le pavimentazioni industriali in ca - Dipartimento di Ingegneria Civile

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le pavimentazioni industriali in ca - Dipartimento di Ingegneria Civile
LE PAVIMENTAZIONI
INDUSTRIALI IN C.A.
A.A 2014/2015
PAVIMENTI INDUSTRIALI IN C.A.
T. Trombetti
Università degli Studi di Bologna
R. Sapio
Università degli Studi di Bologna
L. Pieraccini
Università degli Studi di Bologna
INTRODUZIONE
Le pavimentazioni industriali vengono generalmente realizzate in calcestruzzo e poste in
opere quali finitura dei piani di calpestio, di deposito e lavoro di merci o passaggio di
automezzi, in virtù dell’elevata resistenza ai carichi e all’usura, della versatilità e del costo
relativamente contenuto. Nonostante gli innumerevoli pregi tante sono le problematiche e le
criticità relative a questo tipo di soluzione, legate principalmente alle caratteristiche
intrinseche del calcestruzzo, alle considerevoli dimensioni delle opere ed alle condizioni
ambientali e di esercizio a cui queste sono soggette. L’individuazione dei fattori e delle cause
che, nel corso dell’intero processo costruttivo (dalla progettazione alla messa in opera) e della
vita utile dell’opera, possono inficiare la funzionalità e la qualità del manufatto, risulta spesso
piuttosto complessa ed articolata.
Il presente documento si pone come un primo supporto (senza pretesa di essere esaustivo) sia
per il Consulente Tecnico, che per il Giudice e, più in generale, per gli attori convolti nel
processo edilizio (appaltatore, committente, imprese, etc.) come approfondimento delle
differenti problematiche riguardanti le pavimentazioni industriali. In particolare al suo interno
vengono riportati: (i) le principali tipologie di difetti riscontrati nell’ambito dei contenziosi
civili; (ii) i principali fattori che concorrono alla formazione di difettosità nel conglomerato;
(iii) i metodi di indagini adottati comunemente durante lo svolgimento delle operazioni delle
consulenze tecniche per l’individuazione delle cause dei difetti lamentati; (iv) i riferimenti
normativi e tecnici a supporto dell’attività degli attori coinvolti nel processo edilizio; (v)
accorgimenti da adottare al fine di evitare la nascita di contenziosi legati a questa tipologia di
manufatti.
1. I DIFETTI RICORRENTI
Come ogni manufatto le pavimentazioni industriali in c.a., pur apparendo opere di semplice
realizzazione, non sono immuni ai difetti. Le difettosità sono fortemente legate non solo alle
scelte progettuali adottate ma anche alle proprietà reologiche e meccaniche del conglomerato
e per questo risultano intrinseche e talvolta inevitabili. Alcuni fenomeni ritenuti
apparentemente difetti di esecuzione sono, entro certi limiti, connaturali a questa tecnologia
costruttiva nonostante l’accuratezza nella previsione delle caratteristiche dei materiali posti in
opera e la cura della progettazione ed esecuzione dei particolari costruttivi.
In linea generale, i difetti individuabili sulle pavimentazioni industriali possono essere distinti
in due categorie:
-
Difetti funzionali: ovvero quelli che influiscono sulla fruibilità e sulla durabilità
dell’opera (fessure, micro-cavillature, curling, delaminazioni, etc.);
Difetti estetici: ovvero quelli che pregiudicano l’apparenza e la percezione (visiva) del
bene senza però ridurne il godimento (efflorescenze, disomogeneità nelle finiture,
differenze cromatiche).
1.1. Difetti funzionali
Fessure
Le fessure rappresentano la difettosità più comune, ed allo stesso tempo più appariscente, dei
manufatti realizzati in conglomerato tanto che Abdun-Nur già nel 1983 scrisse:
“La fessurazione pare essere una caratteristica universale del calcestruzzo”
Il calcestruzzo, per sua natura, non è in grado di esibire apprezzabile resistenza a trazione (in
linea generale considerata pari ad un decimo di quella a compressione). Quando questa viene
superata il calcestruzzo va incontro a fenomeni di fessurazione. Infatti “il calcestruzzo è
semplicemente un conglomerato artificiale, ovvero una roccia sedimentaria sintetica” (cit.
Bryant Mather, Presidente dell’American Concrete Institute (ACI), 1965) e come tutte le
rocce tende, naturalmente, a fessurarsi.
Per tale motivo, al fine di assorbire le azioni di trazione alle quali il conglomerato non sarebbe
in grado di far fronte, il calcestruzzo è generalmente posto in opera “armato” con apposite
barre metalliche. Ciò nonostante prima che le barre collaborino effettivamente con il
calcestruzzo (ovvero inizino ad assorbire gli sforzi interni di trazione entro il getto),
quest’ultimo deve fessurarsi. Pertanto, le fessure nel conglomerato non sono solo attese, ma
anche necessarie.
Il fenomeno di fessurazione del c.a. può essere legato a fattori e cause di varia natura
(Triantafillis et al., 2011; Coleman 2013a), dovute sia alle peculiarità fisico-chimichereologiche del materiale quali:

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Ritiro e scorrimento viscoso;
Effetto di azioni esterne (stress termici, cedimenti differenziali, cicli di gelo e disgelo,
impedimento alla deformazione per via dell’attrito col supporto, etc.);
Espansioni interne al conglomerato (per effetto della corrosione delle armature, delle
reazioni alcali-silicati, della formazione ritardata di ettringite (DEF), etc.);
Sia ai processi di progettazione, esecuzione e di uso in esercizio:
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Variazione di spessore e/o delle armature, presenza di discontinuità;
Errori di progettazione e nella cura dei dettagli costruttivi;
Povera qualità di esecuzione (includendo anche sovraccarico in fase di costruzione,
eccessiva aggiunta d’acqua in fase di miscelazione e/o posa in opera, inadeguata cura
e supervisione durante la messa in opera, etc.);
Sovraccarico nell’esercizio, possono scatenare e/o contribuire alla fessurazione del
conglomerato.
Tutti questi fattori, talvolta in concomitanza tra loro, concorrono con differente rilevanza, alla
formazione di fessure che possono essere più o meno estese e differentemente localizzate.
In particolare, tra i fenomeni sopra elencati si pone attenzione a quelli che più comunemente
interessano le pavimentazioni industriali, quali:
1) Ritiro plastico
Il ritiro plastico del calcestruzzo, così come indicato dal termine stesso, avviene nelle
primissime fasi di messa in opera quando il materiale è ancora allo stato plastico (quindi
ancora lavorabile). Come detto precedentemente, le pavimentazioni industriali sono costituite
da piastre di grandi dimensioni; l’estensione della superfice esposta all’aria fa sì che una
grande quantità di acqua evapori durante le fasi di presa ed indurimento. Pertanto, se la
velocità con cui l’acqua risale in superficie è minore di quella di evaporazione si producono
tensioni di trazione sufficienti a produrre fessure. Queste, in genere, si diramano in tre
direzioni a 120° a partire da vertici e/o spigolosità e pur avendo ampiezze rilevanti sono
limitate al copriferro (Triantafillis et al., 2011).
2) Gradiente termico
Il calcestruzzo, come molti materiali, esibisce una profonda sensibilità alle variazioni
termiche. Particolari stati termici durante le fasi di esecuzione, possono indurre tensioni di
trazione sul getto ancora non propriamente indurito. Si deve inoltre considerare che durante la
fase di maturazione del calcestruzzo le reazioni di idratazione del cemento generano calore.
Se questo non viene ceduto all’ambiente nella misura e con la velocità richiesta, all’interno
della massa di calcestruzzo si genera un gradiente termico negativo che può indurre forze di
trazione: Se queste risultano superiori alla resistenza a trazione dipendente dallo stato di
maturazione raggiunto, la conseguente formazione di fessure si possono diramare fino
all’armatura inferiore della pavimentazione. Questo tipo di fratture si genera maggiormente in
corrispondenza di discontinuità del getto (innesto di pilastri, pozzetti, vincoli verticali,
riduzioni di spessore) ed il loro numero aumenta con il “rapporto di rettangolarità” della
pavimentazione (lunghezza/larghezza). Purtroppo non esiste alcuna armatura in grado di
contrastare o prevenire tale fenomeno (Triantafillis et al., 2011).
3) Ritiro igrometrico
La progressiva idratazione del legante idraulico è responsabile della trasformazione del
conglomerato da materiale plastico e lavorabile a solido e resistente, in grado si sopportare
carichi di compressione. Le caratteristiche idrauliche dei leganti adottati per produrre il
conglomerato fanno sì che una corretta maturazione esiga un elevato tasso di umidità. Il ritiro
idraulico o igrometrico comporta una progressiva diminuzione del volume del calcestruzzo
dovuta all’evaporazione dell’acqua contenuta nel conglomerato verso l’ambiente non saturo
di umidità. Nella fase di indurimento, accompagnata da successive variazioni di umidità del
getto, il ritiro igrometrico è inevitabile ed irreversibile. Le fessure da ritiro igrometrico
cominciano solitamente a manifestarsi solo dopo alcune settimane o mesi dalla messa in opera
(Triantafillis et al., 2011).
4) Influenza del sottofondo
Come tutte le pavimentazioni anche quelle in calcestruzzo necessitano di un sottofondo in
grado di assicurare un idoneo piano di posa su cui verrà poi gettato il calcestruzzo. La
massicciata non sempre si presenta omogenea e le scabrosità sulla superficie del sottofondo a
contatto con il getto possono dare origine a fenomeni di ritegno e quindi provocare stati
coattivi entro il conglomerato. Ogni materiale presenta un diverso coefficiente d’attrito e di
fronte ad attriti sensibilmente diversi le tensioni indotte posso variare notevolmente da punto a
punto. Si originano così fessure con andamenti a volte curvilinei o subcircolari che spesso
ignorano la rettilineità del taglio dei giunti e possono creare notevoli problemi interpretativi ai
tecnici che ne devono spiegare le cause. Tale fenomeno si accentua in presenza di sensibili
variazioni di quota, come buche ed avvallamenti nella superficie di sottofondo, inserimento di
tubazioni o tutto ciò che possa comportare variazioni di spessore della lastra di calcestruzzo
anche di alcuni centimetri (Triantafillis et al., 2011).
In linea generale, le fessure sono un fenomeno tale da compromettere solo l’aspetto estetico,
inficiare la durabilità e la funzionalità dell’opera o indicare la presenza di significative
sofferenze strutturali. E’ quindi da tenere in considerazione che la significatività dei quadri
fessurativi dipende dalla natura fessure ma anche dalla tipologia e dalla rilevanza della
struttura (Coleman, 2013a).
Micro-cavillature
Un’altra manifestazione del ritiro plastico è la formazione di cavillature a ragnatela o a
macchia di leopardo, solitamente superficiali (interessano solo la parte superficiale
dell’indurente) e di ampiezza molto limitata (pertanto indicate come micro-cavillature). Tali
micro-cavillature non inficiano la durabilità e la funzionalità della pavimentazione
(Triantafillis et al., 2011).
Curling
Il fenomeno del curling, noto anche come imbarcamento, è associato a locali sollevamenti dei
bordi e delle estremità delle lastre di conglomerato a seguito di un accorciamento superficiale
causato da variazioni termiche o dal ritiro differenziato tra estradosso ed intradosso della
lastra. Questo fenomeno è particolarmente evidente nelle pavimentazioni con spessore ridotto,
specialmente in prossimità dei giunti di costruzione. L’effetto “curling” tende ad annullarsi
per spessori di 30 cm o superiori. In seguito al curling, data la configurazione assunta dalla
lastra, l’applicazione dei carichi comporta quasi sempre la formazione di fessure (Triantafillis
et al., 2011).
Da quanto esposto finora appare evidente che il fenomeno della fessurazione e quello del
curling, essendo legate alle caratteristiche reologiche del calcestruzzo, non possono essere
eliminati ma solo contenuti. A conferma di ciò è di grande rilevanza quanto affermato dalle
attuali guide ACI 302 (ACI Committee 302, 2004) in riferimento alle pavimentazioni
industriali in c.a.:
“Curling e fessurazioni possono essere attesi in ogni progetto”
Delaminazioni
La piastra di calcestruzzo è generalmente rifinita in superficie da uno strato antiusura dotato
di elevata resistenza all’abrasione. Questo si realizza applicando sulla superficie del
calcestruzzo ancora fresco, una miscela anidra (spolvero) oppure una malta premescolata
(detta pastina, composta di acqua, cemento ed aggregati resistenti all’abrasione). Tale
rifinitura viene realizzata anche per limitare il fenomeno del bleeding che produce sulla
pavimentazione difetti superficiali.
Particolare attenzione deve essere posta nella scelta dei tempi di applicazione dello spolvero.
Infatti se questo viene applicato tardivamente, su un calcestruzzo già in fase di presa, non è
possibile ottenere un adeguato incorporamento dei due materiali con la conseguente
formazione di due strati diversi e sovrapposti che tendono facilmente a distaccarsi
(delaminazione dello spolvero). Al contrario se l’applicazione dello spolvero viene eseguita
prematuramente, ossia, su un calcestruzzo troppo fresco, l’acqua di bleeding, che ancora
seguita a risalire dal basso, viene bloccata dallo strato di calcestruzzo superficiale in cui è
stato incorporato lo spolvero indurente. Sotto tale strato di calcestruzzo e spolvero si possono
formare delle zone di acqua che, nel tempo, viene riassorbita dal calcestruzzo circostante con
la formazioni di estese zone di vuoti. A causa di questi ultimi, lo stato superficiale, sotto
l’azione dei carichi, si distacca dando vita a delaminazioni profonde.
Il fenomeno delle delaminazioni superficiali non può essere ricondotto solo ad un problema di
“timing”, ossia di erronea tempistica di esecuzione. I fenomeni di delaminazione sono dovuti
anche all’utilizzo di additivi superfluidificanti. Alcuni di questi additivi se mal formulati
possono provocare la formazione di aria nel calcestruzzo la quale, risalendo verso la
superficie superiore, rimane intrappolata sotto lo strato corticale di calcestruzzo nel quale è
stato incorporato lo spolvero, con conseguente formazione di delaminazioni profonde
analoghe a quelle descritte precedentemente. Importante è anche la scelta degli aggregati
utilizzati per la realizzazione del calcestruzzo, in quanto la presenza di minerali silicei amorfi
o scarsamente cristallini a contatto con gli alcali contenuti nel cemento possono generare
reazioni espansive (reazioni alcali-silicati) che possono provocare, specialmente in presenza
dello spolvero che arricchisce il calcestruzzo di cemento, l’espulsione di conetti di materiale
sulla superfice del pavimento noti come pop-out (Collepardi et al., 2011).
Sgretolamento
Lo sgretolamento del calcestruzzo è un fenomeno differente da quello della delaminazione.
Mentre quest’ultima è caratterizzata dal distacco di scaglie di pochi millimetri di spessore
dalla base di conglomerato, lo sgretolamento consiste nella perdita della coesione della pasta
cementizia costituente il calcestruzzo. Escludendo il fenomeno di sgretolamento sotto l’azione
di carichi (rottura del conglomerato), tale fenomeno è potenzialmente dovuto alla reazione del
calcestruzzo con sali e cloruri. L'azione aggressiva dipende dal tipo sale o di cloruro (di sodio
o di calcio) che entra a contatto con la superficie della pavimentazione. Pertanto, la
definizione della destinazione d’uso, in relazione alle condizioni ambientali in cui la
pavimentazione industriale verrà posta in opera, è di fondamentale importanza (Collepardi,
2002).
1.2. Difetti estetici
Il calcestruzzo è un materiale eterogeneo formato dall’unione di più fasi aventi caratteristiche
fisiche, chimiche e meccaniche differenti. Queste forti diversità possono dar luogo, in seguito
alla posa e all’indurimento, a difettosità che, senza intaccare le proprietà meccaniche e la
funzionalità della pavimentazione, influiscono negativamente sull’estetica.
Efflorescenze
Nei materiali porosi contenenti sali solubili, l’evaporazione dell’acqua porta alla formazione
di sostanze saline che si presentano come macchie, di solito di colore biancastro, chiamate
efflorescenze. Nel calcestruzzo le efflorescenze sono un fenomeno ricorrente, legato alla
formazione di carbonati e bicarbonati di calcio dovuti alle reazioni di idratazione e
carbonatazione dei composti cementizi ricorrente, che non pregiudica la durabilità del
pavimento.
Disomogeneità nelle finiture
Nelle zone difficilmente raggiungibile dalle usuali attrezzature per la stesura del calcestruzzo,
ad esempio lungo i muri, basamenti, pilastri ed altri spiccati in elevazione, la finitura è in
genere realizzata manualmente e pertanto è possibile aspettarsi, entro certo limiti, una
disomogeneità nella tessitura superficiale (Ente Nazionale CONPAVIPER, 2003).
Differenze cromatiche
Il calcestruzzo non è un materiale omogeneo. La differenza cromatica è concessa in quanto
dipende da una serie imprevedibile di cause: dai granuli di cemento completamente idratati, ai
passaggi di frattazzatrici, dalla segregazione degli aggregati, all’affioramento dell’acqua in
eccesso, dalla situazione climatica, al grado di umidità della superficie (Ente Nazionale
CONPAVIPER, 2003). Occorre tener presente che il calcestruzzo è un materiale reattivo
quando è contatto con diverse sostanze chimiche. Pertanto, in assenza di specifici trattamenti
protettivi, il contatto con tali sostanze, soprattutto se accidentale, può dar luogo a differenze
cromatiche e all’insorgere di macchie.
Dall’analisi delle difettosità che generalmente si riscontrano sulle pavimentazioni industriali,
emerge come molteplici siano i fattori di cui bisogna tener conto per una corretta
realizzazione di queste opere. Riveste grande importanza la progettazione, il
dimensionamento e gli accorgimenti tecnici relativi alla piastra e al suo supporto, in aggiunta
ad una adeguata scelta dei materiali (caratteristiche chimiche e meccaniche, granulometria
degli aggregati).
Il presente documento, che si pone come un primo supporto al Consulente Tecnico, non ha la
pretesa di essere esaustivo circa la tematica analizzata. Per tale motivo, per una più completa
trattazione dei difetti che caratterizzano le pavimentazioni in c.a. si rimanda ad ulteriori
riferimenti indicati nel paragrafo 3.
2. FESSURE: FENOMENO FISIOLOGICO O DIFETTO?
Nel precedente paragrafo sono state descritte le differenti tipologie di difetti che interessano le
pavimentazione industriali, ponendo particolare attenzione a quello della fessurazione,
fenomeno strettamente legato alle caratteristiche reologiche del calcestruzzo e pertanto
intrinseco a questo tipo di opere. Sebbene sia impossibile evitare la formazione di fessure
esiste comunque un limite oltre il quale queste non sono più ascrivibili al “normale
comportamento” dell’opera ma si configurano come un difetto rivelando la presenza di errori
progettuali o esecutivi. Compito del consulente, ma anche di progettisti, costruttori ed
appaltatori, è quello di identificare tale limite.
Ad oggi una definizione unica ed organica del normale comportamento delle pavimentazioni
industriali, in relazione alle differenti problematiche che le caratterizzano, non è ancora
disponibile (né in ambito nazionale né in ambito internazionale). In linea generale si ritiene
che sia l’uso finale dell’opera a determinare quale sia l’ampiezza accettabile della
fessurazione. Un altro fattore fondamentale da tenere in considerazione sono le esigenze
prestazionale che il committente dell’opera richiede, ovviamente quest’ultimo non avendo
un’adeguata conoscenza tecnica si aspetterà un opera priva di imperfezioni. Compito del
progettista e/o del costruttore è quello di informare il cliente circa gli inconvenienti legati a
questa soluzione costruttiva, come le inevitabili fessurazioni ed il curling, che all’apparenza
possono essere ritenuti difetti esecutivi. Generalmente, così come riportato anche nelle linee
Guida americane dell’ACI (ACI Committee 207, 2007) si definiscono:
“Inattese” quelle fessure la cui dimensione e spaziatura compromettono la resistenza,
stabilità, funzionalità o apparenza della struttura” (Coleman, 2013a).
Pertanto al fine di evitare eventuali contenziosi è opportuno definire già in ambito contrattuale
(quindi a priori) quale sia il livello di fessurazione che si ritenga accettabile o comunque
apponendo opportune avvertenze e garanzie circa le potenziali criticità. Ad esempio si
potrebbero definire dei valori massimi oltre i quali si configura la violazione contrattuale
(ampiezza massima delle fessure, numero di fessure significative su unità di superficie, etc.).
In America, più che in Italia, è comune inserire tali clausole all’interno dei contratti. Di
seguito si riportano alcuni esempi tratti da casi reali (Coleman, 2013a).
“Un certo quantitativo di fessurazioni minori è attesa in un qualsiasi manufatto in
conglomerato. Infatti, il calcestruzzo strutturale è necessario che vada in contro a
fessurazione al fine di rendere collaboranti le barre di armatura metallica. Il
costruttore/progettista/appaltatore non è responsabile per le fessurazioni minori nei
manufatti in c.a. se queste non intacchino la resistenza o la funzionalità della struttura di
cui la lavorazione in oggetto fa parte.”
Con ancora più specifica attenzione alle pavimentazioni industriali si ritrova:
“Fessurazioni minori sono attesi in qualsiasi pavimentazione industriale. Il
costruttore/progettista/appaltatore non è responsabile per le fessurazioni minori che avvengono
nelle pavimentazioni in c.a. o per quelle che sono dovute alla preparazione del sottofondo e/o
suo assestamento.”
Ancora,
“Fessurazioni minori sono attesi in qualsiasi pavimentazione industriale. Il
costruttore/progettista/appaltatore non è responsabile per le fessurazioni minori
che avvengono nelle pavimentazioni in c.a.. Nell’eventualità in cui l’apertura
delle fessure ecceda i __ mm, il costruttore potrebbe essere chiamato a riparare o
rimpiazzare la lavorazione in conglomerato o la relativa sezione.”
La mancanza di una specifica normativa a riguardo rende complessa, in assenza di chiare e
specifiche indicazione contrattuali, la definizione dei livelli di accettabilità delle fessure.
Da un punto di vista strettamente tecnico, la presenza di quadri fessurativi può indicare il
superamento di uno o più Stati Limite, in genere di Esercizio (vedi § 2.2.2, D.M. 14/01/08)
per le pavimentazioni industriali, essendo quest’ultime finiture e non elementi strutturali.
Pertanto, al fine di definire quale sia l’ampiezza accettabile delle fessure nelle opere in c.a., si
possono adottare i come riferimenti normativi quelli contenuti nel § 4.1.2.2.4 (D.M. 14/1/08)
e nel § 4.3.1 (D.M. 09/1/96, “Norme tecniche per il calcolo, l’esecuzione ed il collaudo delle
strutture in c.a. normale e precompresso e per le strutture metalliche”).
In aggiunta a questi documenti può risultare utile consultare le Linee Guida americane
dell’ACI 207.2R-07 (ACI Committee 207, 2007) che trattano la medesima questione.
3. RIFERIMENTI TECNICI E NORMATIVI
Nell’ambito delle pavimentazioni industriali sono diversi i riferimenti normativi utili sia per la
progettazione sia per la valutazione delle eventuali difettosità, tra questi:
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D.M. 14/1/08 – "Norme Tecniche per le Costruzioni"
D.M. 09/1/96 – “Norme Tecniche per il calcolo, l’esecuzione ed il collaudo delle
strutture in cemento armato”.
Norma UNI 11146 – “Pavimenti di calcestruzzo ad uso industriale. Criteri per la
progettazione, la costruzione ed il collaudo” del Settembre 2005;
Linee Guida Sul Calcestruzzo Strutturale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici;
Tra i riferimenti tecnici più all’avanguardia del settore in merito alle soluzioni progettuali,
costruttive ed alla regola dell’arte relative alle pavimentazioni industriali si riportano:
 Codice di Buona Pratica CONPAVIPER
 “Guide for Concrete Floor and Slab Construction” – ACI 302.1R-04 (ACI Committee
302, 2004);
 “Guide to Design of Slab-on-Ground” – ACI 360R-10 (ACI Committee 310, 2010);

“Effect of Restraint, Volume Change, and Reinforcement on Cracking of Mass
Concrete” – ACI 207.2R-07 (ACI Committee 207, 2007);
4. CASI REALI DI ACCERTAMENTI TECNICI PREVENTIVI
Nell’ambito dell’attività promossa dall’Osservatorio “Claudio Ceccoli” (Trombetti et al.,
2012, 2014), centro di ricerca dedito allo studio dei difetti del costruito, sono stati collezionati
ed analizzati i dati relativi ad un sostanzioso numero di Accertamenti Tecnici Preventivi
depositati presso il Tribunale di Bologna. Le indagini hanno mostrato come le pavimentazioni
in calcestruzzo, a causa delle intrinseche difettosità, sono di frequente oggetto di contenzioso.
L’analisi della documentazione ha permesso: (i) la creazione di una documentazione
fotografica; (ii) l’individuazione delle cause più ricorrenti per ciascuna delle tipologie di
difetto lamentate; (iii) l’individuazione delle ricorrenti metodologie di indagini adottati dai
tecnici nei procedimenti di consulenza tecnica (iv) l’individuazione dei lavori necessari per il
rispristino delle opere. Per ciascuna classe di difetti, queste informazione sono state
sintetizzate e riunite nelle schede tecniche di seguito riportate.
Fessurazioni
Documentazione fotografica
Figura 1. Esempi di fessurazione rinvenuti sulle pavimentazioni industriali
N°1
Metodi di indagine
1. Apertura delle fessure
Le fessurazione sono un difetto fisiologico
delle pavimentazioni in calcestruzzo. Queste
tuttavia non devono essere tali da
compromettere la funzionalità dell’opera. Al
fine di valutare se le fessure possono essere
considerate come difetto meramente estetico
si calcola lo stato limite di fessurazioni
facendo riferimento ai valori riportate dalla
Normativa tecnica in vigore che definisce gli
stati limite di apertura delle fessure, in
funzione delle condizioni ambientali e della
sensibilità dell’armatura sottostante (vedi §
4.1.2.2.4 del D.M. 14/1/08).
A titolo esemplificativo si riporta un caso di
Accertamento Tecnico Preventivo depositato
presso il Tribunale di Bologna.
Durante lo svolgimento delle operazioni
peritali si è provveduto alla misurazione delle
fessurazioni, la cui ampiezza media (wm) è
risultata pari a 2 mm (Figura 2). Al fine di
valutare se tale fenomeno possa ritenersi
puramente estetico il Consulente Tecnico ha
fatto riferimento alle indicazione contenuta
all’interno del D.M. ‘96. Per il caso in esame,
relativo alla pavimentazione industriale di un
corsello di accesso ai garage, sono state
considerate
condizioni
ambientali
moderatamente aggressive (elevata umidità)
in assenza di vapori corrosivi, una
combinazione di azioni frequenti ed
un’armatura poco sensibile. Lo stato limite di
apertura delle fessure corrispondente a tale
situazione è w2=0,02 mm. Il valore
dell’ampiezza delle fessure wd= 1,7×wm= 3,4
mm risulta molto superiore allo stato limite
considerato. Pertanto si ritiene che il
fenomeno non sia dovuto alle caratteristiche
intrinseche del conglomerato ma ad errori
progettuali e di posa in opera.
Vista la natura del problema, intrinseca alle
caratteristiche del calcestruzzo, è consigliabile
definire lo stato limite di fessurazione
contrattualmente in subordine alle reali
condizioni realizzative.
Figura 2. Misurazione delle fessure
2.
Saggi
I saggi consistono nel taglio di sezioni della
pavimentazione in conglomerato in vari punti
interessati dalle fessurazioni (Figura 3).
Le misurazioni effettuate sulle stratificazioni
permettono di verificare:
-
Profondità delle fessure;
La conformità della pavimentazione
realizzata alle specifiche costruttive
riportate nel capitolatolo tecnico
(spessore ed uniformità della soletta,
quantità di armatura, etc.).
Confrontando i risultati ottenuti su porzioni di
pavimento sano e quelli ottenuti su porzioni di
pavimento fessurate si può valutare il livello
di compromissione della superficie.
Cause
Si ritiene che la formazione delle fessurazioni
sia dovuta all'azione combinata di più fattori:
a) Insufficienza o inefficacia di giunti di
isolamento dalle strutture portanti
“La presenza di numerose fessurazioni in
prossimità dei punti di contatto tra gli
elementi di elevazione e la pavimentazione
indica che fra tali elementi vi sia una
connessione che ne trasferisce carichi e
sollecitazioni”.
Tali cause sono da ricondursi all'assenza di
una progettazione esecutiva e calcolo specifici
e da errori di posa in opera.
Figura 3. Saggi in sto
3. Indagini non
ultrasuoni
distruttive
mediante
Le prove con ultrasuoni, condotte secondo le
direttiva della norma UNI 9524, hanno
l’obbiettivo di pervenire alla valutazione
dell’intensità e della estensione dei fenomeni
fessurativi presenti nello spessore della
pavimentazione. La presenza di fessure
induce riduzioni sostanziali nelle velocità di
propagazione degli ultrasuoni misurate dagli
strumenti impiegati (Figura 4).
Figura 4. Esempio di risultati di prove mediante
ultrasuoni
b) Dimensionamento
insufficiente
della
soletta
“Spessori della soletta differenti da quelli
indicati dal capitolato, che non rientrano
nelle normali tolleranze edili, ne modificano
in modo sostanziale la resistenza meccanica”.
Tali cause sono da ricondursi ad errori di posa
in opera.
c) Armatura della soletta insufficiente
“Le pavimentazioni in calcestruzzo sono
progettate prescindendo dalla presenza
dell’armatura, nell’ipotesi di piastra a
sezione
interamente
reagente.
Nel
dimensionamento, inoltre, le tensioni di
trazione agenti sulla piastra sono limitate a
valori inferiori alla resistenza a trazione di
progetto giacché non sono ammesse fessure
nel conglomerato. In conformità a quanto
sopraesposto s’intuisce come la funzione
dell’armatura metallica, in forma di rete
elettrosaldata, nei pavimenti non è quella di
aumentarne la portanza flessionale ma è
quello di limitare l’apertura delle fessure che
si producono per effetto delle contrazioni di
ritiro nelle sezioni di giunto. Impedendo alla
fessura di aumentare la propria ampiezza, la
rete elettrosaldata assicura che nelle sezioni
di giunto s’instauri l’effetto ingranamento tra
gli aggregati, indispensabile ai fini di un
corretto trasferimento dei carichi tra le due
porzioni di pavimento contigue al giunto
fessurato”.
Tali cause sono da ricondursi all'assenza di
una progettazione esecutiva e calcoli specifici.
Modalità di ripristino
Generalmente una soluzione superficiale al
problema delle fessurazioni non potrebbe dare
garanzie di durata nel tempo specialmente se
le cause sono legate a difetti anche di carattere
“strutturale”. Pertanto gli interventi necessari
all'eliminazione dei vizi riscontrati possano
essere i seguenti:
– demolizione delle porzioni di pavimento in
calcestruzzo interessati da fessurazioni;
– rifacimento a regola d'arte delle porzioni di
pavimento demolito, completo dei giunti
strutturali necessari;
– creazione di giunto perimetrale per isolare
la pavimentazione dalle strutture portanti;
– rifacimento dello strato di usura di tutta la
pavimentazione in c.a..
Curling
Documentazione fotografica
N°2
Cause
a) Ritiro igrometrico non compensato
“La comparsa di fessurazioni radiali al
centro delle riquadrature giuntate e la
presenza di fenomeni di imbarcamento sugli
angoli denunciano problematiche relative
alla composizione del calcestruzzo quali un
errato rapporto acqua/cemento o un'errata
granulometria degli inerti utilizzati.”
Figura 5. Curling di una lastra in calcestruzzo
Le cause sono da ricondursi all'assenza di una
progettazione esecutiva e calcolo specifici e
da errori di posa in opera.
Metodi di indagine
1. Saggi
I saggi consistono nel taglio di sezioni della
pavimentazione in cemento in vari punti
interessati dalle fessurazioni (Figura 6).
Le misurazioni effettuate sulle stratificazioni
permettono di verificare:
-
Profondità delle fessure;
La conformità della pavimentazione
realizzata alle specifiche costruttive
riportate nel capitolatolo tecnico.
Modalità di ripristino
Il fenomeno del curling (Figura 5) è spesso
associato a quello di formazione delle fessure.
Pertanto, i lavori necessari al ripristino sono
sostanzialmente identici a quelli necessari per
l’eliminazione delle fessure:
– demolizione delle porzioni di pavimento in
calcestruzzo interessati da fessurazioni e
curling;
– rifacimento a regola d'arte delle porzioni di
pavimento demolito, completo dei giunti
strutturali necessari;
– creazione di giunto perimetrale per isolare
la pavimentazione dalle strutture portanti;
– rifacimento dello strato di usura di tutta la
pavimentazione in c.a..
Figura 6. Esempio di saggio in sito
Delaminazione
Documentazione fotografica
N°3
Metodi di indagine
1. Carotaggi
L’osservazione delle carote prelevate consente
di valutare la compattezza e l’assetto
granulometrico del calcestruzzo e quindi di
evidenziare
un’eventuale
separazione
dell’aggregato grossolano dalla matrice fine
(Figura 8). Il carotaggio consente anche di
accertare la presenza di eventuali fessure, di
valutarne la direzione e la profondità. Inoltre,
su questi campioni, è possibile eseguire prove
di resistenza meccanica per la determinazione
della
resistenza
a
compressione
e
l’identificazione del tipo di meccanismo di
rottura.
Figura 7. Delaminazioni in una pavimentazione in
calcestruzzo
Figura 8. Esempio di una carotaggio eseguito su una
pavimentazione industriale
2. Analisi ottiche
polarizzatore
al
microscopio
Con questo tipo di prova (Figura 9), condotta
seguendo le indicazione della norma UNI EN
12407 si può verificare la presenza di
fenomeni di distacco della matrice legante da
elementi di aggregato di maggiori dimensioni,
la formazione di reti capillari beanti verso
l’estradosso o la presenza di “lamine” di aria,
segno inequivocabile di una non trascurabile
percentuale di gas intrappolato nel
conglomerato indurito che o altri fenomeni
che rilevano la presenza di difetti del
calcestruzzo come ad esempio il fenomeno
bleeding nella fase iniziale.
Figura 9. Risultati di un’analisi ottica al microscopio
polarizzante
Cause
Le principali cause delle delaminazioni
(Figura 7) sono legate a fenomeni
concomitanti che si verificano nella fase di
posa della pavimentazione e della successiva
lavorazione (frattazzatura) quali:
a) Bleeding;
b) Tempismo non corretto nella stesura
dello strato di spolvero;
c) Condizioni ambientali non favorevoli
alla corretta maturazioni della pasta
cementizia
Tali cause sono da ricondursi ad errori di posa
in opera.
Modalità di ripristino
Per il fenomeno della delaminazione si deve
intervenire con la rimozione ed il rifacimento
dello
strato
superficiale
danneggiato.
L’intervento consiste:
-
fresatura o pallinatura della superficie
di calcestruzzo esistente sino a portare
a vista la parte di calcestruzzo sano;
-
Ricostituzione del livello della
pavimentazione con malta di resina
opportunamente resa ruvida con
spolvero di quarzo.
Sgretolamento
Documentazione fotografica
N°4
Metodi di indagine
1. Determinazione della resistenza al
gelo/disgelo in presenza di cloruri
La prova, eseguita in accordo con la norma
UNI EN 1338:2004 – APPENDICE D,
consiste nel prelevare un campione di
calcestruzzo (Figura 11) dal quale viene
misurato il contenuto di cloruri previa
frantumazione e polverizzazione del materiale
secondo le direttive della Norma 9944. Il
campione prelevato viene sottoposto a cicli di
gelo-disgelo considerando sia la sola azione
dell’acqua, sia l’azione combinata di acqua e
sale. Se quest’ultima produce sui campioni un
eccessivo degrado sulla superficie del
campione superiore rispetto all’impiego di
sola acqua (senza sale disgelante) si può
dedurre che lo spolvero non è adatto a
proteggere o isolare il calcestruzzo dal
supporto dalla permeazione delle soluzioni
acquose.
Figura 10. Sgretolamento di un piazzale esterno realizzato
in calcestruzzo
Figura 11. Campione di calcestruzzo prima dello
svolgimento dei cicli gelo/disgelo
-
Preparazione del supporto con
fresatura fino ad asportare uno strato
di almeno 10 mm, per assicurare il
distacco di tutte le parti non coese e
comunque fino al raggiungimento di
un piano con resistenza allo strappo
maggiore di 1,5 MPa;
-
Perfetta depolveratura e stesura di
primer promotore di adesione;
-
Applicazione di un rivestimento
cementizio autolivellante, concepito
con cementi speciali, aggregati,
leganti supplementari ed additivi
chimici e adatto per pavimentazioni
industriali in relazione all’uso;
-
Trattamento di superficie per mezzo di
imprimitura dello strato di finitura con
formulato resinoso idrorepellente per
ridurre il grado di assorbimento
dell’acqua meteorica.
Figura 12. Campione di calcestruzzo dopo lo svolgimento
dei cicli gelo/disgelo
Insieme alla presenza di fessure spesso nelle
pavimentazioni industriali si riscontrano
anche fenomeni di “curling”.
Cause
Le cause dello sgretolamento (Figura 10)
possono essere varie:
a) Anomala sensibilità al gelo del
calcestruzzo;
b) Sensibilità
all’attacco
dei
sali
normalmente utilizzati come prodotti
decongelanti
La sensibilità del calcestruzzo ai cloruri è una
problematica ben nota, pertanto, a meno di
precise indicazione contrattuali per la
realizzazione di un trattamento impregnante,
lo sgretolamento non può essere considerato
un difetto ma un normale comportamento
dell’opera.
Modalità di ripristino
Per il ripristino di una pavimentazione
soggetto allo sgretolamento del calcestruzzo
per attacco salino le lavorazioni sono:
Si
raccomanda
inoltre
la
regolare
manutenzione del trattamento di superficie
secondo le indicazioni del produttore ed il
lavaggio della salamoia dalla pavimentazione
appena cessata l’emergenza del gelo.
Difetti estetici
Documentazione fotografica
N°5
Metodi di indagine
1. Analisi chimico e fisiche del
calcestruzzo
Generalmente questa tipologia di difetti è
legata, specialmente macchie e rigonfiamenti,
sono legati alla reattività del calcestruzzo
(Figura 13). Le analisi fisico-chimiche sono
eseguite al fine di verificare l’eventuale
“reattività” del calcestruzzo con le sostanza
presente nell’ambiente in cui il pavimento è
posto in opera. La prova consiste nel
sottoporre la superficie della pavimentazione
(spolvero)
e
una
sezione
interna
(calcestruzzo) a contatto con la sostanza in
determinate
condizioni
ambientali
di
temperatura ed umidità per un determinato
periodo di tempo (Figura 14). Al termine del
ciclo previsto, nelle condizioni sperimentali
indicate, si verifica se i provini hanno
manifestato alterazioni, fratture o distacchi o
fenomeni di de-coesione superficiali.
Figura 13. Difetti superficiale riscontrati in alcune
pavimentazioni in calcestruzzo
Figura 14. Esempio di una prova di reattività del
calcestruzzo
Cause
Le cause dei difetti estetici possono essere:
a) Reattività del calcestruzzo con le
sostanze presenti nell’ambiente;
b) Errori nella realizzazione e nella posa
in opera.
E’ bene notare, viste le caratteristiche del
calcestruzzo, che il contatto con determinate
sostanze richiede trattamenti specifici.
Pertanto, in assenza di tali richieste nelle
specifiche di capitolato, non sempre questo
tipo di problematica può ritenersi un vizio.
Modalità di ripristino
I lavori di ripristino per l’eliminazione di
difetti estetici dipendendo dal tipologia del
vizio variano di caso in caso, pertanto non è
possibile fornire un’indicazione generale delle
lavorazioni da eseguire.
5. CONCLUSIONI
Le pavimentazioni industriali vengono generalmente realizzate in calcestruzzo e poste in opere
quali finitura dei piani di calpestio nelle aree industriali adibite per deposito merci e lavoro in virtù
delle loro peculiarità. A causa delle considerevoli dimensioni e delle caratteristiche intrinseche del
calcestruzzo tante sono le problematiche e criticità relative a questo tipo di soluzione. Essendo
fortemente legate alle proprietà reologiche e meccaniche del conglomerato, alcune difettosità
possono considerarsi fisiologiche e pertanto inevitabili. I fattori di cui bisogna tener conto per una
corretta realizzazione di queste opere sono molteplici e proprio per questo motivo l’individuazione
delle cause che portano alla formazione dei difetti non è affatto semplice.
Le indagini condotte su un sostanzioso numero di Accertamenti Tecnici preventivi depositati presso
il Tribunale di Bologna (nell’ambito dell’attività promosso dall’Osservatorio Claudio) hanno
mostrato che le pavimentazioni in calcestruzzo, a causa delle loro caratteristiche, sono spesso
sovente oggetto di contenzioso. L’analisi della documentazione ha permesso la raccolta di una
documentazione fotografica dei difetti riscontrati e l’individuazione di alcuni metodi di indagini,
utilizzati dai consulenti tecnici per lo svolgimento delle operazioni peritali. Si è potuto constatare
che alcune tipologie di difetti sono ricorrenti e che alcuni fenomeni sono, nonostante una corretta
progettazione ed esecuzione delle opera ed entro certi limiti, connaturali a questo tipo di tecnologia
costruttiva. Questi pertanto non sono ascrivibili a difetti ma come fenomeni fisiologici.
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