Introduzione - Apogeonline

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Introduzione
Permettetemi di iniziare questa Introduzione confessando alcune mie convinzioni.
In primo luogo, credo che il ruolo della teoria e dei modelli teorici sia quello di
fornirci gli “attrezzi” necessari a capire, analizzare e risolvere problemi concreti. Ogni
modello teorico dovrebbe essere giudicato non per la sua eleganza e complessità, ma
per la sua funzionalità alla risoluzione di problemi pratici.
In secondo luogo, a mio parere, i principi fondamentali della finanza aziendale
sono essenzialmente principi di buon senso, e non hanno subìto radicali cambiamenti
nel tempo. Né ciò dovrebbe stupire: la finanza aziendale, come disciplina, ha una
storia di solo qualche decennio, mentre attività imprenditoriali sono state portate
avanti per millenni; sarebbe davvero presuntuoso, perciò, pensare che imprenditori
e aziende abbiano brancolato nel buio fino all’arrivo dei teorici di finanza aziendale.
Certo, questi ultimi hanno fatto enormi progressi nell’inquadrare quei principi fondamentali in una struttura organica e coerente, ma i progressi fatti hanno riguardato
prevalentemente elementi di dettaglio. I principi guida sono rimasti sostanzialmente
uniformi nel tempo.
Ed eccoci al primo tema di questo libro, che si snoda proprio intorno a tali
principi guida. In un’ottica di finanza aziendale, tutte le decisioni aziendali sono
fondamentalmente riconducibili a tre grandi gruppi:
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dove investire i fondi e le risorse disponibili (politiche di investimento);
dove e come ottenere i fondi necessari per finanziare tali investimenti (politiche
di finanziamento);
quanto restituire agli investitori, e sotto quale forma (politiche di dividendo).
Lo schema in Figura 1 sintetizza i principi guida e fornisce allo stesso tempo anche
una mappa per il libro. Ogni sezione del libro si riferisce a una parte di tale schema.
In altre parole, ogni parte del libro è chiaramente riconducibile a questo schema
concettuale di fondo.
Scorrendo l’indice del libro, ci si può chiedere che fine abbiano fatto i capitoli
sul valore attuale, sulle opzioni e sulle obbligazioni, oppure i capitoli sulla gestione
della tesoreria e del capitale circolante, sui temi di finanza internazionale e su altri
argomenti tradizionalmente presenti in testi di finanza aziendale. Il primo gruppo
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Figura 1
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di capitoli ha per oggetto strumenti tecnici piuttosto che elementi di contenuto; ho
perciò preferito includerli nelle appendici, per evitare di distogliere l’attenzione dai
principi guida. Per esempio, è certo importante capire il concetto di valore temporale
del denaro, ma solo nel contesto della valutazione dei progetti d’investimento (capital
budgeting) e delle valutazioni di azienda. Allo stesso modo, la teoria delle opzioni
è certo elegante e fornisce spunti di notevolissimo interesse, ma solo nel contesto
delle opzioni implicite nelle decisioni di investimento (le cosiddette opzioni reali) e
di strumenti di finanziamento quali le obbligazioni convertibili.
Il secondo gruppo di capitoli è invece stato escluso per una ragione ben diversa.
A mio parere, i principi che dovrebbero guidare la decisione su quanto tenere in
magazzino, o quali dilazioni di pagamento concedere ai clienti, non sono affatto
diversi dai principi che guidano la decisione di costruire una fabbrica, comprare
macchinari o aprire nuovi negozi. In altre parole, non c’è nessuna ragione logica per
distinguere gli investimenti in capitale fisso (che la maggior parte dei testi di finanza
aziendale tratterebbe nella sezione dedicata al capital budgeting) dagli investimenti
in capitale circolante (che verrebbero inclusi nella sezione dedicata alla gestione del
capitale circolante). In entrambi i casi, l’investimento va effettuato se e soltanto se
il rendimento da esso atteso supera il costo. Il fatto che uno sia nel breve periodo e
l’altro nel lungo è irrilevante.
Stesso discorso per i temi di finanza internazionale. È concepibile che le politiche
di investimento e finanziamento di un’impresa che investe in Tailandia e vende in Thai
Baht siano ispirate da principi diversi rispetto alle politiche di investimento e finanziamento di un’impresa che investe negli Stati Uniti e vende in dollari statunitensi?
Io credo di no; ma trattare questi argomenti separatamente, a mio parere, potrebbe
dare al lettore tale impressione.
Infine, molti testi di finanza aziendale riservano un capitolo apposito per le
problematiche specifiche alla piccola impresa e alle imprese non quotate, al fine di
evidenziarne le peculiarità rispetto alle tradizionali imprese quotate in Borsa (adoperate come caso base in tutti gli altri capitoli). Se è vero che tali differenze esistono,
le somiglianze sono di gran lunga maggiori, a ulteriore dimostrazione dell’intrinseca
coerenza dei principi di finanza aziendale.
Ed eccoci al secondo tema fondamentale di questo libro: la universalità dei principi di finanza aziendale, per diverse aziende, in diversi settori industriali, in diversi
Paesi e mercati, attraverso l’intero spettro delle decisioni aziendali.
Per rendere vivo questo senso di universalità, nell’illustrare ogni singolo concetto,
lungo l’intero libro, ho utilizzato cinque imprese diverse: una grande impresa statunitense quotata in Borsa (Disney), un’impresa di minori dimensioni e operante in un
emerging market (Aracruz Celulose, una società brasiliana), una società manifatturiera indiana che fa parte di un gruppo famigliare (Tata Chemicals), un’istituzione
finanziaria europea (Deutsche Bank) e una piccola impresa non quotata (Bookscape,
un’immaginaria libreria di New York).
Sebbene l’utilizzo di casi reali per esemplificare principi teorici non sia certo una
idea nuova né tantomeno rivoluzionaria, credo ci siano due differenze chiave nel modo
in cui ciò viene fatto in questo libro. In primo luogo, queste imprese sono analizzate
in ogni aspetto di finanza aziendale introdotto nel libro, piuttosto che utilizzate come
esempi in un contesto specifico. Ciò consente al lettore di apprezzare somiglianze e
differenze nel modo in cui i principi relativi alle politiche di investimento, finanzia-
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mento e dividendo vengono applicati a imprese molto diverse. In secondo luogo, non
ho voluto scrivere un libro dove casi reali vengono analizzati per spiegare principi
teorici; al contrario, in questo libro la teoria è presentata come supporto ai casi
reali. Tornando alla iniziale metafora della teoria come “cassetta degli attrezzi” per
capire problemi concreti, questo è un libro dove la risoluzione dei problemi prende
il proscenio e gli attrezzi teorici di supporto agiscono dietro le quinte.
Leggere la teoria e gli esempi può essere istruttivo e, spero, interessante, ma non
c’è strumento educativo migliore che provare da sé. Ho cercato di rendere questo
libro uno strumento di apprendimento attivo in vari modi.
Anzitutto, introducendo, a intervalli regolari, domande di verifica per sollecitare
la riflessione del lettore. Per esempio, nel Capitolo 7:
Domanda di verifica 7.2
Effetti della diversificazione sull’attività di venture capital
Stai comparando i rendimenti richiesti da due fornitori di venture capital interessati a
investire nella stessa impresa di software. Uno di essi ha investito tutto il suo capitale in
imprese di software, mentre l’altro lo ha investito in piccole imprese operanti in numerosi
settori. Quale dei due avrà il maggiore tasso di rendimento atteso?
a.
b.
c.
Il venture capitalist che ha investito soltanto in imprese di software.
Il venture capitalist che ha investito in diversi settori.
Non è possibile rispondere alla domanda, in mancanza di maggiori informazioni.
La domanda è finalizzata a verificare l’apprendimento di un concetto introdotto in
un capitolo precedente (la differenza fra rischio diversificabile e non) attraverso la
sua applicazione a un caso concreto.
La risposta a sua volta esporrà il lettore a ulteriori quesiti, del tipo: è prevedibile
che, in futuro, a fornire venture capital saranno sempre più fondi altamente diversificati? In tale eventualità, cosa dovrebbe fare un venture capitalist specializzato in
un settore industriale per continuare a competere? Spero che tali domande consentiranno al lettore di apprezzare quello che, almeno secondo me, è uno degli aspetti più
stimolanti della finanza aziendale, vale a dire la sua capacità di fornire una chiave di
lettura della realtà circostante e della sua possibile evoluzione.
Il secondo modo in cui ho cercato di rendere questo libro un’esperienza di apprendimento attivo è l’introduzione alla fine di ogni capitolo di un live case study.
Queste pagine conclusive in sostanza contengono uno schema per applicare i concetti
introdotti nel capitolo a un’azienda a scelta del lettore, e offrono indicazioni su come
ottenere le informazioni necessarie per rispondere alle domande.
Se è vero che la finanza aziendale ci fornisce uno schema di riferimento intrinsecamente coerente per l’analisi di ogni azienda, infatti, nessuna analisi potrebbe
essere effettuata senza informazioni. Un sapiente utilizzo delle informazioni richiede
tre operazioni: raccogliere i dati, identificare quali sono rilevanti ai fini dell’analisi,
tenerli costantemente aggiornati. Nei limiti in cui la carta stampata lo consente,
questo libro valorizza al massimo l’importanza dell’informazione online e su Internet:
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Le domande dei live case study, sono accompagnate da riferimenti alle fonti.
Tabelle di dati difficilmente ottenibili su Internet o specificamente legati a questo libro, come per esempio le versioni aggiornate di alcune tabelle presenti nel
testo, sono disponibili nel booksite abbinato al libro. Per esempio, la tabella che
contiene tasso di dividendo (dividend yield) e rapporto di distribuzione degli utili
(payout ratio) per settori industriali per il più recente trimestre è richiamata nel
Capitolo 10 come segue:
Nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questo capitolo, trovate valori medi di
settore di tasso di dividendo e rapporto di distribuzione degli utili delle società statunitensi.
•
Gli spreadsheet utilizzati nel libro per analizzare le diverse aziende sono disponibili sul booksite. Per esempio, lo spreadsheet utilizzato per stimare la struttura
del capitale ottimale per Disney nel Capitolo 8 è così indicato:
Nel nostro booksite, nella sezione a supporto di questo capitolo, trovate uno spreadsheet
che consente di calcolare l’indice d’indebitamento ottimale per qualunque impresa sulla
base del metodo del costo del capitale. In esso sono inoltre riportati indici di copertura
degli oneri finanziari e default spread aggiornati.
A chi ha già letto le prime due edizioni di questo libro gran parte di quanto ho scritto
in questa Introduzione suonerà familiare. Questa terza edizione, tuttavia, presenta
due importanti differenze:
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La crisi bancaria e dei mercati del 2008 ha lasciato delle cicatrici indelebili sulla
nostra psiche di investitori, facendo vacillare le nostre teorie su come stimare i dati
fondamentali e affrontare i principali trade-off. Pertanto, ho cercato di inserire
nella trattazione quanto ho appreso in termini di premi per il rischio azionario
e costi del debito in sofferenza.
Sono sempre stato scettico riguardo alla finanza comportamentale. Ritengo
tuttavia che questo ambito di studio abbia prodotto delle interessantissime osservazioni sul modo in cui si comportano i manager talmente interessanti che,
ignorandole, lo faremmo a nostro rischio e pericolo. Per questo motivo ho fatto
il mio primo tentativo di inserire parte delle teorie di finanza comportamentale
nelle decisioni di investimento, di finanziamento e dei dividendi.
Ho scritto questo libro con due obiettivi in mente. Il primo era scrivere un libro
che non solo riflettesse il modo in cui insegno la finanza aziendale, ma comunicasse
anche (e soprattutto) il fascino di questa materia, e il divertimento che ne traggo.
Il secondo era scrivere un libro per gli operatori del settore che anche gli studenti
potessero trovare utile, piuttosto che il contrario. Non so se ho pienamente raggiunto questi obiettivi, ma certo mi sono davvero divertito a provarci. Spero che
voi possiate dire lo stesso!
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Ringraziamenti
Vorrei ringraziare tutti gli studenti che hanno partecipato ai miei corsi, assistendo
pazientemente alle mie lezioni, aiutandomi a correggere gli errori, fornendo preziosi
suggerimenti e aiutandomi a perfezionare il messaggio. Vorrei inoltre ringraziare
tutti i recensori che hanno fornito il loro riscontro per le tre edizioni di questo libro:
Sankar Acharya (University of Illinois at Chicago), Steven J. Ahn (University of
Georgia), William H. Brent (Howard University), Miranda Lam Detzler (University
of Massachusetts, Boston), Kathleen P. Fuller (University of Georgia), Robert T. Kleiman (Oakland University), Michael J. Lee (University of Maryland), James Nelson
(Florida State University), Sarah Peck (Marquette University), Paul Pfleiderer (Stanford
University), Sunder Raghavan (Embry-Riddle University), Assem Safieddine (Michigan State University), Peruvemba K. Satish (Washington State University), Hany A.
Shawky (University at Albany), Paul A. Spindt (Tulane University), William Stahlin
(Stevens Institute of Technology), Mark Stohs (California State University, Fullerton),
Mahmoud Wahab (University of Hartford) e Jasmine Yur-Austin (California State
University, Long Beach).
Aswath Damodaran
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