Questione d`identità dell`AVO

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Questione d`identità dell`AVO
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18 ottobre 2014
ORE 9.30
Teatro Ariberto
Via Daniele
Crespi, 9 - Milano
Questione
d’identità
nell’era nuova
dell’AVO
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ONLUS MILANO
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o scorso anno
si è parlato di “Era nuova dell’AVO”.
Oggi dobbiamo porci la domanda sulla nostra identità se” l’imprinting” di AVO è rimasto quello originario o se si è trasformato e cosa
è diventato.
Occorre provare a dare una risposta alle domande che oggi ci poniamo “chi sono io?” e “ chi siamo noi?”
Dobbiamo essere consapevoli che il volontariato oggi non può più
essere caratterizzato unicamente da motivazione, dedizione, sacrificio
e convinzione di essere capace di interpretare le esigenze della società
e modificare e supplire le deficienze dei servizi pubblici, ma deve
agire in maniera integrata con strumenti e attività di intervento organizzati secondo un progetto pianificato e non improvvisato; la buona
volontà serve ma non è sufficiente, occorre essere preparati,
conoscere, imparare a essere obbiettivi, considerare le variabili e poi
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agire non solo con il cuore e l’istinto, ma anche con la testa.
I volontari AVO debbono presentarsi alla loro utenza, mondo sanitario e pazienti soprattutto, in modo univoco, ben identificato e riconoscibile, per cui ci siamo dati delle regole il cui rispetto è
essenziale.
Occorre rifuggire l’individualismo, la ricerca di soddisfazioni personali; dovremmo cancellare dal nostro vocabolario “il mio” per un
“nostro”.
E’ importante ricordare che il nostro rapporto con il malato e/o il parente deve essere di fraternità, più che di solidarietà.
Il volontario AVO è colui che è disponibile, aperto, sa ascoltare, è
discreto, collaborativo, curioso e innovativo, si mette al “servizio”
(non per niente noi parliamo di servizio e ci auguriamo “buon
servizio” ad inizio di ogni turno). Sembra facile a dirsi, molto più
impegnativo a farsi, ma solo se tutti insieme riusciremo a dare questa
immagine potremo dire di essere riusciti a costruire la “rete” di cui
abbiamo parlato e sarà anche la rete della nostra vita.
Non mi resta che augurarci vicendevolmente “buon servizio” e oggi
buona festa a tutti noi perché è giusto e doveroso gratificarci con una
grazie collettivo.
Maria Saraceno
Pierluigi
Dovis
la sede
ass. Majorino
il Barbara Zagaglia Trio
San Giuseppe
Policlinico
Besta
Cto
Niguarda
Don Gnocchi
Trivulzio
Pini
San Paolo
Osp. Melzo
Anche quest’anno mi sono occupata di organizzare e coordinare la realizzazione
della nostra festa in occasione della Giornata Nazionale Avo. La partecipazione
dei nostri volontari è stata come sempre entusiastica e notevole è stato l’apprezzamento per il discorso della nostra Presidente Maria e per il relatore Pierluigi
Dovis. Questo ottimo risultato è stato frutto dello sforzo e della intensa attività
svolta da un team di volontari. Come alla fine di tutti gli eventi che si rispettino
anche nel nostro caso desidero ringraziare chi ha collaborato con dedizione e
fatto sì che l’evento si realizzasse e avesse successo.
Inizio ringraziando MARILENA e ANGELA e la segreteria tutta per l’
enorme lavoro di supporto con innumerevoli lettere, telefonate e controlli, ecc.
Grazie e complimenti al nostro affabile presentatore, RICCARDO, che malgrado tenti di resistere al mio insistente invito sostenendo di essere timido poi
si rivela splendidamente all’altezza del ruolo! Ringrazio STEFANIA, sempre
preziosa per i suoi innumerevoli contatti e che quest’anno ci ha proposto i gruppi
musicali che ci hanno piacevolmente intrattenuto. Ringrazio CLAUDIO che
tra gli altri aiuti dati, ha stappato con la perizia di un blasonato sommelier decine
di bottiglie di vino. Infine un ringraziamento a tutti i volontari che hanno partecipato all’evento creando così un momento particolarmente sentito e intenso.
Un arrivederci al prossimo anno.
Anna Frola
COSA VUOL DIRE ESSERE VOLONTARI, COME CREARSI UN’IDENTITÀ, COSA FARE AFFINCHÈ I
VOLONTARI NON SIANO “CANI SCIOLTI” MA
SENTANO DI APPARTENERE A UNA COMUNITÀ E
A UN’ASSOCIAZIONE
In questo periodo particolare, tutti, persone comuni, giornalisti, politici,
manifestano grande apprezzamento per il volontariato. Tengono in considerazione l”‘utilità “del volontario non “la persona stessa”. Ci ringraziano
per l’aiuto che diamo senza pesare sulla collettività.
Questo modo di pensare ha radici negli anni ‘ 70 , quando il volontariato
nasce e cresce esponenzialmente. Noi, onesti cittadini allora abbiamo cominciato a “frequentare” il mondo pre-politico” fatto di volontariato, cooperative sociali, circoli sociali ( acli, arci, bocciofile). Ora siamo chiamati
a curare le piaghe della società, pur non avendo gli strumenti per agire
sulle cause, perchè SOLO la politica è in grado di farlo.
Secondo Paolo VI, la politica è la forma più alta di carità. La politica ha
nel suo DNA il prendersi cura del bene di tutta la società, mentre il nostro
curare il singolo malato in ospedale è ridotto a” solidarietà spicciola”.
Oggi il volontariato quando fa qualche cosa “in piccolo” deve essere in
grado di portare” un grande” pensiero nella società. Non c’è quasi nessuno
che ha una visione volta a stanare le nostre coscienze. Il volontariato è
chiamato a” fare cultura”.
È necessario quindi che il volontariato diventi un attore educativo che
faccia crescere la solidarietà spicciola, di vicinato. Questa rende infatti fraterna la società nella quale viviamo.
I problemi intercettati in ospedale da voi, che sono non tanto il “disagio
fisico” ma il “vivere bene dentro”, sono segnati dalla mancanza di solidarietà. Io non sono preoccupato della povertà in Italia, sono preoccupato
dell’esclusione dalla società di questi poveri.
C’è un altro aspetto importante: la questione del rapporto che la nostra
società ha con le Istituzioni. Voi, siete ogni giorno in rapporto con la Sanità, i miei volontari invece che vanno in carcere hanno rapporti con
quella istituzione.
Noi non siamo in ospedale a sopperire alle mancanze di infermieri e oss:
il nostro ruolo è quello di “accompagnare” le persone che stanno male.
È pur vero che l’accompagnamento si riduce a volte a qualche servizio,
come imboccare le persone a pranzo/cena. Ciò è molto gratificante, ma è
meno faticoso che ascoltare.
Il nostro compito è invece quello di ascoltare. Il dar da mangiare è solo
uno strumento per arrivare al nostro scopo, e cioè creare un rapporto fatto
di presenza, ascolto, quell’esserci che il paziente chiede.
La vicinanza è un valore aggiunto che il malato sente a pelle. Noi siamo dei
fratelli che sanno interpretare il grido silenzioso delle persone che ci sono
state affidate. Grido che senti solo se stai vicino e sei capace di aspettare.
Può succedere che il volontario “casuale”, sieda al capezzale del malato e
cominci ad “alluvionare” la persona con le proprie idee, i propri modi di vedere ecc... (la sindrome del buon pastore). L’ASCOLTO invece è la capacità
di mettere al centro l’altro. Ed è una caratteristica che non possiamo trascurare, perchè ci permette di trovare le risposte giuste al momento giusto.
Nasce il problema che tutto questo non può essere una cosa del singolo.
Ha bisogno di essere condivisa con gli altri. Il rischio è che noi pensiamo
che l’azione di solidarietà, sia una questione personale. Addirittura Gesù
diceva che il testimone di carità più grande è la Comunità Cristiana.
Nel momento in cui siete di fronte al malato, non rappresentate solo voi
stessi, ma soprattutto una Comunità, l’AVO, grazie alla quale potete fare
quello che state facendo.
Diventa quindi importante riuscire ad armonizzare la nostra esperienza
con quella dell’Associazione. L’AVO non è solo quella che ci fa entrare
in ospedale, ma è la nostra casa comune.
Perché tutto ciò sia possibile abbiamo bisogno di un ambiente in cui condividere la nostra esperienza: l’Associazione.
Davanti a noi c’è l’azione gratuita del dono, non solo per il fatto che non
prendiamo soldi ma anche perchè non cerchiamo alcun tornaconto.
La nostra gratuità sta nel non aspettarsi la risposta come la vorremmo noi,
quando la vorremmo noi e nelle modalità in cui a noi piacerebbe di più.
Siamo volontari perchè doniamo e prendiamo quello che ci dona il paziente. Se il paziente ci dona uno schiaffo, noi porgiamo al malato un’altra
opportunità.
Siamo volontari perchè facciamo della nostra vita un atteggiamento continuo di dono.
Siamo volontari perchè collaboriamo
alla creazione di una nuova società.
Le lusinghe dei soldi, o di chi ci da le medaglie, non ci servono.
GRAZIE!
Pierluigi Dovis,
direttore della Caritas Diocesana di Torino
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Sabato 18 ottobre 2014, 6a Giornata Nazionale AVO, l’incontro dei volontari milanesi è avvenuto nel Teatro Ariberto di via Daniele Crespi. Tema dell’evento, Questione d’identità nell’era nuova dell’AVO. Nella sala gremita, il Presidente di AVO
Milano, Dottoressa Maria Saraceno, ha come sempre introdotto i lavori della giornata e della festa dei volontari da premiare con parole di ringraziamento per l’impegno offerto da tutti, e anche con alcune riflessioni fatte nel corso dell’anno, che in
parte trascrivo qui di seguito. “Dato per scontato che ognuno di noi si avvicina al
mondo del volontariato con il suo bagaglio di conoscenze, esperienze, convinzioni
che hanno costruito la sua identità, è anche vero che i volontari AVO debbono presentarsi alla loro utenza , mondo sanitario e pazienti soprattutto, in modo univoco,
ben identificato e riconoscibile, per cui ci siamo dati delle regole il cui rispetto è essenziale. Questo significa che l’identità è il risultato di un continuo processo di negoziazione e di confronto e che deve essere costruita, coltivata con l’apporto di tutti
coloro che percorrono la stessa strada, pur mantenendo ciascuno il modo di porsi e
di rapportarsi con gli altri che gli è proprio, ma anche con quel ‘quid’ che fa riconoscere lo stile AVO”. E ancora: “Come riconoscere allora il volontario AVO? E’ colui
che è disponibile, aperto, sa ascoltare, è discreto, collaborativo, curioso e innovativo,
si mette al ‘servizio’… Sembra facile a dirsi, molto più impegnativo a farsi, ma solo
se tutti insieme riusciremo a dare questa immagine potremo dire di essere riusciti a
costruire la rete di protezione intorno al malato e sarà anche la rete della nostra vita”.
Ha poi preso la parola Pier Francesco Majorino, Assessore alle Politiche Sociali e
Cultura della Salute del Comune di Milano, che anche a nome del Sindaco Giuliano
Pisapia ha ringraziato i volontari della nostra associazione per l’azione generosa e
gratuita che quotidianamente offriamo: attività di grande aiuto non solo ai malati,
ma anche alle strutture sanitarie nelle quali operiamo, particolarmente apprezzate
in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo.
Ha espresso la sua gratitudine ad AVO Milano anche per il progetto A casa lontani
da casa (www.acasalontanidacasa.it), rete di alloggi solidale, che offre oltre 1000 posti
letto in case d’accoglienza a pazienti e ai loro familiari venuti da fuori per affidarsi
alle strutture sanitarie del capoluogo lombardo. Si ricorda che oltre ad AVO, il progetto è stato realizzato da CasAmica Onlus, da Lilt Lega italiana per la Lotta contro
i Tumori Sezione Provinciale di Milano e da Prometeo Onlus.
Sul palco per il primo intrattenimento musicale della mattinata il Barbara Zagaglia
Trio, che con il titolo Dai cantautori ai poeti ha interpretato alcune opere di Ernesto
Ragazzoni, poeta e giornalista piemontese vissuto tra il 1870 e il 1920, poco conosciuto dal pubblico presente in sala. Particolarmente curiosi i ritornelli de Il teorema
di Pitagora (Il quadrato costruito sull’ipotenusa è la somma di quelli fatti sui cateti)
e dell’Elegia del verme solitario (Perch’io solo sono il verme, lungo verme, cupo
verme, cieco verme, bieco verme, triste verme solitario). Poi il Trio è passato alle più
tradizionali canzoni di Bob Dylan dei mitici anni ‘60, le applauditissime Like a Rolling Stone, Blowin’ in the Wind e The times they are a-changin.
Lunghi e sentiti applausi anche all’intervento di Pierluigi Dovis, Direttore della Caritas Diocesiana di Torino, Direttore Delegato Regionale delle Caritas Diocesiane
di Piemonte e Valle d’Aosta e membro della Presidenza di Caritas Italiana. Single
51enne, Dovis è un eccezionale oratore che ha ricordato, tra l’altro, come “tutti facciano una lode sperticata del volontariato, quella cosa senza la quale chissà dove saremmo”, perché noi “serviamo”, siamo “utili operatori” nella società. Il ruolo del
volontario AVO è quello di accompagnamento del malato, è creare una vicinanza di
presenza, di affetto, è di essere dei fratelli che stanno accanto a chi soffre. E dovremmo sforzarci di essere volontari sempre, anche fuori dall’ospedale e tornati a
casa propria. Noi doniamo senza aspettarci un grazie, senza attenderci un ritorno:
questo è il senso di gratuità del volontariato. E il volontariato ci deve servire nella
nostra vita per “allenarci” a donare. La carità è una forma di giustizia. Non a caso
Dovis ha citato il precetto del diritto romano Unicuique suum, A ciascuno il suo.
Ed ecco giunto il momento più atteso, quello della premiazione dei 75 volontari,
chiamati sul palco da Riccardo Moscara di AVO Giovani secondo l’ordine alfabetico
degli ospedali di appartenenza. Per primo quindi il Besta con Teresa Ingrascì, premiata per i 10 anni di servizio, e con la figlia Elena di Anna Bianco, che ha ritirato il
premio per i 35 anni di servizio della madre impossibilitata a essere presente. Una
sua lettera di ringraziamento, nella quale Anna ricorda e ringrazia Valentina Bordignon, Nuccia Longhini e Adriana Cavallotti “dalle sette vite”, è stata letta dalla collega Ornella Oldini visibilmente commossa.
Poi C.T.O. con 3 volontari premiati; Don Gnocchi con 7; Niguarda con 7; Gaetano
Pini con 8; Policlinico con 7 (tra cui Renata Pezzotta e Giancarlo Rovera per i 35
anni); San Giuseppe con 7; San Paolo con 12; Santa Maria delle Stelle di Melzo con
3; Sede AVO con 3; Pio Albergo Trivulzio con 16. A tutti un bel vasetto di ciclamini
rossi e gli applausi del pubblico.
Intitolato Viaggio nella musica e nella poesia di Faber, il secondo intrattenimento
musicale è stato un tributo a Fabrizio De André: un duo cantante-violinista con
l’aiuto dei battimani del pubblico, ha proposto una decina dei suoi brani più celebri,
da La canzone di Marinella a La guerra di Piero, da Volta la carta a La ballata del
Miché, passando per Un giudice e Il pescatore.
L’aperitivo delle ore 13 ha siglato molto gradevolmente la chiusura dei lavori.
Marina Botti volontaria al Besta
SANTA MESSA DI NATALE 2014
La S. Messa di Natale per i Volontari di AVO Milano e i loro famigliari e amici
sarà celebrata nella
Parrocchia SAN FRANCESCO D’ASSISI AL FOPPONINO
MERCOLEDI 10 dicembre 2014 alle ore 15.00
Per raggiungere la Parrocchia San Francesco d’Assisi al Fopponino - Via Paolo Giovio, 41 - 20144 MILANO:
- Tram 19 (fermata p.le Aquileia)
- Autobus 58 (fermata Via Lipari)
- MM1 (fermata Pagano)
- MM2 (fermata S. Agostino)
Al termine della funzione ci scambieremo gli auguri natalizi con un brindisi
La nostra amatissima collega Anna Bianco, volontaria al Besta, è mancata mercoledì 22 ottobre.
Il 18 ottobre aveva ricevuto, per mano di sua figlia Elena, il premio per i 35 anni di servizio.
E solo pochi giorni prima, il 14 ottobre, la famiglia si era stretta a lei per il suo ottantesimo anniversario
e il 17 per i 55 anni di matrimonio.
Così la ricorda Adriana Cavallotti, Responsabile dei volontari AVO al Besta.
“Anna cara, non sei più fisicamente con noi, che abbiamo avuto il privilegio e la gioia di essere con te
al servizio dei malati per un tempo incredibilmente lungo: 35 anni. Li hai trascorsi per lo più al Policlinico,
gli ultimi 10 anni al Besta. Hai dimostrato a tutti noi che tu, pur avendo una vita piena e ricca di impegni di famiglia,
figli e numerosi nipoti, hai saputo donare a tutti le cose più belle con grande semplicità e delicatezza, arricchendo
con amore la vita di chi ti è stato vicino. La tua gioia nel donarti e il tuo esempio anche in situazioni difficili
rimarranno nei nostri cuori come una grande scuola di vita.
Grazie cara Anna, arrivederci.”
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