fino al monastero di Tsurphu;
la strada continua per Yangpacen dove si divide, verso
Est per Golmud e la Cina settentrionale, verso Ovest per
83 Karmapa: il capo della scuola Karma Kagyu, detentore del
“cappello nero”; si crede che questo cappello sia stato tessuto con i
capelli delle Dakini e che abbia il potere di volare quando il Karmapa
lo indossa in una potente cerimonia chiamata Uscia.
99
Shigatse. Ricordo Tsurphu nel 1995 come un ammasso
di macerie, mentre nel 1997 era ristrutturato in tutte le
sue parti.
Tsurphu fu fondato da Dusum Kyenpa (11101193), originario del Kham, che fu uno dei principali
discepoli di Gampopa e Reciungpa, a loro volta discepoli
di Milarepa. Dusum Kyenpa fu un grande viaggiatore e
meditò in molti posti del Tibet fino al 1187, anno in cui si
fermò e fondò Tsurphu. Fu Dusum Kyenpa che diede
origine alla trasmissione del lignaggio dei Tulku, vale a
dire il sistema delle reincarnazioni,84 che si è protratto
fino ai giorni nostri. Il secondo Karmapa, Karma Pakshi,
era conosciuto per la sua abilità nel mostrare prodigi, di
cui fu testimone Marco Polo alla corte del Kublai
Khan85. Il potere dei Karmapa non fu solo spirituale ma
anche politico, e durò per alcuni secoli. La storia li vide
alleati, verso la fine del loro potere, con il re di Tsang
(XVII sec.) contro i Ghelugpa del V Dalai Lama, fino
all’arrivo del Gushri Khan che distrusse e saccheggiò il
84 La reincarnazione dei Karmapa, a differenza di quella dei Dalai
Lama, viene trovata attraverso una lettera lasciata dal defunto
Karmapa. Nella lettera viene specificato il luogo e la famiglia dove il
Karmapa si reincarnerà, e dopo un certo periodo, indicato nella
lettera, una spedizione di Lama di Tsurphu si reca alla sua ricerca.
85 “E {nno li più savi incantatori e astorlogi che siano in quello paese,
ch’egli fanno tali cose per opere di diavoli che non si vuole contare in
questo libro, però che troppo se ne meraviglierebbero le persone”
Milione , Marco Polo ed Adelphi pag 179
100
monastero, mentre il Karmapa scappava in Bhutan. La
stessa sorte toccò a Rangiung Rigpei Dorge (1924-1981)
il XVI Karmapa che abbandonò Tsurphu con l’invasione
cinese; ospite del governo indiano si stabilì nella nuova
Gompa di Rumetek (Sikkim, India) dove con il suo
seguito portò anche l’enorme tesoro di Tsurphu. Ora il
XVII Karmapa, Thinle Ögyen, riconosciuto da Situ
Rimpocè, risiede di nuovo a Tsurphu, controllato dai
cinesi. Il suo riconoscimento non è stato indolore, infatti
ha scatenato in India una serie di scontri violenti tra i
monaci di Situpa e Shamarpa, in quanto quest’ultimo si
addebita un suo Karmapa.
Il Lhakhang al piano terreno contiene una stanza
con le reliquie restanti a Tsurphu; nel Lhakhang Cempo
era ospitato il “Zamling Gyen” (l’ornamento del mondo),
una statua di bronzo del Buddha Sakyamuni fatta
costruire da Karma Pakshi, il secondo Karmapa, nella
quale erano contenute le reliquie del Buddha stesso.
Questa statua fu fatta saltare con la dinamite dai cinesi.
Il Tsokkhang sotto il Lhakhang Cempo è ridivenuto la
residenza dei nuovi reggenti di Tsurphu. Fuori dalle mura
di Tsurphu, arroccato sulla montagna, vi è il Drub Khang,
il centro di ritiro di tre anni, tre mesi e tre giorni tipico di
questa tradizione, per acquisire il titolo di Lama. Alle
spalle di questo vi è la grotta di Kyungdzong (la fortezza
dell’aquila e il loto) che ospitò per i ritiri Karma Pakshi e il
terzo Karmapa Rangiung Dorge; all’interno vi è
un’impronta lasciata da Karma Pakshi. All’intersezione di
101
due valli, dominata dalla montagna Jampa Ri, si trova la
residenza estiva dei Karmapa.
L’incontro con il giovane Karmapa avviene nella
sala del trono, ogni giorno alle 13. La lunga coda dei
colorati Khampa parte dal cortile ed è sorvegliata da
monaci severi e alle volte dalla polizia cinese. All’entrata
bisogna lasciare cineprese e macchine fotografiche e
tutto quello che si porta su di se. Si entra nella sala del
trono dove il Karmapa dà la sua benedizione ai silenziosi
ed intimoriti guerrieri Khampa, ed agli occidentali più
rumorosi ed incuriositi. La folla sfila velocemente ed
all’uscita un Lama dona un cordoncino protettivo ad ogni
persona. Il monastero di Tsurpu in questo momento è
privo del suo abate, il karmapa è scappato in India nel
Gennaio del 2000.
La figura più impressionante è il maestro di ritiro (morto
nel 1998); pochi occidentali sanno della presenza di
questa persona straordinaria che ha impressionato molti
dei miei clienti. Egli siede in silenzio ed in pace pronto a
qualsiasi domanda. È un vecchio Lama trasferitosi dal
lontano Ladakh, molti anni addietro, in Tsurphu, con il
compito di seguire la disciplina dei monaci e di ricostruire
il monastero. Una cliente mi diceva: “L’incontro con
quest’uomo è valsa la pena di questo viaggio in Tibet!
indice
102
VERSO LO YARLUNG
Da Gonkar la strada prosegue verso la valle
dello Yarlung, con capitale Tsedang, il cuore della civiltà
tibetana. La strada costeggia il fiume Tsangpo; si
attraversano piccoli villaggi e sulle rive del fiume spesso
si vedono pescatori che riparano le loro barche fatte di
pelle di yak (Gowa). Sulla stessa strada, in strette valli
laterali, sono sparse sette gompe Sakya che si sono
salvate miracolosamente dalla furia cinese.
MINDROLING:
Il monastero di Mindroling è situato a 16 Km.
dalla strada principale nella parte alta della valle di
Drachi. Poco rimane a testimoniare la potenza di questo
monastero fondato nel 1676 da Minling Tercen86, Pema
Garwang Giurme Dorge (1646-1714), studioso ed
intellettuale della scuola Nyingmapa di cui la
discendenza di ritrovatori di testi arriva fino al 1959. Egli
nacque da un Lama di Dargye e in giovane età ricevette
l’investitura dal V Dalai Lama, anch’egli di famiglia
Nyingmapa, che lo aiutò nella costruzione della Gompa.
Il monastero fu distrutto nel 1718 dai Mongoli e più
recentemente dalle guardie rosse; ora rimangono poche
costruzioni di quello che era una importante città
monastica.
86 Minling Tercen: il grande ritrovatore di terma di Mindroling.
103
L’edificio principale a tre piani che domina il
cortile contiene il Tsuk Lhakhang e il Lhakhang.
Sull’altare principale troneggia una statua del Buddha ed
al fianco dell’altare vi è una statua del fondatore di nuova
fattura; l’originale, contenente le sue reliquie, fu distrutta
dai cinesi. Al secondo piano vi sono i ciörten contenenti
le reliquie degli abati del monastero ed una camera
chiusa contenente statue di differenti secoli. Sullo stesso
piano vi è il Parkhang, la stamperia, dove si possono
vedere le tavolette di legno che servono per stampare i
peccia87; chiedendo al monaco si può avere un foglio
stampato per noi con una preghiera sopra. All’ultimo
piano della Gompa si trovano gli affreschi più belli, anche
se gli affreschi risalenti alla fondazione del monastero
sono quelli nel portico. Molto più in alto del monastero vi
sono le rovine del centro di ritiro dei monaci.
Dal ponte di Chakzam, 100 km. ci separavano
da Tsedang, la porta per la valle dello Yarlung, la dimora
dei re. La strada continua a seguire il fiume Tsangpo per
arrivare a Tsedang, centro amministrativo del Tibet
centro-orientale e capitale della provincia di Lhoka, prima
di scendere verso il Bhutan e l’India.
87 Pecia: i testi tibetani formati da fogli rettangolari di varia
lunghezza, non rilegati, tenuti insieme da due tavolette (alle volte dei
veri capolavori d’intarsio su legno) e poi avvolti in lunghi pezzi di
stoffa.
104
Si dice che nei tempi antichi la valle dello
Yarlung era la più prospera del Tibet, fino a che una
disastrosa inondazione distrusse la popolazione ed i
villaggi. Yarlung rimane comunque famosa come la valle
da cui si originò la stirpe tibetana sulla montagna di
Sodang Gangpo Ri che domina Tsedang, dove ebbe
origine la prima dinastia dei re discesi dal cielo, le cui
spoglie riposano nella valle di Chongye; qui fu
riconosciuto il buddismo come religione di stato; da
questa valle partirono gli eserciti che conquistarono
l’Asia Centrale; questa valle ospitò potenti yogin come
Guru Rimpocè, il traduttore Bairotsana, e lo yogin
discepolo di Milarepa, Reciungpa, e conobbe il nuovo
potere politico nel XIV sec. con Pamodrupa, discendente
della famiglia Drogon Pamodrupa Gianciub Gyaltsen,
discepolo del famoso Gampopa (XII sec.). Gianciub
Gyaltsen Pamodrupa nel XIV sec. fu aiutato dai Mongoli,
in un momento di debolezza del potere Sakya, a stabilire
il suo regno.
TSEDANG:
Quando si entra nella città Tsedang i suoi viali
deserti,
ventosi
e
polverosi
ci
trasmettono
immediatamente un’aria di desolazione e nulla lascia
pensare alla potente Tsedang di un tempo. Tsedang fu
edificata da Gianciub Gyaltsen Pamodrupa nel 135188,
88 Secondo altre fonti nel 1302.
105
con la fondazione del monastero che attirò studiosi di
differenti scuole diventando un centro di erudizione. La
città è costruita all’ombra della montagna Sodang
Gangpo Ri, una delle quattro montagne sacre del Tibet,
residenza della divinità Yarlha Sangpo, della tradizione
bön, e dalla cui vetta nasce il fiume Yarlung Ciu. Il
circuito intorno alla montagna è luogo di pellegrinaggio
per i tibetani e sale fino alla grotta di Cenresig, dove
quest’ultimo, emanatosi in una scimmia, si accoppiò con
l’orchessa bianca, da cui ebbe sei figli, i tibetani delle sei
tribù originarie del Tibet.
TRANDRUK:
A 5 km. da Tsedang, sulla strada che conduce
verso lo Yumbulhakhang, é situato questo piccolo
monastero spesso chiuso dalla polizia cinese. Fu
fondato da Songtsen Gampo per proteggere una statua
di Tara auto generata, in realtà era uno dei dodici templi
voluti dall’imperatore per convertire la popolazione locale
al buddismo. Trandruk fu uno dei principali monasteri di
Trisong Detsen, come il Jokhang e Samye, e la
tradizione vuole che qui meditò Guru Rimpocè con la
sua consorte Yeshe Tsogyel. Il monastero fu costruito
secondo la stessa pianta del Jokhang di Lhasa. Si dice
che la presente struttura risale al XIV sec. e che nel XVIII
sec. fu ristrutturato dal Dalai Lama; da quel momento
appartiene alla scuola Ghelugpa.
106
Tra le numerose cappelle la più importante è
quella dedicata a Tara, che contiene le statue dei cinque
Dhyani Buddha, risalenti al periodo di Songtsen Gampo.
A lui e alle due sue mogli è dedicato il tempio subito a
fianco. In un locale dal lato opposto si trova una
gigantesca statua di Guru Rimpocè. Nel nuovo
Lhakhang, al piano superiore, vi è la statua di
Padmasambhava, in bronzo dorato, ritratto in giovane
età; portata dall’eremitaggio di Shetak, sembra che
questa statua risponda alle domande dei fedeli. La
thangka di fianco, fatta con migliaia di perle, rappresenta
la moglie cinese dell’imperatore. Sul muro, a destra, vi è
una piccola statua di Palden Lhamo portata da Sangal
Ciöling Gompa.
YUMBULHAKHANG:
Proseguendo sulla stessa strada, a 4 km. dopo
la confluenza dello Yarlung e dello Chongye, è d’obbligo
fermarsi per fotografare la svettante silhouette del
Yumbulhakhang che si erge solitario al centro della valle.
Lo Yumbulhakhang è la più vecchia costruzione del
Tibet; sebbene la si fa risalire ai tempi di Nyatri Tsenpo
(127 A.C.) sembra più probabile che sia stata costruita
nel III sec., sotto il regno di Lhatotori. Secondo la
leggenda, in quei tempi un testo sanscrito, intraducibile,
cadde dal cielo, ma una profezia diceva che sarebbe
stato comprensibile dopo 5 generazioni, ed infatti Tönmi
Sambhota lo tradusse. La torre che vediamo oggi non
107
doveva essere l’unica nella valle; doveva essere
collegata con altre torri di avvistamento disseminate
nella stessa zona. Quella di oggi non è comunque quella
costruita da Nyatri Tsenpo, poiché due piani di essa
furono distrutti dai cinesi. Una salita a piedi, di pochi
minuti ma ripida, ci porta all’entrata del palazzo. Salendo
il sentiero, sotto di noi si vede una piccola oasi; sembra
che Guru Rimpocè piantando il suo bastone trovò una
sorgente d’acqua e questa è ancora oggi l’unica risorsa
idrica del monastero.
Entrando, una piccola saletta con la funzione di
Lhakhang ci accoglie; da sinistra verso destra si trovano
le immagini di Tönmi Sambota, dell’imperatore Trisong
Detsen, di Lhatotori, di Nyatri Tsenpo, di Songtsen
Gampo con le sue due consorti, di Ralpa Cen e Lönpo
Gar, un ministro di Songtsen Gampo. Al piano superiore,
nel Pakpa Lhakhang, l’immagine principale è quella di
Tsepa Me, Amitayus, il Buddha della lunga vita. Alla sua
destra si trova una statua di Jampa, Maitreya, nascosta
durante il periodo delle guardie rosse e quindi
preservata, ed una statua di Cenresig in legno di
sandalo, tagliata a pezzi nella rivoluzione culturale e
rimessa insieme più tardi. Sui muri è rappresentata la
storia di Yarlung e l’arrivo del primo re Nyatri Tsenpo. Su
un altro muro vediamo le otto manifestazioni di Guru
Rimpocè e su un altro ancora le varie manifestazioni del
Buddha Sakyamuni. Nella torre vi sono ancora tre
108
camere e si dice che Songtsen Gampo abbia meditato in
una di quelle.
CHONGYE:
A 34 km. da Tsedang, sulla strada sterrata che
conduce verso l’India, si trova la necropoli di Chongye.
Poco o niente è rimasto di quello che doveva essere un
posto superbo. Le jeep si fermano alla base di una
piccola collina che bisogna risalire a piedi e porta ad una
piccola Gompa costruita su quello che si dice è il tumulo
di Songtsen Gampo. Il monastero del 1124 non offre
niente di particolare, a parte la vista che spazia sulla
valle. Avendo il portale del monastero alle spalle, la
collina di fronte è il tumulo di Trisong Detsen. Nessuna
ricerca archeologica è stata fatta per appurare se
realmente sono dei tumuli funerari o no. A Chongye era
nata l’amante del VI Dalai Lama, ed era anche il luogo di
nascita del V Dalai Lama. Al nostro ritorno alle jeep
saremo assaliti da bambini che cercano di vendere dei
quarzi per pochi yuan.
SAMYE:
A 36 km. ad Ovest di Tsedang, si trova il ferry
che ci porterà sull’altra riva dello Tsangpo. La traversata
prende un’ora buona ed è fatta su barconi scoperti; se il
tempo è bello, è una simpatica gita in mezzo a tibetani
agitati che vanno in pellegrinaggio in quello che è uno
dei più potenti monasteri in Tibet.
109
Il camion aspetta sull’altra sponda e con i nostri
compagni di viaggio ci si avvia su una pista sabbiosa
verso Samye, all’incirca mezz’ora dal ferry. Il percorso si
svolge in un mondo irreale di dune di sabbia bianca fino
al villaggio di Surkar, conosciuto per i suoi cinque
ciörten, ricavati direttamente dalla roccia. I ciörten
indicano il posto dove Trisong Detsen incontrò Guru
Rimpocè nel 779. La leggenda dice che l’imperatore,
orgoglioso del suo titolo, non si prosternò davanti a Guru
Rimpocè, ma resosi conto del suo errore, lo fece
comunque ed inoltre fece costruire questi ciörten
conosciuti come “Rigna Ciörten”, i ciörten dei cinque
Dhyani Buddha. Ora si può intravedere la maestosità del
monastero racchiuso dal suo muro circolare con il tempio
di Utse al centro. Guru Rimpocè costruì Samye nel 779,
soggiogando le divinità locali. Esso fu distrutto da
Langdarma e restaurato da Sakya Pandita, divenendo la
residenza dei monaci sia Nyingmapa che Sakyapa, con
un abate Sakya a capo. Dopo la distruzione da parte dei
Mongoli, il V Dalai Lama lo restaurò, ed il monastero
divenne Ghelugpa pur conservando sempre un abate
Sakya. Durante la rivoluzione culturale Samye subì la
stessa sorte di altri monasteri: fu trasformato in una
comune agricola, Utse Lhakhang fu ridotto a due piani
invece che i suoi quattro originali, il Dawa e il Nyima
Lhakhang furono distrutti, e la stessa sorte toccò ai
piccoli ciörten sul muro di cinta, ai Lhakhang alle porte
etc. Nel 1997 ho visto che molti di questi Lhakhang
110
erano stati ricostruiti o erano in fase di costruzione. Ho
assistito anche ad una cerimonia tra rappresentanti
cinesi e Lama locali, in cui i primi offrivano soldi per le
riparazioni e testi in sostituzione di quelli distrutti. Il tutto
in pace ed armonia e con il permesso per noi di
fotografare.
La leggenda continua dicendo che Guru
Rimpocè
provocò
l’imperatore
chiedendogli
di
immaginare il più stravagante ed ambizioso progetto per
la costruzione del monastero. Il risultato fu la
rappresentazione del cosmo secondo la mitologia
buddista sul modello del Vihara indiano di Odantapuri in
Bihar, India.
Questo modello ha il monte Meru al centro e la
sua punta è rappresentata dal Utse Rigsum Lhakhang; i
Lingsci Lhakhang sono i quattro continenti localizzati
nelle quattro direzioni e le piccole otto isole tra i
continenti sono i Lingten Lhakhang, uno ad ogni lato dei
Lingsci Lhakhang. Il Nyima Lhakhang ad Est ed il Dawa
Lhakhang ad Ovest rappresentano rispettivamente il sole
e la luna che roteano intorno al monte Meru. Ai quattro
angoli del tempio di Utse vi sono quattro Ciörten di
quattro colori differenti. Il muro perimetrale ha quattro
entrate impressionanti nelle quattro direzioni, ed ad ogni
entrata vi è un tempio dedicato ai protettori della porta,
come anche una stele di pietra incisa. Sul muro vi sono
1008 piccoli ciörten come ornamento.
111
Utse Rigsum
L’edificio al centro del mandala, costruito in stile
cinese, indiano e Khotanese, è sorvegliato da due leoni
che stanno davanti alla porta d’ingresso, e sulla sinistra
vi è la stele che Trisong Detsen ha voluto, sulla quale è
riportata la promessa dell’eterna protezione di Samye.
Entrando nel dukhang si può notare l’influenza delle tre
scuole Nyingmapa, Sakya e Ghelugpa; di fronte sulla
sinistra vi sono le immagini dei protagonisti di Samye:
Guru Rimpocè, l’imperatore Trisong Detsen e Songtsen
Gampo. Davanti a Guru Rimpocè vi è una pietra con una
sua impronta. Di fronte al dukhang vi sono immagini
d’importanti Lama; Atisha, Dromtön, il suo discepolo,
Gyalwa Nagpa, il V Dalai Lama e Tsongkhapa.
L’immagine principale di questo tempio è Gianciub
Cempo in terra cotta, il Jowo di Samye, che rappresenta
il Buddha con gli ornamenti del Bodhisattva, risalente all’
VIII sec.. Egli è circondato dagli otto bodhisattva; le due
raffigurazioni ai lati della porta rappresentano due
protettori: Tamdrin e Miyowa.
Nella parte settentrionale dell’edificio vi è il
gönkhang, il tempio che emana più potere in tutta
Samye; in esso troviamo l’immagine di Pehar, che si dice
sia stata fatta da Guru Rimpocè in persona e di nuovo
del protettore Tamdrin. I muri del primo piano sono
decorati con stupendi affreschi che riportano la vita di
Guru Rimpocè e la pianta originale di Samye. Salendo
all’ultimo piano si accede ad una sala completamente
112
spoglia dove al centro è posto un mandala
tridimensionale in legno e dalle piccole aperture sui muri
si può godere una stupenda vista di Samye.
Hepo Ri
Ad Est di Samye vi è la magica collina di Hepo
Ri, la cui Gompa, in rovina, sulla punta era la Gompa
bön da dove partivano gli esseri magicamente prodotti di
notte per distruggere quello che era stato fatto durante il
giorno a Samye. A Nord Est un grande pietra piatta
indica quella che era la grotta dove Guru Rimpocè si
ritirava in meditazione.
indice
DA TSEDANG A SAKYA:
Da Tsedang ci si dirige verso Ovest per entrare
nella provincia di Tsang, la cui capitale è Shigatse, la
seconda città del Tibet. Il Tibet occidentale è diviso in
due provincie: Tsang e Ngari. Ngari include la parte
superiore della valle dell’Indo e l’altopiano del
Changthang, mentre Tsang include il tratto tra il monte
Kailash e il lago Yamdrok.
Da Tsedang si procede verso Ovest per 130 km.
fino al villaggio di Chushul89 da dove la strada si
inerpica per raggiungere il Kampa La a quota 4795. La
89 Chushul: vuol dire il villaggio dove s’incontrano tre fiumi
113
strada sale zigzagando verso il passo mentre il
paesaggio cambia; diventa più brullo, più spazioso fino
ad arrivare sulla punta del colle dove decine di tarciok
sventolano al vento freddo dei suoi quasi 5000 metri
Guardando dall’altro lato della strada il viaggiatore resta
senza fiato non per la mancanza di ossigeno ma per la
selvaggia bellezza del lago Yamdrok, conosciuto, anni a
dietro come il lago Palti90. Il lago, uno dei quattro laghi
sacri del Tibet, ha la forma di scorpione ed assomiglia ad
un gioiello turchese incastonato nella valle, dove il
silenzio è padrone e dove dal nulla spuntano i drokpa91,
incuriositi e sorridenti e forse anche un pò spaventati.
Il lago viene considerato come la dimora dei Lu, potenti
divinità a forma di serpente, che vivono nelle acque. Si
crede che il re di queste divinità viva in un palazzo di
cristallo nelle profondità del lago e detiene le chiavi del
paradiso. Quindi, sulle sponde del lago, ai defunti non si
celebra il funerale dell’aria, ma i loro corpi vengono gettati
90 Palti: un villaggio conosciuto come una famosa sede della scuola
Nyngmapa. Nel 18 sec, durante l’invasione dei mongoli, il lama di
questo monastero Palti Shabdung, venne a conoscenza che l’invasore
stava arrivando a Palti. Con i suoi poteri, fece apparire il lago come
una pianura. I mongoli marciarono tranquillamente nella pianura per
trovarsi nelle acque del lago dove perirono a centinaia. A Journey To
Lhasa and Central Tibet. Sarat Chandra Das. Ed Book Faith India Delhi
pag.129
91 Drokpa: nomadi.
114
nelle acque del lago dandogli la possibilità di servire il Re
ed avere accesso al paradiso
La strada costeggia il lago per molti km. e non ci
si stanca mai di guardarlo; una piccola sosta per il
pranzo vale proprio la pena. Si continua verso il villaggio
di Pede Zong, agglomerato di case di pescatori dominato
dalle rovine del suo forte; si prosegue per il villaggio di
Nakartse, senza nessun interesse, a parte la Gompa di
Samding Dorge Phagmo, 10 km. ad Est del villaggio
situata su una penisola che si protende sul lago.
L’importanza di questo monastero è dovuta alla sua
badessa, reincarnazione di uno degli Yidam più
importanti in tutte le scuole, Dorge Phagmo, la consorte
di Demciog.
Dorge Phagmo viene, anche, creduta un’incarnazione di
Tara, la consorte di Cenresi. “Prima dei tempi che il
Buddha apparisse sulla terra, vi era un demone di nome
Matrankaru, che spargeva distruzione in tutto il mondo.
Egli sottomise non solo questo mondo ma anche gli otto
pianeti, le ventiquattro costellazioni, gli otto Naga e gli
dei. Poteva sollevare su un dito il monte Meru. Il Buddha
e gli Dei, infine tennero concilio su come sottomettere
questo demone; fu deciso che Cenresi doveva prendere
la forma di Tamdrin e la sua consorte Tara quella di
Dorge Phagmo. Quando ebbero assunto questa forma,
si recarono sulla sommità del monta Malaya, Tamdrin
nitrì tre volte, per incutere terrore al demone; Dorge
Phagmo grugnì cinque volte per immettere terrore nel
115
cuore della moglie di Matrakaru. Immediatamente essi si
prosternarono davanti alle due divinità ma la loro vita fu
risparmiata e Matrakaru divenne un seguace del
Buddha, un protettore del dharma e fu chiamato
Mahakala”92
È la più alta incarnazione femminile tibetana; la
leggenda vuole che si trasformò in scrofa con le sue
consorelle per allontanare i Mongoli nel 1716. Il
monastero comunque non sfuggì all’attenzione dei cinesi
nel 1959 che lo distrussero completamente. La badessa,
ora, risiede a Lhasa, da dove dirige i lavori di restauro.
Nei 200 km. che ci separano da Gyantse bisogna
superare ancora il magnifico passo del Karo La, ad
un’altezza di 5100 metri
Il passo, in se stesso, non offre niente di
particolare, a parte il maestoso ghiacciaio che giunge,
quasi, a toccare la strada (mezz’ora ci separa dai suoi
piedi). Il passo è rimasto famoso perché nel 1904 i
tibetani decisero di ostacolare l’avanzata Inglese in
questo tratto di strada; un incauta dimostrazione di forza
da parte di un itibetano scatenò una breve, ma
sanguinosa battaglia che in pochi minuti lasciò sul
terreno 700 tibetani .
Pochi anni fa il passo era piacevole e tranquillo, ora,
quando ci si ferma, si viene assaliti da tibetani con yak
addobbati per i turisti, le foto che si fanno devono essere
92 Lhasa and Central Tibet, op.cit pag 127
116
assolutamente pagate o si può andare incontro a
spiacevoli situazioni con questi nomadi che sembra,
ultimamente, sono molto attaccati ai soldi.
GYANTSE:
Gyantse domina la fertile valle di Nyang Ciu, ed
è dominata dal forte, visibile da lontano, residenza del
governatore di Tsang e distrutto, in parte, dall’artiglieria
Inglese nel 1904. La bellezza della città, ormai cinese,
sta tutta nel ciörten del Kumbum93, unico nel mondo
buddista. La via antistante al complesso del Kumbum è
la vecchia città, il suo bazar nella via ancora lastricata,
era di proprietà del Palkor Chode ed i suoi negozi
contribuivano largamente al mantenimento
del
monastero; una passeggiata vale la pena prima di
entrare nella parte cinese.
Kumbum
Il ciörten fu regalato da un principe di Tsang alla
scuola Sakya nella metà del secolo XV. La leggenda
racconta che dopo cinque giorni di pioggia incessante,
che aveva causato molti morti e la distruzione dei
raccolti, il principe fece costruire il ciörten in offerta alle
divinità locali, in tal modo furono placati gli elementi. Da
quel giorno non ci furono più disastri nella valle, che
diventò una delle più fertili del Tibet.
93 Kumbum: centomila statue.
117
Oltre ad essere un opera d’arte sensazionale, il
ciörten del Kumbum rappresenta l’ascesa dai livelli di
energia più grossolana alle energie più sottili che portano
alla realizzazione; simbolizza un mandala tantrico le cui
cappelle diminuiscono di numero man mano che si sale
i suoi nove livelli, di cui ogni livello è un mandala in se
stesso: al pianterreno troviamo i protettori, che eliminano
ogni ostruzione alla vita spirituale; al secondo piano
veniamo introdotti al mandala di Cenresi e di Tara, per
sviluppare un’attitudine di compassione ed amore. In
seguito si incontra il mandala di Dorge Sempa, per la
purificazione. Al quarto piano veniamo in contatto con i
Mahasiddha, i maestri che ci introducono alla pratiche
tantriche. Sopra ancora ci sono i mandala dei 5 Dhyani
Buddha, e più in alto ancora gli yidam in unione sessuale
. Vale la pena salire fino all’ultimo piano dove una statua
di Dorge Ciang94 ci aspetta sorridente e tranquilla. Chi
94 Dorge Ciang: letteralmente il “detentore del Dorge”, normalmente
rappresentato in colore blu, seduto nella posizione del loto, egli tiene
le braccia incrociate sul petto; nella mano destra stringe il Dorge,
simbolo dell’energia maschile o del mezzo, nella mano sinistra la
campana, simbolo dell’energia femminile o della saggezza. Questo
mudra-gesto delle mani- simbolizza, tra le altre cose, l’unione
sessuale che secondo la concezione tantrica è il mezzo più potente
per arrivare ad uno stadio di comprensione della natura della mente.
L’unione sessuale tantrica non è assolutamente paragonabile alla
nostra visione ordinaria dell’amplesso sessuale; essa richiede, infatti,
una severa disciplina yogica basata su respirazioni e visualizzazioni.
118
ha il coraggio può uscire sul tetto dal quale si gode una
magnifica vista della città. Gli affreschi e le statue situate
nelle varie cappelle sono dei maestri della scuola
Tsangpa derivante dalla scuola Nepalese Newari.
Pelkor Chode
Fondato dal principe di Gyantse Rabten
Kunsang nel 1418, questo complesso monastico dove si
mescolavano le idee di varie scuole è stato distrutto;
rimane solo il Tsok khang del Pelkor Chode.
Entrando nella sala principale, al centro vi è la
statua del Jowo Sakyamuni sull’altare principale;
disposte intorno ad esso si trovano tre sale: la prima a
sinistra contiene statue in legno che rappresentano i
cinque Dyani Buddha, sono senza dubbio di un
incredibile bellezza e raffinatezza tra le più belle che si
possono ammirare in questa zona del Tibet. Le pareti
sono ricoperte con decine di libri, scritti in oro, su foglie
di palma. Alcuni di essi sono chiusi dai lebshing (tavole
piatte caratteristiche che tengono fermi i libri già avvolti
in stoffe) intarsiati, direi, meticolosamente. Uscendo sulla
destra di questa sala, un altra cappella ospita le statue
dei Buddha dei tre tempi; ancora a destra si entra nel
locale dove vi è la stupa funeraria della madre del
fondatore di questo stupendo monastero.
119
Al primo piano del Drubtob Lhakhang si trovano affreschi
riproducenti i Mahasidda e i sedici Arhat che datano del
XV sec. La camera sulla sommità del tempio, l’Utse
Lhakhang, è affrescata con grandi mandala del XV sec.
della tradizione Sakya e fatti nello stile Ngor.
SHALU:
Proseguendo la strada verso Shigatse, una
deviazione di 6 km., a 20km prima della città, ci porta,
quando è transitabile, ad una delle più importanti gompe
del Tibet, dal punto di vista storico ed artistico: Shalu.
La Gompa fu fondata nel 1040 da Sherab
Giungne; il Dukhang fu eretto durante la dinastia Sakya
all’inizio del secolo XIV con l’aiuto degli stessi Mongoli
che portarono al potere i Sakya, motivo per cui entrando
nel suo cortile vedremo i tetti pagodeggianti del
monastero dalle tegole verdi. Nello stesso periodo il
monastero fu la residenza di Butön (1290-1364), grande
studioso a cui si devono molti manoscritti sulla filosofia
buddista; il suo contributo principale consistette nel
mettere in ordine i testi del Kangyur e del Tengyur, il
canone buddista. A Butön si deve anche l’inizio della
scuola dei famosi yogin che praticavano il Lung Gom,
una particolare meditazione che viene protratta per
dodici anni al buio e che dà ai praticanti la capacità di
coprire distanze enormi in pochissimo tempo.
La leggenda dice che Butön stava partecipando
ad un rituale di offerte per ScinJe, il Signore della morte,
120
quando questi si manifestò realmente e chiese un
sacrificio umano. Butön offri la sua persona, ma venne
trattenuto da un Lama che non voleva il sacrificio di una
persona così importante. In cambio fu offerto a ScinJe
un ritiro di dodici anni, quest’ultimo accettò e fu così che
iniziò la tradizione.
Molti dei tesori di Shalu sono scomparsi, come i
manoscritti in oro su foglie di palma. Due importanti
reliquie rimangono in Shalu, una pietra nera con il
mantra di Cenresig che viene venerata come auto
generata, ed il vaso di Birwapa, uno yogin tantrico
indiano progenitore della scuola Sakya vissuto nell’IX
sec., la cui acqua, contenuta in esso, non diminuisce mai
di livello e chi la beve può realizzare il significato degli
insegnamenti dello yogin attraverso la sua benedizione.
All’ultimo piano vi sono i reliquari di Butön e di
Atisha. Ritornando a pianterreno si può chiedere ai
monaci di aprire la camera dove decine di testi sono
ammassati e impolverati, tra i quali si possono trovare
ancora fogli con scritte in oro (non più accessibile agosto
2000). Lo Tsepame Lhakhang contiene un affresco di
Dorge Sempa e le pareti sono ricoperte da innumerevoli
statue di terra cotta rappresentanti Tsepame. Il Neten
Lhakhang è affrescato con scene descriventi la vita di
Butön e mandala tantrici d’ispirazione di Butön. Verso
121
Sud-Ovest vi è quello che rimane della casa di ritiro
Ripuk, dove i monaci si esercitavano nelle pratiche di
Lung Gom.
SHIGATSE:
A 20 km. di distanza da Shalu, al di sopra della
confluenza del Nyang Ciu con lo Tsangpo, si trova la
seconda città in ordine d’importanza del Tibet: Shigatse,
la capitale dello Tsang.
Shigatse, dominata dai resti del forte Samdrub
Tse Zong, residenza dei principi di Tsang fino alla loro
sconfitta inflitta dal Gushri Khan nel 1642 è localizzata
sulla strada che sale dal Sikkim, quella scelta dalla
spedizione Inglese. La sua posizione, oltre al fatto che vi
risiede il Pancen Lama, il secondo d’importanza politica
e spirituale nel Tibet ne fa la seconda città più importante
del Tibet.. Shigatse è stata resa dai cinesi anonima e
solo nel bazar tibetano ai piedi del forte la vita si rianima
tra le bancarelle dei venditori sorridenti ed un tantino
ossessivi, che inseguono il turista dicendo “luki,luki” che
sta per “guarda” in Inglese.
L’enorme Gompa di Tashilunpo fu costruita nel
1447 da Gendün Drub, nipote e discepolo di
122
Tsongkhapa, l’unico Dalai Lama95 che riposa in questo
monastero. Il suo successore si trasferì a Drepung,
quindi Tashilunpo perse d’importanza finché il V Dalai
Lama riconobbe il suo tutore a Tashilunpo come la
reincarnazione di Öpame, il Buddha della luce infinita
che risiede nel paradiso occidentale. Con questa mossa
astuta, il Dalai Lama si creò un alleato nella provincia di
Tsang e nello stesso tempo lo riconobbe come superiore
a lui nella gerarchia spirituale. In seguito i Pancen Lama
furono rivali politici dei Dalai Lama, situazione da cui i
cinesi trassero buoni vantaggi. Il X Pancen Lama, Chokyi
Gyaltsen, rimase in Tibet dopo il 1959; egli fu portato a
Pechino per un periodo di 10 anni per ri-educazione.
Appena ritornato alla sua sede disse pubblicamente al
popolo tibetano di avere fede nel Dalai Lama in esilio. Da
quel momento sparì fino a che più tardi fu annunciata la
sua morte senza fornire alcuna spiegazione sulla causa
di essa. Il monastero è una piccola cittadella, con viuzze
che connettono un Lhakhang con un altro;
camminandoci si può vivere quella che doveva essere
l’atmosfera quando vi vivevano 4000 monaci. Ora nei
Lhakhang si trovano monaci tristi che salmodiano
preghiere senza molta convinzione; questo è dovuto alla
diatriba in corso tra il Dalai Lama ed i cinesi. Qualche
anno addietro il Dalai Lama annunciava di avere ritrovato
95 Gendün Drub fu dichiarato Dalai Lama dopo la sua morte da parte
del III Dalai Lama, che fu effettivamente il primo.
123
la nuova reincarnazione del Pancen Lama, dicendo il
suo nome e scatenando la gioia dei monaci di
Tashilunpo. Seguì un’immediata repressione da parte
dei cinesi che arrestarono il bambino con la sua famiglia,
di cui non si ha nessuna notizia, e mettendo sul trono un
Pancen Lama scelto dai cinesi. Questo diede origine a
disordini ed uccisioni, ed ora nei Lhakhang di Tashilunpo
si possono vedere, sugli altari, solo le foto del bambino
cinese.
Ganden Lhakhang
Costruito nel 1914 dal IX Pancen Lama per
ospitare la più straordinaria statua di Tashilunpo, quella
di Jampa Cempo, Maitreya il Buddha del futuro, alta 26
metri e ricoperta con 170 kg di oro, tempestata di gioielli
e pietre preziose, questo tempio è veramente
impressionante. Sull’altare, davanti ai piedi della statua
vi è la foto del IX, X e del nuovo Pancen Lama. I
pellegrini la circoambulano rispettosamente recitando
mantra e portando nelle mani delle ciö-me, lampade di
burro, e s’inchinano con malumore davanti alla foto del
Pancen Lama cinese.
Gyaltsen Labrang
Proseguendo si entra nel Gyaltsen Labrang, un
enorme edificio che era la residenza dei Pancen Lama;
le sue stanze sono connesse tra di loro da una serie di
piccoli corridoi, dove sono esposte dietro grate
un’innumerevole quantità di statue di tutte le epoche. Il
Labrang contiene il Kudung, reliquario, alto 12 metri in
124
argento del IV Pancen Lama, costruito dal VI Pancen
Lama nel 1700. Nella parte settentrionale del monastero
si trova il Dongden Lhakhang in cui sono ospitati i
kudung del primo, secondo e terzo Pancen Lama; alla
parte opposta il Ngurik Lhakang contiene un antica
statua di Tara auto-generata; nello Tsokkhang si trova il
reliquario di Gendun Drub, il fondatore di Tashilunpo.
Anche se il saccheggio ad opera dei Nepalesi
nel 1792 ha distrutto molto dell’originale complesso,
sono rimasti i due collegi di filosofia e dibattito: il Ngakpa
Dratsang e il Tsenyi Dratsang, dove i monaci possono
ancora studiare i vecchi testi di filosofia. Il Lingkhor che
circonda il monastero conclude la visita di Tashilunpo.
Senz’altro vale la pena di percorrerlo; dura all’incirca
un’ora e mentre per noi è una passeggiata, per i tibetani
è un percorso sacro, che percorrono prosternandosi su
tutta la lunghezza del corpo soffermandosi a recitare
mantra davanti a varie pietre sacre che sembra
contengono immagini auto-generate. Il Lingkhor termina
la visita al monastero e scende nella parte vecchia della
città.
SAKYA:
All’altezza del ponte di Sakya, 127 km. da
Shigatse, la strada gira verso Sud Est e dopo 27 km.,
entrando nella valle di Trom Ciu, si scorgono i bastioni
125
grigi96 della fortezza di Sakya; in effetti questa è
l’impressione che si ha vedendola dal di fuori, e dal
didentro i camminamenti che girano intorno alle mura
rafforzano l’impressione di essere in un castello
medievale più che in un monastero.
Sakya fu fondata nel 1073 da Kunciok Gyalpo,
un nobile locale, e divenne la sede principale della
scuola Sakya. Conobbe potere politico e spirituale tra il
XIII e il XIV sec. in concomitanza con l’espansione
Mongola nell’Asia centrale.
La successione, in questa tradizione, avviene da
zio a nipote; i discendenti di Kunciok Gyalpo, Sakya
Pandita e Pakpa furono nominati vice re dai Khans,
diventando il ricettacolo della cultura Mongola e più tardi
della dinastia cinese Yuan. La città fu distrutta e
restaurata nel XIV sec. e poi inevitabilmente distrutta
dalle guardie rosse; prima di ciò Sakya era una delle più
grandi gompe in Tibet. Dalla parte opposta del fiume
Trum si possono vedere ancora le rovine di quella che
era la vecchia Sakya.
Quello che noi visitiamo è il Lhakhang Cempo,
conosciuto anche come Sibgön Trulpa, costruito da
Sakya Sangpo nel 1268 quando Pakpa era ancora in
vita. Il Lhakhang Cempo è circondato da alte mura di
cinta ed entrando nel cortile sulla sinistra vi è il Purdung
Lhakhang; all’interno dominano le statue di Sakyamuni
96 Sakya: letteralmente “terra grigia”
126
e Jampelyang97, alla destra vi sono i ciörten d’argento
che conservano alcune delle reliquie degli abbati del
monastero. Il Lhakhang Cempo è il luogo più sacro del
monastero. È una struttura imponente il cui soffitto è
sostenuto da 40 colonne di legno, si dice che una di
esse fu portata a piedi dalla Cina, un regalo del Kublai
Khan. Molte opere d’arte erano state raccolte in questa
sala nel periodo di grandezza dei Sakya, provenienti dal
Kashmir, Nepal e Cina. Ora rimangono la statua di
fattura Kashmira, Siwo Barba; la statua fatta con la pelle
di un re indiano conosciuta come Sebak Nakpo; la statua
di uno dei quattro protettori di Gorum, appartenuta al
Mahasidda Birwapa portata da Bodh Gaya (India), ed un
piccolo ciörten in terra cotta contenente le reliquie del
Buddha Kasyapa. Vale la pena di farsi aprire la porta che
conduce in un locale dietro all’altare principale, nel
Dukhang. Vi è contenuta un’immensa libreria con più di
20.000 volumi, alcuni dei quali sono scritti in oro ed
argento.
indice
VERSO SHEGAR E KATMANDU:
Da Sakya 110 km. di altopiano deserto
disseminato di accampamenti di nomadi con le loro
mandrie di yak ci separano da Shegar.
97 Jampelyang: Mangiuscri, il bodhisattva della saggezza.
127
A 24 km. da Sakya sulla strada per New Tingri
(Shegar) si trova il villaggio di Lhatse, una volta famoso
crocevia per le carovane dei mercanti, ora il bivio per la
strada che porta al lontano e mistico Kailash. Da Lhatse
82 km. ci separano da Shegar o New Tingri. Il passo
Lhakpa La, 5250 metri vale una sosta per le foto e per la
possibilità d’incontro con i nomadi tibetani; si prosegue
per arrivare sull’altopiano di Shegar (4500 metri) che ha
un estensione di 80 km. da Est ad Ovest.
L’albergo è di uno squallore e inefficienza che fa
inorridire, ma conviene riderci sopra, poiché è l’unico
nella zona ed è l’ultimo prima del lusso e comfort di
KTM. Tingri non ha nessuna importanza religiosa, ma
aveva un importanza come centro commerciale, dove gli
sherpa Nepalesi scambiavano riso, grano e ferro per
lana e sale con i tibetani. A pochi km. dall’albergo vi è il
check-post oltre il quale i Nepalesi non possono andare,
la strada prosegue per il passo del Lalung Leh 5050
metri Bisogna partire presto al mattino per avere
l’opportunità di trovare il cielo limpido e godere dalla
sommità del passo la vista dell’Everest (8846 metri) del
Cho Oyu (8201 metri) e poco più avanti del
Shishapangma (8013 metri).
La strada prosegue per Nyalam; questo piccolo
villaggio, una volta Nepalese, è localizzato a 3750 metri
di altezza quasi alla fine dell’autostrada dell’amicizia,
nella parte superiore delle profonde gorge di Po Ciu.
Nyalam significa “il sentiero per l’inferno” e così in effetti
128
è la strada che conduce verso il confine del Tibet, a
Zhangmu 2300 metri, 10 km. dopo il villagio di Nyalam .
Sulla sinistra della strada, scendendo un sentiero che
attraversa un ultimo tipico villaggio tibetano, si trova la
grotta dove il famoso yogin Milarepa trascorse buona
parte della sua vita in meditazione. La grotta è racchiusa
in un monastero, ma vale la pena andarci.
Ora il paesaggio è decisamente cambiato:
dall’arido altopiano di Shegar, battuto dal vento e privo di
vegetazione , si passa , come in sogno, in un paesaggio
tropicale, lussureggiante e verde, con cascate lungo i
fianchi delle montagne che danno un aspetto irreale,
circondate da nebbioline ed arcobaleni; ve ne sono tante
ed alcune di esse scendono fin sulla strada trascinando
con se massi e pietrame causa di frequenti interruzioni.
Non importa; il paesaggio è troppo bello per rendersi
conto dei pericoli. La frontiera è alla fine dello squallido
villaggio di Zhangmu (2300 metri); sbrigate le pratiche
doganali si scende ancora fino al ponte dell’amicizia
dove il nostro viaggio di circa 1100 km. termina; si
rimette l’orologio 2 ore indietro e si rientra nella civiltà.
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BIBLIOGRAFIA
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-Tsang sMyong Heruka; I Centomila Canti di Milarepa,
a cura di Franco Pizzi e Kristin Blancke, ed. Rassegna
Culturale J.M., Roma 1989; in prossima pubblicazione
presso Adelphi Ed, Milano, 2001 (3 volumi).
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