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1 PICCOLO VADEMECUM PER IL VIAGGIATORE SUL TETTO DEL MONDO UN VIAGGIO IN TIBET IN COMPAGNIA DI FRANCO PIZZI 2 Franco Pizzi, nato nel 1948, studioso e praticante del buddismo tibetano, vive da oltre dieci anni in India; accompagna gruppi turistici in Asia, e traduce testi dal tibetano. Stampato a New Delhi, aprile 2001 Proprietà letteraria riservata a franco pizzi [email protected] 3 INDICE GENERALE GEOGRAFIA DEL TIBET 11 ACCENNI DI STORIA DEL TIBET 16 L’antica storia del Tibet: Storia moderna del Tibet: LE RELIGIONI DEL TIBET 39 La religione bön Il buddismo tibetano e le sue scuole La scuola Nyingmapa La scuola Sakyapa La scuola Kagyupa La scuola Ghelugpa 43 44 45 49 Il cristianesimo L’islam 50 51 IL POPOLO TIBETANO 4 52 OGGETTI RITUALI E DIPINTI 56 FESTIVAL RELIGIOSI 62 ARRIVIAMO SUL TETTO DEL MONDO! 63 LHASA E DINTORNI 63 CHAKZAM DROLMA LHAKHANG ARRIVO A LHASA JOKHANG CHAKPO RI RAMOCHE BOMPO RI POTALA SHOL LUKHANG DRALHA LÜPHUG NORBULINKA SERA L’ORACOLO DI NECHUNG DREPUNG GHEPHEL RI 5 63 65 68 70 74 75 75 75 83 84 84 85 87 91 93 96 GANDEN 97 TSURPHU 99 VERSO LO YARLUNG 103 MINDROLING TSEDANG TRANDRUK YUMBULHAKHANG CHONGYE SAMYE 103 105 106 107 109 109 DA TSEDANG A SAKYA 113 GYANTSE SHALU SHIGATSE SAKYA 117 120 122 125 VERSO SHEGAR E KATMANDU 127 130 BIBLIOGRAFIA 6 PREMESSA Ho scritto questo libricino senza nessuna pretesa di comporre una guida con informazioni dettagliate sulla geografia, storia e religione del Tibet, poiché queste possono essere trovate altrove. Come viaggiatore ho sempre avuto bisogno di qualche foglio che mi guidasse sulle strade che percorrevo e quindi ho pensato che poche pagine scritte in modo conciso possano aiutare altre persone a godersi il viaggio sul “ Tetto del Mondo”, lungo la Transhimalaya che va da Lhasa a Katmandu. Non ho accennato ad altre aree del Tibet, all’eccezione della zona del monte Kailash e del lago Manasarovar, essendo questi strettamente collegati al contesto religioso e culturale del Tibet. Trattandosi di un percorso molto particolare, in base alla mia esperienza vorrei suggerire alcuni elementi che possono aiutarvi ad intraprendere questo viaggio con una giusta prospettiva verso le difficoltà che si potrebbero incontrare. La strada offre sempre nuove sorprese, anche per me che da lungo tempo la percorro per lavoro, e quindi bisognerebbe lasciarsi trasportare dai paesaggi ed dagli incontri del momento; ciò che è da vedere non sono soltanto i monasteri, molti dei quali sono oramai musei privi di vita spirituale, ma il vero Tibet è quello che si osserva dal finestrino della macchina. Per cui un 7 trasferimento non è mai lungo e noioso ma pieno di cose nuove da scoprire, piccoli scorci di paesaggi, il campo nomade dove si può acquistare il formaggio, e altre scene di vita che non sono descritte, e non possono esserlo, in nessuna guida, perché stimolano un qualcosa dentro di noi, e questo succede anche per chi fa lo stesso tragitto da molti anni. Il fiume in piena ha portato via la strada, la valanga o la neve ha interrotto il nostro tranquillo viaggio; disperazione! Il nostro tempo, il nostro viaggio già pagato sta subendo degli intoppi, si sta perdendo tempo! Niente di meno vero. Il più delle volte succede che i tibetani curiosi, timidi e poi sorridenti ci avvicinano! “Quell’autista dovrebbe fare così” Gli autisti sono abituati a cavarsela da soli su queste strade; evitiamo i consigli e soffermiamoci con i nomadi arrivati a vedere i viaggiatori; per loro destiamo ancora la stessa curiosità che aveva destato Ippolito Desideri nel 1700! Approfittiamo di questo raro incontro! Evitiamo il pietismo verso i bambini che corrono a chiedere qualcosa, qualunque cosa, a noi occidentali. Il colonialismo non è solo l’imposizione di una cultura su un’altra con le armi ma anche il voler imporre, in qualche modo, le nostre cose alla gente del posto, come le penne, le brioche etc....evitiamo di accrescere una nuova forma di accattonaggio che diventerà 8 cronica per persone che non hanno bisogno di niente....Osserviamo il bambino che ci tende la mano: è bianco e rosso, paffutello, e corre a 5000 metri, cosa che noi non siamo capaci di fare. Il suo cibo ed i suoi abiti, che a noi sembrano miserevoli, sono ciò che gli serve per vivere nel suo ambiente. Pensiamo un attimo se un tibetano viene in Italia e ci dice: “Poverino, il tuo cibo non è salutare e i tuoi abiti non sono adatti, cambia la bistecca con la tsampa ed invece di quella camicia che hai, indossa un mantello di pelliccia di yak.” “Ma cosa può succedere se gli ho dato solo una caramella”, mi si chiede. Succede, in effetti, che stiamo immettendo l’idea dell’accattonaggio. Siamo in molti a viaggiare su queste strade, e molti la pensano così, con il risultato che i bambini e gli adulti vengono ad elemosinare, non per necessità ma soltanto per una cattiva abitudine che noi abbiamo creato. Ultimamente osservavo la plastica, le scatolette abbandonate lungo le rive del lago Yamdrok; i tibetani non hanno una cultura ecologica per cui abbandonano ciò che non serve dovunque gli pare: siamo noi che collaboriamo a queste spazzature in Tibet. Lasciando le cose come sono senza interferire, aiutiamo la cultura del posto a sopravvivere! Quando arriviamo a destinazione, in albergo, naturalmente, qualcosa non va. Il water è otturato, le 9 lenzuola non sono candeggiate etc etc Qui siamo nel terzo mondo; come si può pretendere che tutto funzioni! Invece di utilizzare il tempo dopo cena a parlare dell’albergo, utilizziamolo per uno scambio di vedute sulla giornata; ampliamo la nostra conoscenza su ciò che abbiamo visto durante il giorno discutendone con l’accompagnatore; egli è li non solo per assicurarsi che la logistica sia funzionante, ma anche per dividere la sua conoscenza con i clienti. tashi delegs….. indice 10 GEOGRAFIA DEL TIBET Venti milioni di anni fa il Tibet giaceva sul fondo del mare. L’impatto di quella che oggi è l’India con la terra ferma ci regalò quello che conosciamo come il “Tetto del Mondo”. L’altopiano tibetano copre una superficie di 2.500.000 kmq1 (3.800.000 kmq. secondo un’altra fonte)2, e contava 6.000.000 di abitanti al momento dell’occupazione cinese. Questo territorio immenso comprendeva ciò che adesso è conosciuta come la Regione Autonoma del Tibet, oltre alla provincia dell’Amdo, diventato Qinghai a Nord-Est, la provincia del Kham, divenuta Sichuan ad Est, e parte della provincia di Xinjiang a Nord-Ovest. . Da tempi antichi il Tibet è stato il paese dove leggenda e superstizione, realtà e scienza si sono mescolate; dove superbi esploratori della mente hanno mostrato teorie e miracoli eccezionali; dove credenze religiose si sono mescolate a fenomeni fisici, dove le pietre ed ogni cosa, da noi ritenuta inanimata, hanno trovato uno spazio nel quotidiano: i laghi, il colore del 1 2.500.000 kmq: secondo “Tibet proving truth from facts” publ. The Departement of Information and International Relation, Dharamsala, 1994 pag 3 2 3.800.000 kmq secondo Barraux Roland, Histoire des Dalaï Lamas, ed Albin Michel 1993 pag 23. 11 cielo, ed i fiumi potenti sono le dimore di Dei e spiriti; le montagne, castelli di ghiaccio, sono le abitazioni di divinità tantriche, ed i passi, così difficili da valicare sono ornati dalle tarciok3 o da piccoli mucchi di sassi offerti dai pellegrini in ringraziamento agli Dei locali per la buona riuscita della salita e l’augurio di una buona discesa. A Nord il Tibet è delimitato dai monti Kunlun e a Sud dalla giovane catena dell’Himalaya. Questa muraglia di roccia e di ghiaccio scaturì dallo scontro del continente indiano, che spostandosi alla deriva nel mare di Tetis alla velocità di 10 metri all’anno, per un periodo di 40.000.000 di anni, ha formato per secoli la barriera naturale ai monsoni provenienti dall’India, ed ha impedito le invasioni e migrazioni di massa dando la possibilità di conservare inalterata la cultura locale. I molti laghi salati e i numerosi fossili, che bambini sorridenti vendono lungo la strada, sono testimonianze che ancora oggi ci ricordano il mare di Tetis. Dal Kailash, il monte Meru, il centro dell’universo nella cosmologia e il misticismo tibetano ed induista, nascono quattro fiumi: lo Tsangpo, 3 Tarciok: bandierine di vari colori, solitamente cinque, che indicano i cinque elementi, ricoperte di mantra di diverse divinità, stampati con blocchi di legno. Si trovano dappertutto: sui passi montani, sui fiumi, sui monasteri e sulle case. Appena il vento le colpisce, il mantra viene sparso in tutte le direzioni placando le influenze negative con il suo potere benefico. 12 che arrivando in India diventa il Brahmaputra; l’Indo, intorno al quale 3000 anni A.C. si erano già stanziate le prime comunità della civiltà indiana; il Gange4, il fiume più sacro dell’India e il Sutley, che attraversa l’India del Nord nella zona di Kinnaur per poi passare in Punjab ed infine affluire nell’Indo in Pakistan. Lo Tsangpo, scorrendo da Ovest verso Est, attraversa il Tibet meridionale, e sulle sue rive si stanziarono le prime tribù che diedero origine al popolo tibetano. Più a Sud scendono altri tre fiumi, che entreranno nel Sud-Est asiatico: il Mekong, il Salween e lo Yangtse. Situati all’estremo Ovest del paese, il Kailash, che si erge come il principio dell’energia maschile, e il lago Manasarovar, simbolo dell’energia femminile, furono da tempi antichi meta di pellegrinaggio per gli antichi bön, per gli induisti e per i buddisti. “Non ci sono montagne come l’Himalaya, perché in esse vi sono il Kailash ed il Manasarovar”5. In questi luoghi meditarono 4 Gange: a riguardo delle sorgenti del Gange sono stati fatti numerosi studi e spedizioni, dal tempo di Akbar il Grande fino al periodo coloniale Inglese. In fine furono gli Inglesi, nel XIX sec. a determinare che il Gange nasce dal lago Manasarovar ed infossandosi sotto l’Himalaya sbuca in territorio indiano a Gangotri da una roccia chiamata “Testa di Mucca” rif. Allen Charles, A Mountain in Tibet; The Search for Mount Kailash and the Sources of the Great River of India, ed Rupa&Co Calcutta, ed 1992. 5 cit. Dagli Skanda Purana. 13 molti yogin6, come il venerato ed ancora oggi famoso Milarepa. Sempre in questa zona era localizzato il regno di Shang Shung.7 Ad Oriente troviamo la zona del Kham, una regione più fertile a causa del monsone che penetra laddove la catena dell’Himalaya degrada; questa zona è abitata dal clan dei Khampa, etnia nomade, di statura alta, fieri guerrieri e banditi che si distinguono dal resto della popolazione tibetana. Il Kham è quello che ha sempre dato il più alto tributo di vite nel corso di guerre e tentativi d’invasioni, fino all’ultima ben riuscita dei cinesi nel 1959. Nella zona centrale troviamo le province più famose di Ü e di Tsang, dove le piogge più scarse e il clima più mite hanno permesso vari tipi di coltivazioni, come il grano e l’orzo. Le due province di Ü (centrale) e Tsang dal V sec. (prima data a cui è possibile fare riferimento storico) in avanti sono state il centro della vita politica e religiosa del Tibet, ed è stato da questa parte del Tibet, più esattamente dalla valle dello Yarlung, lungo la sponda Sud Est del fiume Tsangpo, che gli 6 Yogi: praticante dello yoga; questo termine si riferisce agli asceti, di solito laici, che vivono in eremitaggio dedicandosi alla pratica della meditazione. Il più conosciuto yogin tibetano è Milarepa. Ved. Tsang Nyong Heruka, I Centomila Canti di Milarepa; traduzione di Franco e Kristin Pizzi, ed. Rassegna Culturale JM 1989. 7 Shang Shung: l’antico regno dei bön, ved cap sulla Storia. 14 imperatori tibetani hanno controllato il loro regno immenso che si estendeva fino all’Afganisthan. Le escursioni termiche, da +40 al sole a +2 all’ombra, il vento improvviso che alza mulinelli di sabbia, l’aria tersa, il cielo cobalto e il tappeto di stelle troppo vicino all’uomo, le strette valli che conducono a misteriose gompe arroccate su pendii rocciosi, i fiumi verdi in estate che diventano strade ghiacciate in inverno sono poche parole per dare l’idea del paesaggio dell’altopiano tibetano. Sebbene il Tibet è situato sulla stessa latitudine dell’Algeria, la sua altitudine rende difficile la vita a tutti i livelli: “In estate soffrono per la pioggia ed il sole, in inverno per la neve ed il vento, non avendo né cibi né vestiti. Ricolmo di pietà il Bodhisattva Avalokitesvara8 gli portò sette tipi di semi: grano saraceno, orzo, senape, grano, riso, sesamo e ceci.”9 8 Avalokitesvara: in tibetano Cenresig, è il Bodhisattva della compassione di cui i Dalai Lama sono considerati emanazioni. Il mantra associato con lui è quello più conosciuto dai tibetani OM MA NI PAD ME HUNG HRIH. Egli è rappresentato in varie forme tra cui quella più comune come divinità bianca; seduta nella posizione del loto, con quattro braccia, di cui due con le mani giunte fra le quali tiene un gioiello che rappresenta la mente; nella mano del braccio destro tiene un rosario (mala) e in quella sinistra tiene un fiore di loto. Avalokitesvara è il nome sanscrito, il che indica la sua origine indiana. Cenresig è rappresentato anche in piedi con 11 teste; la leggenda dice che vedendo la sofferenza in cui si dimenano gli esseri sbatté la testa contro il muro e se la ruppe in undici parti. Suo padre, il 15 ACCENNI DI STORIA DEL TIBET L’origine del popolo tibetano non è ben definita a causa della mancanza di documenti storici. Secondo ricercatori cinesi i primi insediamenti tibetani sono avvenuti nella zona del Kham, mentre ricercatori di altri paesi sostengono che il popolo tibetano si è sviluppato attraverso mescolanze di popoli differenti in migrazione. Tutti gli studiosi si trovano d’accordo che la civiltà tibetana si sviluppò nella fertile valle dello Yarlung intorno a Tsedang. La leggenda, alla quale ancora oggi i tibetani fanno riferimento, tira di nuovo in ballo il Bodhisattva Avalokitesvara, che avrebbe inviato in Tibet un suo discepolo, una scimmia realizzata, con il compito di fondare un eremitaggio in Tibet, a Gampori nello Yarlung. Un giorno gli si avvicinò una sinmo, un demone femminile nelle sembianze di una orchessa, sofferente di solitudine, e la scimmia compassionevole si accoppiò Buddha Amithaba, prese i pezzi e ne fece 11 teste dandogli così la possibilità di poter seguire meglio gli esseri con la sua compassione. 9 Cit. Da R.A. Stein, La civilisation Tibètaine, l’Asiathèque, 1987. 16 con lei procreando sei figli che furono l’origine dei sei clan tibetani. L’antica storia del Tibet: può essere suddivisa, grossomodo, in tre epoche: 1 L’epoca del regno di Shang Shung. 2 L’epoca dell’impero tibetano, corrispondente alla dinastia dei 33 re tibetani. 3 L’epoca del culmine e della distruzione dell’impero. 1 Il regno di Shang Shung: trova le sue origini intorno al secondo millennio prima di Cristo, quando il maestro Sherab Miwoce fondò la corrente bön. Shang Shung era situata nella zona tra il Kailash ed il lago Manasarovar, ma la sua influenza culturale si estendeva praticamente in tutto il Tibet centrale ed orientale. 2 33 generazioni di re venuti al potere nella valle dello Yarlung, dal tempo di Nyatri Tsenpo (127 a.C) fino a Songtsen Gampo (618-649). Durante tutto questo periodo la cultura del regno tibetano era quella di Shang Shung, come pure la sua religione. La religione di stato era quella dei bön ed il re era sempre accompagnato da uno o più sacerdoti reali che servivano come sue guardie del corpo ed erano essenziali per il mantenimento del suo prestigio e del suo benessere, e non ultimo per 17 assicurare la prosperità del popolo e della nazione. Secondo la leggenda questi re tibetani discendevano dal cielo con una scala, ed al termine della loro vita risalivano al cielo aiutandosi con una corda che scendeva da un arcobaleno (la corda “dmu”). La storia del primo re Nyatri Tsenpo merita di essere raccontata: un bambino fu trovato da solo sulla montagna Yarlha Shampo, vicino a dove oggi sorge lo Yumbulhakhang, dai capi dei clan tibetani. Quando gli fu chiesto di spiegare la sua provenienza, egli indicò una direzione che fu interpretata dai tibetani come il cielo. Questo fece pensare che il bambino era di discendenza divina ed essi decisero di onorarlo come il loro re (Tsenpo). Quindi costruirono un trono (Tri) di legno e lo trasportarono a valle in spalle (Nya). Un altra storia racconta come l’VIII re, Grigu Tsenpo (I sec. D.C.) fu il primo re a lasciare dietro di se le sue spoglie mortali: si dice che Grigu aveva un carattere collerico ed orgoglioso, e che il suo sport preferito era quello di organizzare duelli. Nel corso di uno di questi, preso dalla collera, tagliò inavvertitamente la corda celeste con la spada, quindi non potendo risalire al cielo morì sulla terra e fu sepolto a Chongye, nella valle dei re, a 30 Km. da Tsedang. 18 Di tutto questo periodo non esistono documentazioni storiche, ma tutte le vicende sono basate su narrazioni tramandate oralmente. 3 Il culmine dell’impero tibetano: fu raggiunto sotto il regno del re Songtsen Gampo, quando l’impero divenne uno dei più potenti dell’Asia centrale. Per mantenere buone relazioni con l’imperatore tibetano, l’imperatore della dinastia dei Tang (618-906), impaurito dalla potenza del suo vicino che si spingeva fino ai suoi confini, rispose positivamente alla richiesta in sposa di una nobile cinese da parte di Songtsen Gampo; così pure fece il re Nepalese, e nel 641 avvenivano i primi due matrimoni di stato, di Songtsen Gampo con la principessa cinese Wen Chen Kanjo e con la principessa Nepalese Tritsun Bhrikuti Devi. Le due regine, entrambe Buddiste, riuscirono a convertire il loro sposo alla stessa religione e furono costruiti i primi monasteri: nel 649 a Lhasa furono fondati il Jokhang e Ramoce, allo scopo di ospitare le statue del Buddha portate in dono dalle due principesse. Songtsen Gampo intravide la necessità di modernizzare il suo paese; dalla Cina importò il sistema legislativo, l’arte della geomanzia, l’astrologia e la scienza medica e dall’India la spiritualità e l’alfabeto. Egli inviò una delegazione di sette saggi presieduta da Thönmi Sambhota in India per studiare il sanscrito e il devanagari, e da quest’ultimo fu elaborato un sistema di scrittura adatto alla lingua tibetana. Fu lo stesso Thönmi 19 Sambhota ad iniziare la traduzione dei testi sanscriti in tibetano. Songtsen Gampo, imperatore dinamico, istituì un codice legislativo, formò una gerarchia di ministri, fece un censimento dei pascoli e dei campi e formulò le regole per l’utilizzazione delle acque, oltre a far pagare pedaggi ed imposte. Poiché egli volle diffondere la nuova cultura buddista, attirò il re Ligmigya di Shang Shung in una trappola e lo uccise, arrivando così all’annessione di Shang Shung all’impero tibetano. Oltre alle principesse straniere, l’imperatore ebbe quattro mogli tibetane, fra cui una bönpo, e fu da una di queste che ebbe la sua discendenza. Gli successe il figlio Tride Tsukten, il quale diede alla luce un figlio che doveva essere il secondo dei grandi imperatori tibetani: Trisong Detsen (755-797). Con lui il Tibet acquisì una stabilità politica e religiosa. Re guerriero, egli allargò le sue frontiere dall’Afganisthan alla Cina orientale, dai monti Altai fino all’India ed al Bengala. La ragione per cui viene ricordato è quella di aver proclamato il Buddismo religione di stato. Egli incominciò con l’invitare dalla celebre università di Nalanda per primo Shantarakshita, un eminente studioso, per divulgare gli insegnamenti buddisti. Il suo approccio, con i tibetani, popolo abituato ai riti sciamani e alla magia in genere, fu troppo rigido e scolastico e quindi insoddisfacente per le 20 loro necessità. Il re, quindi, su consiglio del filosofo invitò Padmasambhava10, per continuare la sua opera. Originario della valle di Swat nell’Uddyana11, nel Nord dell’India , Padmasambhava viaggiò dappertutto; dal Kashmir al Ladakh12 , nel Sikkim, nel Buthan, finché varcò l’Himalaya ed approdò sulla sponda del fiume Tsangpo, nella regione di Drakmar. Padmasambhava fu da sempre circondato da un’aura di mistero; gli furono attribuiti poteri magici con cui avrebbe sottomesso gli Dei della vecchia religione bön costringendoli a partecipare alla costruzione del monastero di Samye (799). Egli fondò la prima comunità monastica, formata da dodici indiani e tre tibetani, che prese subito piede a causa delle sue regole abbastanza permissive e della garanzia di una buona retribuzione nella vita futura per le azioni positive fatte in questa vita. Il terzo re rimasto famoso nella storia tibetana è Tritsug Detsen Ralpachen (815-838). Egli fu un fervente buddista e si adoperò per salvaguardare e propagare 10 Padmasambhava: è conosciuto anche come Guru Rimpocè, il prezioso maestro, sembra che fosse un parente di Shantarakshita, e che fu quest’ultimo a consigliare al re d’invitarlo. Su questo non esiste comunque nessuna documentazione storica come pure sulle origini di Guru Rimpocè. 11 Uddyana: può essere identificata con una delle regioni a Nord dell’attuale Pakistan. 12 Qui vi si trova la Gompa di Tak-Tak dove meditò Padmasambhava mentre era sulla strada del Tibet. 21 questa religione invitando pandita indiani. È rimasto soprattutto famoso per la stele davanti al Jokhang, su cui è inciso il trattato di pace con i cinesi (821-822), nelle due lingue, dopo la prima occupazione cinese avvenuta nel 763. La stele è ancora al suo posto ed in una certa parte del trattato si legge: “ Entro i due paesi, non ci sarà né fumo né polvere, non ci saranno allarmi improvvisi, e la parola “nemico” non sarà mai più pronunciata. Le guardie di frontiera non dovranno avere più nessuna preoccupazione e potranno dormire tranquilli....” questo era nell’821! La sua tendenza pro-buddista era tale da volersi fare monaco; questo, oltre a tutti i privilegi e le donazioni fatte al clero, fu troppo per i suoi oppositori che lo assassinarono. Suo figlio Tsangma, divenuto monaco, si spinse fino a mettere tutta l’amministrazione reale sotto la tutela del clero, ma fu costretto a scappare e rifugiarsi in Buthan. Rimase suo fratello Langdarma (838-842). Sotto la spinta dei sacerdoti bön, quest’ultimo instaurò un regime di terrore per i buddisti, uccidendo ed espropriando. Il risultato fu il suo assassinio per mano di un monaco, Pelgy Dorge, uno dei discepoli di Padmasambhava; egli si vestì con un mantello, nero fuori e bianco dentro, e con un cappello nero13; 13 Scia nak: cappello nero, viene ancora oggi rappresentato nelle danze rituali tibetane (chams). 22 cavalcando un cavallo bianco annerito con il nerofumo s’introdusse vicino al re. Nella manica del suo mantello nascondeva un arco ed una freccia. Si avvicinò al re inginocchiandosi, facendo finta di salutarlo. Al primo inchino tese l’arco, al secondo sistemò la freccia, al terzo la tirò nel petto del re. Poi scappò via oltrepassando il fiume la cui acqua lavò il nero fumo dal cavallo e lui, indossando il mantello con il lato bianco verso l’esterno, riuscì a scappare alle ricerche dei soldati. Sembra che si rifugiò nella grotta di Yerpa, non lontano da Lhasa, ma secondo altri si rifugiò nell’Amdo. Con l’uccisione di Langdarma finisce la dinastia di Yarlung. Alcuni suoi discendenti fuggirono e fondarono il regno di Guge, che durò fino al 163014, e quello del Ladakh, che conservò la sua indipendenza fino al 1842, anno in cui fu invaso dal generale Zorawar Singh di Jammu (J&K India) Lo stesso generale non soddisfatto delle sue conquiste si spinse fino in Tibet e conquistò un vasto territorio vicino al Kailash, sembra lo stesso regno di Guge. I tibetani chiesero aiuto al loro imperatore cinese. L’esercito tibeto-cinese era formato da 10000 uomini contro i 5000 del generale. La guerra fu veloce, le truppe del generale furono massacrate e lo stesso generale 14 Il regno di Guge cadde in concomitanza della presenza del Gesuita D’Andrade che per alcuni aspetti indirettamente ne fu l’artefice. 23 ucciso e fatto a pezzi ed il suo cuore mangiato in quanto ritenuto un uomo estremamente coraggioso! indice Storia moderna del Tibet: Dopo Langdarma il Tibet entrò in un periodo di lotte intestine che durò fino all’XI sec.. L’indebolimento del potere centrale si accompagnò, sotto la copertura di sviluppo culturale e religioso, con una moltiplicazione di centri di potere. Mentre si cancellavano le tracce dei re e dei principi, le grandi famiglie nobili diedero nascita alle potenze ecclesiastiche che radunarono intorno a loro gli elementi politici, economici e militari della società tibetana. Le più importanti tra queste erano: la famiglia dei Sakya, quella dei Pamodrupa nella regione del Kham, quella di Tsal, sul fiume Kyiciu ad Est di Lhasa, ed un altro clan del Kham che diede origine alla scuola Karmapa. Nel XI sec. apparve sulla scena lo studioso e traduttore Rincen Zangpo (985-1054), che fu inviato in India dal re del Guge per studiare le nuove correnti del buddismo Vajrayana. Egli risiedette per molti anni nel Kashmir, e fondò numerose gompe15 in Ladakh. Nel 1042 arrivò 15 Gompa: termine tibetano per monastero; originariamente indicava un posto isolato per la pratica di meditazione. 24 sull’altopiano tibetano il maestro Bengalese Atisha, invitato dallo stesso re di Guge, che vi soggiornò fino alla sua morte nel 1054. Egli era un esperto conoscitore di tutti i veicoli del buddismo, l’Hinayana, il Mahayana e il Vajrayana imparato dai Mahasidda16 in quel momento in una fase decrescente in India. Attirò discepoli da tutte le parti del Tibet, e il suo discepolo più vicino, Dromtön (1005-1064), fondò la scuola Kadampa (1056) che più tardi il riformatore Tsongkhapa avrebbe trasformato nella scuola Ghelugpa, detta dei “ Berretti Gialli”. L’XI sec. fu un periodo di fioritura, di studi e di grandi yogin. Marpa Lotsawa17 di Lodrak (1012-1096) si recò per tre volte in India alla ricerca d’insegnamenti dal suo maestro, il Mahasidda Naropa, a sua volta discepolo del Mahasidda Tilopa. Marpa portò in Tibet molti testi tantrici, li tradusse e passò la sua conoscenza a quattro discepoli di cui il più famoso ed ancora oggi venerato Milarepa (1040-1123). Tra i discepoli di quest’ultimo vi fu Reciungpa, un famoso yogin laico i cui insegnamenti furono inseriti nella scuola Drugpa Kagyu, e Gampopa (1079-1153), un monaco Kadampa18 con gli insegnamenti dei Mahasidda Tilopa e Naropa. Il 16 Mahasidda: termine sanscrito che indica un essere realizzato ed in possesso di poteri straordinari. 17 Lotsawa: termine tibetano per traduttore. 18 Gampopa nel suo primo incontro con Milarepa si definisce monaco Kadampa. 25 principale discepolo di Gampopa fu Dusum Kyenpa (1110-1193), il primo Karmapa, che introdusse il sistema dei Tulku19 per assicurare la successione all’intero lignaggio. Benché il lignaggio dei Karmapa è molto famoso per la sua tradizione spirituale degli yoga tramandata da Milarepa, i Karmapa stessi sono sempre stati molto attivi nella politica; alleati con i nobili di Tsang, dalla loro sede a Tsurphu, nella valle di Tolung, hanno combattuto contro i Ghelugpa e detenuto il potere sotto la protezione dei Pamodrupa che regnavano dalla città di Tsedang. La prima scuola che si affermò politicamente in Tibet fu quella dei Sakya, nell’omonimo monasterofortezza non lontano da Shigatse, fondato nel 1073 da Kunciok Gyalpo. A lui succedettero Kunga Gnyingpo, Sonam Tsemo, Sakya Pandita e Pakpa. Nel XIII sec., durante il regno del Gengis Khan in Mongolia, divenne chiaro che i Mongoli volevano 19 Tulku: una parola che si sente spesso nei viaggi in Tibet o in Ladakh, sta ad indicare la reincarnazione del Lama precedente. È un termine che viene applicato di solito solo ai Lama di alto rango e vi sono differenti metodi per il ritrovamento del nuovo Lama. Per esempio i Karmapa usano il metodo di lasciare una lettera in cui viene detto il nome del prossimo Tulku, della sua famiglia e del posto dove si deve andare a cercare; mentre per i Dalai Lama di solito ci si affida a visioni che hanno Lama con alti poteri spirituali, all’oracolo di stato etc... 26 sottomettere il Tibet e siccome i tibetani si resero conto che sarebbe stato impossibile resistere alla pressione Mongola, optarono per andare a negoziare con il loro potente vicino. Fu così che i rappresentanti delle famiglie nobili si recarono presso il Gengis Khan e più tardi presso i suoi nipoti cercando in questo modo di mantenere la loro autonomia in modo pacifico. La fama di eruditi ed esperti in magia dei Lama era giunta alla corte dei Mongoli e Sakya Pandita Kunga Gyaltsen (1182-1251) fu inviato dai nipoti del Gengis Khan nel momento in cui un generale troppo zelante aveva raso al suolo il monastero di Radeng (1239). Sakya Pandita convertì al buddismo Godan, placando con molta diplomazia l’eccesso distruttivo dei Mongoli. Così egli ottenne la sovranità sulle provincie di Ü e Tsang con il trattato del 1247. In seguito il secondo Karmapa, Karma Paksci, andò in Mongolia e partecipò ai dibattiti tra buddisti e taoisti. La sua fama arrivò al Kublai Khan che lo invitò. Karma Paksci vi andò, ma rifiutò di prolungare il suo soggiorno, offendendo in questo modo il Kublai Khan. Di conseguenza i Mongoli scelsero il clan dei Sakyapa come interlocutore privilegiato per gli affari tibetani. Il nipote di Sakya Pandita, Pakpa, si recò alla corte del Kublai Khan, futuro fondatore della dinastia Yuan a Pechino, e ricevette il titolo di vicere sulle tredici provincie del Tibet. Questo potere durò 96 anni; il 27 declino della dinastia Yuan nel 1368 segnò anche il declino della supremazia Sakya in Tibet. L’influenza della dinastia Yuan può essere considerata come la prima mossa d’intervento cinese negli affari tibetani. La stessa cosa venne ritentata dalla sorgente dinastia Ming, in un periodo di lotte interne tibetane durante il quale la borghesia era decadente ed il clero non era stabile politicamente e si fronteggiava con le armi. Questo ebbe fine quando Rinpung, un ministro del clan dei Pamodrupa, rimise ordine combattendo contro i Karmapa e la famiglia di Tsang che governavano su Shigatse e Gyantse. Nel 1357, sulle rive del lago Kokonor, nacque Tsongkhapa colui che fondò la scuola Ghelugpa o dei Berretti Gialli. Egli non sapeva che l’apparizione di questa scuola sulla scena tibetana avrebbe influenzato la vita politica e spirituale del Tibet fino ai giorni nostri. Tsongkhapa si concentrò soprattutto sugli insegnamenti di Atisha della scuola Kadampa, e fu ospitato a Radeng per un ritiro dal 1402 al 1405. Fu riconosciuto dalla scuola Kadampa come un erudito; ottimo organizzatore, egli impose ai suoi monaci l’obbligo del celibato, il regime vegetariano, il voto di povertà individuale e l’astensione dalle bevande alcoliche. La sua grande opera fu il “ Lamrim Cempo”. Anche se Tsongkhapa, fondando il monastero di Ganden nel 1409, non aveva previsto di mescolarsi alla politica, lo fecero i suoi discepoli che fondarono Sera (1419), Drepung (1416) e 28 Tashilunpo (1447). Queste furono delle vere e proprie città monastico-universitarie, che presto divennero politicizzate e dettero una svolta decisiva all’occupazione cinese del 1959. La morte di Tsongkhapa diede origine ad una nuova lotta di potere nel Tibet che durò 3 secoli e vide soprattutto l’alleanza dei principi di Tsang e la scuola Karma Kagyupa e Pamodrupa contro la scuola Ghelugpa. Il discepolo di Tsongkhapa, Gendün Drub20 (1391-1475), era famoso per la sua dedizione alla vita spirituale e per la costruzione del monastero di Tashilunpo21, che iniziò all’età di 57 anni. Alla sua morte le sue spoglie furono conservate a Tashilunpo. Il suo successore fu Gyalwa Gendün Gyatso (1475-1542); nella sua biografia si legge che le sue prime parole rivolte al padre furono: “Dopo la mia morte, alla fine della mia vita precedente, fui imbalsamato, il protettore Mahakala entrò nel mio lenzuolo e mi portò con lui. Incontrai il Buddha Maitreya, Atisha e Tsongkhapa. Quest’ultimo mi disse: “Tutte le tue attività saranno consacrate alla dottrina, per il beneficio degli 20 Gendün Drub secondo alcuni studiosi non era solo il discepolo di Tsongkhapa, ma anche il nipote. 21 La costruzione di Tashilunpo richiese 15 anni. Egli chiamò dal Nepal gli artisti per la fattura delle statue, ed in particolare quella di Maitreya (Ciampa), il Buddha del Futuro, alta 26 metri, furono impegnati 150 tonnellate di bronzo e di rame e ricoperta con 170 Kg di oro. 29 esseri.” Egli fu riconosciuto come la reincarnazione di Gendün Drub e fu trasferito a Drepung dove seguì il rigido programma di studio e meditazione. A lui si deve la scoperta del lago Lhamoi Lhatso22 e la fondazione del monastero Chökor Gyel nel 1509 sulle rive dello stesso lago. Fu inumato nel monastero di Drepung. Seguì Gyalwa Sonam Gyatso (1543-1588); anche la sua infanzia ebbe qualcosa di particolare: nella sua biografia è menzionato che da bambino sedeva sempre a gambe incrociate, dispensava benedizioni, ed ancora giovane menzionò il nome del suo predecessore. Anche lui risiedette a Drepung. Fu un grande viaggiatore e visitò indifferentemente i monasteri di altre scuole; i suoi insegnamenti, nel corso di questi viaggi, furono indirizzati a riportare l’unità tra le varie scuole. Egli riuscì a convertire i Mongoli al buddismo della tradizione Ghelugpa, e l’Altan Khan volle elevarlo al di sopra dei comuni mortali dandogli il titolo di “Talai” (oceano di saggezza), che è stato conservato fino ai giorni nostri come “Dalai Lama”. Per rendere omaggio ai suoi due predecessori, egli estese il suo stesso titolo a Gendün Drub e Gendün Gyatso, divenendo così il terzo “Dalai Lama” Yonten Gyatso (1589-1617) IV Dalai Lama di origine Mongola, nipote dell’Altan Khan, sparse il 22 Il lago prende il nome di una protettrice, Palden Lhamo, ed è situato a 150 Km. a Sud-Est di Lhasa. 30 buddismo in tutta l’Asia Centrale, fino in Siberia. Questo fu anche l’inizio dell’ingerenza Mongola nella corte e negli affari dei Dalai Lama. Il V Dalai Lama, ricordato come il “Grande Quinto” (1617-1682), Nawang Lobsang Gyatso, nato a Chongye, la vecchia capitale dello Yarlung, per arginare la potenza del re di Tsang, Karma bstan skyon, a cui erano alleati i Karmapa23, chiese l’aiuto dell’esercito Mongolo. Al comando dei Mongoli vi era Gushri Khan, il quale sconfisse il re di Tsang (1642), ed i Karmapa dovettero assistere al saccheggio del monastero di Tsurphu. Il generale non si fermò qui, ma distrusse tutti i nemici dei Ghelugpa, dal Sikkim al Ladakh. Gushri Khan stabilì la sua capitale a Gyantse, lasciando Shigatse sotto il governo del Pancen Lama24, per porre fine alle 23 Secondo il Toscano il re di Tsang era “Il continuatore del filone nazionale del Tibet, l’assertore della piena sovranit{ del Tibet, di una patria libera da ogni influenza straniera” Alla Scoperta del Tibet Giuseppe. M. Toscano pag 319 ed E.M.I. 1977. Infatti il potere di Lhasa con l’aiuto dei Mongoli sottomise il Tibet al potere centrale di Lhasa, distruggendo tutto ciò che interferiva con la politica dei Sovrani. 24 Pancen Lama: sembra che il Pancen Lama messo sul trono dal V Dalai Lama era un suo parente. Fu riconosciuto come l’emanazione di Amithaba, uno dei cinque Dhyani Buddha, che risiede nella pura terra di Dewa Cen, situato ad Ovest nella cosmologia mistica tibetana. Quindi il Pancen Lama è considerato superiore al Dalai Lama a livello spirituale, poiché il Dalai Lama è considerato l’emanazione del Bodhisattva Avalokitesvara. Sul piano politico il Pancen Lama era il 31 continue battaglie tra questa regione e Lhasa, e si nominò re e protettore della religione. Sonam Chöpel, personaggio vicino al Dalai Lama, insistette presso quest’ultimo che si recasse a Gyantse per arginare il potere politico dilagante di Gushri Khan; così fece, e finalmente il Gushri Khan rimise il potere temporale nelle mani del Dalai Lama; così si entrò nella fase del “DioRe”, assistito da un reggente laico come rappresentante del Gushri Khan. Lobsang Gyatso scrisse una storia del Tibet, e considerò di spostare la sede dei Dalai Lama da Drepung a Lhasa. Nel 1645 egli iniziò la costruzione del Potala, ma prima di morire riuscì soltanto a terminare la parte bianca. Per suo volere la sua morte fu tenuta nascosta per 15 anni; questo servì al reggente, Sangye Gyatso, per terminare la parte rossa del Potala nel 1690. Il Potala diventò il centro politico e religioso, il luogo dove furono inumati tutti i Dalai Lama dal V al XIII, all’eccezione del VI. Lobsang Gyatso fu un uomo politico sovrano della regione di Shigatse, ed ha sempre avuto un ruolo molto importante negli affari politici fino ai giorni nostri. L’ultimo Pancen Lama non fuggì dal Tibet con l’arrivo dei cinesi e passò 14 anni a Pechino per la rieducazione perché aveva insistito presso i tibetani di continuare ad avere fede nel Dalai Lama in esilio in India. Morì in maniera misteriosa. Oggi giorno vi sono due Pancen Lama, uno riconosciuto dal Dalai Lama, scomparso nelle mani dei cinesi, l’altro messo sul trono dai cinesi e considerato il vero Pancen Lama dal governo cinese. 32 oltre che spirituale; con l’aiuto dei Mongoli assorbì i monasteri di altre scuole, diede spazio alle scienze e fu tollerante verso altri tipi di religione. Si racconta che dalla sua finestra vedeva un uomo continuamente raccolto in preghiera; un giorno decise di conoscerlo ed inviò un Lama ad invitarlo. L’uomo disse che sicuramente ci sarebbe andato. Quando il messaggero ritornò davanti al Dalai Lama, l’uomo era già arrivato. Era un mistico musulmano, ed il Dalai Lama gli chiese come si trovasse a Lhasa. Egli rispose che stava bene, ma che a Lhasa mancava uno spazio per seppellire i morti del suo credo. Il Dalai Lama salì sul tetto del Potala e tirando quattro frecce delimitò la zona di residenza dei musulmani, ancora rimasta tale oggigiorno. In seguito il mistico musulmano ritornò ad incontrare il Dalai Lama più volte, tanto che alcuni sussurrarono che quest’ultimo si fosse convertito all’ Islam. Il VI Dalai Lama, Rigdzin Tsangyang Gyatso (1683-1706) rimase nella storia come il Dalai Lama contestatore; era un personaggio assai fuori dal comune, ricordato con molto affetto dal popolo tibetano. Involontariamente egli offrì il pretesto di una nuova interferenza in Tibet ai Ching, nuova dinastia dei Manciu regnanti in Cina: viene riportato che ad un certo punto della sua carriera monastica, quando era il momento di prendere i voti da monaco, egli li rifiutò davanti al suo tutore il Pancen Lama, imbarazzando notevolmente il clero tibetano che non poteva dimetterlo poiché era una 33 reincarnazione né poteva accettarlo a causa di questo suo rifiuto e della sua condotta poco ortodossa; eccellente praticante del Vajrayana era allo stesso tempo poeta, amante delle belle donne e delle taverne, dove si recava di notte con i suoi amici a bere ed ad incontrarsi con le donne locali. Egli abbellì la residenza di Norbulinka e dietro al Potala costruì il Lukhang, il luogo dove si consumavano i suoi incontri segreti. La sua condotta fu il pretesto, non la causa reale, dell’invasione Mongola. Lhazang Khan, alleato della corte Manciu, marciò su Lhasa (1706), uccise il potente reggente Sangye Gyatso, saccheggiò Drepung e portò via il Dalai Lama, con la scusa di portarlo a Pechino. Non si ebbero più notizie di lui; sembra che fu ucciso vicino al lago Kokonor. Da quel momento in poi la reggenza passò in mano al clero (prima era in mano ai laici) e si protrasse non oltre al 20 anno di età del Dalai Lama. I rappresentanti cinesi a Lhasa mantennero la pace per un secolo e mezzo, appoggiati dai monaci Ghelugpa conservatori; questa è una delle ragioni per cui più tardi il Tibet verrà considerato come facente parte della sfera politica della Cina. A Lhasa, i reggenti pro-cinesi continuarono a mantenere il potere attraverso le morti premature dei Dalai Lama, il che durò fino al XIII Dalai Lama. Thubten Gyatso (1875-1933), XIII Dalai Lama, il primo a raggiungere la maggiore età dal VIII Dalai Lama 34 in poi, regnò nel momento del declino della dinastia Ching e della presa di potere dei nazionalisti cinesi, e, cosa più importante ancora, nel momento in cui vi poteva essere un apertura verso l’occidente da parte del Tibet. Egli andò in esilio per due volte: la prima nel 1904, con l’arrivo della spedizione Inglese comandata da Younghusband, che aveva il pretesto d’installare una missione commerciale a Lhasa (il vero motivo era di sorvegliare più da vicino le mire espansionistiche Russe e cinesi). Gli Inglesi entrarono attraverso il confine con il Sikkim ed un incidente causò una battaglia che in pochi minuti lasciò sul terreno più di 700 tibetani. Il Dalai Lama si rifugiò a Pechino e ritornò nel 1910, per ripartire di nuovo in esilio nel 1911 a Darjeeling, India, quando i cinesi tentarono di occupare il Tibet.25 Al suo ritorno egli proclamò l’indipendenza del Tibet, e subito dopo si scontrò con l’intransigenza del clero che non volle le sue innovazioni ed aperture verso l’occidente. Sembra che anche lui morì avvelenato per mano dell’opposizione. Il Tibet perse così l’occasione di entrare nella comunità internazionale come paese indipendente.26 25 Questa invasione dei cinesi non fu come quelle precedenti del 1720/28/50/92, su richiesta tibetana, ma rientrava nell’ottica coloniale della spartizione del mondo. 26 Il trattato di Shimla del 1914, non sottoscritto dalla Cina, stipulava quanto segue: “ Il Tibet costituisce una parte della Cina, comunque sia la Cina che l’Inghilterra s’impegnano a non annettere tutto o parte del territorio tibetano.” Una distinzione fu fatta fra il “Tibet esterno” che 35 L’incapacità politica di Thubten Gyatso è stata fatta risaltare più volte da storici Inglesi e cinesi: sembra che abbia passato molto tempo cercando rifugio prima in Mongolia , da dove fu allontanato, quindi in Cina, e infine corse a chiedere aiuto agli Inglesi che aveva combattuto prima. Naturalmente non fu ascoltato seriamente da nessuno. A causa della sua poca responsabilità politica gli fu anche levato temporaneamente il titolo di Dalai Lama dai cinesi. Le sue valutazioni politiche erano nulle, specialmente la speranza di un aiuto militare dalla Russia in quel momento occupata con guerre più serie. Il XIV Dalai Lama, Jampel Nawang Lobsang Yeshe Tenzin Gyatso, nacque nella regione dell’Amdo nel 1935. Il reggente Reting Rimpocè fu l’artefice del suo riconoscimento attraverso i segni che gli si mostrarono nelle acque del lago Lhamoi Lhatso, dove egli sedette in profonda meditazione; ad un certo punto apparvero tre sillabe sulla superficie del lago: AH-KA-MA; nella visione vide anche un monastero di tre piani, con tetti d’oro e di giada, ed un sentiero che conduceva ad un abitazione ai si governava da se e che non sarebbe stato rappresentato al parlamento cinese, e “Tibet interno” di cui le regole non sono state ben definite. “La scelta del Dalai Lama è di competenza esclusiva dei tibetani, e sarà notificata al governo cinese che attraverso il suo rappresentante a Lhasa conferirà il titolo che gli spetta secondo il suo rango.” 36 piedi di una collina , con il tetto fatto con tegole blu. Era il 1935, ed un anno dopo una delegazione partì alla ricerca del bambino che fu trovato nell’esatto posto descritto dalla visione. Già nella sua infanzia S.S. il Dalai Lama dovette arrivare di nascosto a Lhasa, sul trono che gli spettava di diritto. L’oracolo di stato venne consultato e consigliò d’insediarlo subito; così nel 1940, all’età di cinque anni, egli si ritrovò già seduto sul trono, anche se era il reggente a curare gli affari politici. Nel 1949, dopo la caduta del governo nazionalista cinese, i tibetani considerarono terminati i vincoli di alleanza provenienti dal periodo imperialista, e quindi invitarono i cinesi residenti in Lhasa a lasciare il paese; subito dopo il governo di Tchang Kai Chek annunciò la sua decisione di voler liberare il Tibet. Fu così che all’età di 15 anni al Dalai Lama furono conferiti i pieni poteri temporali e spirituali. In attesa dei risultati delle negoziazioni tra i rappresentanti del suo governo e il governo comunista cinese, il Dalai Lama si allontanò da Lhasa nel 1950, ma vi fece ritorno subito dopo sperando che i cinesi avrebbero mantenuto la promessa di lasciare l’autonomia al Tibet e la libertà di culto. Nel 1951 avvenne l’occupazione “pacifica” del Tibet con l’arrivo delle truppe cinesi. Nel 1959 i cinesi invitarono il Dalai Lama ad uno spettacolo culturale, dove egli si doveva presentare da solo, senza scorta. Il popolo tibetano lo 37 venne a sapere e si ammasso davanti al Norbulinka per vietare a Tenzin Gyatso di andarci. Il Dalai Lama scappò di notte travestito da laico per evitare un massacro, ed al suo posto venne messo un monaco che gli somigliava. Scortato dai fedeli Khampa, il 30 marzo attraversò la frontiera dell’India, in Assam. A Lhasa scoppiò una rivolta che venne brutalmente repressa dall’esercito di liberazione; fu con la rivoluzione culturale del 1966 di Mao Tse Tung che la repressione toccò il suo apice, con la distruzione di monasteri, uccisioni, trasformazione di monasteri in comunità agricole, sterilizzazioni etc....Assurdamente alcuni monasteri furono risparmiati dalla furia delle guardie rosse da Ciu En Lai. Il Dalai Lama si stabilì a Dharamsala, nello stato dell’Himachal Pradesh, India del Nord, nel 1960. Con lui 100.000 tibetani hanno scelto la via dell’esilio in India, Nepal e Buthan; in questo modo sono riusciti a ricostruire i principali monasteri, in cui le tradizioni religiose e culturali vengono tramandate fuori dal Tibet. Nel mentre, nel Tibet stesso si assiste ad un’alternarsi di periodi alle volte repressivi e alle volte più permissivi. Fino ad ora i tentativi del Dalai Lama di raggiungere un punto d’accordo con i cinesi circa un suo ritorno in un Tibet autonomo, non si parla neanche più d’indipendenza, sono risultati infruttuosi. indice 38 LE RELIGIONI DEL TIBET La religione bön27 La tradizione bön originariamente consisteva in un assortimento di cognizioni e pratiche magico rituali basate sul principio dell’interazione tra l’uomo, le forze esterne della natura ed il cosmo, invisibili alla percezione ordinaria ma di grande influenza e determinante nell’esistenza umana. Gli antichi bönpo avevano una profonda conoscenza della dimensione energetica dell’individuo e delle energie presenti nell’universo, personificate o dominate da una grande varietà di esseri non umani capaci di essere di beneficio oppure di disturbare l’uomo. Secondo la tradizione, ad un certo momento nel tempo queste cognizioni e pratiche rituali furono revisionate e codificate da Shen Rab Miwo Che, un maestro di Shang Shung, che in molti modi era simile ai grandi saggi e fondatori delle religioni del passato. Shang shung, la città dal quale i bön, regnavano sul Tibet ha origine antichissime, si parla di 2000 anni prima di Cristo. La sua localizzazione è creduta essere nella zone del Kailash, ed diversi esploratori recentemente ne rivendicano la scoperta ed alcuni di 27 bön: le informazioni in questo paragrafo sono state tratte dal libro: “Drung, Deu e bön; narrazioni, linguaggio simbolico nella tradizione bön del’antico Tibet” Namkai Norbu, ed. Shangshung 1991 39 essi ne fa di essa la mitica Shangrla. I bön regnavano sul Tibet, lasciando ampia autonomia politica poiché molte zone erano difficilmente raggiungibili. L’origine di questo popolo non è ancora determinata, si sa che avevano raggiunto una civiltà molto avanzata la cui distruzione incominciò con l’avvento del buddismo nel periodo di Songtsen Gampo e terminò nel periodo del V Dalai Lama quando tutto quello che era documentato venne completamente distrutto La tradizione religiosa bön era, quindi, presente in Tibet molti secoli prima della diffusione del buddismo, ed era molto probabilmente basata su elementi comuni all’eredità dello sciamanesimo pan-asiatico. Etimologicamente il termine “bön” deriva dal verbo “Bönpa”, recitare formule magiche, perché il potere che i suoi praticanti ottenevano derivava dalla recitazione dei mantra, sillabe o suoni con la capacità di influenzare certe dimensioni di energia. L’innovazione più importante nell’insegnamento di Shen Rab Miwo Che fu l’abolizione degli antichi sacrifici crudeli e l’adozione dell’uso di “effigi” di fango o burro per rimpiazzare le vittime umane o animali, una tradizione ancora mantenuta oggigiorno non soltanto nel bön ma anche in tutte le scuole del buddismo tibetano. Questa era la saggezza originale dei tibetani, che ha imbevuto tutti gli aspetti culturali e religiosi del Tibet. Dopo la diffusione del buddismo in Tibet e le susseguenti lotte e persecuzioni per tentare di eliminare 40 la tradizione bönpo, la religione bön si è trasformata e codificata in un canone di scritture molto simile a quello buddista, non differente nei principi filosofici e nelle pratiche rituali e meditative dalle altre scuole tibetane di tradizione buddista. Questa nuova corrente è conosciuta sotto il nome di “bön riformato” ed ancora adesso esistono monasteri e maestri appartenenti a questa scuola in Tibet, come anche fuori. Allo stesso tempo, negli insegnamenti buddisti tibetani sono stati incorporati vari elementi provenienti dalla tradizione bön, creando così una forma di buddismo particolare chiamata “buddismo tibetano” Il buddismo tibetano e le sue scuole Quando il buddismo raggiunse il paese delle nevi, in India era già passato attraverso varie fasi di evoluzione: dal tempo del Buddha Sakyamuni in cui l’accento era su forme di meditazione molto semplici per il controllo della mente nel contesto della vita monastica, i cui monaci dovevano provvedere alla sopravvivenza attraverso l’elemosina, nel corso dei secoli avevano avuto luogo vari concili che avevano dato origine ad un buddismo settario, diviso tra coloro che sostenevano di voler mettere in pratica le parole ortodosse del maestro e coloro che adottavano un punto di vista più moderato adeguandosi ai cambiamenti della società. Così nacquero in India le correnti Hinayana, piccolo veicolo, il 41 cui ideale era quello di praticare con molta assiduità per il liberarsi dalle proprie sofferenze, e il Mahayana, grande veicolo, che proponeva l’ideale del “Bodhisattva”, che aveva come motivazione quella di raggiungere l’illuminazione non soltanto per se stesso ma anche per portare allo stesso livello tutti gli altri esseri. Le due correnti avevano dato origine alla costruzione di monasteri, in India come anche a Sri Lanka, che coesistettero per diversi secoli; si era sviluppato una conoscenza teorica, filosofica e metafisica molto approfondita ed i monasteri godevano di grandi privilegi ed agi materiali. In reazione a questa forma di “imborghesimento” dei monaci si era sviluppata una nuova corrente, il Vajrayana, veicolo adamantino, che proponeva una serie di tecniche di meditazione che portavano all’illuminazione in una sola vita e che non richiedevano la rinuncia dalla vita quotidiana ma permettevano di fare uso degli ingredienti della vita comune come un mezzo per la trasformazione della mente. Nel periodo della diffusione del buddismo in Tibet, in India le tre correnti erano vive anche se vicine al loro tramonto. L’invito in Tibet del maestro Santarakshita aveva apportato soprattutto elementi del buddismo più scolastico, mentre l’arrivo di Padmasambhava, Guru Rimpocè, portò una nota più tantrica. Nel corso dei secoli, anche in Tibet, il buddismo subì varie trasformazioni che dettero origine a differenti scuole o 42 lignaggi d’insegnamento. Ancora oggi nel buddismo tibetano si trovano metodi e concetti filosofici di tutte e tre le correnti, anche se principalmente vengono praticati i metodi Mahayana e Vajrayana. La scuola Nyingmapa28 Questa scuola raccoglie gli insegnamenti diffusi da Padmasambhava, Guru Rimpocè, che arrivò in Tibet su invito dell’imperatore Trisong Detsen e fondò nel 799 il monastero di Samyè con la prima comunità monastica di dodici discepoli. I Nyingmapa assorbirono elementi sciamanici della vecchia religione bön, assimilando le divinità bön animiste come protettori del Dharma. Delle quattro scuole è quella che ancora oggi conserva un maggior carattere di magia nei suoi riti. I detentori di questa scuola non si mescolarono mai con faccende politiche, il che causò la loro poco notorietà fino all’arrivo del V Dalai Lama. La famiglia di quest’ultimo apparteneva al lignaggio Nyingmapa e perciò egli ne risollevò le sorti con la fondazione di due monasteri, quello di Mindroling e quello di Dorge Drak. Padmasambhava ebbe due consorti, una delle quali la tibetana Yeshe Tsogyal, insieme alla quale nascose, in posti segreti in Tibet ed in India, molti testi contenenti insegnamenti segreti e profezie che sarebbero stati 28 Nyingmapa: in tibetano significa vecchia, anziana 43 riscoperti nel momento opportuno in tempi posteriori. Questi testi sono chiamati “gterma” e i Nyingmapa contano tra i loro maestri molti “tertön”, scopritori di testi. Tipico di questa scuola è la pratica dello dzogchen, attraverso il quale, con pratiche yogiche, si realizza il corpo dell’arcobaleno al momento della morte e non si lasciano tracce di spoglie mortali dietro di se.29 Poiché questa scuola non fu coinvolta nelle politica, la trasmissione in questo lignaggio avviene principalmente da padre in figlio. La scuola Sakyapa Fu la prima ad essere fondata nella seconda diffusione del buddismo in Tibet. Essa si basa sugli insegnamenti dello yogin tantrico indiano Virupa, che furono portati in Tibet da Drokmi Lotsawa30. Nel 1073 Kunciok Gyalpo fondò il monastero di Sakya e ne fu il primo abate. Gli succedette Kunga Nyingpo il quale sviluppò una mescolanza di vecchi e nuovi tantra e la 29 Questo metodo chiamato “jangter”, letteralmente: il terma a nord, proviene da un insegnamento descritto in questo terma scoperto da un maestro chiamato Godemchen; è conosciuto per la sua semplicità, rapidità e efficacia per raggiungere la natura di Buddha; era specialmente diffuso nel XIV sec. nei lignaggi Godemchen, consistenti in linee di yogin Ngakpa per la maggior parte laici. 30 Lotsawa: in tibetano traduttore 44 sistematica analisi filosofica e logica tipica di questa scuola. I Lama Sakya furono famosi per le loro arti magiche e il loro potere politico. Sakyapandita e Pakpa furono personaggi politici potenti alla loro epoca. Dal loro monastero uscivano i lung-Gompa31. La scuola Sakyapa è principalmente una scuola monastica con l’accento sul raggiungimento intellettuale, benché essi siano specializzati nella pratica tantrica del Lamdre32, un sentiero tantrico che porta velocemente all’illuminazione. La scuola Kagyupa Lignaggio “della trasmissione orale” viene chiamata anche dei “berretti rossi”. Gli insegnamenti tramandati provengono dagli yogin tantrici indiani Tilopa, Naropa, Maitripa ed altri, trasmessi al tibetano Marpa Lotsawa di Lodrak (1012-1096) , che si recò per tre volte in India per riceverli e poi li tradusse e li trasmise ai suoi 31 Lung-gom: meditazione del vento, sistema di meditazione che viene fatto al buio completo per un lungo periodo di tempo, alla fine del quale i praticanti sono capaci di coprire distanze lunghissime in brevissimo tempo. 32 Lamdre: un sentiero tantrico basato sulla dottrina del sentiero (lam) e del frutto (dras) 45 discepoli tra cui il principale era Milarepa del Gung Thang (1040-1123)33. Ci permettiamo una piccola divagazione per raccontarvi la storia della vita di Milarepa che rimane tutt’ora un magnifico esempio di un uomo del tutto comune che attraverso la pratica ascetica raggiunse la Buddhità. Prima di diventare il famoso yogin, Milarepa ebbe una gioventù travagliata che lo portò fino all’uccisione dei suoi parenti; essi si erano impossessati dei beni lasciati loro in custodia da suo padre in punto di morte con la promessa da parte dello zio di restituirli a Milarepa al raggiungimento della maggiore età. La promessa non fu mantenuta, e la madre, risentita per questo torto, spinse il figlio ad imparare la magia per uccidere i parenti. Milarepa obbedì al volere della madre, ma in seguito fu preso dal rimorso per quello che aveva fatto e seguendo il consiglio del suo maestro di magia si mise alla ricerca 33 Mi la ras pa: Mila era il suo nome di famiglia, ras.pa significa “vestito di cotone” perché quella fu l’unica veste che indossò dopo che lasciò il suo maestro e si dedicò per tutta la sua vita alla pratica dello yoga; era uno specialista di “Tummo” una pratica che origina il calore interiore, e vestirsi solo di cotone oppure semplicemente nudo anche in posti freddissimi dimostrava la siddi (realizzazione) di questa pratica. Il tummo fa parte dei sei insegnamenti tantrici dati da Naropa a Marpa, chiamati i “sei yoga di Naropa”, che sono la crema del sentiero vajrayana; oltre al tummo vi è la pratica del corpo illusorio, lo yoga del sogno, la chiara luce, il bardo e il powa. 46 del maestro Marpa. All’inizio il loro incontro non fu dei più felici. Attraverso i suoi poteri di preveggenza, Marpa sapeva del suo passato e sapeva anche della connessione karmica con lui34. Lo sottopose a tutti i tipi di prove fisiche e psicologiche che portarono Milarepa sull’orlo del suicidio. L’unica persona ad aiutarlo fu la moglie di Marpa, Dagmema, che lo assistette con amore materno, fino al momento in cui Marpa gli diede gli insegnamenti tantrici che in seguito lo portarono alla realizzazione. Milarepa, maestro dei sei yoga di Naropa, visse nella zona di Nyalam, ed ebbe molti discepoli a cui insegnò nella maniera dei Mahasidda indiani, attraverso i canti spirituali, chiamati doha35. Due tra i suoi discepoli furono quelli più importanti per la discendenza del lignaggio: Reciungpa, uno yogin laico i cui insegnamenti sono tramandati nella scuola Drugpa Kagyu, e Gampopa, un monaco Kadampa (1079-1153) da cui discende il lignaggio Karma Kagyu. Il principale discepolo di Gampopa fu 34 Connessione karmica: essa indica un legame con qualcun’altro proveniente dalle vite passate. 35 Doha: un metodo d’insegnamento in cui il maestro esprime i suoi concetti e le sue comprensioni in canti poetici. Insieme con la biografia di Milarepa vi è una raccolta chiamata “I Centomila Canti di Milarepa”, scritta da Tsang Nyong Heruka, in cui vengono narrati gli incontri e l’interazione con i principali discepoli nel corso dei suoi lunghi viaggi. Questa raccolta è tradotta e pubblicata da Franco e Kristin Pizzi, ed. Rassegna Culturale J.M, 1989. Roma 47 Dusum Kyempa (1110-1193), il primo Karmapa. Il lignaggio dei Karmapa è rimasto intatto fino ai giorni d’oggi con il XVII Karmapa, Oghien Trinle, riconosciuto nel 1992 come reincarnazione di Rangjung Rigpei Dorge (1924-1981) deceduto a Rumetriek, la sua sede in esilio in Sikkim, India del Nord. Il XVII Karmapa viveva nel monastero di Tsurphu, nella valle di Tölung 1998). Nel gennaio del 2000, il giovane karmapa scappa dal monastero di Tsurpu per rifugiarsi a Dharamsala. La sua fuga è stata giustificata dalla necessità di stare vicino al suo lama, per poter progredire nei suoi studi, ma, oltre ad essere poco chiara, ha creato notevole imbarazzo per il governo indiano, che ancora non ha concesso l’asilo politico, e per il governo tibetano in esilio. Per il momento è relegato in un monastero Gelugpa in Dharamsala e non ha il permesso di muoversi se non guardato a vista dai servizi di sicurezza indiani. Oltre ai Drugpa Kagyu e i Karma Kagyu, il lignaggio Kagyu ebbe altri rami, come i Drigung Kagyu, i Taklung Kagyu, ed altri meno importanti, ognuno con un lignaggio di discendenza specifico. Tutte queste scuole mettono l’accento sulla pratica di meditazione, ed hanno instaurato una tradizione di un ritiro di tre anni, tre mesi e tre giorni, come un periodo per imparare tutte le tecniche di meditazione. Nel passato gli yogin meditavano da soli, nelle grotte in montagna, ma l’istituzione del ritiro serve allo scopo pratico d’istruire molti aspiranti maestri in una volta. Il punto di vista filosofico su cui si basano gli 48 insegnamenti Kagyupa è quello della Mahamudra36, il grande sigillo, l’unione della verità ultima e relativa. La scuola Ghelugpa Conosciuta anche come i “Berretti Gialli”, fu l’ultima ad essere fondata in Tibet . Si originò da Tsonkhapa37 (1357-1499), un fervente seguace della scuola Kadampa, portata in Tibet da Atisha. Tsonkhapa si presentò sulla scena in uno dei tanti momenti di degenerazione del clero. Egli impose una rigida disciplina, fece indossare i berretti gialli per distinguere i suoi monaci da quelli Kagyupa che indossavano berretti rossi, ed impostò la nuova scuola dei Ghelugpa (la scuola dei virtuosi) sulla disciplina monastica, sullo studio della filosofia e sul dibattito. Egli fondò il monastero di Ganden nel 1409, ed i suoi discepoli fondarono, in seguito, i monasteri di Sera e Drepung, che divennero vere e proprie città monastiche ospitanti più di 5000 monaci. Tsonkhapa non immaginava di certo che la sua scuola sarebbe diventata la più importante a livello politico, attraverso la successione dei Dalai Lama fino ai giorni nostri. Come abbiamo visto, i Ghelugpa mettono più l’accento sullo studio, e i monaci di questa 36 Mahamudra: in tibetano ciak-ghya-cempo; letteralmente il grande sigillo. 37 Tsonkhapa: lett.” Della regione delle cipolle.” 49 scuola ottengono il titolo di geshe38 dopo aver studiato per vent’anni. È solo dopo un lungo studio che gli viene aperta la porta della meditazione tantrica. Il punto di vista filosofico maggiormente seguito nella scuola Ghelugpa è la mahamudra. Il cristianesimo39 Il cristianesimo fece una breve apparizione sul Tetto del Mondo nel XVII sec.. con il gesuita portoghese Antonio De Andrade (1624). Egli diede l’avvio ad una comunità cristiana nel regno di Guge dove creò una missione con l’appoggio del re e della regina e dove costruì anche una chiesa cristiana; la missione sembrò fiorire fino al 1630 a tal punto che i lama buddisti, vedendo la loro influenza diminuire, chiesero l’aiuto all’esercito del Ladakh per destituire il re, chiudere la missione e distruggere la chiesa. La destituzione del re della vecchia dinastia di Guge segnò la fine di questo regno. Nel 1712 Ippolito Desideri ritornò in Tibet alla ricerca della missione fondata da De Andrade, ma sembra che fu più interessato a restare a Lhasa, dove imparò il tibetano e tradusse la Bibbia in tibetano 38 Geshe: corrisponde più o meno ad un nostro professore di filosofia. 39 Ved Charles Allen, op cit Pag 37 a 39 e da 41 a 54. 50 piuttosto che andare a cercare la missione della quale comunque non si seppe più nulla. Egli rimase a Lhasa fino al 1721 dove incontrò il Lhazang Khan e gli fu dato il permesso di parlare ed evangelizzare liberamente. Non trovò nessuna comunità cristiana in Tibet né tentò di crearne una. Quando lasciò il Tibet portò con se le sue note che diedero origine ad un libro molto interessante, trovato tra i suoi documenti dopo la sua morte nel 1875 nella libreria di un cavaliere Italiano di Pistoia. L’islam Una piccola comunità musulmana risiede a Lhasa sin dal periodo del V Dalai Lama. indice 51 IL POPOLO TIBETANO Tradizionalmente si può dire che la popolazione tibetana è divisa in due categorie: i nomadi, che vivono di pastorizia e si spostano nell’arco dell’anno dai pascoli più alti in montagna l’estate ai terreni più soleggiati in inverno. Essi vivono in tende di pelo di yak tessuto in strisce e cucite insieme; la loro dieta consiste soprattutto di tsampa (farina di orzo abbrustolita) mangiata in vari modi, latte, formaggio di yak, (piccole rondelle seccate al sole ed estremamente dure da mangiare se non sciolte nelle zuppe) o ad altri tipi più somiglianti ai nostri formaggi affumicati, burro e carne soprattutto secca sempre di yak o di pecora. La loro bevanda principale è il tè al burro, che più che ad un tè assomiglia ad un brodo, molto nutriente per le altezze a cui vivono. La bevanda alcolica tradizionale è il chang, birra di orzo fermentato. L’altra parte della popolazione tibetana si dedica maggiormente a due tipi di attività: l’agricoltura ed il commercio. L’agricoltura si basa soprattutto sulla coltivazione dell’orzo, la base per la tsampa, oltre al grano, gli ortaggi e le patate in differenti zone del Tibet. popolo Il commercio è una grossa fonte di guadagno del tibetano. Da secoli i tibetani sono abili 52 commercianti ed è raro trovare una famiglia senza neanche un commerciante. Per tradizione un figlio o una figlia veniva donato ad un monastero, in teoria per l’accumulazione di karma positivo che maturerà nelle vite future, ma più realisticamente per questioni economiche. Un tibetano mi diceva che solitamente questa sorte toccava a quello meno dotato, mentre gli altri venivano indirizzati verso il commercio o l’amministrazione delle terre. Così era per le famiglie più abbienti, mentre per le altre donare un figlio al monastero era una questione di sopravvivenza oltre ad una questione di prestigio: al figlio veniva offerta la possibilità di un istruzione religiosa ed egli acquistava lo status del monaco che ancora oggi viene considerato come un livello elevato. Il commercio era sviluppato soprattutto verso Sud con il Nepal, e da qui fino al Bihar e il Bengala. I viaggi d’affari verso il Sud erano allo stesso tempo motivo di pellegrinaggio in luoghi sacri al buddismo: in Nepal a Boudhanath, Swayamunath e Lumbini- luogo di nascita del Buddha Sakyamuni-, in India a Sarnath luogo del primo insegnamento del Buddha- a Bodhgaya luogo dell’illuminazione del Buddha- e Kushinagar, luogo del para-nirvana del Buddha. Ad Est il commercio era sviluppato con la Cina, da cui importavano soprattutto tè e broccati. Recentemente la popolazione tibetana si è dovuta adattare alle richieste dell’occupante cinese che 53 ha cercato di trasformare questo paese feudale in uno di tipo socialista; quindi molti tibetani sono stati costretti a lasciare la vastità delle loro valli per lavorare nelle officine cinesi, alla costruzioni delle strade e in tutti quei generi d’impieghi che fanno parte di una civilizzazione moderna. Anche se il progresso importato dai cinesi non è stato soltanto di svantaggio ai tibetani, ha interrotto l’integrità di una cultura che come tutte le altre aveva il diritto di scegliersi le proprie vie di sviluppo e la popolazione cinese immigrata in Tibet, che a detta del governo tibetano in esilio di Dharamsala, supera oramai quella tibetana, ha tolto al Tibet la sua caratteristica di omogeneità ed ha creato il problema della fusione delle due culture e la perdita dell’autenticità da una parte per i tibetani, e il discontento per la popolazione cinese che stenta ad adattarsi nel contesto culturale e fisico del Tibet. Guardando più da vicino queste cose ed ascoltando alcuni amici tibetani, (1999-2000) le cose cambiano rapidamente anche in questo ambito . In effetti alcuni conoscenti mi dicevano che oramai le nuove generazioni tibetane e quelle cinesi tendono verso l’integrazione l’una dell’altra. Il tibetano medio, quello che vive nella campagna o il pescatore non ha più interesse nella lotta per l’indipendenza ma pensa alla propria sopravvivenza. Certo, nella loro vita almeno una volta vogliono incontrare il Dalai Lama, e sembra che oramai i permessi vengono dati facilmente per chi vuole viaggiare in India. 54 Il matrimonio: varie sono le forme di matrimonio in Tibet, ancora conservate ai giorni nostri. La monogamia è praticata nella regine dell’Amdo, la poliandria e tuttora praticata in molte zone del Tibet, all’eccezione delle grandi città. La poligamia, oramai in disuso, era praticata dai Re o dalle famiglie potenti per conservare le loro proprietà. Un mio amico mi diceva che nelle città, come Lhasa, i giovani tendono a sposare chi vogliono e non sono difficili i matrimoni fra le due etnie. La morte ha sempre avuto un ruolo importante nella cultura tibetana. La credenza nella reincarnazione ha spesso influenzato le attività giornaliere del popolo del paese delle nevi, la credenza nella legge di causa ed effetto, alla base della filosofia buddista, porta ad una condotta meritoria nella vita quotidiana. Al momento della morte vengono eseguiti dei rituali per la guida del principio cosciente del defunto attraverso i 49 giorni di bardo40. I rituali possono essere più o meno ricchi a seconda delle possibilità economiche della famiglia del defunto. Il tipo di funerale più usato è quello “dell’aria”. Il corpo viene portato in appositi posti, e sezionato. I resti vengono lasciati in pasto alle belve o agli uccelli. Altro metodo è quello di gettare il cadavere in un fiume, o la cremazione se si tratta soprattutto di lama. indice 40 Bardo periodo intermedio fra la morte e la nuova rinascita 55 OGGETTI RITUALI E DIPINTI Una breve introduzione agli oggetti rituali ed ai più comuni dipinti che si trovano nei monasteri può essere interessante per i clienti che di solito si attardano per le foto e che non seguono le spiegazioni della guida. Arrivando ad un monastero la prima cosa che colpisce è una ruota dorata con otto raggi fiancheggiata da due gazzelle sul tetto, indipendentemente dalla scuola di appartenenza della Gompa stessa. La ruota rappresenta la diffusione della dottrina (chiamata dharma), e gli otto raggi all’interno di essa indicano “l’ottuplice sentiero”41, insegnamento del Buddha Sakyamuni; poiché questo insegnamento fu dato nel parco dei cervi a Sarnath, Benares, ritroviamo le due gazzelle. Ogni Gompa al suo interno è strutturata in modo da rendere omaggio ai tre luoghi di rifugio: il Buddha, il Dharma e il Sangha. Il Buddha è simboleggiato dalla statua di Sakyamuni, normalmente posta sull’altare principale; 41 Ottuplice sentiero: questo insegnamento del Buddha spiega: la giusta visione, il giusto pensiero, la giusta parola, la giusta azione, il giusto modo di sussistenza, il giusto sforzo, la giusta consapevolezza e la giusta concentrazione. 56 Il Dharma è mostrato dai volumi del Kangyur e Tengyur, gli insegnamenti del Buddha ed i commentari ad essi, disposti generalmente in scaffali che ricoprono le pareti laterali Il Sangha è rappresentato dalla comunità monastica residente nella Gompa; mentre quello che viene definito il “Sangha Supremo” sono i dipinti o le statue onnipresenti in tutti i monasteri dei “Rig Sum Gönpo”, i signori delle tre famiglie, solitamente disposti come segue: Al centro Cenresig, Avalokitesvara, bianco, il Bodhisattva della compassione, seduto nella posizione del loto, con quattro braccia, due delle quali, con le mani giunte sul petto, stringono un gioiello, la rappresentazione della mente pura; nella mano destra tiene un mala, (rosario), nella sinistra un loto. Alla sua destra Jampel Jang, Mangiushri, rosso, il Bodhisattva della saggezza; nella sua mano destra impugna una spada fiammeggiante, simbolo del tagliare le oscurazioni della mente, nella sinistra un loto sul quale è posato un testo. Alla sua sinistra Chag Na Dorge, Vajrapani, blu, il Bodhisattva del potere; egli è in piedi ed in un atteggiamento irato; nella mano destra stringe un Dorge. . 57 Molto spesso si vedono, su piccoli tavolini usati per i rituali, i seguenti strumenti: una campana, un Dorge, un damaru, una o due kapale ed una mala. Il significato di questi strumenti è molto profondo e complesso; qui daremo la spiegazione più facile da tenere a mente: La campana, simbolizza il principio femminile, la saggezza Il Dorge, il principio maschile, il mezzo; all’inizio di ogni rituale vengono presi il Dorge con la mano destra e la campana con la sinistra e incrociati sul petto a ricordare l’unione sessuale, base del tantrismo, per raggiungere la conoscenza della mente nel suo stato puro. Il damaru, un piccolo tamburello usato per richiamare le divinità. Kapala: tradizionalmente era una calotta cranica ora sostituita con contenitori della stessa forma ma in ottone o altri metalli. Normalmente, anch’essi oggetti appartenenti al tantrismo, sono nel numero di due e contengono una del tè, simbolo del sangue mestruale, e l’altra del chang (birra tibetana bianca), a ricordare il seme maschile. Mala, rosario di 108 semi. Quando si sgrana il mala recitando i mantra, bisogna pensare che ognuno dei semi è la divinità a cui ci si rivolge; quindi il mala viene considerato un oggetto molto personale e sacro. 58 Sulle pareti, tra gli altri dipinti, di solito ve n’è uno strutturato a forma di albero, al centro del quale vi è un Lama circondato da altri Lama; questo dipinto indica il lignaggio di appartenenza del monastero. Thangka : Dipinti su tela contornati da broccati di vari colori; nei monasteri se ne trovano decine appesi sui muri. Questi dipinti raffigurano differenti divinità, dei mandala oppure dei maestri; sono facilmente arrotolabili e permettevano al praticante o ai devoti nomadi di portarli con se dovunque andavano. Esiste una particolare tradizione per fare thangke ricamate invece che dipinte, in cui vari pezzi di seta vengono cuciti insieme, simile ad un patchwork o ad un lavoro di “appliqué”. Questo tipo di thangka, chiamato “gocen thangka”, viene utilizzato soprattutto in occasione delle feste rituali in cui un thangka enorme viene srotolato davanti agli spettatori. Mandala : I mandala possono essere dei dipinti su muro, su thangka, fatti con sabbie colorate su grosse pietre rotonde, che si trovano all’interno dei monasteri, costruiti appositamente in occasione di un particolare rituale, oppure rappresentazioni tridimensionali di legno, o altro materiale, del mondo delle divinità. Sui mandala gli occidentali hanno spaziato in lungo e largo, dando ogni sorta d’interpretazione. Brevemente il mandala rappresenta l’universo della divinità al quale è dedicato. Ve ne sono di differenti forme; circolari, quadrati o triangolari. 59 Sull’altare si trovano vari tipi di offerte. Le ciotole di offerte sono dei contenitori di acqua nel numero di sette con al centro di esse una ciömè (lampada a burro). Esse vengono riempite ogni mattina con acqua pura e svuotate la sera. Ogni ciotola rappresenta un diverso tipo di offerta di piacere sensuale per le divinità: acqua da bere, acqua da lavarsi i piedi, fiori, incenso, luce, profumo, cibo e musica. L’origine di questa usanza è indiana, poiché un ospite, in questo caso la divinità, veniva trattato con questo tipo di premure al suo arrivo. Le torme sono offerte fatte di tsampa e ricoperte di burro; alcune sono ornate con fiori fatti anche essi di burro; possono essere di varie dimensioni e forme; alcune sono offerte giornaliere, altre sono fatte appositamente in occasione di un particolare rituale. Le torme vengono considerate come cibo per le divinità, gli spiriti o i demoni. Le divinità: La ricchezza delle immagini nel panteon buddista può originare confusione o malintesi per noi occidentali abituati a rappresentazioni più sobrie, e mi sembra quindi necessario dedicare qualche linea per mettere un pò di ordine. Con divinità intendo le rappresentazioni di Yidam, divinità di meditazione, e dei Protettori con il loro seguito. Gli Yidam rappresentano un aspetto della mente pura raffigurata sotto sembianze di un Dio; non sono quindi da considerare come entità realmente esistenti in forma solida, ma la loro immagine deve “essere capita” 60 come un indicazione di un particolare aspetto della mente pura. Così tra le divinità pacifiche troviamo Cenresig, come simbolo della compassione, Tara, come simbolo della gentilezza e dell’amore, Mangiuscri, come simbolo della saggezza etc....Più che le divinità pacifiche si è colpiti da quelle di aspetto irato, con un grande dispiego di sangue, calotte craniche, teste tagliate etc... non è questo il posto per entrare in dettaglio, ma basta pensare che ognuna di questi attributi si riferisce all’eliminazione o distruzione di una particolare negatività, e quindi rappresenta un passo in avanti sul sentiero spirituale. Le divinità di meditazione sono spesso rappresentate in Yab-Yum, unione di aspetto maschile e femminile. Piuttosto che lasciarsi andare ai particolari “spinti” di queste immagini, bisogna interpretarli come facenti parte di sistemi di visualizzazione e meditazione molto elaborati appartenenti al tantrismo, dove il sesso, visualizzato oppure praticato realmente, è considerato come un mezzo per trascendere il modo di funzionare abituale della mente. I Protettori sono delle rappresentazioni particolarmente feroci, che potrebbero anche incutere paura se uno non sapesse che il loro potere e la loro forza servono a distruggere tutto ciò che è nemico o ostacolo alla via spirituale; di conseguenza queste immagini così potenti divengono amici lungo il sentiero. indice 61 FESTIVAL RELIGIOSI Tradizionalmente ogni monastero ha una sua particolare festività nel corso dell’anno durante il quale vengono eseguite “danze religiose” chiamate “chams”, eseguite dai monaci vestiti con abiti di broccato e grandi cappelli. Il ritmo delle danze viene scandito dai tamburi ed i cimbali. Sono danze molto lente di cui ogni passo ha un significato simbolico. Molto spesso vengono rappresentate scene della vita di Guru Rimpocè (in questo caso la festa è chiamata “tse ciu” (festa del decimo giorno perché ogni decimo giorno del mese tibetano è dedicato a Guru Rimpocè). Altro tema molto ricorrente dei chams è la danza dei “Shia Nak”, cappelli neri, che rappresenta l’uccisione del re Langdarma da parte di Pelgy Dorge. Frequentemente ci sono anche danze collegate con il protettore Mahakala, come per esempio le danze di fine anno chiamate “Gu Tor” in cui una gigantesca torma che simboleggia le influenze negative dell’anno trascorso viene distrutta per eliminare gli ostacoli. Oltre alle chams di ogni monastero vi sono una serie di altre feste rituali in vari periodi dell’anno. indice 62 ARRIVIAMO SUL TETTO DEL MONDO! LHASA E DINTORNI Per entrare nel Tibet vi sono molte strade che attraversano passi altissimi, le stesse che venivano usate dalle carovane, dai Gesuiti o dagli esploratori inglesi, oggigiorno sono tutte precluse per noi occidentali, quindi la più facile, che noi utilizzeremo, è il volo aereo da Katmandu a Lhasa. Un volo spettacolare di circa un’ora sull’Himalaya ci conduce a Lhasa, all’aeroporto di Gonkar, ad un’altezza di 3600 metri. Le pratiche di entrata nel paese sono lunghe e noiose, e se si vuole avere un carrello per i bagagli bisogna pagare. Lhasa dista due ore di macchina dall’aeroporto. Inizialmente si costeggia lo Tsangpo, si attraversa il ponte di Chakzam42, e si prosegue costeggiando, più avanti, la sponda del fiume Kyiciu43. Lungo la strada l’unico punto interessante dove soffermarsi è il Drolma Lhakhang, a 20 km. da Lhasa. CHAKZAM 42 Chakzam: ponte di ferro; di questo famoso ponte , il primo in ferro costruito in Tibet, sono rimaste solo le rovine; ora vi è un ponte moderno, sorvegliato dalle guardie armate cinesi. 43 Kyiciu: lett. significa”fiume della felicit{” 63 Il ponte di ferro che attraversava il fiume Tsangpo fu costruito 650 anni addietro da Tangtong Gyalpo, famoso yogin e tertön 44 della scuola Nyingmapa, passato alla storia, più che per i suoi poteri spirituali, per la sua ingegnosità nel costruire ponti sorretti da catene di ferro. Tangtong Gyalpo si recò in Bhutan alla ricerca di questo prezioso metallo e lo ottenne in cambio della costruzione di otto ponti per il governatore del Bhutan. Gli si attribuiscono 108 ponti di cui uno in questa zona. A Sud del ponte vi era la sua residenza principale, la Gompa di Chakzam Ciuwo Ri45, costituita dal Labrang e dal Dukhang, e da un edificio più ampio che era la sua residenza. Il Ciörten46 che si trova all’estremità del ponte contiene le sue reliquie e una sua immagine, custodita nella cappella sulla punta. Il ponte è dominato dalla montagna Ciuwo Ri. Sul fianco di questa montagna vi sono 108 fonti di acqua termale; sono stati costruiti 108 eremitaggi, dove si dice che 108 yogin hanno raggiunto il risveglio dopo che questo posto era stato benedetto da Padmasambhava. La grotta dove quest’ultimo ha vissuto, una delle sue 8 grotte di meditazione, è situata sulla cima della 44 Tertön: persone che hanno il potere di ritrovare testi nascosti da Padmasambhava e dalla sua conserte Yeshe Tsogyal, normalmente appartenenti alla scuola Nyingmapa. 45 Ciuwo Ri: la montagna dell’acqua calda 46 Ciörten: termine tibetano per “Stupa” 64 montagna, ed è chiamata ”Namkhading” (fluttuante nel cielo). Da questo posto incominciò la crociata contro il buddismo condotta da Langdarma, ultimo re della dinastia di Yarlung. DROLMA LHAKHANG A 20 km. da Lhasa si trova il complesso monastico di Nyethang, di cui l’unica costruzione che fu risparmiata per volere di Ciu En Lai è il Drolma Lhakhang.47 La fama di questo monastero è dovuta al famoso maestro Bengalese Atisha che vi risiedette dal 1042 al 1054, anno della sua morte. Nel periodo in cui risiedeva a Guge, Dromtön lo invitò in Tibet per 47 Drolma Lhakhang: Monastero di Tara, divinità femminile pacifica che neutralizza tutti gli ostacoli alla vita e tutte le paure. Benchè ci sono immagini di molti differenti aspetti di Tara, quelli più ricorrenti sono Tara verde e Tara bianca, sedute rispettivamente nella posizione del Bodhisattva e nella posizione del loto. La leggenda dice che Tara era una principessa di nome Dawa, luna, che volendo divenire un Buddha si presentò davanti ad un assemblea di saggi esponendo il suo desiderio. Le fu detto che ciò a cui aspirava era molto elevato, e siccome lei era in possesso di un corpo femminile e quindi inferiore, doveva aspettare la prossima reincarnazione per poter realizzare il suo scopo. Lei replicò dicendo che a livello ultimo non esiste nessuna differenza di sesso e quindi continuò la sua strada fino alla realizzazione; fece il voto di eliminare tutte le paure degli esseri manifestandosi sempre in una forma femminile. Tara o Drolma in tibetano lett. significa” liberatrice” 65 risollevare le sorti di un ennesimo periodo di decadenza, e Atisha vi restò fino alla morte. Il tempio di Drolma fu costruito in questo periodo. Si accede al monastero attraverso un piccolo e simpatico giardino sui i cui lati vi sono le abitazioni dei pochi monaci rimasti; l’edificio è costituito da tre camere e le mura della Gompa sono decorate con affreschi che rappresentano Atisha con i suoi due discepoli più vicini, Dromtön e Naktso Lotsawa. Inoltre si può ammirare un affresco del Buddha Sakyamuni fiancheggiato dal Bodhisattva Jampa (Maitreya) e Jamyang (Manjugosha). I quattro guardiani48 sono rappresentati da statue risalenti alla costruzione del monastero. All’interno le tre camere sono connesse tra di loro: - La prima, il Namgyal Lhakhang, contiene due stupe; una di esse contiene pezzi di vestiti di Atisha, l’altra reliquie di Marpa; si può ammirare anche una statua di Atisha in terra cotta, dove egli, a quanto si dice, è rappresentato com’era. 48 Quattro Guardiani: sono le rappresentazioni di quattro re mitici che proteggono l’universo nelle quattro direzioni; essi sono rappresentati sui muri d’ingresso in tutti i monasteri; in questo caso sono delle statue disposte come segue: ad Est, Dhritarashtra, di colore bianco, tiene un liuto nelle mani; a Sud, Virudhara, di colore blu, con la spada; a Nord, Virupaksha, di colore rosso, con uno stupa; ad Ovest, Vaishravana, di colore giallo, con una mangusta. 66 - La seconda, il Drolma Lhakhang, dà il nome al monastero perché Drolma era la divinità personale di Atisha. Le statue delle divinità coprono tre lati della stanza, circondando la statua di Jowo Sakyamuni (XI sec.). Si dice che vi era anche una statua di Drolma parlante, che era considerata la reliquia più importante del posto; ora è sparita e sostituita da un vaso contenente le ossa di Atisha. Dal lato opposto è rappresentato il discepolo Dromtön, e sembra che egli ascolti il suo maestro. - Nella terza, il Tsepame Lhakhang49 troviamo il trono di pietra su cui sedeva Atisha per dare insegnamenti. La stanza contiene i Buddha dei tre tempi50, circondati dagli otto discepoli più vicini di Sakyamuni. Uscendo si trovano due piccole stupa, l’una contenente ancora reliquie di Atisha, l’altra i vestiti di pelle del suo discepolo Dromtön. Inoltrandosi nei campi dall’altra parte della strada, con la guida di un monaco, si può visitare la stanza con le due enormi stupa contenenti reliquie del maestro a destra e del discepolo a sinistra. 49 Tsepame: sanscrito Amitayus, il Buddha che dona l’immortalit{. 50 Buddha dei tre tempi: Troveremo spesso statue rappresentanti il Buddha del passato, Dipankara, il Buddha del presente, Sakyamuni, e quello del futuro Maitreya; quest’ultimo è facilmente riconoscibile perché spesso è seduto su una sedia, e perché nei capelli si vede uno stupa. 67 ARRIVO A LHASA Si prosegue per 17 km. costeggiando il fiume Kyiciu, e tra poco, arrivando nella fertile pianura dove il Kyiciu confluisce con il Tolung, vedremo i tetti dorati del Potala adagiato sulla collina di Marpo Ri, gli stessi tetti che hanno lasciato senza fiato i carovanieri Mongoli, indiani e Nepalesi, i mercanti del Baltistan che si riunivano in questa valle nelle stagioni destinate al commercio, gli esploratori, e forse, per un attimo, anche i soldati degli eserciti di occupazione. Lhasa era conosciuta dal tempo di Songtsen Gampo che la fondò come Ra-sa, la terra delle capre. Il nome derivava dalle capre che trasportarono la terra per prosciugare il lago dove sorse il Jokhang; si trasformò poi in Lhasa, la terra degli dei. Il Potala, costruito dal V Dalai Lama, con i suoi tetti d’oro fiammeggianti al tramonto, divenne per il popolo nomade del Tibet la dimora del Bodhisattva Cenresig, la meraviglia del Tibet, il luogo di pellegrinaggio per eccellenza. Per noi, entrare in Lhasa oggi è un pò deludente. La città cinese ci attende con i suoi grandi viali deserti, costeggiati da squallidi edifici in cemento; il traffico è ordinato ma poco consistente per delle strade così grandi. La delusione dura finché non si raggiunge la zona del Jokhang: sulla piazza antistante e sul barkhor vi è un’esplosione di colori, bancarelle tibetane, profumo di 68 ginepro che si leva continuamente dai sangkhang51. In queste stradine s’incontrano i fieri Khampa, guerrieri e briganti di tradizione che si aggirano con i lunghi capelli intrecciati in fili di seta, con pugnali ciondolanti alle loro cinture, con i visi segnati dal sole e dal vento. Le loro donne sorridenti e giocose vendono oggetti ai turisti. S’incontrano i pellegrini venuti da lontano prosternandosi ogni tre passi per tutto il percorso del loro viaggio, monaci che fanno rituali di ciod52 in mezzo alla folla come mezzo di sostentamento. Questa è la vera Lhasa, dove con la fantasia dobbiamo vivere i tempi andati di questo paese. Fortunatamente, i cinesi sono poco numerosi in questo luogo sacro e persino la polizia rimane tranquilla davanti ad eventuali reazioni violente alle loro provocazioni. 51 Sangkhang: costruzione semi conica che serve per bruciare ginepro in offerta agli dei e per purificare l’ambiente; se ne trovano spesso all’entrata dei monasteri. 52 Ciod: rituale in cui si offre simbolicamente il proprio corpo alla divinità, con lo scopo di superare la credenza nella realtà di un Io. Una volta questo rituale era praticato nei cimiteri. Proveniente da un maestro indiano Padampa Sangye dell’XI sec., il rituale fu trasmesso a Ma Cik Lab Drön, yoghini tibetana, che lo elaborò creando una pratica tipicamente tibetana. 69 JOKHANG53 Secondo la tradizione locale il Tibet è un grande mandala il cui centro è la città di Lhasa; quest’ultima è a sua volta un mandala ed il suo centro è il Jokhang. Quindi il Jokhang è il luogo sacro per eccellenza in Lhasa, ancora di più che il Potala. Vi si accede da una bella e grande piazza lastricata, (ora in rifacimento, agosto 2000) anch’essa disseminata di bancarelle, e già dall’inizio si intravedono devoti tibetani che si prosternano davanti al monastero. Il tempio è circondato dal barkhor54, una strada di forma quadrata di 1 km. che racchiude il Muru Nyingba, la vecchia sede dell’oracolo di stato, e le case della vecchia nobiltà. Gli sangkhang, situati nei quattro punti cardinali, sono alimentati continuamente dai tibetani con offerte di ginepro il cui fumo profumato ci accoglie entrando nella piazza. Davanti all’ingresso principale del 53 Jokhang: letteralmente la casa di Jowo; quest’ultimo rappresenta il Buddha Sakyamuni all’et{ di dodici anni, nella postura della meditazione. A differenza delle statue del Buddha Sakyamuni, Jowo è ornato con gioielli e tiene una ciotola nelle mani giunte in grembo. 54 Lingkhor, barkhor, nangkhor: significano rispettivamente “cerchio esterno”, che una volta delimitava il perimetro di Lhasa, “cerchio intermedio”, che delimita l’area esterna del Jokhang, e “cerchio interno” che delimita il tempio stesso. 70 tempio, un salice piangente rappresenta i capelli del Buddha (Jowo U Tra) ed al suo fianco vi è la stele di pietra sulla quale è inciso il trattato di pace del 822 stipulato tra il re Ralpacen ed i cinesi a seguito della loro prima occupazione del Tibet. Lateralmente un’altra stele fu eretta nel 1794 dai cinesi, su cui viene spiegato come curarsi dal vaiolo; su di essa è visibile una cavità formata dallo sfregare delle teste dei tibetani i quali credevano che la stele stessa fosse la medicina. Il Jokhang fu costruito per volere del re Songtsen Gampo per ospitare la statua del Jowo55 portatagli in dono dalla consorte Nepalese Bhrikuti. Il luogo per la costruzione del Jokhang fu scelto dalla principessa cinese, seconda consorte del re, esperta in geomanzia. Dice la leggenda che essa lanciò un anello che cadde al centro di un laghetto dal quale si manifestò spontaneamente uno stupa bianco. Il lago fu prosciugato in parte; sembra che ancora oggi, sotto il cortile principale del Jokhang vi sia dell’acqua. Atisha dimorò in questo posto nel XI sec.., e da quel momento divenne il posto più sacro di Lhasa. 55 Jowo: inizialmente la statua che risiedeva nel tempio era quella donata dalla principessa Bhrikuti; sembra che dopo la morte del re la statua fu sostituita con quella della principessa Wencheng che era ospitata a Ramoche. Questa statua apparentemente fu regalata da un re bengalese all’imperatore cinese e portata in Tibet dalla capitale dell’imperatore Tang. Si dice che l’originale fu portato via durante il saccheggio di Lhasa per mano degli invasori Dzungar nel 1717. 71 Entrando dalla porta principale si passa sotto la campana presa dal convento dei cappuccini di Lhasa quando quest’ultimo fu distrutto nel 1745. Il piccolo corridoio è affrescato con divinità protettrici, divinità dell’acqua, della terra, etc...Procedendo si entra nel Chökhang, al cui centro troneggia una statua di Padmasambhava e una di Sakyamuni Buddha. Sulle pareti si aprono ventiquattro cappelle, protette da grate di ferro. Dietro l’altare principale si trova il sancta sanctorum: “la statua di Jowo”. La statua, che sia l’originale o meno, è di una raffinata bellezza, ed è fiancheggiata da due leoni di argento donati da uno sconosciuto imperatore cinese. Essa rappresenta il Buddha in età giovanile, i suoi abiti sono tempestati di pietre preziose e sembra che l’aureola che adorna la testa sia stata fatta dall’artista Nepalese Arnico nel XIII sec.. Nel centro del tempio, il cui tetto è fatto da una cupola dorata, vi è la statua di Cenresig a undici teste. Questa è stata la prima statua consacrata nel tempio e sembra che contenesse lo spirito di Tamdrin, di Songtsen Gampo, di Wencheng e di Bhikruti; l’originale fu distrutto dai cinesi. Un’altra statua di Jampa, Maitreya, faceva parte della dote della principessa Nepalese, e nell’ultimo lhakhang vi è una testa di capra, ricordo degli animali che collaborarono trasportando le pietre per le fondamenta del Jokhang. Nell’angolo del cortile è situata la cappella dedicata a Tsongkhapa; si dice che la statua, al suo interno, fu fatta a sua rassomiglianza. Alla destra 72 di questa cappella vi è quella dedicata a Öpame56, il Buddha di luce infinita che risiede nel Dewa Cen, il paradiso occidentale. Piano superiore: Questo piano è formato da 17 cappelle. La principale è il Chögyal lakhang, dedicato a Songtsen Gampo e le due sue consorti. Vi si accede attraverso una porta del settimo secolo, ed al suo interno vi è una magnifica brocca d’argento con il lungo collo terminante in una testa di cavallo. La brocca, che serviva per il chang57, è del VII sec. ed apparteneva a Songtsen Gampo. I Buddha affrescati alle sue spalle sembrano essere di epoca posteriore. Al suo fianco si trova il Tsen Gye Lhakhang, dedicato a Guru Rimpocè58; al suo lato si trova quello dedicato allo Yidam Khorlo Demciog59, in Yab-Yum con la sua consorte Dorge Phagmo. 56 Öpame: sanscrito Amithaba, uno dei cinque Dhyani Buddha; egli risiede nel paradiso di Dewa Cen, ad Ovest del mandala dei cinque Dhyani Buddha; il suo colore è rosso, e rappresenta l’energia pura dell’elemento fuoco. 57 Chang: birra ottenuta dalla fermentazione di orzo, di poca gradazione alcolica. 58 Guru Rimpocè: il prezioso guru altro nome per Padmasambhava; i Tsen Gye sono le otto manifestazioni dello stesso. 59 Khorlo Demciog: Yidam tantrico, in sanscrito Chacrasamvara, “la ruota della grande beatitudine”; la sua consorte è Dorge Phagmo, Vajra Varahi “la vajra scrofa”. 73 Il tetto: Le cupole dorate, gyapip, sono l’ornamento che questo stupendo monastero si merita. Quelle che coprono il Lhakhang di Jowo e di Tugje Cempo sono il dono di un re tibetano del XIV sec.. Dal tetto si può godere un’ottima panoramica sulla pianura di Lhasa e soprattutto sulla vita tibetana nel barkhor. Vale la pena soffermarsi a bere un tè nella moderna caffetteria e poi guardarsi ancora intorno riflettendo come doveva essere questa città qualche decennio fa. CHAKPO RI: La collina sacra a Chagna Dorge, sfregiata dai cinesi con un antenna altissima che è impossibile non notare, sorge a Sud del Potala ed è considerata come una delle montagne sacre nei dintorni di Lhasa. La leggenda vuole che qui ha risieduto il medico personale dell’imperatore Trisong Detsen, Yutokpa Yonten Gönpo. Il V Dalai Lama vi aveva voluto fondare il collegio medico, Mentsikhang, nel XVII sec.. Fu distrutto, naturalmente, dall’artiglieria cinese nel 1959. Nel 1913 il XIII Dalai Lama costruì un nuovo Mentsikhang non lontano dal Jokhang, all’interno del quale sono esposte thangke antiche e moderne che rappresentano l’anatomia del corpo umano. 74 RAMOCHE: Il secondo tempio per importanza spirituale dopo il Jokhang è Ramoche. Anche questo fu costruito per ospitare la statua di Jowo Chempo di Wencheng che subito dopo la morte dell’imperatore fu scambiata con quella del Jokhang, il Jowo Ciungwa della principessa Nepalese. Ramoche fu distrutto nel 1960; durante le ricerche fatte nel 1983 si trovò la parte inferiore della statua nella spazzatura di Lhasa e la parte superiore a Pechino. Oggi giorno la statua di Jowo è circondata dagli otto Bodhisattva, il trono del Dalai Lama e l’immagine di Tsongkhapa e i suoi discepoli, Gyeltsab Je e Khedrub Je, situati di fronte alla statua. BOMPO RI: La collina di Bompo Ri si trova a poche centinaia di metri da Chakpo Ri. Si dice che vi abbia meditato Guru Rimpocè; il tempio attuale è stato costruito dai cinesi per celebrare la loro vittoria sui Nepalesi. POTALA: La mastodontica costruzione che si erge sulla valle del Kyiciu con i suoi tetti di rame dorato è stata costruita sul fianco della collina Marpo Ri ed è visibile da km. di distanza per noi, come lo è sempre stato per i pellegrini tibetani in cui suscita venerazione, timore e mistero. Il Potala è la casa del Bodhisattva Cenresig, il protettore del Tibet incarnato nella persona del Dalai 75 Lama. La sua costruzione richiese un enorme lavoro: è alto 13 piani e misura 400 metri da Est ad Ovest e 350 da Nord a Sud. Fu necessario scavare tanta terra che si formò una buca enorme trasformata poi in lago, dove il VI Dalai Lama costruì il padiglione per i suoi incontri amorosi; nelle fondamenta fu versato del rame per proteggerlo contro i terremoti. La costruzione del Potala, conosciuta come Tse Potang60, fu iniziata sulla collina Marpo Ri61 da Songtsen Gampo nel VII sec.. Si dice che il Potang Karpo62 , di 11 piani, fu la residenza degli imperatori. Secondo alcuni ricercatori l’edificio originale era molto più piccolo e fu lentamente rovinato dagli elementi naturali, mentre quanto fosse rimasto in piedi fu raso al suolo dal V Dalai Lama il quale nel 1645 accentrò il potere politico e spirituale nelle sue mani e diede inizio alla costruzione del Potala. Alla sua morte, tenuta segreta per suo volere, erano stati costruiti nove piani; ci vollero altri 15 anni al reggente Sangye Desi Gyatso per terminare il palazzo costruendo il Potang Marpo63 nel 1694. Il XIII Dalai Lama lo innalzò ancora di due piani nel XX sec.. All’interno del Potala vi sono 1000 camere di cui 60 Tse Potang: Tse, picco; Potang, palazzo. 61 Marpo Ri: la collina rossa. 62 Potang Karpo: palazzo Bianco. 63 Potang Marpo: palazzo rosso. Questa è l’ala religiosa mentre quella bianca è quella secolare. 76 noi visiteremo una minima parte, e secondo la leggenda vi sono due invisibili ali sui fianchi della montagna che faranno volare il palazzo quando questo sarà minacciato da una terribile inondazione, che noi non vedremo! Fin dall’XI sec.. il palazzo assunse il nome di Potala, nome che deriva da una montagna mitica nell’India del Sud residenza del Bodhisattva Avalokiteshvara, Cenresig, di cui Songtsen Gampo era considerato un’emanazione, come pure tutti i Dalai Lama. Il palazzo fu il ricettacolo dei più svariati tesori; artisti cinesi, nepalesi, indiani e tibetani vi hanno scolpito e disegnato opere d’arte preziose risparmiate dalla furia della Guardie Rosse per volere di Ciu En Lai. La cappella, sicuramente attribuita, a Songtsen Gampo è la Chögyal Drupug, dove egli meditò; subito a fianco vi è il Pakpa Lhakhang, ovvero la camera del tesoro. Il Potang Marpo di Desi Sangye contiene la maggior parte dei Lhakhang, mentre nel Potang Karpo vi sono le abitazioni, gli uffici del governo, le fortificazioni e il monastero personale del Dalai Lama. Ora il Potala è un museo di stato tenuto da 40 monaci poco socievoli; non è più il luogo che ispirava i pellegrini da lontano, ma rimane comunque interessante da visitare. È facile immergersi nelle stanze buie, tappezzate da thangka e broccati, e camminare 77 all’ombra dei Serdung64 con lo spirito del viaggiatore di epoche passate e non come un turista che visita un museo qualunque! Dungrab Lhakhang: I muri di questo locale sono ricoperti con scaffali di testi sacri, il Kangyur e il Tengyur, sotto i quali passano i pellegrini credendo di ottenere la benedizione della parola del Buddha. Nel centro si trovano statue del V Dalai Lama e del Buddha Sakyamuni; nello stesso locale altre statue rappresentano le otto manifestazioni di Guru Rimpocè. A sinistra si trova il Serdung del XI Dalai Lama ed i muri sono affrescati con gli otto Buddha della medicina65. Il soffitto è ricoperto con magnifici broccati cinesi. Tse Dungkhang: Chiamato anche “Dzambuling Gyen Cig”, l’unico ornamento dell’universo, è in effetti qualcosa di molto spettacolare. In questa sala si trova il Serdung del V Dalai Lama; ci troviamo ad essere molti piccoli di fronte a questo stupa fatto in legno di sandalo, alto 14,8 metri, ricoperto con 3700 Kg. di oro e tempestato di pietre preziose. Alla sinistra vi è il Serdung del XII Dalai Lama 64 Serdung: reliquari di oro o altro materiale in cui sono contenute le salme dei Dalai Lama, dal V al XIII, fatta eccezione del VI fatto sparire dai Mongoli. Il primo è a Tashilunpo, il II, III, IV a Drepung. 65 Sangye Menla: Il Buddha della medicina di solito di colore blu. 78 e ancora alla sua sinistra quello del X, circondati dagli otto ciörten votivi chiamati Gianciub Ciörten. Nyingmapa Lhakhang: Consacrato a Guru Rimpocè, il fondatore della scuola Nyingmapa. Egli ebbe due consorti: Yeshe Tsogyel66, tibetana, e Mandarava67, indiana. Di fronte ad essi vi è una statua di Tangtong Gyalpo. Infine vi sono i “Lobpön Gye”, gli otto maestri di Guru Rimpocè, i “Guru Tsen Gye”, le otto manifestazioni di Guru Rimpocè, ed i “Ciörten Gye”, gli otto stupa. Gelug Lhakhang: Dedicato alla scuola Ghelugpa, con al centro la statua di Tsongkhapa e dei suoi due discepoli, alla 66 Yeshe Tsogyel: Per la sua biografia vedere Keith Dowman, La Danzatrice del cielo, Ubaldini ed. Roma 67 Mandarava: era figlia del re di Mandi, Himachal Pradesh, India. La leggenda dice che dopo varie insistenze da parte del padre per trovarle uno sposo tra i nobili locali, lei fuggì sulle montagne circostanti con il maestro tantrico Guru Rimpocè; i soldati del padre la trovarono e lei fu incarcerata in una fossa, ancora oggi esistente, mentre lui fu condannato al rogo. La sentenza fu eseguita ma la pira si trasformò in un lago, ed il re, riconoscendo in Guru Rimpocè un essere realizzato, si convertì al Buddismo. Il lago di Rewalsar, TsoPema, il lago del loto, è tutt’ora luogo di pellegrinaggio, come pure la grotta dove egli meditò. 79 sinistra Songtsen Gampo e una rappresentazione del V Dalai Lama. La sala del trono: Questa sala ha otto colonne sulle quali sono affrescate scene della vita del V Dalai Lama. La galleria sopra la sala del trono: Si apre sopra la sala del trono contiene delicati affreschi del XVII sec. della scuola di pittura del Tibet centrale, che rappresentano scene contemporanee alla costruzione del Potala, i giorni dedicati al Mönlam Cempo68, il funerale del V Dalai Lama, la pianta del monastero di Samye, ritratti di Desi Gyatso e del V Dalai Lama. Chögyal Drupug: Questa piccola grotta, molto raccolta e sempre molto affollata, il sito originario dove Songtsen Gampo nel VII sec. meditò è situata sulla punta della collina di 68 Mönlam Cempo: secondo le scritture buddiste il Buddha Sakyamuni fu vincitore in una disputa con sei Brahmini, dopo aver utilizzato i suoi poteri magici a Sravasti, alla luna piena del primo mese. In seguito a questa leggenda Tsongkhapa istituì il festival di Mönlam Cempo in Tibet nel 1409, che fu celebrato dal I al XV giorno del primo mese dell’anno tibetano. Attorniato da migliaia di devoti, Tsongkhapa fu il primo a celebrarlo. Egli offrì una corona d’oro tempestata di gioielli all’immagine del Jowo, ed una d’argento a Mikyöd Dorge e a Cenresig a 11 teste. Inizialmente alla cerimonia partecipavano 8000 monaci provenienti dai monasteri di Sera, Drepung e Ganden. 80 Marpo Ri. All’interno si trovano le statue dell’imperatore, di suo figlio, di tre mogli, quella nepalese, cinese e una tibetana, di Tönmi Sambhota69, Tsongkhapa e Jampa. Tsepak Lhakhang: Dedicato al Buddha della lunga vita, contiene le immagini dei nove Buddha di lunga vita, oltre a rappresentazioni di Tara Bianca e Verde e un affresco di Tangton Gyalpo. Drubwang Lhakhang: Il Serdung del VII Dalai Lama è stato sistemato all’interno di questo Lhakhang. Vi si trova un immagine del Buddha con gli otto Bodhisattva. Dükhor Lhakhang : Il magnifico mandala dorato tridimensionale del Kalaciakra70 troneggia al centro della sala; un tangka rappresenta i Lama detentori di questa iniziazione, che ne hanno tramandato la tradizione. Oltre al mandala, il kalaciakra è rappresentato da una stupenda statua dorata delle due divinità in Yab Yum ed in un angolo della camera una statua di Guru Rimpoccè sembra osservare tutti i visitatori. 69 Tönmi Sambhota: il ministro che fu inviato in India per studiare l’alfabeto da utilizzare in tibetano. 70 Kalaciakra: dü khor; la ruota del tempo, la più alta iniziazione tantrica in cui è compreso tutto ciò che riguarda l’astrologia, la scienza medica, etc.... 81 Pakpa Lhakhang: È il più vecchio Lhakhang del Potala; costituiva la parte superiore della caverna dove meditò L’imperatore Songtsen Gampo. Contiene l’immagine più venerata e sacra del palazzo, Pakpa Lokesvara, la rappresentazione di Cenresig in piedi fatta in legno di sandalo portato dall’India. Alcune pietre, nella stessa cappella, recano le impronte di Tsongkhapa e di Guru Rimpocè. Gli altari di questa stanza sono fatti di bronzo e di legno. Il serdung del XIII Dalai Lama Poco più piccolo di quello del V Dalai Lama; vicino ad esso si trova una pagoda fatta con 200.000 perle; gli affreschi sui muri riportano scene della sua vita. Raramente aperta ai visitatori. Drukpa Lhakhang Questa cappella dovrebbe contenere le reliquie del VI Dalai Lama fatto scomparire dai Mongoli. Si può ammirare una bellissima statua della protettrice Relchikma e 1000 immagini di Tsepame, Buddha di lunga vita. Lolang Lhakhang I mandala tridimensionale di Demciog, Sangdu e Jigche in metallo dorato sono esposti in questa sala; essi furono ordinati dal VII Dalai Lama. I suoi appartamenti nel Sasum Namgyal furono trasformati in sale di ricevimento; qui venivano ricevuti gli emissari della corte cinese, avvenimenti testimoniati dalle molte targhe d’oro 82 che i dignitari cinesi donarono al Dalai Lama. Vi è anche un dipinto di Qi Huan, L’imperatore cinese che aiutò i tibetani nel 1780 a sconfiggere i nepalesi e a detronizzare lo Shamarpa che aveva fomentato la guerra. I volumi del kangyur, in questa sala, sono di epoca Manciu. Jampa Lhakhang: Il tempio di Maitreya, Buddha del futuro, fu rinnovato dopo un incendio che lo distrusse nel 1984. La statua risale al 1500. Inoltre vi si trovano i Serdung del VII Dalai Lama, alto 9 metri e ricoperto di pietre preziose, del VIII Dalai Lama, nella cui cappella vi è un thangka con Nyatri Tsenpo e dell’XI Dalai Lama. I volumi del Kangyur esposti sono scritti in oro. SHOL: Scendendo una lunga scalinata si arriva al piccolo villaggio di Shol; vi si trovano i più diversi negozietti in cui vale la pena fermarsi e vedere se si trova qualcosa. In questo villaggio, i cui abitanti erano al servizio del palazzo, si trovano il Pharkhang, la stamperia, dove sono conservati i blocchi in legno del Kangyur e del Tengyur, e il Kashak, il governo tibetano. Da sempre qui è situato anche il quartiere a luci rosse tradizionale tibetano. 83 LUKHANG: Nel laghetto, dietro al Potala, ricavato dalla buca formata per estrarre la terra per la costruzione del palazzo, vi è una piccola isola circolare su cui si erge la pagoda originale. L’atmosfera è tranquilla, il parco intorno è spazioso e la domenica famiglie di tibetani vengono a fare il pic-nic. Fu costruita dal VI Dalai Lama per i suoi incontri con amanti ed amici. Al primo piano le mura sono decorate con affreschi rappresentanti posizioni di yoga Dzogcen ed immagini dei Mahasidda indiani da cui quest’arte deriva, datate del XVIII sec. Spesso viene detto dalle guide locali che l’ingresso è vietato agli stranieri, cosa non vera, anzi lo consiglio per una tranquilla passeggiata in un momento libero dalle visite da programma. DRALHA LÜPHUG: La grotta del serpente71, è localizzata a Nord Est di Chakpo Ri. In questa grotta fu imprigionato il Naga che si oppose alla costruzione del Jokhang perché era casa sua; il suo laghetto fu prosciugato per far posto al monastero. Qui si ritirarono a meditare l’imperatore 71 klü: naga in sanscrito, sono degli esseri metà serpente e metà uomo che vivono nell’acqua; si dice che essi sono i guardiani dei tesori; possono essere di colore bianco o nero, sono considerate divinità molto potenti e in grado di dare benessere oppure disgrazia se offesi. Sono propiziati con particolari riti ed offerte. 84 Songtsen Gampo ed altri famosi Mahasidda tra i quali Guru Rimpocè. All’interno della grotta i pellegrini circoambulano una colonna di pietra sulla quale vi sono le immagini dei cinque Dhyani Buddha auto manifestatesi. I muri esterni sono affrescati con molte divinità, con le immagini del Mahasidda Virupa e dell’onnipresente imperatore con le due mogli; molte altre sculture sono state distrutte dai cinesi. NORBULINKA: Non lontano dal Lhasa Hotel, con una simpatica e breve passeggiata, si raggiunge il parco di Norbulinka “ Il giardino del gioiello”, il palazzo estivo del Dalai Lama. Norbulinka fu costruito dal VII Dalai Lama, e nel tempo furono aggiunti nuovi edifici, fino alla costruzione del nuovo palazzo fatto dal XIV Dalai Lama S.S Tenzin Gyatso. I Dalai Lama, circondati da dignitari di corte, Lama, soldati, monaci con colorati stendardi, procedevano verso la dimora estiva sotto il loro baldacchino dorato, tra ali di folla riverente e felice, tra l’odore d’incenso bruciato dai fedeli. Si accede attraverso un portale di legno costruito per volere del XIII Dalai Lama, sormontato dalla ruota del Dharma con otto raggi e con una gazzella da ogni lato. Entrando, prima di salire le scale, un orologio segna l’ora 85 della fuga del XIV Dalai Lama. Al piano superiore vi è l’abitazione privata del Dalai Lama, lasciata com’era quando egli fuggì di notte travestito da laico nel 1959; queste stanze sono ancora meta di pellegrinaggio per i tibetani, che si prosternano davanti al letto e lasciano offerte in soldi persino nel bagno del Dalai Lama. In una delle camere si può ancora vedere una vecchia radio, regalo di Nehru. La sala del trono è affrescata con rappresentazioni dell’origine mitologica dei tibetani, l’accoppiamento della scimmia con l’orchessa bianca sulla montagna di Gampo Ri in Tsedang, e altre scene storiche fino alla costruzione del Jokhang. Sul muro adiacente è dipinta la costruzione di Samye, voluta dal l’imperatore Trisong Detsen. La parte più vecchia, risalente al 1755, fu usata dalle guardie rosse come abitazione. Il Norbulinka offre un momento di relax e ritiro dal cemento di Lhasa, ed uscendo vi sono negozietti che vendono i soliti oggetti trovabili anche intorno al Barkhor. Poco lontano da Lhasa si trovano tre dei quattro principali monasteri dell’ordine Ghelugpa in Tibet: Ganden, Sera e Drepung (il quarto, Tashilunpo, è a Shigatse). Questi furono fondati rispettivamente da Je Tsongkhapa (1409), Jamcen Ciöje Sakya Yeshe (1419), Jamyang Ciöje Tashi Palden (1416) e Gendün Drub (1447), che sarà a posteriori nominato il primo Dalai Lama. 86 SERA: Il monastero è adagiato sulle pendici della collina Tatipu, a 5 km. da Lhasa. Sera significa “giardino di rose” oppure “la grandine benefica”, in contrasto con Drepung che significa “pugno di riso”. Il nome indica la rivalità che è sempre regnata tra i due monasteri: la grandine che distrugge il riso. I suoi Dob-Dob72 erano considerati pericolosi, ma erano rispettati dalla gente. Nel 1959 nel monastero di Sera vi erano all’incirca 5000 monaci; oggi se ne contano più o meno 400, quindi il monastero non da più la stessa impressione di un tempo, quando i monaci usavano scendere in piazza per lottare contro quelli di Drepung. Il monastero subì una repressione molto dura nel settembre del 1987, quando i monaci scesero in campo contro i cinesi. Durante la rivoluzione culturale, buona parte del monastero fu distrutta, anche se sono rimasti intatti i due principali collegi, con le loro rispettive immagini e reliquie. Benché Sera non è più quel monastero potente del 1419, ma ha piuttosto l’area di un museo, spesso siamo accolti da monaci impegnati nel rtsod pa73, il 72 Dob-Dob: erano chiamati così i monaci guerrieri di Sera, spesso utilizzati per pesanti servizi d’ordine; qualche volta essi si sono spinti fino a minacciare il potere centrale di Lhasa. 73 Rtsod-pa: la vita monacale dei Ghelugpa è imperniata soprattutto sullo studio e sul dibattito; quest’ultimo è come una sorta d’interrogazione su un testo di filosofia studiato antecedentemente. 87 dibattito, che costituisce una delle maggiori attività di studio per i monaci che vogliono ottenere il titolo di Geshe. Tre sono i collegi che rimangono in questa cittadella monastica: Sera Me: centro per gli studi fondamentali per i monaci; Sera Je: il più grande, riservato ai monaci itineranti, specialmente Mongoli; Ngagpa Dratsang: il collegio dove viene insegnato il tantra Ghelugpa. Tsog Cen: Ad Est dell’unica strada che attraversa Sera, contro la parete rocciosa, si trova la sala delle riunioni, il Tsog Cen, costruito su quattro piani. La gigantesca statua di Maitreya, Jampa, è la principale attrazione del tempio. Al piano superiore è conservata l’immagine considerata la più sacra di Sera, un Cenresig a mille braccia dorato. Questa statua era conservata a Pabonka e poi installata a Sera. Un monaco è seduto mentre un’altro, in piedi, gli pone delle domande. Quest’ultimo ha un rosario avvolto intorno al braccio destro e per ogni domanda sbatte le mani una con l’altra e percuote un piede per terra. Questi gesti hanno molti significati; quello più comune è: lo sbattere delle mani simbolizza il chiudere l’accesso nei reami inferiori; lo sbattere del piede per terra il far sentire la parola del Dharma nei reami inferiori per aiutare i suoi abitanti. 88 Jepa Ducen Dall’altro lato della strada si trova il Jepa Ducen, un altro monastero costruito dal principe Dzungar Lhazang Khan, che governò Lhasa dal 1705 al 1715, dopo l’uccisione del reggente del V Dalai Lama, Sangye Gyatso. Sul muro destro è dipinta la ruota della vita, con al centro il maiale, il gallo e il serpente che si inseguono l’un l’altro, rappresentando le tre emozioni di base: avidità, ignoranza ed odio. I sei settori in cui è divisa la ruota indicano i sei reami in cui ci si reincarna fintanto che non si è raggiunta la liberazione; ad un livello più sottile essi rappresentano le sei emozioni alle quali sono soggetti gli esseri, dando origine al samsara quotidiano74. La ruota è racchiusa da un altro cerchio 74 I sei reami sono così suddivisi: il regno umano, governato dall’emozione dell’attaccamento, quello animale, la cui emozione predominante è la stupidità; gli inferni, paragonabili ai nostri inferni danteschi, i cui abitanti sono governati dall’ emozione dell’avversione; gli yidak, un particolare tipo di creature con il collo piccolo ed il ventre grande, la cui emozione è l’avidit{ di cibo e bevande, poiché il cibo non passa attraverso la loro stretta gola ed i liquidi si trasformano in fuoco; i semidei, la cui sofferenza è la gelosia: nonostante la loro esistenza sia piacevole, nel loro reame cresce soltanto il tronco dell’albero che dona i frutti della lunga vita, mentre i rami con questi frutti sono nel reame degli dei, per cui sono sempre in lotta per prenderne posesso; gli dei, che soffrono dell’emozione dell’orgoglio. 89 diviso in dodici parti che rappresentano i dodici fattori interdipendenti. Al centro sono rappresentati i quattro re guardiani e sul muro destro il monte Meru, il centro dell’universo secondo la cosmologia tibetana. All’interno si trova la cappella dedicata al protettore Tamdrin (Hayagriva) la cui statua si trova su un altare di rame al centro del Lhakhang. Divinità terrifica, rappresenta l’energia irata che serve per distruggere più velocemente gli ostacoli alla realizzazione. I tibetani sostengono che è un’immagine parlante che preannuncia eventuali disastri. In alto a sinistra dell’altare, in una nicchia, vi è il purba75 appartenuto al Mahasidda Darchar del XIII sec.. La leggenda racconta che il pugnale arrivò volando dall’India e cadde su una collina dietro Sera76. Sera è circondata da altri eremitaggi tra cui il più importante è quello di Songtsen Gampo chiamato Pabonka (VII sec..) Originariamente era un palazzo di nove piani costruito sulla collina alle spalle di Sera. Guardando dalle sue finestre, L’imperatore vedeva la collina di Marpo Ri e così concepì l’idea di costruire il Potala. Questo monastero fu distrutto molte volte, la prima da Langdarma nel IX sec.. Ricostruito da Pakpa 75 Purba: pugnale rituale, usato come strumento simbolico per distruggere l’Ego. 76 Nel punto dove cadde il purba fu costruito un eremitaggio chiamato “purbu ciok” 90 nel XIII sec.., fu raso al suolo durante la rivoluzione culturale. È stato restaurato nel 1986. Ad un pò di distanza verso Est vi è una grande pietra piatta dove venivano celebrati i funerali dell’aria.77 L’ORACOLO DI NECHUNG Sulla strada che porta verso Drepung, vi è la Gompa di Nechung, che come tutte le altre ha subito la distruzione da parte dei cinesi durante la rivoluzione culturale, i quali la trasformarono in comunità agricola. Pehar è la divinità che risiede in questa Gompa, ed oltre ad essere l’oracolo di stato è anche la divinità protettrice dei Ghelugpa. La tradizione vuole che Pehar originariamente fosse la divinità protettrice degli Horpa, che vivevano ad Est del lago Kokonor. Durante la costruzione di Samye (799) Guru Rimpocè lo invocò e lo sottomise alla dottrina (Dharma) facendolo divenire il protettore di questo monastero. Durante il periodo del V Dalai Lama, Pehar fu spostato a Tse Gungthang; qui 77 Funerali dell’aria: a causa del freddo i corpi non possono essere interrati e a causa della mancanza di legna non possono essere bruciati, quindi è stata adottata questa forma di funerale che consiste nel tagliare il corpo, sventrarlo e lasciarlo in pasto agli animali. Le ossa vengono poi tritate e mescolate con della terra e vengono fatte delle piccole immagini chiamate tsa-tsa, che vengono poste in un luogo di buon augurio per il defunto. 91 sembra che entrò in disaccordo con l’abate del monastero, e quest’ultimo lo rinchiuse in una scatola e lo gettò nel fiume Kyiciu. Il V Dalai Lama vide la scatola fluttuare sull’acqua ed incuriosito mandò un monaco a prenderla con la raccomandazione di non aprirla. La scatola era troppo pesante ed il monaco , molto incuriosito, l’aprì e lo spirito di Pehar volò via sotto forma di un piccione, gridando: “Neciung Neciung” (questo posto è piccolo) e si posò sull’albero che in seguito sarebbe diventato la sua residenza. Sui muri del vasto giardino che si trovano davanti al monastero vi sono rappresentazioni di divinità Protettrici e dell’albero sul quale si posò Pehar. Il Gönkhang78 a sinistra dell’edificio principale ospita le immagini delle due manifestazioni di Pehar, quello a destra contiene l’immagine della Protettrice Palden Lhamo e Nyima Shönnu, una protettrice della scuola Nyingmapa. Alle loro spalle vi è la statua alta 10 metri di Guru Rimpocè. Le qualità medianiche di Pehar furono adottate dal V Dalai Lama ed usate fino ai giorni nostri in un nuovo monastero Nechung costruito a Dharamsala, in India. Pehar, conosciuto come l’oracolo di stato, entra nel corpo di un medium, ed ha un ruolo molto importante nelle decisioni spirituali e temporali del governo tibetano. Nei tempi passati, ed ancora oggi, l’oracolo veniva 78 Gönkhang: un locale dedicato ai protettori, presenti in ogni monastero. 92 consultato durante il periodo di Losar, il capodanno tibetano. Egli era atteso nel Jokhang dal Dalai Lama; accompagnato dai suoi monaci e bardato come un guerriero vi arrivava in mezzo a due ali di folla che si inginocchiavano al suo passaggio per ricevere la sua benedizione. In presenza del Dalai Lama andava in trance ed eseguiva una danza sciamana, correndo agilmente da un punto all’altro nonostante la sua bardatura e rispondeva alle domande che gli venivano poste, alle volte solo con suoni gutturali difficili da comprendere. Oggi giorno questa tradizione viene mantenuta a Dharamsala, con un pò meno fasto. DREPUNG: Incassato tra le montagne, a 8 km. ad Ovest di Lhasa, ai piedi del monte Gampoi Utse, si trova quello che è stato il più potente dei monasteri Ghelugpa del passato. Drepung fu fondato dal discepolo di Tsongkhapa, Jamyang Ciöje Tashi Palden, nel 1416, sul modello del Vihara Dhanyakataka, nel Sud dell’India, dove si dice che il Buddha Sakyamuni insegnò il Kalaciakra. La storia comincia con Gendün Gyatso, il II Dalai Lama, che spostò la sua residenza da Tashilunpo in questo monastero (1526) e costruì la sua residenza, il Ganden Potang, dietro al monastero. L’ Altan Khan nel 1578 diede il titolo di Dalai Lama a Sonam Gyatso, e 40 anni dopo il palazzo fu attaccato e distrutto dalla famiglia reale di Tsang appoggiata dai Karmapa di Tsurphu. Nel 93 1655 il V Dalai Lama governò da questo palazzo mentre il Potala era sotto costruzione, e dopo la sua morte il monastero fu ancora una volta distrutto dai Mongoli a causa dell’appoggio che i suoi monaci davano al reggente Desi Gyatso. Nel nostro secolo i monaci di Drepung si opposero alle innovazioni volute dal XIII Dalai Lama e dopo la sua morte l’ambiguità di Drepung e il rifiuto di riconoscere il reggente del giovane XIV Dalai Lama collaborarono a destabilizzare il potere centrale dando origine ad una confusione che facilitò l’invasione cinese. Una comunità monastica un pò turbolenta! Drepung era un’immensa città monastica che ospitava settemila monaci e nonostante le distruzioni subite, i quattro collegi - Ngagpa, Gomang, Deyang e Losel - lo Tsogcen e la residenza dei Dalai Lama sono rimasti intatti. Tsogcen Il cortile dei dibattiti è antistante all’edificio di tre piani chiamato Tsogcen Lhakhang, nel quale sono contenute le statue di diversi Dalai Lama. Le reliquie degli abati di questo monastero sono conservate in nove stupa che circondano una magnifica statua di Cenresig in argento ed una di Mangiuscri in bronzo. I reliquari del III e IV Dalai Lama in argento sono ospitati nel Lübum Lhakhang. La statua più venerata è quella di Jampa, Maitreya, conosciuta come Jampa Thongdröl, che dona la liberazione solo a guardarla, costruita su tre piani. In 94 una stanza del terzo piano viene venerata la conchiglia appartenuta a Tsongkhapa e nella stessa stanza troviamo il reliquario del II Dalai Lama Gendün Gyatso. Diverse statue di Drölma Sungyangma79 sono conservate nel Drölma Lhakhang e tra le varie cappelle la più bella è quella in cui viene conservata una statua in argento del Jowo Sakyamuni. La visita termina sul tetto da dove si può godere un bel panorama della valle. Ngagpa Dratsang Il collegio tantrico Ngagpa Dratsang fu fondato da Tsongkhapa e contiene le immagini e le statue più potenti di Drepung. Dorge Jigce, Yamantaka, il signore della morte, con i vestiti di ferro e con la testa di bufalo, è una delle principali divinità tutelari della scuola Ghelugpa; il potere della statua deriva dalle reliquie di Ra Lotsawa80 che vi sono contenute. Le statue sull’altare sono rappresentazioni dei Buddha dei tre tempi: al centro Sakyamuni (presente), alla sua destra Dipankara (passato) e alla sua sinistra Maitreya (futuro); gli otto Bodhisattva sono rappresentati dalle statue che li circondano. 79 Statua di Tara parlante. 80 Ra Lotsawa: Nacque a Nyalam (XI sec..) e studiò in Nepal; egli è considerato come uno dei migliori traduttori tibetani. Nella biografia di Milarepa gli si addebita l’uccisione del figlio di Marpa, Dharma Dode, attraverso la magia, a causa della gelosia. 95 Loseling Dratsang Sede della scuola di logica; la principale statua è quella di Jampa. Su una parete, un affresco rappresenta Sonam Dragpa, uno dei più conosciuti intellettuali del primo XVII sec.. Egli fu costretto a suicidarsi e più tardi si manifestò nell’aspetto di Dorge Shugden; oggi giorno, alcuni tragici avvenimenti, hanno dimostrato che i suoi seguaci si sono trasformati in una forza politica più che spirituale, antagonista al Dalai Lama. Ganden Potang Prima di trasferire la loro residenza al Potala, i Dalai Lama risiedettero al Ganden Potang, costruito nel 1530 da Gendün Gyatso. Questo palazzo rimase in qualche modo il quartiere generale dei Dalai Lama anche dopo la costruzione del Potala. Nella sala delle riunioni la statua di Drölma parlante e la statua di Cenresig sono le cose più interessanti da vedere. GHEPHEL RI Sulla punta di questa di montagna è situato un eremitaggio ora restaurato; i monaci che vi abitano diventano all’occasione anche i pastori delle mandrie di yak che pascolano in prati di erbe mediche. Lo yoghurt fatto dal loro latte era destinato ai Dalai Lama. La montagna, 5200 metri, è una delle mete preferite dai pellegrini; essi vi ascendono specialmente 96 nel giorno di Saga Dawa81, il giorno in cui ricorre l’anniversario della nascita, il risveglio e il paranirvana del Buddha Sakyamuni. I Dalai Lama, accompagnati da una folla di dignitari e devoti, salivano sulla montagna per celebrare i riti appropriati e bruciare profumato ginepro in offerta alle divinità del luogo. GANDEN: A 40 km. a Nord-Est di Lhasa, ad un’altezza di 4750 metri, in un anfiteatro esposto a Sud, si trova il monastero di Ganden; la dinamite delle guardie rosse ha lasciato cumuli di macerie di quello che era uno dei 4 più importanti monasteri Ghelugpa del Tibet. I tibetani si sono prodigati volontariamente nella sua costruzione, offrendo il loro tempo libero; benché inizialmente questo fu vietato dai cinesi, un ripensamento li portò ad assumere addirittura degli operai per la ricostruzione (agosto 2000 è in maggior parte completato) . Originariamente il monastero ospitava 2000 monaci, oggi non più di 300. Ganden fu fondato da Tsongkhapa nel 1409, ed i suoi due collegi principali, quello di Jangtse (Nord) e Shartse (Est) furono fondati rispettivamente da Pelsangpo e Rincen Gyaltsen. Ganden fu poco coinvolto nei problemi politici. Questo monastero era famoso per la dedizione allo studio e alla pratica, fino al XX sec.., quando i suoi monaci si unirono 81 Saga dawa: viene celebrato di solito nel mese di maggio. 97 alle fazioni conservatrici di Drepung e Sera, ostacolando le riforme del XIII Dalai Lama e facilitando la strada ai cinesi. Al centro del nuovo complesso si trova la costruzione dov’è situato il sancta sanctorum: un reliquario dorato82 dove sono contenute le reliquie di Tsongkhapa, chiamato “Thongwa Dönden” (significativo da vedere), poiché Tsongkhapa morì a Ganden nel 1419. Il ciörten era stato placcato d’argento dal successore di Tsongkhapa, poi dorato dal pronipote del Mongolo Gushri Khan, mentre il generale Dzungar che guidava l’invasione del 1717 fece costruire una tenda in legno di sandalo come sua canopea. A destra e a sinistra del Thongwa Dönden vi sono i ciörten contenenti le reliquie dei suoi discepoli Khedrup Je e Gyeltsab Je. Poiché Ganden fu totalmente distrutto, si tratta di copie dell’originale. Accanto si trova la sala del trono e più avanti la sala dello Yidam Khorlo Demciog. Lingkhor La parte più interessante è il lingkhor che circonda il complesso monastico. I pellegrini fanno un ora di cammino intorno al monastero prosternandosi continuamente davanti alle immagini che si credono nate spontaneamente e nei molti posti che si credono associati con la persona di Tsongkhapa. Incominciando 82 Il reliquario era stato fatto placcare in argento dal successore di Tsongkhapa; fu distrutto dai cinesi. 98 dalla parte Sud del khora si trova un immagine auto emanata di Padampa Sangye e del cappello di Tsongkhapa; procedendo si arriva al posto dove morì la madre di Tsongkhapa dopo essere stata liberata da suo figlio, ad una pietra con il mantra OM MA NI PADME HUNG auto emanato, e altre meraviglie simili che si susseguono fino al punto principale e più venerato, la grotta Öser Phuk (la grotta della luce) dove Tsongkhapa meditò. Questo eremitaggio fu il primo luogo utilizzato di Ganden, le immagini principali al suo interno, anch’esse credute auto manifestate, sono Atisha, Sakyamuni, Palden Lhamo e Tsepame. indice TSURPHU: Tsurphu, la roccaforte dei Karmapa83, è situata nella parte alta della valle di Tolung alla quale si accede dal ponte di Donkar, a 12 km. da Lhasa. Seguendo il corso del Tolung per una trentina di km. si arriva ad un ponte dove la strada gira a sinistra per inoltrarsi nella fertile valle di Dowo Lung fino al monastero di Tsurphu; la strada continua per Yangpacen dove si divide, verso Est per Golmud e la Cina settentrionale, verso Ovest per 83 Karmapa: il capo della scuola Karma Kagyu, detentore del “cappello nero”; si crede che questo cappello sia stato tessuto con i capelli delle Dakini e che abbia il potere di volare quando il Karmapa lo indossa in una potente cerimonia chiamata Uscia. 99 Shigatse. Ricordo Tsurphu nel 1995 come un ammasso di macerie, mentre nel 1997 era ristrutturato in tutte le sue parti. Tsurphu fu fondato da Dusum Kyenpa (11101193), originario del Kham, che fu uno dei principali discepoli di Gampopa e Reciungpa, a loro volta discepoli di Milarepa. Dusum Kyenpa fu un grande viaggiatore e meditò in molti posti del Tibet fino al 1187, anno in cui si fermò e fondò Tsurphu. Fu Dusum Kyenpa che diede origine alla trasmissione del lignaggio dei Tulku, vale a dire il sistema delle reincarnazioni,84 che si è protratto fino ai giorni nostri. Il secondo Karmapa, Karma Pakshi, era conosciuto per la sua abilità nel mostrare prodigi, di cui fu testimone Marco Polo alla corte del Kublai Khan85. Il potere dei Karmapa non fu solo spirituale ma anche politico, e durò per alcuni secoli. La storia li vide alleati, verso la fine del loro potere, con il re di Tsang (XVII sec.) contro i Ghelugpa del V Dalai Lama, fino all’arrivo del Gushri Khan che distrusse e saccheggiò il 84 La reincarnazione dei Karmapa, a differenza di quella dei Dalai Lama, viene trovata attraverso una lettera lasciata dal defunto Karmapa. Nella lettera viene specificato il luogo e la famiglia dove il Karmapa si reincarnerà, e dopo un certo periodo, indicato nella lettera, una spedizione di Lama di Tsurphu si reca alla sua ricerca. 85 “E {nno li più savi incantatori e astorlogi che siano in quello paese, ch’egli fanno tali cose per opere di diavoli che non si vuole contare in questo libro, però che troppo se ne meraviglierebbero le persone” Milione , Marco Polo ed Adelphi pag 179 100 monastero, mentre il Karmapa scappava in Bhutan. La stessa sorte toccò a Rangiung Rigpei Dorge (1924-1981) il XVI Karmapa che abbandonò Tsurphu con l’invasione cinese; ospite del governo indiano si stabilì nella nuova Gompa di Rumetek (Sikkim, India) dove con il suo seguito portò anche l’enorme tesoro di Tsurphu. Ora il XVII Karmapa, Thinle Ögyen, riconosciuto da Situ Rimpocè, risiede di nuovo a Tsurphu, controllato dai cinesi. Il suo riconoscimento non è stato indolore, infatti ha scatenato in India una serie di scontri violenti tra i monaci di Situpa e Shamarpa, in quanto quest’ultimo si addebita un suo Karmapa. Il Lhakhang al piano terreno contiene una stanza con le reliquie restanti a Tsurphu; nel Lhakhang Cempo era ospitato il “Zamling Gyen” (l’ornamento del mondo), una statua di bronzo del Buddha Sakyamuni fatta costruire da Karma Pakshi, il secondo Karmapa, nella quale erano contenute le reliquie del Buddha stesso. Questa statua fu fatta saltare con la dinamite dai cinesi. Il Tsokkhang sotto il Lhakhang Cempo è ridivenuto la residenza dei nuovi reggenti di Tsurphu. Fuori dalle mura di Tsurphu, arroccato sulla montagna, vi è il Drub Khang, il centro di ritiro di tre anni, tre mesi e tre giorni tipico di questa tradizione, per acquisire il titolo di Lama. Alle spalle di questo vi è la grotta di Kyungdzong (la fortezza dell’aquila e il loto) che ospitò per i ritiri Karma Pakshi e il terzo Karmapa Rangiung Dorge; all’interno vi è un’impronta lasciata da Karma Pakshi. All’intersezione di 101 due valli, dominata dalla montagna Jampa Ri, si trova la residenza estiva dei Karmapa. L’incontro con il giovane Karmapa avviene nella sala del trono, ogni giorno alle 13. La lunga coda dei colorati Khampa parte dal cortile ed è sorvegliata da monaci severi e alle volte dalla polizia cinese. All’entrata bisogna lasciare cineprese e macchine fotografiche e tutto quello che si porta su di se. Si entra nella sala del trono dove il Karmapa dà la sua benedizione ai silenziosi ed intimoriti guerrieri Khampa, ed agli occidentali più rumorosi ed incuriositi. La folla sfila velocemente ed all’uscita un Lama dona un cordoncino protettivo ad ogni persona. Il monastero di Tsurpu in questo momento è privo del suo abate, il karmapa è scappato in India nel Gennaio del 2000. La figura più impressionante è il maestro di ritiro (morto nel 1998); pochi occidentali sanno della presenza di questa persona straordinaria che ha impressionato molti dei miei clienti. Egli siede in silenzio ed in pace pronto a qualsiasi domanda. È un vecchio Lama trasferitosi dal lontano Ladakh, molti anni addietro, in Tsurphu, con il compito di seguire la disciplina dei monaci e di ricostruire il monastero. Una cliente mi diceva: “L’incontro con quest’uomo è valsa la pena di questo viaggio in Tibet! indice 102 VERSO LO YARLUNG Da Gonkar la strada prosegue verso la valle dello Yarlung, con capitale Tsedang, il cuore della civiltà tibetana. La strada costeggia il fiume Tsangpo; si attraversano piccoli villaggi e sulle rive del fiume spesso si vedono pescatori che riparano le loro barche fatte di pelle di yak (Gowa). Sulla stessa strada, in strette valli laterali, sono sparse sette gompe Sakya che si sono salvate miracolosamente dalla furia cinese. MINDROLING: Il monastero di Mindroling è situato a 16 Km. dalla strada principale nella parte alta della valle di Drachi. Poco rimane a testimoniare la potenza di questo monastero fondato nel 1676 da Minling Tercen86, Pema Garwang Giurme Dorge (1646-1714), studioso ed intellettuale della scuola Nyingmapa di cui la discendenza di ritrovatori di testi arriva fino al 1959. Egli nacque da un Lama di Dargye e in giovane età ricevette l’investitura dal V Dalai Lama, anch’egli di famiglia Nyingmapa, che lo aiutò nella costruzione della Gompa. Il monastero fu distrutto nel 1718 dai Mongoli e più recentemente dalle guardie rosse; ora rimangono poche costruzioni di quello che era una importante città monastica. 86 Minling Tercen: il grande ritrovatore di terma di Mindroling. 103 L’edificio principale a tre piani che domina il cortile contiene il Tsuk Lhakhang e il Lhakhang. Sull’altare principale troneggia una statua del Buddha ed al fianco dell’altare vi è una statua del fondatore di nuova fattura; l’originale, contenente le sue reliquie, fu distrutta dai cinesi. Al secondo piano vi sono i ciörten contenenti le reliquie degli abati del monastero ed una camera chiusa contenente statue di differenti secoli. Sullo stesso piano vi è il Parkhang, la stamperia, dove si possono vedere le tavolette di legno che servono per stampare i peccia87; chiedendo al monaco si può avere un foglio stampato per noi con una preghiera sopra. All’ultimo piano della Gompa si trovano gli affreschi più belli, anche se gli affreschi risalenti alla fondazione del monastero sono quelli nel portico. Molto più in alto del monastero vi sono le rovine del centro di ritiro dei monaci. Dal ponte di Chakzam, 100 km. ci separavano da Tsedang, la porta per la valle dello Yarlung, la dimora dei re. La strada continua a seguire il fiume Tsangpo per arrivare a Tsedang, centro amministrativo del Tibet centro-orientale e capitale della provincia di Lhoka, prima di scendere verso il Bhutan e l’India. 87 Pecia: i testi tibetani formati da fogli rettangolari di varia lunghezza, non rilegati, tenuti insieme da due tavolette (alle volte dei veri capolavori d’intarsio su legno) e poi avvolti in lunghi pezzi di stoffa. 104 Si dice che nei tempi antichi la valle dello Yarlung era la più prospera del Tibet, fino a che una disastrosa inondazione distrusse la popolazione ed i villaggi. Yarlung rimane comunque famosa come la valle da cui si originò la stirpe tibetana sulla montagna di Sodang Gangpo Ri che domina Tsedang, dove ebbe origine la prima dinastia dei re discesi dal cielo, le cui spoglie riposano nella valle di Chongye; qui fu riconosciuto il buddismo come religione di stato; da questa valle partirono gli eserciti che conquistarono l’Asia Centrale; questa valle ospitò potenti yogin come Guru Rimpocè, il traduttore Bairotsana, e lo yogin discepolo di Milarepa, Reciungpa, e conobbe il nuovo potere politico nel XIV sec. con Pamodrupa, discendente della famiglia Drogon Pamodrupa Gianciub Gyaltsen, discepolo del famoso Gampopa (XII sec.). Gianciub Gyaltsen Pamodrupa nel XIV sec. fu aiutato dai Mongoli, in un momento di debolezza del potere Sakya, a stabilire il suo regno. TSEDANG: Quando si entra nella città Tsedang i suoi viali deserti, ventosi e polverosi ci trasmettono immediatamente un’aria di desolazione e nulla lascia pensare alla potente Tsedang di un tempo. Tsedang fu edificata da Gianciub Gyaltsen Pamodrupa nel 135188, 88 Secondo altre fonti nel 1302. 105 con la fondazione del monastero che attirò studiosi di differenti scuole diventando un centro di erudizione. La città è costruita all’ombra della montagna Sodang Gangpo Ri, una delle quattro montagne sacre del Tibet, residenza della divinità Yarlha Sangpo, della tradizione bön, e dalla cui vetta nasce il fiume Yarlung Ciu. Il circuito intorno alla montagna è luogo di pellegrinaggio per i tibetani e sale fino alla grotta di Cenresig, dove quest’ultimo, emanatosi in una scimmia, si accoppiò con l’orchessa bianca, da cui ebbe sei figli, i tibetani delle sei tribù originarie del Tibet. TRANDRUK: A 5 km. da Tsedang, sulla strada che conduce verso lo Yumbulhakhang, é situato questo piccolo monastero spesso chiuso dalla polizia cinese. Fu fondato da Songtsen Gampo per proteggere una statua di Tara auto generata, in realtà era uno dei dodici templi voluti dall’imperatore per convertire la popolazione locale al buddismo. Trandruk fu uno dei principali monasteri di Trisong Detsen, come il Jokhang e Samye, e la tradizione vuole che qui meditò Guru Rimpocè con la sua consorte Yeshe Tsogyel. Il monastero fu costruito secondo la stessa pianta del Jokhang di Lhasa. Si dice che la presente struttura risale al XIV sec. e che nel XVIII sec. fu ristrutturato dal Dalai Lama; da quel momento appartiene alla scuola Ghelugpa. 106 Tra le numerose cappelle la più importante è quella dedicata a Tara, che contiene le statue dei cinque Dhyani Buddha, risalenti al periodo di Songtsen Gampo. A lui e alle due sue mogli è dedicato il tempio subito a fianco. In un locale dal lato opposto si trova una gigantesca statua di Guru Rimpocè. Nel nuovo Lhakhang, al piano superiore, vi è la statua di Padmasambhava, in bronzo dorato, ritratto in giovane età; portata dall’eremitaggio di Shetak, sembra che questa statua risponda alle domande dei fedeli. La thangka di fianco, fatta con migliaia di perle, rappresenta la moglie cinese dell’imperatore. Sul muro, a destra, vi è una piccola statua di Palden Lhamo portata da Sangal Ciöling Gompa. YUMBULHAKHANG: Proseguendo sulla stessa strada, a 4 km. dopo la confluenza dello Yarlung e dello Chongye, è d’obbligo fermarsi per fotografare la svettante silhouette del Yumbulhakhang che si erge solitario al centro della valle. Lo Yumbulhakhang è la più vecchia costruzione del Tibet; sebbene la si fa risalire ai tempi di Nyatri Tsenpo (127 A.C.) sembra più probabile che sia stata costruita nel III sec., sotto il regno di Lhatotori. Secondo la leggenda, in quei tempi un testo sanscrito, intraducibile, cadde dal cielo, ma una profezia diceva che sarebbe stato comprensibile dopo 5 generazioni, ed infatti Tönmi Sambhota lo tradusse. La torre che vediamo oggi non 107 doveva essere l’unica nella valle; doveva essere collegata con altre torri di avvistamento disseminate nella stessa zona. Quella di oggi non è comunque quella costruita da Nyatri Tsenpo, poiché due piani di essa furono distrutti dai cinesi. Una salita a piedi, di pochi minuti ma ripida, ci porta all’entrata del palazzo. Salendo il sentiero, sotto di noi si vede una piccola oasi; sembra che Guru Rimpocè piantando il suo bastone trovò una sorgente d’acqua e questa è ancora oggi l’unica risorsa idrica del monastero. Entrando, una piccola saletta con la funzione di Lhakhang ci accoglie; da sinistra verso destra si trovano le immagini di Tönmi Sambota, dell’imperatore Trisong Detsen, di Lhatotori, di Nyatri Tsenpo, di Songtsen Gampo con le sue due consorti, di Ralpa Cen e Lönpo Gar, un ministro di Songtsen Gampo. Al piano superiore, nel Pakpa Lhakhang, l’immagine principale è quella di Tsepa Me, Amitayus, il Buddha della lunga vita. Alla sua destra si trova una statua di Jampa, Maitreya, nascosta durante il periodo delle guardie rosse e quindi preservata, ed una statua di Cenresig in legno di sandalo, tagliata a pezzi nella rivoluzione culturale e rimessa insieme più tardi. Sui muri è rappresentata la storia di Yarlung e l’arrivo del primo re Nyatri Tsenpo. Su un altro muro vediamo le otto manifestazioni di Guru Rimpocè e su un altro ancora le varie manifestazioni del Buddha Sakyamuni. Nella torre vi sono ancora tre 108 camere e si dice che Songtsen Gampo abbia meditato in una di quelle. CHONGYE: A 34 km. da Tsedang, sulla strada sterrata che conduce verso l’India, si trova la necropoli di Chongye. Poco o niente è rimasto di quello che doveva essere un posto superbo. Le jeep si fermano alla base di una piccola collina che bisogna risalire a piedi e porta ad una piccola Gompa costruita su quello che si dice è il tumulo di Songtsen Gampo. Il monastero del 1124 non offre niente di particolare, a parte la vista che spazia sulla valle. Avendo il portale del monastero alle spalle, la collina di fronte è il tumulo di Trisong Detsen. Nessuna ricerca archeologica è stata fatta per appurare se realmente sono dei tumuli funerari o no. A Chongye era nata l’amante del VI Dalai Lama, ed era anche il luogo di nascita del V Dalai Lama. Al nostro ritorno alle jeep saremo assaliti da bambini che cercano di vendere dei quarzi per pochi yuan. SAMYE: A 36 km. ad Ovest di Tsedang, si trova il ferry che ci porterà sull’altra riva dello Tsangpo. La traversata prende un’ora buona ed è fatta su barconi scoperti; se il tempo è bello, è una simpatica gita in mezzo a tibetani agitati che vanno in pellegrinaggio in quello che è uno dei più potenti monasteri in Tibet. 109 Il camion aspetta sull’altra sponda e con i nostri compagni di viaggio ci si avvia su una pista sabbiosa verso Samye, all’incirca mezz’ora dal ferry. Il percorso si svolge in un mondo irreale di dune di sabbia bianca fino al villaggio di Surkar, conosciuto per i suoi cinque ciörten, ricavati direttamente dalla roccia. I ciörten indicano il posto dove Trisong Detsen incontrò Guru Rimpocè nel 779. La leggenda dice che l’imperatore, orgoglioso del suo titolo, non si prosternò davanti a Guru Rimpocè, ma resosi conto del suo errore, lo fece comunque ed inoltre fece costruire questi ciörten conosciuti come “Rigna Ciörten”, i ciörten dei cinque Dhyani Buddha. Ora si può intravedere la maestosità del monastero racchiuso dal suo muro circolare con il tempio di Utse al centro. Guru Rimpocè costruì Samye nel 779, soggiogando le divinità locali. Esso fu distrutto da Langdarma e restaurato da Sakya Pandita, divenendo la residenza dei monaci sia Nyingmapa che Sakyapa, con un abate Sakya a capo. Dopo la distruzione da parte dei Mongoli, il V Dalai Lama lo restaurò, ed il monastero divenne Ghelugpa pur conservando sempre un abate Sakya. Durante la rivoluzione culturale Samye subì la stessa sorte di altri monasteri: fu trasformato in una comune agricola, Utse Lhakhang fu ridotto a due piani invece che i suoi quattro originali, il Dawa e il Nyima Lhakhang furono distrutti, e la stessa sorte toccò ai piccoli ciörten sul muro di cinta, ai Lhakhang alle porte etc. Nel 1997 ho visto che molti di questi Lhakhang 110 erano stati ricostruiti o erano in fase di costruzione. Ho assistito anche ad una cerimonia tra rappresentanti cinesi e Lama locali, in cui i primi offrivano soldi per le riparazioni e testi in sostituzione di quelli distrutti. Il tutto in pace ed armonia e con il permesso per noi di fotografare. La leggenda continua dicendo che Guru Rimpocè provocò l’imperatore chiedendogli di immaginare il più stravagante ed ambizioso progetto per la costruzione del monastero. Il risultato fu la rappresentazione del cosmo secondo la mitologia buddista sul modello del Vihara indiano di Odantapuri in Bihar, India. Questo modello ha il monte Meru al centro e la sua punta è rappresentata dal Utse Rigsum Lhakhang; i Lingsci Lhakhang sono i quattro continenti localizzati nelle quattro direzioni e le piccole otto isole tra i continenti sono i Lingten Lhakhang, uno ad ogni lato dei Lingsci Lhakhang. Il Nyima Lhakhang ad Est ed il Dawa Lhakhang ad Ovest rappresentano rispettivamente il sole e la luna che roteano intorno al monte Meru. Ai quattro angoli del tempio di Utse vi sono quattro Ciörten di quattro colori differenti. Il muro perimetrale ha quattro entrate impressionanti nelle quattro direzioni, ed ad ogni entrata vi è un tempio dedicato ai protettori della porta, come anche una stele di pietra incisa. Sul muro vi sono 1008 piccoli ciörten come ornamento. 111 Utse Rigsum L’edificio al centro del mandala, costruito in stile cinese, indiano e Khotanese, è sorvegliato da due leoni che stanno davanti alla porta d’ingresso, e sulla sinistra vi è la stele che Trisong Detsen ha voluto, sulla quale è riportata la promessa dell’eterna protezione di Samye. Entrando nel dukhang si può notare l’influenza delle tre scuole Nyingmapa, Sakya e Ghelugpa; di fronte sulla sinistra vi sono le immagini dei protagonisti di Samye: Guru Rimpocè, l’imperatore Trisong Detsen e Songtsen Gampo. Davanti a Guru Rimpocè vi è una pietra con una sua impronta. Di fronte al dukhang vi sono immagini d’importanti Lama; Atisha, Dromtön, il suo discepolo, Gyalwa Nagpa, il V Dalai Lama e Tsongkhapa. L’immagine principale di questo tempio è Gianciub Cempo in terra cotta, il Jowo di Samye, che rappresenta il Buddha con gli ornamenti del Bodhisattva, risalente all’ VIII sec.. Egli è circondato dagli otto bodhisattva; le due raffigurazioni ai lati della porta rappresentano due protettori: Tamdrin e Miyowa. Nella parte settentrionale dell’edificio vi è il gönkhang, il tempio che emana più potere in tutta Samye; in esso troviamo l’immagine di Pehar, che si dice sia stata fatta da Guru Rimpocè in persona e di nuovo del protettore Tamdrin. I muri del primo piano sono decorati con stupendi affreschi che riportano la vita di Guru Rimpocè e la pianta originale di Samye. Salendo all’ultimo piano si accede ad una sala completamente 112 spoglia dove al centro è posto un mandala tridimensionale in legno e dalle piccole aperture sui muri si può godere una stupenda vista di Samye. Hepo Ri Ad Est di Samye vi è la magica collina di Hepo Ri, la cui Gompa, in rovina, sulla punta era la Gompa bön da dove partivano gli esseri magicamente prodotti di notte per distruggere quello che era stato fatto durante il giorno a Samye. A Nord Est un grande pietra piatta indica quella che era la grotta dove Guru Rimpocè si ritirava in meditazione. indice DA TSEDANG A SAKYA: Da Tsedang ci si dirige verso Ovest per entrare nella provincia di Tsang, la cui capitale è Shigatse, la seconda città del Tibet. Il Tibet occidentale è diviso in due provincie: Tsang e Ngari. Ngari include la parte superiore della valle dell’Indo e l’altopiano del Changthang, mentre Tsang include il tratto tra il monte Kailash e il lago Yamdrok. Da Tsedang si procede verso Ovest per 130 km. fino al villaggio di Chushul89 da dove la strada si inerpica per raggiungere il Kampa La a quota 4795. La 89 Chushul: vuol dire il villaggio dove s’incontrano tre fiumi 113 strada sale zigzagando verso il passo mentre il paesaggio cambia; diventa più brullo, più spazioso fino ad arrivare sulla punta del colle dove decine di tarciok sventolano al vento freddo dei suoi quasi 5000 metri Guardando dall’altro lato della strada il viaggiatore resta senza fiato non per la mancanza di ossigeno ma per la selvaggia bellezza del lago Yamdrok, conosciuto, anni a dietro come il lago Palti90. Il lago, uno dei quattro laghi sacri del Tibet, ha la forma di scorpione ed assomiglia ad un gioiello turchese incastonato nella valle, dove il silenzio è padrone e dove dal nulla spuntano i drokpa91, incuriositi e sorridenti e forse anche un pò spaventati. Il lago viene considerato come la dimora dei Lu, potenti divinità a forma di serpente, che vivono nelle acque. Si crede che il re di queste divinità viva in un palazzo di cristallo nelle profondità del lago e detiene le chiavi del paradiso. Quindi, sulle sponde del lago, ai defunti non si celebra il funerale dell’aria, ma i loro corpi vengono gettati 90 Palti: un villaggio conosciuto come una famosa sede della scuola Nyngmapa. Nel 18 sec, durante l’invasione dei mongoli, il lama di questo monastero Palti Shabdung, venne a conoscenza che l’invasore stava arrivando a Palti. Con i suoi poteri, fece apparire il lago come una pianura. I mongoli marciarono tranquillamente nella pianura per trovarsi nelle acque del lago dove perirono a centinaia. A Journey To Lhasa and Central Tibet. Sarat Chandra Das. Ed Book Faith India Delhi pag.129 91 Drokpa: nomadi. 114 nelle acque del lago dandogli la possibilità di servire il Re ed avere accesso al paradiso La strada costeggia il lago per molti km. e non ci si stanca mai di guardarlo; una piccola sosta per il pranzo vale proprio la pena. Si continua verso il villaggio di Pede Zong, agglomerato di case di pescatori dominato dalle rovine del suo forte; si prosegue per il villaggio di Nakartse, senza nessun interesse, a parte la Gompa di Samding Dorge Phagmo, 10 km. ad Est del villaggio situata su una penisola che si protende sul lago. L’importanza di questo monastero è dovuta alla sua badessa, reincarnazione di uno degli Yidam più importanti in tutte le scuole, Dorge Phagmo, la consorte di Demciog. Dorge Phagmo viene, anche, creduta un’incarnazione di Tara, la consorte di Cenresi. “Prima dei tempi che il Buddha apparisse sulla terra, vi era un demone di nome Matrankaru, che spargeva distruzione in tutto il mondo. Egli sottomise non solo questo mondo ma anche gli otto pianeti, le ventiquattro costellazioni, gli otto Naga e gli dei. Poteva sollevare su un dito il monte Meru. Il Buddha e gli Dei, infine tennero concilio su come sottomettere questo demone; fu deciso che Cenresi doveva prendere la forma di Tamdrin e la sua consorte Tara quella di Dorge Phagmo. Quando ebbero assunto questa forma, si recarono sulla sommità del monta Malaya, Tamdrin nitrì tre volte, per incutere terrore al demone; Dorge Phagmo grugnì cinque volte per immettere terrore nel 115 cuore della moglie di Matrakaru. Immediatamente essi si prosternarono davanti alle due divinità ma la loro vita fu risparmiata e Matrakaru divenne un seguace del Buddha, un protettore del dharma e fu chiamato Mahakala”92 È la più alta incarnazione femminile tibetana; la leggenda vuole che si trasformò in scrofa con le sue consorelle per allontanare i Mongoli nel 1716. Il monastero comunque non sfuggì all’attenzione dei cinesi nel 1959 che lo distrussero completamente. La badessa, ora, risiede a Lhasa, da dove dirige i lavori di restauro. Nei 200 km. che ci separano da Gyantse bisogna superare ancora il magnifico passo del Karo La, ad un’altezza di 5100 metri Il passo, in se stesso, non offre niente di particolare, a parte il maestoso ghiacciaio che giunge, quasi, a toccare la strada (mezz’ora ci separa dai suoi piedi). Il passo è rimasto famoso perché nel 1904 i tibetani decisero di ostacolare l’avanzata Inglese in questo tratto di strada; un incauta dimostrazione di forza da parte di un itibetano scatenò una breve, ma sanguinosa battaglia che in pochi minuti lasciò sul terreno 700 tibetani . Pochi anni fa il passo era piacevole e tranquillo, ora, quando ci si ferma, si viene assaliti da tibetani con yak addobbati per i turisti, le foto che si fanno devono essere 92 Lhasa and Central Tibet, op.cit pag 127 116 assolutamente pagate o si può andare incontro a spiacevoli situazioni con questi nomadi che sembra, ultimamente, sono molto attaccati ai soldi. GYANTSE: Gyantse domina la fertile valle di Nyang Ciu, ed è dominata dal forte, visibile da lontano, residenza del governatore di Tsang e distrutto, in parte, dall’artiglieria Inglese nel 1904. La bellezza della città, ormai cinese, sta tutta nel ciörten del Kumbum93, unico nel mondo buddista. La via antistante al complesso del Kumbum è la vecchia città, il suo bazar nella via ancora lastricata, era di proprietà del Palkor Chode ed i suoi negozi contribuivano largamente al mantenimento del monastero; una passeggiata vale la pena prima di entrare nella parte cinese. Kumbum Il ciörten fu regalato da un principe di Tsang alla scuola Sakya nella metà del secolo XV. La leggenda racconta che dopo cinque giorni di pioggia incessante, che aveva causato molti morti e la distruzione dei raccolti, il principe fece costruire il ciörten in offerta alle divinità locali, in tal modo furono placati gli elementi. Da quel giorno non ci furono più disastri nella valle, che diventò una delle più fertili del Tibet. 93 Kumbum: centomila statue. 117 Oltre ad essere un opera d’arte sensazionale, il ciörten del Kumbum rappresenta l’ascesa dai livelli di energia più grossolana alle energie più sottili che portano alla realizzazione; simbolizza un mandala tantrico le cui cappelle diminuiscono di numero man mano che si sale i suoi nove livelli, di cui ogni livello è un mandala in se stesso: al pianterreno troviamo i protettori, che eliminano ogni ostruzione alla vita spirituale; al secondo piano veniamo introdotti al mandala di Cenresi e di Tara, per sviluppare un’attitudine di compassione ed amore. In seguito si incontra il mandala di Dorge Sempa, per la purificazione. Al quarto piano veniamo in contatto con i Mahasiddha, i maestri che ci introducono alla pratiche tantriche. Sopra ancora ci sono i mandala dei 5 Dhyani Buddha, e più in alto ancora gli yidam in unione sessuale . Vale la pena salire fino all’ultimo piano dove una statua di Dorge Ciang94 ci aspetta sorridente e tranquilla. Chi 94 Dorge Ciang: letteralmente il “detentore del Dorge”, normalmente rappresentato in colore blu, seduto nella posizione del loto, egli tiene le braccia incrociate sul petto; nella mano destra stringe il Dorge, simbolo dell’energia maschile o del mezzo, nella mano sinistra la campana, simbolo dell’energia femminile o della saggezza. Questo mudra-gesto delle mani- simbolizza, tra le altre cose, l’unione sessuale che secondo la concezione tantrica è il mezzo più potente per arrivare ad uno stadio di comprensione della natura della mente. L’unione sessuale tantrica non è assolutamente paragonabile alla nostra visione ordinaria dell’amplesso sessuale; essa richiede, infatti, una severa disciplina yogica basata su respirazioni e visualizzazioni. 118 ha il coraggio può uscire sul tetto dal quale si gode una magnifica vista della città. Gli affreschi e le statue situate nelle varie cappelle sono dei maestri della scuola Tsangpa derivante dalla scuola Nepalese Newari. Pelkor Chode Fondato dal principe di Gyantse Rabten Kunsang nel 1418, questo complesso monastico dove si mescolavano le idee di varie scuole è stato distrutto; rimane solo il Tsok khang del Pelkor Chode. Entrando nella sala principale, al centro vi è la statua del Jowo Sakyamuni sull’altare principale; disposte intorno ad esso si trovano tre sale: la prima a sinistra contiene statue in legno che rappresentano i cinque Dyani Buddha, sono senza dubbio di un incredibile bellezza e raffinatezza tra le più belle che si possono ammirare in questa zona del Tibet. Le pareti sono ricoperte con decine di libri, scritti in oro, su foglie di palma. Alcuni di essi sono chiusi dai lebshing (tavole piatte caratteristiche che tengono fermi i libri già avvolti in stoffe) intarsiati, direi, meticolosamente. Uscendo sulla destra di questa sala, un altra cappella ospita le statue dei Buddha dei tre tempi; ancora a destra si entra nel locale dove vi è la stupa funeraria della madre del fondatore di questo stupendo monastero. 119 Al primo piano del Drubtob Lhakhang si trovano affreschi riproducenti i Mahasidda e i sedici Arhat che datano del XV sec. La camera sulla sommità del tempio, l’Utse Lhakhang, è affrescata con grandi mandala del XV sec. della tradizione Sakya e fatti nello stile Ngor. SHALU: Proseguendo la strada verso Shigatse, una deviazione di 6 km., a 20km prima della città, ci porta, quando è transitabile, ad una delle più importanti gompe del Tibet, dal punto di vista storico ed artistico: Shalu. La Gompa fu fondata nel 1040 da Sherab Giungne; il Dukhang fu eretto durante la dinastia Sakya all’inizio del secolo XIV con l’aiuto degli stessi Mongoli che portarono al potere i Sakya, motivo per cui entrando nel suo cortile vedremo i tetti pagodeggianti del monastero dalle tegole verdi. Nello stesso periodo il monastero fu la residenza di Butön (1290-1364), grande studioso a cui si devono molti manoscritti sulla filosofia buddista; il suo contributo principale consistette nel mettere in ordine i testi del Kangyur e del Tengyur, il canone buddista. A Butön si deve anche l’inizio della scuola dei famosi yogin che praticavano il Lung Gom, una particolare meditazione che viene protratta per dodici anni al buio e che dà ai praticanti la capacità di coprire distanze enormi in pochissimo tempo. La leggenda dice che Butön stava partecipando ad un rituale di offerte per ScinJe, il Signore della morte, 120 quando questi si manifestò realmente e chiese un sacrificio umano. Butön offri la sua persona, ma venne trattenuto da un Lama che non voleva il sacrificio di una persona così importante. In cambio fu offerto a ScinJe un ritiro di dodici anni, quest’ultimo accettò e fu così che iniziò la tradizione. Molti dei tesori di Shalu sono scomparsi, come i manoscritti in oro su foglie di palma. Due importanti reliquie rimangono in Shalu, una pietra nera con il mantra di Cenresig che viene venerata come auto generata, ed il vaso di Birwapa, uno yogin tantrico indiano progenitore della scuola Sakya vissuto nell’IX sec., la cui acqua, contenuta in esso, non diminuisce mai di livello e chi la beve può realizzare il significato degli insegnamenti dello yogin attraverso la sua benedizione. All’ultimo piano vi sono i reliquari di Butön e di Atisha. Ritornando a pianterreno si può chiedere ai monaci di aprire la camera dove decine di testi sono ammassati e impolverati, tra i quali si possono trovare ancora fogli con scritte in oro (non più accessibile agosto 2000). Lo Tsepame Lhakhang contiene un affresco di Dorge Sempa e le pareti sono ricoperte da innumerevoli statue di terra cotta rappresentanti Tsepame. Il Neten Lhakhang è affrescato con scene descriventi la vita di Butön e mandala tantrici d’ispirazione di Butön. Verso 121 Sud-Ovest vi è quello che rimane della casa di ritiro Ripuk, dove i monaci si esercitavano nelle pratiche di Lung Gom. SHIGATSE: A 20 km. di distanza da Shalu, al di sopra della confluenza del Nyang Ciu con lo Tsangpo, si trova la seconda città in ordine d’importanza del Tibet: Shigatse, la capitale dello Tsang. Shigatse, dominata dai resti del forte Samdrub Tse Zong, residenza dei principi di Tsang fino alla loro sconfitta inflitta dal Gushri Khan nel 1642 è localizzata sulla strada che sale dal Sikkim, quella scelta dalla spedizione Inglese. La sua posizione, oltre al fatto che vi risiede il Pancen Lama, il secondo d’importanza politica e spirituale nel Tibet ne fa la seconda città più importante del Tibet.. Shigatse è stata resa dai cinesi anonima e solo nel bazar tibetano ai piedi del forte la vita si rianima tra le bancarelle dei venditori sorridenti ed un tantino ossessivi, che inseguono il turista dicendo “luki,luki” che sta per “guarda” in Inglese. L’enorme Gompa di Tashilunpo fu costruita nel 1447 da Gendün Drub, nipote e discepolo di 122 Tsongkhapa, l’unico Dalai Lama95 che riposa in questo monastero. Il suo successore si trasferì a Drepung, quindi Tashilunpo perse d’importanza finché il V Dalai Lama riconobbe il suo tutore a Tashilunpo come la reincarnazione di Öpame, il Buddha della luce infinita che risiede nel paradiso occidentale. Con questa mossa astuta, il Dalai Lama si creò un alleato nella provincia di Tsang e nello stesso tempo lo riconobbe come superiore a lui nella gerarchia spirituale. In seguito i Pancen Lama furono rivali politici dei Dalai Lama, situazione da cui i cinesi trassero buoni vantaggi. Il X Pancen Lama, Chokyi Gyaltsen, rimase in Tibet dopo il 1959; egli fu portato a Pechino per un periodo di 10 anni per ri-educazione. Appena ritornato alla sua sede disse pubblicamente al popolo tibetano di avere fede nel Dalai Lama in esilio. Da quel momento sparì fino a che più tardi fu annunciata la sua morte senza fornire alcuna spiegazione sulla causa di essa. Il monastero è una piccola cittadella, con viuzze che connettono un Lhakhang con un altro; camminandoci si può vivere quella che doveva essere l’atmosfera quando vi vivevano 4000 monaci. Ora nei Lhakhang si trovano monaci tristi che salmodiano preghiere senza molta convinzione; questo è dovuto alla diatriba in corso tra il Dalai Lama ed i cinesi. Qualche anno addietro il Dalai Lama annunciava di avere ritrovato 95 Gendün Drub fu dichiarato Dalai Lama dopo la sua morte da parte del III Dalai Lama, che fu effettivamente il primo. 123 la nuova reincarnazione del Pancen Lama, dicendo il suo nome e scatenando la gioia dei monaci di Tashilunpo. Seguì un’immediata repressione da parte dei cinesi che arrestarono il bambino con la sua famiglia, di cui non si ha nessuna notizia, e mettendo sul trono un Pancen Lama scelto dai cinesi. Questo diede origine a disordini ed uccisioni, ed ora nei Lhakhang di Tashilunpo si possono vedere, sugli altari, solo le foto del bambino cinese. Ganden Lhakhang Costruito nel 1914 dal IX Pancen Lama per ospitare la più straordinaria statua di Tashilunpo, quella di Jampa Cempo, Maitreya il Buddha del futuro, alta 26 metri e ricoperta con 170 kg di oro, tempestata di gioielli e pietre preziose, questo tempio è veramente impressionante. Sull’altare, davanti ai piedi della statua vi è la foto del IX, X e del nuovo Pancen Lama. I pellegrini la circoambulano rispettosamente recitando mantra e portando nelle mani delle ciö-me, lampade di burro, e s’inchinano con malumore davanti alla foto del Pancen Lama cinese. Gyaltsen Labrang Proseguendo si entra nel Gyaltsen Labrang, un enorme edificio che era la residenza dei Pancen Lama; le sue stanze sono connesse tra di loro da una serie di piccoli corridoi, dove sono esposte dietro grate un’innumerevole quantità di statue di tutte le epoche. Il Labrang contiene il Kudung, reliquario, alto 12 metri in 124 argento del IV Pancen Lama, costruito dal VI Pancen Lama nel 1700. Nella parte settentrionale del monastero si trova il Dongden Lhakhang in cui sono ospitati i kudung del primo, secondo e terzo Pancen Lama; alla parte opposta il Ngurik Lhakang contiene un antica statua di Tara auto-generata; nello Tsokkhang si trova il reliquario di Gendun Drub, il fondatore di Tashilunpo. Anche se il saccheggio ad opera dei Nepalesi nel 1792 ha distrutto molto dell’originale complesso, sono rimasti i due collegi di filosofia e dibattito: il Ngakpa Dratsang e il Tsenyi Dratsang, dove i monaci possono ancora studiare i vecchi testi di filosofia. Il Lingkhor che circonda il monastero conclude la visita di Tashilunpo. Senz’altro vale la pena di percorrerlo; dura all’incirca un’ora e mentre per noi è una passeggiata, per i tibetani è un percorso sacro, che percorrono prosternandosi su tutta la lunghezza del corpo soffermandosi a recitare mantra davanti a varie pietre sacre che sembra contengono immagini auto-generate. Il Lingkhor termina la visita al monastero e scende nella parte vecchia della città. SAKYA: All’altezza del ponte di Sakya, 127 km. da Shigatse, la strada gira verso Sud Est e dopo 27 km., entrando nella valle di Trom Ciu, si scorgono i bastioni 125 grigi96 della fortezza di Sakya; in effetti questa è l’impressione che si ha vedendola dal di fuori, e dal didentro i camminamenti che girano intorno alle mura rafforzano l’impressione di essere in un castello medievale più che in un monastero. Sakya fu fondata nel 1073 da Kunciok Gyalpo, un nobile locale, e divenne la sede principale della scuola Sakya. Conobbe potere politico e spirituale tra il XIII e il XIV sec. in concomitanza con l’espansione Mongola nell’Asia centrale. La successione, in questa tradizione, avviene da zio a nipote; i discendenti di Kunciok Gyalpo, Sakya Pandita e Pakpa furono nominati vice re dai Khans, diventando il ricettacolo della cultura Mongola e più tardi della dinastia cinese Yuan. La città fu distrutta e restaurata nel XIV sec. e poi inevitabilmente distrutta dalle guardie rosse; prima di ciò Sakya era una delle più grandi gompe in Tibet. Dalla parte opposta del fiume Trum si possono vedere ancora le rovine di quella che era la vecchia Sakya. Quello che noi visitiamo è il Lhakhang Cempo, conosciuto anche come Sibgön Trulpa, costruito da Sakya Sangpo nel 1268 quando Pakpa era ancora in vita. Il Lhakhang Cempo è circondato da alte mura di cinta ed entrando nel cortile sulla sinistra vi è il Purdung Lhakhang; all’interno dominano le statue di Sakyamuni 96 Sakya: letteralmente “terra grigia” 126 e Jampelyang97, alla destra vi sono i ciörten d’argento che conservano alcune delle reliquie degli abbati del monastero. Il Lhakhang Cempo è il luogo più sacro del monastero. È una struttura imponente il cui soffitto è sostenuto da 40 colonne di legno, si dice che una di esse fu portata a piedi dalla Cina, un regalo del Kublai Khan. Molte opere d’arte erano state raccolte in questa sala nel periodo di grandezza dei Sakya, provenienti dal Kashmir, Nepal e Cina. Ora rimangono la statua di fattura Kashmira, Siwo Barba; la statua fatta con la pelle di un re indiano conosciuta come Sebak Nakpo; la statua di uno dei quattro protettori di Gorum, appartenuta al Mahasidda Birwapa portata da Bodh Gaya (India), ed un piccolo ciörten in terra cotta contenente le reliquie del Buddha Kasyapa. Vale la pena di farsi aprire la porta che conduce in un locale dietro all’altare principale, nel Dukhang. Vi è contenuta un’immensa libreria con più di 20.000 volumi, alcuni dei quali sono scritti in oro ed argento. indice VERSO SHEGAR E KATMANDU: Da Sakya 110 km. di altopiano deserto disseminato di accampamenti di nomadi con le loro mandrie di yak ci separano da Shegar. 97 Jampelyang: Mangiuscri, il bodhisattva della saggezza. 127 A 24 km. da Sakya sulla strada per New Tingri (Shegar) si trova il villaggio di Lhatse, una volta famoso crocevia per le carovane dei mercanti, ora il bivio per la strada che porta al lontano e mistico Kailash. Da Lhatse 82 km. ci separano da Shegar o New Tingri. Il passo Lhakpa La, 5250 metri vale una sosta per le foto e per la possibilità d’incontro con i nomadi tibetani; si prosegue per arrivare sull’altopiano di Shegar (4500 metri) che ha un estensione di 80 km. da Est ad Ovest. L’albergo è di uno squallore e inefficienza che fa inorridire, ma conviene riderci sopra, poiché è l’unico nella zona ed è l’ultimo prima del lusso e comfort di KTM. Tingri non ha nessuna importanza religiosa, ma aveva un importanza come centro commerciale, dove gli sherpa Nepalesi scambiavano riso, grano e ferro per lana e sale con i tibetani. A pochi km. dall’albergo vi è il check-post oltre il quale i Nepalesi non possono andare, la strada prosegue per il passo del Lalung Leh 5050 metri Bisogna partire presto al mattino per avere l’opportunità di trovare il cielo limpido e godere dalla sommità del passo la vista dell’Everest (8846 metri) del Cho Oyu (8201 metri) e poco più avanti del Shishapangma (8013 metri). La strada prosegue per Nyalam; questo piccolo villaggio, una volta Nepalese, è localizzato a 3750 metri di altezza quasi alla fine dell’autostrada dell’amicizia, nella parte superiore delle profonde gorge di Po Ciu. Nyalam significa “il sentiero per l’inferno” e così in effetti 128 è la strada che conduce verso il confine del Tibet, a Zhangmu 2300 metri, 10 km. dopo il villagio di Nyalam . Sulla sinistra della strada, scendendo un sentiero che attraversa un ultimo tipico villaggio tibetano, si trova la grotta dove il famoso yogin Milarepa trascorse buona parte della sua vita in meditazione. La grotta è racchiusa in un monastero, ma vale la pena andarci. Ora il paesaggio è decisamente cambiato: dall’arido altopiano di Shegar, battuto dal vento e privo di vegetazione , si passa , come in sogno, in un paesaggio tropicale, lussureggiante e verde, con cascate lungo i fianchi delle montagne che danno un aspetto irreale, circondate da nebbioline ed arcobaleni; ve ne sono tante ed alcune di esse scendono fin sulla strada trascinando con se massi e pietrame causa di frequenti interruzioni. Non importa; il paesaggio è troppo bello per rendersi conto dei pericoli. La frontiera è alla fine dello squallido villaggio di Zhangmu (2300 metri); sbrigate le pratiche doganali si scende ancora fino al ponte dell’amicizia dove il nostro viaggio di circa 1100 km. termina; si rimette l’orologio 2 ore indietro e si rientra nella civiltà. indice 129 BIBLIOGRAFIA -Charles Allen; A Mountain In Tibet; ed Rupa & Co, Calcutta 1992. -Roland Barraux; Histoire des Dalaï-Lamas; Quatorze reflets sur le Lac des Visions; ed. Albin Michel S.A., Paris 1993. -Sarat Chandra Das, A Journey To Lhasa and Central Tibet, ed. Book Faith India Delhi 1998 -Namkai Norbu; Drung, Deu and bön; Narrations,. Symbolic languages and the bön tradition in ancient Tibet Ed. Library of Tibetan Works and Archives, Dharamsala 1995. -Franco Pizzi; I Tibetani, ed. Xenia, Milano, 2000 -Giuseppe M. Toscano; Alla Scoperta del Tibet, ed. E.M.I., Bologna 1977. -Tsang sMyong Heruka; I Centomila Canti di Milarepa, a cura di Franco Pizzi e Kristin Blancke, ed. Rassegna Culturale J.M., Roma 1989; in prossima pubblicazione presso Adelphi Ed, Milano, 2001 (3 volumi). indice 130