Cultura Tempo libero Perrini una passione per la cultura

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Cultura Tempo libero Perrini una passione per la cultura
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Martedì 9 Febbraio 2016 Corriere della Sera
BS
Cultura
 Tempo libero
La mostra
La «Perseveranza»
diventa fotografia
La Perseveranza è la loro Musa:
l’hanno messa in primo piano.
Gli allievi dell’Accademia Laba,
dipartimento di Fotografia,
hanno aperto il diaframma per
catturare la «Perseveranza della
bellezza»: è il titolo della mostra
allestita allo Urban Center fino
all’11 marzo per la festa dei
santi Faustino e Giovita (la
vernice venerdì alle 18: aperta
tutti i giorni, esclusi sabato e
domenica, dalle 10 alle 18).
Mani appoggiate a una rete.
Maschere, ragazze che
camminano su un ponte e visi
scavati dalle rughe: gli studenti
hanno cercato la Perseveranza
in un dettaglio, in un volto, nelle
cose banali. Anche la fotografia
persevera dice Lucrezia di Carne,
la curatrice della mostra:
«guarda il mondo con occhi
tenaci». (a.tr.)
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Il Monumento naturale ritratto nel libro fotografico di Bernadette Gerard e Giorgio Mutti
Volare
Da sinistra: un bombo
su borragine, Hesperia
comma sul timo, un
Pendolino e un
macaone, fotografati
da Bernadette Gerard.
Sotto, tramonto sul
canneto di Giorgio Mutti
di Costanza Lunardi
P
rima lo stop. Qui non si distrugge, ma si
protegge. Così com’è. Basta assalto e rapina a colpi di ruspa del territorio. Prima il
lento avvicinamento. La confidenza, a rispettosa distanza, la scoperta, il silenzio, le regole di una casa d’altri. Casa di alberi robusti e verticali, di alberi sradicati e adagiati a continuare
una vita dormiente con le radici al vento sulla riva, di uccelli e insetti, di fiori e farfalle, di risacca
e canneti, arbusti e sassi. Non è casa nostra. Casa
di voli, a pelo d’acqua e all’ombra del bosco. Poi le
immagini. Di una vita parallela, quella che ci vive
accanto, vibrante, così poco conosciuta, osservata, protetta, amata. Gli sconosciuti amici della
porta accanto. Garanti della vita di tutti. Ai quali,
gli uccelli in questo caso, è bastato un gesto amministrativo, un decreto di «Monumento naturale – Area umida San Francesco», oasi di libera natura in Comune di Desenzano sul confine di Sirmione, per fare famiglia, aggregarsi, ritornare,
modificare abitudini da migratori a stanziali, come nel caso dell’airone rosso, che arrivato qui occasionalmente anni fa, gli è piaciuto il posto ed è
rimasto. Nella alata compagnia di molti altri, garzette e aironi, svassi e tuffetti, porciglioni e tarabusini.
Una resistenza di confine, questo luogo, un relitto territoriale tra genesi e sopraffazione di poco più di due ettari e mezzo. Un tempo regno della natura, ora il suo residuo, la sua voce memoriale, tra lago e caos edilizio. Qui è necessario il
silenzio, qui è richiesto un passo diverso, un accostamento timido. Come di chi è ospite non padrone. Umile osservatore, non protagonista. È
consentito varcare quella soglia per poi andarsene. Come hanno fatto Bernadette Gerard e Giorgio Mutti, i due fotografi naturalisti che dalla libera natura di San Francesco hanno creato un libro, un album di immagini da sfogliare non come si sfoglia l’album delle foto ricordo per
commemorare il come eravamo, ma al contrario,
una meta per rinforzare e moltiplicare l’avvenire.
Realizzato con il contributo dell’Amministrazione comunale di Desenzano del Garda, «Oasi
san Francesco. Desenzano del Garda» (Grafo edizioni), è un raffinato libro collettivo con tre autori, l’associazione Airone rosso che si occupa della
gestione dell’Oasi e delle visite, dopo averne sostenuto l’istituzione, i fotografi Gerard e Mutti,
che non hanno voluto il nome a lato delle singole
affinché avesse risalto l’unico protagonista: la
Natura del luogo. Suddivisa in quattro diversi
ambienti : Tra gli arbusti e le radure; All’ombra
dei grandi alberi (la riserva integrale); Sulle rive
del grande lago; Al riparo del canneto. Completo
La vita nel canneto
Istantanee dall’Oasi San Francesco di Desenzano, casa di uccelli e insetti, di fiori e farfalle
di didascalie, il libro presenta su ciascuna pagina
una fotografia, perché l’attenzione si posi nitidamente su immagini e contenuti.
Per affinità naturalistiche e continuità ambientale l’insieme delle fotografie riguarda un
territorio diffuso, dalle Zattere di Desenzano alla
darsena di Sirmione, e non solo i ventisettemila
metri quadri del Monumento che ne rappresenta una minima porzione, una pausa pacificata in
un territorio fortemente antropizzato. Foto d’archivio e foto recenti, che fissano le infinite mutevolezze di un microcosmo dalle infinite variazioni, cromatiche, stagionali, ambientali e di biodiversità.
L’immagine della fioritura della salcerella colta da Giorgio l’estate scorsa, ne è un esempio.
Frutto della sofferenza della natura oppressa dalla siccità estiva, che ha fatto indietreggiare il lago
scoprendone la riva sassosa. O quella della copiosa fioritura violacea del cardo lanaiolo, da cui
il nome del cardellino, ghiotto dei suoi semi e fissato dallo scatto di Bernadette. Di Mutti sono i
paesaggi, spazi silenziosi di nuvole e tramonti, di
bagliori e luci morbide, come il volo degli storni
sul posatoio dei cormorani, i pendolari che tornano a sera a dormire sui pioppi nella zona integrale, gli alati colti nella freschezza del quotidiano come la danza degli svassi e la commovente
preparazione del nido del pendolino, ovattato
con le infiorescenze del canneto. Di Bernadette,
che vive mimetizzata nell’oasi per ore, sorprende l’attenzione per il microcosmo, le simbiosi
di insetti e specie botaniche come la foto del
bombo sulla borragine, la sorridente tenerezza
e rapido sguardo con cui sono colti i piccoli uccelli, l’agile cinciarella tra gli amenti del nocciolo, il ricamo dei cristalli di ghiaccio sulle bacche
di rosa canina.
Silenziose contemplazioni, che affondano nell’intima naturalezza di eventi mirabili e irripetibili.
Perrini una passione per la cultura
Il figlio Filippo ha raccolto in un libro i suoi appunti di filosofia dalle origini a Tommaso
Chi era
 Matteo
Perrini (1925 2007) fu
insegnante e
ricercatore di
filosofia. A
Brescia era
noto come
anima della
Cooperativa
cattolica di
cultura (ccdc)
U
na vita tra l’insegnamento e la Cooperativa Cattolico Democratica di Cultura. Questa potrebbe essere la
definizione migliore per caratterizzare l’impegno etico e civile
di Matteo Perrini (1925-2007),
di cui ricorre in questi giorni
l’anniversario della scomparsa.
Per ricordarlo, questa volta come insegnante e appassionato
ricercatore di filosofia, è apparso in questi giorni un volume, a
cura del figlio Filippo, con la
raccolta dei suoi Appunti di filosofia dalle origini a Tommaso.
Pagine nelle quali non solo riconosceranno il timbro di voce i
suoi allievi, ma anche i numero-
si amici, con i quali Matteo Perrini amava conversare di filosofia o in alcune delle sue visite
nelle case editrici (La Scuola e la
Morcelliana), o a margine delle
serate della Ccdc o in pizzeria,
Animatore
culturale
Matteo Perrini
in uno
degli incontri
della Ccdc
magari per preparare qualche
serie d’incontri all’oratorio della
Pace con padre Giulio Cittadini.
Conversazioni dove le domande
sempre superavano le risposte,
rimandando così a nuovi incontri: proprio per il gusto del confilosofare. Aprendo il libro quel
che colpisce è la sterminata letteratura critica sottesa a ogni
passo, quasi fosse una lettura
cifrata: se per Platone il riferimento critico sono gli studi di
Giovanni Reale e della Scuola di
Tubinga, per Aristotele oltre a
Werner Jaeger il confronto è con
le ricerche di Enrico Berti e l’interpretazione problematizzante
della metafisica. Lo stesso vale
per Agostino (forse l’autore più
amato da Perrini) e Tommaso:
lungi dal ripetere interpretazioni consolidate nei manuali degli anni Sessanta e Settanta,
Perrini compie uno scavo personale nei testi degli autori, dialogando con i più rigorosi studiosi, fino a avanzare proprie
proposte ermeneutiche. Basi
qui il rimando alle pagine sulla
conoscenza e il tempo in Agostino, dove Perrini usa, con raffinato gesto esegetico, la filosofia bergsoniana della memoria
per capire Le Confessioni.
Ma a sorprendere è la circolarità tra gli spunti teoretici presenti nel libro e i temi dei cicli
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di conferenze della Ccdc. Una
circolarità che portò a invitare a
Brescia non solo Giovanni Reale
o Enrico Berti, ma anche a far riflettere pubblicamente su temi
classici della filosofia protagonisti della storia contemporanea: basti pensare all’attenzione
verso la dissidenza nel mondo
sovietico, filtrata dal tema socratico della dignità della coscienza e della libertà politica.
Una frase, mutuata da Alber Camus, amava Matteo Perrini ripetere ai propri interlocutori
«Perché un pensiero cambi il
mondo, bisogna che cambi prima la via di colui che lo esprime. Che cambi in esempio». Parole che per lui erano come la
riproposizione esistenziale della questione socratica nel nostro mondo. Un motto che, a
ben vedere, è stato l’ideale regolativo della sua diuturna attività
d’intellettuale.
Ilario Bertoletti
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