Comunicato Stampa Berni: “I dipendenti meritano
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Comunicato Stampa Berni: “I dipendenti meritano
Comunicato Stampa Berni: “I dipendenti meritano verità e rispetto!” L’articolo stampa riportato dalla giornalista Claudia Molinari, autorevole portavoce del mondo agricolo Piacentino di sabato 9 febbraio, ha aperto in me una piaga oggi difficile da rimarginare. Chi scrive ha operato come dipendente nello stabilimento “Berni” di Gragnano Tr per quasi 30 anni e come componente della RSA Cisl dal 2009 ai giorni nostri, seguendo di persona le varie fasi di questa lenta agonia. La vicenda vede la luce nel luglio 2007, quando, dopo la crisi aziendale, grazia al concordato preventivo viene prese in affitto dalla cordata Copador – Dac – Copra. Dopo tanti proclami a mezzo stampa, dove si parla di trionfo del sistema Piacenza e della sua relativa piacentinità, come riportato, il 15/07/2007 dal giornalista di Libertà Michele Rancati, con l’acquisizione del marchio “Berni” si marcia spediti all’acquisizione del marchio “De Rica”. Il giorno seguente, sempre il medesimo giornalista riporta sul succitato quotidiano un intervento degli allora Vice Presidente della Provincia di Piacenza Dott. Mario Spezia e Assessore al lavoro Fernando Tribi che elogiano l’ormai felice conclusione della trattativa: il sistema Piacenza aveva salvato azienda ed occupazione e dichiaravano le loro più rosee previsioni circa il futuro dell’azienda. Ad applaudire ed auspicare una soluzione positiva della cordata Piacenza rispetto ad eventuali altre soluzioni aziendali (su cui spiccava la proposta di acquisto fatta dall’oleificio Farchioni”), il sistema politico Istituzionale e le confederazioni agricole locali (Libertà del 07/07/2007 direttore di Confagricoltura Luigi Sidoli – Coldiretti Dott. Giovanni Roncalli – Cia Dott.ssa Marina Bottazzi): la chiusura positiva della vicenda (cordata Piacenza) avrebbe avuto ricadute positive sul sistema agricolo produttivo locale. Dello stesso parere il sistema cooperativo locale, per bocca di Francesco Milza (confcooperative) e di Marco Carini (Lega Coop) che elogiavano il positivo esito della trattativa che aveva messo in campo uno sforzo notevole di tutto il sistema di uomini, soggetti, risorse per salvaguardare il futuro occupazionale – produttivo dell’azienda. Nel gennaio 2009 la cordata Piacenza, nel frattempo ridimensionata a Copador – Dac, si era già dileguata frettolosamente dagli impegni assunti. Le 24 unità lavorative che, da accordo sindacale, dovevano rientrare in azienda in 3 scaglioni programmati nel periodo 31/12/2007 – 30/06/2008, vengono indirizzati verso gli ammortizzatori sociali, i prodotti risultano assenti dagli scaffali della grande distribuzione organizzata, settimane sempre più numerose di cassa integrazione con lo spettro della chiusura dell’azienda sempre più concreto, a favore del sito produttivo di Collecchio (Pr). Il resto è storia recente. I dipendenti, in un primo tempo, dovevano essere trasferiti nel sito produttivo di Collecchio. I viaggi sarebbero stati effettuati tramite un pullman condotto dall’Amministratore delegato di Copador Fausto Gandolfi e l’Assessore regionale alle attività produttive Dott. Muzzarelli avrebbe accompagnato la delegazione con mansioni di steward – bigliettaio. Allo stesso tempo le figure lavorative occorrenti nello stesso sito diminuivano vertiginosamente anche per l’assorbimento produttivo - occupazionale di Copador di uno stabilimento STAR della provincia di Parma. Io stesso, in quei giorni, ebbi un colloquio con l’azienda rappresentata, in quell’occasione, dall’Ing. Bonvini, dal Dott. Michele Pedrazzoni e dal Dott. Gabriele Bernardi, i quali mi proposero, in cambio del mio impegno lavorativo, un aumento di € 50,00 mensili per un percorso lavorativo di almeno 7/8 mesi all’anno, suddivisi in tre turni lavorativi, da condividere con un altro collega che avesse sposato lo stesso percorso lavorativo con mezzo di trasporto di nostra proprietà. A questo proposito devo smentire categoricamente la versione della Sig. Molinari riportata nell’articolo di Libertà di questi giorni: non è vero che solo 3 figure lavorative accettarono di proseguire l’attività lavorativa ma bensì furono scelte dall’azienda solo 3 persone per la loro professionalità. Come vede Sig. Molinari, la situazione è ben diversa da quella da Lei riportata. Può verificare tutto ciò o parlando con il responsabile delle associazioni sindacali di categoria o con i miei ex colleghi. Ad onore del vero devo pure aggiungere che non furono 50 i dipendenti individuati per il trasferimento a Collecchio, bensì 8 unità del settore produttivo ed altre professionalità degli uffici dell’amministrazione aziendale, per un totale massimo di 15 unità. L’acquisizione del marchio Berni – Louit Fréres da parte della ditta “Pucci” di Lugo di Ravenna ci ha portato sia a prendere atto della piacentinità e del sistema Piacenza a cui la vicenda Berni è collegata sia a porci alcuni interrogativi che divennero di estrema attualità: 1. Cosa pensano i rappresentanti delle Istituzioni, delle Associazioni agricole, del sistema cooperative che all’epoca gestirono la situazione Berni dopo gli ultimi eventi?; 2. Come giustificano il giudice Giovanni Picciau, il Dott. Valentini ed il Dott. Montanari Germano le clausole dell’acquisto dell’azienda che a Gragnano prevedeva di mantenere per due anni la produzione e oggi, da parte di Pucci, prevede di mantenere l’attività produttiva a Collecchio per 5 anni? 3. A seguito di voci sempre più concrete, qual è il futuro immediato del sito produttivo di Gragnano? 4. Perché nei mesi scorsi la proprietà non ha preso in considerazione positivamente ipotetiche offerti provenienti da imprenditori di Paesi dell’Est come ci hanno confermato alcune Associazioni agricole? Di certo oggi possiamo dire che la ditta “Pucci” potrà contare in futuro dei prestigiosi marchi Berni – Louit Frerès. Copador, dopo un periodo di burrasca, mantiene la storica produzione di trasformazione del pomodoro, anche se grazie a scelte spericolate di alcuni dirigenti ha distrutto il progetto Piacenza collegato al sito Berni di Gragnano, oggi alla deriva ed abbandonato a se stesso. Forse, con amarezza, bisogna ammettere che era meglio lasciarlo morire nel 2007 con la dignità che i dipendenti in più occasioni avevano messo in campo. Un pezzo di storia di Gragnano che amaramente si chiude. Una piaga mai rimarginata che l’articolo di qualche giorno fa ha vistosamente riaperto. Mi auguro vivamente che i Gragnanesi ed i Piacentini non si lascino abbindolare, in vista delle elezioni del 24 e 25 febbraio, da quelle realtà politiche che hanno gestito come incantatori di serpenti e da quelle forze politiche seppur più volte sensibilizzate sul problema non hanno avuto la forza o non hanno appositamente voluto salvare la storica azienda agro alimentare gragnanese, anche per il disinteresse di Confindustria della nostra Città. La vicenda Berni ha richiamato la Piacentinità come un contenitore vuoto senza idee e progetti, fallito ancora prima di vedere la luce e che, per qualche voto in più, qualcuno si è riempito la bocca di progetti che neanche conosceva. Umberto Morelli Rappresentante RSA Berni di Gragnano Tr