La neuroprotesi si muove

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La neuroprotesi si muove
15-01-2017
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Competitività ad alta densità digitale
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TECNOLOGIA
La neuroprotesi si muove
Chip da impiantare nell’occhio capaci di restituire
parzialmente la capacita visiva in pazienti affetti da cecità,
impianti innestati sul midollo spinale, pacemaker connessi di
nuova generazione. I progressi delle neuroprotesi
15/01/2017
di Riccardo Oldani
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Riuscire a ridare alle scimmie la capacità di camminare non è stato però un
lavoro da elettricisti. “La vera difficoltà – osserva Capogrosso – è che un
macaco, o un uomo, non è un robot, in cui il cammino si può regolare
controllando una serie di giunti, ma qualcosa di assai più complesso, che ha
comportato per il nostro team un enorme lavoro di studio e di ricerca”. Una
ricerca che ha portato con sé implicazioni importanti: dato che l’organismo
del macaco è molto simile al nostro, l’idea di ridare la possibilità di
camminare a una persona paralizzata non è più così utopistica. “Nel giro di
dieci anni – dice ancora Capogrosso – potremmo mettere a punto un
prodotto commerciale in grado di ridare autonomia a chi ha sofferto un
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a notizia è stata pubblicata lo scorso ottobre da Nature, la più
importante rivista scientifica. Un gruppo di ricercatori dell’Epfl, il
Politecnico federale di Losanna, è riuscito in qualcosa di incredibile:
restituire la capacità di utilizzare una zampa paralizzata a due macachi che
avevano subito danni a livello del midollo spinale. Ce l’hanno fatta
utilizzando un insieme di tecnologie e conoscenze mutuate da
neuroscienze, e robotica. “L’idea di base – spiega Marco Capogrosso,
italiano tra i componenti del team di ricerca – era di per sé intuitiva: captare
e decodificare lo stimolo inviato dal cervello per attivare il movimento della
zampa e inviarlo in wireless a un dispositivo di stimolazione posto a valle
della lesione per bypassarla”. Un po’ come se il sistema nervoso fosse
paragonabile al cablaggio di una macchina: quando un cavo si guasta può
essere riparato o sostituito da una connessione senza fili.
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danno spinale”. L’unico problema è capire se qualcuno sarà disposto a
investire in questa direzione: le lesioni alla colonna vertebrale sono
generalmente prodotte da eventi traumatici, come incidenti di auto o
cadute, ma non sono in numeri assoluti così numerose come le paralisi
causate da ictus o da infarto, su cui si concentrano molto di più gli sforzi
delle grandi multinazionali del farmaco o della salute. L’ingente
investimento per ridare la possibilità di camminare a chi soffre una lesione
spinale, in altre parole, potrebbe non essere ritenuto remunerativo e non
tradursi mai in un prodotto commerciale.
Quali potrebbero essere questi prodotti? Sostanzialmente due neuroprotesi,
cioè due dispositivi da impiantare sul nostro sistema nervoso. Il primo a
contatto della corteccia cerebrale, con il compito di captare, decodificare e
trasmettere i segnali cerebrali deputati al movimento delle gambe, il
secondo da posizionare a contatto con il midollo spinale, al di sotto della
lesione, per irradiare gli stimoli alle terminazioni nervose “scollegate”.
Dispositivi simili esistono già e sono in commercio per assolvere a varie
funzioni. Lo stesso caschetto Cyberbrain di AB Medica esiste in una versione
impiantabile sulla corteccia cerebrale. Da tempo esistono neuroprotesi
impiantabili nell’organismo, come gli impianti cocleari per risolvere
problemi dell’udito, protesi innestate sul midollo spinale per ridurre il
dolore, i pacemaker che regolano l’attività cardiaca. Altri sono in fase di
sviluppo per contrastare gli effetti di malattie come Alzheimer o Parkinson.
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Lo sviluppo di materiali biocompatibili e di strumenti elettronici da
impiantare nel nostro organismo per curare malattie o disturbi promette
quindi di trasformarci progressivamente in cyborg, esseri ibridi, in parte
umani e in parte artificiali, aprendo da un lato grandi opportunità per
migliorare le nostre condizioni di vita e per avviare nuovi business, ma
anche, dall’altro, importanti quesiti etici. Del resto, secondo alcuni, siam
cyborg già da molto tempo. Non solo per effetto di strumenti tecnologici,
come gli occhiali o le lenti a contatto, che compensano nostri difetti, ma
anche in seguito all’avvento di computer e smartphone, strumenti che
potenziano le nostre capacità mnemoniche e intellettive, e che sono entrati
nelle nostre vite quasi senza che ce ne accorgessimo.
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Il settore è in continua evoluzione e fa registrare ogni giorno nuove
scoperte e applicazi15oni. L’ospedale San Raffaele di Milano, per esempio,
ha di recente definito un accordo che lo qualifica come il primo centro
italiano in grado di impiantare un chip di nuova concezione all’interno
dell’occhio. Il dispositivo può restituire parzialmente la capacità visiva a
pazienti affetti da cecità. Si chiama Alpha AMS ed è prodotto dall’azienda
tedesca Retina Implant AG (www.retina-implant.de) . Si tratta di una protesi
retinica destinata a persone colpite da retinite pigmentosa, che ha
dimostrato ottimi risultati in un trial clinico condotto su 29 pazienti, l’86%
dei quali ha riacquisito la capacità di individuare fonti luminose. L’azienda,
proprio per effetto degli ottimi risultato ottenuti nello sviluppo del suo
dispositivo, ha appena completato una raccolta di finanziamenti per 26
milioni di euro.