gabrielle (un amore fuori dal coro)

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gabrielle (un amore fuori dal coro)
8° film “Cineforum
Il posto delle fragole”
21° edizione
2014
GABRIELLE (UN AMORE FUORI DAL CORO)
di Louise Archambaud
Sceneggiatura:Louise Archambault Musiche:
François Lafontaine Fotografia: Mathieu
Laverdière Montaggio: Richard Comeau
Officine UBU
Gabrielle ha 20 anni, un deficit intellettivo
e un grande amore, Martin. Vivace e
dotata di un grande talento musicale,
Gabrielle canta nel coro de Les Muses de
Montréal e vive in un centro per ragazzi
'come lei'. Amata e legata a Sophie, la
sorella
maggiore
che
sogna
di
raggiungere il fidanzato in India, Gabrielle
ama riamata Martin e desidera con lui un appartamento e un appuntamento, dove
consumare la loro prima volta. Osteggiati dalla madre di Martin, Gabrielle e Martin
vengono ingiustamente separati. Ma Gabrielle è decisa a vivere una vita normale. Un
concerto d'estate e una canzone di Robert Charlebois realizzeranno i suoi sentimenti e
la sua 'indipendenza'.
In equilibrio tra documentario (sensibile) e finzione (sentimentale),Gabrielle - Un amore
fuori dal coro è la storia di una ragazza 'deficitaria' e caparbia nella sua costanza di
carezzare un sogno e battersi per vivere pienamente la sua vita. Incoraggiata dalla
sorella ma priva di un'autonomia reale, Gabrielle soffre di una malattia genetica rara (la
sindrome di Williams), un ritardo mentale associato a un carattere estremamente
socievole e a una straordinaria abilità musicale. Con grande facilità Gabrielle apprende
le canzoni che intona col coro della scuola e accanto al suo amato Martin. Vincitore
(in)opinabile del premio del pubblico a Locarno e candidato dal Canada agli
Oscar, Gabrielle non ha nessuno dei difetti del suo 'genere', il surplus d'emozioni per
combattere i pregiudizi, la militanza del film a tesi, l'ode alla differenza, la società
dall'anima bella, l'abuso dei buoni sentimenti, nondimeno manca di vibratilità spirituale,
quella capacità urtante, pacata, crudele e morbida di fare cinema assimilando slanci
altrui e altrove e riproporli in proprio con singolare efficacia e originalità.
Girato con grande rigore da Louise Archambault, regista canadese al suo secondo
lungometraggio, Gabrielle non riesce a trascendere la materia sociale del soggetto,
impedendo l'emozione al cuore e ai cuori della storia. La paura di scadere nel
melodrammatico, trattengono probabilmente l'autrice al di qua della soglia empatica,
rendendo lo svolgimento della trama monocorde e il linguaggio fratto, a volte
disarmonico, tal'altre distaccato. A parte le belle voci de Les Muses de Montréal, ogni
altra 'voce' del film è messa in sordina, diminuendone l'intensità e smorzando le
vibrazioni di Gabrielle Marion-Rivard, esordiente affetta come il suo personaggio da
ritardo cognitivo. Gabrielle illumina il film della Archambault, forte del suo amore e del
suo senso innato dell'alterità che unisce il sé agli altri da sé. Ai suoi umorali soprassalti
di felicità corrisponde lo svantaggio emotivo e artificioso (perché recitato) di Alexandre
Landry, che dona al suo Martin l'illusione dell''anormalità'.
Accompagnati in scena da Robert Charlebois, cantautore e attore quebecchese
Gabrielle e Les Muses de Montréal reinterpretano il suo brano più celebre ("Ordinaire"),
che custodisce dentro una strofa tutto il senso del film: ("Se canto è perché mi si senta.
Se grido è per difendermi. Amerei tanto farmi comprendere...").
Intervista a Louise Archambault
Come è nato questo progetto?
Tutto è partito dal desiderio di parlare
della felicità delle persone considerate
ai margini della società, degli «
invisibili », per così dire, e della forza
che l’arte e la musica, in particolare il
canto corale, possono infondere a
queste persone. Inoltre, desideravamo
rappresentare una storia d’amore tra
due giovani affetti da ritardo mentale, il
modo in cui vivono l’amore e la
sessualità, e come questo risveglio
amoroso susciti in loro un bisogno
d’indipendenza e un desiderio di
autonomia.
Uno dei fattori scatenanti è stato un reportage della trasmissione Enjeux su una casa
famiglia che ospita persone affette da ritardo mentale (Une famille particulière,
trasmesso da Radio-Canada nel 2004). Ho avuto un vero e proprio colpo di fulmine per
il responsabile della casa famiglia, Jean-Martin Lefebvre- Rivest, a cui mi sono ispirata
per creare il personaggio di Laurent, interpretato dall’attore Benoit Gouin. Mi sono
quindi rivolta a Jean-Martin e gli ho parlato del progetto del film. Ci siamo visti spesso:
ho passato del tempo nella sua casa famiglia per vedere da vicino la sua routine
quotidiana e quella delle persone affette da ritardo mentale. Mi ha inoltre fatto
conoscere diverse iniziative organizzate in questo campo. Tra le altre, mi ha fatto
partecipare alla serata danzante del venerdì sera, in cui duecento adulti affetti da
handicap si ritrovano ogni settimana per ballare. Ci siamo inspirati a questo per girare
la scena del karaoke e del ballo nel film, a cui hanno partecipato i veri habitué della
serata. Credo che uno dei pregi di Jean-Martin sia il fatto di non trattare come bambini
le persone disabili. Quello che cerca di fare, invece, è dare loro degli strumenti per
sviluppare il loro potenziale e facilitare la loro integrazione nella società. Per esempio,
organizza delle uscite fuori città e si assicura che ciascun abitante della struttura abbia
delle responsabilità quotidiane; questo aiuta a diminuire le loro crisi e le loro paure. Per
farla breve, avevo il desiderio di raccontare la realtà particolare di Jean-Martin e degli
abitanti della sua struttura.
Ho imparato molto girando questo film. Ho avuto la sensazione di vivere qualcosa di
molto grande che mi avrebbe cambiata. L’assenza di filtri dei cantanti della scuola Les
Muses mi ha toccata nel profondo e mi ha ispirata. Sia che sia positivo o negativo,
quello che esprimono è sempre la verità. Credo che allo stesso modo questa
esperienza sia stata importante per gli attori, i tecnici e gli attori non professionisti.
Alcuni coristi della scuola Le Muses sono molto ansiosi e possono accusare delle crisi
di panico ogni giorno. A metà delle riprese, una delle operatrici incacricate di affiancarli
sul set è venuta a dirmi che non c’era più bisogno di lei:
non c’erano più crisi, né timori. Erano felici, avevano un ruolo preciso ed importante
da interpretare, avevano stima di sé. Questo è un dono immenso da parte loro, visto
che l’intenzione ultima era realizzare un film con loro, con la loro complicità.
Prossimo film giovedì 13 novembre : PULCE NON CE’
di Giuseppe Bonito