Guerrilla Girls Shakira Marco Massarotto (Hagakure)
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Guerrilla Girls Shakira Marco Massarotto (Hagakure)
Guerrilla Girls arte attivista Shakira she wolf Marco Massarotto (Hagakure) e il corporate blogging D D onne e guerrilla ietro un grande uomo, c’è sempre una grande donna. Pare l’abbiano detto i latini. La sfilata di politici al G8 di questi giorni, al di là di ogni risultato da telegiornale, ci ha ricordato che anche questi signori, quasi tutti, alla sera devono fare i conti con il gentil sesso. Chissà se e come avranno discusso Michelle e Obama per quell’occhiata indiscreta di lui. Carla, c’è da giurarlo, sarà stata assai meno gelosa, vista la sua storia nata già rocambolescamente. Uomini “grandi” a detta di loro stessi, e donne che li seguono e li completano. Mentre loro sono intenti in luculliane “colazioni” di lavoro, loro visitano le zone terremotate come un gruppo di normalissime e quotidiane amiche, superiori alla diversità dei mondi da cui provengono e realmente interessate, si commuovono. E’ innegabile, sono immagini che completano, migliorano, ingrandiscono quelle dei loro uomini, curiosamente spesso accomunati da tutt’altro che grande statura (fisica). E nella pubblicità? Ci sono donne che hanno firmato i claim più famosi, quelli entrati nell’uso quasi quoti- diano di esprimerci con i nostri simili. Moltissimi uffici marketing e comunicazione sono in mano a donne, e funzionano benissimo. Del resto, avevamo dubbi? Si, li avevamo, ma non certo innati da un maschilismo insito nel dna quanto forzati dallo stato delle cose, dalle proporzioni dei numeri che riempiono le annuali statistiche sull’argomento. Questo che avete tra le mani o tra i pixel del vostro computer non è un numero che incita la rivolta femminista, né tanto meno che sostiene una gender war. Ci siamo chiesti: cosa succede alle donne quando si entra nel campo (nuovo) del guerrilla marketing? A livello teorico, le intervistate ci hanno detto nulla, anzi...pure meglio. A livello pratico, abbiamo faticato non poco a reperire nomi, fatti, case history. Troppi impegni? Troppe vacanze estive? No, la realtà è che le donne nel guerrilla marketing ci sono, ma sono poche. Perché? Cosa ne pensano pubblicitarie, docenti, blogger e creative? Subvertising ha chiesto, e le donne, grandi, hanno risposto. Buona lettura. Francesco Rossi Direttore (IR)Responsabile [email protected] 3 Colophon Subvertising Anno III, numero 20 del 15 luglio 2009 5 Pubblicità Barbara Zanardi ([email protected]) 6 Grafica e impaginazione Frameart.it Edizioni Cnet Web Mensile iscritto presso il Tribunale di Bologna, numero 7803 del 16/10/2007 Subvertising.it Non perderti nessun numero di Subvertising. Clicca su www.subvertising.it e scarica gratuitamente anche i numeri precedenti. Inoltre puoi iscriverti alla newsletter e ricevere in abbonamento il magazine direttamente nella tua casella di posta. Blog News She wolf Direttore Responsabile Francesco Rossi ([email protected]) Comunicati stampa, informazioni o altre richieste [email protected] BLOG NEWS 12 16 17 Donne e guerrilla She wolf M entre in Italia si infiamma il dibattito sulla necessità o meno di chiudere le porte alla speranza, sul web continua a imperversare, progredendo, una democratica voglia di condivisione e partecipazione, un desiderio che ha dimostrato di essere in grado di abbattere la più imponente delle censure. L’ascendente bisogno di incontro e di scambio liberalizzatosi nel cyberspazio, ha sedimentato nelle strategie di comunicazione la consapevolezza dell’esi- Mask-ulinity Marketing di frontiera Hagakure stenza di un percorso evolutivo non più in grado di garantire i permanenti stadi di sviluppo dei bei tempi andati. A confermarlo sono i ripetuti segnali, captati dalle obsolete antenne dei questuanti di visibilità e rappresentati dalle incessanti richieste (sempre più avanzate dagli utenti), di imbottire il pane quotidiano non soltanto di stuzzicanti video o di avvincenti advergame ma anche di caserecci contributi autoprodotti. L’accresciuto livello di attenzione nei confronti di questo neonato stimolo, ha avviato interessanti e sperimentali percorsi di comunicazione in cui il consumatore/utente, allontanatosi dal ruolo di mero untore al quale era stato relegato nella fase embrionale del viral marketing, diventa finalmente parte attiva nella costruzione delle campagne. Esattamente in questa fresca e trascinante corrente, si immerge la campagna realizzata per il lancio di She Wolf, titolo del primo singolo estratto dall’ultimo lavoro di Shakira, la cui uscita ufficiale, prevista per il 13 luglio, è stata preceduta, il 29 giugno scorso, da un’anteprima in spagnolo. La singolarità di questa case history risiede principalmente nel grado di coinvolgimento raggiunto dal target, la cui partecipazione non ha avuto bisogno di essere stuzzicata dalla messa in palio di alcun premio. Come nella più classica campagna virale, tutto è iniziato con la comparsa di un fake girato a New York, che mostrava la raccapricciante scena di una donna intenta a completare il proprio pasto, costituito da un malcapitato e decisamente defunto passante, e con la creazione di un canale Youtube ad opera di un fantomatico cacciatore che asseriva di essere da sempre sulle tracce della pericolosa lupa e di voler raccogliere ulteriori informazioni utili alla sua cattura. Avviato il gioco e affidata la regia al crescente microblogging, nel giro di pochi giorni, da tutto il mondo, sono sbucati avvistamenti e testimonianze dei feroci, quanto scherzosi, attacchi della Loba, tutti rigorosamente realizzati da utenti, in larga parte costituiti da informatissimi fans della reginetta colombiana del pop, che si sono divertiti a tessere consapevolmente le maglie di questa piccola campagna dall’interessante riscontro mediatico. Così, dopo aver adottato il futuro ed eponimo fondatore di Roma, fagocitato la nonna di cappuccetto rosso e ballato con Kevin Costner, questo affascinante e misterioso animale torna, dopo poco più di un mese, a rendersi nuovamente protagonista del palcoscenico virale della comunicazione. Dopo l’ eccezionale successo di Three Wolf Moon, è toccato questa volta a She Wolf avvalorare l’importanza raggiunta dal viral marketing nel processo di democratizzazione dei contenuti e dimostrare come, in alcuni casi, le battaglie possano essere combattute (e vinte) senza l’ausilio di potenti armamenti, ma semplicemente mettendo in campo ambizioni e capacità, accompagnate da una buona dose di entusiasmo. Daniele Magliocca (viralmente.blogspot.com) 5 e e n Don rilla guer di Marina Costabile (ilguerrillero.wordpress.com) 6 7 e e n n Do rilla guer di Marina Costabile (ilguerrillero.wordpress.com) I l guerriglia marketing è “maschio”, ma solo in termini di correttezza grammaticale e semantica. In questo settore sono molteplici le donne che occupano posizioni di responsabilità anche se, soprattutto in Italia, si è costretti ancora a parlare di “quote rosa”. I numeri e i dati, sebbene in crescita, sono preoccupanti. Secondo la classifica stilata dal World Economic Forum, su 128 paesi, l’Italia si trova all’84° posto in base all’indice di disparità tra ruoli e stipendi di uomini e donne. Riguardo al tema donne,marketing e guerriglia sono state raccolte le opinioni di alcune donne del settore. Annamaria Testa. “Uno dei più brillanti talenti creativi italiani”. Si occupa di comunicazione e di creatività e ha scritto diversi testi sull’argomento. E’ realizzatrice del sito dedicato ai temi della creatività Nuovoeutile.it. Parlando di discriminazione di genere nell’ambito lavorativo afferma che il mondo dell’ADV fortunatamente tende a premiare il talento ed il merito. Differente è la situazione quando si interagisce con aziende che hanno una diversa cultura interna e quando si tratta dei ruoli di governo delle agenzie. Disuguaglianza tra uomini e donne. Su questa tematica dichiara che l’affermare di essere migliore rispetto all’altro non è mai una cosa buona. Bisogna però ammettere che, come ci dicono i dati ministeriali, le donne escono dall’università prima, meglio preparate e con voti migliori ed inoltre sono mediamente più flessibili e più abituate al multitasking. Entrando nello specifico del guerriglia e dell’ Italia, fiduciosa crede che prima o poi ci si accorgerà che 8 un buon progetto-guerriglia può offrire un rapporto investimento/risultati davvero interessante. Volendo indicare dei requisiti essenziali per intraprendere questa carriera dice: eccellente formazione di base e specialistica, essere informati, capacità di gestire la complessità, tenacia, curiosità ed energia. Eleonora Chiomento. Creativa dell’agenzia di comunicazione ed eventi Piano B di Milano. Definisce il settore del guerriglia ancora un campo “unisex” per l’alone di novità e mistero che lo accompagna. La creatività è alla base della realizzazione di un buon lavoro, a prescindere dal sesso. La novità del settore permette alle donne di partire dallo stesso livello degli uomini. Anzi, le donne possiedono armi emotive e caratteriali che possono distinguerle positivamente dai colleghi maschi. La sensibilità volta ad osservare per cogliere lati differenti ed originali, la maggiore capacità di analisi, il “romanticismo”, l’essere sognatrici, considera queste le doti caratterizzanti dell’universo femminile che permettono di svolgere al meglio la professione di guerriglia woman. Per quanto riguarda la situazione italiana crede che il guerriglia sia praticamente inesistente. Il problema non lo rintraccia nella mancanza di creatività, ma nelle aziende, nella mancanza di conoscenza e di informazione sul marketing non convenzionale. Si domanda “Come fanno i creativi italiani a pensare delle idee stupefacenti e geniali di guerriglia se poi le aziende si inorgogliscono nel definire nei comunicati stampa “azione di guerriglia” un’attività di volantinaggio??“. e e n n Do rilla guer di Marina Costabile (ilguerrillero.wordpress.com) In ultimo consiglia a chi vuole iniziare questa professione di far lavorare continuamente la mente, di osservare tutto e dare agli oggetti delle funzioni e usi non convenzionali. Altre caratteristiche fondamentali sono la curiosità e il tenersi informati. Tutto può essere d’ispirazione. Non di poco importanza infine è il credere in se stessi. Costanza Calabresi. Una delle quattro menti all’origine del portale Tooquoque.com, il primo social network italiano di campagne user generated. In merito alla discriminazione pensa che il mondo del marketing non ne sia immune, ma che per fortuna, una buona idea non ha sesso e sta al committente valutarne l’efficacia. La sensibilità delle donne rivolta al lato emozionale la considera una marcia in più nell’advertising e nel guerriglia, anche se per far funzionare il tutto c’è bisogno di entrambi i punti di vista. Per quanto riguarda l’esperienza italiana, ritiene che esista ancora nelle aziende un timore diffuso nel provare un percorso “differente”, che deriva dalla poca conoscenza del web e delle sue potenzialità. E’ necessario che le aziende inizino a giocare con il loro brand, ad affrontare il confronto diretto con gli utenti, a “darsi in pasto” alla community. Anche se rischioso si rivela poi molto costruttivo. L’unico suggerimento che si sente di dare a chi vuole intraprendere questa professione è credere nel proprio percorso. Il motto del suo team è: “giocare senza paura di osare.”. La Rete ci mette tutti sullo stesso livello. Si può entrare in un mondo sconosciuto, e con molto impegno, uscirne formati. Emanuela Conti. In passato è stata responsabile marketing in un’azienda del settore meccanico e in un’ azienda specializzata nella produzione e commercializzazione di make-up. Ora si dedica alla formazione e alla consulenza in area marketing ed è docente di marketing presso la Facoltà di Sociologia dell’Università di Urbino. Ritiene che nonostante esista ancora discriminazione nei luoghi di lavoro, oggi la donna ha molte possibilità per esprimersi e farsi valere specie quando il livello di istruzione è elevato e si aspira a ricoprire ruoli che richiedono un mix di conoscenze tecniche, capacità relazionali e creatività. La diversità tra uomini e donne la intende come complementarietà. Vantaggioso sarebbe lavorare insieme per unire e valorizzare le competenze. Inoltre l’essere madre porta la donna ad avere una più forte attenzione e preoccupazione verso l’altro. Peculiarità che le permette di individuare dettagli che a prima vista sfuggono e che le consente di ottenere maggiore collaborazione dalle persone che intende studiare. Nella traduzione delle informazioni raccolte sulla domanda in specifici prodotti, servizi o esperienze, inoltre, può essere più fantasiosa e bizzarra dell’uomo, non a caso si dice che “la curiosità è femmina” oppure che “ne sanno una più del diavolo”. Pone l’attenzione sul fatto che nel nostro Paese, ancora prima del guerriglia, sia poco diffuso un orientamento al mercato vero e proprio. Le piccole e le piccolissime imprese, spina dorsale della nostra economia, pur essendo orientate al cliente non possiedono spesso una cultura di marketing . Occorrono dunque maggiore apertura 9 e e n n Do rilla guer di Marina Costabile (ilguerrillero.wordpress.com) da parte dei vertici aziendali e maggiori risorse da impiegare nel marketing. Oggi l’investimento in ricerche di mercato, in innovazione tecnologica, in costruzione del brand, in comunicazione, ecc. viene troppo spesso considerato un costo da limitare. E’ necessario che le società di consulenza specializzate nel guerriglia facciano capire al piccolo imprenditore che ogni azienda può ricorrere a tale modalità di comunicazione, grazie anche ai costi più contenuti rispetto ai canali tradizionali di comunicazione. paesi, l’Italia ha avuto da sempre tempi più lunghi. Afferma:“Produciamo buoni frutti ma in tempi non troppo brevi”. Per terminare ecco gli elementi distintivi che dovrebbe possedere chi aspira a questa occupazione: determinazione, capacità relazionale, originalità e tanto studio. Rossana Cipolletta. Studentessa universitaria presso la Facoltà di Sociologia dell’Università di Urbino. Autrice del blog womaninadv.wordpress.com A suo parere le donne hanno una marcia in più soprattutto nella sponsorizzazione di tutti quei prodotti che le riguardano da vicino. Ricorda che in passato (anni ‘60/’70 in particolare) esse venivano considerate le RA (responsabile acquisti), in quanto uniche addette al soddisfacimento dei bisogni e desideri della famiglia. Avendo la donna il compito di scegliere i prodotti migliori per la pulizia della casa, per l’igiene personale, per gli articoli da bambino e molto altro ancora, risulta più competente nell’attuazione di tecniche di comunicazione destinate soprattutto a quei specifici settori. Lo scarso sviluppo del guerriglia marketing lo collega all’ “arretratezza” che caratterizza il nostro Paese in diversi campi. In particolar modo nell’ambito pubblicitario, rispetto ad altri 10 11 di Francesco Porzio ([email protected]) 12 13 di Francesco Porzio ([email protected]) S ono passati quasi venticinque anni da quando un gruppo di anonime femministe ha cominciato ad apparire in pubblico indossando maschere da gorilla e adottando come pseudonimi i nomi di importanti protagoniste della storia dell’arte ora decedute. Era il 1985 ed il MOMA di New York inaugurava una mostra dal titolo “An International Survey of Painting and Sculpture” dove venivano esposti i lavori di 169 artisti: di questi solo 13 erano donne. Il curatore Kynaston McShine aggiungeva che tutti gli artisti non inseriti nel catalogo avrebbero fatto bene a riconsiderare la propria carriera. Perché le artiste degli anni ‘70 facevano meno fatica che negli ‘80 ad esibire i propri lavori? Perché le gallerie boicottavano i loro lavori, visto che quasi tutte esponevano opere di uomini? Questione di qualità o di pregiudizio? Qualcuno decise che era il momento di restituire un guizzo di ironia alla protesta femminista. Soho era il terreno giusto. Protagoniste della prima imboscata furono le “girls” le cui maschere da gorilla consentivano di tutelare la propria identità, e al tempo stesso di acquisire una visibilità finora sconosciuta, come il passamontagna per gli Zapatisti del Chiapas, che li ha resi visibili e quindi protetti dallo sterminio. Le armi a disposizione: poster e adesivi. Le prime reazioni? Scetticismo, shock, rabbia e 14 ovviamente... molto “buzz”. Improvvisamente l’argomento delle Guerrilla Girls diviene “l’Argomento” al centro di parecchi incontri, feste, discussioni e vernissage. Nomi come Frida Kahlo, Rosalba Carriera, Kathe Kollwitz, Eva Hesse cominciano ad essere associati a lavori provocatori e critici nei confronti dell’arte istituzionale: poster ma anche billboards, pannelli pubblicitari sui bus, pagine sui magazine, azioni di protesta, petizioni. Ottimamente architettate: con sorpresa scopriamo ad esempio che le Guer- di Francesco Porzio ([email protected]) si intendono quelli della Chiesa Cattolica, che fino al 1869 consentiva l’interruzione di gravidanza. Sono soprattutto i manifesti applicati sulle pareti dei bagni all’interno dei musei più prestigiosi a rendere orgogliose alcune delle Guerrilla Girls. In quasi 25 anni di lavoro partecipano ad un numero incredibile di esposizioni. Giusto per non dimenticare la provincia italiana nel 2005 sono anche alla Biennale di Venezia per protestare: come può essere possibile to solamente dal 2% al 9%? Ma non mancano neppure di realizzare alcuni billboard di protesta contro le major di Hollywood, ree di sfruttare nelle loro produzioni i peggiori stereotipi femminili, e di limitare l’accesso alla carriera di regista praticamente ai soli uomini. rilla Girls sono per un “ritorno ai valori tradizionali sul tema dell’aborto”, quando per valori tradizionali che dalla prima edizione della manifestazione targata 1895, il numero di donne che espone sia passa- Quante siano veramente e quale sia la loro identità è appunto mistero. Di certo sono migliaia, dicono. Non la pensano tutte allo stesso modo, raramente si vota e le decisioni vengono prese di solito con il consenso di tutti i presenti. Alcune escono dal gruppo, la maggior parte di esse vi rientra dopo qualche giorno, mese o anno. “Tutte hanno un poster che odiano parecchio o che amano altrettanto. Siamo d’accordo sul poter essere in disaccordo. Forse la democrazia è questa.” Forse... Sono passati venticinque anni, ma se chiedi alle Guerrilla Girls cosa faranno tra pochi minuti ti risponderanno sempre allo stesso modo: “Torniamo là fuori, nella jungla. Torniamo al lavoro.” 15 di Francesco Porzio ([email protected]) Enel nei social media per seguire i mondiali di nuoto Roma09 E nel entra a far parte del mondo dei social media per informare, condividere e coinvolgere gli utenti della rete. Con Enel Sharing, l’account ufficiale presente su Facebook, Twitter, Flickr e Friendfeed è possibile seguire il Dream Team, sette atleti italiani ai mondiali di nuoto Roma09 YouTube, Facebook, Twitter, Flickr e Friendfeed sono i principali canali nei quali Enel ha scelto di essere presente con Enel Sharing, il profilo ufficiale dell’azienda per interagire con gli utenti. In occasione dei mondiali di nuoto Roma09, Enel, partner ufficiale del campionato, seguirà sette tra i più importanti atleti italiani: Tania Cagnotto, Valerio Cleri, Alessia Filippi, Filippo Magnini, Luca Marin, Federica Pellegrini, Massimiliano Rosolino. Grazie a una presenza diffusa nei social media sarà possibile essere informati su anticipazioni, notizie e curiosità legate al campionato, vivere le gare e condividere le emozioni dei campioni. Sul branded channel di Enel su YouTube (www.youtube.com/enelvideo) gli utenti potranno 16 vedere i video in esclusiva degli atleti, raccolti in playlist dedicate ai singoli campioni. Su Flickr (www.flickr.com/photos/enelsharing) saranno a disposizione set fotografici con immagini inedite. Inoltre, per essere sempre aggiornati su news e curiosità e per poter interagire con gli atleti in maniera diretta e immediata, basterà seguire il profilo Twitter (twitter.com/enelsharing) di Enel Sharing. L’account Facebook (www.facebook.com/enelsharing) ha lo scopo di informare e condividere i contenuti audio e video riguardanti i campioni e interagire con amici e fan. E grazie a Friendfeed (friendfeed.com/enelsharing) sarà più facile tenere traccia di tutti i contenuti multimediali pubblicati da Enel Sharing. Dal 10 luglio è on line uno spazio ideato da Enel (roma2009.enel.it/dreamteam) interamente dedicato ai sette campioni del Dream Team e ai mondiali di nuoto. Info: [email protected] 17 Il marketing di frontiera Nuove metodologie di lavoro e di ricerca: cool hunting, cult searching ed edge marketing di Federica De Paulis ([email protected]) Il marketing di frontiera Nuove metodologie di lavoro e di ricerca: cool hunting, cult searching ed edge marketing di Federica De Paulis ([email protected]) N ella nuova prospettiva del marketing orientato al societing, il mercato è visto come una conversazione tra pari, dove, cioè, il consumatore non è più visto come un individuo da manipolare per il tornaconto personale dell’azienda ma un utente da consultare perché parte attiva del processo di creazione di valore. Per garantire una comunicazione pubblicitaria più efficace e rispondente davvero alle esigenze dei target di riferimento è dunque necessario che lo studio del mercato non avvenga più tanto “a tavolino”, “sui libri” o “dietro una scrivania”, quanto tra la gente, a contatto diretto con i consumatori, spesso non solo per conoscere i loro bisogni, ma per crearli In linea con questa nuova tendenza sono nate figure professionali inedite, quali quella del cool hunter, del cult searcher e dell’ edge marketer. Il cool hunter è un cacciatore di tendenze: sue caratteristiche peculiari sono una spiccata curiosità e una buona dose di fiuto. Egli ha il compito rintracciare stili e tendenze culturali e di consumo non ancora completamente emersi, laddove essi sono, quindi, ancora latenti. Ogni cool hunter che si rispetti deve, dunque, possedere un’approfondita conoscenza del contesto socio-culturale di riferimento, per potersi muovere al meglio; strade, piazze, locali notturni, sono, in questo senso, fucine di sub-culture, di mode e di stili in via di formazione che aspettano solo di “esse- re scovati”. A tal scopo ogni strumento sarà lecito: macchine fotografiche, block notes, videocamere... tutto, pur di catturare ciò che di più trendy c’è in giro. Meglio ancora, poi, se si riesce, periodicamente, a fare un salto a Londra, o a Tokyo, o a Barcellona, o a New York, tanto per fare qualche esempio di cittàombelico del mondo! Oltre ad una perfetta mappatura dei luoghi strategici da frequentare e degli eventi mondani a cui partecipare, il cool hunter deve essere dotato di una fitta rete di contatti con tutta una serie di hub della comunicazione, vale a dire persone che a loro volta possiedono una grande capacità relazionale, e che quindi conoscono con ogni probabilità gli ambienti più vari e disparati: si tratta di pr e proprietari dei locali più “in”, giornalisti, organizzatori di eventi culturali, i quali rappresentano un’ottima fonte di informazioni e curiosità. L’enorme mole di materiale raccolta dal cool hunter deve essere sistematizzata ed elaborata per poter essere utilizzata dai pubblicitari, che dovranno successivamente creare dei collegamenti tra le nuove tendenze e i vari brand. Questo lavoro di selezione spetta ad un’altra figura nascente: quella del cult searcher , che, difatti, si occuperà di cercare tra la corposa documentazione del cool hunter, i trends più appetibili da proporre a marketers e pubblicitari. Mentre quello del cool hunter è un lavoro di instinto, basato sul carpe diem, cioè sull’incontrare le persone giuste o capitare nei luoghi cool al momento giusto, il cult searcher svolge un lavoro molto più metodico, sistematico. Un caso molto calzante è sicuramente rappresenta- to dalla Nike, che in tutti questi anni ha potuto contare sulla collaborazione e sull’apporto di personaggi di spicco considerati molto influenti sui nuovi stili di consumo, citando come esempio, fra gli altri, Aaron Ross, famoso critico d’arte. Dunque solo immergendosi nella quotidianità del consumatore, vivendo come lui e muovendo i suoi stessi passi, che i ricercatori di marketing riusciranno a dar vita ad una comunicazione più in linea con i suoi bisogni, ma ancor più con le sue passioni, con i suoi desideri, con il suo modo di essere. Per maggiori informazioni, si invita alla consultazione dei testi: Gabriella D’Ambrosio, Le nuove terre della pubblicità, Meltemi Editore Cova, Pallera, Giordano, Marketing non convenzionale, Il Sole 24 Ore nth brain of the mo nth brain of the mo Marco Massarotto Il fondatore della buzz agency Hagakure sul guerrilla, i blog e la web generation N on mi è mai piaciuto etichettare la rete, generalmente cerco di non usare mai espressioni quali web 2.0, credo che di web ne esista uno e uno soltanto, che si è evoluto con gli anni, questo è sotto gli occhi di tutti, quello della condivisione e della libera espressione. Avviene di costante che un numero sempre maggiore di aziende accetti l’importanza di “vivere” da vicino questo universo sfruttando la sua grande capacità, quella di saper dare una voce alle persone che lo compongono. Così percezioni, sentimenti e opinioni diventano un ulteriore, nuovo modo di capire cosa la gente pensa di noi. Un dialogo che sembrava potesse essere solo unidirezionale, quando i siti vetrina la facevano da padrone, un dialogo che sta diventando bidirezionale dal momento in cui la naturale evoluzione a cui stiamo assistendo ha portato alla nascita di strumenti naturalmente a doppia via, quali i blog o i social network. Parlando con Marco Massarotto, fondatore di Hagakure, abbiamo cercato di capire quali possono essere le differenze tra quello che succede in Italia e quello che succede oltremanica, dove uno strumento come il corporate blog è ormai parte integrante della cultura popolare. Noi siamo il paese delle piazze e dei caffè, dei palazzi e dei salotti. Il nostro “networking” è storicamente stato centrato sul contatto diretto: la piazza, la chiesa, il bar. Lo ha notato anche il Guardian, sbeffeggiandoci in un purtroppo celebre articolo di qualche mese fa1. La refrattarietà alle tecnologie e al loro uso nel nostro paese ha anche una matrice infrastrutturale: cablare le pianure degli Stati Uniti, per quanto lunghe, 22 è meno complesso che cablare i nostri paesini arrampicati sugli Appennini. Detto questo però esiste una nuova “Web Generation” italiana che promette molto bene. Il 2009 è un anno che ha visto spuntare progetti, Venture Capitalist, voglia di innovazione. Anche i grandi gruppi industriali si sono “tolti la giacca” e vanno ai barcamp. E’ un’Italia un po’ più blogger, quella che ci ha portato il 2009. Diamo tempo ai nostri manager di assimilare un nuovo modo di relazionarsi con il mercato, con i consumatori, ma anche con i loro uomini in azienda. Questa era digitale assomiglia molto più a un nuovo Umanesimo, che a un mondo Orwelliano. Mi aspetto molto anche da chi oggi fatica a comprendere le logiche della Rete. Il Cluetrain Manifesto ha in parte rivoluzionato il mondo di intendere la comunicazione, David Weinberger e gli altri coautori hanno dato vita a 99 regole che ancora fluttuano negli ambienti della rete, Marco e il suo team hanno sentito il bisogno di condividere 10 punti altrettanto importanti. un piccolo progetto collettivo che vuole distillare le esperienze, non solo nostre, di questi ultimi anni e portare dentro le aziende (quelle per cui lavoriamo e non solo) una fiaccola che getti un po’ di luce su quella che ci piace chiamare “La parte abitata della Rete” (Cit. Granieri/ Maistrello). Il paragone, per quanto lusinghiero, rischia di offendere David Weinberger, persona straordinaria che ho avuto la fortuna di avere ospite a Milano, e i suoi coautori. Fabio Antonacci ([email protected]) Marco Massarotto Il fondatore della buzz agency Hagakure sul guerrilla, i blog e la web generation Loro hanno cambiato il modo di intendere il Business, noi cerchiamo di mettere in pratica questo nuovo modo. Community First è un manifesto nel vero senso della parola, ne stiamo stampando centinaia di copie. Ed è davvero virale, nel senso che chiunque voglia sottoscriverlo ne riceverà 10 copie da dare ai propri clienti. Un manifesto che ci fa capire da vicino quanto è importante per Hagakure dare ascolto alle persone, E’ importantissimo perché ti dà la mappa del territorio dove ti dovrai muovere. Ti fa capire i punti di forza e i punti deboli di un brand. E per chi deve costruire un piano di comunicazione sono le prime informazioni che servono. Dove sono i fans della marca? Dove c’è maretta e ci si dovrà confrontare con le difficoltà e i problemi che qualunque prodotto ha? Non iniziamo quasi nessun lavoro senza una approfondita analisi della Brand Reputation. L’altro motivo per cui è fondamentale l’ascolto continuo è che non sai mai da dove nasce un’opportunità (o un pericolo) e se non si vive profondamente immersi nel tessuto della Rete non si coglieranno mai tutti i segnali. La rete è estremamente people-oriented, questo aspetto sta andando di pari passo con la sua naturale evoluzione, quanto conta il fattore umano nel vostro lavoro? Fin dove si spingono i software analitici e dove cominciano gli essere umani? Internet sta unendo le persone come mai prima nella storia dell’uomo. Sta sovvertendo molte regole di convivenza obsolete, disegnando un nuovo tessuto sociale, nuove forme e possibilità di interazione e conoscenza. Ben vengano la tecnologia e l’automazione, quando possono aiutare l’uomo. Facciamo attenzione però che, soprattutto per chi deve comunicare, nessun algoritmo ha ancora lontanamente maturato né l’intelligenza (interpretativa e decisionale) né la sensibilità e la finezza di un buon comunicatore. Servono uomini che non temono la tecnologia, ma che sanno usarla per i propri scopi. Anche e soprattutto nella comunicazione. La campagna di Barack Obama ha fatto un uso intenso della tecnologia, ma credo sia stata la campagna elettorale più “umana” della storia. Parlando ancora delle potenzialità della rete, il guerrilla marketing si avvale da tempo del cosiddetto seeding, ossia la possibilità di diffondere come un virus un messaggio magari rivolto inizialmente ai normali spettatori della performance, quali sono le tue considerazioni su questa tecnica. Abbiamo lavorato con i danesi di Go Viral, i maestri mondiali del seeding. Loro lo hanno elevato a una scienza quasi esatta, ma è una forma di pianificazione media. Hanno un database sterminato, pianificano con tanta e tale precisione che possono “vendere” il numero di riproduzioni esatte di un filmato. Chapeau. Spesso ci chiedono del seeding “fatto in casa”, quasi sempre rifiutiamo gentilmente. Il nostro lavoro ci porta a dover contattare le persone, dobbiamo far parlare dei nostri clienti, dei loro prodotti. E farne parlar bene, ca va sans dir. Il faro che ci guida in questo è la rilevanza. Prima di inviare una singola mail ci chiediamo: interesserà a chi la riceve? Non è solo etica, è anche efficacia. Sparare nel mucchio costa molto tempo e se non si ha qualcosa di rilevante da dire è difficile portare a casa i risultati. Spesso poi, i risultati migliori si ottengono stando in Rete, con le persone e raccontando le cose in modo semplice e trasparente. A forza di parlare e condividere idee ne uscirà una con le gambe lunghe, che comincerà a camminare da sola. Probabilmente il viral marketing non esiste, ma semplicemente “succede”. 1 http://www.guardian.co.uk/technology/2008/ nov/06/internet-blackberry-social-networking Fabio Antonacci ([email protected]) 23 Arrivederci a settembre con Subvertising 21