Salento Medico Luglio 2014 - Ordine dei Medici di Lecce

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Salento Medico Luglio 2014 - Ordine dei Medici di Lecce
di Luigi Pepe
Salento Medico, con Muratore
è diventato un’agorà
l nostro Salento medico non è mai
stato così “nostro”.
Ricco di interventi, idee, spunti di
riflessione, aperto a chiunque fosse
disposto a mettersi in gioco, per riflettere insieme, condividere successi professionali e personali. Anche per condividere dolori.
E’ stata un piazza grande e illuminata, una vera “agorà”.
Era questo che si prefissava Maurizio Muratore accollandosi l’onere della
direzione della rivista.
E questo ha fatto.
Con senso di responsabilità e
un’intelligenza illuminata che quando
è davvero tale, va a braccetto con
l’umiltà e la semplicità che deve avere
un grande animo.
Questo è Maurizio per noi e per il
Salento medico: un grande animo, una
grande intelligenza messa a disposizione, con generosità, per il bene comune.
Vi chiederete quale sia il bene comune, espresso in una rivista di settore…
E’ la pagina bianca che diventa
densa di significato con un quadro,
I
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un’opera d’arte, uno scritto scientifico,
una riflessione, anche una polemica,
perché no.
Il bene comune è la democrazia
che un giornale come Salento medico
rappresenta: la possibilità per ogni
iscritto, di dire la propria idea, di sentirsi
parte di un tutto.
Maurizio ha fatto del Salento medico
un giornale dal respiro nazionale e
internazionale, al centro del dibattito
di categoria ma anche aperto a ciò
che accade intorno a noi.
Di questo io personalmente, il Consiglio e l’Ordine gli sarà infinitamente
grato.
Non è da tutti darsi in modo così
incondizionato, non è da tutti fare in
modo così attivo.
Grazie Maurizio, hai scritto un pezzo
importante della Storia del nostro Ordine.
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Maurizio Muratore
Comu la faci la sbagli
era una volta una coppia con un figlio di 12
anni e un asino. Decisero di viaggiare, di lavorare
e di conoscere il mondo. Così partirono tutti e
tre con il loro asino.
Arrivati nel primo paese, la gente commentava:
“Guardate quel ragazzo quanto è maleducato
...lui sull’asino e i poveri genitori, già anziani, che
lo tirano”.
Allora la moglie disse a suo marito: “Non permettiamo che la gente parli male di nostro figlio”. Il marito
lo fece scendere e salì sull’asino.
Arrivati al secondo paese, la gente mormorava:
“Guardate che svergognato quel tipo ...lascia che il
ragazzo e la povera moglie tirino l’asino, mentre lui vi
sta comodamente in groppa”.
Allora, presero la decisione di far salire la moglie,
mentre padre e figlio tenevano le redini per tirare
l’asino.
Arrivati al terzo paese, la gente commentava:
“Pover’uomo!!! Dopo aver lavorato tutto il giorno,
lascia che la moglie salga sull’asino, …e povero figlio,
chissà cosa gli spetta, con una madre del genere”!!!
Allora si misero d’accordo e decisero di sedersi
tutti e tre sull’asino per cominciare nuovamente il
pellegrinaggio.
Arrivati al paese successivo, ascoltarono cosa
diceva la gente del paese: “Sono delle bestie, più
bestie dell’asino che li porta, gli spaccheranno la
schiena !!!”
Alla fine, decisero di scendere tutti e camminare
insieme all’asino.
C’
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necessaria per risvegliare l’interesse verso il bollettino
che sembrava oramai assopito… anzi spento.
Dico questo perché, non ripresentandomi alle
elezioni per il nuovo Consiglio dell’Ordine dei medici,
in quanto ritengo corretto lasciare spazio a menti
fresche e a nuove idee, necessariamente e volutamente, lascerò la direzione della rivista “Salento Medico”.
Io credo che ognuno di noi, ogni volta che si accinga
a fare qualunque cosa, lo faccia con la competenza,
scienza e coscienza che gli si confà, ritenendo consapevolmente che possa essere nel giusto, ed io mi sono
impegnato a farlo nella speranza di fare qualcosa di
valido, idoneo alla competenza di tutta la classe medica
del nostro Salento. Non vi è dubbio che conoscere i
propri limiti, oltre ad essere un atto di umiltà e
d’intelligenza, permette di mettersi in discussione.
Io ci ho provato cercando di dare il massimo (così
mi è parso) e se ho provocato l’ira o le perplessità di
qualcuno chiedo scusa, ma l’ho fatto inconsapevolmente e senza malizia.
Ma, passando per il paese seguente, non potevano
credere a ciò che le voci dicevano ridendo:
“Guarda quei tre idioti; camminano, anche se hanno
un asino che potrebbe portarli”!!!
Morale: ti criticheranno sempre, parleranno male
di te e sarà difficile che incontri qualcuno al quale tu
possa andare bene come sei.
Come dice Molière. “Anche se avete cento belle
qualità, la gente vi guarderà sempre dal lato più brutto”.
Sono, oramai, molti anni che ripeto che quando
andrò in pensione scriverò un libro del quale conosco
solo il titolo: “Comu la faci la sbagli”.
Questo mio modo di dire, deriva anche
dall’esperienza che ho fatto prendendomi l’incarico,
ahimè, di fare il direttore del Salento Medico (in realtà
il vissuto di ogni giorno ti induce ad avvalorare tale
pensiero).
E’ stata un’esperienza fantastica, straordinaria.
Ho ritenuto necessario, all’inizio, modificare tutto
per renderla stimolante, invitante, accattivante e devo
dire che a detta di alcuni sembrerebbe che la rivista
abbia raggiunto quello scopo, anche se molti altri non
sanno che questa modifica sia mai avvenuta, altri non
l’hanno mai sfogliata anzi neanche tolta dal cellophane
e altri ancora non l’hanno condivisa ma criticata.
Sono una persona che accetta le critiche. Anzi,
penso che… ben vengano perché mi aiutano a capire
e a correggermi specie se sono critiche costruttive.
Ma la vita mi ha insegnato che fa parte della nostra
indole il cercare sempre di avere l’ultima parola: “Si
però”, “Si ma io farei…”.
Dice un mio amico: “Se non vuoi problemi statte
a casa”. Una frase emblematica che è di chi non ha
voglia di rischiare o di esporsi a tutti quei rischi che
troverà sempre sulla strada spesso dettati da quel
vizio capitale che è l’invidia.
Come avete potuto vedere invece, mi sono messo
in gioco e devo dire che, nonostante tutto, ne è valsa
la pena, perché sono fermamente convinto che sia più
costruttivo provare a fare e sbagliare, che non fare nulla.
Grazie per essermi stati vicini perché se il successo
c’è stato è merito anche vostro.
Devo ringraziare tutto il Consiglio, prima di tutti il
presidente Gino Pepe, che ha accettato le mie follie
e le mie idee.
Mi sono circondato di validi collaboratori come il
vice direttore Gino Peccarisi ma, aver assunto un
giornalista anzi una grande giornalista come la dott.ssa
Mastrogiovanni, ha consentito di dare quella svolta
“Vivi come credi. Fai cosa ti dice il cuore …ciò che
vuoi, una vita è un’opera di teatro che non ha prove
iniziali. Canta, ridi, balla, ama e vivi intensamente ogni
momento della tua vita, prima che cali il sipario e
l’opera finisca senza applausi. (Charlie Chaplin).”
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De Rinaldis, una vita per la medicina.
Oggi è campione italiano AMTI
72 ANNI, HA FONDATO IL REPARTO DI CARDIOLOGIA CON TERAPIA INTENSIVE
DELL’OSPEDALE DI COPERTINO. ORA SI DEDICA ALLA FAMIGLIA E ALLO SPORT
“La mia vita privata – continua
il dott. De Rinaldis - è impreziosita da una famiglia felice, con
due figli e due nipoti, una madre
di 97 anni col cervello in forma,
molti amici sinceri, e una casa
con uno stupendo giardino che
mia moglie Diana arricchisce
continuamente con le piante
spontanee che raccogliamo in
giro per il Salento”.
potevo fare a giocare, non ero
“negato”, diciamo così…: e così
cominciai ad allenarmi contro un
muro, con mia moglie, con i maestri dilettanti (mai con un maestro
vero!). Dopo un anno cominciai
anche a partecipare ai tornei (e
non ho più smesso…)”.
Dott. De Rinaldis, e ora parliamo del tennis.
“Ho scoperto questa vera passione a 29 anni, quando un amico
mi portò al Circolo Tennis e si mise
a palleggiare con me. Mi resi subito
conto che mi piaceva, e che ce la
Ma come conciliare un’intensa attività clinica ospedalie-
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ra e ambulatoriale con l’impegno sportivo?
“Facevo così: tornando
dall’Ospedale alle 2 del pomeriggio,
anziché andare a casa passavo
direttamente dal Circolo: partita,
doccia, e via allo studio. Per i tornei,
partecipavo solo a quelli a squadre,
che si svolgono la domenica, e a
quelli estivi”.
A questo punto da illustre sconosciuto sono diventato molto
popolare, e pronosticato sicuro
vincitore finale del torneo. Sono
seguiti però due incontri molto
difficili: nei quarti ho incontrato
un ottimo giocatore, che alla fine
ha ceduto perché aveva un poco
di pancetta e aveva perso mobilità (mentre io peso 65 Kg), e in
semifinale sono stato messo in
E oggi, che è in pensione?
“Oggi che sono vecchio, continuo a giocare regolarmente 2-3
volte la settimana, e mi ritengo
fortunato, perché posso fare attività
fisica divertendomi.
Perciò incoraggio i miei pazienti
di qualunque età a fare l’attività
che li diverte o li fa sentire bene,
che può essere il ballo, la camminata veloce, il giardinaggio, e qualsiasi hobby che un po’ li faccia
sudare…”.
Ci racconti dell’ultima
vittoria.
“Quest’anno ho deciso per la
prima volta di partecipare al 42°
Campionato Nazionale dell’AMTI
(Associazione Medici Tennisti Italiani), che si è svolto a Pugnochiuso
nel mese di giugno. Circa 150
iscritti, 13 tabelloni, tra cui quello
degli over 70, con 12 partecipanti.
Il mio primo incontro è stato contro
uno dei vincitori storici di precedenti
campionati, un simpatico collega
che ho battuto per 6/0-6/0.
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grande difficoltà da un giocatore
atipico, che solo verso la fine
sono riuscito a contrastare vincendo al tie-breack del 3° set
per 11 a 9!. In finale, ho incontrato il vincitore dell’anno prece-
dente e di tanti altri campionati,
vincendo con un secco 6/1-6/1.
Molto sportivamente, il mio avversario mi ha detto: ora ti passo
il testimone, sei tu il mio
successore”!
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A chi dedica questo premio?
“Ho dedicato la vittoria a mio
nipote Vittorio, che potete ammirare in queste foto, che mi ha accompagnato in questa avventura,
ed è stato il mio più grande tifoso”.
Luca Calabrese: “Un nuovo Welfare:
la fratellanza medico-paziente”
COMPRENSIONE E INTEGRAZIONE FRA UOMO E UOMO, ISTITUZIONI,
POLITICA E SOCIETÀ POSSONO GENERARE UN NUOVO ‘WELFARE’
Dott. Calabrese, come nasce l’idea di “Mundi”?
“Questa iniziativa vuole promuovere l’importanza della prevenzione e della difesa della salute, prima fonte di benessere,
concetto ancora molto precario
o addirittura inesistente fra le
popolazioni immigrate. In
quest’ottica l’Associazione Salvatore Calabrese ha pensato nel
corso della manifestazione
‘Mundi’ questa gior nata di
‘solidarietà e fratellanza tra medico e malato’ grazie anche alla
collaborazione dell’ASL di Lecce
che ha concesso alcuni spazi e
personale presso il presidio
Ospedaliero di Campi Salentina
e di Associazioni che operano
nell’accoglienza e supporto degli
immigrati e nella prevenzione medica.
L’idea nasce dal desiderio di
capacità di comprensione e integrazione fra uomo e uomo, istituzioni, politica e società che pos-
sono generare infatti un nuovo
‘Welfare’, ossia uno stato del benessere, che poiché costruito
sulla reciproca partecipazione
della persone e degli enti che
costituiscono la comunità, trova
fondamento e si sviluppa sul principio di uguaglianza sostanziale,
da cui la riduzione delle disuguaglianze sociali.
Organizzare una giornata di
“fratellanza medico e paziente”
ci è sembrato l’esempio più semplice ed efficace in cui tutte le
figure sanitarie fornissero gratuitamente e volontariamente la risorsa umana e l’ente invece
l’infrastruttura ed i mezzi per la
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realizzazione della gior nata
stessa”.
Perché un festival dedicato
al Maghreb?
“Il Forum ‘Mundi’ è una necessità, meglio, una esigenza della
società contemporanea. I confini
etnici del mondo si stanno costantemente ampliando.
L’orientamento verso una società
multirazziale e multiculturale pone
infatti l’uomo di fronte a nuove
sfide che riguardano la civile convivenza. Spesso le differenze culturali diventano delle barriere di
diffidenza o ancora peggio di ostilità che impediscono di ricono-
scere l’uomo nell’altro, anche
nella persona a noi più prossima.
Difficoltà che tuttavia possono
essere a poco a poco sanate da
opportunità di reciproca conoscenza, dalla volontà e disponibilità ad ascoltarsi, a ricevere
informazioni riguardanti le diverse
forme in cui l’essere umano si
esprime e vive nei vari luoghi della
Terra. Questo percorso, spesso,
conduce a scoprire che sono
molte le cose che accomunano
i popoli, e che le diversità così
come le differenze possono essere valori che arricchiscono, non
che separano.
‘Mundi’ nasce appunto con
l’idea di un’azione di sensibilizzazione alla pacifica connivenza.
Nella prima edizione ci siamo dedicati alla scoperta dell’area subsahariana, in questo secondo abbiamo aperto
una finestra sul Maghreb.
È un luogo molto vicino a
noi sia fisicamente, separata dal tacco e dalle
isole italiane solo da un
fascia di mare, sia perché
nel corso della storia
spesso i nostri destini si
sono intrecciati, tanto da
averne subito una profonda influenza culturale.
I rapporti con questa terra
ancora tuttora esistenti:
al Maghreb oggi ci lega
l’approvvigionamento
delle fonti energetiche, la
gestione dei flussi migratori - un fenomeno
i n c o n t ro v e r t i b i l e c o n
conseguenze spesso
catastrofiche e gravi violazioni dei diritti umani di
cui è teatro il Mediterraneo.
Come s’interseca la sua attività di medico con quella umanitaria?
“E’ molto semplice perché la
medicina è per eccellenza la
scienza dell’uomo. Se la storia
dell’umanità è costituita da pensieri ed eventi narrati, noi possiamo considerarli due processi
identici della nostra vita quotidiana. La relazione medica, se fatta
di ascolto e di dialogo, consente
alla persona di aprire il proprio
mondo vitale, razionale ed emo-
zionale, così come la vita di relazionale istintiva non distingue il
diverso o l’isolato.
Dovremmo tutti noi medici fare
oggi una riflessione: il mondo
sanitario attuale non facilita un
approccio antropologico e perdiamo così questa grande occasione.
Il mondo medico presenta gli
stessi problemi di relazione che
caratterizzano la nostra società.
L’individualismo, la frammentazione, la frenesia dei ritmi di vita e
derive della globalizzazione isolano troppo
spesso la persona invece
di creare dei presupposti
che favoriscono l’incontro.
Imporsi dei momenti
dedicati all’incontro ed alla
gratuità del gesto rendono
più semplice il lavoro di
tutti i giorni.
Quest’anno quante
persone siete riusciti ad
assistere dal punto di
vista sanitario?
“Nell’arco di una mattinata siamo riusciti ad
effettuare un percorso di
chek-up completo a 28
persone fornendo gratuitamente ed efficacemente visite di primo e
secondo livello comprensive di laboratorio e
radiologia. Al termine del
percorso è stato conse-
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in caso di donne e bambini.
Dopo la prima valutazione, sono seguite 14 valutazioni radiologiche e 12 prestazioni specialistiche dei diversi professionisti
presenti (otorinolaringoiatria,
odontoiatria, neurologia dermatologia e nefrologia)”.
gnato un dettagliato referto con
anche un iter terapeutico ove
necessario”.
Quante prestazioni mediche
avete erogato?
“Tutte le persone hanno effet-
tuato un completo profilo laboratoristico subito dopo l’accettazione effettuata alla presenza
di un mediatore culturale. Quindi
tutti hanno effettuato una visita
di medicina generale e cardiologica, pediatrica e ginecologica
Avete riscontrato delle patologie o richieste di aiuto? Di
che tipo?
“Ricordo che ad ogni immigrato all’ingresso in Italia viene assegnato un medico curante e può
essere coperto in ogni necessità
di assistenza medica. Purtroppo
paure e reticenze impediscono
questo confronto se non in situazioni di emergenza.
Questo percorso è stato invece effettuato in persone apparentemente sane.
Durante il percorso abbiamo
riscontrato una nefropatia con
malformazione renale ed iniziale
insufficienza, diagnosticata con
ecografia – tac e visita nefrologica, due pazienti cardiopatici ed
ipertesi oltre una serie di problematiche odontoiatriche, dermatologiche ed otorini minori.
Sono stati riferiti ai loro medici
curanti oltre ad aver attivato ulteriori percorsi di cura specialistici.
In conclusione, questo giornata di prevenzione ha dimostrato
essere un modello di efficienza
ed efficacia con copertura economica se vengono unite le diverse forze del volontariato e degli
enti istituzionali, proponendosi
come esempio di nuova modalità
di azione”.
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Mundi, l’anima del Maghreb
IL FORUM INTERNAZIONALE DELLA SOLIDARIETÀ E DELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE.
DA CAMPI SALENTINA AL MAGHREB. NEL NOME DI SALVATORE CALABRESE
“Mundi”,
promosso
dall’Associazione Salvatore Calabrese, nasce dalla tendenza
inarrestabile verso una società multiculturale e multietnica, senza barriere di diffidenza e ostilità. Un Forum, un luogo d’incontro e di
scambio di esperienze ed emozioni
fra cittadini “del mondo”.
L’evento, alla sua seconda
edizione, quest’anno ha puntato
i riflettori sul Maghreb, l’area
più a ovest del Nord Africa, che
si affaccia sul mar Mediterraneo
e sull’Oceano Atlantico, comprendente il Marocco, la Mauritania, l’Algeria, la Tunisia e la
Libia.
La manifestazione si è svolta a
Campi Salentina dal 17 al 20
Luglio: studiosi, associazioni, enti,
che seguono da vicino il Maghereb,
hanno illustrato un percorso di
conoscenza e di analisi delle situazioni di criticità, affiancato a iniziative di approfondimento, con curiosità sugli usi e costumi locali,
per superare gli stereotipi, ospitando le principali manifestazioni
espressive che compongono
l’affascinante cultura.
Nell’ambito delle tre giornate di
“Mundi”, il 19 Luglio, presso il
Presidio Ospedaliero di Campi Salentina, si è svolta la giornata di
“Solidarietà e Fratellanza tra
Medico e Malato”. Un percorso
di check-up proposto, attraverso
lo “Sportello Immigrati” dell’ambito
di Gallipoli (diretto da Integra Solidale), ai migranti beneficiari del
Progetto S.P.R.A.R. dei Comuni
di Lecce, Muro Leccese, Neviano e Parabita, di cui Integra
Onlus è Ente Gestore.
Il Sistema di protezione per ri-
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chiedenti asilo e rifugiati (SPRAR)
è costituito dalla rete degli enti
locali che – per la realizzazione di
progetti di accoglienza integrata –
accedono, nei limiti delle risorse
disponibili, al Fondo Nazionale per
le Politiche e i Servizi dell’Asilo. A
livello territoriale gli enti locali, con
il prezioso supporto delle realtà del
terzo settore, garantiscono interventi di “accoglienza integrata“ che
superano la sola distribuzione di
vitto e alloggio, prevedendo in modo complementare anche misure
di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi
individuali di inserimento socio-
economico. L’evento “Solidarietà
e Fratellanza tra Medico e
Malato” ha visto la collaborazione
di medici, specialisti, cooperazioni
internazionali, enti supportati
dall’azienda Ospedaliera di Lecce
2, che hanno messo a disposizione
la loro professionalità per rispondere concretamente a una richiesta
d’aiuto di molte comunità di migranti e per una migliore attenzione
e assistenza sanitaria.
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di Gino Peccarisi
Un grande giornale, grazie ad un grande uomo
SOTTO LA DIREZIONE DI MAURIZIO MURATORE SALENTO MEDICO È DIVENTATO
UN PUNTO DI RIFERIMENTO AUTOREVOLE PER LA CATEGORIA E L’INTERO TERRITORIO
M
olto tempo è trascorso da quando “giovane
medico”, eletto nel Consiglio dell’Ordine Professionale, sedevo accanto a tanti colleghi che mi
sembravano irraggiungibili per caratura professionale.
Mi sentivo piccolo ingranaggio nel complesso meccanismo della sanità. Essere vicino a tanti colleghi cui
fare riferimento mi ha dato sicurezza nel tortuoso
cammino professionale. Con molti ho stabilito rapporti
umani e professionali che mi hanno aiutato a crescere.
Quando Maurizio Muratore mi ha chiesto di collaborare
con lui alla realizzazione della nostra rivista quasi non
mi sembrava vero e, pur sentendomi poco adatto a
quel ruolo, ho accettato la sfida.
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Non è facile gestire “Salento Medico” che giunge
nelle case di ogni collega, che rappresenta la voce
della categoria nel territorio e, soprattutto, rendere
interessante un periodico in una miriade di riviste
che incessantemente si accumulano sulle nostre
scrivanie.
Con il dottore Muratore “Salento Medico” ha
assunto una connotazione nuova, attesa e letta,
con una veste grafica piacevole, grazie alle collaborazioni che nel tempo ha saputo ricercare. Fare
parte della “sua squadra” mi ha dato orgoglio e
passione, anche se il mio contributo è stato modesto
rispetto al suo impegno misconosciuto, ma sempre
costante. Realizzare una rivista in cui s’intrecciano
le tematiche del settore, articoli scientifici dei colleghi,
prettamente locali, opinioni di professionisti non
medici pronti a suscitare opinioni a confronto, intercalare arte e cultura, non è sempre facile.
Credo che da semplice impegno editoriale, doveroso per ogni categoria professionale, “Salento
Medico” sia diventato un appuntamento atteso,
anche se molti colleghi non dedicano ancora la
giusta attenzione.
Ora, Maurizio lascia. Integerrimo e sempre professionalmente corretto, in una categoria che dovrebbe essere sempre da esempio, ha deciso di
smettere i panni del protagonista; divorzia dalla sua
creatura. “Salento Medico” non può fare a meno di
lui e, senza un’abile regia, magari “dietro le quinte”
non sarà più lo stesso anche se le linee e le direttive
già tracciate saranno la guida per chi avrà l’onore
del subentro.
Caro Maurizio, lavorare con te, ma soprattutto
avermi regalato la tua amicizia, è stato per me un
bel dono che custodirò per sempre nel mio cuore.
Intanto mi addormento con la speranza che domani
tutte le pressanti sollecitazioni ti facciano cambiare
idea e, con una telefonata, mi comunicherai che
eravamo tutti su “scherzi a parte”.
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Quell’antidoto al burn out del medico
L’IRONIA È IL GIUSTO ANTIDOTO CONTO IL BURN OUT DEL MEDICO
di Tommaso Borgia*
L
a malasanità può dipendere anche dal
malessere dei medici. Secondo le
“confessioni” dei medici, che emergono da una
serie d’indagini condotte in diversi Paesi, più
della metà di costoro, ammette che stress e
fatica finiscono per incidere sul trattamento del
malato. Molti medici, oggi, lavorano 50-60 ore
alla settimana, con un carico emozionale, un
peso burocratico, con impensabili conflitti con
i colleghi, che non hanno uguali in tutte le altre
attività professionali.
Così nel corso della carriera,almeno un medico su quattro, “scoppia” e pertanto cade in
quella sindrome detta “Burn-out”, termine inglese
che significa appunto “bruciati, esauriti,
scoppiati”.
Questa sindrome è stata osservata per la
prima volta negli Stati Uniti in persone che
svolgevano diverse professioni d’aiuto: infermieri,
medici, insegnanti, assistenti sociali,poliziotti,vigili
del fuoco, operatori per l’infanzia o in ospedali
psichiatrici. E’ stato Freudenberger il primo
studioso ad usare il termine “burn-out” per
indicare un complesso di sintomi, quali logoramento,esaurimento e depressione.
Il soggetto colpito, manifesta sintomi aspe-
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cifici, quali irrequietezza, senso di stanchezza, apatia,
nervosismo, insonnia, sintomi somatici come tachicardia, cefalee, nausea, disturbi gastro-intestinali e sintomi
psicologici come depressione ansia, paure per problemi
medico-legali, fobie, bassa stima di sé, senso di colpa,
sensazione di fallimento, rabbia e risentimento per
eccessivo carico di lavoro burocratico, alta resistenza
ad andare al lavoro ogni giorno, indifferenza, negativismo, isolamento, sospetto e paranoia, rigidità di
pensiero, difficoltà nelle relazioni con gli utenti, atteggiamento colpevolizzante nei confronti degli stessi,
cinismo, mancato riconoscimento alla propria attività,
abbandono della cura della propria persona, deliberata
riduzione della qualità della vita personale.
Tale situazione di disagio induce molto spesso
all’abuso di alcool, di psicofarmaci (ansiolitici, antidepressivi, induttori del sonno) e qualche volta di sostanze
psicoattive, alla perdita importante di ore lavorative e
quindi alla riduzione dei profitti, alla disorganizzazione
sociale, al gioco d’azzardo, all’alta velocità, alle perversioni sessuali.
Per quanto riguarda i medici, quelli più a rischio
per il burn-out sono quelli che operano nell’ambito
della medicina generale, e fra gli specialisti quelli della
medicina del lavoro, della psichiatria, della chirurgia
e dell’oncologia, in cui ci si occupa di pazienti cronici,
incurabili o morenti.
Per misurare il burn out ci sono diverse scale, ma
è da ricordare la scala di Maslach: un questionario di
22 domande atte a stabilire se nell’individuo sono
attive dinamiche psicofisiche che rientrano nella sindrome. A ogni domanda il soggetto interessato deve
rispondere inserendo un valore da 0 a 6 per indicare
intensità e frequenza circa le sensazioni descritte.
La strategia consigliata dagli esperti contro il “burnaut” è l’umorismo, l’ironia. La pensava già cosi Ippocrate, che sosteneva che una risata favorisse la guarigione da una malattia.
In particolare, i consigli dell’Associazione
dell’American Accademy per aiutare i medici di famiglia
sono: “Ridi con pazienti e colleghi; scherza di più: non
reagire con impulsività; mantieni una vita equilibrata;
impara a dire di no; concentrati su quanto funziona;
non vivere di sola medicina; bisogna curare se stessi
per meglio curare gli altri”.
Bibliografia
AA.VV. L’Operatore cortocircuitato Ed.CLUP
Cherniss C.La sindrome del burn-out.CST-Torino
Maslach C.La sindrome del burn-out.Il prezzo
dell’aiutoagli altri. Cittadella Editrice
Pellegrino F. La sindrome del Burn-aut. Centro
Scientifico Editore-Torino
*Specialista in Medicina Generale
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Simulazione Virtuale e Visualizzazione
Aumentata nella Chirurgia Mini-Invasiva
LE SPERIMENTAZIONI E COLLABORAZIONI TRA L’ AUGMENTED AND VIRTUAL REALITY
LABORATORY DELL’UNIVERSITÀ DEL SALENTO E GLI OSPEDALI DI CASARANO,
GALATINA E LECCE
di Lucio De Paolis*
N
egli ultimi anni in chirurgia si è assistito in misura
sempre più crescente al passaggio dalla chirurgia
aperta a quella minimamente invasiva in cui la risposta
visiva all’operare del chirurgo si ottiene attraverso le
immagini catturate alla videocamera inserita nel corpo
del paziente e visualizzate su un monitor e non è
possibile la palpazione diretta degli organi. Tale procedura, infatti, consiste in un insieme di tecniche che
consentono di raggiungere un organo senza ricorrere
alla classica incisione chirurgica, ma attraverso incisioni
di piccole dimensioni, dette “porte”, viene inserita la
microtelecamera e la necessaria strumentazione chirurgica.
Con tale metodica chirurgica si realizzano molte
condizioni vantaggiose per il paziente dal momento
che l’intervento è meno cruento e devastante, si evita
una brutta cicatrice, le fasce e i muscoli vengono punti
e divaricati invece di essere tagliati ed è possibile sia
un rapido recupero clinico e psicologico del paziente
che una notevole riduzione del tempo di degenza
ospedaliera, con significativo abbattimento dei costi.
Però, sin dai primi utilizzi della chirurgia minimamente
invasiva è stato evidente che, accanto alla novità
dell’introduzione di una nuova tecnica in sala operatoria,
si sarebbe contestualmente aperta una nuova classe
di problemi legati all’estrema limitatezza dell’area
operativa disponibile, alla sua ridotta accessibilità ed
alla visione bidimensionale della zona di intervento
con conseguente perdita dell’informazione sulla distanza tra organi e strumentazione chirurgica. L’estrema
riduzione dello spazio, inoltre, ha trasformato anche
semplici operazioni in fasi che richiedono un’attenta
e preventiva pianificazione da parte del chirurgo oltre
che un opportuno ed accurato addestramento.
La tecnologia della Realtà Virtuale (Virtual Reality
– VR) e l’elaborazione di immagini mediche (quali la
tomografia computerizzata e la risonanza magnetica)
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per la ricerca interdisciplinare applicata alla medicina)
nato a seguito di una convenzione tra l’Università del
Salento e l’ASL Lecce con sede presso l’Ospedale
“V. Fazzi” di Lecce.
AVR Med ha vinto la Start Cup Puglia 2013 per la
sezione “Life Science” ed è stata selezionata tra i 10
finalisti dell’ottava edizione del premio “Start Up
dell’Anno”, il concorso tra giovani imprese generate
dalla ricerca accademica dopo il 2010 che hanno
conseguito le migliori perfomance tecniche e di successo di mercato.
Le tecnologie della realtà virtuale e della realtà
aumentata sono state applicate nella chirurgia laparoscopica pediatrica ed nel trattamento dei tumori epatici
tramite ablazione con radiofrequenza.
per la generazione di modelli tridimensionali ha portato
un notevole cambiamento in molti ambiti della chirurgia
ed ha creato nuove potenzialità nell’addestramento,
nella diagnostica preoperatoria e nella pianificazione
delle procedure chirurgiche. Attualmente i chirurghi
possono contare per la loro “learning curve” su realistici
simulatori virtuali con i quali poter ripetere le procedure
chirurgiche, verificare nuove metodiche di intervento
e tenere sotto controllo la crescita delle proprie abilità
operative.
Inoltre, l’emergente tecnologia della Realtà Aumentata (Augmented Reality – AR) che permette
l’integrazione in tempo reale di oggetti virtuali in una
scena reale ha stravolto completamente il modo di
interagire con l’ambiente circostante che risulta arricchito di informazioni. Questa nuova tecnologia trova
una sua peculiare applicazione in chirurgia mini-invasiva
in quanto permette di sovrapporre i modelli virtuali
degli organi del paziente generati dalle sue immagini
mediche sugli organi reali e di fornire ai medici una
sorta di visione “a raggi X” dell’anatomia interna. Ciò
garantisce una precisa localizzazione delle lesioni ed
un’indicazione sui rapporti anatomici con organi e vasi
adiacenti assicurando una maggiore precisione ed un
minor rischio di errori. Fornire al chirurgo un tale sistema
di navigazione guidata all’interno del corpo del paziente
equivale a mettergli a disposizione un supporto simile
a quello offerto in automobile da un navigatore GPS.
AVR Med srl (Augmented and Virtual Reality for
Medicine), uno spin-off dell’Università del Salento con
sede presso l’Augmented and Virtual Reality Laboratory
(AVR Lab) del Dipartimento di Ingegneria
dell’Innovazione, si avvale dell’esperienza decennale
maturata presso l’AVR Lab, il cui responsabile scientifico
è il Prof. Lucio Tommaso De Paolis, ed è impegnata
nell’utilizzo delle tecnologie della Realtà Virtuale e della
Realtà Aumentata in medicina e chirurgia.
L’AVR Lab è tra i soci fondatori dell’Associazione
Europea di Realtà Virtuale (EuroVR) ed è coinvolto
nelle attività di ricerca del DREAM (Laboratorio diffuso
25
Nell’ambito del Progetto ARPED (Augmented Reality
Application in Pediatric Minimally Invasive Surgery),
finanziato dalla Fondazione della Cassa di Risparmio
di Puglia e svolto in collaborazione con la Divisione di
Chirurgia Pediatrica dell’Ospedale di Casarano e con
il Dott. Guglielmo Paradies, direttore dell’U.O. di
Chirurgia Pediatrica presso l’Ospedale “Giovanni XXIII”
di Bari, è stata realizzata una piattaforma che permette
di fornire un valido supporto per un’accurata pianificazione pre-operatoria in chirurgia laparoscopica
pediatrica prestando particolare attenzione nella scelta
dei punti di accesso in addome.
La disponibilità di un sistema per lo studio
dell’accesso laparoscopico in addome è particolarmente sentita in chirurgia pediatrica in quanto la
presenza e le dimensioni dei tumori possono cambiare
radicalmente la posizione degli organi all’interno dei
corpi dei piccoli pazienti e, pertanto, i punti di accesso
standard potrebbero non essere quelli più indicati.
La piattaforma permette di individuare i punti più
idonei di ingresso in addome sul modello virtuale degli
organi del paziente e di riportarli, con tecniche di
Realtà Aumentata, sul corpo reale del paziente per
l’avvio della reale procedura chirurgica.
Nel 2011 l’idea progettuale “Piattaforma avanzata
di simulazione e training per la chirurgia laparoscopica
pediatrica” proposta dall’AVR Lab è stata insignita
con una delle 5 menzioni speciali ItaliaCamp, in ragione
del suo particolare valore innovativo.
Nella figura 1 sono riportate alcune immagini
dell’applicazione sviluppata.
Il gruppo di ricerca di AVR Med sta lavorando, in
collaborazione con l’U.O. di Malattie Infettive
dell’Ospedale di Galatina diretta dal dott. Paolo Tundo
e con il dott. Roberto Chiavaroli, responsabile di
endoscopia interventistica, alla messa a punto e
validazione di un sistema per l’ablazione con radiofre-
26
frequenza, ossia di raggiungere con precisione la
lesione tumorale. Per questo motivo i medici sono
costretti ad applicare l’ablazione ad un’area del fegato
piuttosto estesa al fine di garantire la distruzione di
tutte le cellule tumorali, ma, trattandosi spesso di
pazienti cirrotici, l’inutile distruzione di parti di fegato
sano può portare ad una successiva insufficienza
epatica e ad altre complicanze. L’utilizzo della tecnologia
della realtà aumentata permette di ridurre le difficoltà
legate all’inserimento dell’elettrodo, di guidare il chirurgo
con maggiore precisione nel raggiungimento del tumore
e di evitare il danneggiamento delle strutture anatomiche in prossimità della lesione.
Nella Figura 2 sono riportate alcune modalità avanzate di visualizzazione e di interazione con i modelli
3D degli organi del paziente generati da immagini
tomografiche per la pianificazione chirurgica preoperatoria e nella Figura 3 è riportata su un manichino
la visualizzazione aumentata degli organi virtuali del
paziente.
Attualmente, inoltre, AVR Med sta anche sviluppando, in collaborazione con il dott. Andrea Tinelli, responsabile delle ricerche sperimentali in chirurgia endoscopica, imaging e tecnologie mini-invasive presso l’U.O.
di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale “Vito Fazzi”
di Lecce diretta dal dott. Antonio Perrone, una piattaforma per la pianificazione chirurgica preoperatoria ed
il supporto intraoperatorio basata sull’interazione con
i dati del paziente e sull’elaborazione delle sue immagini
mediche per la realizzazione di modelli 3D degli organi.
**Professore Aggiunto al Moscow Institute of Physics and
Technology (MIPT), Università Statale di Mosca, Russia,
operante nel Centro: “International Translational Medicine
& Biomodeling Research Team“.
Responsabile del Laboratorio di Endoscopia Sperimentale,
Imaging, Tecnologie e Terapie Mini-Invasive del Laboratorio
Diffuso di Ricerca Interdisciplinare Applicata alla Medicina
(D.R.e.A.M.)
Dirigente Medico, Responsabile dell'Oncologia Ginecologica
e del Centro per la Menopausa dell’Unità Operativa di
Ginecologia ed Ostetricia dell’Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce
quenza dei tumori epatici. Tale sistema, già sviluppato
in collaborazione con la Divisione di Chirurgia Addominale dell’Ospedale “Casa Sollievo delle Sofferenza”
di San Giovanni Rotondo, è basato sull’utilizzo della
realtà aumentata e permetterà di risolvere una delle
maggiori difficoltà nell’utilizzo dell’ablazione con radio-
27
Giampiero Esposito*
La cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva
APPROCCIO CHIRURGICO ALLA CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA OSTRUTTIVA
SINTOMATICA CON MORFOLOGIA ANOMALA DEL MUSCOLO PAPILLARE ANTERIORE:
MIECTOMIA SETTALE E RIPOSIZIONAMENTO DEI MUSCOLI PAPILLARI
di Camillo Luca Poloni, Samuele Bichi, Antonio Cricco, Marianna Redaelli
L
a cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva (HOCM) è
considerata una malattia primaria del muscolo
cardiaco conseguente ad alterazioni strutturali e
funzionali del sarcomero geneticamente determinati.
Le caratteristiche fenotipiche della malattia determinano
alterazioni anatomo-funzionali dell’ apparato valvolare
mitralico con ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro
(LVOTO).
La storia clinica della HOCM è variabile e scarsamente predittibile, infatti si può avere un decorso
clinicamente silente o manifestarsi con sintomi invalidanti quali angina e dispnea o con esordio aritmico
fino alla morte improvvisa (1- 2).
La fisiopatologia della cardiomiopatia ipertrofica è
stata chiarita dall’introduzione della ecocardiografia
tridimensionale e della risonanza magnetica cardiaca.
Con questi progressi, anche la gestione chirurgica
della HOCM sintomatica si è evoluta, dal momento
che il ruolo della valvola mitrale e delle strutture
subvalvolari nel partecipare all’ ostruzione dinamica
del tratto di efflusso ventricolare sinistro ( LVOTO) sono
stati ben chiariti.
Un recente studio ha dimostrato come l’anormale
morfologia del muscolo papillare anteriore si associ
all’ostruzione dinamica del tratto di efflusso ventricolare
sinistro (LVOTO), e come sia indipendentemente
dall’ispessimento basale del setto che è riconosciuta
come la principale caratteristica morfologica della
HOCM (3).
Il movimento sistolico anteriore (SAM), dovuto al
contatto tra il lembo anteriore mitralico (LAM) e il setto
interventricolare ipertrofico si aggrava in presenza di
un muscolo papillare anomalo.
In questo non infrequente sottogruppo di pazienti
affetti da HOCM si è dimostrato come il non riconoscere tale anomalia nella diagnosi pre-operatoria
possa portare a conseguenze catastrofiche durante
l’intervento chirurgico, perché la procedura standard
di miectomia isolata non risolve certo l’ostruzione
(4).
Vengono analizzate le caratteristiche cliniche e
morfologiche e gli outcomes a breve termine dei
pazienti sottoposti a correzione dell’ HCMO mediante
la miectomia e il riposizionamento dei muscoli papillari
28
con/senza escissione del muscolo papillare anomalo
e riparazione valvolare mitralica.
Metodo
Dal Gennaio 2002 al Gennaio 2012, 98 pazienti
affetti da HCMO sono stati candidati all’intervento
chirurgico per la presenza di ostruzione sintomatica
al tratto d’efflusso ventricolare sinistro, dopo essere
stati sottoposti a un follow-up clinico-strumentale con
attenta valutazione di tecniche d’ imaging ecocardiografico e RMN cuore.
Di questi 98 pazienti, 15 pazienti presentavano
una anomalia morfologica del muscolo papillare (Table
1). In questo sottogruppo di pazienti affetti da HCMO,
è stato effettuato un innovativo trattamento chirurgico.
Lo studio é stato approvato dal Comitato istituzionale
di revisione di Humanitas Gavazzeni.
La nostra innovativa tecnica chirurgica per il trattamento di questi pazienti con complessa cardiomiopatia
ipertrofica ostruttiva e SAM includeva una miectomia
estesa associando il riposizionamento del muscolo
papillare anteriore e l’escissione del muscolo papillare
anomalo e delle sue corde. La procedura è stata
completata con l’impianto di un anello mitralico completo semirigido (Memo 3D, Sorin).
Tecnica chirurgica
In anestesia generale e dopo un’attenta valutazione
con ecocardiografia trans esofagea, si effettuava una
sternotomia mediana con circolazione extracorporea
dopo aver cannulato l’aorta ascendente e l’atrio destro
con una singola cannula.
Dopo aver clampato l’aorta si procedeva alla somministrazione di cardioplegia bulbare con soluzione
Custodiol.
La conferma chirurgica della presenza di un’anomala
morfologia del muscolo papillare anteriore veniva
ottenuta mediante un approccio trans aortico e trans
mitralico.
29
II° step
La presenza di una ostruzione della regione mediale
del ventricolo sinistro dovuta alla presenza del muscolo
papillare anomalo, veniva trattata, oltre alla standard
miectomia ed all’ escissione del papillare anomalo con
le sue corde, anche con un riposizionamento del
muscolo papillare anteriore con approccio dal tetto
dell’atrio sinistro (5). Questa procedura veniva effettuata
mediante un’ incisione tra la branca anteriore e media
del muscolo papillare anteriore e l’ unione della branca
anteriore con la branca posteriore con una sutura in
polipropilene 4-0, con l’ interposizione di un patch in
pericardio per evitare un danneggiamento muscolare.
Lo scopo di questa variante tecnica è quello di abolire
il SAM e l’ insufficienza mitralica determinate dalla
LVOTO (Fig. 2)
III° step
Veniva quindi impiantato un anello mitralico completo
e semirigido (Memo 3D, Sorin) per correggere e stabilizzare la dilatazione dell’ anulus mitralico.
I° step
Si procedeva quindi ad un’adeguata miectomia
settale con approccio trans-valvolare aortico, mediante
una escissione muscolare rettangolare, dal nadir della
cuspide aortica coronarica destra verso la regione
medio-ventricolare, sino a livello dell’ inserzione del
muscolo papillare anteriore anomalo (procedura di
Morrow).
30
Risultati
Non si sono osservati decessi a 30 giorni dall’
intervento, così come al follow-up a 18 mesi. Un
esame ecocardiografico transtoracico post-operatorio
e una risonanza magnetica cardiaca hanno documentato l’ assenza di un gradiente superiore a 18 mmHg.
Durante il periodi di follow-up il paziente ha mantenuto
una classe funzionale NYHA prima. Tutti i pazienti
hanno mantenuto un ritmo sinusale.
Dopo la chirurgia, il tratto di efflusso ventricolare
sinistro (LVOTO) appariva ampiamente libero in tutta
la fase del ciclo cardiaco. Il movimento anteriore del
lembo mitralico anteriore (SAM) era stato eliminato
senza residua insufficienza mitralica in 11 pazienti
(73,3%) e con lieve insufficienza mitralica in 4 (26%)
pazienti.
Discussione
La cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva (HCMO) è
sempre stata relata all’ asimmetrica ipertrofia settale.
Le principali cause all’ostruzione sono da riferire al
bulging del setto interventricolare ipertrofico, indicativo
della presenza di movimento anteriore del lembo
mitralico anteriore (SAM). Altre anomalie, non così
rare, includono un allungamento del lembo anteriore
mitralico, un’alterata morfologia del muscolo papillare
anteriore e la presenza di un muscolo papillare anomalo
o accessorio.
La terapia chirurgica viene considerata oggi il gold
standard nei pazienti con HCMO sintomatica ed e’
effettuata con la miectomia settale descritta da Morrow.
Tuttavia l’associazione con valvola mitrale ed il suo
apparato sottovalvolare morfologicamente anormali
non rendeva sufficiente tale gesto chirurgico. Per
questa ragione sono state necessariamente sviluppate
altre tecniche. Nel decidere la strategia chirurgica,
bisogna considerare che una significativa proporzione
di questi pazienti è giovane e che la sostituzione
mitralica e/o la manipolazione della valvola mitrale non
è desiderabile. Il nostro innovativo approccio e’ diretto
ad evitare le suddette lesioni alla valvola mitrale.
Comunque, studi recenti effettuati con l’ausilio della
risonanza magnetica cardiaca hanno dimostrato
31
2. Maron BJ, Maron MS. Hypertrophic cardiomyopathy.
Lancet. 2013;381:242-55.
3. Kwon DH, Setser RM, Thamilarasan M, Popovic ZV,
Smedira NG, Schoenhagen P. Abnormal papillary muscle
morphology is independently associated with increased left
ventricular outflow tract obstruction in hypertrophic cardiomyopathy. Heart. 2008;94:1295-301.
4. Maron BJ, Nishimura RA, Danielson GK. Pitfalls in
clinical recognition: a novel operative approach for hypertrophic cardiomyopathy with severe outflow tract obstruction
due to anomalous papillary muscle. Circulation.
1998;98:2505-8.
5. Esposito G, Cappabianca G, Bichi S, Patrini D,
Pellegrino P. Left atrial roof: an alternative minimal approach
for mitral valve surgery. Innovations. 2012;7:417-20.
un’elevata frequenza di muscoli papillari anomali in
pazienti con HCMO. Questo dato non viene frequentemente rilevato con un ecocardiogramma transtoracico (5).
Con la nostra innovativa strategia chirurgica viene
creato un ampio tratto d’ efflusso, mediante una
resezione muscolare estesa alla regione medioventricolare (Figura 1). Inoltre il riposizionamento del
muscolo papillare anteriore , seguito dall’ impianto di
un anello mitralico completo semirigido, ha permesso
l’annullamento dell’ effetto SAM e il conseguente
rigurgito mitralico residuo.
*Cardiochirurgia Humanitas Gavazzeni, Bergamo
Conclusioni
L’approccio chirurgico “ su misura “ per quei pazienti
affetti da HCMO sintomatica con associata un’ anomala
morfologia del muscolo papillare, ha ottenuto ottimi
risultati in termini di riduzione del gradiente e di
eliminazione dei sintomi. Al follow-up a breve termine
(18 mesi) tutti i pazienti sono risultati essere asintomatici
e non hanno avuto necessità di re-intervento. Questi
dati devono comunque essere confermati da un followup a lungo termine.
Bibliografia
1. Klues HG, Maron B, Dollar AL, Roberts WC. Diversity
of structural mitral valve alterations in hypertrophic cardiomyopathy. Circulation. 1992;85:1651-60.
32
Il seno, dalla mastoplastica additiva
alla lipostruttura
GLI INTERVENTI AL SENO PIÙ RICHIESTI.
TUTTO QUELLO CHE I PAZIENTI (E I MEDICI DI BASE) DEVONO DA SAPERE
di Tommaso Savoia*
La mastoplatica addittiva
E’ l’intervento di chirurgia plastica che aumenta il
volume del seno con l’inserimento di due protesi al
silicone, una per parte, per rendere la figura della
donna complessivamente più armoniosa.
L’operazione: dura circa mezz’ora e può avvenire
in anestesia locale o generale, in day hospital oppure
con una notte di degenza in ospedale. Le tecniche
più usate sono la Dual Plane e la nuovissima Triple
Plane.
Le protesi: vengono inserite incidendo nella zona
vicino all’areola del capezzolo oppure nel solco mammario o nel cavo ascellare, a seconda delle indicazioni
all’intervento.
Se il seno è svuotato e cadente la ptosi mammaria
lieve), come dopo un allattamento per esempio o un
importante calo ponderale, si può inserire la protesi
e contestualmente correggere la ptosi del seno togliendo la pelle tutt’intorno all’areola.
Dopo l’intervento: si può avvertire una sensazione
di fastidio come quando si è ecceduto in palestra con
gli esercizi per i pettorali. Dopo 48 ore vengono rimossi
cerotti e medicazione e si deve indossare un reggiseno
preformato sportivo senza ferretti che separi bene le
mammelle per tre giorni in modo che si assestino bene
34
nella loro posizione. Dal terzo giorno e per un mese,
si devono eseguire massaggi specifici (5 minuti al
giorno). Dopo due settimane le cicatrici sono quasi
guarite e scompare la sensazione di avere un corpo
estraneo dentro di sé. E’ bandito il sole sulle cicatrice
e gli esercizi per i pettorali per almeno 4 mesi.
I controlli: è bene controllare le protesi facendo
un’ecografia una volta all’anno. Una protesi dura in
media 10-15 anni o molto di più nel caso di protesi
di ultima generazione. Quando si deteriora deve essere
sostituita con un altro intervento.
I rischi: può verificarsi l’incapsulamento ( contrattura
capsulare), cioè la produzione di un materiale fibroso
intorno alla protesi che rende il seno duro e dolente,
ma è un evento molto raro. In questo caso diventa
necessario rimuovere le protesi e inserirne di nuove
in una posizione diversa.
Le incisioni: sono almeno due, una intorno all’areola
e l’altra con un taglio verticale dal punto più basso di
questa fino al solco mammario. A volte, se il seno è
particolarmente voluminoso, ne serve una terza orizzontale con una forma complessiva detta ad “ ancora”
Dopo l’intervento: Il dolore è scarso nel caso di
una protesi sottoghiandolare, maggiore se posizionata
sotto il muscolo, ma controllabile con normali antidolorifci .Dopo 48-72 ore si deve mettere un reggiseno
di sostegno simile a quelli sportivi. I punti si riassorbono
da solo in 10 giorni e non devono essere rimossi,per
tutto questo periodo serve il massimo riposo, in
particolare senza sollevare le braccia sopra la testa o
guidare l’auto. Il topless è sconsigliato sulle cicatrici
I controlli: Prima dell’intervento è opportuno eseguire
La mastoplastica riduttiva
E’ l’intervento di chirurgia plastica che riduce il
volume del seno quando le mammelle sono troppo
grandi e pesanti.
L’operazione: è piuttosto complessa, dura circa
due ore e avviene in anestesia generale con uno o
due giorni di ricovero.
35
momento, potrebbe essere la base della Chirurgia
Rigenerativa e restituire una mammella molto simile
a quella naturale.
Allo stato attuale serve soprattutto per migliorare
le cicatrice, sbrigliare i tessuti, ridurre le sindromi
nevralgiche dolorose dopo interventi anche per le
malformazioni del seno e il seno tuberoso.
una ecografia e mammografia. Quindi un’altra mammografia un anno dopo l’intervento e dei controlli
periodici con il proprio chirurgo a cadenza annuale.
I rischi: i rischi sono legati a quelli di qualsiasi
intervento sieromi o raccolte di sangue. Raramente
può verificarsi la sofferenza dell’areola. Nel caso di
seni molto grandi (distanza giugulo-capezzolo maggiore
di 50 cm) il complesso areola capezzolo viene spostato
e trapiantato nella nuova posizione).
Costi: se il volume del seno è molto importante e
rappresenta un ostacolo allo svolgimento delle normali
funzioni quotidiane dal punto di vista ortopedico,
l’operazione è a carico del Servizio Sanitario Nazionale
ma deve essere asportato almeno 500 g di tessuto
per lato e ci vuole il placet dell’ortopedico. In alternativa
se il seno deve essere solo sollevato ma non ridotto
(mastopessi) è considerato un intervento estetico.
*Chirurgo Plastico del Centro Polispecialistico Medical B
di Busto Arsizio (VA)
La chirurgia rigenerativa
Le cellule staminali adipose sono la nuova frontiera
per la chirurgia rigenerativa per migliorare gli esiti dopo
ricostruzione mammaria.
La lipostruttura o il lipofilling è la tecnica attraverso
il quale il tessuto adiposo viene prelevato mediante
una classica lipoaspirazione gentile poiché a pressione
negativa molto leggera e quindi viene trattato e purificato dopo centrifugazione.
Viene quindi reinserito mediante piccole cannule e
riseminato a permettere una rigenerazione del tessuto
adiposo e ridare tono e volume.
Utilizzato soprattutto in chirurgia ricostruttiva per
le cicatrici depresse o per foderare le protesi mammarie
dopo ricostruzione oncologica, in futuro, ma non al
36
Lo spreco e l’abuso di imaging nell’era
degli schermi e della modernità liquida
L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’IMAGING
di Mariano Dimonte*
Riassunto
Il numero eccessivo di esami radiodiagnostici (imaging) eseguiti giornalmente, di cui almeno un terzo
inutile, rappresenta un ingente spreco di risorse con
costi indiretti economici, sanitari, sociali e ambientali
non trascurabili. Il presente lavoro vuole stimolare una
discussione critica sulle dinamiche socio-culturali che
sottendono lo spreco di imaging e che fanno contemporaneamente emergere un nuovo tipo di medico, il
medicus videns, frutto della mutazione antropogenetica
che si seleziona in un ambiente sociale dove digitalizzazione e consumismo esasperato di beni e servizi
sempre più vuoti di significato svolgono un ruolo
cruciale.
Abuso radiodiagnostico; cultura visuale; iperconsumismo sanitario; modernità liquida
represents a remarkable waste of resources with
associated high economical, social, health and environmental indirect costs that we need to take in
account. The aim of this paper is a critic reflection
about some crucial cultural and social processes that
can explain the phenomenon of the waste of imaging
tests and allow the diffusion of a new kind of doctor,
the medicus videns, the result of an antropogenetic
change induced in an social environment where visual
culture and extreme consumption of goods and services more and more emplty of sense play a crucial
role.
Abstract
Keywords
The increasing amount of imaging tests daily performed, of which at least one third is absolutely useless,
Diagnostic imaging overuse; visual culture; health
overconsumption; liquid modernity
Parole chiavi
38
L’insostenibile leggerezza
dell’imaging
Il numero di esami radiodiagnostici (imaging) eseguiti
giornalmente in tutto il mondo è esorbitante e in
vertiginoso aumento 1. In particolare nel 2012 sono
stati eseguiti negli ospedali italiani oltre 70 milioni di
esami radiologici; includendo scintigrafie, tomografie
a emissione di positroni e gli esami eseguiti in centri
privati e studi dentistici, si potrebbe raggiungere la
cifra di 90 milioni, il doppio rispetto al 2000 2. Parallelamente si registra ovunque un aumento inarrestabile
della spesa sanitaria. Nel 2013 in Italia la spesa sanitaria
è stata di 111,108 miliardi di euro, pari al 7,1% del
prodotto interno lordo, con una crescita annua stimata
dell’1,9% fino al 2017.
Dal 2001 al 2006 la quota per i servizi, preceduta
solo dalla voce stipendiale, è passata da 21,12 a
26,9% e l’imaging, trainato dalla vertiginosa innovazione
tecnologica, sembra contribuire in modo significativo
3. Una parte consistente di questi esami risulta completamente inutile in termini clinici e questo spreco
produce conseguenze gravi sul piano sanitario (disefficienza e disequità dell’assistenza, danni collaterali di
terapie e interventi inutili, cancri radioindotti), economico
(aumento della spesa pubblica) e ambientale (rifiuti
elettronici, scorie radioattive, consumi energetici) 4.
l’inarrestabile progresso tecnologico rischia di svuotare
definitivamente di umanità e significato.
Scopo di questo lavoro è focalizzare l’attenzione
su alcune forze cruciali in gioco nel determinismo di
questo ingente spreco. Cercare cioè di spiegare, in
ultima analisi, gli inaccettabili livelli di inappropriatezza
prescrittiva e scorrettezza operativa collegandoli alla
decadenza morale e culturale in cui la nostra società
sembra precipitata, contestualizzando lo spreco di
imaging alla luce anche del vertiginoso processo di
digitalizzazione della vita 5-8.
Se si vuole, un invito a riflettere su una medicina
sempre più invischiata nel vortice del consumo irresponsabile e inquinante, pienamente rispondente agli
imperativi della crescita economica, che proprio
39
un contesto di relazioni umane consumabili rapidamente come le merci, in cui le emozioni si sostituiscono
ai sentimenti, il web alla vita reale, gli schermi ai libri,
il look all’essenza.
Con il concetto di “modernità liquida” Zygmunt
Bauman condensa appunto il complesso processo
che trasforma l’homo sapiens in homo consumens e
le masse in “sciami inquieti” di individui tutti differentemente simili, ipnotizzati dagli schermi, bisognosi di
apparire a ogni costo per sentirsi vivi, dipendenti dalle
merci 11 12. Per la precisione il niente su cui si basa
l’economia di mercato consiste nella produzione
massiccia, in serie, concepita centralmente, di beni e
servizi privi di particolari qualità, il cui aspetto esteriore,
il packaging, la pubblicità, il marchio, ne costituiscono
in realtà il vero valore proprio perché il contenuto, la
sostanza, ha costo bassissimo e qualità infima. Il niente
è infatti molto più redditizio del “qualcosa” in quanto
poco costoso, sostenuto da una forte domanda, facile
da trasportare, vendibile in qualsiasi contesto sociale,
perché la banalità, la semplicità costitutiva, la mancanza
di qualità peculari lo fa aderire a qualsiasi substrato.
Le varie forme del nulla, cioè, vengono apprezzate
dappertutto proprio perché non richiedono al consumatore una grossa competenza o gusti particolarmente
raffinati, mentre egli gode degli obiettivi vantaggi delle
novità che, molto più forma, design, che sostanza,
rendono la vita sempre più facile, veloce, piacevole e
comoda. Viceversa si è sempre meno disposti a
spendere più denaro per favorire il mercato della
qualità, del qualcosa, ad andare cioè controtendenza.
La “grobalizzazione del nulla”, combinazione di
crescita (grow) e globalizzazione economica, produce
dunque, su scala planetaria, standardizzazione, omologazione, conformismo degli stili di vita e parallelamente perdita di diversità, qualità, tradizioni e saperi
locali.
La sanità mcdonaldizzata risponde a questa logica,
adeguandosi perfettamente alle esigenze del mercato
e dei consumatori, offrendo non-cose, in non-luoghi,
prodotte da non-persone che operano in non-servizi.
McMedicine e grobalizzazione
del nulla
Il tema del naturale connubio tra business e medicina non è affatto originale. Autori come Ivan Illich
(Nemesi Medica, 1987) e Daniel Callahan (La medicina
impossibile, 1998) hanno lucidamente descritto le
dinamiche con cui il mercato colonizza massicciamente
l’ambito della salute persuadendo le persone sane a
curarsi, mentre Lorenzo Tomatis, già Direttore della
IARC (Agenzia Internazionale per le Ricerche sul Cancro
di Lione), ha denunciato come i conflitti di interesse
intralcino la diffusione di informazioni scomode e
impediscano la prevenzione primaria favorendo gli
interessi industriali 9. Ma la medicalizzazione va oltre.
Oggi la medicina si presta a scongiurare il “rischio di
essere a rischio” 10 e a spacciare la diagnosi precoce
per prevenzione. Il consumo di farmaci e prestazioni
strumentali tende perciò ad aumentare, mentre
l’attenzione della collettività viene sempre più stornata
dai determinanti sociali, culturali e ambientali della
salute e la lotta politica per un mondo più sano, equo
e pulito annientata. Nel libro La globalizzazione del
nulla il sociologo George Ritzer descrive dettagliatamente uno scenario dominato da una pratica consumistica sempre più vuota di significato, rivolta alla
rapida distruzione di beni e servizi privi di “sostanza
distintiva”, contenuto significativo, semplicemente
apprezzati per la loro estetica, superficie, apparenza.
Questa “cultura del nulla” si integra perfettamente in
40
Nella fattispecie ritroviamo il nulla in ogni fase del
processo produttivo dell’imaging, che smercia quantità
crescenti di referti standard, non suggestivi di nulla,
inutili, da gettare subito dopo l’uso; una quantità
crescente di esami non giustificati, prescritti in modo
erroneo, che fanno parte di routine insensate. L’imaging
grobalizzato sembra dunque destinato ad allontanarsi
ogni giorno di più dal regno del qualcosa, dell’utilità
sociale ancor più che individuale. A disfarsi di preziose
potenzialità per assumere sempre più il significato del
nulla.
ancora a ispirarsi alla logica della competitività che
predilige la quantità alla qualità, la forma alla sostanza.
Va forse interpretata in quest’ottica la proliferazione
di self-service, shop online, offerte speciali, pacchetti
Una produzione in serie di quantità crescenti di
esami, dal contenuto sempre più scarso, ma sempre
meglio confezionati per sconfiggere la concorrenza;
in freddi ambienti schermati che rendono impossibile
qualsiasi tipo di relazione umana, di comunicazione
vera, gratificante, tra gli attori sociali coinvolti nel
processo diagnostico, mentre l’intera prassi operativa
è gestita in un luogo remoto, guardando un monitor.
Dove gli addetti sono assorbiti da routine impersonali,
muovendosi in modo stereotipato, recitando copioni
prestabiliti, attenti a rispettare protocolli e direttive, a
far scorrere il flusso e garantire l’efficienza produttiva.
In realtà nemmeno l’utente si aspetta un servizio
dedicato, personalizzato; anzi capita spesso che
pretenda rigoroso rispetto della tempistica preordinata,
rapidità e soprattutto immediata consegna del risultato,
credendo addirittura che la diagnosi venga direttamente
emessa dall’apparecchio. Utenti disinformati, che
spesso ignorano le finalità del test, che frequentemente
si auto-prescrivono.
L’homo consumens infatti predilige i servizi mcdonaldizzati, così il coinvolgimento personale nella ricerca
di senso è minimo e il consumo di non-cose il più
rapido possibile. Riassumendo, la sovrabbondanza
prodotta dalla crescita economica rende la sanità
sempre più obesa e iatrogena a causa degli effetti
collaterali di farmaci, esami e interventi inutili e inappropriati. Ma la dieta prevista, in questi tempi di
recessione economica e spending review, continua
41
come gli hamburger e le patatine sintetiche dei fastfood.
La società degli schermi e ascesa dell’homo videns
Al consumo sfrenato di generi sanitari connesso
alla mcdonaldizzazione si aggiunge un altro fattore
cruciale, il dominio degli schermi e la conseguente
videodipendenza di massa. Seguendo il sociologo dei
consumi Vanni Codaluppi, le vetrine e i suoi discendenti
più tecnologici, gli schermi, stimolano il consumo
sovraeccitando lo sguardo.
Schermi e vetrine hanno dunque in qualche modo
contribuito a produrre una civiltà voyeuristica e iperindividualista, principalmente interessata all’emozionante
spettacolo delle merci e votata all’estetica del corpo
13.
Anche Milan Kundera riprende questo tema nel
libro l’Immortale e coniando il termine imagologia
accenna a come il micidiale potere delle immagini e
la forza fascinatoria degli schermi siano riusciti a
scalzare le ideologie politiche e a trasformare la vita
pubblica in un palcoscenico dove esibirsi in performance sempre più travolgenti per attrarre continuamente l’attenzione del pubblico o degli elettori.
Gli onnipresenti schermi perennemente accesi e il
flusso continuo, unitario, di realtà e finzione, pubblico
e privato, pubblicità, vide- oclip, reality, foto e autoscatti,
commiste a immagini ospedaliere, intraoperatorie e
diagnostiche riferite ai più disparati contesti, rinforzano
questa cultura iconica, di superficie, e spingono verso
l’iperconsumismo sanitario. Telefonini, tablet, PC,
playstation, TV, GPS e Tom-Tom riempiono e orientano
la vita quotidiana. Attaccati saldamente al corpo come
protesi, oltre a irradiare intensamente i tessuti, modificano profondamente intelligenza e comportamenti
14. Memoria devoluta a chip e SIM, diagnosi automatizzate, sovraesposizione alle immagini mediali, conoscenze acquisite da internet piuttosto che dai libri,
scrivono Sartori e Andreoli, indeboliscono sempre di
più le capacità cerebrali. Il digitale, in definitiva, semplifica enormemente la mente. Anzi, la fa involvere.
a prezzi scontati, esami low-cost, risultati consegnati
istantaneamente, spediti via e-mail o tramite
What’sApp, sedute notturne per abbreviare le attese.
In questo modo anche l’imaging ipertecnologico finirà
probabilmente per non sapere più di niente, proprio
42
possa giustificare una qualche cura (o parcella).
Il medicus videns è scarsamente interessato alla
relazione umana perché tutto preso dalla prestazione
in sé, affascinato dalla bellezza delle immagini diagnostiche.
Il grande clinico Augusto Murri ammoniva che “i
moderni orientamenti scolastici provvedono mediocremente a educare i sensi, punto a educare lo strumento
principale del sapere, che è la ragione” (Scritti Medici,
1902).
Il medico saggio e colto sa infatti che la diagnosi
parte dalla conoscenza di un contesto e di una storia
per procedere con un ragionamento critico, mai ingabbiato in protocolli o linee-guida, frutto di valutazioni
diverse da caso a caso, elaborate di volta in volta sulla
Decretando la morte dei libri, la cultura digitale prodotta
da schermi e tastiere disabitua a leggere, scrivere e
parlare e produce dealfabetizzazione. Di conseguenza
l’uomo post-moderno non riesce più a pensare, a
ragionare criticamente, fare discorsi logici, spiegare
il suo agire convulso, formarsi un’opinione propria.
Nella vita condotta all’insegna del tempo reale e del
visuale il pensare è infatti un’operazione sempre più
difficile, perché per farlo bisogna rivolgere l’attenzione
a testi strutturati, rimanere immobili, nel silenzio, per
parecchio tempo. E in una società così rumorosa,
omologata e conformista, diventa perfino superfluo
parlare, comunicare, perché “sempre più identiche
sono le immagini del mondo forniteci dai media e le
parole impiegate per descriverlo” afferma Umberto
Galimberti, profondo conoscitore degli effetti psicosociali dell’abuso mediale 15.
A causa della videodipendenza l’uomo dunque
regredisce, ritorna bambino, tutto concentrato sull’hic
et nunc, su un presente da consumare rapidamente.
La perdita di logos viene sovracompensata da un
pensiero mosso dalla forza emozionale delle immagini,
dal pathos, e in mancanza di memoria (passato) e di
progetti (futuro) non resta che riempire il vuoto interiore
del presente con nuove merci da consumare rapidamente 16. Nella tecnosfera dominata dagli schermi e
con la trasmissione della cultura digitale alle nuove
generazioni, si va dunque selezionando un nuovo
anthropos, l’homo videns, un uomo per il quale
l’immagine è sinonimo di verità assoluta 17 18.
Lo spreco di imaging è pertanto in qualche modo
associabile anche alla videodipendenza di massa. Il
medicus videns, plasmato dalla cultura visuale, consumistica, collegato perennemente agli schermi, è un
medico di superficie, con un pensiero debole, fermamente convinto che alla verità si acceda direttamene
con l’imaging. Non a caso, adeguandosi all’hook up
della vita digitale, l’aggancio di un interlocutore anonimo
tramite un messaggio provocatorio lanciato nella rete,
il medicus videns suole lanciare nel vuoto l’amo
dell’imaging per agganciare una qualche diagnosi che
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futuro (prognosis) – congelato. Cioè perfettamente
inutile.
Anzi, scrive Sartori, “la forza di veridicità insita
nell’immagine ne rende la menzogna più efficace e
quindi più pericolosa”.
base di una logica rigorosa e coerente.
Il medico digitale invece evita la logica clinica e
procede alla cieca. Ma soprattutto ignora che le
immagini non parlano affatto da sole; che da sole,
prive di contesto, non accertano niente. Rimangono
semplicemente delle rappresentazioni, più o meno
verosimili, della realtà.
In sintesi, un imaging non informato dalla clinica e
dalla storia del paziente è polisemico, prestandosi cioè
a infinite soggettive interpretazioni. Anzi disumano,
obbligando il paziente a pellegrinare da un test all’altro
per raggiungere la meta della probabile diagnosi.
Senza la clinica l’imaging rimane ambiguo e senza la
storia – la narrazione degli eventi in una trama di senso,
la concatenazione logica tra passato (anamnesis) e
Note conclusive
I vari processi sinteticamente descritti tendono a
favorirsi, a combinarsi reciprocamente, concorrendo
a creare l’ambiente più idoneo alla diffusione della
cultura del niente, fondamentalmente iconica. Questo
mix inestricabile di fattori può spiegare il declino morale,
culturale e intellettivo della modernità liquida.
Rispecchiando le dinamiche sociali la medicina
ipertecnologica satura di immagini svaluta il suo enorme
patrimonio culturale accontentandosi di una lettura
estremamente superficiale della realtà.
Non a caso la stessa atmosfera decadente rappresentata da Paolo Sorrentino nel film “La grande
bellezza” include esplicitamente l’affarismo medico
che promette eterna giovinezza e di sconfiggere
l’infelicità. Riprendendo l’idea del consumismo radiodiagnostico come metafora della società abbozzata
in un precedente lavoro 19, la tesi di fondo qui proposta
è che l‘ingente spreco di imaging sia altamente rappresentativo della più generale tendenza regressiva
che predilige il vuoto al pieno, il liquido al solido, il più
al meglio. L’espansione del consumo sempre più
incentrato sul nulla sembra infatti coinvolgere sempre
più palesemente il campo sanitario.
Di questi aspetti forse non abbiamo una piena
consapevolezza perché, scrive Ritzer, abbiamo perso
il modello di paragone rappresentato dal qualcosa,
sicché per molti il niente significa effettivamente qualcosa e la tecnologia ci permette di non pensare troppo.
È dunque necessario e urgente spezzare in qualche
punto questo circolo vizioso se vogliamo operare per
una medicina più sostenibile. Il progetto “fare di più
non significa fare meglio” di Slow Medicine 20, sulla
scia dell’insegnamento ippocratico per cui “al malato
44
il meno è il meglio”, e il corso Stop Useless Imaging
Testing gestito dal CNR, focalizzato sulla giustificazione
e ottimizzazione dell’imaging ionizzante 21, sono ottimi
tentativi di resistenza culturale alla diffusione del niente.
Si tratta in definitiva di sottrarre alla “globalizzazione”
una medicina di qualità, di sostanza, cioè sobria,
saggia e rispettosa, in cui l’umanesimo ridimensioni
la tecnica, in modo da allontanare da noi lo spettro di
doverci un giorno imbattere in un blaterante medicus
videns, accompagnato dal fido assistente Watson (il
nuovo supercomputer progettato dalla IBM per emulare
sempre meglio le capacità cognitive ed emozionali del
cervello umano) 22.
9. Gennaro V, Tomatis L. Business bias: how epidemiologic studies may under stimate or fail to detect risks of
cancer and other diseases. Int J Occup Environ Health
2005;11:356-9.
10. Godlee F. Are we at risk of being at risk? BMJ
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11. Bauman Z. Modernità liquida. Bari: Laterza 2005,
VI-XXII, pp. 76-84; 107-10.
12. Bauman Z. Homo consumens. Trento: Erikson 2007,
pp. 27-34; 35-42; 48-51.
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Boringhieri 2007, pp. 7-10; 16-21; 29-34.
14. Dimonte M. Elettosmog, progresso, salute. Bari:
Levante ed. 2004.
15. Galimberti U. Psiche e techne. Milano: Feltrinelli
2005, pp. 33-45; 257-60; 610-7.
16. Andreoli V. La vita digitale. Milano: Rizzoli 2007, pp.
206-15.
17. Sartori G. Homo videns. Bari: Laterza 2006, pp. 137; 21-3; 26-7; 31-4.
18. Simone R. La terza fase. Bari: Laterza 2006, pp.
15-27; 71-85.
19. Dimonte M. L’abuso di esami radiologici: metafora
della società post-moderna, dei nuovi media e dei consumi.
Rec Progress Med 2008;99:125-8.
20. Vernero S. Slow Medicine e il progetto “fare di più
non significa fare meglio”. Il Radiologo 2013;1:41-3.
21. Dimonte M, Portaluri M, Dodaro A, et al. Anche di
spreco ci si ammala. Urge richiamare medici e cittadini ad
un uso appropriato degli esami radiodiagnostici. Brindisi
Medica 2014;1:26-9.
22. Rusconi G. IBM punta un miliardo di dollari sul
supercomputer Watson. E sulle app cognitive. Il Sole 24
ore.com. 10 gennaio 2014.
*Servizio di Radiologia, Ospedali
di Scorrano-Maglie-Poggiardo; ASL LE
Bibliografia
1. Smith-Bindman R, Miglioretti D, Johnson E, et al.
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2. Ufficio Statistica Ministero della Salute, giugno 2002.
www.salute.gov.it/imgs
3. www.quotidianosanità.it 11 aprile 2013.
4. Redberg RF, Smith-Bindman R. We are living ourselves cancer. The New York Times, january 30, 2014,
www.nytimes. com/2014/01/31/opinion/we-are-givingourselves-cancer.html accessed february 6, 2014.
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8. Cascade PN, Webster EW, Kazerooni EA. Ineffective
use of radiologiy: the hidden cost. AJR1998;170;561-4.
45
di Francesco Cordua*
Apprendimento e memoria
COME COSTRUIRE UN FORMIDABILE STRUMENTO PER UN APPRENDIMENTO VELOCE
E PER RICORDARE PER SEMPRE LE COSE PIÙ IMPORTANTI
P
er anni ho studiato e mi sono occupato dello
sconfinato mondo della memorizzazione e
dell’apprendimento efficace e negli anni ho capito che
una buona memoria non è solo un dono ma una vasta
conoscenza da acquisire attraverso strategie, tecniche
e una buona dose di creatività.
“Non basta una buona mente, la cosa più importante è usarla bene.” Cartesio
Per capire gli ingranaggi che regolano
l’apprendimento e la memoria, bisogna farsi qualche
domanda interessante.
Che cosa abbiamo fatto fino ad oggi, quando
volevamo ricordare qualcosa d’importante o utile?
Probabilmente abbiamo cercato di assimilare le informazioni che ci servivano attraverso la ripetizione, senza
sapere che questa risulta essere il metodo meno efficace
in assoluto per fissare nella propria mente i ricordi e per
apprendere in modo permanente nuovi dati.
46
sinistro, l’area deputata ai processi logico razionali.
Una sinergia di azioni, quindi.
Ecco un esempio pratico.
Vi riporto qui di seguito una applicazione di campo
scientifico da memorizzare (tratta dal mio libro “Tecniche
di memoria e comprensione dei testi” Editest editore):
L’Apparato Digerente del Corpo Umano.
Per memorizzare la seguente Applicazione è stata
creata un’associazione creativa prendendo tutti i
componendi del tubo digerente partendo dall’alto
verso il basso della figura riportata.
Laddove possibile per memorizzare le parti
dell’apparato sono state usate immagini attinenti alla
parte interessata.
Approfondiamo insieme le tematiche facendo
riferimento ai casi particolari, quelli che permettono di
archiviare informazioni e memorizzare a lungo termine dopo una sola acquisizione.
Vi guiderò verso un approccio nuovo: un approccio
che tenga in considerazione anche le dinamiche
dell’apprendimento che ognuno di noi possiede come
dote naturale, costruendo così un formidabile strumento
per un apprendimento veloce e per ricordare per
sempre le cose più importanti.
La memoria viene considerata come una rete di
associazioni tra contenuti, fatti e procedure. Tale teoria
trova riscontro nella struttura del nostra sistema nervoso
centrale che è costituito da collegamenti (sinapsi) tra
neuroni. Un’ulteriore conferma ci viene data
dalle mnemotecniche le quali spiegano che,
quando non si ricorda qualcosa basta cercare
di ricordare qualcosa di vicino a quel ricordo,
magari legato al momento in cui si è memorizzata
l’informazione. Facendo uso delle immagini
creative e della visualizzazione.
Le ultime ricerche compiute nel campo della
neuro-fisiologia, sottolineano come sia variegata
l’attivazione cerebrale nell’istante in cui si va a
memorizzare velocemente attraverso l’uso delle
immagini creative.
Quando il nostro cervello “si accende”?
Sapevate che il poeta e il manager in fondo
fanno lo stesso lavoro?
Sì, perché secondo recenti ricerche neurofisiologiche, comporre dei versi o trovare
delle soluzioni “creative” ai problemi
aziendali coinvolgono le stesse aree del
cervello, quelle che fanno capo al pensiero
laterale. Sono coinvolte molte zone, in particolare
quelle dell’emisfero destro, sede dei processi di
percezione delle immagini, delle intuizioni,
dell’istinto geniale ma anche della emotività. Ma
non solo. L’attività creativa mette in gioco anche il
Qui di seguito riportiamo i termini chiave e accanto
ad essi delle parole che ci richiamo il termine originale
ossia delle “immagini” che ci aiuteranno nella memorizzazione:
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PAROLE CHIAVE:
IMMAGINI DA ASSOCIARE:
Ghiandola salivare parotide
Ghiandola salivare sottolinguale
Ghiandola salivare sottomandibolare
Faringe
Esofago
Fegato
Stomaco
Duodeno
Cistifellea
Pancreas
Colon trasverso
Colon ascendente
Digiuno
Colon discendente
Ileo
Colon sigmoide
Cieco
Appendice vermiforme
Retto
Ano
Ghianda preparata da Benedetta Parodi
Sotto la lingua
Sotto la mandibola
Farina
Esco con un fagotto/sofà
Fettina di fegato
Mal di stomaco
Diadema
Ciste
Pancarrè
Colonna messa di traverso
Ascesso
Pannella
Discesa su una pista da sci
Leone
Supermercati Sigma
Uno cieco
Verme
Ratto
Ano
Adesso l’obiettivo è associare ogni immagine riportata sulla colonna di destra attraverso una storia
creativa che esuli dal senso razionale di quello che
stiamo studiando.
Le immagini dovranno essere colorate, la storia
dovrà avere movimento e dovrà essere paradossale!
(Apparato Digerente) a base di GHIANDE preparato
da Benedetta PARODI (ghiandola salivare parotide)
mettendo l’intera bottiglietta SOTTO la LINGUA (ghiandola salivare sottolinguale) ma mi si spacca la MANDIBOLA (ghiandola salivare sottomandibolare) ed esce
della FARINA (faringe). Così disperato mi metto sul
SOFÀ (esofago) e con una fettina di FEGATO (fegato)
cerco di rattoppare il tutto. Preso dal MAL di STOMACO (stomaco) vomito un prezioso DIADEMA (duodeno)
e mi viene una grossa CISTI (cistifellea) fatta di PANCARRÈ (pancreas). decido di farmi curare da due
COLONNELLI che suonano il flauto TRAVERSO ed
hanno un brutto ASCESSO (colon traverso e colon
ascendente) e mentre mi curano vedo da lontano
PANNELLA (digiuno) vestito da COLONNELLO che
fa una DISCESA su una pista da sci (colon discendente)
Facciamo una prova insieme.
Qui sotto vi ho riportato la storia che lega tutte le
parole chiave trasformate in immagini da visualizzare.
Ho usato la mia creatività, ma ognuno è libero di
personalizzarlo nel modo che ritiene più adatto alle
proprie esigenze e alla propria personalità e creatività.
Ho mangiato troppo e prendo un DIGESTIVO
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insieme ad un LEONE (Ileo) e per sbaglio finiscono
dritti in una vetrina del supermercato SIGMA dove alla
cassa c’è un COLONE (colon sigmoide) CIECO (cieco)
che gli vende un VERME (appendice vermiforme) e
un RATTO (retto) che esclama: “Buon Anno…..!!!!”
(ano).
Come si può notare è una storia paradossale, ricca
di dettagli divertenti e colorati! Questo la rende più
facile da ricordare soprattutto se mentre la leggiamo
riusciamo a ricreare nella nostra mente le immagini,
proprio come una sorta di film.
Questa che abbiamo appena applicato si chiama
PAV ed è una vera e propria strategia mnemonica che
consente di associare tra loro due o più immagini.
E’ dunque, lo strumento tecnico che si utilizza, per
visualizzare in maniera creativa.
V IVIDO – l’associazione deve contenere delle dinamiche che ti suscitano emozioni.
Come accennavo prima, deve essere o incredibilmente piacevole o particolarmente incresciosa.
Ciò mi porta ad affermare che le connessioni
tra immagini che rispettano questa logica sono
tutt’altro che logiche !
Uno scenario “macabro” piuttosto che uno a
“luci rosse” si prestano benissimo nel rispettare
questo genere di presupposto.
La sigla PAV, sta per
P ARADOSSO – vuol dire che nella rappresentazione
mentale, deformerai le dimensioni naturali degli
oggetti
Esempio:
dopo aver inserito paradosso e azione, si dà
all’elefante un tocco osè.
Immaginiamolo piccolo, che balla in vesti succinte
Esempio:
rendiamo paradossale un elefante.
Vuol dire immaginarlo piccolo, dimensioni da cagnolino per intenderci
Questa è solo una delle strategie classificate tra le
mnemotecniche. L’argomento relativo alla memorizzazione è vasto e vario. Negli anni e nei secoli molte
sono state le tecniche utilizzate per facilitare la fase
di memorizzazione. Restano ancora molti punti da
approfondire, lo faremo insieme sicuramente nei prossimi articoli.
Se vuoi rendere paradossale una mosca.
La immaginerai enorme, gigantesca.
A ZIONE – molto semplicemente si ricordano meglio
le cose in movimento piuttosto che in modalità
ferma o statica
Per maggiori approfondimenti, vedi il libro:
Francesco Cordua, Tecniche di memoria e comprensione dei testi, Editest editore
Esempio:
oltre al paradosso, aggiungerai dell’azione
nell’elefante di prima.
Vuol dire immaginarlo piccolo che si muove in
maniera bizzarra.
* Esperto in Psicologia Cognitiva
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