Onorevoli Senatori

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SENTENZE CORTE DI CASSAZIONE
CASSAZIONE CIVILE - Sezione III – sentenza n. 13427 del 20 luglio 2004
IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE, NEI CONFRONTI DEL MEDICO, UNA VOLTA INIZIATO, DEVE ESAURIRSI COMUNQUE NEL TERMINE DI CINQUE ANNI, ALTRIMENTI È DA RITENERSI PRESCRITTO; FATTISPECIE
IN ORDINE A ESERCIZIO ABUSIVO DELLA PROFESSIONE DI ODONTOIATRA
La prescrizione quinquennale prevista dall'art. 51 del d.P.R. 5 aprile 1950 n. 221 dell'azione disciplinare
nei confronti degli esercenti professioni sanitarie e interrotta con effetto istantaneo ai sensi dell'art 2945,
primo comma, cod. civ., dal promovimento della detta azione disciplinare in sede amministrativa, mentre
per la fase giurisdizionale davanti alla Commissione Centrale è applicabile il secondo comma del menzionato art. 2945 che prevede l'effetto permanente dell'interruzione.
Svolgimento del processo
"In data 3.4.1995 perveniva all'Ordine dei Medici di Venezia dal Comando della Guardia di Finanza di Mestre la segnalazione di favoreggiamento di esercizio abusivo della professione nei
confronti del dottor .., in qualità di direttore sanitario. Nel corso di una verifica fiscale effettuata
presso il Centro Odontoiatrico.... con sede in ..., veniva riscontrato, attraverso controlli incrociati su 17 clienti, che il sig. aveva esercitato abusivamente la professione di odontoiatra, in almeno
tre occasioni, alla presenza del dottor .., che veniva segnalato alla A.G. per il reato di cui all'art.
348 c.p.
Convocato dal Presidente dell'Ordine, nel corso dell'audizione preliminare del 3.7.1995, il sanitario dichiarava di essere stato il direttore sanitario dello studio di via .. nel periodo 1990/1994 e
che il Sig. .. si limitava, nella collaborazione, alla sola parte tecnica; esprimeva la propria convinzione che il Sig. .. non avesse mai praticato interventi di competenza medico- odontoiatrica
anche in sua assenza. In data 19.9.1995 la Commissione medica decideva l'avvio di un procedimento disciplinare nei confronti del Dott. ..., con l'addebito di "aver agevolato e/o consentito l'esercizio abusivo della professione nello studio di ....., giusta segnalazione della Guardiadi Finanza del 24.3.1995, con ciò violando l'art. 81 del Nuovo Codice Deontologico Professionale e
l'art. 8 del DPR 5 febbraio 1992 n. 175 "Norme in materia di pubblicità sanitaria e di repressione dell'esercizio abusivo delle professioni sanitarie". Nel corso del giudizio disciplinare, svoltosi
il 22.11.1995, il sanitario dichiarava di avere lasciato l'incarico di direttore sanitario della società nel periodo in cui venne fetta l'ispezione, che i pazienti avevano riferito alla G. di F. che l'odontotecnico si era limitato ad aiutarlo, in una occasione, nel rilievo di una impronta, e, in un'altra, nella cementazione di un ponte provvisorio.
Affermava poi che il laboratorio odontotecnico era all'interno dei locali ma distaccato dallo studio, che la fatturazione veniva fatta su carta intestata della società, e che gli utili venivano ripartiti in percentuale. Nella seduta del 15.1.1997, la Commissione medica,dopo aver preso atto della comunicazione della FNOMCEO a 98 del 11, 10.1996, che individuava quale contraddittore
necessario nei procedimenti disciplinari il Ministro della Sanità in luogo del Prefetto, e atteso
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che la mancata comunicazione dell'inizio del procedimento disciplinare poteva inficiarne la regolarità, decideva di integrare il contraddittorio e di riaprire il procedimento disciplinare nei
confronti del dottor .., per avere violato l'art. 81 ss., Titolo 5^, Capo 2^ del Nuovo Codice Deontologico, per aver agevolato e/o consentito l'esercizio abusivo della professione nello studio di..,
fatto comunicato dalla G. di F. del Comando di Mestre il 24.3.1995, comunicatogli con lettera
del 18.2.1997.
Nel corso del giudizio disciplinare, svoltosi il 2.4.1997, il sanitario confermava le dichiarazione
già rese in precedenza. La Commissione medica riteneva il Dott. responsabile dell'infrazione
contestatagli e gli irrogava la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per tre mesi, ritenendolo responsabile della società in quanto direttore sanitario. Il fatto
che la fatturazione veniva fatta su carta intestata della società, nella cui ragione sociale figuravano delle persone (...) che non risultavano essere odontoiatri, ingenerava nella clientela confusione sulle figure che operavano nel centro. Inoltre agli odontotecnici è preclusa la possibilità di
qualsiasi rapporto diretto con il paziente ai sensi dell'art. 11 del R.D. 31/5/28 n. 1334. Il fatto
che lo studio dentistico e il laboratorio odontotecnico avessero un'unica entrata, personale dipendente e utenze in comune, appare come manifestazione di collaborazione fra tecnico e professionista tale da configurare l'esercizio abusivo della professione...". Con l'impugnata decisione 8.8.5 -19.6.2002 la Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie respingeva il ricorso. Contro questa decisione ha proposto ricorso per Cassazione il Dott. .. Ha resistito
con controricorso il Ministro della Salute. Le altre parti intimate non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Il ricorrente Dott...., con il primo motivo, denuncia "Violazione e falsa applicazione dell'art. 51
del DPR. n. 221 del 1950 (prescrizione dell'azione disciplinare) e dell'art. 47, 1 comma, stesso
DPR. - Insufficiente e contraddittoria motivazione" esponendo le seguenti doglianze. L'azione
disciplinare in questione è iniziata in seguito ad una segnalazione della Guardia di Finanza di
Mestre del 1995 e, quindi, con l'invito al ricorrente, da parte del Presidente dell'Ordine Prof. .., a
rendere informazioni, datato (si legge nel provvedimento) 16.06.1995. La prima audizione avanti la Commissione porta la data del 20.11.1995. La relativa decisione disciplinare è stata pubblicata, mediante il suo deposito nella segreteria dell'Ordine, in data 06.12.2001. E' evidente, pertanto, che ai sensi dell'art. 51 del D.P.R. n.221/1950 l'azione disciplinare si è ampiamente prescritta, in quanto se l'inizio dell'azione stessa ha effetto interruttivo "istantaneo" del termine di
prescrizione, ciò non toglie che il procedimento debba esaurirsi comunque in cinque anni, e cioè
nel termine di cui all'art. 51 D.P.R. n. 221/1950. Nel caso di specie la decisione è stata depositata e cioè è stata resa pubblica (ed è questa la data cui riferirsi, poiché solo dal deposito di un atto
di tal specie può dedursi la sua data certa), dopo oltre sei anni dall'inizio dell'azione disciplinare.
Ed è principio giuridico consolidato il fatto che solo dalla pubblicazione di un qualsiasi provvedimento giurisdizionale può ricollegarsi la relativa efficacia, e quindi la decorrenza o comunque
il computo di termini, anche quelli prescrizionali.
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La Commissione Centrale ha erroneamente ritenuto (a pag. 4) che "il procedimento disciplinare
in esame...si è concluso il 2.4.97 con l'assunzione dell'atto sanzionatore da parte dell'organo disciplinare" Invece, come rilevato in fatto, in data 2.4.97 si era tenuta l'ultima udienza e la decisione, presa in Camera di Consiglio senza la presenza dei sanitario, è stata sia depositata (in data
6.12.01) sia comunicata al ricorrente e quindi dallo stesso conosciuta in data 27.12.01 ampliamente decorso il termine prescrizionale previsto dall'art. 51. Il motivo (nella sua parte essenziale) va accolto.
Occorre premettere che in effetti "La prescrizione quinquennale prevista dall'art. 51 del d.P.R. 5
aprile 1950 n. 221 dell'azione disciplinare nei confronti degli esercenti professioni sanitarie e
interrotta con effetto istantaneo ai sensi dell'art 2945, primo comma, cod. civ., dal promovimento della detta azione disciplinare in sede amministrativa, mentre per la fase giurisdizionale davanti alla Commissione Centrale è applicabile il secondo comma del menzionato art. 2945 che
prevede l'effetto permanente dell'interruzione." (Cass. n. 10396 del 30/07/2001).
Sulla base di tale premessa in diritto che sembra in realtà essere tacitamente ed implicitamente
condivisa anche dalla Commissione Centrale, quest'ultima doveva stabilire essenzialmente due
circostanze: -1) quando si poteva dire iniziata la specifica azione disciplinare che aveva portato
(con la partecipazione al procedimento quanto meno con la legale conoscenza del medesimo da
parte dei legittimi contraddittori) alla decisione poi impugnata; - 2) quando questa decisione poteva dirsi intervenuta agli effetti interrottivi in questione. Ciò premesso si osserva: - che un effetto interruttivo non può certamente essere ricollegato ad una mera decisione non pubblicata e
cioè ad un atto che resta nell'ambito del soggetto che lo pone in essere senza essere rilevatole
all'esterno; - che solo con il deposito della decisione della Commissione per gli iscritti all'albo
degli odontoiatri dell'ordine provinciale l'atto acquista rilevabilità e quindi rilevanza esterna tra
l'altro anche agli effetti interruttivi predetti.
La decisione della Commissione Centrale è quindi errata in diritto laddove ha attribuito effetto
interruttivo alla mera "assunzione dell'atto sanzionatore da parte dell'organo disciplinare" avvenuta il 2.4.97 (mentre il deposito è avvenuto il 6.12.2001). L'erronea collocazione nel tempo
dell'effetto interattivo della decisione si pone chiaramente come determinante (ed in concreto
assorbente) nella decisione da parte del Giudicante della questione della prescrizione; e d'altra
parte questa decisione si pone "a monte" in quanto preliminare (dal punto di vista logicogiuridico) rispetto a tutte le altre questioni sottoposte alla sua attenzione (compresa quella concernente il mutamento di composizione dell'organo giudicante; questione oggetto del secondo
motivo di ricorso e strettamente connessa con quella sub 1 di cui sopra). Gli altri motivi di ricorso, riguardanti dette ulteriori questioni, sono quindi da ritenersi assorbiti (fatta eccezione per
la questione che verrà ora affrontata).
Con riferimento alla richiesta di immediata sospensione dell'esecutività della decisione impugnata e, quindi, della sanzione infitta ed al successivo punto del ricorso in cui, "...qualora questa
Suprema Corte ritenesse improponibile tale istanza, stante l'evidente disparità di trattamento
all'interno delle cd. professioni protette...", si solleva questione di "...legittimità costituzionale
sull'art. 68 del D.P.R. 221/50 per contrasto con gli articoli 3 e 24 Cost. - anche per colmare una
lacuna legislativa derivante dall'inapplicabilità - cfr. C.C.E.P.S. dec. N. 2 del 7 marzo 1973 -
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della procedura ex art. 373 c.p.c....", si rileva quanto segue: -A) parlando di "...disparità di trattamento all'interno delle cd. professioni protette., la parte ricorrente intende evidentemente alludere al fatto che l'art. 56 quarto comma del R.D.L. 27.11.1933 n. 1578 (Ordinamento della professione di avvocato) prevede che il ricorso "...avverso le decisioni del Consiglio Nazionale Forense alle sezioni unite della Corte di Cassazione...non ha effetto sospensivo.
Tuttavia l'esecuzione può essere sospesa dalle sezioni unite della Corte di Cassazione, in Camera di consiglio, su istanza del ricorrente...; va pero rilevato che tale norma, nell'ambito della disciplina dei ricorsi per Cassazione contro organi giurisdizionali come quelli in questione (La
Commissione centrale degli esercenti le professioni sanitarie, il Consiglio nazionale forense,
ecc.) ha carattere indubbiamente eccezionale; e ciò elimina alla radice ogni dubbio di costituzionalità sotto il profilo prospettato; sulla base di quanto sopra esposto si deve concludere da un
lato che l'istanza di provvedere in via immediata nel senso suddetto è effettivamente inammissibile non essendo prevista dalla disciplina applicabile in tema di ricorso per Cassazione contro
decisioni della Commissione Centrale suddetta; e dall'altro che sotto ogni possibile profilo deve
ritenersi manifestamente infondata (non essendo comunque ipotizzatole alcun contrasto con gli
articoli 3 e 24 Cost.) la questione di legittimità costituzionale prospettata; -B) quanto alla norma
di cui all'art, 373 c.p.c. si osserva che la parte ricorrente appare dame per scontata l'inapplicabilità nella specie (non sussiste dunque un motivo di ricorso per Cassazione sul punto); ed infatti
si basa tra l'altro proprio su tale affermata inapplicabilità per suffragare ulteriormente la sua tesi
circa la questione di legittimità costituzionale concernente l'art. 68 cit.; a tal proposito appare
opportuno rilevare da un lato che non viene sollevata una questione di legittimità costituzionale
con riferimento a detta inapplicabilità (questione che del resto nella specie sarebbe essenzialmente di competenza del Giudice speciale che ha pronunciato la decisione impugnata; in quanto
sarebbe a detto Giudice che ex art 373 cit l'istanza in questione andrebbe rivolta, e sarebbe detto
Giudice che dovrebbe applicare tale articolo decidendo sul punto); e dall'altro che l'argomentazione in esame non vale a suffragare validamente l'unica questione di legittimità costituzionale
sollevata innanzi a questa Corte Suprema (la sopra citata mancanza di una norma che preveda
per quest'ultima la possibilità di sospendere immediatamente l'esecuzione della decisione della
Commissione Centrale) in quanto comunque non conforta validi dubbi circa contrasti con gli
articoli 3 e 24 Cost.;
-C) con riferimento poi alle medesime problematiche predette in sede non di provvedimento
immediato, ma di decisione dopo la discussione ex artt. 379 e 380 c.p.c (questione da ritenersi
implicitamente proposta dalla parte ricorrente) non sembra inutile rilevare quanto segue: l'art. 53
del D.P.R. 5.4.1950 n. 221 (dopo aver previsto al primo comma che "I RICORSI ALLA COMMISSIONE CENTRALE PER GLI ESERCENTI LE PROFESSIONI SANITARIE SONO
PROPOSTI DALL' INTERESSATO O DAL PREFETTO O DAL PROCURATORE DELLA
REPUBBLICA, NEL TERMINE DI TRENTA GIORNI DALLA NOTIFICAZIONE O DALLA COMUNICAZIONE DEL PROVVEDIMENTO") al secondo comma stabilisce che "IL RICORSO DELLTNTERESSATO HA EFFETTO SOSPENSIVO QUANDO SIA PROPOSTO
AVVERSO I PROVVEDIMENTI DI CANCELLAZIONE DALL'ALBO O AVVERSO I
PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI AD ECCEZIONE DI QUELLI PREVISTI DAI PRECE-
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DENTI ARTICOLI 42 E 43..."(eccezione inapplicabile nel caso in questione in quanto non risulta che le ipotesi di cui a detti artt. 42 e 43 sussistano nella specie);
poichè dall'accoglimento del sopra citato primo motivo deriva la Cassazione delta sentenza della
Commissione Centrale, deve ritenersi che conseguentemente riviva l'effetto sospensivo predetto; nel senso che si ricrea la situazione giuridica antecedente l'emanazione della decisione impugnata della Commissione Centrale; e che quindi l'esecutività della decisione della COMMISSIONE PER GU ISCRITTI ALL'ALBO DEGLI ODONTOIATRI DELL'ORDINE PROVINCIALE DEI MEDICI CHIRURGHI ED ODONTOIATRI di Venezia deve ritenersi sospesa in
conseguenza del ricorso avverso la medesima; da ciò deriva il difetto di interesse del Dott. ... in
ordine alle istanze e deduzioni in questione (con riferimento alla fase processuale della decisione
dopo la discussione ex artt. 379 e 380 c.p.c.), con conseguente inammissibilità delle medesime.
La decisione impugnata va quindi cassata e la causa va rinviata alla Commissione Centrale la
quale dovrà nuovamente esaminare (alla luce del principio di diritto sopra esposto) la questione
della prescrizione (in particolare nei due punti 1 e 2 sopra indicati) e (eventualmente) tutte le altre. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo; dichiara assorbiti gli altri;
cassa l'impugnata sentenza e rinvia la causa alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie; compensa le spese del Giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2004.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2004
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