Propaganda: guerra, politica e pubblicità di
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Propaganda: guerra, politica e pubblicità di
www.tesinetemi.altervista.org Propaganda: guerra, politica e pubblicità di Luca Porcella Tesina scritta da Luca Porcella sul tema della propaganda. Nella tesina il dott. Porcella analizza il testo di Gianpietro Mazzoleni "The Media and the Growth of Neo-Populism in Contemporary Democracies" incentrato sul tema del populismo, la serie televisiva "Mad Man" e i libri "C’era una volta il PCI. Autobiografia di un partito attraverso le immagini della sua propaganda" e "Le elezioni del Quarantotto" di Edoardo Novelli. Università: Libera Univ. Internaz. di Studi Soc. G.Carli(LUISS) di Roma Facoltà: Scienze Politiche Corso: Sociologia Esame: Sociologia della Comunicazione Docente: Michele Sorice 1. Introduzione a uno studio sulla propaganda Il presente lavoro raccoglie, in maniera sintetica e senza alcuna pretesa di sistematicità né di completezza, vari materiali sul tema della propaganda, nelle sue diverse declinazioni, dall’ambito bellico, a quello politico, a quello pubblicitario. Naturalmente, molti altri testi potrebbero essere presi in esame per lo stesso tipo di trattazione o, meglio, per un’analisi più completa: la scelta è caduta su quelli che in seguito saranno presentati soprattutto per via di interessi personali, ma anche per ragioni di sintesi e di indicazioni da parte del docente. Il primo contenuto è un contributo di Gianpietro Mazzoleni, sociologo e studioso di comunicazione di fama internazionale: il tema specifico è quello del populismo e del rapporto dello stesso fenomeno con il sistema dei media, in società democratiche e non, con particolare riguardo alle dinamiche di inclusione ed esclusione del populismo dai canali di newsmaking in riferimento all’assetto culturale, politico e istituzionale del Paese cui, di volta in volta, si fa riferimento. Il secondo paragrafo contiene alcune osservazioni, compiute da chi scrive, su una serie televisiva statunitense che ha registrato particolare successo da quando, nel 2007, è stata trasmessa per la prima volta. Si tratta di Mad Men, un telefilm ambientato nel mondo della pubblicità newyorkese degli anni Sessanta: l’obiettivo è di porre in rilievo i meccanismi di costruzione del messaggio pubblicitario - in relazione alle teorie della comunicazione studiate -, con speciale attenzione per la propaganda politica, uno dei temi d’interesse di tutte e tre le stagioni (finora trasmesse) della suddetta serie televisiva. Infine, verranno presentati due libri di Edoardo Novelli, particolarmente interessanti perché si concentrano sull’aspetto iconografico della politica: le immagini, le raffigurazioni, i manifesti, le cartoline e quant’altro contribuisca a rafforzare la campagna elettorale di un partito - se non a darle integralmente sostanza. L’esposizione riguarda la propaganda dei due maggiori partiti della scena italiana post-bellica: il Partito Comunista Italiano (in C’era una volta il PCI) e la Democrazia Cristiana (in Le elezioni del Quarantotto). Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 1 di 17 2. Breve analisi del saggio di Mazzoleni "The Media and the Growth of Neo-Populism in Contemporary Democracies" The Media and the Growth of Neo-Populism in Contemporary Democracies è uno dei contributi di Gianpietro Mazzoleni contenuti in The Media and Neo-Populism: a contemporary comparative analysis, di B. Horsfield, G. Mazzoleni, J. Stewart, 2003. In particolare, rappresenta il capitolo introduttivo dell’opera, e definisce terminologie adottate e obiettivi perseguiti nel corso della trattazione complessiva. È particolarmente rilevante poiché introduce un argomento fondamentale nel panorama della propaganda politica quale il populismo, analizzato specialmente in relazione ai media e ai loro possibili effetti in favore o contro il populismo stesso. Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 2 di 17 3. Mazzoleni - La manifestazione del populismo In primo luogo, egli afferma che il populismo non compare soltanto nei Paesi in cui la democrazia è sottoposta a gravi sfide, ma anche in quelli in cui le istituzioni democratiche sembrano più consolidate. Il populismo è strettamente legato a forme di autoritarismo e anti-democrazia (tanto da scatenare, in vari casi, una reazione da parte delle forze democratiche per conservare il carattere pluralista e liberale della democrazia stessa), come appare evidente nel caso dell’America Latina, un «porto sicuro per il populismo epidemico», come scrive Mazzoleni, in cui il populismo si è legato ora al nazionalismo, ora al fondamentalismo religioso, ora alla democrazia autoritaria, ora al despotismo. Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 3 di 17 4. Mazzoleni - Populismo e media Se è evidente il carattere intrinsecamente radicale di questo fenomeno, non è altrettanto chiaro - o almeno non trova una trattazione altrettanto esaustiva - il collegamento che sussiste fra questo e il sistema dei media: l’autore sottolinea quanto poco sia stato scritto sul ruolo dei media come iniziatori o catalizzatori di sentimenti populisti e su come, da un altro punto di vista, i mainstream news media possano agire da paladini dell’ordine costituito riducendo il raggio di diffusione del populismo. Per questo, «a full understanding of the populist phenomenon cannot be achieved without studying mass communication perspectives and media-related dynamics», e sarà quindi necessario considerare attentamente il cosiddetto media factor, ovvero, il complesso di processi tipici della comunicazione di massa e specialmente dei news media negli ambienti democratici, che interagiscono con i processi politici con risultati di vario genere. Tuttavia, esso va osservato in concomitanza con altri fattori, come la natura del sistema politico e il contesto socioculturale, che chiaramente limitano o espandono il ruolo dei media a seconda dei casi. In generale, si può osservare come i media siano “naturalmente” portati a dare visibilità alle forme di populismo: essi devono inevitabilmente dare spazio a ciò che appare newsworthy, e tali appaiono, appunto, i personaggi che si presentano con un linguaggio e un apparato scenico di tipo populistico, che si collocano al di fuori del canale mainstream della politica e ne rompono la routine; ciò tuttavia non significa che il rapporto sia meccanico o predeterminato, poiché, nota Mazzoleni, generalmente i media appartengono all’élite dominante in un paese, e quindi potranno, eventualmente in un secondo momento, creare una forma di opposizione e di critica nei confronti dei suddetti personaggi, determinando una dialettica certo non semplice né semplificabile. Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 4 di 17 5. Mazzoleni - Élite Media e Popular Media Se per l’autore una forma di media populism è inevitabile in ogni società (lo definisce un fenomeno endemico), si può tuttavia distinguere fra élite media, generalmente più allineati al paradigma dominante (e quindi il loro apporto alla diffusione del populismo è meno probabile), e popular media o tabloid media (radio, tabloid, alcuni programmi televisivi), più inclini a focalizzare l’attenzione sulla personalità degli attori sociali e, conseguentemente, su aspetti che possono tendere più facilmente a una definizione di populismo (già a partire da forme di gossip). In questo secondo caso, sarà possibile studiare più diffusamente il ruolo dei media in relazione al sorgere e al diffondersi di tendenze populistiche. Alla luce di questa differenziazione, non è possibile definire a priori né in maniera compiuta il ruolo dei media in questo senso: se da un lato vi è chi enfatizza il loro ruolo in favore della nascita e della prosecuzione di forme di populismo (specialmente dal punto di vista dei media diretti a una mass audience), dall’altro vi è chi sottolinea un ruolo predominante dei media come instumentum regni, cioè come strumenti di legittimazione dell’ordine sociopolitico esistente. Inoltre, non bisogna dimenticare che la logica dei media nel contesto dell’industria culturale contemporanea può spesso confluire in una logica commerciale di cui occorre tener conto: nonostante la loro predilezione per il sensazionalismo, anche i media “commerciali” comprendono l’importanza della politica, delle istituzioni e delle politiche governative che influenzano la vita di milioni di cittadini; e la copertura che essi possono dare a fenomeni di populismo deve essere considerata alla luce delle logiche di organizzazione dell’industria dei media e delle aspettative che essi possono nutrire in merito all’evoluzione di un certo movimento all’interno del corpo sociale. Lo stesso populismo, essendo oggetto dell’attenzione dei media, in alcuni casi può essere anche considerato come un “prodotto” dell’attività simbolica dei news media, in modo non dissimile da altri fenomeni sociali come la moda e i cult. Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 5 di 17 6. Mazzoleni - Il ruolo del controllo governativo Volendo compiere un tentativo di astrazione e generalizzazione sul rapporto tra media e politica, si può notare come, generalmente, nei contesti nazionali in cui il controllo governativo - politico sui media è più forte, gli interessi dei media e delle élite politiche tendono a convergere, riducendo così l’autonomia dei media stessi: in questo caso, la copertura data dai media – in senso negativo – alla fase emergente (iniziale) di un movimento populistico può essere letta come una reazione calcolata in difesa dell’ordine esistente (è ciò che Blumler e Gurevitch definirono come sacerdotal orientation del giornalismo in Journalists’ orientations towards social institutions). A questo proposito, è interessante notare come sia possibile, per i comunicatori politici, assicurarsi l’appoggio dei media attraverso precise strategie: - media management: attività volte ad attrarre l’attenzione dei media; - image management: azioni di marketing svolte sfruttando le risorse offerte dai media; - information management: attività volte al controllo dei canali attraverso cui può svolgersi la comunicazione politica. In tutto ciò, non bisogna però dimenticare, come già accennato, la naturale “attrazione” che i leader populistici svolgono nei confronti dei media commerciali (“popolari”) in quanto «active seekers of free access to the media» né il ruolo che, in un Paese, svolge il grado di integrazione del sistema dei media nel contesto politico nazionale. Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 6 di 17 7. Mazzoleni - Brevi conclusioni su populismo e media 1) I popular media sono più inclini a dare eco a movimenti anti-tradizionali, a sentimenti che non sono politically correct, ai discorsi “messianici” dei leader populisti, in virtù della rilevanza attribuita all’elemento sensazionale nella scelta delle news; 2) a seconda del grado di integrazione fra sistema dei media ed élite politiche dominanti, i news media rifletteranno i valori e le visioni delle élite alle quali essi stessi “appartengono” (mostrando una sacerdotal attitude differente da un Paese all’altro); 3) alla luce dei “naturali” tentativi delle élite politiche di accedere ai media e/o controllarli (come visto sopra), i leader populisti generalmente cercano di attuare diverse strategie comunicative, a partire da una strutturazione quasi “scientifica” e “ingegneristica” del messaggio e dalla precisa definizione di un target cui rivolgersi in maniera efficace. Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 7 di 17 8. Breve presentazione della serie tv "Mad Man" Mad Men è una serie televisiva statunitense ideata da Matthew Weiner. Ambientata nella New York degli anni Sessanta, la serie tratta della vita di alcuni pubblicitari che lavorano per l’agenzia “Sterling Cooper” di Madison Avenue a Manhattan e si concentra sul suo direttore creativo Don Draper. L’ambientazione storica della serie ritrae i cambiamenti sociali in atto negli Stati Uniti all’inizio degli anni Sessanta, e sullo sfondo vi è la campagna presidenziale che contrappose John Kennedy a Richard Nixon. Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 8 di 17 9. La propaganda politica in "Mad Men" Il tema della propaganda politica è ricorrente, specialmente nella prima serie, trasmessa negli Stati Uniti nel 2007 e molto apprezzata dalla critica (tanto da vincere per tre volte consecutive - nel 2008, 2009 e 2010 - il Golden Globe per la migliore serie drammatica): i pubblicitari di Madison Avenue si trovano di fronte al gravoso incarico di condurre la campagna elettorale in favore di Richard Nixon, e questo tema ricorre quale filo conduttore di tutte le 13 puntate della prima stagione (in particolare, a questo proposito, si può sottolineare il dodicesimo episodio, emblematicamente intitolato “Nixon contro Kennedy”). I protagonisti incontrano grandi difficoltà nello svolgere questo compito, in quanto essi si trovano, per la prima volta, a dover condurre una campagna elettorale: ciò significa, infatti, coniugare le logiche della politica con quelle della comunicazione. É interessante notare il confronto a distanza fra i protagonisti e i pubblicitari di un’agenzia concorrente, al servizio di Kennedy: questi ultimi sembrano più “abili” nell’interpretare il loro ruolo, e si osserva l’introduzione, da parte loro, di strumenti comunicativi che oggi potrebbero sembrare semplici o addirittura obsoleti, di fronte a un’attuale capacità propagandistica che può usufruire del web 2.0 e di risorse di ultima generazione come Facebook o Twitter, ma che dovevano risultare assolutamente innovativi all’epoca dei fatti messi in scena. Basti pensare ai jingles che mettono in musica gli slogan proKennedy, che in un primo momento fanno sorridere con sufficienza i protagonisti, ma che poi vengono riconsiderati alla luce della loro novità e capacità di attrarre l’attenzione del pubblico televisivo. Non è un caso che il background socioculturale scelto per Mad Men sia quello degli Stati Uniti al tempo delle elezioni presidenziali del 1960: il ruolo della comunicazione televisiva, andando ad osservare la realtà, fu assolutamente fondamentale in quell’occasione. Infatti, alcuni sostengono che siano state queste le prime elezioni nelle quali il vantaggio finale del candidato vincente sia stato deciso dal duello televisivo che oppose i contendenti pochi giorni prima delle elezioni: Kennedy riuscì a prevalere perché più telegenico, accattivante e sicuro di sé, mentre Nixon fu penalizzato dal colore della giacca e dal suo volto tirato e sudato, per il suo stato di salute non ottimale (nelle ore precedenti era stato colpito da una forte febbre) e per il rifiuto di ricorrere ai truccatori (si veda il sito del Museum of Broadcast Communications: http://www.museum.tv/eotvsection.php?entrycode=kennedy-nixon). Su questo stesso tema si articola un recente film, Frost/Nixon, diretto da Ron Howard e uscito nelle sale cinematografiche nel 2008: ambientato nel 1977, mostra i preparativi e lo svolgimento della famosa intervista a Richard Nixon da parte del giornalista David Frost sullo scandalo Watergate che aveva portato, tre anni prima, alle dimissioni del presidente Nixon dalla Casa Bianca. L’elemento “spettacolare” - intendendo con questo termine tutto l’apparato scenico, il posizionamento delle telecamere, i minuti a disposizione, l’ordine degli argomenti da trattare, le inquadrature e le luci - diventa fondamentale per l’esito dell’intervista almeno quanto il contenuto delle domande poste all’ex presidente Nixon. Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 9 di 17 10. "Mad Men" - La televisione: il media per eccellenza negli Stati Uniti È proprio la televisione l’ambito operativo presentato in Mad Men: essa appare come il media “per eccellenza”, nuovo ma allo stesso tempo consolidato nelle abitudini degli Americani di fascia medio - alta dell’epoca, e già strumento di intrattenimento per i bambini, che spesso vengono ripresi “incantati” di fronte al televisore, uno dei segni più evidenti del passaggio alla nuova epoca di benessere, in cui ad esempio una donna - nel nostro caso Betty, la moglie del protagonista Don Draper - può permettersi di andare al maneggio tutti i giorni affidando le faccende di casa a una colf (come la chiameremmo oggi) di colore. Vengono passate in rassegna, nel corso della serie, tutte le fasi del lavoro di un pubblicitario: dalla creazione dello slogan, alla preparazione dei bozzetti, all’introduzione di un motivetto musicale. Queste procedure, però, risultano più complesse nel campo della comunicazione politica, in cui sorge l’esigenza di trasmettere un messaggio a contenuto essenzialmente pragmatico (il programma elettorale di Nixon, i provvedimenti da adottare in materia economica) coniugandolo con una forma accattivante e capace di veicolare le preferenze dei telespettatori. Probabilmente è possibile leggere, in questo modus operandi, un orientamento di tipo funzionalista (probabilmente incosciente nella produzione della serie, ma ragionevolmente riferibile alla realtà del tempo): è evidente come i pubblicitari rappresentati cerchino il modo più adatto di “produrre un effetto” in una maniera che potremmo definire “meccanica”. Essi sono convinti di poter “inoculare” (per utilizzare un termine che richiama la Magic Bullet Theory) un messaggio nel corpo sociale - o per lo meno nel “corpo” dei telespettatori - al fine di produrre l’effetto diretto di una corsa al voto repubblicano. Questo approccio risulta ancora più evidente nelle varie riunioni che vengono rappresentate nel corso della serie. I pubblicitari, in particolare i copywriter, mostrano una fiducia quasi incondizionata nel potere della forma della loro comunicazione: un certo messaggio, accompagnato da un certo disegno e da una certa musica, con un attore con una certa presenza fisica, dovrà inevitabilmente indurre una certa categoria di consumatori ad acquistare i prodotti della marca committente, ed eventuali elementi esterni (come la regolamentazione statale in materia di salute che emerge nel corso di una discussione sulla campagna pubblicitaria per la Lucky Strike) non sono altro che fattori controllabili ed aggirabili attraverso un preciso piano (razionale) volto a dirigere i riceventi del messaggio. Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 10 di 17 11. "Mad Man" - Propaganda politica e guerra Ritornando al tema della propaganda politica, il legame con la guerra appare evidente in più momenti: la Russia comunista rappresenta una minaccia sempre più concreta, e alla fine della seconda stagione l’emergenza missilistica diventa il centro dell’ultimo episodio, intitolato “Rivelazioni”. Inoltre, nel corso della prima serie si scopre, passo dopo passo, che Don Draper aveva partecipato alla Seconda guerra mondiale come volontario, e che aveva in seguito assunto l’identità del suo comandante (appunto Don Draper), cambiando il suo vero nome (Dick Whitman), per sfuggire alla sua precedente vita e a condizioni familiari inaccettabili. Più in generale, il legame della propaganda con il tema bellico è un altro dei fili conduttori di Mad Men, tanto da spingere vari spettatori a dare proprie elaborazioni sul web proprio in riferimento a questo tema. Si tratta di alcune fanfiction (o, in gergo, fanfic o fic), opere scritte dai fan prendendo come spunto le storie o i personaggi di un lavoro originale. Segue una di queste fanfictions, prodotta da un fan della serie, intitolata “War Propaganda” e particolarmente interessante perché presenta i protagonisti intenti a discutere su una propaganda in favore della guerra in Vietnam. Essi appaiono simili, come caratterizzazione, a quelli della serie televisiva, con i loro personali attributi ed espressioni che sono noti a chi guardi anche pochi episodi di Mad Men. In rosso sono evidenziati i momenti “costruttivi” del loro operato: quelli, cioè, in cui essi (e in particolare chi parla, Ken Cosgrove, giovane ed emergente pubblicitario della “Sterling Cooper”) propongono idee per creare un’efficace propaganda bellica. (Il brano è tratto dal sito http://www.fanfiction.net/s/4831736/1/War_Propaganda) “You know what I like about young men in America?” asked Don Draper as he was having a meeting with the advertising crew about the Vietnam war propaganda they were supposed to do, “They are always so attracted to danger and the lies of patriotism. They are so attracted the adventure that war brings that they forget about their families and how their loved ones will suffer.” Don threw his Lucky Strikes cigarette in a wastebasket near his office desk. The men in the room Pete Campbell, Salvatore Romano, Ken Cosgrove, and Paul Kinsey all listened carefully to Don carefully. Old man Paul thought Don was being unusually sinister in the way he was speaking. Don was usually real nice and straightforward guy, the most brilliant New York ad-man ever. Paul guessed the war changed everybody even good ol’ Don. “God damn it!” exclaimed Don, “Why the hell does United States have to go to war now.” Everybody was silent as Don grasped his fists together. “I mean we already had a Korean war but now we have to have another one. This is unbelieveable!” Don was young and unexperienced with the ideology of war. He didn’t see why people would risk their lives to fight some foreign people they didn’t know. Don and the other ad-men were lucky they weren’t going to fight in the war. Paul began to speak, “Don, you know how it is with. North Vietnam is a communist nation and with the cold war going on the U.S. has to go to war especially because the North Vietnamese sunk on of their shipping vessels.” “So what? It’s just one vessel. I have a seventeen year old teenage son who’s eligible to be drafted into this war. The worst part about it is he wants to go. My son wants to go get himself killed for a country full of crap,” said Don harshly. Ken Cosgrove was real glad that he and his wife didn’t have any children or else he would be in the same parental position as Don. No parent ever wants their kid to go to war its nonsense. “Well lets get back to business and forget about this,” said Don with a more serious tone now, “Does anyone have any ideas of what we’re gonna do to convince young men to go fight for their country?” Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 11 di 17 Ken was the first to respond, “I got one!” “Go ahead Ken.” Ken stood up and started to explain, “How ‘bout this. Don you said young people want action and adventure well lets do this. Vietnam is a jungle paradise and jungle’s always make a good scene for adventure in the movies. We make a poster with a picture of an American literally standing on top of the body of the dead body of Vietnamese soldier. He’s got a big old M-16 in his hand and he’s ready to pound. There’s fire everywhere and helicopters flying around bringing in new troops. In the bottom of the poster we put in, ‘Fight the Vietnamese soldiers for the greatest adventure of your life.’ Well how about it fellas?” Everyone seemed to like Ken’s ideas and gave positive comments about it. Everyone but the mastermind ad-genius, Don. When Ken asked Don what he thought. Don simply looked at him and exclaimed, “Ken what the hell are you thinking?!” Everyone in the room was surprised by Don’s harsh tone. They thought Ken’s idea was brilliant. Don however could see flaws that no one else was thinking. “First of all let me point out the obvious. Yes young men want action, adventure, and all that stuff but nobody likes to kill people. I mean do you think your kids want to grow up becoming murderers? So scratch out any sights of Vietnamese dead corpses,” suggested Don. Salvatore then argued, “But that’s the whole point of war isn’t it? Killing people is what war is all about. Young people know that and yet they still go fighting of in wars.” Don replied understandingly, “That’s true but whenever young people sign up to draft in the army or any other branch of the military or armed forces they only think of the thrill and never the sins of killing. So in order for them to join the services we need them to have a redefined version of what war is. One where you never see violence or blood but only young men and buddies with guns acting tough and having the fun of their lives. A universe where it is mandatory to go fight for your country and rid the world of evil.” “That seems kind of farfetched,” replied Salvatore. Pete Campbell then spoke for the first time, “Yes but it has some great insight in redefining the meaning of war so it won’t seem evil or violently terrifying. If we can create some kind of propaganda that will do exactly that then we will have the minds of those young men literally in our hands.” The men in the room started to think about this seriously. They smoked their poisonous cigarettes as they tried to let a good idea pop into their head. Don took out a sheet of paper and a pencil and made two columns. The first column read ‘What Young Men want in War’ and the second one read ‘The Bad Qualities of Warfare.’ Don listed the following in the column ‘What Young Men want in War’: adventure, opportunity for patriotism, women, experience, and reward. In the column ‘The Bad Qualities of Warfare’ Don listed: killing, conditions, death of friends or comrades, homesickness, and fear. Don then showed the list to everyone in the room to let them examine it. When everyone finished examining it they looked at each and considered it. Then Ken got an idea and got up to speak to everyone. “There is one thing we can do,” said Ken. Everyone then paid close attention to what Ken was saying, “I agree with Don we’ll get rid the dead Japanese corpse. We’ll put a gang of soldiers together with a soldier and his girlfriend in front of her. Then we’ll have him say, ‘This war has definitely gotten me cool with the ladies.’ Then we’ll have the caption say, ‘Listen up young people of America! This is your time! This your opportunity to help your country fight against the sins of the communists. Enlist now!’ Well how about it?” After Ken finished speaking everyone smiled at the genius and brilliance in the idea. They then looked at Don to see his expression. Unlike last time Ken spoke he was now smiling and impressed too. This was what he wanted to see in his employees. He then asked, “So now that we have the idea what do we do now?” Paul answered, “We make it into reality.” “Shit!” exclaimed Salvatore, “I knew this was coming. God damn it!” Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 12 di 17 12. Breve introduzione a "C'era una volta il PCI" di Edoardo Novelli C’era una volta il PCI. Autobiografia di un partito attraverso le immagini della sua propaganda (Editori Riuniti, 2003) è un libro di Edoardo Novelli, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università “Roma Tre”. I campi di interesse dell’autore (come risulta dal suo curriculum vitae) riguardano la storia della comunicazione politica e delle campagne elettorali, la trasformazione della scena pubblica e dei suoi attori e l’interazione fra media e sistema politico, con particolare riguardo alla realtà italiana. Nei suoi lavori uno spazio specifico ricoprono l’analisi dell’iconografia e della grafica politica e lo studio dei materiali audiovisivi di propaganda, come nel libro in questione. Attraverso oltre quattrocento immagini a colori della propaganda dagli anni Quaranta agli anni Ottanta (manifesti, ma anche tessere, volantini, riviste, adesivi) questo libro ripercorre la storia di un movimento politico e del suo rapporto con la società italiana. Alle vicende del Partito comunista italiano e all’evoluzione del linguaggio e delle forme della sua propaganda si intrecciano il costume, i mutamenti sociali, la cultura, i miti e le paure dell’Italia contemporanea, che trovano nelle immagini un’espressione più diretta che non nei documenti politici. Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 13 di 17 13. Novelli - Le immagini e il loro potere propagandistico Come spesso accade, il potere dell’immagine rivela tutta la sua importanza, specialmente se associato ad uno slogan che coglie, in maniera sintetica ma efficace, il senso del dibattito politico di un’epoca. Basti osservare la quantità di riferimenti (oppositivi, ovviamente) alla Democrazia Cristiana, vero antagonista del PCI nei quarant’anni successivi alla fine della guerra. Volendo riprendere le teorie di Stuart Hall, assumendo il messaggio della DC come il messaggio mediale “mainstream”, potremmo dire che l’audience (in senso figurato) comunista ha attuato una lettura decisamente oppositiva: in altri termini, ha messo in atto una strategia di resistance, non certo di incorporation. Si possono cogliere alcuni elementi interessanti dai manifesti che saranno riportati in seguito. A proposito della polemica con la DC a cui si accennava poco sopra, si può sottolineare il ricorrente utilizzo dell’espressione “Forchettoni”, con cui il Fronte comunista apostrofava i Democristiani ai tempi delle elezioni del 1948, particolarmente importanti, in Italia, poiché, come scrisse Walter Lippmann, si trattava della «scelta tra libertà e non-libertà». Due manifesti si rifanno chiaramente al mondo della pubblicità: uno riprende lo storico slogan dell’Amaro Cynar beffeggiando gli avversari politici con un ironico «Contro il logorio della campagna elettorale dei Comunisti bevete Cynar»; un altro mutua la classica forma delle pubblicità dei saponi accompagnandola con la frase «Per togliere le macchie della corruzione clericale [e lo scudo crociato viene presentato come una macchia sul tricolore italiano] usa il voto comunista». Infine, è opportuno sottolineare l’importanza attribuita al colore rosso come simbolo di appartenenza partitica: l’associazione diretta fra partito e colore (come del resto avveniva, pochi anni prima, tra Partito Fascista e nero) costituisce un importante spunto di riflessione per comprendere, anche sul piano psicologico, le dinamiche di definizione dell’appartenenza, già a livello prelogico prima che in base a una ragionata riflessione politica personale. Due manifesti dell’immediato dopoguerra (nel secondo è esplicitamente richiamato il Fascismo, vero “mito negativo” contro cui presentare il proprio vento di rinnovamento) che si richiamano alle tradizionali immagini del Partito Comunista: la terra, i campi, il lavoro. Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 14 di 17 Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 15 di 17 14. Novelli - Le elezioni del Quarantotto Si accennava sopra alle elezioni del 1948: è questo il tema di un altro importante libro di Edoardo Novelli, Le elezioni del Quarantotto. Storia, strategie e immagini della prima campagna elettorale repubblicana, edito da Donzelli nel 2008. Le elezioni appena nominate costituirono la prima grande battaglia elettorale dell’Italia repubblicana, e i mesi che precedettero il 18 aprile segnarono una svolta nella storia, nel costume e nella politica del paese. Comunisti e socialisti da un lato, democratici cristiani dall’altro, dopo aver collaborato nello spirito dell’antifascismo e dei Cln, si affrontarono in una lotta senza esclusione di colpi, scambiandosi accuse infamanti e ricorrendo a ogni mezzo, a ogni parola, a ogni immagine, pur di prevalere sull’avversario. Fu la prima campagna “moderna”, caratterizzata da elezioni a suffragio universale, metodo proporzionale, comizi in piazza, manifesti, e spot persino al cinema. La propaganda prese il sopravvento sulla comunicazione; lo scontro, non solo quello verbale, sul dialogo. Da quella data anche le tecniche e le strategie dei partiti non furono più le stesse. Il 1948 fissò, infatti, stereotipi, temi, slogan, diventando un imprescindibile punto di riferimento per tutte le successive campagne elettorali: lo strumento con cui la Democrazia Cristiana sconfisse gli avversari non fu l’apparato di partito – in cui era nettamente inferiore a PCI e PSI – ma i Comitati civici, i quali inventarono slogan e immagini e imposero temi che avrebbero poi influenzato tutta la pubblicistica politica italiana (basti pensare al lupo sovietico travestito da agnello). Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 16 di 17 15. Novelli - La comunicazione politica in un'Italia divisa in due Il libro di Edoardo Novelli ripercorre gli avvenimenti e le strategie di quella storica campagna elettorale soffermandosi sugli aspetti comunicativi, illustrandola con un’ampia selezione di documenti provenienti da collezioni private e archivi pubblici, mettendo in luce come ancora oggi, a più di sessant’anni di distanza, in uno scenario completamente trasformato, alcuni dei temi e delle contrapposizioni fissati allora continuino ad animare le campagne elettorali e ad agitare il confronto politico e sociale. Infatti, si può agilmente notare come la spaccatura “chirurgica” del nostro Paese in due “nazioni” tra loro ostili sia rimasta la stessa, e come le distanze fra la destra e la sinistra, come ancora le chiamiamo oggi, non siano mutate, fatta eccezione per gli sconvolgimenti degli anni Settanta. La ricostruzione, tesa appunto a dimostrare come, nonostante il cambiamento sociale, economico, culturale e il modificarsi del ruolo, del peso e della funzione della politica nel corso degli anni, «alcuni fili non risultano completamente recisi» (p. VII), privilegia l’analisi della comunicazione politica attuata dai contendenti, analisi che emerge non soltanto dai discorsi dei leader politici nei comizi o dagli editoriali dei giornali, ma anche dai materiali iconografici prodotti dai partiti. Il volume riproduce così un’ampia gamma di essi: manifesti, cartoline, pieghevoli, fumetti, immagini tratte da riviste, e molto altro, tutti documenti da cui non si può prescindere per una corretta e compiuta ricostruzione della vicenda, considerando che l’immagine nell’immediato dopoguerra, insieme al giornale e al comizio, era la principale forma di comunicazione politica. I quotidiani, non largamente diffusi, si limitavano inoltre, come del resto i comizi, a raggiungere soltanto i militanti e i simpatizzanti di una parte politica, mentre i manifesti e gli altri materiali, affissi o recapitati, sfuggivano a questo limite e ricoprivano anche funzioni accessorie: condensavano il programma e l’immagine del partito, raggiungendo anche gli elettori meno colti; nella propaganda murale, quindi, i partiti investirono molto, si sfidarono a colpi di immagini e slogan, mettendo in campo tutta la loro astuzia e inventiva. Luca Porcella Sezione Appunti Propaganda: guerra, politica e pubblicità Pagina 17 di 17 Indice 1. Introduzione a uno studio sulla propaganda 1 2. Breve analisi del saggio di Mazzoleni "The Media and the Growth of Neo-Populism in 2 3. Mazzoleni - La manifestazione del populismo 3 4. Mazzoleni - Populismo e media 4 5. Mazzoleni - Élite Media e Popular Media 5 6. Mazzoleni - Il ruolo del controllo governativo 6 7. Mazzoleni - Brevi conclusioni su populismo e media 7 8. Breve presentazione della serie tv "Mad Man" 8 9. La propaganda politica in "Mad Men" 9 10. "Mad Men" - La televisione: il media per eccellenza negli Stati Uniti 10 11. "Mad Man" - Propaganda politica e guerra 11 12. Breve introduzione a "C'era una volta il PCI" di Edoardo Novelli 13 13. Novelli - Le immagini e il loro potere propagandistico 14 14. Novelli - Le elezioni del Quarantotto 16 15. Novelli - La comunicazione politica in un'Italia divisa in due 17