Guerrilla Girls Shakira Marco Massarotto (Hagakure)

Transcript

Guerrilla Girls Shakira Marco Massarotto (Hagakure)
Guerrilla Girls
arte attivista
Shakira
she wolf
Marco
Massarotto
(Hagakure)
e il corporate blogging
D
D
onne e
guerrilla
ietro un grande uomo, c’è sempre una grande
donna. Pare l’abbiano detto i latini. La sfilata di
politici al G8 di questi giorni, al di là di ogni risultato
da telegiornale, ci ha ricordato che anche questi signori, quasi tutti, alla sera devono fare i conti con il gentil
sesso. Chissà se e come avranno discusso Michelle
e Obama per quell’occhiata indiscreta di lui. Carla,
c’è da giurarlo, sarà stata assai meno gelosa, vista
la sua storia nata già rocambolescamente. Uomini
“grandi” a detta di loro stessi, e donne che li seguono
e li completano. Mentre loro sono intenti in luculliane
“colazioni” di lavoro, loro visitano le zone terremotate
come un gruppo di normalissime e quotidiane amiche,
superiori alla diversità dei mondi da cui provengono e
realmente interessate, si commuovono. E’ innegabile,
sono immagini che completano, migliorano, ingrandiscono quelle dei loro uomini, curiosamente spesso
accomunati da tutt’altro che grande statura (fisica).
E nella pubblicità? Ci sono donne che hanno firmato
i claim più famosi, quelli entrati nell’uso quasi quoti-
diano di esprimerci con i nostri simili. Moltissimi uffici
marketing e comunicazione sono in mano a donne, e
funzionano benissimo. Del resto, avevamo dubbi? Si,
li avevamo, ma non certo innati da un maschilismo insito nel dna quanto forzati dallo stato delle cose, dalle
proporzioni dei numeri che riempiono le annuali statistiche sull’argomento. Questo che avete tra le mani o
tra i pixel del vostro computer non è un numero che
incita la rivolta femminista, né tanto meno che sostiene
una gender war. Ci siamo chiesti: cosa succede alle
donne quando si entra nel campo (nuovo) del guerrilla
marketing? A livello teorico, le intervistate ci hanno detto nulla, anzi...pure meglio. A livello pratico, abbiamo
faticato non poco a reperire nomi, fatti, case history.
Troppi impegni? Troppe vacanze estive? No, la realtà è che le donne nel guerrilla marketing ci sono, ma
sono poche. Perché? Cosa ne pensano pubblicitarie,
docenti, blogger e creative? Subvertising ha chiesto,
e le donne, grandi, hanno risposto. Buona lettura.
Francesco Rossi
Direttore (IR)Responsabile
[email protected]
3
Colophon
Subvertising
Anno III, numero 20 del 15 luglio 2009
5
Pubblicità
Barbara Zanardi
([email protected])
6
Grafica e impaginazione
Frameart.it
Edizioni Cnet Web
Mensile iscritto presso il Tribunale di Bologna,
numero 7803 del 16/10/2007
Subvertising.it
Non perderti nessun numero di Subvertising.
Clicca su www.subvertising.it e scarica gratuitamente anche i numeri precedenti. Inoltre
puoi iscriverti alla newsletter e ricevere in
abbonamento il magazine direttamente nella
tua casella di posta.
Blog News
She wolf
Direttore Responsabile
Francesco Rossi ([email protected])
Comunicati stampa, informazioni
o altre richieste
[email protected]
BLOG NEWS
12
16
17
Donne e guerrilla
She wolf
M
entre in Italia si infiamma il dibattito sulla necessità o meno di chiudere le porte alla speranza,
sul web continua a imperversare, progredendo, una
democratica voglia di condivisione e partecipazione,
un desiderio che ha dimostrato di essere in grado di
abbattere la più imponente delle censure.
L’ascendente bisogno di incontro e di scambio liberalizzatosi nel cyberspazio, ha sedimentato nelle strategie di comunicazione la consapevolezza dell’esi-
Mask-ulinity
Marketing di frontiera
Hagakure
stenza di un percorso evolutivo non più in grado di
garantire i permanenti stadi di sviluppo dei bei tempi
andati. A confermarlo sono i ripetuti segnali, captati
dalle obsolete antenne dei questuanti di visibilità e
rappresentati dalle incessanti richieste (sempre più
avanzate dagli utenti), di imbottire il pane quotidiano non soltanto di stuzzicanti video o di avvincenti
advergame ma anche di caserecci contributi autoprodotti.
L’accresciuto livello di attenzione nei confronti di
questo neonato stimolo, ha avviato interessanti e
sperimentali percorsi di comunicazione in cui il consumatore/utente, allontanatosi dal ruolo di mero untore al quale era stato relegato nella fase embrionale
del viral marketing, diventa finalmente parte attiva
nella costruzione delle campagne.
Esattamente in questa fresca e trascinante corrente,
si immerge la campagna realizzata per il lancio di
She Wolf, titolo del primo singolo estratto dall’ultimo
lavoro di Shakira, la cui uscita ufficiale, prevista per
il 13 luglio, è stata preceduta, il 29 giugno scorso, da
un’anteprima in spagnolo.
La singolarità di questa case history risiede principalmente nel grado di coinvolgimento raggiunto dal
target, la cui partecipazione non ha avuto bisogno di
essere stuzzicata dalla messa in palio di alcun premio.
Come nella più classica campagna virale, tutto è iniziato con la comparsa di un fake girato a New York,
che mostrava la raccapricciante scena di una donna
intenta a completare il proprio pasto, costituito da
un malcapitato e decisamente defunto passante, e
con la creazione di un canale Youtube ad opera di
un fantomatico cacciatore che asseriva di essere da
sempre sulle tracce della pericolosa lupa e di voler
raccogliere ulteriori informazioni utili alla sua cattura.
Avviato il gioco e affidata la regia al crescente microblogging, nel giro di pochi giorni, da tutto il mondo,
sono sbucati avvistamenti e testimonianze dei feroci,
quanto scherzosi, attacchi della Loba, tutti rigorosamente realizzati da utenti, in larga parte costituiti da
informatissimi fans della reginetta colombiana del
pop, che si sono divertiti a tessere consapevolmente
le maglie di questa piccola campagna dall’interessante riscontro mediatico.
Così, dopo aver adottato il futuro ed eponimo fondatore di Roma, fagocitato la nonna di cappuccetto rosso e ballato con Kevin Costner, questo affascinante e
misterioso animale torna, dopo poco più di un mese,
a rendersi nuovamente protagonista del palcoscenico virale della comunicazione. Dopo l’ eccezionale
successo di Three Wolf Moon, è toccato questa volta a She Wolf avvalorare l’importanza raggiunta dal
viral marketing nel processo di democratizzazione
dei contenuti e dimostrare come, in alcuni casi, le
battaglie possano essere combattute (e vinte) senza l’ausilio di potenti armamenti, ma semplicemente
mettendo in campo ambizioni e capacità, accompagnate da una buona dose di entusiasmo.
Daniele Magliocca (viralmente.blogspot.com)
5
e
e
n
Don rilla
guer
di Marina Costabile (ilguerrillero.wordpress.com)
6
7
e
e
n
n
Do rilla
guer
di Marina Costabile (ilguerrillero.wordpress.com)
I
l guerriglia marketing è “maschio”, ma solo in termini di correttezza grammaticale e semantica. In
questo settore sono molteplici le donne che occupano posizioni di responsabilità anche se, soprattutto in Italia, si è costretti ancora a parlare di “quote
rosa”. I numeri e i dati, sebbene in crescita, sono
preoccupanti. Secondo la classifica stilata dal World
Economic Forum, su 128 paesi, l’Italia si trova all’84°
posto in base all’indice di disparità tra ruoli e stipendi
di uomini e donne.
Riguardo al tema donne,marketing e guerriglia sono
state raccolte le opinioni di alcune donne del settore.
Annamaria Testa.
“Uno dei più brillanti talenti creativi
italiani”. Si occupa di comunicazione e di creatività e ha scritto diversi testi sull’argomento. E’ realizzatrice del sito dedicato ai temi della
creatività Nuovoeutile.it.
Parlando di discriminazione di genere nell’ambito
lavorativo afferma che il mondo dell’ADV fortunatamente tende a premiare il talento ed il merito. Differente è la situazione quando si interagisce con aziende che hanno una diversa cultura interna e quando
si tratta dei ruoli di governo delle agenzie.
Disuguaglianza tra uomini e donne. Su questa tematica dichiara che l’affermare di essere migliore rispetto all’altro non è mai una cosa buona. Bisogna però
ammettere che, come ci dicono i dati ministeriali, le
donne escono dall’università prima, meglio preparate e con voti migliori ed inoltre sono mediamente più
flessibili e più abituate al multitasking.
Entrando nello specifico del guerriglia e dell’ Italia,
fiduciosa crede che prima o poi ci si accorgerà che
8
un buon progetto-guerriglia può offrire un rapporto
investimento/risultati davvero interessante.
Volendo indicare dei requisiti essenziali per intraprendere questa carriera dice: eccellente formazione
di base e specialistica, essere informati, capacità di
gestire la complessità, tenacia, curiosità ed energia.
Eleonora Chiomento.
Creativa dell’agenzia di comunicazione ed eventi
Piano B di Milano.
Definisce il settore del guerriglia ancora un campo
“unisex” per l’alone di novità e mistero che lo accompagna. La creatività è alla base della realizzazione
di un buon lavoro, a prescindere dal sesso. La novità
del settore permette alle donne di partire dallo stesso livello degli uomini. Anzi, le donne possiedono
armi emotive e caratteriali che possono distinguerle
positivamente dai colleghi maschi.
La sensibilità volta ad osservare per cogliere lati differenti ed originali, la maggiore capacità di analisi,
il “romanticismo”, l’essere sognatrici, considera queste le doti caratterizzanti dell’universo femminile che
permettono di svolgere al meglio la professione di
guerriglia woman.
Per quanto riguarda la situazione italiana crede che
il guerriglia sia praticamente inesistente. Il problema
non lo rintraccia nella mancanza di creatività, ma
nelle aziende, nella mancanza di conoscenza e di
informazione sul marketing non convenzionale. Si
domanda “Come fanno i creativi italiani a pensare
delle idee stupefacenti e geniali di guerriglia se poi le
aziende si inorgogliscono nel definire nei comunicati
stampa “azione di guerriglia” un’attività di volantinaggio??“.
e
e
n
n
Do rilla
guer
di Marina Costabile (ilguerrillero.wordpress.com)
In ultimo consiglia a chi vuole iniziare questa professione di far lavorare continuamente la mente, di
osservare tutto e dare agli oggetti delle funzioni e usi
non convenzionali. Altre caratteristiche fondamentali
sono la curiosità e il tenersi informati. Tutto può essere d’ispirazione. Non di poco importanza infine è il
credere in se stessi.
Costanza Calabresi.
Una delle quattro menti all’origine
del portale Tooquoque.com, il primo social network italiano di campagne user generated.
In merito alla discriminazione pensa che il mondo del
marketing non ne sia immune, ma che per fortuna,
una buona idea non ha sesso e sta al committente
valutarne l’efficacia.
La sensibilità delle donne rivolta al lato emozionale
la considera una marcia in più nell’advertising e nel
guerriglia, anche se per far funzionare il tutto c’è
bisogno di entrambi i punti di vista.
Per quanto riguarda l’esperienza italiana, ritiene che
esista ancora nelle aziende un timore diffuso nel provare un percorso “differente”, che deriva dalla poca
conoscenza del web e delle sue potenzialità. E’ necessario che le aziende inizino a giocare con il loro
brand, ad affrontare il confronto diretto con gli utenti,
a “darsi in pasto” alla community. Anche se rischioso
si rivela poi molto costruttivo. L’unico suggerimento
che si sente di dare a chi vuole intraprendere questa
professione è credere nel proprio percorso. Il motto
del suo team è: “giocare senza paura di osare.”. La
Rete ci mette tutti sullo stesso livello. Si può entrare in un mondo sconosciuto, e con molto impegno,
uscirne formati.
Emanuela Conti.
In passato è stata responsabile
marketing in un’azienda del settore meccanico e in un’ azienda specializzata nella produzione e commercializzazione di make-up. Ora
si dedica alla formazione e alla consulenza in area
marketing ed è docente di marketing presso la Facoltà di Sociologia dell’Università di Urbino.
Ritiene che nonostante esista ancora discriminazione nei luoghi di lavoro, oggi la donna ha molte possibilità per esprimersi e farsi valere specie quando
il livello di istruzione è elevato e si aspira a ricoprire
ruoli che richiedono un mix di conoscenze tecniche,
capacità relazionali e creatività.
La diversità tra uomini e donne la intende come complementarietà. Vantaggioso sarebbe lavorare insieme per unire e valorizzare le competenze. Inoltre
l’essere madre porta la donna ad avere una più forte
attenzione e preoccupazione verso l’altro. Peculiarità che le permette di individuare dettagli che a prima
vista sfuggono e che le consente di ottenere maggiore collaborazione dalle persone che intende studiare. Nella traduzione delle informazioni raccolte sulla
domanda in specifici prodotti, servizi o esperienze,
inoltre, può essere più fantasiosa e bizzarra dell’uomo, non a caso si dice che “la curiosità è femmina”
oppure che “ne sanno una più del diavolo”.
Pone l’attenzione sul fatto che nel nostro Paese, ancora prima del guerriglia, sia poco diffuso un orientamento al mercato vero e proprio. Le piccole e le
piccolissime imprese, spina dorsale della nostra
economia, pur essendo orientate al cliente non possiedono spesso una cultura di marketing . Occorrono
dunque maggiore apertura
9
e
e
n
n
Do rilla
guer
di Marina Costabile (ilguerrillero.wordpress.com)
da parte dei vertici aziendali e maggiori risorse da
impiegare nel marketing. Oggi l’investimento in ricerche di mercato, in innovazione tecnologica, in
costruzione del brand, in comunicazione, ecc. viene
troppo spesso considerato un costo da limitare. E’
necessario che le società di consulenza specializzate nel guerriglia facciano capire al piccolo imprenditore che ogni azienda può ricorrere a tale modalità di
comunicazione, grazie anche ai costi più contenuti
rispetto ai canali tradizionali di comunicazione.
paesi, l’Italia ha avuto da sempre tempi più lunghi.
Afferma:“Produciamo buoni frutti ma in tempi non
troppo brevi”.
Per terminare ecco gli elementi distintivi che dovrebbe possedere chi aspira a questa occupazione: determinazione, capacità relazionale, originalità e tanto
studio.
Rossana Cipolletta.
Studentessa universitaria presso
la Facoltà di Sociologia dell’Università di Urbino. Autrice del blog
womaninadv.wordpress.com
A suo parere le donne hanno una marcia in più soprattutto nella sponsorizzazione di tutti quei prodotti
che le riguardano da vicino. Ricorda che in passato
(anni ‘60/’70 in particolare) esse venivano considerate le RA (responsabile acquisti), in quanto uniche
addette al soddisfacimento dei bisogni e desideri
della famiglia. Avendo la donna il compito di scegliere i prodotti migliori per la pulizia della casa, per
l’igiene personale, per gli articoli da bambino e molto
altro ancora, risulta più competente nell’attuazione
di tecniche di comunicazione destinate soprattutto a
quei specifici settori. Lo scarso sviluppo del guerriglia marketing lo collega all’ “arretratezza” che caratterizza il nostro Paese in diversi campi. In particolar modo nell’ambito pubblicitario, rispetto ad altri
10
11
di Francesco Porzio ([email protected])
12
13
di Francesco Porzio ([email protected])
S
ono passati quasi venticinque anni da quando
un gruppo di anonime femministe ha cominciato ad apparire in pubblico indossando maschere da
gorilla e adottando come pseudonimi i nomi di importanti protagoniste della storia dell’arte ora decedute.
Era il 1985 ed il MOMA di New York inaugurava una
mostra dal titolo “An International Survey of Painting
and Sculpture” dove venivano esposti i lavori di 169
artisti: di questi solo 13 erano donne. Il curatore Kynaston McShine aggiungeva che tutti gli artisti non
inseriti nel catalogo avrebbero fatto bene a riconsiderare la propria carriera.
Perché le artiste degli anni
‘70 facevano meno fatica
che negli ‘80 ad esibire i
propri lavori? Perché le
gallerie boicottavano i loro
lavori, visto che quasi tutte
esponevano opere di uomini? Questione di qualità
o di pregiudizio? Qualcuno
decise che era il momento di restituire un guizzo di
ironia alla protesta femminista. Soho era il terreno
giusto. Protagoniste della
prima imboscata furono
le “girls” le cui maschere
da gorilla consentivano di
tutelare la propria identità,
e al tempo stesso di acquisire una visibilità finora
sconosciuta, come il passamontagna per gli Zapatisti del Chiapas, che li ha
resi visibili e quindi protetti
dallo sterminio. Le armi a disposizione: poster e adesivi. Le prime reazioni? Scetticismo, shock, rabbia e
14
ovviamente... molto “buzz”. Improvvisamente l’argomento delle Guerrilla Girls diviene “l’Argomento” al
centro di parecchi incontri, feste, discussioni e vernissage. Nomi come Frida Kahlo, Rosalba Carriera,
Kathe Kollwitz, Eva Hesse cominciano ad essere
associati a lavori provocatori e critici nei confronti
dell’arte istituzionale: poster ma anche billboards,
pannelli pubblicitari sui bus, pagine sui magazine,
azioni di protesta, petizioni. Ottimamente architettate: con sorpresa scopriamo ad esempio che le Guer-
di Francesco Porzio ([email protected])
si intendono quelli della Chiesa Cattolica, che fino al
1869 consentiva l’interruzione di gravidanza.
Sono soprattutto i manifesti applicati sulle pareti dei
bagni all’interno dei musei più prestigiosi a rendere
orgogliose alcune delle Guerrilla Girls. In quasi 25
anni di lavoro partecipano ad un numero incredibile di esposizioni. Giusto per non dimenticare la provincia italiana nel 2005 sono anche alla Biennale di
Venezia per protestare: come può essere possibile
to solamente dal 2% al 9%? Ma non
mancano neppure di realizzare alcuni
billboard di protesta contro le major di
Hollywood, ree di sfruttare nelle loro
produzioni i peggiori stereotipi femminili, e di limitare l’accesso alla carriera
di regista praticamente ai soli uomini.
rilla Girls sono per un “ritorno ai valori tradizionali
sul tema dell’aborto”, quando per valori tradizionali
che dalla prima edizione della manifestazione targata 1895, il numero di donne che espone sia passa-
Quante siano veramente e quale sia
la loro identità è appunto mistero. Di
certo sono migliaia, dicono. Non la
pensano tutte allo stesso modo, raramente si vota e le decisioni vengono
prese di solito con il consenso di tutti i
presenti. Alcune escono dal gruppo, la
maggior parte di esse vi rientra dopo
qualche giorno, mese o anno. “Tutte
hanno un poster che odiano parecchio o che amano altrettanto. Siamo
d’accordo sul poter essere in disaccordo. Forse la democrazia è questa.”
Forse... Sono passati venticinque
anni, ma se chiedi alle Guerrilla Girls
cosa faranno tra pochi minuti ti risponderanno sempre allo stesso modo:
“Torniamo là fuori, nella jungla. Torniamo al lavoro.”
15
di Francesco Porzio ([email protected])
Enel nei social media
per seguire i mondiali
di nuoto Roma09
E
nel entra a far parte del mondo dei social media per informare, condividere e coinvolgere
gli utenti della rete. Con Enel Sharing, l’account
ufficiale presente su Facebook, Twitter, Flickr e
Friendfeed è possibile seguire il Dream Team,
sette atleti italiani ai mondiali di nuoto Roma09
YouTube, Facebook, Twitter, Flickr e Friendfeed
sono i principali canali nei quali Enel ha scelto di
essere presente con Enel Sharing, il profilo ufficiale dell’azienda per interagire con gli utenti.
In occasione dei mondiali di nuoto Roma09, Enel,
partner ufficiale del campionato, seguirà sette tra
i più importanti atleti italiani: Tania Cagnotto, Valerio Cleri, Alessia Filippi, Filippo Magnini, Luca
Marin, Federica Pellegrini, Massimiliano Rosolino. Grazie a una presenza diffusa nei social media sarà possibile essere informati su anticipazioni, notizie e curiosità legate al campionato, vivere
le gare e condividere le emozioni dei campioni.
Sul branded channel di Enel su YouTube
(www.youtube.com/enelvideo) gli utenti potranno
16
vedere i video in esclusiva degli atleti, raccolti in
playlist dedicate ai singoli campioni.
Su Flickr (www.flickr.com/photos/enelsharing)
saranno a disposizione set fotografici con immagini inedite. Inoltre, per essere sempre aggiornati
su news e curiosità e per poter interagire con gli
atleti in maniera diretta e immediata, basterà seguire il profilo Twitter (twitter.com/enelsharing) di
Enel Sharing. L’account Facebook (www.facebook.com/enelsharing) ha lo scopo di informare e
condividere i contenuti audio e video riguardanti i
campioni e interagire con amici e fan. E grazie a
Friendfeed (friendfeed.com/enelsharing) sarà più
facile tenere traccia di tutti i contenuti multimediali pubblicati da Enel Sharing.
Dal 10 luglio è on line uno spazio ideato da Enel
(roma2009.enel.it/dreamteam) interamente dedicato ai sette campioni del Dream Team e ai mondiali di nuoto.
Info: [email protected]
17
Il marketing
di frontiera
Nuove metodologie
di lavoro e di ricerca:
cool hunting, cult searching
ed edge marketing
di Federica De Paulis ([email protected])
Il marketing
di frontiera
Nuove metodologie
di lavoro e di ricerca:
cool hunting, cult searching
ed edge marketing
di Federica De Paulis ([email protected])
N
ella nuova prospettiva del marketing orientato
al societing, il mercato è visto come una conversazione tra pari, dove, cioè, il consumatore non
è più visto come un individuo da manipolare per il
tornaconto personale dell’azienda ma un utente da
consultare perché parte attiva del processo di creazione di valore.
Per garantire una comunicazione pubblicitaria più
efficace e rispondente davvero alle esigenze
dei target di riferimento è dunque necessario
che lo studio del mercato non avvenga più
tanto “a tavolino”, “sui libri” o “dietro una scrivania”, quanto tra la gente, a contatto diretto
con i consumatori, spesso non solo per conoscere i loro bisogni, ma per crearli
In linea con questa nuova tendenza sono
nate figure professionali inedite, quali quella
del cool hunter, del cult searcher e dell’ edge
marketer.
Il cool hunter è un cacciatore di tendenze:
sue caratteristiche peculiari sono una spiccata curiosità e una buona dose di fiuto. Egli
ha il compito rintracciare stili e tendenze
culturali e di consumo non ancora completamente emersi, laddove essi sono, quindi,
ancora latenti.
Ogni cool hunter che si rispetti deve, dunque, possedere un’approfondita conoscenza del contesto socio-culturale di riferimento,
per potersi muovere al meglio; strade, piazze, locali notturni, sono, in questo senso, fucine di sub-culture, di mode e di stili in via
di formazione che aspettano solo di “esse-
re scovati”. A tal scopo ogni strumento sarà lecito:
macchine fotografiche, block notes, videocamere...
tutto, pur di catturare ciò che di più trendy c’è in giro.
Meglio ancora, poi, se si riesce, periodicamente, a
fare un salto a Londra, o a Tokyo, o a Barcellona, o
a New York, tanto per fare qualche esempio di cittàombelico del mondo!
Oltre ad una perfetta mappatura dei luoghi strategici
da frequentare e degli eventi mondani a cui partecipare, il cool hunter deve essere dotato di una fitta
rete di contatti con tutta una serie di hub della comunicazione, vale a dire persone che a loro volta
possiedono una grande capacità relazionale, e che
quindi conoscono con ogni probabilità gli ambienti
più vari e disparati: si tratta di pr e proprietari dei locali più “in”, giornalisti, organizzatori di eventi culturali, i
quali rappresentano un’ottima fonte di informazioni e
curiosità.
L’enorme mole di materiale raccolta dal cool hunter
deve essere sistematizzata
ed elaborata per poter essere utilizzata dai pubblicitari,
che dovranno successivamente creare dei collegamenti tra le nuove tendenze
e i vari brand.
Questo lavoro di selezione spetta ad un’altra figura
nascente: quella del cult searcher
, che, difatti, si occuperà di cercare tra la corposa documentazione del cool hunter, i trends più appetibili da proporre a marketers e
pubblicitari.
Mentre quello del cool hunter è un lavoro di instinto,
basato sul carpe diem, cioè sull’incontrare le persone giuste o capitare nei luoghi cool al momento giusto, il cult searcher svolge un lavoro molto più metodico, sistematico.
Un caso molto calzante è sicuramente rappresenta-
to dalla Nike, che in tutti questi anni ha potuto contare sulla collaborazione e sull’apporto di personaggi
di spicco considerati molto influenti sui nuovi stili di
consumo, citando come esempio, fra gli altri, Aaron
Ross, famoso critico d’arte.
Dunque solo immergendosi nella quotidianità del
consumatore, vivendo come lui e muovendo i suoi
stessi passi, che i ricercatori di marketing riusciranno
a dar vita ad una comunicazione più in linea con i
suoi bisogni, ma ancor più con le sue passioni, con i
suoi desideri, con il suo modo di essere.
Per maggiori informazioni, si invita alla
consultazione dei testi:
Gabriella D’Ambrosio, Le nuove terre della
pubblicità, Meltemi Editore
Cova,
Pallera,
Giordano,
Marketing
non
convenzionale, Il Sole 24 Ore
nth
brain of the mo
nth
brain of the mo
Marco Massarotto
Il fondatore della buzz agency Hagakure
sul guerrilla, i blog e la web generation
N
on mi è mai piaciuto etichettare la rete, generalmente cerco di non usare mai espressioni quali
web 2.0, credo che di web ne esista uno e uno soltanto, che si è evoluto con gli anni, questo è sotto gli
occhi di tutti, quello della condivisione e della libera espressione. Avviene di costante che un numero
sempre maggiore di aziende accetti l’importanza di
“vivere” da vicino questo universo sfruttando la sua
grande capacità, quella di saper dare una voce alle
persone che lo compongono. Così percezioni, sentimenti e opinioni diventano un ulteriore, nuovo modo
di capire cosa la gente pensa di noi. Un dialogo che
sembrava potesse essere solo
unidirezionale, quando i siti vetrina la facevano da padrone,
un dialogo che sta diventando
bidirezionale dal momento in
cui la naturale evoluzione a cui
stiamo assistendo ha portato
alla nascita di strumenti naturalmente a doppia via, quali i
blog o i social network. Parlando con Marco Massarotto, fondatore di Hagakure, abbiamo
cercato di capire quali possono essere le differenze
tra quello che succede in Italia e quello che succede
oltremanica, dove uno strumento come il corporate
blog è ormai parte integrante della cultura popolare.
Noi siamo il paese delle piazze e dei caffè, dei palazzi e dei salotti. Il nostro “networking” è storicamente
stato centrato sul contatto diretto: la piazza, la chiesa, il bar. Lo ha notato anche il Guardian, sbeffeggiandoci in un purtroppo celebre articolo di qualche
mese fa1.
La refrattarietà alle tecnologie e al loro uso nel nostro paese ha anche una matrice infrastrutturale: cablare le pianure degli Stati Uniti, per quanto lunghe,
22
è meno complesso che cablare i nostri paesini arrampicati sugli Appennini.
Detto questo però esiste una nuova “Web Generation” italiana che promette molto bene. Il 2009 è un
anno che ha visto spuntare progetti, Venture Capitalist, voglia di innovazione. Anche i grandi gruppi industriali si sono “tolti la giacca” e vanno ai barcamp. E’
un’Italia un po’ più blogger, quella che ci ha portato il
2009. Diamo tempo ai nostri manager di assimilare
un nuovo modo di relazionarsi con il mercato, con i
consumatori, ma anche con i loro uomini in azienda.
Questa era digitale assomiglia molto più a un nuovo
Umanesimo, che a un mondo
Orwelliano. Mi aspetto molto
anche da chi oggi fatica a comprendere le logiche della Rete.
Il Cluetrain Manifesto ha in
parte rivoluzionato il mondo di
intendere la comunicazione,
David Weinberger e gli altri coautori hanno dato vita a 99 regole che ancora fluttuano negli
ambienti della rete, Marco e
il suo team hanno sentito il bisogno di condividere
10 punti altrettanto importanti. un piccolo progetto collettivo che vuole distillare le esperienze, non
solo nostre, di questi ultimi anni e portare dentro le
aziende (quelle per cui lavoriamo e non solo) una
fiaccola che getti un po’ di luce su quella che ci piace
chiamare “La parte abitata della Rete” (Cit. Granieri/
Maistrello).
Il paragone, per quanto lusinghiero, rischia di offendere David Weinberger, persona straordinaria
che ho avuto la fortuna di avere ospite a Milano,
e i suoi coautori.
Fabio Antonacci ([email protected])
Marco Massarotto
Il fondatore della buzz agency Hagakure
sul guerrilla, i blog e la web generation
Loro hanno cambiato il modo di intendere il Business, noi cerchiamo di mettere in pratica questo
nuovo modo.
Community First è un manifesto nel vero senso della parola, ne stiamo stampando centinaia di copie.
Ed è davvero virale, nel senso che chiunque voglia
sottoscriverlo ne riceverà 10 copie da dare ai propri
clienti.
Un manifesto che ci fa capire da vicino quanto è importante per Hagakure dare ascolto alle persone,
E’ importantissimo perché ti dà la mappa del territorio dove ti dovrai muovere. Ti fa capire i punti di forza
e i punti deboli di un brand. E per chi deve costruire
un piano di comunicazione sono le prime informazioni che servono. Dove sono i fans della marca? Dove
c’è maretta e ci si dovrà confrontare con le difficoltà e
i problemi che qualunque prodotto ha? Non iniziamo
quasi nessun lavoro senza una approfondita analisi
della Brand Reputation.
L’altro motivo per cui è fondamentale l’ascolto continuo è che non sai mai da dove nasce un’opportunità
(o un pericolo) e se non si vive profondamente immersi nel tessuto della Rete non si coglieranno mai
tutti i segnali.
La rete è estremamente people-oriented, questo
aspetto sta andando di pari passo con la sua naturale evoluzione, quanto conta il fattore umano nel vostro lavoro? Fin dove si spingono i software analitici
e dove cominciano gli essere umani?
Internet sta unendo le persone come mai prima nella storia dell’uomo. Sta sovvertendo molte regole di
convivenza obsolete, disegnando un nuovo tessuto
sociale, nuove forme e possibilità di interazione e conoscenza.
Ben vengano la tecnologia e l’automazione, quando
possono aiutare l’uomo. Facciamo attenzione però
che, soprattutto per chi deve comunicare, nessun algoritmo ha ancora lontanamente maturato né l’intelligenza (interpretativa e decisionale) né la sensibilità e
la finezza di un buon comunicatore. Servono uomini
che non temono la tecnologia, ma che sanno usarla
per i propri scopi. Anche e soprattutto nella comunicazione. La campagna di Barack Obama ha fatto un
uso intenso della tecnologia, ma credo sia stata la
campagna elettorale più “umana” della storia.
Parlando ancora delle potenzialità della rete, il guerrilla marketing si avvale da tempo del cosiddetto seeding, ossia la possibilità di diffondere come un virus
un messaggio magari rivolto inizialmente ai normali
spettatori della performance, quali sono le tue considerazioni su questa tecnica.
Abbiamo lavorato con i danesi di Go Viral, i maestri
mondiali del seeding. Loro lo hanno elevato a una
scienza quasi esatta, ma è una forma di pianificazione media. Hanno un database sterminato, pianificano con tanta e tale precisione che possono “vendere” il numero di riproduzioni esatte di un filmato.
Chapeau. Spesso ci chiedono del seeding “fatto in
casa”, quasi sempre rifiutiamo gentilmente. Il nostro
lavoro ci porta a dover contattare le persone, dobbiamo far parlare dei nostri clienti, dei loro prodotti. E
farne parlar bene, ca va sans dir. Il faro che ci guida
in questo è la rilevanza. Prima di inviare una singola
mail ci chiediamo: interesserà a chi la riceve? Non
è solo etica, è anche efficacia. Sparare nel mucchio
costa molto tempo e se non si ha qualcosa di rilevante da dire è difficile portare a casa i risultati.
Spesso poi, i risultati migliori si ottengono stando in
Rete, con le persone e raccontando le cose in modo
semplice e trasparente. A forza di parlare e condividere idee ne uscirà una con le gambe lunghe, che
comincerà a camminare da sola. Probabilmente il
viral marketing non esiste, ma semplicemente “succede”.
1
http://www.guardian.co.uk/technology/2008/
nov/06/internet-blackberry-social-networking
Fabio Antonacci ([email protected])
23
Arrivederci
a settembre con
Subvertising 21