Il Software Libero - Bologna Free Software Forum

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Il Software Libero - Bologna Free Software Forum
Il Software Libero
a cura del
BOLOGNA FREE SOFTWARE FORUM
Anno scolastico 2003/2004
Materiali a supporto dei partecipanti al corso sul Software Libero
aggiornamenti su http://www.bfsf.it/progettoscuole
GVC
ATTAC
BFSF
GVC
Associazione per la Tassazione delle Transazioni finanziarie e per l'Aiuto ai Cittadini
Bologna Free Software Forum
Gruppo Volontariato Civile
Con il contributo della Regione Emilia Romagna
Indice dei contenuti
Conflitto, cooperazione e fiducia, cosa c'entrano col Software Libero ?............................................1
Premessa.......................................................................................................................................1
Il conflitto: un elemento sostanziale della nostra vita sociale........................................................1
I quattro tipi di azione conflittuale..............................................................................................1
Cooperazione e fiducia..................................................................................................................2
La teoria dei giochi....................................................................................................................2
Il dilemma del prigioniero.....................................................................................................3
Giochi a somma zero...........................................................................................................3
Giochi a somma diversa da zero..........................................................................................4
Minacce e promesse esplicite..............................................................................................4
Gestione costruttiva dei conflitti................................................................................................4
Accenni a strategie utili alla gestione del conflitto................................................................5
Cooperazione............................................................................................................................5
Fiducia.......................................................................................................................................6
I giochi ripetuti...........................................................................................................................6
Il software libero come strategia evolutiva stabile (ESS) della teoria dei giochi...........................6
L'apprendimento collaborativo.......................................................................................................8
La scrittura collaborativa................................................................................................................9
Altrusimo, giustizia, punizioni e beni comuni.................................................................................9
Beni materiali e immateriali e condivisione dei saperi.................................................................11
Presupposti teorici..................................................................................................................11
Il Software..........................................................................................................................13
La libertà e il software......................................................................................................................15
Il software libero...........................................................................................................................15
La libertà e il software..................................................................................................................16
La Società dell'Informazione........................................................................................................16
Una diversa concezione del software..........................................................................................18
La cooperazione nello sviluppo del software libero.........................................................................19
Il modello sociale del free software..................................................................................................24
Terzo Mondo i nuovi schiavi del computer..................................................................................25
La storia del Software Libero...........................................................................................................27
Progetto GNU.....................................................................................................................27
EMACS...............................................................................................................................27
GCC....................................................................................................................................27
Kernel.................................................................................................................................27
Linux...................................................................................................................................28
Distribuzioni........................................................................................................................28
Conflitto, cooperazione e fiducia, cosa
c'entrano col Software Libero ?
Premessa
Cercare di capire cosa sia il software libero trascende dall'addentrarsi nella disputa di
quale software offra i migliori risultati o sia piu' conveniente nell'immediato. Entrare in
dettagli tecnici che, se pur importanti e che apropono il campo ad una ampia disputa dove
le posizioni vincenti non sono per nulla scontate e assolute, ci allontana da una analisi piu'
interessante, da una lettura con "razionalità illuminata" come accenneremo piu' avanti.
Bisogna mettere a confronto due modelli di sviluppo economici e sociali, basati anche su
sistemi valoriali differenti. La comprensione e l'adozione del modello di sviluppo proposto
dal software libero è in grado di modificare anche radicalmente il comportamento relativo
ad alcuni tra i piu' importanti ambiti della nostra vita sociale: dagli spazi dedicati
all'apprendimento, all'attività lavorativa, alla concezione dell'economia. Utilizzare e
sviluppare software libero necessita di consapevolezza e alcune abilità: capacità di
orientamento in una realtà piu' complessa e quindi piu' ricca, una visione dell'utilità a
medio e lungo periodo e capacità relazionali.
Il conflitto: un elemento sostanziale della nostra vita sociale
"Il conflitto sociale è un'interazione tra attori (individui, gruppi, organizzazioni ecc.), in
cui almeno un attore percepisce un'incompatibilità con uno o piu' altri attori nella
dimensione del pensiero e delle percezioni, nella dimensione emozionale e/o nella
dimensione della volontà in una maniera tale che la realizzazione [dei propri pensieri,
emozioni,volontà] venga ostacolata da un altro attore" (Glasl 1977,p.14)
I conflitti quindi si pongono come dei problemi, delle insoddisfazioni a cui cerchiamo di
dare una risposta. Le cause dei conflitti sono molte e complesse, e molto della loro
possibilità di gestione costruttiva dipende dalle nostre capacità di analisi e di azione.
Spesso litighiamo, ma apparentemente per cose futili e a volte cadiamo in un vortice che
fa andare le cose sempre peggio e ci fa stare sempre peggio.
Grande importanza nei conflitti ha la capacità di vivere nelle differenze e a volte nella
sofferenza. Ma per poter scardinare alcuni comportamenti consolidati e alcuni luoghi
comuni spesso errati, si puo iniziare chiarendosi le dinamiche e la realtà in cui stiamo
vivendo.
Per questo puo' essere utile darsi alcuni strumenti di analisi delle situazioni conflittuali e
un lessico comune.
I quattro tipi di azione conflittuale
•
Il primo tipo è quello di persone che vogliano perseguire fini diversi. Se sono
persone indipendenti, questo non è un problema; lo diventa se invece sono per
qualche ragione vincolati. Questo puo' verificarsi in tutte le situazioni in cui si
richiede un'azione collettiva o coordinata. Un possibile sviluppo del conflitto, e una
1
•
•
•
conseguente "escalazione" di esso, è la perdita di cooperazione. Si chiama
DIVERGENZA. Per esempio, due coniugi che vadano in vacanza insieme, ma
preferiscano mete diverse.
Il secondo tipo accade in situazioni in cui più agenti concorrano per lo sfruttamento
di una risorsa limitata. In questi casi il conflitto è definito di CONCORRENZA. Per
esempio quando piu' allevatori sfruttano una zona libera di pascolo.
Quando un agente dirige la sua azione contro un'azione dell'altro agente questa
può essere chiamata OSTACOLAMENTO e tende ad impedire all'altro il
raggiungimento del suo obiettivo.
Quando invece l'azione è diretta contro l'altro agente, non più alla sua azione, può
essere definita AGGRESSIONE.
COMPETIZIONE (concorrenza + ostacolamento): nella realtà spesso succede che due
agenti non solo concorrono verso l'obiettivo, ma per assicurasi il successo compiono atti di
ostacolamento o aggressione. Due candidati in un concorso concorrono, ma non
competono (non agiscono l'uno sull'altro) come invece fanno due squadre di calcio. Se poi
un giocatore compie anche atti di "aggressione" allora commette fallo.
Non sempre è facile distinguere aggressione, ostacolamento o competizione. Le
categorie qui elencate si mischiano nella realtà complessa. Questi tipi non sono separati in
modo netto: si tratta piuttosto di punti focali di una linea continua che va da una situazione
di orientamento a uno scopo esterno, proseguendo via via verso un aumento
dell'intervento sull'azione altrui, fino ad arrivare là dove lo scopo originario finisce per
avere un ruolo secondario di fronte alla volontà di agire su e contro l'agente, ovvero là
dove l'aggressione è il fine stesso. Questo processo graduale corrisponde al fenomeno
dell'escalazione.
Possono essere viste tre grandi fasi di evoluzione dei conflitti (Glasl 1997)
•
•
•
vincente/vincente : aspetti cooperativi preponderanti, rimane preponderante la
contraddizione oggettiva, l'insieme delle questioni che dividono le parti
vincente/perdente : si crede che il conflitto possa essere risolto solo a beneficio di
una parte, atteggiamenti e percezioni assumo una importanza preponderante
perdente/perdente : danneggiamento dell'altro anche a costo di sofferenze per sé,
entra in gioco la violenza
Ma questo non è un percorso obbligato e la nostra speranza è invece quella di renderci
capaci di attuare un processo di deescalazione.
Cooperazione e fiducia
La teoria dei giochi
la teoria dei giochi ha avuto la sua prima formulazione intorno all'anno 1944. Si trattava
attraverso un ardito espediente matematico di tentare di prevedere il comportamento degli
esseri umani in una situazione di negoziazione. Vengono chiamati giochi perchè vi
prendono parte piu' agenti e le loro decisioni sono interdipendenti. Al termine delle scelte
rispetto al gioco, a ogni giocatore viene attribuito un punteggio. Naturalmente i limiti di
questa teoria sono enormi, dovuti a tutta una serie di assunzioni (ad esempio il supporre di
trovarsi di fronte a soggetti assolutamente razionali e intelligenti), ma nonostante questo ci
permette di fare interessanti considerazioni.
Questi sono giochi di STRATEGIA in quanto le scelte di ogni attore dipendono da una
interazione con la controparte: le mie azioni sono determinate da una previsione delle tue
azioni.
Il dilemma del prigioniero
Qui viene presentato il dilemma in una ambientazione differente da quella classica che
vedeva due prigionieri affrontare separatamente un interrogatorio.
Voi siete un trafficante di diamanti e vi siete accordato con un acquirente per una
vendita. Dati i rischi di un incontro aperto, per sicurezza decidete che lo scambio avverrà
nel modo seguente: in un punto all'interno di un bosco isolato voi lascerete una valigia con
i diamanti. In tutt'altro punto l'acquirente lascierà una valigia con i soldi. Ognuno di voi si
recherà nel luogo dove l'altro ha lasciato la valigia, così l'acquirente avrà i diamanti, voi i
soldi e l'affare è fatto. Cooperando ottenete entrambi il vantaggio della transazione.
Pensate però che cosa succederebbe se lasciaste nel posto convenuto una valigia vuota,
o piena di vetro, e di andarvene con i soldi. Il vantaggio sarebbe molto maggiore. Avete
soldi e diamanti. Però anche al vostro cliente può venire in mente la stessa cosa: lasciare
una valigia piena di carta e prendersi i diamanti.
Solitamente gli scambi sono ripetuti più volte e i punteggi possono cambiare da partita a
partita con la possibilità di avere brevi incontri per effettuare una trattativa. La
combinazione molto più probabile, almeno nella nostra cultura occidentale, è quella dellla
sfiducia/sfiducia con il gioco che termina con le parti in forte passivo.
I principali aspetti che caratterizzano i comportamenti sono:
•
•
•
•
la miopia: si tratta della difficoltà di intendere un rapporto sul lungo periodo: ho la
possibilità di prendere un vantaggio sull'altro e lo faccio senza pensare a cosa
succederà dopo, a come reagirà l'altro
"loro ci fregheranno di sicuro": sono talmente convinto che l'altro defezionerà, che la
cosa più ragionevole che troviamo da fare è attaccare per primi. È una classica
profezia che si autoavvera.
il valore del negoziato: è fondamentale il valore che le due parti attribuiscono a
questo strumento; se la prima trattativa è stata disattesa la seconda è praticamente
inutile
i falchi vincono: all'interno di un gruppo è più facile vedersi riconosciuta la
leadership proponendo guerra contro un nemico comune esterno, piuttosto che
proponendo una strategia di collaborazione.
Giochi a somma zero
Si considera gioco a somma zero un gioco nel quale cio' che un partecipante vince
viene perso dall'altro; ad esempio il gioco del poker. Le caratteristiche psicologiche sono:
•
•
i partecipanti sentono di essere contro
gli scambi di informazioni vengono vissuti come pericolosi
3
•
tendo a vedere la mia perdita come la somma della mia perdita con la vincita
dell'altro
spesso si instaurano meccanismi legati alla vendetta.
Giochi a somma diversa da zero
Non esiste un rapporto diretto tra vincite e perdite, anzi si potrebbe dire che non
esistono sconfitti. Le caratteristiche psicologiche sono:
•
•
•
•
non esiste un rapporto di interrelazione tra vincite e perdite
gli agenti non sono contro
non è necessario ridurre il flusso di informazioni, anzi può essere vantaggioso
chi non vince, non sente necessariamente di aver perso
Il dilemma del prigioniero è un classico gioco a somma diversa da zero e rappresenta
molta parte delle situazioni della vita reale. La soluzione trovata tramite l'analisi di soluzioni
strategiche razionali ed egoiste non rappresenta in realta la soluzione migliore, anche in
senso egoistico. In questo caso (e quindi in molti casi), razionale non corrisponde a
ottimale.
Spesso nel giocare queste situazioni si instaurano meccanismi conflittuali (del tipo
divergente) e si osserva una escalazione dei comportamenti verso atteggiamenti piú
violenti. È qui che sarebbe quindi opportuno attuare alcune delle strategie distensive e di
deescalazione che se usate con competenza potrebbero ottenere buoni risultati.
Minacce e promesse esplicite
Nel caso di un conflitto comunemente inteso la contrattazione si articola in sostanza in
atti di coercizione e gesti di concessione, come le minacce, gli avvertimenti e le promesse.
Negoziando è sempre più sano concentrarsi sugli interessi piuttosto che sulle posizioni.
Bisogna ridare significato a queste parole, ad esempio minaccia: una minaccia ha
successo ha successo quando il minacciante non è costretto ad attuarla, poichè mettere in
atto la minaccia significa fare qualcosa di spiacevole anche per sé, non solo per l'altro. E' il
caso dello sciopero, dove attuandolo entrambe le parti vengono penalizzate. Utilizzare
consapevolmente questi strumenti, o interpretarli in modo corretto quando se ne è oggetto,
ridà valore ed efficacia alla contrattazione. Alcuni testi definiscono il gioco cooperativo
come quel gioco in cui i giocatori possono effettuare promesse vincolanti (e sfruttare a
pieno la contrattazione).
Gestione costruttiva dei conflitti
Per tentare di gestire un conflitto è necessario:
•
•
la consapevolezza di essere in uno stato di conflitto
la volontà di terminare il conflitto
Accenni a strategie utili alla gestione del conflitto
•
Disarmo unilaterale e GRIP (Graduate and Reciprocated Initiatives in Tension
Reduction: Osgood 1962) Si tratta di una strategia che intende rendere cooperativo
l'orientamento motivazionale prevalente tra attori in conflitto. Una parte annuncia di
voler ridurre la tensione, iniziando una azione conciliatoria unilaterale, e invitando
l'altra parte a fare altrettanto. Anche se questa non risponde all'invito, viene
effettuato un nuovo gesto di distensione. Nel caso in cui la controparte reagisca in
maniera aggressiva vengono annunciate misure limitate di ritorsione, senza
revocare le decisioni distensive già prese. In particolare il "disarmo unilaterale" in
situazioni interpersonali dovrebbe essere:
• "pulito" nelle azioni che si compiono
• ripeturo più volte: se ci si ferma alla prima quasi sicuramente non funzionerà
• chiaro nell'espressione delle intenzioni.
Nella simulazione del gioco del prigioniero ripetuto più volte spesso si cade nella
situazione permanente di sfiducia/sfiducia. Questa strategia si potrebbe attuare nei
momenti previsti per la contrattazione dichiarando chiaramente che nelle prossime
tre partite si coopererà, qualunque sarà la risposta dell'altro giocatore, prima di
cadere eventualmente nella situazione peggiore di sfiducia/sfiducia. A questa
dichiarazione l'altro giocatore potrebbe essere portato a ricominciare a cooperare,
vedendone utilità e fattibilità.
In generale è possibile usare anche altre modalità, alcune qui solo accennate:
•
•
la mediazione di un terzo
una comunicazione piu' efficace:
• metacomunicazione
• passaggio da argomentazioni a fondamenti (Pat Patford 1989)
Cooperazione
La Cooperazione è mettere su un piatto comune parte delle proprie risorse ed interessi
per un vantaggio collettivo (positivo anche per il singolo).
L'armonia si realizza più semplicemente quando interessi e scopi si integrano.
•
•
•
l'altruismo è differente dal cooperare
l'egoismo non corrisponde all'individualismo
si può essere egoisti e cooperativi.
I conflitti sono normalmente caratterizzati dal legame tra processi cooperativi e processi
competitivi.
La cooperazione è un elemento molto interessante: essa propone soluzioni creative ai
problemi, generando nuova "ricchezza" a volte inaspettata. Se concepita in modo
spontaneo è ancor piú interessante in quanto può unire gli elementi di libertà e
realizzazione del singolo in una logica di utilità a breve, ma anche a lungo periodo.
5
Fiducia
La fiducia è un certo grado di sicurezza nella propria previsione del comportamento di
un altro agente o del mondo esterno.
La fiducia svolge un ruolo importante nella cooperazione. Riesce spesso a sostituire
l'effetto delle norme e delle punizioni previste nel caso di contravvenzione. Si realizza in
modo più elastico ed efficace. Le condizioni perchè si possa parlare di fiducia sono:
•
•
•
non controllabilità
assenza di coercizione
libertà
La fiducia è caraterizzata da un certo fattore di rischio,
I giochi ripetuti
Nella realtà le interazioni sociali non sono eventi sporadici e con soggetti sempre
diversi. Si parla quindi di giochi ripetuti.
Simulando la realtà e semplificandola alquanto ne risulta che le migliori strategie sono
caratterizzate dai seguenti comportamenti:
•
•
correttezza: il primo passo è cooperativo e si defeziona solo come risposta a una
defezione
perdonanti: la rappresaglia punitiva non continua se l'altro ricomincia a cooperare
Queste strategie sono considerate strategie evolutive stabili (ESS), ossia sono
destinate a sopravvivere nel tempo se a loro è attribuita una possibilità di sopravvivenza
pari ai loro risultati relativi. Le strategie defezionatrici rovinano l'ambiente stesso da cui
traggono vantaggio, succhiandone le risorse e non permettendo ai soggetti che attuano
altre strategie, e quindi successivamente anche a chi defeziona, di sopravvivere.
Le strategie che guadagnano cooperando favoriscono l'instaurarsi di un ambiente a loro
favorevole e stabile nel tempo
Il software libero come strategia evolutiva stabile (ESS)
della teoria dei giochi
Ora andremo a considerare le licenze del software come strategie. Per semlicità
consideremo delle licenze estremamente semplificate. Una "tipica" licenza T, una licenza
generica aperta O e una versione di quella GPL G. Ecco in sintesi cosa contengono le
licenze.
•
•
•
T il codice sorgente non è disponibile agli altri programmi
O il codice sorgente può essere ispezionato e incluso in altri programmi al bisogno
G il codice sorgente può essere ispezionato, ma incluso in altri progetti con lo
stesso tipo di licenza G
Ora consideriamo l'universo del software come se fosse popolato da molti programmi
che eseguono essenzialmente lo stesso compito e ciascuno usa una delle precedenti
licenze come strategia. Esaminiamo cosa avviene in alcuni incontri di esempio:
•
•
T1 incontra T2: T1 si dimostra superiore. Non ci saranno cambiamenti nel futuro in
quanto il codice sorgente non è disponibile a T2, che non può esaminarlo e
migliorarsi
O1 incontra O2: O1 si dimostra superiore. O2 può esamirare il cosice di O1 ed
incorporarlo. Nell'incontro successivo O1 e O2 avranno più o meno lo stesso livello
qualitativo
G1 incontra O1: G1 si dimostra superiore. O1 può esaminare il
codice di G1, ma non può incorporarlo senza cambiare strategia.
E così via. Ci sono nove differenti accoppiamenti nelle possibili
interazioni e li possiamo riassumere con una matrice di punteggi.
Stabiliamo questi punteggi: la possibilità di usare il codice del tuo
rivale ti fa guadagnare 10, ma avere il tuo codice a tua volta
utilizzato dall'altro comporta -5. Così se vi scambiate il codice con
il rivale entrambi guadagnate 5.
7
T
O
G
T
0
10 0
O
0
5
G
0
10 5
0
La consideraione più ovvia che si può fare è che la strategia O è "predata" sia da T che
da G. Nella terminlogia della teoria dei giochi son definiti "suckers". La ragione di ciò è la
definizione della startegia O. Tutti i giocatori possono esaminare e usare codice dei
programmi con la strategia O, ma i programmi con la strategia O possono usare codice
solo da altri O. In pratica i programmi con strategia O cooperano bene gli uni con gli altri,
ma non si proteggo dai "predatori" che voglio (ab)usare di loro.
Un'altra caratteristica è che la strategia T è invulnerabile alla predazione che ha luogo
con O. Dato che essi non rendono disponibile il loro codice non corrono il pericolo che la
loro generosità venga abusata. D'altra parte questo però nega anche ogni possibilità di
cooperazione. I programmi T non saranno vittima di altri, ma neanche si assisteranno l'un
con l'altro. È una situazione opposta a quella degli O.
I programmi con strategia G combinano il meglio delle altre due. G coopera bene in
quanto rende disponibile il codice, ma non può essere predata dai non-G viste le
limitazioni sull'uso del codice utilizzabile solo da programmi con licenza di tipo G. In altre
parole G coopererà solo con chi sicuramente collaborerà successivamente.
Cosa significa questo nel lungo termine (nell'universo del gioco del software)?
Inizialmente, T e G cresceranno rapidamente in seguito alla predazione degli O.
Dopo un po' gli O inizieranno ad estinguersi dato che il punteggio medio degli O diverrà
inferiore a quello dei T e G. Quando gli O non ci saranno più ne i T ne i G guadagneranno
l'uno dall'altro, ma G sarà avvantaggiato su T perchè coopera, al contrario di T. Potrebbe
capitare che i T si estinguano e che tutti i programmi nell'universo (del gioco) saranno con
strategia G. Ci sono ovviamente alcuni limiti a questa simulazione e molte obiezioni
andrebbero discusse.
L'apprendimento collaborativo
Nell'ottica costruttivista l'apprendimento è da intendersi come processo attivo di
costruzione della conoscenza.
Ambiente di apprendimento è un posto in cui gli studenti possono lavorare insieme e
aiutarsi a vicenda per impare ad usare una motitudine di strumenti e risorse informative,
nel comune perseguimento di obiettivi di apprendimento e d'attività di "risoluzione dei
problemi". L'apprendimento si arricchisce quando a forme di "auto apprendimento" col
supporto di "materiali" (libri di testo) si integra l'"apprendimento per scoperta" per cui la
conoscenza è ricerca di senso, qualificata dagli strumenti della mediazione dialogica fra gli
attori. In questo modello l'oggetto della conoscenza non è più il "sapere cosa" ma il
"sapere come" e quindi si tratta di esplorare la realtà, di intervenire nei fenomeni ponendo i
problemi e ricercando le procedure di soluzione, di collegare le procedure concettuali con
le procedure discorsive, di utilizzare strategie analogiche di produzione, organizzazione,
rappresentazione delle conoscenze. Fondamentale diventa il processo di conoscenza che
si realizza nell'esperienza formativa, le cui parole chiave sono progetto, trasformazione,
cambiamento, intenzionalità.
Il ruolo dell'insegnante non è più quello di trasferire conoscenze dichiarative o di
spiegarle meglio per assicurare una corretta decodificazione-interpretazione, ma piuttosto
quello di aiutare a scegliere il metodo corretto per risolvere problemi, proponendo vie
operative per far pratica ed utilizzando mezzi di comunicazione in grado di creare contesti
amichevoli ed emotivamente coinvolgenti. L'insegnate non riveste più un ruolo di
trasmissione verticale della conoscenza ed assume quello di "facilitatore", che favorisce la
discussione, incoraggia gli studenti a riflettere sui propri ragionamenti e su quelli degli altri,
stimola la curiosità.
La scrittura collaborativa
David Farkas dà una definizione semplice e pragmatica della scrittura collaborativa,
analizzando i processi che la caratterizzano:
•
•
•
•
due o più persone compongono congiuntamente il testo completo di un documento
due o più persone contribuiscono a differenti componenti di un documento
una o più persone modificano, editando e/o modificando, il documento di una o più
persone
una persona lavora interattivamente con una o più persone scrivendo una bozza di
documento basato sulle idee della persona o delle persone
La scrittura collaborativa si interseca con vari ambiti: da quello letterario (racconti con
finali modificabili dai lettori) a progetti di sapienza condivisa (wikipedia, una enciclopedia le
cui voci sono il prodotto di una vastissima collettività internazionale). Il software libero si
può considerare il più grande esempio di scrittura collaborativa, dove il volume dei
programmi prodotti è veramente considerevole e il numero di programmatori e utenti
coinvolti è a sua volta impressionante. I sistemi telematici hanno fornito strumenti molto
potenti alla scrittura collaborativa, superando inoltre il limite delle distanze. Le principali
funzioni potenziate dall'informatica sono relative alla grande agevolazione nell'apportare
modifiche, di tenere traccia delle revisioni e la possibilità di integrare le differenze con la
possibilità di uno sviluppo contemporaneo. Alcuni degli strumenti specifici sono il WIKI
(facile sistema di pubblicazione su WEB) che permette un accesso sequenziale e il CVS
(particolarmente usato per la programmazione) che permette uno sviluppo concorrente e
contemporaneo. I sistemi piú diffusi per la scrittura di testi (word processor) al contrario
permettono al massimo solo un rudimentale controllo delle revisioni.
Altrusimo, giustizia, punizioni e beni comuni
Sono molti gli studi sull'altruismo e il comportamento umano e ognuno di questi
approcci getta una luce particolare su questo comportamento che appare tipico della
specie umana a un livello che gli altri animali non esibiscono.
Forme di cooperazione, come quelle tipiche delle società degli insetti, sono molto
interessanti dal punto di vista teorico, ma totalmente diverse da quanto avviene nelle
società umane; infatti la singola ape o formica non ha una visione generale del problema,
ma è un singolo agente che risponde nel suo comportamento a poche regole che i suoi
geni le dettano, come seguire la traccia delle colleghe nelle ricerca del cibo. Che da poche
norme che prescrivono le interazioni a corto raggio emergano comportamenti collettivi
complessi come la gestione di un termitaio è fantastico e offre utili indicazioni anche per il
comportamento e la progettazione di tecnologie complesse (le reti appunto), ma non
sembra sufficiente a spiegare l'altruismo e la cooperazione umani che sembrano
rispondere anche ad altre regole.
9
L'esperimento più classico, tanto semplice quanto razionalmente stupefacente, è quello
chiamato «Ultimatum Game», ben noto agli economisti sperimentali. Eccolo: a un
soggetto, chiamiamolo A, viene messa a disposizione una somma di denaro significativa,
per esempio pari a diversi mesi di stipendio. Con quella somma egli deve fare una
proposta di suddivisione della somma con un altro soggetto, chiamiamolo B, e questa
seconda persona può accettare la proposta o rifiutarla. Se la proposta viene rifiutata
nessuno dei due riceverà nulla, mentre se viene accettata, la divisione della somma
diventa effettiva. Se il giocatore B fosse del tutto razionale, egli dovrebbe accettare
qualsiasi proposta di divisione, dato che «poco è comunque meglio di niente» e invece
tutti gli esperimenti condotti mostrano che quando A offre una somma più bassa del 25 per
cento, i soggetti B la rifiutano, con altissima probabilità. In altre parole B punisce A, anche
a costo di rimetterci lui stesso quando percepisce l'offerta come troppo egoistica.
Gli studiosi chiamano questo comportamento «punizione altruistica» perché chi la
esercita ( il giocatore B ) non lo fa in vista di uno stretto vantaggio personale, ma per dare
una lezione di altruismo e buon comportamento sociale al giocatore A troppo avaro. E
quando le interazioni vengono ripetute, cambiando i giocatori, si vede che gli A puniti
sembrano avere appreso la lezione e nelle tornate successive alzano l'offerta.
Comportamenti di questo tipo sono diversi e più interessanti del cosiddetto «altruismo
reciproco», che è un'altra forma che tutti noi umani pratichiamo: faccio un regalo
immaginando (scommettendo) che il destinatario del dono si ricorderà di me in futuro e
magari per il prossimo compleanno mi farà un regalo a sua volta. Naturalmente i regali si
fanno anche per sentirsi buoni e senza un calcolo razionale di venire ricambiati in futuro,
ma quel sottofondo c'è, e infatti sono davvero pochi coloro che continuano a fare regali o
anche soltanto semplici gentilezze se nel tempo l'altro soggetto non li ricambia in qualche
misura. Dopo un po' ci si stufa e si lascia perdere.
Capita infatti che in una certa popolazione (siano essi agenti software o persone vere,
qui non importa) inizialmente molti siano disposti a collaborare, rinunciando in parte al
proprio egoismo in vista di una reciprocità generale e diffusa. Tra l'altro è significativo che
queste forme cooperative si sviluppino anche in rapporto alla gestione di beni comuni, là
dove, invece, la pura razionalità degli interessi individuali spingerebbe i singoli a
appropriarsi delle risorse comuni, portandole alla distruzione.
Questo è il caso della cosiddetta «Tragedia dei Commons», il cui esempio più
«tragico», appunto, è la scomparsa dei giganteschi banchi di pesce nell'Atlantico del nord.
Gli esperimenti e le ricerche dicono che non sempre le cose vanno così male e che invece
anche le cose che sono di tutti e di nessuno possono essere tutelate, se ci sono
meccanismi sociali e culturali adeguati. E del resto il caso della rete, il più recente
«Common» emerso, sembra confermarlo: essa regge come spazio pubblico nonostante le
pensantissime tendenze a privatizzare, commercializzare, chiudere e appropriare.
Ci sono però anche i meccanismi distruttivi: in quella popolazione di studio, inizialmente
composta da una maggioranza di individui collaborativi e ben disposti, contiene di norma
anche un certo numero, magari piccolo, di egoisti spinti, che prendono senza dare, che
traggono in inganno gli altri e dietro le spalle se ne approfittano. In questi casi, come è
possibile verificare anche in ogni ambiente di lavoro o sociale, i ben disposti si stufano,
gettano la spugna e anche se erano maggioranza, rinunciano a insistere: abbandonano la
comunità oppure si fanno egoisti anche loro. Il meccanismo virtuoso si interrompe e la
cooperazione diventa competizione selvaggia. Per ristabilire e sostenere la cooperazione
servono sia il premio che la punizione sociale. Se non viene praticata la punizione
altruistica, la sola evoluzione culturale non è in grado di generare la cooperazione nei
grandi gruppi".
Tuttavia quando viene esercitata la punizione dei non cooperanti le cose vanno meglio.
«Questo è dovuto al fatto che la punizione altruistica dei non cooperanti, insieme
all'imitazione dei comportamenti economici di successo, previene l'erosione dei gruppi. Se
c'è un numero sufficiente di punitori altruistici, allora i cooperatori ottengono risultati
migliori dei non-cooperatori, dato che questi ultimi verranno puniti. Perciò il
comportamento cooperativo verrà imitato più facilmente» (Ernst Fehr & Urs Fischbacher
2003). Ovviamente qui il termine punizione viene usato in senso astratto e nessuno pensa
a società militaresche dove l'altruismo sia un obbligo dettato dallo stato: sarebbe un vero
incubo. A seconda dei casi può trattarsi di una semplice riprovazione sociale, oppure di
sanzioni civili o penali. Nei villaggi la "punizione" magari verrà erogata dagli anziani, ma
nelle nostre società può bastare un rimprovero ad alta voce per fermare il maleducato che
salta la coda.
Ma ecco che alcune caratteristiche base su cui si basano queste considerazioni mutano
quando il bene comune in oggetto è software. Il software è un bene immateriale, e in
quanto tale non soffre cosí tanto, come i beni materiali, degli egoisti spinti, anzi in alcune
situazioni se ne avvantaggia. Ed ecco che la cooperazione su così grande scala si può
realizzare sfruttando anche le caratteristiche le le tecnologie informatiche e telematiche
oggi offrono.
Beni materiali e immateriali e condivisione dei saperi
Presupposti teorici
Alla base del software stanno dei saperi. I processi logici e matematici che vengono in
gioco nella costruzione di prodotti informatici, sono sapere.
Il sapere tende per sua natura a circolare, a diffondersi e a farsi patrimonio comune. Lo
scambiarsi il pensiero è una attività naturale dell'uomo, che avviene spontaneamente,
parlando e relazionandosi. L'apprendere, l'imparare, il conoscere sono propensioni naturali
dell'uomo, ineliminabili e non reprimibili.
È per questo che crediamo che, per loro natura, i saperi siano un bene sociale e la loro
privatizzazione non può che essere un evento straordinario, da comprimere entro limiti
precisi. La battaglia di questi anni è fra le forze che vogliono arrivare alla totale
privatizzazione dei saperi, e coloro che ritengono che questi debbano essere un bene
prevalentemente sociale. Il neoliberimo, ha fiutato nella proprietà intellettuale e nei beni
immateriali l'affare del futuro. L'obiettivo cui punta è quello di renderli il più possibile
mercificabili, assoggettati ai medesimi meccanismi di mercato che fino ad oggi hanno
regolato i beni materiali, allo scopo di allargare sempre di più gli ambiti di possibile
sfruttamento e per rendere sempre più efficiente il sistema di imposizione dei diritti. Non si
parla più di opere letterarie, musicali, cinematografiche e di programmi. I confini della
protezione di beni immateriali si allargano, ora si brevettano varietà di piante e tecniche di
coltivazione, patrimoni genetici e molecole, ed è partito l'attacco per la privatizzazione
delle idee: i metodi commerciali, le tecniche di comunicazione, i procedimenti algoritmici.
11
L'altro versante di questo processo, è la perdita di valore commerciale del materiale, a
beneficio del'immateriale. È ad esempio il commercio fondato sul marchio, sul branding.
Non ha più valore l'oggetto in se, quanto la firma, l'idea che lo accompagna: chi vende
oggetti, deve diventare produttore di marketing, operatore del branding, venditore di sogni
che facciano vendere robaccia prodotta in outsourcing a prezzi stracciati.
Le produzioni si decentralizzano, ma i veri custodi del potere del domani saranno coloro
che produrranno e venderanno soltanto idee: industrie leggerissime che non produrranno
altro che brevetti, marchi, protocolli commerciali e la cui unica attività sarà vendere diritti di
sfruttamento.
È per questo che, nell'ottica del pensiero unico, si vuole che tutto debba diventare
brevettabile, limitabile, irriproducibile se non dietro licenza. Le multinazionali non possono
accettare che i malati del terzo mondo utilizzino senza pagare i loro principi farmaceutici,
oppure che lo stesso governo americano affronti l'emergenza antrace con un surrogato del
farmaco Bayer, perché questi atti, economicamente irrilevanti, costituiscono una crepa nel
nuovo sistema ideologico, che vuole che le idee siano merci, identiche a viti e bulloni,
vuole che i diritti su beni immateriali caratterizzino ogni attività economica dell'uomo, a
partire dalla più antica: l'agricoltura. E allora ecco la corsa a brevettare varietà di fagioli, di
the, di grano, meglio se transgeniche.
Fra gli strumenti di questo attacco, spiccano i TRIPS (Trade-related aspects of
intellectual property rights), accordi internazionali di diritto uniforme in materia di proprietà
intellettuale. Questi accordi hanno lo scopo dichiarato di creare un sistema di tutela della
proprietà intellettuale uniforme in tutto il mondo, la linea politica che si sono data è quella
dell'estensione delle garanzie offerte ai proprietari intellettuali di ogni genere, a beneficio
delle grandi multinazionali americane e occidentali proprietarie di brevetti e alti diritti, e a
danno di paesi che di una normazione più limitativa dei diritti di proprietà intellettuale
avrebbero tutto da guadagnare, ma si trovano costretti a sottoscrivere questi trattati. Un
primo grave errore concettuale, è la pretesa di regolare in maniera uniforme tutte le
tipologie di proprietà intellettuale, dalle invenzioni industriali, alle opere letterarie, dai
marchi, ai software, dai brani musicali alle varietà vegetali. Fenomeni diversissimi,
caratterizzati da assetti di interessi pubblici e privati diametralmente opposti e che
richiederebbero una regolamentazione altrettanto differente.
L'obiettivo che si vuole raggiungere è quello di affermare, attraverso il consenso sociale
ed il Diritto, quello che in natura è falso, e cioè che un qualunque bene intellettuale può
essere perfettamente paragonabile ad una mela o una macchina e come questi può
essere posseduto, venduto, scambiato. La falsità di questo assunto è nell'esperienza
comune: se io ho una mela, e la dò a qualcun altro, io non ho più la mela e non potrò
mangiarla. Se io invece scrivo una breve poesia, e qualcuno dopo averla letta la trascrive,
io continuerò ad avere la mia poesia, anche se tutti i cittadini del mondo avessero una
copia della mia poesia, io non la perderò. Viceversa se dovessimo dividere una mela fra
tutti gli abitanti del mondo, a ciascuno ne toccherebbe un frammento non visibile ad occhio
nudo. La mela, come ogni bene mobile, è economicamente bene rivale ed escludibile. Il
fatto che qualcuno ne abbia il godimento preclude il fatto che qualcun altro possa averlo. Il
proprietario di un bene materiale esercita il suo possesso con atti tangibili, può portare il
bene con sé, o chiuderlo dentro un suo domicilio. Nel momento in cui invece lo vende,
realizza il suo profitto e cessa per sempre il suo rapporto con quel bene. L'autore di
un'opera letteraria o software, invece, dal momento che la sua opera circola, non ne ha
mai un controllo diretto, e non potrà sapere con esattezza chi sono coloro che ne hanno
preso conoscenza, quante persone possiedono una copia della sua opera. Non trae
profitto dal suo bene con una unica vendita, ma con tante, singole, licenze, che
autorizzano ogni destinatario a fruire della sua opera. I saperi, per loro natura non sono
beni economicamente rivali e la loro escludibilità non è nelle cose come può essere per un
qualsiasi oggetto suscettibile di apprensione fisica. Il proprietario di un bene materiale,
tutela il suo diritto mediante il controllo diretto sul bene. Nell'era della riproducibilità,
chiunque può copiare un'opera, sia questa un libro, un brano musicale, un film o un
programma. L'autore perde il suo profitto ogni volta che qualcuno fruisce della sua opera
senza aver acquistato onerosamente da lui il diritto a farlo, ma poiché non c'è nulla di
naturale nel suo diritto e non c'è alcuna possibilità di controllo diretto, per tutelarsi si affida
a sistemi di divieti pesantissimi, coordinati su scala planetaria, che alimentano burocrazie
immense.
Quando si parla di diritto di proprietà intellettuale, invece, non si deve dimenticare che
non è un diritto naturale, non è insito nella natura delle cose, ma è una creazione degli
uomini e anche relativamente recente. L'epoca classica non conosceva il diritto d'autore:
nelle sue Institutiones Gaio (uno dei più autorevoli scrittori di giurisprudenza dell'antica
Roma) parla di res incorporales, ma non nel senso che oggi diamo ai beni immateriali:
considera come tali le obbligazioni e l'usufrutto; anzi Gaio afferma che il commercio può
riguardare esclusivamente le res quae tangi possunt, cioè le cose che possono essere
toccate. Il diritto d'autore nasce storicamente in tempi recentissimi, con Gutemberg, nella
seconda metà del 1400, quando si ha per la prima volta la possibilità di riprodurre opere
letteraria in grandi quantità e quindi la possibilità di trarne profitto. Era però una
regolamentazione industriale riservata ad autori e editori che non intaccava, se non
marginalmente, i diritti dei lettori. La riproducibilità tecnica è stata un mezzo di eccezionale
diffusione per l'opera letteraria, ed il diritto d'autore ha probabilmente agevolato questo
processo svolgendo la sua originale funzione di patto tra il pubblico e gli autori. L'avvento
dell'informazione digitale stravolge le regole: la riproduzione anche su larga scala non è
più appannaggio dei tipografi, cioè di professionisti connotati imprenditorialmente, ma è
ora accessibile a qualunque privato, a chiunque. Di conseguenza la legge sul diritto
d'autore ha cambiato valenza: da norma di diritto commerciale e industriale è diventata
una norma rivolta a tutti gli utenti, che ne limita i diritti, e che viene modificata e inasprita
sempre di più, con conseguenze sempre più gravi. Tra le più evidenti la necessità di
sempre maggiori controlli e di pene sempre più severe per impedire la copia che è invece,
parallelamente, è diventata sempre più semplice. Le condizioni che rendevano il diritto
d'autore utile per promuovere il progresso della scienza, come era negli intenti originali,
sono cadute e quindi anche le leggi andrebbero riviste. Purtroppo questo non sta
accadendo anzi, ci si sta muovendo in maniera preoccupante verso ulteriori restrizioni.
Il Software
Il software presenta, rispetto a tutte le altre tipologie di bene intellettuale, una ulteriore
particolarità: la possibilità di mantenere la segretezza dei sorgenti. La creazione di un
programma viene fatta mediante un linguaggio di programmazione, ma poi il codice
sorgente subisce una fase successiva detta di compilazione. Il programma compilato può
essere utilizzato, ma non può essere studiato nella sua struttura. Il processo che permette
di risalire da un programma eseguibile, al suo codice sorgente, quando quest'ultimo non
sia disponibile come nel caso del software a codice chiuso, è molto complicato, spesso
solo parzialmente possibile.
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Parte del testo precedente è stato riadattato dalle seguenti fonti:
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Emanuele Arielli, Gianni Scotto "Iconflitti" Bruno Mondadori 1998
Daniele Scaglione, Paolo Vergnani "Manuale di sopravvivenza al conflitto" Amnesty
International, Full Vision 2000
Franco Carlini Il Manifesto 4 Gennaio 2004
Open Source as ESS, David Rysdam
Piano Nazionale di Formazione degli insegnanti sulle tecnologie dell'informazione e della
comunicazione, Garamond 2002
The nature of human altruism, Ernst Fehr & Urs Fischbacher,University of Zu¨rich,
NATURE | VOL 425 23 OCTOBER 2003 785
La libertà e il software
La libertà e il software sono due concetti che solitamente non vengono associati
assieme. Anzi. Forse è piú comune, quando si pensa al software, percepire un'assenza di
libertà, come quando quello che si vuole fare non si può fare, o non si riesce a capire
come fare a farlo.
Altrettanto comune, pensando a software e libertà, e ricordarsi di quelle licenze che
spesso vengono presentate quando si installa un programma: "non si può copiare", "non si
può usare su piú di un computer alla volta", "non si può cedere", "non si può vendere"...
Software con licenze del genere si chiama "software proprietario", che significa grosso
modo che è software di proprietà di qualcun altro.
Molti sono abituati ad avere a che fare con la realtà del software proprietario, che però
non è l'unica. Esiste infatti anche la realtà del "software libero", nata in America circa 20
anni fa, che ora è diventata un fenomeno di portata mondiale.
Il software libero
Il software libero è software che rispetta quattro "libertà fondamentali" (da
http://www.gnu.org/philosophy/free-sw.it.html):
1. Libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo.
2. Libertà di studiare come funziona il programma e adattarlo alle proprie necessità.
L'accesso al codice sorgente ne è un prerequisito.
3. Libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo.
4. Libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti, in
modo tale che tutta la comunità ne tragga beneficio. L'accesso al codice sorgente ne
è un prerequisito.
In realtà, il software nacque libero, ai tempi antichi in cui vi erano pochi computer che
venivano gestiti da uno staff di personale specializzato. A quei tempi, l'importante era
vendere l'hardware, e l'assistenza per farlo funzionare, ed erano poi i clienti che si
sarebbero costruiti il software per fare quello di cui avevano bisogno.
Allora chi vendeva computer non si interessava del software, un po' come oggi chi
vende le pentole non si interessa di quali ricette uno andrà poi a cucinare. E il software
veniva pensato come una ricetta di cucina: diffuso, comunicato, migliorato, pensato
assieme.
L'idea di "vendere le ricette" venne qualche tempo dopo, quando i computer hanno
iniziato ad avere una maggiore diffusione e i clienti hanno iniziato ad avere esigenze
comuni. L'idea di "vendere le ricette" è poi diventata un uso comune, anche perché il
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prezzo del computer è calato ulteriormente e i computer hanno iniziato a venire acquistati
da persone che sapevano cucinare sempre meno.
Chi allora era abituato a scriversi i programmi, però, reagí come potremmo reagire noi
oggi se chi vende i libri di ricette iniziasse a esigere che la ricetta trovata su un suo libro
non possa essere divulgata. Nel 1983, Richard Stallman fonda il progetto GNU (Gnu's Not
Unix), con l'intento di creare un sistema operativo libero da poter usare per far funzionare i
computer senza aver bisogno di software proprietario.
La libertà e il software
Come afferma Stallman, la parte piú importante della definizione di software libero è la
parola libertà. Ma cos'è veramente la libertà?
Libertà può essere poter fare quello che si vuole, non avere limiti, non avere restrizioni;
può essere poter parlare, esprimere, creare; può essere essere liberi di aiutare gli altri, di
costruire un mondo migliore; può essere non avere condizionamenti; può essere poter
diventare quello che si vuole, poter vivere creando e seguendo un proprio percorso.
In definizioni come queste, il software libero calza: il software libero può essere adottato
e può essere adattato per fare ciò che uno vuole, per far parte di un proprio percorso
personale, per poter essere l'estensione digitale del nostro corpo senza che questo
significhi percorrere percorsi già tracciati da altri.
Tutto questo è eccitante, ma può lasciare disorientati, come trovarsi d'un tratto nel
mezzo di un'enorme prateria, verde, incontaminata, ma senza strade tracciate. Per un po'
ci si gode il prato, ma poi si fa strada una domanda: "dove vado?" "qual'è il mio percorso?"
Rispondere a questa domanda non è sempre facile: c'è chi la risposta l'ha sempre
saputa, chi per impararla ci mette una vita, chi non la imparerà mai.
Riguardo al software, però, l'ambito è un po' piú ristretto ed è possibile darsi un'occhiata
in giro e scoprire un mare di strade interessanti che sono già state aperte, e che danno
idee per nuove strade da aprire.
Prima di vedere alcuni di questi esempi, vale la pena dare uno sguardo alla società in
cui ci si muove parlando di software: la società dell'informazione.
La Società dell'Informazione
Cito un brano di CRIS Italia, tratto da http://www.cris-italia.info/article.php?story_id=23,
che dà una breve introduzione a quello che è la Società dell'Informazione e ai problemi
attualmente in discussione:
La società dell'informazione, è la promessa di una società nuova, basata sulla
conoscenza e la promessa di vantaggi inaspettati per l'educazione, la salute, lo sviluppo,
la democrazia e molto altro.
I flussi della conoscenza dovrebbero collegare i centri principali con ogni villaggio e,
viceversa, le aree periferiche con quelle centrali.
Ma la realtà, se le tendenze attuali continueranno, rischia di essere molto diversa e il
sogno potrebbe diventare un incubo:
•
I frutti della creatività umana -- dalle università ai mezzi di comunicazione, dalla
medicina tradizionale alla musica -- vengono continuamente privatizzati, la proprietà
si concentra nelle mani di pochi gruppi giganteschi e l'accesso è di fatto ristretto a
quanti possono permettersi di pagare.
•
Lo spettro per le onde radio, la televisione e le telecomunicazioni viene suddiviso e
venduto al miglior offerente.
•
Internet, un tempo promessa di una nuova sfera pubblica, è sempre più uno spazio
commerciale e controllato.
•
I media, resi omogenei in tutto il mondo, vendono consumismo alla gente e
vendono la gente ai pubblicitari
Molti temono che l'approccio attuale alla società dell'informazione sia in realtà
un'espansione continua del controllo esercitato dalle grandi imprese, che nascondono il
dissenso e costruiscono il consenso.
Gli interessi dei grandi gruppi hanno trovato rappresentanza nelle sedi decisionali, dove
i governi sono relegati al ruolo di spettatori fra monoliti industriali che lottano per
conquistare la fetta maggiore della torta.
Pochissima attenzione si presta alla regolazione internazionale e alle implicazioni che
tutto questo avrà per la gente comune e per lo sviluppo sociale. Nonostante questo la
gente in tutto il mondo sta sviluppando una nuova visione della società dell'informazione,
una visione centrata sui diritti umani.
Nuove forme e nuovi strumenti di comunicazione vengono utilizzati per costruire
comunità globali a partire dalle realtà locali, per scambiare conoscenze, amplificare le voci
rese marginali, organizzare e rafforzare la partecipazione e celebrare la diversità culturale
e intellettuale. Dobbiamo scegliere, e poi iniziare a costruire, la società dell'informazione
che vogliamo.
Sarà una società comoda per le élite globali ma che escluderà regolarmente la
maggioranza della gente? O sarà una società capace di promuovere lo sviluppo
sostenibile, i diritti umani, la dignità delle persone?
Il diritto a comunicare è un diritto umano universale, ed è sostegno al godimento di tutti
gli altri diritti. L'emergere dalla società dell'informazione deve vedere questo diritto esteso
e rafforzato a beneficio di tutti.
(Brano tratto da http://www.cris-italia.info/article.php?story_id=23)
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Una diversa concezione del software
Se il software proprietario porta a pensare al software come un prodotto, attraverso le 4
libertà del software libero è possibile dare al software un altro significato: il software torna
a essere come una ricetta. Il software smette di essere un prodotto e diventa
'conoscenza', come una ricetta di cucina, come una legge della fisica:
Libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo:: una ricetta, una legge della fisica
può essere usata ovunque, per qualsiasi scopo: non esiste che una ricetta non è legale
cucinarla in una parrocchia, in una festa de l'Unità, o in Iran; non esiste che per una sfera
sia illegale scendere su un piano inclinato per scopi contrari all'idea di Galileo: cosí è
anche per il software libero.
Libertà di studiare come funziona il programma e adattarlo alle proprie necessità:: se
seguo una ricetta e il risultato è buono, ma salato, nessuno mi impedisce di cambiare la
ricetta mettendo meno sale. Se voglio calcolare quanto scivola una biro sulla mia
scrivania, nessuno mi impedisce di sostituire il coefficiente di attrito nella formula con
quello adatto alla mia situazione: cosí è anche per il software libero.
Libertà di ridistribuire copie in modo da aiutare il prossimo:: se uno mi chiede una
ricetta, non ho problemi a dargliela; le leggi della fisica si insegnano addirittura a scuola.
Cosí si può fare anche col software libero.
Libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti, in modo
tale che tutta la comunità ne tragga beneficio:: se qualcuno viene a mangiare a casa mia,
posso fargli il ragú coi funghi modificando la ricetta del ragú. Se poi lui mi chiede la ricetta,
io non ho problemi a dargliela, e lui può poi usarla come gli pare; quando Maxwell ha
modificato le leggi dell'elettromagnetismo unificandole, nessuno gli ha impedito di
divulgare i suoi risultati anche se le leggi che ha unificato erano state scoperte da altri.
Cosí è anche per il software libero.
Facendo questo parallelo tra software e conoscenza, è possibile creare una nuova
chiave di lettura per capire molti dei fenomeni legati al software: per esempio: il software è
come la conoscenza, che cresce piú la si comunica. Se non può essere adattato, produce
insoddisfazione. Copiarlo, sembra normale.
Questa nuova chiave di lettura è essenziale per capire i nuovi fenomeni che stanno
accadendo rispetto a quello che viene chiamato "Società dell'informazione", che è la
nostra società, che sta venendo trasformata dall'arrivo delle tecnologie di condivisione
dell'informazione.
La cooperazione nello sviluppo del software
libero
Il software libero o, meglio, la prassi di condividere programmi e codici sorgenti è
invalsa fin dagli albori della scienza dell'informazione. In principio la condivisione era
spontanea e data per scontata. I computer erano quasi esemplari unici costruiti
artigianalmente e con oneri di manutenzione molto alti. Questi fattori facevano sí che solo
grandi centri di calcolo, prevalentemente universitari e statali, oltre che militari, potessero
permettersi di possederne uno.
Negli ambienti accademici era invalsa la pratica di condividere il frutto delle proprie
ricerche e la pratica venne adottata anche per programmi. I programmi, poi, e le
architetture per le quali venivano scritti, avevano caratteristiche peculiari che
costringevano il software a essere riscritto per poterlo spostare da un ambiente operativo
ad un'altro. Questo, ovviamente, ne rendeva la vendita assolutamente antieconomica. Il
software consisteva principalmente in applicativi verticali altamente specializzati per
risolvere problemi molto delimitati. Le applicazioni orizzontali come i wordprocessor ed i
fogli di calcolo erano lungi dal comparire.
Con la crescente diffusione dei computer, la scrittura di programmi, non più pratica
pioneristica, comincia ad attrarre l'attenzione delle imprese. I produttori di computer
cominciarono a considerare conveniente la commercializzazione del software e pensarono
di non limitare la loro offerta al solo sistema operativo. Per rendere redditizia l'attività si
pensò conveniente stipulare degli accordi di non diffusione per proteggere il proprio
operato.
Un brevissimo passo tratto da un saggio di Richard Stallman, "Il progetto GNU", illustra
bene l'impatto che questa pratica ebbe su parte degli sviluppatori dell'epoca:
Questo significava che il primo passo per usare un computer era promettere di
negare aiuto al proprio vicino. Una comunità cooperante era vietata. La regola
creata dai proprietari di software proprietario era: "se condividi il software
col tuo vicino sei un pirata. Se vuoi modifiche, pregaci di farle".
(tratto da Richard Stallman - Il progetto GNU)
La standardizzazione dell'hardware e la diffusione dei computer presso il grande
pubblico fece si che in pochissimi anni la situazione si ribaltasse. Se fino alla prima metà
degli anni '70 condividere software era scontato, gli anni '80 videro la diffusione a macchia
d'olio del software proprietario. Da prassi comune, la condivisione dei propri programmi
diviene un gesto fortemente critico delle dinamiche di mercato, tanto che Richard M.
Stallman, uno dei principali propugnatori del software libero e fondatore del progetto GNU
e della Free Software Foundation, scrive di quegli anni:
Una volta che il mio gruppo si fu sciolto, continuare come prima fu
impossibile. Mi trovai di fronte a una difficile scelta morale. La scelta
facile sarebbe stata quella di unirsi al mondo del software proprietario,
firmando accordi di non-diffusione e promettendo di non aiutare i miei compagni
hacker.
[...]
In questo modo avrei potuto guadagnare, e forse mi sarei divertito a
programmare. Ma sapevo che al termine della mia carriera mi sarei voltato a
guardare indietro, avrei visto anni spesi a costruire muri per dividere le
persone, e avrei compreso di aver contribuito a rendere il mondo peggiore.[...]
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Un'altra possibile scelta, semplice ma spiacevole, sarebbe stata quella di
abbandonare l'informatica. In tal modo le mie capacità non sarebbero state mal
utilizzate, tuttavia sarebbero state sprecate. Non sarei mai stato colpevole di
dividere o imporre restrizioni agli utenti di calcolatori, ma queste cose
sarebbero comunque successe.
Allora cercai un modo in cui un programmatore potesse fare qualcosa di buono.
Mi chiesi dunque: c'erano un programma o dei programmi che io potessi scrivere,
per rendere nuovamente possibile l'esistenza di una comunità?
La risposta era semplice: innanzitutto serviva un sistema operativo. Questo è
difatti il software fondamentale per iniziare a usare un computer. Con un
sistema operativo si possono fare molte cose; senza, non è proprio possibile
far funzionare il computer. Con un sistema operativo libero, avremmo potuto
avere nuovamente una comunità in cui hacker possono cooperare, e invitare
chiunque a unirsi al gruppo. E chiunque sarebbe stato in grado di usare un
calcolatore, senza dover cospirare fin dall'inizio per sottrarre qualcosa ai
propri amici.
(tratto da Richard Stallman - Il progetto GNU)
Dalla stesura della definizione di software libero ai primi anni '90 passano diversi anni.
In questo tempo nascono e si sviluppano, o falliscono, diversi progetti software. Uno in
particolare, la creazione di un sistema operativo completamente libero, dopo un impulso
iniziale langue nonostante sia stato quasi del tutto completato.
Manca il Kernel, lo strato più interno del sistema, quello a contatto con l'hardware. Un
componente delicato perchè deve interagire direttamente con le centinaia di periferiche
presenti sul mercato che possono comporre un computer.
Il "la" al progetto che porterà alla stesura di un kernel funzionante viene dato da uno
studente finlandese, Linus Torvalds, e prenderà il nome di Linux proprio dall'ispiratore e
principale, almeno inizialmente, sviluppatore. Al di la del successo dell'iniziativa, il progetto
è importante per un fattore che inizialmente passerà inosservato o, meglio, a cui non viene
data da subito la rilevanza che merita.
Se la licenza sotto cui viene distribuito e sviluppato Linux resta pur sempre la licenza
libera stilata da Stallman (v.), cambia radicalmente il metodo di sviluppo del software. In
un libro, "La cattedrale ed il Bazaar", Eric Rymond, altro propugnatore del software libero
della prima ora, analizza tale modello di sviluppo e lo descrive contrapponendolo a quello
fino ad allora dominante.
Il modello di sviluppo Tradizionale viene indicato da Raymond come "a cattedrale". In
tale modello pochi sviluppatori, spesso solo uno, si occupano di sviluppare un programma
e di rilasciarlo sotto licenza libera una volta che venga reputato stabile,in modo cha altri
possano utilizzarlo, modificarlo e migliorarlo. I tempi di rilascio sono lunghi, spesso legati
alla disponibilità degli sviluppatori di portare avanti il singolo progetto.
Il modello che viene utilizzato per lo sviluppo di Linux viene chiamato "a bazaar".
Differentemente dal modello precedente si cerca di massimizzare il numero di persone
coinvolte nel progetto. Per fare ciò il software viene rilasciato (messo a disposizione di
tutti) molto frequentemente, anche se imperfetto, in modo che chiunque ne abbia
competenze e voglia possa intervenire nello sviluppo proponendo idee e risolvendo
problemi che possano essere emersi.
Si tratta di due approcci completamente diversi. Tra di loro giace quella che viene
comunemente chiamata "La legge di Brooks", che recita pressapoco così:
Al crescere del numero di programmatori coinvolti in un progetto, la quantità
di lavoro svolta aumenta proporzionalmente ma la complessità e la frequenza dei
bug aumenta col quadrato.
(Frederick P. Brooks - The mithical man-month)
In altre parole, se il numero di programmatori dedicati ad un progetto aumenta troppo
questo diventa ingestibile e lo sviluppo si blocca.
L'affermazione di Brooks sembrava descrivere talmente bene le dinamiche riguardanti
lo sviluppo da essersi guadagnata la definizione di legge eppure, nel caso di Linux sembra
fallire. Non è ambizione di questo scritto dimostrare se la valutazione di Brooks sia corretta
oppure no, se sia corretto applicarla allo sviluppo di programmi liberi, oppure se lo
sviluppo di Linux sia effettivamente uno sviluppo di tipo "bazaar" o non, piuttosto, un
sistema misto.
E' importante in questo momento, invece, evidenziare come il più grosso cambiamento
intervenuto riguardi la modalità di relazione all'interno della comunità degli sviluppatori. Se
precedentemente la pratica predominante nel mondo del software libero riguardava la
messa in comune dei risultati del proprio lavoro, con lo sviluppo a bazaar la cooperazione
passa alla fase di creazione. Non si mette a disposizione degli altri il frutto del proprio
lavoro ma si collabora attivamente fin dalle prime fasi di sviluppo.
Grazie ad una diffusione di internet sempre più capillare (almeno per i paesi
industrializzati)
la produzione di software libero da elitaria comincia a diventare inclusiva. Saranno
necesasri ancora diversi anni ma il processo è partito. Non a caso il titolo del lavoro di
Raymond è "La Cattedrale ed il Bazaar". Si passa da ambienti chiusi, silenziosi, tali da
incutere rispetto e timore revereziale a luoghi aperti, chiassosi, dove ci si confronta
quotidianamente con quanti fanno parte della comunità. A volte anche aspramente.
Internet, la rete, è il mezzo attraverso cui persone distanti anche migliaia di chilometri
collaborano tra loro, spesso senza neanche conoscersi personalmente. Molti degli
strumenti necessari alla collaborazione esistono già, altri verranno creati con il tempo. Altri
ancora saranno utilizzati in modi e per scopi diversi da quelli per cui erano stati pensati.
Dalla posta elettronica alle mailing list, ai newsgroup, ai canali di chat dove hanno luogo
discussioni riguardanti i più disparati problemi. Si utilizzano programmi pensati
appositamente per la scrittura cooperativa di programmi, ad esempio i CVS [Concurrent
Versioning System], programmi che permettono di tenere traccia di tutte le modifiche
apportate nel tempo ad un codice sorgente in modo da permettere agli utilizzatori di
integrare il proprio lavoro in un progetto in maniera semplice senza correre il pericolo di
rovinare il lavoro degli altri contributori. Si sono moltiplicati anche i siti internet dedicati agli
sviluppatori, ad esempio savannah e sourceforge, che mettono a disposizione di chiunque
sofisticati strumenti per lo sviluppo condiviso del software.
Diversi saggi sono stati scritti per analizzare il fenomeno, alcuni di questi vengono
riportati in bibliografia, intanto lo sviluppo procede incurante delle teorie che gli si
sviluppano intorno. Probabilmente ha ragione Paul Jones, direttore del MetaLab presso
l'University of North Carolina, quando afferma che la legge di Brook non si applica al
software libero sviluppato secondo progetti molto partecipati perche, in fondo, lo sviluppo
21
del software è solo uno degli aspetti che interessano il gruppo che lo produce e,
probabilmente, nemmeno il più importante.
I risultati del lavoro delle diverse comunità sono disponibili a chiunque voglia farne uso.
Dopo un periodo iniziale di generale scetticismo alcune grosse multinazionali cominciano
ad interessarsi del software libero. Alcune prendono drasticamente le distanze dalla
metodologia di sviluppo perchè la considerano destabilizzante e pericolosa per il mercato
(MicroSoft, Sco), altre la abbracciano, vuoi perchè costrette da strategie di mercato vuoi
per una presunta fiducia nella bontà del metodo di sviluppo (Netscape, Sun, Ibm, Oracle,
Apple). In ogni caso il software libero comincia ad attrarre sempre più l'attenzione degli
operatori del settore, come dei semplici usufruitori dell'informatica.
Tra la fine degli anni '90 e primi anni del 2000, questo modello di sviluppo collaborativo
su vasta scala comincia a venire utilizzato anche per progetti che non hanno a che fare
direttamente con il software libero. Nasce nel 2001, ad esempio la Wikipedia. Si tratta di
un progetto internazionale per creare, con il contributo di tutti, un'enciclopedia multilingue
completa ed accurata. La versione Inglese, la prima ad essere varata conta, ad oggi, più di
duecentomila articoli, mentre la versione italiana ne può vantare poco più di
settemilacinquecento. Nonostante la modifica e la creazione di nuove voci sia possibile a
chiunque, la qualità dei testi è più che accettabile [se non vi dovesse soddisfare potrete
sempre migliorarli].
Wikipedia deriva da un precedente progetto di enciclopedia libera chiamata Nupedia
che doveva, nelle intenzioni originali, diventare una enciclopedia universale, compilata da
esperti dei più diversi settori e messa a disposizione secondo una licenza simile a quella
per il software liberola GFDL [Gnu Free Documentation License, Licenza per la
documentazione libera]. Il progetto Nupedia si arenò sul finire del duemila. Anche se non è
ancora ufficialmente chiuso, infatti, da allora sono stati inserite solamente due nuove voci
nonostante il lavoro sia ampiamente incompleto.
Il software che gestisce il progetto è, ovviamente, software libero e si chiama Wiki,
facile adesso risalire al perchè di un nome così strano per l'enciclopedia.
Viste le premesse il futuro per il software libero e per la conoscenza condivisa
sembrerebbe più che roseo. Purtroppo non è così. Gli interessi economici che il software
libero e, più in generale, la condivisione di conoscenza influenzano, sono enormi e, se
finora lo sviluppo è potuto proseguire senza troppi scossoni è stato soprattutto perchè è
passato quasi inosservato.
Ora che il fenomeno sta raggiungendo una diffusione sempre più ampia diversi
potentati si stanno muovendo per difendere i propri interessi. Negli ultimi mesi sono stati
diversi i provvedimenti che qui in Europa hanno minacciato, direttamente o indirettamente,
lo sviluppo di conoscenza condivisa. Dalle nuove normative sui brevetti alle direttive per il
diritto d'autore, dalle prese di posizione contro il software libero che minerebbe, secondo
alcuni, la "way of life" e la costituzione statunitensi, alle cause miliardarie e pretestuose di
grosse imprese fatte con l'obiettivo, neanche troppo nascosto, di risollevare il proprio
valore in borsa, queste azioni sono indice di una tendenza non rassicurante per i prossimi
anni.
D'altro canto, non sono molte ma indicative le iniziative prese dai governi riguardo
l'adozione del software libero e la sua preferibilità alle controparti proprietarie per le
maggiori garanzie che può fornire sul controllo dei dati, la condivisibilità dei sorgenti e
l'adattamento dei diversi programmi alle esigenze che dovessero insorgere come per un
modello di sviluppo più sostenibile sotteso allo sviluppo di questo tipo di software.
L'argomento è sicuramente interessante ma esula dagli scopi di questo scritto. Basti come
spunto l'esempio che sta dando al mondo il brasile con il proprio Projeto Software Livre
do Brazil. [Progetto per il software libero del Brasile].
•
Invece di esportare soldi per lo sviluppo tecnologico, li investono localmente
•
Invece di compare tecnologia dall'estero, la producono localmente, creando posti di
lavoro e costruendo un'industria legata al software
•
Il progetto include l'informatizzazione nelle scuole. Anziché fornire soluzioni pronte alle
scuole, finanziano la nascita nelle varie zone del Brasile si aziende dalle quali le scuole
si possano servire per avere l'assistenza per l'informatizzazione; in questo modo,
assieme all'informatizzazione delle scuole ottengono anche aziende che possono
supportare lo sviluppo di nuove realtà e una disseminazione di conoscenza ed
esperienza sul territorio
•
Riusano le soluzioni che sviluppano: lo stesso software di gestione della posta viene
utilizzato da università, banche, militari, scuole, cittadini, amministrazioni pubbliche,
ottenendo per tutti sistemi sicuri e testati
•
Creano nuova tecnologia adatta alle loro realtà: per esempio, siccome in Brasile hanno
grandi distanze, hanno creato un sistema di insegnamento a distanza
E' molto difficile, in definitiva, prevedere gli sviluppi futuri di questa esperienza. In ogni
caso vivremo tempi interessanti.
Link utili e bibliografia
• OperSources, Voci dalla rivoluzione Open Source – AA.VV., OpenPress, Apogeo
http://www.apogeonline.com/openpress/libri/545/index.html
• La cattedrale e il bazaar – Eric S. Raymond, OpenPress, Apogeo
http://www.apogeonline.com/openpress/doc/cathedral.html
• Il calderone magico – Eric S. Raymond, OpenPress, Apogeo
http://www.apogeonline.com/openpress/doc/calderone.html
• OpenSource definition – Bruce Perens, Apogeo
• Codice Libero – Sam Williams
http://www.apogeonline.com/ebooks/2003/90045/CodiceLibero/
• Linx da zero – Marcello missiroli
http://erlug.linux.it/linuxdazero/
• Wikipedia: http://it.wikipedia.org, http://en.wikipedia.org
• Free Software Foundation: http://www.fsf.org
• Progetto GNU: http://www.gun.org
• Italian Linux Society: http://www.linux.it
• Emilia Romagna Linux User Group: http://www.erlug.linux.it
23
Il modello sociale del free software
Si definisce digital divide la distanza che divide coloro che detengono conoscenze
tecnologiche e che possono accedere alle opportunità date dalle nuove tecnologie da
coloro che invece non le possiedono. La frattura digitale è quella che sussiste fra paesi
ricchi e paesi in via di sviluppo, ma è anche un nuovo e odioso elemento di differenziazioni
fra classi sociali nei paesi occidentali. Il software libero delinea un modello di economia
solidale, nel quale le conoscenze tecnologiche sono diffuse grazie alla libertà dei sorgenti
e software, essendo liberamente utilizzabili, non sono un elemento di svantaggio per la
parte debole del distacco tecnologico.
Da anni gli economisti dicono che la new economy costituirà una opportunità per i paesi
del sud del mondo di recuperare il proprio svantaggio, mentre la realtà mostra un
concentrarsi di competenze e infrastrutture informatiche sempre e solo nei paesi
altamente industrializzati. Le piattaforme proprietarie, stanno al digital divide, come il
divieto ad usare farmaci surrogati sta alle grandi epidemie africane. Le piattaforme libere
sono un concreto mezzo di superamento dello svantaggio tecnologico.
Terzo Mondo i nuovi schiavi del computer
Anna Masera 15/02/2004
C'erano una volta gli schiavi dei palloni e delle scarpe da football, oggi ci sono quelli dei
computer. Ma se i primi hanno trovato un Ronaldo che s'è impegnato a non usare mai più
scarpe prodotte dai bambini del terzo mondo sottopagati, gli schiavi del computer non
hanno per ora illustri santi protettori.
Così emerge da un dettagliato rapporto sulle condizioni di lavoro nell'industria
elettronica che i supersofisticati pc del terzo millennio non escono da fabbriche modello,
ma da scantinati con condizioni di lavoro quasi scandalose. Non stupisce che la
produzione non sia più concentrata nella mitica Silicon Valley: ormai quasi tutto quello che
si consuma nel globalizzato Occidente è decentrato e spesso confinato nel cosiddetto
Terzo Mondo, normale che possano esserlo anche le componenti informatiche.
Quello che stupisce è che le condizioni di lavoro applicate in queste fabbriche siano
oggigiorno misere e da denuncia: tanto quanto lo sono state quelle scoperte qualche anno
fa nelle fabbriche di palloni da calcio della Nike in Pakistan, o in quelle di maglieria della
Benetton in Turchia. Da allora, scoppiato lo scandalo, le suddette aziende hanno fatto
ammenda e hanno rimediato. Ma evidentemente il loro esempio non è arrivato alle
multinazionali del pc.
Secondo un'inchiesta pubblicata su Internet (http://www.cafod.org.uk) dalla Cafod
(Catholic Agency for Overseas Development), un'organizzazione cattolica britannica per i
Paesi in via di sviluppo, i lavoratori informatici in Messico, Thailandia e Cina subiscono
molestie, discriminazione e condizioni di lavoro intollerabili.
Questi lavoratori sono quelli che producono le componenti che poi finiscono nei
computer di multinazionali come Hewlett Packard, Dell e Ibm. Si suppone che aziende di
questo livello si comportino in modo più responsabile nei confronti dei propri dipendenti.
«La situazione attuale è inaccettabile» dichiara Katherine Astill, un'analista che lavora alla
Cafod e indaga sull'industria privata. «I loro prodotti incarnano il meglio delle alte
tecnologie, ma gli standard lavorativi nella produzione informatica sono incredibilmente
bassi».
L'obiettivo della Cafod è che Hewlett Packard, Dell e Ibm adottino e assicurino gli
standard delle Nazioni Unite. Sul sito c'è la possibilità di inviare un'email per sollecitare gli
amministratori delegati delle aziende in questione a cambiare politica: «Caro signor
Palmisano, quando compro o utilizzo un computer Ibm, voglio essere certo che nessuno
abbia sofferto per produrlo». Interpellati e messi di fronte alle prove raccolte dalla Cafod, i
dirigenti di Ibm, Dell e Hewlett Packard si sono stupìti, ma hanno promesso che
indagheranno e che faranno di più per assicurare condizioni di lavoro decenti a tutti i loro
dipendenti e non solo a quelli in Occidente.
Le aziende in questione hanno sottolineato come i problemi siano per lo più con i loro
fornitori, non direttamente nelle loro aziende. «Noi ci atteniamo alle leggi locali» ha
risposto la Ibm, «ma intendiamo monitorare le pratiche dei nostri fornitori» per accertare
che i loro standard «siano in sintonia con i nostri».
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Tra gli esempi di pratiche di assunzione discriminatorie e umilianti da parte di agenzie di
collocamento che forniscono mano d'opera all'industria informatica, c'è quello di
Guadalajara, la Silicon Valley del Messico, dove una donna - assunta in una catena di
montaggio di un'azienda che produce stampanti per la Hewlett Packard - ha dichiarato di
essere stata costretta a spogliarsi completamente e di essere stata esaminata da medici
per controllare che non avesse tatuaggi e che non fosse incinta: «E' stata un'esperienza
umiliante ma non sapevo come protestare, lo facevano a tutti».
Uno dei principali problemi è che questi lavoratori rischiano di venire messi all'indice se
si lamentano. Qualche giorno dopo aver parlato alla Cafod, infatti, tre operai di
Guadalajara sono stati licenziati. Nelle interviste utilizzate dalle agenzie di collocamento
che fornivano mano d'opera a una linea di produzione Ibm, sono state trovate le seguenti
motivazioni per i respinti: «omosessuale», «con più di due tatuaggi», «padre avvocato»,
«ha chiesto informazioni sui suoi diritti», «ha lavorato per un sindacato», «incinta», «non è
d'accordo con la politica Ibm».
Gli assunti invece lamentano lunghi turni con paghe bassissime e contratti a breve
termine illegali senza ferie, né permessi sanitari, né pensione o benefit aziendali di alcun
tipo. Il rapporto segnala situazioni altrettanto inaccettabili anche in aziende elettroniche
asiatiche. E fa un esempio paradossale, ma abbastanza clamoroso: in Tailandia, un
operaio che produce i dischi rigidi che finiscono nei computer venduti da aziende come la
Dell guadagna 2,50 sterline al giorno. Secondo i calcoli della Cafod Michael Dell,
amministratore delegato della suddetta omonima azienda, nel 2003 di sterline al giorno ne
ha guadagnate 134 mila. Ci sarà pure una via di mezzo che garantisca computer più equi
e solidali.
La storia del Software Libero
Progetto GNU
Progetto, fondato nei primi anni 80 da Richard Stallman, il cui scopo è scrivere un
sistema operativo completamente libero. Parallelamente nasce la
Free Software
Foundation che promuove la diffusione del software libero e finirà con l'identificarsi col
progetto GNU (GNU is Not Unix). Nell'ambito di tale progetto sono stati scritti alcuni fra i
software più conosciuti e utilizzati, nonchè universalmente apprezzati. Di seguito alcuni
esempi.
EMACS
Nato come semplice strumento per la manipolazione di testi (editor), in breve tempo,
grazie alla disponibilità dei sorgenti e ai moltissimi contributi di un gran numero di
appassionati che hanno collaborato con Stallman, è diventato un'applicazione molto più
complessa, includendo caratteristiche come lettura di posta elettronica e newsgroup (e
molto altro) che ne hanno fatto un mini-sistema operativo.
GCC
Acronimo di GNU C compiler, compilatore per il linguaggio C fra i piú famosi e utilizzati.
E' parte integrante del progetto GNU, nonchè strumento indispensabile per i sistemi
operativi basati su kernel Linux.
Kernel
Il Kernel è quella parte del
sistema operativo di "più
basso" livello, ossia quella che
viene
utilizzata
per
comunicare direttamente con
l'hardware, e senza cui il
sistema non parte.
Il kernel originale del
progetto GNU si chiama Hurd,
ma a fine anni ottanta era
ancora molto indietro, non
aveva raggiunto la maturità
per far parte di un sistema ben
fatto e ben funzionante.
27
Linux
Nei primi anni novanta uno studente finlandese dava inizio ad un proprio progetto: una
versione di Unix alternativa che girasse sui comuni personal computer.
Il suo era semplice divertimento, e perchè il sistema evolvesse il più possibile, e nel
minor tempo possibile, dopo aver ricevuto numerosi pareri positivi in rete (oltre anche a
qualche autorevole parere negativo) lo rese liberamente accessibile con licenza GPL, e
iniziò a collaborare con chiunque inviasse suggerimenti o modifiche.
Si formò in breve una enorme comunità di persone entusiaste attorno a questo kernel, a
cui il ragazzo, che si chiama Linus, diede nome Linux. Era quello che mancava al sistema
GNU.
Era nato GNU/Linux.
In breve questo sistema operativo, formato dall'unione delle applicazioni GNU e del
Kernel Linux, ha raggiunto un altissimo livello tecnologico e ha rivoluzionato il panorama
economico mondiale, suscitando l'interesse di molti giganti del settore, primo fra tutti IBM,
a dispetto di chi ha sempre sostenuto la "non commerciabilità" del software libero.
Tant'è che sono nate numerose aziende (il pluralismo in campo economico è solo un
bene, impedendo la creazione di monopoli) che distribuiscono e sviluppano GNU/Linux, i
cui obiettivi economici si basano NON sulla chiusura del codice (anche se qualche
eccezione c'è) ma sui servizi offerti agli utenti.
Distribuzioni
Un sistema operativo è composto, oltre che dal già citato kernel, da tutta una serie di
applicazioni che rendono gestibile e utilizzabile il sistema. Essendo Linux solo un kernel, è
possibile corredarlo di una enorme varietà di queste applicazioni, libere o meno,
appartenenti al progetto GNU o meno. Da qui nascono di fatto sistemi operativi diversi,
detti comunemente "distribuzioni". Le varie aziende che investono su Linux spesso
realizzano delle proprie ditribuzioni, personalizzate a seconda del target di utenza
prefissato.
Chiameremo GNU/Linux quelle distribuzioni che si avvalgono totalmente del software
libero del progetto GNU.
Ecco alcune fra le più conosciute:
•
•
•
•
Slackware Linux La prima distribuzione Linux. E' molto spartana e quasi priva
di tools "user-friendly", per cui è indicata per un'utenza già "smaliziata", o che ha
molta voglia di imparare.
Debian GNU/Linux La piú importante distribuzione gestita completamente da
volontari. Comprende un quantitativo sterminato di software libero, ed ha un'ottimo
sistema di gestione dei pacchetti software.
RedHat Linux La prima distribuzione gestita da un'azienda, nata negli USA.
Attualmente orientata esclusivamente all'ambito aziendale.
Fedora Distribuzione recentemente derivata da Redhat e gestita da volontari.
•
•
SuSE Linux Distribuzione gestita da un'azienda tedesca, ottima sia per utilizzo
da server che da workstation.
Mandrake Linux Distribuzione francese molto semplice da usare orientata
all'utilizzo "casalingo". Particolarmente indicata per coloro che si avvicinano a Linux
per la prima volta.
Esistono inoltre delle distribuzioni particolari, dette "live". Queste sono basate su
normali distribuzioni, ma hanno la particolarità di occupare lo spazio di un solo CD, e di
installarsi in RAM al boot, senza quindi nessuna conseguenza sul sistema installato sulla
macchina. Sono utilizzate a scopo dimostrativo, o per particolari utilizzi. Ne esiste infatti
una enorme quantità, con personalizzazioni per gli usi più disparati.
Alcune distribuzioni "live" hanno la particolarità di poter esser installate su hard disk
"trasformandosi" nella distribuzione da cui sono state derivate. E spesso vengono usate
per tale scopo, data l'estrema efficienza di alcuni dei loro sistemi di riconoscimento
hardware.
Eccone alcune:
•
•
•
Knoppix Tedesca, derivata da Debian, riconosce la maggior
dell'hardware in circolazione senza problemi.
Morphix Derivata dal Knoppix, consente maggiori personalizzazioni.
KnopILS Versione italiana di Knoppix, distribuita durante il corso.
parte
Da segnalare i manuali di KnopILS:
•
http://knopils.linux.it/h2/knopils-howto/html
Le precedenti possono essere installate su hard disk facilmente, ottenendo come
risultato una distribuzione Debian.
29
BFSF
Bologna Free Software Forum
Il Bologna Free Software Forum nasce per promuovere e diffondere nel territorio bolognese, e non
solo, la cultura del software libero. Il software è conoscenza, è un bene immateriale costituito da
sapere e al sapere si ricollega la naturale attitudine dell'uomo a conoscere e a creare. Le libertà di
accesso, di studio e di modifica del programma sorgente, che il copyright ci toglie, nel software
libero ci sono restituite. Questo fonda un'idea di società dell'informazione migliore che privilegia i
nostri diritti e la nostra libertà.
http://www.bfsf.it
email : [email protected]
ATTAC
Associazione per la Tassazione delle
Transazioni finanziarie e per l'Aiuto ai Cittadini
Un movimento di autoeducazione popolare orientato all'azione e alla costruzione di un altro
mondo possibile. Una delle più grandi reti internazionali di opposizione e di alternativa al
neoliberismo ATTAC è nata in Francia il 03 giugno 1998. Nel dicembre 1998, l'associazione si era
già allargata ad un orizzonte internazionale con la "piattaforma del movimento internazionale
ATTAC". Da allora, ATTAC esiste in 40 paesi e in molti altri è in fase di costituzione. In Italia,
ATTAC è attiva dal giugno 2001 e legalmente costituita da gennaio 2002.
L'attività di ATTAC si concentra sulla comprensione degli strumenti e sulle proposte per battere il
pensiero unico neoliberista, come promuovere la tassa Tobin e l'annullamento del debito per i
paesi del Sud e dell'Est del mondo, combattere i paradisi fiscali, porre un argine allo strapotere
delle multinazionali e alla mercificazione dei beni essenziali per la vita (salute, educazione, scuola,
acqua e l'insieme dei servizi pubblici), fermare la finanziarizzazione del mondo che trasferisce
sempre maggiori risorse ai capitali speculativi sottraendone ai salari, alla redistribuzione e agli
investimenti sociali, contrastare la "brevettabilità" di ogni essere vivente e l'omogeneizzazione
delle culture.
http://www.attac.org/italia/ email: [email protected]
V. S. Carlo 44/2 Bologna
GVC
Gruppo Volontariato Civile
GVC
Il GVC lavora ormai da diversi anni nei PVS, con progetti di cooperazione volti a sostenerne il
processo di sviluppo. L'organismo, pur operando in diversi settori, rivolge particolare attenzione ai
progetti sanitari integrati multisettoriali, che prendono in considerazione la "salute" di un'area nel
senso più ampio del termine. Nelle sue attività si avvale della collaborazione di personale
qualificato opportunamente selezionato. Il GVC è presente sul territorio con iniziative di
informazione nell'ambito dell'Educazione allo Sviluppo. L'organismo è abilitato alla selezione e alla
formazione di volontari da inserire in programmi ONU.
Via dell'osservanza, 35/2 - 40136 Bologna tel. 051 585604 .: fax 051 582225
http://www.gvcitalia.org email: [email protected]