Relazione - Provincia di Cosenza

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Relazione - Provincia di Cosenza
PROVINCIA DI COSENZA - CNR /IRPI
AGGIORNAMENTO DEL PROGRAMMA DI PREVISIONE E PREVENZIONE RISCHI
E DEL PIANO DI EMERGENZA DELLA PROVINCIA
Relazione
INDICE
CAPITOLO N.1 - INTRODUZIONE
PAR.1.1 - PREMESSA
PAR.1.2 - INQUADRAMENTO NORMATIVO
PAR.1.3 – PROCEDURE ATTUATIVE PER L’ADOZIONE E LA SUCCESSIVA APPROVAZIONE
Pag.2
Pag.2
Pag.3
PAR.1.4. – COMPETENZE DEI PROFESSIONISTI INCARICATI DELLA REDAZIONE ED ATTIVITA’ SVOLTE
PAR.1.5 - CRITICITA’ INSITE NEL P.P.P.R. APPROVATO NEL 2009
Pag.5
Pag.6
PAR.1.6 – RAPPRESENTAZIONE CARTOGRAFICA
PAR.1.7 – FORMATO EDITORIALE
Pag.8
Pag.8
CAPITOLO N.2 - AGGIORNAMENTO QUADRO CONOSCITIVO
PAR.2.1 - TIPOLOGIA E SCENARI SPECIFICI DI RISCHIO CON RIFERIMENTO ALLA PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO
PAR.2.2 - RISCHI NATURALI
2.2.1 - rischio idrogeologico: frane ed alluvioni
2.2.2 - rischio erosione costiere
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Pag.11
2.2.3 - rischio sismico
Pag.14
2.2.4 - rischio Tsunami
2.2.5 - rischio desertificazione e deficit idrico
Pag.18
Pag.22
2.2.6 - rischio subsidenza
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2.2.7 - rischio Sinkholes
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PAR.2.3 -RISCHI ANTROPOGENECI
2.3.1 - rischio sanitario
2.3.2 - rischio ambientale
2.3.3 - rischio di incidente rilevante
2.3.4 - rischio d’incendio
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2.3.5 - rischio erosione e consumo di suolo
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PAR.2.4 - I LUOGHI E LE AREE SICURE INDIVIDUATE PER IL PIANO D’EMERGENZA PROVINCIALE
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CAPITOLO N.3 – SCHEMA DELLE SCELTE PIANIFICATORIE
PAR.3.1 - PREMESSA METODOLOGICA
PAR.3.1.1 AGGIORNAMENTO DEI DISSESTI IDROGEOLOGICI NEL PERIODO 2008-2012
PAR.3.2 - DEFINIZIONE DEI RISCHI NATURALI
3.2.1 - Fenomeni franosi
3.2.2 - Fenomeni alluvionali
3.2.3 - Fenomeni d’erosione costiera
3.2.4 - Fenomeni sismici
3.2.5 - Fenomeni Tsunami
3.2.6 - Fenomeni di desertificazione e deficit idrico
3.2.7 - Fenomeni di subsidenza
3.2.8 - Fenomeni di Sinkholes
PAR.3.3 - DEFINIZIONE DEI RISCHI ANTROPOGENECI
3.3.1 - rischio sanitario
3.3.2 - rischio ambientale
3.3.3 - rischio d’incidente rilevante
3.3.4 - rischio d’incendio boschivo
3.3.5 - rischio erosione e consumo suolo
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CAPITOLO N.1 - INTRODUZIONE
PAR.1.1 - PREMESSA
Il Programma di Previsione e Prevenzione dei Rischi, approvato dal Consiglio Provinciale con Del.n.14 del
05/05/2009 come allegato “B” al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.), a seguito delle
calamità naturali che hanno colpito la provincia negli anni dal 2008 al 2012, è diventato non coerente con
la condizione effettiva del territorio per cui si è reso necessario un puntuale e circostanziato
aggiornamento.
L’aggiornamento si è reso necessario anche alla luce delle disposizioni contenute nel Quadro Territoriale
Regionale Paesaggistico (QTRP) adottato dalla Regione Calabria con DCR n.300 del 22/4/2013, che:
- al Capitolo n.6 del Tomo 1 – Quadro Conoscitivo, definisce “tipologia e scenari specifici di rischio con
riferimento alla pianificazione del territorio”;
- al Capitolo n.2 del Tomo 2 – Visione strategica, pone quale obiettivo fondamentale la prevenzione ed il
controllo dei rischi territoriali distinguendoli in :
Rischio Antropogenico: rischio sanitario, rischio ambientale, rischio incidente rilevante, rischio
incendio boschivo, rischio erosione e consumo di suolo;
Rischio Naturale: rischio frana, rischio alluvione, rischio erosione costiera, rischio desertificazione
e deficit idrico, rischio subsidenza e sinkholes, rischio tsunami, rischio sismico;
- all’Allegato n.1 del Tomo 4-Disposizioni Normative, definisce le “Linee Guida per le analisi e le
metodologie finalizzate alla prevenzione e riduzione dei rischi territoriali, cui devono attenersi i Comuni
e le Province nella redazione dei PSC/PSA e dei PTCP nonché degli strumenti sotto ordinati”.
Le Norme del QTRP indicano le modalità ed i contenuti necessari per ridurre i rischi territoriali nella fase di
redazione dei Piani Strutturali Comunali e dei PTCP ed indicano, tra i principali interventi di pianificazione,
“la formazione e/o l’aggiornamento dei Piani Regionali, Provinciali e Comunali di Prevenzione e Previsione
dei Rischi”, nonché l’adozione di norme e standard per la prevenzione attraverso il QTRP, i PTCP ed i
PSC/PSA.
PAR.1.2 - INQUADRAMENTO NORMATIVO
Il QTRP adottato, conferma e puntualizza quanto prescritto:
- nella Legge Urbanistica Regionale (L.R. n.19/2002 e s.m.i.fino alla L.R.n.35/2012) in cui si stabilisce
che il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.):
- art.18 c.4 lett.c (come modificata dall’art.14 L.R.n.35/2012) “indica la localizzazione sul territorio
degli interventi di competenza provinciale, regionale e statale, programmati o in fase di
realizzazione, nonché, in applicazione delle prescrizioni della programmazione regionale, la
localizzazione sul territorio degli interventi di competenza regionale”;
- all’art.18 c.4 lett.d “individua, ai fini della predisposizione dei programmi di previsione e
prevenzione dei rischi, le aree da sottoporre a speciale misura di conservazione, di attesa e ricovero
per le popolazioni colpite da eventi calamitosi e le aree di ammassamento dei soccorritori e delle
risorse”;
- nelle Linee Guida della Pianificazione Regionale, in cui, al § 4.1.4 del Cap.IV, tra l’altro si chiarisce che
“… il PTCP assicura la difesa del suolo, la protezione civile e prevenzione dei rischi coordinando le azioni
di settore e predisponendo eventuali piani di emergenza”;
- nella L.n.225/1992, che ha istituito il Servizio Nazionale della Protezione Civile, all’art. 13 c.1 precisa
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che “le province, sulla base delle competenze ad esse attribuite dagli articoli 14 e 15 della legge 8
giugno 1990, n. 142 , partecipano all'organizzazione ed all'attuazione del Servizio Nazionale della
Protezione Civile, assicurando lo svolgimento dei compiti relativi alla rilevazione, alla raccolta ed alla
elaborazione dei dati interessanti la protezione civile, alla predisposizione di programmi provinciali di
previsione e prevenzione e alla loro realizzazione, in armonia con i programmi nazionali e regionali;
- nella L.R.n.34/2002, che ha definito le competenze e riordinato le funzioni amministrative regionali e
locali, all’art. 121 attribuisce alle Provincie in materia di protezione civile le funzioni ed i compiti
amministrativi concernenti:
a) l’attuazione, nel proprio ambito territoriale, delle attività di previsione e degli interventi di
prevenzione dei rischi, stabilite dai programmi di previsione e di prevenzione dei rischi, redatti dalla
Regione (art.120 lett.c) sulla base degli indirizzi nazionali, con l’adozione dei connessi
provvedimenti amministrativi;
b) la predisposizione, sulla base degli indirizzi regionali, dei piani provinciali di emergenza;
c) la vigilanza sulle attività delle organizzazioni di volontariato che operano in materia di protezione
civile, svolte nell’ambito delle funzioni di propria competenza;
d) la vigilanza sulla predisposizione, da parte delle strutture provinciali di protezione civile, dei servizi
urgenti, anche di natura tecnica, da attivare in caso di eventi calamitosi di cui all’art. 2, comma 1,
lett. b), della legge n. 225/1992;
e) la realizzazione dei sistemi di controllo e di allarme per una tempestiva segnalazione dell’insorgere
di situazioni di pericolo o di eventi calamitosi;
f) la raccolta, nell’ambito del proprio territorio e sulla base dei dati forniti dai Comuni, di notizie
relative alle reti di collegamento e di accesso ai mezzi, agli edifici ed alle aree da utilizzare per
interventi di soccorso e di assistenza.
- nella L.R.n.4/1997 - Legge organica di protezione civile della Regione Calabria emanata in attuazione di
quanto disposto nell’art.12 della L.n.225/1992; successivamente integrata e modificata dalla
L.R.n.57/2012 e dalla L.R.n.3/2013;
- nella L.n. 100 del 12 luglio 2012, recante disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile,
che, ribaltando la precedente impostazione che prevedeva che fossero le attività di protezione civile a
doversi armonizzare con i programmi territoriali, ha precisato che “i piani e i programmi di gestione,
tutela e risanamento del territorio devono essere coordinati con i piani di emergenza di protezione civile, con
particolare riferimento ai piani di emergenza comunali e ai piani regionali di protezione civile”, disponendo
quindi che gli strumenti di pianificazione territoriale, ed in particolare i Piani Strutturali Comunali ed i
Piani urbanistici di attuazione d’iniziativa pubblica o privata, devono essere coordinati con le
prescrizione dei Piani d’emergenza di protezione civile, comunali, provinciali e regionali, in particolare
vincolando la destinazione d’uso dei siti sicuri, destinati ad “aree di ammassamento”, “aree di
ricovero”, sedi COM e COC ed ogni altro luogo o struttura previste per la gestione dell’emergenza.
PAR.1.3 – PROCEDURE ATTUATIVE PER L’ADOZIONE E LA SUCCESSIVA APPROVAZIONE
Il P.T.C.P. vigente all’art.12 c.1 delle Norme d’indirizzo per l’attuazione del PTCP e per la redazione dei PSC
e dei PSA, precisa che “ Il Piano di Previsione e Prevenzione dei Rischi di cui alla Delibera della Giunta
Provinciale n.208 del 28/04/2004, è da considerarsi parte integrante e sostanziale del PTCP; pertanto sia le
indicazioni di carattere tecnico sia gli indirizzi di carattere operativo, dovranno essere posti alla base delle
scelte di destinazione d’uso del territorio nella redazione dei PSC e dei PSA”.
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Dal momento che il Piano di Previsione e Prevenzione dei Rischi è un piano settoriale provinciale con
valenza territoriale per cui non è prevista una specifica disciplina, il procedimento per l’elaborazione e
l’approvazione delle sue varianti è quello definito nell’art. 26 della L.R.n.19/2002, per come modificato ed
integrato dall’art.21 della L.R.n.35/2012
In ottemperanza a quanto sopra precisato, la Giunta Provinciale, su proposta del Direttore Generale, con
Del.n.97 del 13/4/2012, ha autorizzato la redazione dell’Aggiornamento del Programma di Previsione e
Prevenzione dei Rischi e del Piano d’emergenza Provinciale, dando mandato al D.G. per l’attuazione del
deliberato; pertanto, con successivi atti:
- è stato organizzato un gruppo di lavoro multidisciplinare, formato dai dirigenti e da funzionari dei
settori tecnici dell’amministrazione provinciale, selezionati per la loro funzione e competenza in
materia di: pianificazione territoriale, difesa del suolo e protezione civile, edilizia ed impiantistica
sportiva, progettazione e gestione nuove opere, viabilità;
- è stata stipulata una convenzione con il CNR-IRPI finalizzata all’aggiornamento cartografico delle aree
soggette a rischi naturali e l’implementazione di un programma per il monitoraggio in tempo reale dei
corpi franosi;
- è stata stipulata una convenzione con l’ing. Pietro Mari, libero professionista, per il coordinamento del
gruppo di lavoro multisciplinare e la progettazione del Programma;
- è stata acquisita ufficialmente dalla Provincia la Carta Tecnica Regionale su cui elaborare la cartografia
aggiornata.
Nel mese di agosto 2013 è stata consegnata agli amministratori dei Comuni della Provincia, su supporto
magnetico, una “prima bozza della mappatura preliminare attraverso aereofotointerpretazione, delle aree
interessate da fenomeni franosi ed alluvionali nel quadriennio 2008-2012” elaborata dal CNR-IRPI in
formato QGis, al fine di dare inizio ad una prima fase di confronto ed interlocuzione di carattere tecnico
con gli Enti locali.
In data 19/12/2013 è stato consegnato il “Documento Preliminare” elaborato secondo quanto precisato
nell’art.26 della L.R.n.19/2002 così come modificato dall’art.21 della L.R.n.35/2012.
A seguito dell’esame favorevole delle competenti Commissioni, il Documento Preliminare è stato adottato
dal Consiglio Provinciale con Delibera n.4 del 18/03/2014.
La “Conferenza di Pianificazione”, convocata dal Presidente della Provincia nelle forme previste dall’art.26
c.4 della L.R.n.19/2002, si è riunita il 16/04/2014 per l’esame congiunto del Documento Preliminare, che è
stato:
- depositato in originale, stampato su carta, presso gli Uffici dell’Amministrazione Provinciale, per poter
essere preso in visione da chiunque ne avesse fatto richiesta;
- pubblicato sul Portale Web della Provincia, nel sito tematico denominato “geoportale”,
(http://www.provincia.cs.it/portale/portaltemplates/view/view.cfm?6322);
- consegnato in copia ad ognuno dei partecipanti alla Conferenza di Pianificazione in formato digitale su
CD-ROM;
Il termine previsto dall’art.26 c.5 della L.R.n.19/2002 così come modificato dall’art.21 c.3 della
L.R.n.35/2012, per la conclusione della Conferenza di Pianificazione è scaduto il 13/09/2014; in tale
periodo :
- sono stati effettuati, da parte dei tecnici incaricati dalla Provincia ed in contraddittorio con i tecnici e
gli amministratori degli Enti e degli Organismi che ne hanno fatto richiesta, n. 311 sopralluoghi, in cui
sono state verbalizzate le constatazioni e le eventuali osservazioni sullo stato effettivo dei luoghi; di
ogni sopralluogo è stato redatto un verbale sottoscritto dalle parti intervenute;
- sono pervenute n. 4 osservazioni scritte.
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I verbali di sopraluogo e le osservazioni pervenute sono allegate nell’elaborato denominato
“Osservazioni”.
Per come previsto dall’art.26 c.6 della L.R.n.19/2002 modificato dall’art.21 c.6 della L.R.n.35/2012, a
conclusione della Conferenza di Pianificazione il Documento Preliminare del P.P.P.R. è stato completato
ed implementato di tutti gli elementi necessari per conferire allo stesso il requisito di “atto di
pianificazione” allegato al PTCP per farne parte integrante e sostanziale.
PAR.1.4. – COMPETENZE DEI PROFESSIONISTI INCARICATI DELLA REDAZIONE ED ATTIVITA’ SVOLTE
Per la redazione del Programma, in attuazione del mandato affidatogli con Del.G.P.n.97/2012, il Direttore
Generale:
- con Determina Dirigenziale n°2 del 09.05.2012 ha nominato Responsabile Unico del Procedimento
l’Ing. Giovanni Greco, dirigente del Settore Programmazione del Territorio – Urbanistica, responsabile
tra l’altro dell’attuazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di cui il P.P.P.R. è parte
integrante;
- con Determine Dirigenziali n.3 dell’1/6/2012 e n.4 del 7/6/2012 ha chiamato a far parte del gruppo di
lavoro multidisciplinare interno i sottoelencati dirigenti e funzionari dell’Amministrazione Provinciale:
- l’ing. Francesco Molinari, dirigente del settore Edilizia ed Impiantistica Sportiva;
- l’ing. Francesco Basta, dirigente del Settore Difesa del Suolo e Protezione Civile;
- l’arch. Angelo Marcello Gaccione, per la competenza nella gestione del Sistema Informativo Territoriale (SIT);
- l’ing. Antonio Pezzi, per la competenza nella gestione del P.T.C.P. ed in materia urbanistica;
- il geom. Guido Mario Amendola per la competenza in materia di normative urbanistiche-ambientali;
- l’ing. Paolo Papalino, per la competenza in materia di difesa delle coste e riqualificazione del litorale;
- la dott.ssa Vilma Gaudio per la competenza in materia di pianificazione e gestione dell’emergenza;
- il dott. geol. Giovambattista Iaquinta per la competenza in materia di protezione civile;
- il dott. geol. Luigi Rende, per la competenza in materia di progettazione e gestione nuove opere;
- l’ing. Michele Arcuri, per la competenza in materia di gestione e manutenzione della viabilità provinciale.
All’ing. Pietro Mari, libero professionista, con Convenzione stipulata in data 16/5/2012, è stato affidato
l’incarico di Coordinatore del Gruppo di Lavoro Multidisciplinare interno e di Responsabile della
Progettazione del Programma.
Con Convenzione in data 30/05/2012, successivamente integrata in data 27/11/2012, sono state affidate
al CNR-IRPI, sotto la direzione scientifica del dott. geol. Carlo Tansi, le seguenti attività:
- individuazione attraverso fotointerpretazione e successiva verifica in sito delle aree del territorio
provinciale interessate da fenomeni idrogeologici, franosi ed alluvionali, nel periodo 2008-2012, con
analisi delle correlazioni tra franosità superficiali ed incendi boschivi;
- aggiornamento cartografico sulla Carta Tecnica Regionale ed implementazione in un Sistema
Informativo Geografico consultabile online (WebGIS), delle aree interessate da fenomeni idrogeologici,
delle aree percorse da incendio e degli aggiornamenti relativi agli altri tematismi predisposti dai
componenti del gruppo di lavoro multidisciplinare, per le rispettive competenze; nel GIS sono stati
riportati integralmente anche i dati relativi al PAI CALABRIA vigente, al fine di un confronto con i dati
acquisiti;
- progettazione ed implementazione di un sistema di monitoraggio in tempo reale delle frane su scala
provinciale.
Nelle attività di collaborazione tra CNR-IRPI e Provincia, sono state espletate le attività di concertazione e
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verifiche sul territorio, in contraddittorio con i tecnici e gli amministratori degli Enti e degli Organismi che
ne hanno fatto richiesta.
Nell’ambito delle attività svolte dal CNR IRPI, hanno attivamente collaborato:
l’ing. Donatella Magnelli, il dott. Piero Perrotta e l’ing. Luigi Russo coadiuvati dal dott. Michele Folino
Gallo, dalla dott.ssa Giulia Martini e dal dott. Aurelio Valentini.
L’attività svolta dal CNR-IRPI in collaborazione con la Provincia si è concretizzata anche con la
pubblicazione di parte dei dati acquisiti nell’ambito della Convenzione: è stata così ottenuta la “Carta
sismotettonica e della franosità della Valle del Fiume Crati” in scala 1:50.000, relativa ad un’area
particolarmente esposta al rischio idrogeologico (per l’elevata frequenza di frane ed alluvioni) e sismico (è
stata colpita da 6 violenti terremoti storici che hanno prodotto migliaia di vittime), entro cui ricade gran
parte della popolazione della Provincia di Cosenza. Nella carta sono state rappresentate le faglie
sismogenetiche (generatrici di sismi) con gli epicentri strumentali e storici dei principali terremoti, le frane
attivatesi durante le stagioni del quadriennio 2008-2012 che sono state confrontate con le frane,
antecedenti al 2000, riportate dalla cartografia ufficiale del PAI-Calabria.
PAR.1.5 - CRITICITA’ INSITE NEL P.P.P.R. APPROVATO NEL 2009
Il P.P.P.R. allegato al vigente P.T.C.P. risultava suddiviso in tre fasi:
- nelle prime due fasi erano state analizzate, con successivi aggiornamenti anche per tener conto del
PAI, le situazioni di rischio d’inondazione, frana, erosione costiera, sismico e incendio, e più in
generale le condizioni di vulnerabilità del territorio, con schede e cartografie elaborate per i diversi
tematismi;
- la terza fase, rimasta non attuata, riguardava
principalmente la prevenzione, attraverso
l’identificazione d’interventi di tipo strutturale (interventi di sistemazione di versanti in frana e di
difesa di aree soggette a rischio di inondazione) e non strutturali (Piano di Emergenza Provinciale).
Ai fini della programmazione degli interventi in situazioni di emergenza il Piano approvato nel 2009
suddivideva il territorio provinciale in 18 ambiti territoriali, su cui implementare la organizzazione strutturata di
un sistema di protezione civile provinciale con la realizzazione, in coordinamento con La Prefettura ed i
Comuni, della Sala Operativa Provinciale e della rete delle n.18 sedi dei Centri Operativi Misti per la gestione
delle Aree di Ammassamento e degli interventi locali di primo soccorso e sussistenza, sulla base di protocolli
d’intervento che sarebbero dovuti essere verificati sul territorio e condivisi dalle amministrazioni locali e dalle
organizzazioni di volontariato, che dovevano essere selezionate, accreditate ed informate.
Con riferimento ai Rischi Territoriali analizzati nel Programma approvato nel 2009 si evidenziavano le
seguenti criticità:
1) A causa delle numerose e diffuse calamità naturali che hanno colpito negli ultimi anni il territorio
provinciale, era necessario procedere all’aggiornamento delle schede dei diversi “tematismi”, al fine sia di
rettificare i limiti delle aree a rischio PAI pre-esistenti che hanno subito un aumento della superficie, sia
d’individuare e caratterizzare aree a rischio di neoformazione non segnalate nella cartografia PAI;
2) utilizzare un PPPR non aggiornato con riferimento alle condizioni attuali del territorio, non consentiva
d’individuare congruamente le aree da sottoporre a speciale misure di conservazione, per poter
ottemperare alla norma precisata nell’art.18 c.4 lett.(d) della Legge Urbanistica Regionale (L.R. n.19/2002 e
s.m.i.), richiamata in premessa;
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3) l’aggiornamento di cui al precedente punto risultava indispensabile per la valutazione delle scelte di
destinazione d’uso del territorio effettuate dai Comuni nella redazione dei PSC e dei PSA, in relazione a
quanto precisato nell’art.20 c.3 lett.(p) della Legge Urbanistica (L.R.n.19/2002 e smi) nel merito dei
programmi di previsione e prevenzione dei rischi, e per la verifica di coerenza tra il P.T.C.P. ed i P.S.C./P.S.A .
4) gran parte dei siti in dissesto interessavano prevalentemente tratti della rete viaria provinciale inducendo,
oltre a disagi nel sistema di mobilità, gravi condizioni di rischio per l’incolumità di persone e cose, pertanto,
anche per le difficoltà operative collegate all’attuale congiuntura economico-finanziaria nazionale, un
programma operativo degli interventi di messa in sicurezza delle infrastrutture primarie, concertato e
condiviso con le autorità locali, appariva necessario per garantire scelte coerenti con le esigenze dei servizi
primari e con i principi generali della trasparenza amministrativa;
5) la Regione Calabria si era nel frattempo dotata della Carta Tecnica Regionale su cui devono essere redatti
tutti gli strumenti di pianificazione e di governo del territorio, ed in particolare i PTCP ed i PSC/PSA, per cui è
comunque necessario eseguire l’aggiornamento delle cartografie, sulla base cartografica consegnata dalla
Regione alla Provincia;
6) il QTRP nel frattempo adottato inserisce nei tematismi da analizzare: il rischio sanitario, il rischio
ambientale, il rischio d’incidente rilevante, il rischio desertificazione e deficit idrico, il rischio subsidenza, il
sinkholes, il rischio tsunami, non considerati nel PPPR vigente; tali tipologie di rischio devono comunque
essere valutate in coerenza con le Linee Guida definite nell’Allegato n.1 del Tomo 4 del QTRP.
Pertanto si è dovuto prendere atto del fatto che solo attraverso l’aggiornamento del P.P.P.R. le
sopracitate criticità potevano essere superate.
Con specifico riferimento al sistema di organizzazione e gestione delle situazioni di emergenza, si sono
evidenziate le seguenti criticità:
7) in relazione alle condizioni attuali di uso del suolo rispetto a quelle del 2009, ed all’affidabilità delle
strade e delle condizioni di mobilità locale in fase emergenziale, era necessario precedere, in accordo
con le istituzioni locali, alla verifica ed eventuale modifica della definizione del numero e della
composizione degli Ambiti Territoriali Omogenei, nonché della dislocazione e delle caratteristiche dei
COM e delle Aree di Ammassamento di competenza provinciale;
8) al fine di trovare soluzione alle problematiche di cui al punto precedente, su iniziativa del Prefetto di
Cosenza era stato convocato un Gruppo di Lavoro composto: da personale della Prefettura, della
Regione Calabria Protezione Civile e della Provincia di Cosenza in collaborazione con il CNR-IRPI, che,
partendo da una rivisitazione del territorio in ordine alle peculiarità ed alla distribuzione dei rischi
prevalenti su di esso, ha rimodulato la divisione del territorio provinciale individuando n.22 Centri
Operativi Misti a cui afferiscono i 155 Comuni, raggruppandoli secondo criteri di omogeneità di rischi
naturali ed antropogenici, di centralità territoriale, di accessibilità in situazione di emergenza, di
copertura radio; in esito a tale studio il Prefetto di Cosenza ha emesso il Decreto n.0014945 in data
24/03/2014.
Pertanto si è reso necessario rimodulare il Piano d’emergenza provinciale allegato al P.P.P.R.,
individuando Aree di Ammassamento di competenza provinciale e sedi COM, in luoghi sicuri, accessibili
anche in situazione di emergenza ed in possesso dei requisiti funzionali e dimensionali prescritti dal
Dipartimento di Protezione Civile.
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PAR.1.6 - RAPPRESENTAZIONE CARTOGRAFICA
Viene assunta come base cartografica la Carta Tecnica Regionale, consegnata ufficialmente dalla Regione
alla Provincia di Cosenza in data 24/06/2013. Tutti i dati del Programma aggiornato sono pertanto
georeferiti e confrontabili con i dati della programmazione regionale.
PAR.1.7 – FORMATO EDITORIALE
In ossequio a quanto disposto dai D.lgs n.118/2011 e D.L.n. 102/2013, tutti gli elaborati del P.P.P.R. di
nuova elaborazione, compreso il presente Documento Preliminare ed i suoi allegati, saranno editi in
formato digitale, visionabili attraverso il sistema Windows e diffusi su supporto magnetico.
Le carte tematiche saranno consultabili attraverso un software QGIS.
Le informazioni visualizzabili sono le seguenti:
1. shape - Provincia CS: fratture al suolo 2008/2012;
2. shape - Provincia CS: frane non cartografabili 2008/2012;
3. shape - Provincia CS: frane 2008/2012;
4. shape - Provincia CS: aree inondate 2008/2012;
5. shape - PAI Calabria 2001: frane classi pericolosità;
6. shape - PAI Calabria 2001: alluvioni classi di rischio idraulico;
7. shape - PAI Calabria 2001: alluvioni aree attenzione;
8. shape - Corpo Forestale dello Stato: incendi 2004/2010;
9. shape - Provincia CS : linea costa 1958;
10.shape -Provincia CS : linea costa 1985;
11.shape -Provincia CS : linea costa 2008;
12.shape- Provincia CS : linea costa 2012;
13.shape -Provincia di CS : criticità strade provinciali, ponti e viadotti;
14.shape -Provincia di CS : criticità strade provinciali, scarpate e corpi stradali;
15.shape -Provincia di CS : edifici strategici;
16.shape -Provincia di CS : dislocazione aree di ammassamento in emergenza;
17.shape -Provincia di CS: distribuzione territoriale e dislocazione Centri Operativi Misti (COM).
Per facilitare la consultazione dei dati, nel supporto magnetico vengono inoltre inserite n.6 cartelle di
files, contenenti, in formato PDF:
a) n.20 carte, in scala 1:25.000, con la mappatura preliminare delle aree interessate da fenomeni franosi
e alluvionali verificatisi dal 2008 al 2012, nei centri abitati e lungo le strade provinciali (shape
nn.1,2,3,4);
b) n.20 carte, in scala 1:25.000, con la mappatura delle aree interessate da incendi boschivi nel periodo
2004-2010, (shape n.8);
c) n.6 carte, in scala 1:25.000, che rappresentano l’evoluzione della linea di costa dei litorali tirrenici e
ionici cosentini dal 1958 al 2012 (shape nn.9,10,11,12);
d) n.7 carte, in scala 1:50.000, con l’ubicazione dei punti di criticità lungo le strade provinciali (shape nn.13,14);
e) n.7 carte, in scala 1:50.000, con l’ubicazione degli edifici strategici di proprietà della Provincia, rispetto
alle aree interessate da fenomeni franosi ed alluvionali dal 2008 al 2012 (shape n.15);
f) n.7 carte, in scala 1:50.000, con l’ubicazione delle attuali n.22 Sedi C.O.M. istituiti con Decreto
Prefettizio e delle Aree di Ammassamento individuate per ogni C.O.M. (shape nn.16,17);
g) Scheda riepilogativa della situazione attuale dei litorali.
Di seguito si riportano i quadri d’insieme delle carte.
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QUADRO
D’INSIEME
DELLE CARTE
SC.1:50.000
QUADRO
D’INSIEME
DELLE CARTE
SC.1:25.000
QUADRO D’INSIEME DELLE
CARTE DELLE LINEE DI COSTA
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CAPITOLO N.2 - AGGIORNAMENTO QUADRO CONOSCITIVO
PAR.2.1 - TIPOLOGIA E SCENARI SPECIFICI DI RISCHIO CON RIFERIMENTO ALLA PIANIFICAZIONE DEL
TERRITORIO.
Per come precisato al paragrafo 6.1 del Tomo 1 del QTRP adottato, “La delineazione del Quadro
Conoscitivo dei rischi territoriali nel contesto del QTRP è finalizzata a contestualizzare ciascuna tipologia di
rischio nell'ambito degli strumenti di pianificazione del territorio con finalità di analisi, indirizzo,
prescrizione e intervento sia negli strumenti generali di pianificazione regionale che in quelli provinciale
(PTCP) e comunale (PSC/PSA e strumenti attuativi); ed ancora che: “Per il territorio della Calabria i “rischi
naturali” assumono maggiore rilevanza rispetto a quelli di origine antropica e rappresentano di
conseguenza una componente rilevante nel contesto degli strumenti di governo del territorio a motivo
delle specificità dei processi di sviluppo in Calabria che, rispetto ad altre regioni, è stata caratterizzata da
un basso livello di industrializzazione e da dinamiche demografiche molto particolari.”
Sotto l’aspetto metodologico nel QTRP adottato è evidenziato che: “nell’analisi dei rischi, occorre
considerare la possibilità reale che eventi calamitosi possano accadere contemporaneamente o causare un
“innesco a catena” tra loro provocando o ampliando altre situazioni di rischio (come ad esempio per le
frane sismo indotte) e che le metodiche di analisi debbano condurre al superamento della logica “per tipi”
nella costruzione delle carte dei rischi.”
Nella definizione del Quadro Conoscitivo dei rischi nel territorio della Provincia di Cosenza, si è utilizzato
un approccio del tutto simile a quello utilizzato nel QTRP adottato.
PAR.2.2 - RISCHI NATURALI
2.2.1 - rischio idrogeologico: frane ed alluvioni
L’aggiornamento cartografico delle aree a rischio idrogeologico del territorio provinciale, ha portato
all’individuazione, mediante aerofotointerpretazione, delle zone in cui si sono verificati frane ed alluvioni in
concomitanza con gli eventi metereologici eccezionali che hanno caratterizzato le stagioni invernali 2008-2009,
2009-2010, 2010-2011 e 2011-2012, relativamente ad un intorno significativo di agglomerati urbani con più di
200 abitanti ed a strutture ed infrastrutture d’importanza strategica: scuole, ospedali e case di cura, edifici sedi
di istituzioni amministrative, rete viaria provinciale, stazioni e linee ferroviarie.
L’attività di aereofotointerpretazione è stata effettuata su fotogrammi prodotti dalla Società BLOM CGR,
relativi alla ripresa aerea con camera Vexcel inerente la copertura del territorio provinciale.
Le aree a rischio di frana e di alluvione sono state individuate, classificate tipologicamente e
rappresentate in ambiente GIS, tuttavia è opportuno precisare che, a causa delle oggettive limitazioni
correlate alla individuazione attraverso foto interpretazione, si è ritenuto necessario ed opportuno
effettuare le verifiche “in situ”, con accertamenti in contraddittorio tra i tecnici incaricati dalla Provincia
ed i tecnici dei Comuni e di altri Organismi interessati.
Allo scopo di agevolare la collaborazione istituzionale, ad ogni Comune della Provincia è stata consegnata la prima
bozza dell’aggiornamento, effettuato solo con fotointerpretazione, relativamente al territorio comunale di
pertinenza, su un CD in cui i dati inediti classificati dalla Provincia erano visionabili attraverso un software “QGis”.
Su tale base cartografica si sono svolte le attività di ricognizione e controllo sul territorio, che hanno
consentito di elaborare le cartografie definitive dell’aggiornamento del P.P.P.R.
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2.2.2 - rischio erosione costiera
Il litorale della provincia di Cosenza risulta quasi equamente distribuito tra mare Tirreno (114 km) e mare Ionio
(101 km). I due tratti, tirrenico e ionico, presentano caratteristiche diverse, sia per la loro esposizione che per il
clima meteo marino, ma ambedue sono interessati dal fenomeno dell’erosione costiera.
L’erosione risulta particolarmente estesa sulle spiagge del Tirreno, mentre su quelle dello Ionio, al
momento, è meno diffusa.
Nel periodo 1970-2000, soprattutto sul litorale tirrenico, sono state eseguite diverse opere a protezione
della costa, la maggior parte delle quali a carattere puntuale (singole scogliere).
Dal decennio scorso, avendo tecnicamente verificato l’importanza di un approccio di tipo organico al
problema dell’erosione, si stanno attuando anche interventi cosiddetti “morbidi”, che mirano non solo
alla difesa delle infrastrutture, ma anche alla ricostituzione degli arenili erosi.
Le nuove tecniche, che prevedono sempre più l’impiego di inerti per ricostituire gli arenili e meno il
ricorso a scogliere emergenti (opere cosiddette “rigide”), appaiono maggiormente in sintonia con uno dei
principali obiettivi dell’Unione Europea: quello della tutela e valorizzazione dell’ambiente, tra cui figura la
salvaguardia dell’ambiente marino e costiero, comprendente la difesa dall’erosione.
Tuttavia i limiti all’esecuzione di interventi organici di difesa e ricostituzione degli arenili erosi sono
costituiti dalle ingenti risorse economiche necessarie per la loro attuazione e dalla difficoltà nel
reperimento di materiali idonei.
Con l’aggiornamento del Programma di previsione e prevenzione del rischio di mareggiata e di erosione
costiera viene evidenziata l’evoluzione dei tratti costieri nella Provincia, tenendo conto degli interventi
realizzati e degli eventi estremi occorsi nel periodo 1999-2012.
L’evoluzione della linea di riva è stata dedotta dal “Master Plan Erosione Costiera” redatto, nel corrente
anno, dalla Regione Calabria congiuntamente all’Ufficio Opere Marittime per la Calabria ed alla Provincia
di Cosenza (quest’ultima per la parte territoriale di competenza) e dallo studio, redatto per conto della
Regione Calabria, denominato “Indagine conoscitiva dello stato delle coste calabresi, predisposizione di
una banca dati dell’evoluzione del litorale e individuazione delle aree a rischio e delle tipologie di
intervento” (A.T.I. Technical et al., 2003). In particolare sono state confrontate le linee di costa dei periodi
1998 e 2012 (l’apposito elaborato planimetrico riporta anche le linee 1958 e 1985).
Gli eventi estremi (mareggiate) sono stati estrapolati dai dati ondametrici, registrati dalle boe di Cetraro,
per il Tirreno, e di Crotone, per lo Ionio, facenti parte della Rete Ondametrica Nazionale dell’Ispra
(www.telemisura.it).
Sono state redatte, per ogni comune, apposite schede di rischio di danni da mareggiata che riportano
sinteticamente i seguenti aspetti:
stato attuale del litorale;
opere di difesa esistenti;
evoluzione della linea di riva nel periodo 1998-2012;
elementi a maggiore rischio;
strutture danneggiate nel periodo 1998-2012.
Le schede sono allegate al presente documento preliminare per farne parte integrante.
Per i comuni ove sono presenti elementi a rischio di danni sono state prodotte distinte planimetrie su
base cartografica CTR, visionabili attraverso software “QGis”.
2.2.2.1 - stato del litorale tirrenico.
Il litorale tirrenico cosentino è stato suddiviso in quattro macro aree (sub-unità fisiografiche):
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- Area 18 – Dalla foce del Savuto al torrente Laponte;
- Area 19 – Dal torrente Laponte al porto di Cetraro;
- Area 20 – Dal porto di Cetraro a Sangineto;
- Area 21 – Da Belvedere al fiume Noce.
Dalla seconda metà del secolo scorso, sul litorale tirrenico si è registrato un notevole fenomeno erosivo
che ha portato progressivamente all’assottigliamento delle spiagge emerse e alla conseguente perdita di
svariati milioni di metri cubi di arenile.
Sui 21 comuni della riviera tirrenica cosentina in 15 di essi (Tortora, Diamante, Belvedere M., Sangineto,
Bonifati, Cetraro, Acquappesa, Guardia P., Fuscaldo, Paola, S. Lucido, Fiumefreddo, Longobardi, Belmonte
ed Amantea) è stato registrato un arretramento più o meno importante della linea di riva.
Le principali cause del suddetto fenomeno sono prevalentemente di natura antropica. A titolo d’esempio
si possono citare la comparsa degli abitati costieri e dei porti, la massicciata ferroviaria della linea Reggio
Calabria – Napoli, le opere di ritenuta sui corsi d’acqua e l’estrazione abusiva di inerti dagli alvei. Inoltre, le
stesse opere di difesa cosiddette “rigide” (scogliere) determinano inevitabilmente effetti negativi nel
tratto di sottoflutto, con accentuazione dell’erosione.
Percorrendo la costa tirrenica cosentina si può osservare come le conseguenze dall’antropizzazione sul
litorale risultino maggiormente evidenti, per quanto attiene all’erosione, nel tratto da Amantea a
Diamante, con la sola eccezione della località Torremezzo di Falconara, che mantiene ancora una spiaggia
“naturale” di rilevante ampiezza (circa 90 m).
In alcuni tratti, le opere di difesa dal mare, molto diffuse da Amantea a Diamante, hanno sortito effetti di
mitigazione del rischio da mareggiate, contrastando in maniera sufficientemente efficace il fenomeno
erosivo. Restano tuttavia numerose aree litoranee nelle quali le infrastrutture presenti e l’abitato sono
ancora a serio rischio di danni.
Procedendo verso nord, dal promontorio di Cirella fino al confine con la Basilicata, a parte un breve tratto
esteso poche centinaia di metri a sud del Noce (oggetto di recenti interventi di ripascimento), si trovano
invece spiagge più stabili ed in alcuni casi anche in accrescimento, perché evidentemente le portate solide
provenienti dal Lao, dallo stesso Noce e dall’Abatemarco risultano ancora sufficienti a mantenere il
bilancio mediamente in pareggio.
Nel periodo tra il 1999 ed il 2012 l’ondametro di Cetraro, rappresentativo del clima meteomarino del
litorale tirrenico cosentino, ha registrato numerosi eventi estremi i quali hanno prodotto danni in molte
località litoranee. In particolare si segnalano gli eventi occorsi nel dicembre 1999 con valori di altezza
significativa a largo (Hs vicini agli 8 metri) e quello più recente del periodo 1-4 gennaio 2010, eccezionale
non solo per i valori massimi, prossimi ai 7 metri, quanto per la durata (valori di Hs superiori a 5 metri per
più di venti ore), con effetti devastanti sull’intero litorale.
A causa della precaria situazione in molti tratti della costa tirrenica cosentina, si sono verificati danni ad
infrastrutture ed abitati anche in presenza di mareggiate meno rilevanti.
2.2.2.2 - stato del litorale ionico.
Il litorale ionico cosentino è stato suddiviso in tre macro aree:
- Area 1 – Da Rocca Imperiale a Villapiana;
- Area 2 – Da Villapiana alla foce del fiume Trionto;
- Area 3 – Dalla foce del Trionto alla foce del fiume Nicà.
Il litorale ionico è interessato da un fenomeno erosivo meno diffuso rispetto a quello tirrenico,
probabilmente anche a causa delle sostanziali differenze, sia per quanto attiene al clima ondoso,
caratterizzato da eventi meno violenti, che per i maggiori apporti fluviali in termini di portata solida (sul
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versante ionico sfocia il fiume Crati, principale corso d’acqua della Calabria).
Nel periodo 1954 -1978 il settore ionico cosentino è stato caratterizzato da generali condizioni di stabilità,
ad eccezione del tratto a sud della foce del Trionto nei comuni di Rossano e Crosia. Durante il periodo
successivo dal 1978 al 1990 si è assistito invece ad una tendenza all’arretramento più diffusa, molto
probabilmente come diretta conseguenza di interventi antropici che hanno modificato gli equilibri
costieri, come ad esempio il porto di Cariati che ha innescato un fenomeno erosivo a sud e la costruzione
di alcuni lungomari.
Durante il periodo successivo all’intervallo 1978-1990 si è assistito invece ad una tendenza
all’arretramento più diffusa e molto probabilmente diretta conseguenza di interventi antropici che hanno
modificato gli equilibri costieri, come ad esempio il porto di Cariati che ha innescato un fenomeno erosivo
a sud.
A partire dal 1995 ad oggi sono stati realizzati alcuni interventi a carattere strutturale che hanno
interessato i comuni di Amendolara e Cariati e più di recente Roseto Capo Spulico, Montegiordano e
Crosìa. Le opere realizzate (barriere semi-sommerse e ripascimento) hanno aumentato la fruibilità di
spiaggia emersa nei tratti interessati e mitigato il rischio da mareggiata ed erosione costiera.
Negli ultimi tempi, oltre alle suddette località, arretramenti sono stati registrati anche in alcuni tratti delle
spiagge di Trebisacce, Calopezzati e Mandatoriccio.
In definitiva, su 16 comuni costieri in 9 di essi si registra erosione: Montegiordano, Roseto Capo Spulico,
Amendolara, Trebisacce, Rossano, Crosia, Calopezzati, Mandatoriccio e Cariati.
Particolarmente rilevanti sono: gli eventi occorsi nel febbraio 2012 con numerose mareggiate, la più
violenta delle quali con valori di Hs vicine ai 6 metri, e la mareggiata del 28 gennaio 2011, con valori
analoghi.
Più in generale nel periodo dal 2009 (per il quale si dispone di pochi dati) al 2012 si sono
registrati eventi estremi che hanno prodotto danni sul litorale.
L’ondametro di Crotone può essere assunto come indicativo del clima meteomarino del litorale ionico.
Nella sottostante tabella, vengono riportati gli eventi registrati dall’ondametro di Cetraro nel periodo
1999-2012 e da quello di Crotone nel periodo 2002-2012, con valori di Hs superiori a 2 metri.
ANNO
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
Eventi registrati alla boa onda metrica di
CETRARO
Numeri di eventi per valori HS in metri
>2
>3
>4
>5
>6
>7
9
4
1
1
10
3
3
1
15
3
2
1
13
3
10
2
4
1
5
4
2
9
2
2
10
3
1
2
3
1
1
5
1
5
8
1
9
5
6
1
3
1
1
2
1
Eventi registrati alla boa onda metrica di
CROTONE
Numeri di eventi per valori HS in metri
>2
>3
>4
>5
>6
>7
3
12
8
5
2
10
2
8
10
10
5
8
4
1
1
1
2
8
5
6
1
2
1
1
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2.2.3 - Rischio sismico
Con l'Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri n.3274 del 20 marzo 2003, aggiornata al
16/01/2006 con le indicazioni delle Regioni, gli Enti Locali sono stati delegati a definire la classificazione
sismica di ogni territorio, in modo molto dettagliato, al fine di prevenire eventuali situazioni di danni a
edifici e persone a seguito di un eventuale evento sismico. In base alla zona di classificazione sismica, i
nuovi edifici così come quelli già esistenti durante le fasi di ristrutturazioni, devono adeguarsi alle
corrispondenti normative vigenti in campo edilizio.
Il provvedimento legislativo del 2003, classifica i Comuni e li inserisce in 4 categorie, in relazione al rischio
sismico del territorio, calcolato in base al PGA (Peak Ground Acceleration, ovvero picco di accelerazione al
suolo) e per frequenza ed intensità degli eventi.
Zona 1
sismicità alta, PGA oltre 0,25 g
Zona 2
sismicità media, PGA fra 0,15 e 0,25 g
Zona 3
sismicità bassa, PGA fra 0,05 e 0,15 g
Zona 4
sismicità molto bassa, PGA inf. a 0,05 g
è quella di pericolosità più elevata, potendosi verificare
eventi molto forti, anche di tipo catastrofico
dove gli eventi sismici, seppur di intensità minore, possono
creare gravissimi danni
dove gli eventi sismici, in particolari contesti geologici
possono vedere amplificati i propri effetti
dove sono possibili sporadiche scosse che possono
determinare danni ma con bassissima probabilità
La classificazione dei Comuni viene aggiornata dalla Regione man mano che vengono effettuati nuovi
studi ed acquisiti nuovi dati in un determinato territorio.
Per la normativa antisismica nazionale vigente, recepita dalla Regione Calabria con Del.G.R.n.47 del
10/02/2004, il territorio della provincia di Cosenza è interamente compreso nelle Zone 1 e 2, ed in
particolare inserisce: n.71 Comuni in Zona 1 (45,8%) e n.84 Comuni in Zona 2 (54,2%).
La mappa nazionale di pericolosità di base individua il territorio provinciale tra quelli esposti a valori di
accelerazione massima attesa tra i più alti del territorio nazionale, con un massimo, per quanto riguarda la
pericolosità sismica, nell’area della Valle del Crati.
Nella tabella 2.2.3.1 sono riportati i dati relativi alla valutazione di massima della vulnerabilità sismica del
patrimonio abitativo della Provincia di Cosenza, elaborati dal Gruppo Nazionale Difesa Terremoti (GNDT)
in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica (ING) e il Servizio Sismico Nazionale (SSN).
Dall’analisi emerge che: in 124 Comuni (80%) la percentuale di abitazione ad alta pericolosità sismica è
maggiore del 20%, e tra questi in 44 Comuni (28%) la percentuale è maggiore del 40%.
I dati, particolarmente significativi ai fini della programmazione degli interventi nel settore edilizio, sono
da considerarsi approssimati per difetto, perché elaborati su dati Istat 1991.
Nelle tabelle 2.2.3.2 e 2.2.3.3.sono riportati i dati dei più importanti eventi sismici, con Magnitudo > 3.0
M, registrati nel territorio della Provincia di Cosenza nel periodo 2008-2012.
La tabella 2.2.3.2.riporta gli eventi che si sono verificati nel centro-sud del territorio.
La tabella 2.2.3.3 riporta gli eventi che si sono verificati nella zona nord del territorio; particolarmente
rilevante è stato lo sciame sismico che ha interessato il circondario di Mormanno a partire dal mese di
maggio 2012, con effetti dannosi di notevole rilievo.
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TAB.2.2.3.1
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TAB.2.2.3.2 -Sismi di magnitudo superiore a 3 registrati nella zona centro-sud della Provincia di Cosenza
nel quadriennio 2008 - 2012
Data
Latitudine
Longitudine Profondità
Magnitudo
Zone interessate
26-12-2012
39.503
16.308
8.2
3.0
Bisignano, Santa Sofia D’Epiro.
27-12-2011
39.580
16.922
14.7
3.6
17-11-2012
39.366
16.155
8.4
3.4
14-12-2011
39.370
16.175
5.7
3.1
24-06-2011
08-12-2010
39.611
39.186
16.609
16.411
23.0
9.7
3.0
3.2
10-06-2010
39.270
15.771
234.3
3.3
04-04-2010
08-02-2010
01-01-2010
13-04-2009
04-07-2009
23-03-2009
13-04-2009
39.349
39.498
39.196
39.525
39.185
39.225
39.525
16.816
16.771
16.293
16.392
16.809
16.071
16.392
28.1
24.1
8.2
14.2
15.1
57.6
14.2
3.4
3.5
3.1
3.3
3.2
3.9
3.3
Mar Ionio (Pietrapaola, Calopezzati, Crosia)
San Vincenzo la Costa, Montalto Uffugo
Marano Marchesato e Principato, Castiglione
C., Cosenza, Rende, Luzzi, Lattarico,
Castrolibero.
San Vincenzo la Costa, Marano Marchesato e
Principato, Castiglione C., Cosenza, Rende,
Luzzi, Lattarico, Castrolibero.
Corigliano C., Rossano C., Crosia
Parenti, Rogliano, Colosimi
Mar Tirreno (San Lucido, Fiumefreddo Bruzio,
Longobardi)
San Giovanni in Fiore
Coloveto, Pietrapaola, Calopezzati
Rogliano, Santo Stefano di Rogliano, Colosimi
Santa Sofia d’Epiro, San Demetrio Corone
San Giovanni in Fiore
Fiumefreddo Bruzio, Longobardi
San Demetrio Corone, Santa Sofia d’Epiro
07-04-2009
23-03-2009
07-11-2008
26-04-2008
14-04-2008
13-04-2008
08-04-2008
16-03-2008
18-01-2008
39.185
39.225
39.149
39.142
39.149
39.164
39.158
40.021
39.140
16.809
16.071
16.464
16.530
16.522
16.515
16.525
15.773
16.525
15.1
57.6
10.7
11.0
10.9
9.9
9.8
280.5
9.1
3.2
3.9
3.4
3.0
3.0
3.7
4.0
3.0
3.8
San Giovanni in Fiore
Fiumefreddo B., Longobardi
Parenti, Rogliano, Colosimi
Parenti,Bianchi,Colosimi,San Giovanni in Fiore
Parenti,Bianchi,Colosimi,San Giovanni in Fiore
Parenti,Bianchi,Colosimi,San Giovanni in Fiore
Parenti,Bianchi,Colosimi,San Giovanni in Fiore
Parenti,Bianchi,Colosimi,San Giovanni in Fiore
Parenti,Bianchi,Colosimi,San Giovanni in Fiore
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TAB.2.2.3.3- Sismi di magnitudo superiore a 3 registrati nella zona nord della Provincia di Cosenza
nel quadriennio 2008 - 2012
Data
Latitudine Longitudine Profondità Magnitudo
Zone interessate
18-1239.841
16.167
8.1
3.4
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
2012
13-12-2012 39.906
16.036
7.7
3.0
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
11-12-2012 39.888
16.017
10.0
3.4
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
30-11-2012 39.923
16.025
5.1
3.2
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
28-11-2012 39.927
16.020
5.8
3.1
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
25-11-2012 39.909
16.009
8.9
3.0
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
25-11-2012 39.916
16.008
9.8
3.2
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
25-11-2012 39.921
16.027
7.5
3.7
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
22-11-2012 39.921
16.030
9.0
3.3
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
08-11-2012 39.909
16.111
6.3
3.0
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
05-11-2012 39.935
16.005
8.7
3.3
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
03-11-2012 39.934
16.020
7.8
3.2
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
02-11-2012 39.917
16.033
7.2
3.1
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
2012-10-28 39.876
16.028
8.0
3.2
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
28-10-2012 39.925
16.007
8.8
3.1
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
25-10-2012 39.895
16.012
8.3
3.3
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
25-10-2012 39.881
16.009
6.3
5.0
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
23-10-2012 39.906
16.021
9.2
3.0
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
18-10-2012 39.887
16.034
7.8
3.5
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
04-10-2012 39.888
16.021
8.5
3.0
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
02-10-2012 39.906
16.019
7.4
3.3
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
01-10-2012 39.903
16.010
7.9
3.3
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
01-10-2012 39.901
16.013
8.1
3.6
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
28-09-2012 39.912
16.087
3.0
3.0
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
22-09-2012 39.783
16.614
8.9
3.4
Mar Ionio (Trebisacce, Villapiana)
14-09-2012 39.896
16.019
7.6
3.7
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
07-09-2012 39.877
16.028
8.5
3.4
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
01-09-2012 39.887
16.004
7.8
3.4
Pollino (Laino Borgo,Laino Castello,Morano C., Mormanno)
26-08-2012 39.877
16.206
6.8
3.0
Pollino (Morano, Castrovillari, Frascineto)
19-08-2012 39.875
16.005
5.0
3.7
Pollino (Laino Borgo, Laino Castello, Morano C., Mormanno)
28-05-2012 39.906
16.094
8.0
3.2
Pollino (Laino Borgo, Laino Castello, Morano C., Mormanno)
28-05-2012 39.859
16.118
3.0
4.3
Pollino (Laino Borgo, Laino Castello, Morano C., Mormanno)
01-04-2012 39.722
15.774
286.5
3.9
Mar Tirreno (Acquappesa, Belvedere, M., Bonifati, Diamante,
Maierà, San Nicola Arcella)
24-11-2011 39.920
16.023
8.1
3.3
Pollino (Laino Borgo, Laino Castello, Morano C., Mormanno)
02-12-2011 39.910
15.997
8.0
3.2
Pollino (Laino Borgo, Laino Castello, Morano C., Mormanno)
01-12-2011 39.933
15.998
9.9
3.3
Pollino (Laino Borgo, Laino Castello, Morano C., Mormanno)
23-11-2011 39.912
16.019
7.5
3.6
Pollino (Laino Borgo, Laino Castello, Morano C., Mormanno)
25-03-2010 40.028
15.857
7.8
3.2
Pollino
28-11-2008 39.886
17.018
2.0
3.1
Mar Ionio (Villapiana, Trebisacce, Amendolara)
20-05-2008 39.958
15.952
276.7
3.4
Pollino (Laino Borgo, Laino Castello, Morano C., Mormanno)
10-03-2008 39.658
16.846
3.1
3.3
Pollino
19-02-2008 39.671
15.817
273.0
3.0
Mar Tirreno (Belvedere M., Bonifati, Diamante, Buonvicino,
Santa Maria del Cedro)
15-01-2008 39.812
16.331
16.5
3.0
Civita, Francavilla Marittima, Cassano allo Ionio
AGGIORNAMENTO PROGRAMMA DI PREVISIONE E PREVENZIONE DEI RISCHI - DOCUMENTO DEFINITIVO - RELAZIONE -
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2.2.4 - Rischio Tsunami
Le aree comprese tra la Calabria e la Sicilia Nord Orientale e la Calabria e la Grecia Nord Occidentale è
particolarmente esposta al rischio Tsunami, essendo caratterizzata dalla presenza di numerose faglie
attive, frane e vulcani che, interagendo con l’ambiente marino, possono causare maremoti. Quanto sopra
si evince dai dati riportati nel Catalogo dei Maremoti Italiani di Tinti, Maramai e Graziani (Ed.2004) e dagli
studi effettuati presso il CNR-IRPI di Rende dal gruppo di lavoro coordinato dai geologi ricercatori Giulio
Iovine e Carlo Tansi.
La Calabria, ed in particolare le aree costiere della Provincia di Cosenza sono a rischio tsumani perché, sia
a largo della costa tirrenica meridionale, sia a largo di quella dell’alto Ionio, vi sono diverse faglie attive,
proprio nei tratti colpiti da eventi di maremoto del passato.
Nel Tirreno insistono, inoltre, i vulcani dell’arco eoliano, anch’essi responsabili di maremoti, sia per
l’innesco di frane, sia direttamente per l’attività eruttiva. Alcuni degli epicentri dei terremoti connessi con
i maremoti ricadono sulla terra ferma: in tal caso lo scuotimento sismico ha innescato frane sottomarine,
a loro volta responsabile dei maremoti.
Nella Fig.n.2.1 sono schematizzate le cause scatenanti del maremoto: a) per faglia sottomarina; b) per
frana sottomarina; c) per frana subaerea che precipita in mare; d) per eruzione vulcanica sottomarina.
FIG.2.1: SCHEMA DELLE CAUSE SCATENANTI IL MAREMOTO. (Fonte: G.Jovine C.Tansi CNR-IRPI)
Ai fini della valutazione del rischio si deve evidenziare che il potenziale distruttivo non dipende dall’altezza
delle onde, che pure possono raggiungere altezza di oltre 10 m, quanto piuttosto dagli enormi volumi
d’acqua mobilizzati dall’evento scatenante. La massa d’acqua che si sposta orizzontalmente con velocità
che possono raggiungere gli 800 Km/ora, ha una estensione di centinaia di chilometri ed è pertanto più
AGGIORNAMENTO PROGRAMMA DI PREVISIONE E PREVENZIONE DEI RISCHI - DOCUMENTO DEFINITIVO - RELAZIONE -
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difficilmente arrestabile nell’impatto con la costa, rispetto alle comuni onde marine di altezza similare.
Pertanto mentre le comuni onde marine, pur raggiungendo altezze considerevoli, esauriscono la loro
energia subito dopo l’impatto con la costa, gli tsunami riescono a spingersi distruttivamente per molti
chilometri nell’entroterra. In mare aperto le onde di maremoto non superano l’altezza di qualche
decimetro, tuttavia, avvicinandosi alla costa, vengono rallentate dai bassi fondali e si amplificano fine ad
altezze di decine di metri.
Per stabilire l'intensità di uno tsunami si usa la scala Sieberg-Ambraseys, introdotta nel 1927 da August
Sieberg e poi modificata da Nicholas Ambraseys nel 1962, che è adottata nei cataloghi europei e che viene
qui riprodotta.
CLASSIFICAZIONE TSUNAMI - SCALA SIEBERG-AMBRASEYS
I°
II°
Molto debole
Debole
III°
Abbastanza forte
IV° Forte
V°
Molto forte
VI° Disastroso
onde deboli registrate solo dai mareografi.
le onde sono notate solo dagli abitanti costieri che hanno esperienza di fenomeni
marini; vengono notate generalmente solo su spiagge molto basse.
osservabile quasi ovunque; inondazione di spiagge basse e piatte.
Piccole barche vengono trascinate sulla spiaggia.
Danni lievi alle strutture che si trovano sulla costa.
Negli estuari c'è inversione della corrente e risalita del mare lungo l'alveo dei fiumi.
Inondazione della costa fino a una certa profondità.
Leggera erosione alla base di strutture esposte. Argini e banchine sono danneggiati.
Sulla costa le strutture leggere subiscono danni rilevanti, ma sono danneggiate anche le
strutture più solide.
Imbarcazioni grandi e piccole trascinate a terra o portate al largo.
Le coste vengono ricoperte di detriti trascinati dalle onde.
Completa inondazione della costa per una certa profondità. Moli e strutture solide
vicino al mare danneggiati. Le strutture leggere sono distrutte.
Forte erosione dei terreni coltivati. Le coste sono ricoperte di detriti e di pesci.
Ad eccezione delle grandi navi, tutte le altre imbarcazioni sono trascinate a terra o
portate al largo. Forti onde di marea ("bore" in inglese e "mascaret" in francese)
risalgono gli estuari.
Cantieri portuali danneggiati. Persone muoiono annegate.
Onde di maremoto sono accompagnate da un forte boato.
Distruzione parziale o completa delle opere costruite dall'uomo, fino a distanza
considerevole dalla linea di costa.
Inondazione fino a grandi distanze dalla costa.
Grandi navi molto danneggiate. Alberi sradicati o spezzati.
Si contano molte vittime.
Che l’area calabro – sicula sia particolarmente esposta al rischio tsunami trova conferma nei dati storici:
dei 54 maremoti verificatisi in Italia lungo le sue coste ne sono stati registrati ben 25 (46,3%).
Tra di essi, il più catastrofico avvenne il 28 dicembre 1908: esso fu causato da un forte terremoto di
Magnitudo sc. Ricther 7,1 ed epicentro nello Stretto di Messina, che provocò oltre 100 mila vittime. Circa
3 minuti dopo la scossa, il maremoto colpì la costa, causando gran parte dei morti, con un’intensità
massima (VI grado della scala Ambraseys-Sieberg) a Pellaro (onde alte 13.5 m).
L’ultimo tsunami nell’area calabro-sicula, si è verificato il 30 dicembre 2002 quando dallo Stromboli, a
seguito di una intensa attività vulcanica, con sviluppo di colate laviche lungo la “Sciara del Fuoco” e
l’innesco di movimenti franosi di grandi dimensioni, sia subaeree che sottomarine, si sono mobilizzati
circa 18.000.000 di metri cubi di materiali. Le frane hanno generato un treno di onde di maremoto che in
pochissimo tempo ha interessato le coste di Stromboli, propagandosi nell’arcipelago eoliano fino a
AGGIORNAMENTO PROGRAMMA DI PREVISIONE E PREVENZIONE DEI RISCHI - DOCUMENTO DEFINITIVO - RELAZIONE -
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raggiungere le coste calabre siciliane.
Nella Fig.n.2.2 sono schematizzate le principali faglie attive nella Calabria e nella Sicilia Nord-orientale con
l’indicazione delle sorgenti dei maremoti storici che hanno colpito le coste. I numeri corrispondono a
quelli riportati nella tabella della fig.n.2.3.
FIG.2.2: AREA CALABRO-SICULO CON INDICAZIONE SCHEMATICA DELLE FAGLIE ATTIVE E CON
UBICAZIONE DELLE SORGENTI DEI MAREMOTI STORICI (Fonte: G.Jovine C.Tansi CNR-IRPI)
AGGIORNAMENTO PROGRAMMA DI PREVISIONE E PREVENZIONE DEI RISCHI - DOCUMENTO DEFINITIVO - RELAZIONE -
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Nella Fig.n.2.3 sono riportati i maremoti storici lungo le coste della Calabria e della Sicilia Nord-orientale.
L’intensità dei maremoti è espressa nella scala Ambraseys-Sieberg; l’intensità (I) dei terremoti è espressa
nella scala Mercalli-Cancani-Sieberg, mentre la magnitudo (M) è espressa nella scala Richter. I numeri che
identificano i maremoti corrispondono a quelli della fig.n.2.2.
Intensità
dello
tsunami
Numero
evento
Intensità (I)
Magnitudo
(M) del terremoto
Data
Zona epicentrale
Descrizione
Causa
1
2
3
04-02-1169
25-08-1613
27-03-1638
Stretto di Messina
Stretto di Messina
Calabria tirrenica
Terremoto con epicentro a mare
Terremoto con epicentro a terra
Terremoto con epicentro a terra
I = XI, M = 6.8
I = IX, M = 5.6
I = XI, M = 7.1
4
11-01-1693
Epicentro al largo di
Catania
Terremoto con epicentro a mare
I = XI,
M = 6.8
IV
5
05-02-1783
Calabria Tirrenica
Terremoto con epicentro a terra
I = XI,
M = 7.0
III
6
06-02-1783
Epicentro a largo di
Scilla
Terremoto con epicentro a mare
e frana subaerea staccatasi dal
Monte Paci
I=IX-X,
M=6.3
VI
7
8
9
10
11
12
13
07-02-1783
01-03-1783
28-03-1783
07-01-1784
19-01-1784
20-02-1818
08-03-1832
Calabria tirrenica
Calabria tirrenica
Calabria tirrenica
Calabria Ionica
Stretto di Messina
Sicilia orientale
Calabria ionica
Terremoto con epicentro a terra
Terremoto con epicentro a terra
Terremoto con epicentro a terra
Terremoto con epicentro a mare
Terremoto con epicentro a mare
Terremoto con epicentro a terra
Terremoto con epicentro a terra
I=X-XI, M=6.4
I = IX, M = 5.6
I = XI, M = 7.0
I = VI, M = 4.1
I = VI, M = 4.1
I=IX-X, M=6.2
I = X, M = 6.7
14
25-04-1836
Epicentro a largo di
Rossano
Terremoto con epicentro a mare
I = X,
M = 6.2
III
15
16-11-1894
Calabria tirrenica
Terremoto con epicentro a terra
I = IX, M = 6.0
III
16
08-09-1905
Epicentro nel Golfo
di Sant’Eufemia
Terremoto con epicentro a mare
I = XI,
M = 6.9
III
17
23-10-1907
Calabria ionica
Terremoto con epicentro a terra
I = IX, M = 5.9
III
18
28-12-1908
Epicentro nello
stretto di Messina
Inondazione e distruzione a Messina.
Inondazione a Naso.
Ritiro del mare di 2 miglia a Pizzo C.
Rasa al suolo Catania e provincia, e numerosi
altri paesi in provincia di Siracusa e Ragusa. Fece
70.000 vittime, in parte provocate da un forte
tsunami sulla costa siciliana tra Augusta e
Messina.
Ritiro del mare seguito da inondazione sulle coste
del basso Tirreno.
Tsunami disastroso, con onde alte fino a 9 m:
sorprese la maggior parte della popolazione di
Scilla che, impaurita dalle scosse sismiche, era
scappata sulla spiaggia. Le vittime furono più di
1500.
Aumento del livello del mare a Stilo.
Inondazione a Tropea.
Inondazione a Bagnara.
Inondazione a Roccella.
Inondazione a Faro e a Catona.
Onde anomale a Catania.
Inondazione a Magliacarne (KR).
Il tratto di costa tra Corigliano C. e Calopezzati fu
interessato da un maremoto che spinse l’acqua
verso l’interno per 40-50 metri, distruggendo molti
edifici. Il terremoto che lo generò provocò 240
vittime, in parte ascrivibili allo tsunami.
Navi trasportate a Reggio Calabria.
Il terremoto provocò 560 vittime, in parte causate
dal maremoto che seguì. Le onde, alte fino a 6 m,
sommersero la spiaggia tra Vibo e Tropea,
trascinando in mare diverse abitazioni, e si
propagò, con effetti minori, fino alle Eolie e alle
coste della Sicilia settentrionale.
Inondazioni a Capo Bruzzano.
Il terremoto causò la distruzione totale di Messina,
Reggio di Calabria e numerosi altri centri minori,
con oltre 100.000 vittime. Il sisma produsse il più
violento tsunami di cui si ha memoria in
Italia:questo provocò gran parte delle vittime e
causò la totale distruzione delle abitazioni sulla
costa. Il primo fenomeno osservato fu un marcato
ritiro del mare, per alcuni minuti, seguito da 3
onde di tsunami alte fino a 13.5 m.
Terremoto con epicentro a mare
I = XII,
M = 7.1
VI
19
20
21
22
23
24
25
03-07-1916
22-05-1919
17-08-1926
11-09-1930
20-08-1944
??-02-1954
30-12-2002
Isole Eolie
Isole Eolie
Isole Eolie
Isole Eolie
Isole Eolie
Isole Eolie
Isole Eolie
Innalzamento del mare (10 m) a Stromboli.
Inondazione a Stromboli.
Ritiro del mare a Salina.
Ritiro del mare-inondazione (2.5 m) a Stromboli.
Inondazione e case distrutte a Stromboli.
Inondazioni e abitazioni distrutte.
Inondazione e alcune case distrutte nelle Eolie
Terremoto con epicentro a terra
Eruzione sottomarina
Terremoto con epicentro a terra
Eruzione sottomarina
Eruzione sottomarina
Eruzione sottomarina
Frana subaerea
I = VII
II
II
III
III
I = VII-VIII
III
IV
II
III
FIG.2.3 : MAREMOTI STORICI DELLA CALABRIA E SICILIA NORD-ORIENTALE (Fonte: G.Jovine C.Tansi CNR-IRPI)
AGGIORNAMENTO PROGRAMMA DI PREVISIONE E PREVENZIONE DEI RISCHI - DOCUMENTO DEFINITIVO - RELAZIONE -
IV
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2.2.5 - Rischio desertificazione e deficit idrico
La definizione ufficiale di “desertificazione” è stata elaborata durante la Conferenza delle Nazioni Unite su
Ambiente e Sviluppo (Rio, 1992), in termini di “degrado delle terre nelle zone aride, semi-aride e subumide secche, attribuibile a varie cause, fra le quali le variazioni climatiche e le attività antropiche”;
questa definizione, recepita nell’ambito della Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite sulla lotta
alla Siccità e Desertificazione (UNCCD), è considerata profondamente innovativa per tre motivi principali:
- il degrado riguarda sia la perdita delle caratteristiche bio-chimico-fisiche del suolo, sia la redditività
economica;
- le terre aride, semi-aride e sub-umide secche individuano le aree del pianeta più vulnerabili, escluse le
aree artiche ed antartiche, nelle quali il rapporto tra le precipitazioni annuali e l’evapotraspirazione
potenziale si situa tra 0.05 e 0.65;
- la desertificazione può essere determinata dal sovrapporsi di cause di origine naturale ed antropica
Il QTRP inserisce tra i rischi naturali il Rischio Desertificazione che, secondo i dati dell’Atlante Nazionale
delle aree a rischio desertificazione, a livello nazionale interessa oltre un quinto della superficie e arrivano
ad oltre il 40% nei territori del sud Italia.
L’Atlante identifica vari sistemi di degradazione che concorrono al fenomeno e in particolare: erosione
idrica, deposizione, urbanizzazione, salinizzazione ed aridità; fra questi il più rilevante territorialmente è
quello relativo all’erosione.
I principali effetti della desertificazione si traducono in una diminuzione della fertilità del suolo, della sua
capacità di ritenzione idrica e della produttività della vegetazione, con una conseguente riduzione dei
raccolti in agricoltura, dei rendimenti del bestiame, della biomassa boschiva e della biodiversità della
vegetazione. Tali effetti, portando a pratiche di uso della terra sempre meno sostenibili, possono a loro
volta esacerbare ulteriormente il processo di desertificazione.
L’ARPA CALABRIA ha elaborato nell’ambito del Progetto Desert Net e pubblicato nel 2008, la Carta delle
aree sensibili alla desertificazione che localizza le zone a rischio più elevato nelle aree dove si sommano
contemporaneamente:
- forti concentrazioni di popolazione,
- colture con fabbisogni irrigui molto elevati,
- attività produttive,
- serbatoi alluvionali in deficit idrico.
Nella provincia di Cosenza le aree sensibili alla desertificazione sono percentualmente ripartite come segue:
%
%
%
n.
classi ESAs
%
1
Aree non minacciate
2
Aree con minaccia potenziale
3
Aree fragili di fascia 1
4
Aree fragili di fascia 2
5
Aree fragili di fascia 3
6
Aree critiche di fascia 1
7
Aree critiche di fascia 2
8
Aree critiche di fascia 3
9
non classificate: aree urbane, corpi idrici ecc.
percentuale della superficie delle zone non minacciate o con minaccia potenziale
percentuale della superficie delle zone in aree classificate “fragili”
2,93
4,54
7,07
17,59
18,66
14,37
26,64
6,45
1,75
7,47
43,32
47,46
percentuale della superficie delle zone in aree classificate “critiche”
1,75
totale percentuale della superficie delle zone in aree non classificate
Totale del territorio
100%
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Nella Fig.2.4 è rappresentato uno stralcio della carta delle aree sensibili alla desertificazione relativa al
territorio della Provincia di Cosenza.
Fig.2.4
STRALCIO DELLA
CARTA DELLE AREE
SENSIBILI ALLA
DESERTIFICAZIONE
NELLA PROVINCIA
DI COSENZA
Per quanto riguarda il Deficit Idrico il QTRP fa riferimento alla “Relazione sull’andamento dei valori termo
– pluviometrici e della disponibilità di risorsa idrica in Calabria.” – Maggio 2007 – realizzata dal Centro
Funzionale del Settore di Protezione Civile della Regione Calabria che gestisce la rete meteorologica
regionale.
In particolare, vengono valutati due tipi di indicatori della disponibilità di risorsa idrica: l’SPI e il GRI.
L´indice SPI (Standardized Precipitation Index) quantifica il deficit di precipitazione per diverse scale dei
tempi; ognuna di queste scale riflette l´impatto della siccità sulla disponibilità di differenti risorse d´acqua.
L´umidità del suolo risponde alle anomalie di precipitazione su scale temporali brevi, mentre l´acqua nel
sottosuolo, fiumi e invasi tendono a rispondere su scale oggettivamente più lunghe. Nel primo caso quindi
l´indice fornisce indicazioni circa la siccità agricola, mentre nel secondo caso abbiamo
un´informazione che riguarda la siccità idrologica.
L´indice necessita, per il suo calcolo, dei soli dati di precipitazione cumulata nei mesi precedenti (nel
nostro caso 3, 6, 12 e 24 mesi).
Il GRI (Global Reporting Initiative) è un’organizzazione che ha sviluppato lo schema di report di
sostenibilità che consiste nella misurazione, comunicazione e assunzione di responsabilità nei confronti di
stakeholder (portatore d’interesse) sia interni che esterni, in relazione alla performance
dell’organizzazione rispetto all’ obiettivo dello sviluppo sostenibile. L’ultima versione di questo schema si
chiama G3 Guidelines ed include cinque criteri relativi alla valutazione della risorsa idrica (UNEP, 2009):
1. prelievo totale di acqua;
2. risorse idriche affette da privazione di acqua;
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3. percentuale sul volume totale di acqua riciclata e riutilizzata;
4. quantità di acqua totale scaricata compresa di qualità e destinazione;
5. identificazione dei sistemi che sono influenzati dallo scarico di acqua da parte dell’azienda e dal suo utilizzo.
Questo schema richiede la valutazione degli impatti legati all’uso della risorsa idrica e non richiede una
metodologia specifica per la quantificazione dei valori richiesti dai cinque criteri.
Lo schema sviluppato dal GRI ha l’obiettivo principale di mettere in contatto in maniera semplificata le
aziende con le parti interessate. Questo schema, sebbene sembri fornire delle informazioni sulla risorsa
idrica interessanti, non può essere considerato significativo a livello scientifico perché, come già detto,
non sono individuate delle metodologie e degli strumenti per definire in modo univoco questi criteri. Nel
2002, la GRI ha pubblicato un progetto di protocollo d’acqua che fornisce informazioni dettagliate e linee
guida per orientare le valutazioni delle imprese, le misure e la comunicazione sugli usi delle acque e gli
impatti associati (Global Reporting Initiative,2009).
Con riferimento ai dati rilevati nella Provincia di Cosenza, dalle analisi svolte si può affermare che ci si
trova in presenza di carenza di risorse idriche di entità contenute; risulta comunque opportuno scindere la
problematica di disponibilità pseudo-superficiale (utili alla ricarica degli invasi) da quelle di disponibilità
profonda (emungimento da pozzi o captazione di sorgenti).
Per quanto concerne la prima problematica dall’analisi dell’indice SPI, con aggregazione variabile dai 6 ai
12 mesi, si evidenzia che i territori più a rischio di carenza possono essere quelli del bacino del Savuto sino
al bacino del Busento, e quelli dell’Alto Esaro, dove si evidenziano ampie zone interessate da una siccità
moderata o anche severa (Vedi Fig.n.2.5).
L’analisi dei valori dell’SPI calcolati da 1 a 3 mesi, evidenzia invece una situazione di siccità lieve
soprattutto sulla fascia tirrenica.
In fase di valutazione della disponibilità di risorsa profonda, invece, si è utilizzato il GRI.
Dalle analisi condotte si individuano zone che, a differenza della sintesi media regionale che si attesta su
valori accettabili, presentano valori tali per cui ci si può aspettare situazioni di carenza più marcata.
Queste zone si localizzano principalmente nelle aree comprese tra: il bacino del Savuto, sulla Catena
Costiera cosentina in corrispondenza della Media Valle del Crati e sui versanti ionici settentrionali della Sila
Greca.
Fig.n.2.5
SPI a 6 ed a 12 mesi
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2.2.6 - Rischio subsidenza
Il QTRP adottato inserisce tra i rischi naturali quello collegato alla “Variazioni relative del livello del mare
e vulnerabilità delle pianure costiere”.
Il fenomeno non è trascurabile perché, a causa del riscaldamento globale, il previsto sollevamento del
livello marino ricopre un ruolo di fondamentale importanza, potendo modificare l’attuale assetto delle
coste, dei suoi habitat naturali e delle attività antropiche.
Il livello del mare ha manifestato nella storia della Terra oscillazioni che dipendono sia da cause
astronomiche sia dalla tettonica; tuttavia, il fenomeno del riscaldamento globale in atto potrà causare un
incremento, sia di entità che di velocità, negli attuali trend di variazione di livello marino, in cui le coste
hanno continuato a subire passivamente movimenti isostatici negativi che appaiono come una risalita
relativa del mare.
E’ necessario considerare che, nel prossimo futuro, ai fenomeni di tipo isostatico si sommeranno quelli
dovuti al riscaldamento climatico che sta riattivando il progressivo scioglimento delle coltri glaciali, con
ripercussioni notevoli in particolar modo nelle zone con coste basse e intorno alle foci dei fiumi.
Una componente fondamentale nel computo delle variazioni relative del livello marino è data da
eventuali movimenti tettonici; l’analisi dei movimenti verticali rilevati per le aree costiere italiane, mostra
che fra i principali settori attualmente in sollevamento vi sono la Calabria e la Sicilia orientale.
Con riferimento alle coste delle provincia di Cosenza fenomeni di subsidenza si evidenziano
particolarmente sulla costa jonica, mentre lungo la costa tirrenica queste sono meno chiare.
Lungo le coste dello Ionio, sono state rilevate resti di antiche strutture portuali generalmente di origine
greca, che si trovano su fondali di 4-8m, non attribuibile al solo sollevamento eustatico del livello marino,
che si può stimare in circa 2m; Il livello greco di Sibari (Sybaris) è attualmente circa 2 m più basso del livello
del mare.
Lungo il Tirreno si hanno notizie di resti di età romana imperiale a quote paragonabili al livello di mare attuale.
Il tematismo del rischio collegato ai fenomeni di subsidenza, per come evidenziato nel QTRP, non può
essere trascurato, anzi con riferimento alle scelte di pianificazione territoriale, merita particolare
attenzione.
2.2.7 - Rischio Sinkholes
Il QTRP adottato inserisce tra i rischi naturali quello collegato alla presenza, o alla possibilità di formazione
dei sinkholes, cioè di voragini di forma sub-circolare, con diametro e profondità variabili da pochi metri a
centinaia di metri, che si aprono rapidamente nei terreni, nell'arco di poche ore.
I processi che danno origine a tali fenomeni sono molteplici e derivano da: dissoluzione carsica anche di
substrati profondi, fenomeni di liquefazione, copertura costituita da terreni a granulometria variabile con
caratteristiche geotecniche scadenti, presenza di faglie o fratture, risalita di fluidi aggressivi (CO2 e H2S),
eventi sismici, eventi pluviometrici importanti, attività antropica (emungimenti, estrazioni, scavi, ecc.).
In Calabria l’ISPRA segnala 26 fenomeni, 8 dei quali in Provincia di Cosenza, riconducibili a piccole cavità,
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oggi ricolmate, originatesi nella totalità dei casi durante eventi sismici e connesse a fenomeni di
liquefazione dei terreni.
COMUNE
CETRARO
CETRARO
CETRARO
CETRARO
SINKHOLES CLASSIFICATI NELLA PROVINCIA DI COSENZA – Fonte ISPRA
latitudine longitudine
LOCALITA’
ANNOTAZIONI
VIA CAPPUCCINI
Via L.De Seta
Via Porta di Basso
Via Regina Elena
39°31’2 “
39°31’4 “
39°31’3 “
39°31’3 “
15°56’18”
nelle coperture al di sopra del bedrock
carbonatico con lenti di gessi.
La profondità del bedrock è sconosciuta
ma superiore a 5 m. E' stato ricolmato
15°56’16”
nelle coperture al di sopra del bedrock
carbonatico con lenti di gessi.
La profondità del bedrock è sconosciuta
ma superiore a 5 m. E' stato ricolmato
15°56’19”
nelle coperture al di sopra del bedrock
carbonatico con lenti di gessi.
La profondità del bedrock è sconosciuta
ma superiore a 5 m. E' stato ricolmato
15°56’15”
nelle coperture al di sopra del bedrock
carbonatico con lenti di gessi.
La profondità del bedrock è sconosciuta
ma superiore a 5 m. E' stato ricolmato
CETRARO
Via Silvio Pellico
39°31’4 “
15°56’14”
nelle coperture al di sopra del bedrock
carbonatico con lenti di gessi.
La profondità del bedrock è sconosciuta
ma superiore a 5 m. E' stato ricolmato
LUNGRO
Miniera di Sale
39°43’51”
16°7’25””
sulle argille gessifere; le cavità della
miniera sono molto profonde
16°37’57”
fuoriuscita da aperture nel terreno di
acqua mista a fango o sabbia quasi
sempre con formazione di vulcanelli;
le fontane di sabbia risultano descritte da
testimoni oculari
39°21’56” 16°10’57”
fuoriuscita da aperture nel terreno di
acqua mista a fango o sabbia quasi
sempre con formazione di vulcanelli;
le fontane di sabbia risultano descritte da
testimoni oculari
ROSSANO
S.Angelo
SAN VINCENZO
LA COSTA
MONTALTO U.
39°36’56”
PAR. 2.3 -RISCHI ANTROPOGENECI
2.3.1 - Rischio sanitario
Per il rischio sanitario il QTRP adottato fa riferimento alla definizione del Dipartimento della Protezione
Civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri: “non di origine propria, ma conseguente ad altri rischi
o calamità, tanto da poterlo definire come un rischio di secondo grado correlato cioè a variabili antropiche
che possono produrre danno alla salute umana. Tali variabili possono essere di natura:
- biologica - batteri, virus, pollini, Ogm, etc.,
- chimica - amianto, benzene, metalli pesanti, diossine, etc.
- fisica - radiazioni UV, rumore, radiazioni ionizzanti, alte temperature, basse temperature, etc.“.
Analogamente a quanto precisato nel QTRP per ciò che riguarda la pianificazione di livello regionale,
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anche per i riflessi nella pianificazione di livello provinciale si ritiene opportuno prendere in
considerazione solo le tipologie di rischio riferite all’amianto ed al radon.
2.3.1.1 - Rischio sanitario da amianto
L’amianto, chiamato anche asbesto, è un minerale naturale a struttura microcristallina, di aspetto fibroso
appartenente alla classe chimica dei silicati e alle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli.
In natura l’amianto è molto diffuso, si ottiene facilmente dalla roccia madre dopo macinazione in genere
in miniere a cielo aperto.
Gli affioramenti ofiolitici in Calabria sono, da tempo, un’importante risorsa economica per il territorio. La
presenza di amianto in tali giacimenti determina la necessità di valutare il rischio di esposizione dei
lavoratori durante le attività di estrazione e lavorazione della pietra verde e quello della popolazione
residente nei comuni delle cave e degli insediamenti produttivi.
Notevole importanza rivestono in Calabria i giacimenti di pietra verde del Monte Reventino-Mancuso che,
distribuiti sul versante sinistro della Valle del Savuto in provincia di Catanzaro, si estendono fino al Mar
Tirreno su un vasto territorio comprendente numerosi comuni.
Di seguito sono elencati i siti segnalati dall’ ASL nella Provincia di Cosenza, in cui esistono cave attive ed
inattive, in cui si rileva la presenza di pietra verde o di affioramenti naturali dove potrebbero essere
individuati materiali fibrosi.
COMUNE
ACQUAFORMOSA
TERRANOVA
CAMPANA
SAN GIORGIO A.
AMANTEA
SERRA D’AIELLO
N°
1
1
2
1
Cave attive
Cave inattive
produzione
N°
INERTI
INERTI
INERTI
1
INERTI
Affioramenti naturali
sito
CORECA
SERRA D’AIELLO
Varieta’ fibrosa
NESSUNA
NESSUNA
NESSUNA
NESSUNA
TREMOLITE
NESSUNA
I dati attualmente disponibili sono alquanto limitati, tuttavia, anche se la distribuzione degli affioramenti
appare estremamente frastagliata ed interessa tutto il territorio regionale, è ormai da ritenere non più
differibile la mappatura geologica che evidenzi la presenza di rocce e/o sedimenti contenenti amianto
naturale.
La struttura fibrosa attribuisce all’amianto particolari caratteristiche di resistenza meccanica ed alta flessibilità,
nonché di resistenza al fuoco, al calore, all’azione di agenti chimici e biologici, all’abrasione e all’usura.
L’amianto è dotato di proprietà fonoassorbenti e termoisolanti e si lega facilmente con materiali da costruzione
quali calce, cemento, gesso, gomma e PVC; per tali caratteristiche è stato considerato un materiale
estremamente versatile a basso costo, con estese e svariate applicazioni industriali, edilizie e in prodotti di
consumo.
La consistenza fibrosa è alla base delle proprietà tecnologiche, ma anche delle proprietà di rischio
essendo essa causa di gravi patologie a carico prevalentemente dell'apparato respiratorio.
La pericolosità consiste, infatti, nella capacità che i materiali di amianto hanno di rilasciare fibre
potenzialmente inalabili ed anche nella estrema suddivisione cui tali fibre possono giungere. Per dare una
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idea della estrema finezza delle stesse basti pensare che in un centimetro lineare si possono affiancare
250 capelli umani, 1.300 fibre di nylon o 335.000 fibre di amianto.
L'amianto è pericoloso quando può disperdere le sue fibre nell'ambiente circostante per effetto di
qualsiasi tipo di sollecitazione meccanica, eolica, da stress termico, dilavamento di acqua piovana ecc.;
perciò l’amianto friabile, che si può ridurre facilmente in polvere, è considerato molto più pericoloso
dell'amianto compatto, che per sua natura ha una scarsa o scarsissima tendenza a liberare fibre.
I lavori che comportano un elevato rilascio di fibre d'amianto devono pertanto essere affidati soltanto a
ditte specializzate in bonifiche da amianto.
Per i materiali compatti contenenti amianto, come le coperture degli edifici in cemento amianto (eternit), il
rischio è legato allo stato di manutenzione dei materiali che possono diventare pericolosi se abrasi o
danneggiati.
Nella maggior parte dei casi l'amianto è presente nelle strutture edilizie e industriali; i tipi di edifici e di
manufatti in cui, più frequentemente, si riscontrano materiali contenenti amianto sono:
- fabbricati con struttura portante metallica costruiti soprattutto tra gli anni '60 e '70, nei quali l'amianto
può essere stato applicato a spruzzo sulle strutture metalliche;
- edifici prefabbricati in cui sono state utilizzate lastre piane o ondulate in cemento amianto;
- capannoni ad uso industriale che possono presentare coperture in cemento amianto, o nei quali
l'amianto può essere stato applicato a spruzzo sul soffitto a scopo d’isolamento termico e
fonoassorbente;
- elementi di copertura quali tegole, lastre ondulate o piane;
- pareti, controsoffittature con pannelli contenenti amianto sia in matrice compatta sia friabile;
- linoleum e piastrelle per pavimenti;
- intonaci per rivestire strutture portanti in acciaio, pareti e soffitti di molti locali, con funzioni
fonoassorbenti, termoisolanti e/o di resistenza al fuoco;
- tubi e vasche per l’acqua potabile e le acque reflue;
- isolanti delle caldaie per coibentarle, sotto forma di pannelli o in forma sfusa (generalmente sotto
l’involucro in lamiera);
- rivestimenti isolanti di tubi;
- guarnizioni all’interno di raccordi tra tubazioni e nelle caldaie;
- isolamenti vari quali pannelli in cartone-amianto dietro le stufe o a protezione da fonti di calore di
parti in legno (es. sopra il termosifone);
- filati, tessuti e corde possono essere presenti come coibentazioni di parti calde;
- manufatti ignifughi quali coperte, feltri, tappeti.
Il rischio sanitario da amianto deriva dalla circostanza che, a causa della notevole diffusione di materiali,
naturali e non, che ne contengono le fibre, vi è una elevata probabilità che siano rilasciate fibre
aerodisperse nell´ambiente che possano venire inalate, generando patologie quali:
- l’Asbestosi, fibrosi polmonare irreversibile, che si manifesta per esposizioni medio-alte e per lungo
tempo ad amianto (10 / 15 anni);
- il Carcinoma Polmonare che può comparire anche per esposizioni minime anche a distanza di 15 / 20
anni da quando è terminata l´esposizione;
- il Mesotelioma tumore della pleura o del peritoneo che può manifestarsi anche dopo 25 / 40 anni da
esposizioni anche a basse dosi.
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Anche attraverso gli strumenti della pianificazione territoriale, si rende necessario non solo localizzare i
materiali pericolosi contenenti amianto, ma anche assumere adeguate misure di prevenzione:
- attraverso la rimozione delle cause, adottando appositi piani di messa in sicurezza delle aree ove sono
presenti materiali sciolti di ammassi rocciosi con fibre di amianto la rimozione dei materiali impiegati
in edilizia o nei processi produttivi, per come peraltro previsto dalla Legge 40/2011che attribuisce
funzioni a Regione, Provincie e Comune;
- con l’assunzione di misure di prevenzione attraverso gli strumenti della pianificazione territoriale in
aree connotate della presenza di particolari affioramenti rocciosi che contengono i minerali Crisotilo,
Actinolite, Tremolite, Anfibolite, Amosite e Crocidolite.
La produzione e la commercializzazione di materiali contenenti amianto è cessata nel 1992 a seguito della
entrata in vigore della Legge 27 marzo 1992, n. 257.
Nonostante le attività di ricognizione e classificazione effettuate dall’ARPACAL, attualmente non è stata
completata la mappatura sul territorio provinciale, ma neanche dell’intera Regione, dei luoghi ove sono
presenti materiali anche naturali con fibre di amianto.
2.3.1.2 - Rischio sanitario da Radon
Il rischio sanitario da Radon deriva dalle implicazioni che il rilascio in atmosfera e la concentrazione di
Radon ha sulla salute umana.
L’aspetto sanitario è determinato dai prodotti di decadimento del Radon ed in particolare dai radionuclidi
emettitori di particelle alfa: 218Po, 214Po e 210Po; tali ioni metallici, chimicamente attivi, possono subire
processi di deposizione o legarsi alle particelle d’aria ed essere inalate, esponendo a rischio l’apparato
respiratorio con elevata probabilità, direttamente collegata all’aumento della dose assorbita, insorgenza
di tumori polmonari. Le particelle alfa emesse dal Radon vengono classificate come radiazioni ad alto LET
(Linear Energy Transfer) con un’alta efficacia biologica, quindi particolarmente pericolose.
Il Comitato Scientifico dell’ONU sugli effetti delle radiazioni atomiche ha valutato, a livello globale, la
concentrazione media in ambienti esterni variabile tra 5 e 15 Bequerel/metrocubo (Bq/m3).
In Italia l’Enea e l’Istituto Superiore di Sanità, a fronte di una media nazionale di circa 77 Bq/m 3, ha
evidenziato situazioni molto diversificate, con valori locali che variano tra 100 e 400 o Bq/m 3, infatti le
concentrazioni di radiazioni dipendono dalla presenza di uranio e radio al suolo e nei materiali di
costruzione, dalla permeabilità del suolo e dalle abitudini di vita.
Per quanto attiene alla Calabria, dove il valore della concentrazione varia tra 20 e 40 Bq/m3, riveste
particolare interesse la sua struttura geologica, con estesi affioramenti di rocce ignee e metamorfiche,
che determina una radioattività di fondo di origine naturale compresa tra 0,15 e 0,20 microSievert/ora
(Sv/h). Zone d’interesse correlati alla radioattività naturale si segnalano in Sila, località Fossiata.
Il Laboratorio Fisico del Dipartimento ARPACAL di Catanzaro – “Ettore Majorana”, ha pubblicato il Report
2011 sulla radiattività naturale in Calabria, in cui vengono presentanti alcuni dei lavori sperimentali e di
ricerca realizzati sul gas Radon.
Particolarmente interessante sono i risultati ottenuti attraverso lo studio delle FLUTTUAZIONI DEL
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LIVELLO DI FONDO GAMMA IN CALABRIA, in cui, attraverso l’analisi di più di 5.000 misure del rateo di
dose gamma per la stima della radioattività naturale, effettuate con tre stazioni fisse dislocate sul
territorio calabrese a diverse altezze sopra il livello del mare e da misure in campo realizzate con
strumentazione portatile, è stato possibile redigere la mappa della distribuzione territoriale del campo
radioattivo naturale, che può essere stimato attraverso una semplice formulazione matematica empirica
tenendo conto della dipendenza esplicita dell’altitudine ed intrinseca delle caratteristiche geologiche del
territorio.
Nella fig.3.1 è riportata la mappa del fondo ambientale radioattivo della Calabria.
Nella provincia di Cosenza l’Arpacal ha realizzato il IL MONITORAGGIO DELLA RADIOATTIVITÀ NATURALE
NEL COMUNE DI ROGGIANO GRAVINA.
La scelta di Roggiano Gravina è stata effettuata allo scopo di indagare su alcune sorgenti di rischio che
potrebbero aver provocato, negli ultimi decenni, l’aumento di alcune patologie tumorali di una vasta area
cosentina in cui ricade il territorio comunale.
L’area indagata, dell’estensione di circa 45 km2, è situata su una collina a 250 m s.l.m., in una posizione
centrale della Valle del Crati, tra la costa tirrenica e quella ionica. Il nucleo abitato occupa la parte centrale
della vasta area bagnata quasi completamente dal fiume Esaro.
Le caratteristiche geologiche dell’area sono quelle tipiche di un’unità della catena alpina composte
principalmente da serpentiniti, metabasiti, scisti verdi, calcari, filladi, micascisti e da una copertura
carbonatica mesozoica.
L’Arco Calabro, considerato un frammento di catena alpina, è delimitato da due importanti sistemi di
faglie:
- la “Linea del Pollino” a Nord, che rappresenta la zona di confine tra i terreni cristallini calabri e quelli
carbonatici appenninici e che ha portato la catena Alpina a penetrare profondamente nell’arco ionico;
- la “Linea di Taormina” a Sud, con particolari caratteristiche geologiche ed una un’importante frattura
della crosta superficiale.
Il Report pubblica le seguenti conclusioni: “L’analisi dei dati presenta un territorio in cui la concentrazione
media di radon negli ambienti confinati è di 79±2 Bq/m3, in sintonia con la media nazionale e non, con
quella che annovera il territorio calabrese nell’intervallo tra 20 e 40 Bq/m3. Il valore massimo registrato è
pari a 435±71 Bq/m3, dato giustificato dalla distribuzione delle concentrazioni dell’agente inquinante
indagato. Le misure sperimentali hanno confermato l’andamento tipico della distribuzione lognormale
della concentrazione di attività del gas radon per ambienti indoor nei piani interrati, al piano di campagna
e al primo piano. Inoltre è stata provata la dipendenza della concentrazione con la distanza dal suolo. A
sostegno di questi risultati più delle caratteristiche geologiche e litologiche del territorio, come dimostrano
le misure di concentrazione di radon nel suolo e le relative incertezze, la struttura del substrato comunale,
la sua permeabilità e la presenza di un importante sistema di faglie attive favorirebbero l’accumulo e la
diffusione del gas radon.”
Si è ritenuto opportuno richiamare lo studio sperimentale fatto dall’Arpacal nel Territorio di Roggiano
Gravina perché le conclusioni cui è pervenuto dimostrano come non sia possibile sottovalutare in alcun
modo il rischio radon, nel territorio della Provincia di Cosenza.
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Fig.n.3.1
MAPPA DEL FONDO
AMBIENTALE
RADIATTIVO DELLA
CALABRIA
(fonte Arpacal –Report 2011)
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2.3.2 - Rischio ambientale
Nel QTRP adottato la rilevanza delle problematiche correlati al rischio ambientale sono riferibili
all’incidenza delle attività antropiche sulle probabilità di alterazione di acqua, aria e suolo, per le
eventuali conseguenze sulla salute della popolazione residente in una data area.
In Calabria, l'inquinamento del suolo e del sottosuolo causato dell’immissione di agenti inquinanti
provenienti da attività industriale o da smaltimento illegale di rifiuti urbani, speciali, tossici e nocivi ha
richiesto la proclamazione dello stato di emergenza e la conseguente emissione di Ordinanze di
Protezione Civile, con l’obiettivo di eliminare le situazioni del rischio di alterazione delle caratteristiche
chimico-fisiche e biologiche del suolo che possa comportare l’alterazione della catena alimentare fino
all'uomo, molte delle quali sono ancora attive.
Per quanto riguarda il territorio della Provincia di Cosenza si ritiene che le tematiche del rischio
ambientale da prendere in considerazione sono quelle connesse ai siti contaminati da rifiuti, alle acque
interne ed alle acque marine costiere.
2.3.2.1 - Rischio ambientale connesso allo smaltimento di rifiuti
Con il “Piano regionale per la bonifica delle aree potenzialmente inquinate”, approvato con O.C.D n. 6294
del 30 /10/2007 e pubblicato sul Supplemento straordinario n. 2 al B.U. della Regione Calabria - Parti I e II
- n. 20 del 31 ottobre 2007 l’Ufficio del Commissario Delegato per la Calabria ha realizzato il censimento
dei siti potenzialmente contaminati ed ha predisposto l’anagrafe dei Siti da Bonificare che riguardano
principalmente discariche dismesse di R.S.U.
Su 587 siti da bonificare censiti nella Regione, 209 siti ricadono nella Provincia di Cosenza.
Nell’elenco dei siti inquinati ad alto rischio, su 43 siti censiti nella Regione, n.21 siti, elencati nella tabella
che segue, ricadono in Provincia di Cosenza.
Due delle quattro discariche utilizzate per smaltire i rifiuti speciali pericolosi, provenienti della Pertusola
Sud di Crotone, sono localizzate nei comuni di Cassano allo Ionio (masseria Chidichimo) e di Cerchiara di
Calabria (Alveo Torrente Sciarapottolo) ed attualmente sono interessate da interventi di messa in
sicurezza.
L’impianto dismesso di trattamento rifiuti nel Comune di Rende è oggetto di indagine per la
caratterizzazione dei rifiuti.
La bonifica ed il ripristino dei siti contaminati presenti nel territorio della Provincia di Cosenza
rappresentano, sia per la diffusione sia per l’estensione complessiva del territorio contaminato, un tema
di rilevanza strategica nella pianificazione territoriale, sia di area vasta che locale, non solo per eliminare
situazioni di rischio sanitario ed ambientale, ma anche per recuperare aree che potranno essere
riutilizzate senza compromettere nuovo suolo.
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N.
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13
14
15
16
17
18
19
20
21
COMUNE
LAINO BORGO
LAINO BORGO
MORANO CALABRO
TORTORA
SCALEA
CASSANO ALLO IONIO
CASSANO ALLO IONIO
CASSANO ALLO IONIO
CASSANO ALLO IONIO
CASTROVILLARI
FIRMO
LUNGRO
ROCCA IMPERIALE
CERCHIARA DI CALABRIA
CERCHIARA DI CALABRIA
FRANCAVILLA MARITTIMA
TREBISACCE
VILLAPIANA
CARIATI
RENDE
COSENZA
LOCALITA’
V.ne Timpone Ferrante
Petroso
Vallone Carbonaro
Sicilione
Piano dell’Acqua
Masseria Chidichimo
S.P Cassano –Castrovillari
Giostratico
Cappella del Monte
C.da Petrosa
C.da Sciolle
Pettinaro
Torrente Canna
Contrada Caprara
Alveo T.Sciarrapottolo
Piatra Catania
Foce Pagliara
San Francesco
Garauto
Coda di volpe
Sant’Ippolito
AREA (m2) VOLUME (m3)
10.000
80.000
2.500
25.000
36.000
180.000
24.000
75.000
7.500
112.500
20.000
16.000
20.000
60.000
4.900
58.800
5.000
40.000
640.000
1.600.000
20.000
200.000
6.400
76.800
250.000
500.000
3.000
9.000
1.000
1.000
9.000
27.000
200.000
500.000
18.000
90.000
30.000
120.000
87.500
61.250
20.000
800.000
2.3.2.2 - Rischio ambientale collegato alle acque interne ed ai corpi idrici sotterranei
Nel QTRP adottato si fa riferimento solo alle problematiche di contaminazione delle acque interne da
fonti inquinanti, con conseguenti danni alle caratteristiche fisiche ed quelle chimico-fisiche e biologiche
dei corpi idrici che possano causare alterazioni degli ecosistemi naturali e con riflessi sulla salute
dell’uomo.
Gli aspetti dei rischi territoriali, che dipendono da “subsidenza” e “desertificazione” per effetto di processi
tettonici attivi e/o di eccessivo emungimento da falde sotterranee, sono stati trattati nel capitolo relativo
ai Rischi Naturali al quale si rimanda.
Occorre tuttavia considerare che la risorsa idrica è soggetta a modificazioni di composizione, oltre che per
cause naturali, anche per cause antropiche che ne degradano la qualità fino determinare situazioni di
pericolo per la salute dell’uomo e delle altre specie viventi, ma anche di degrado per l’ecosistema, con
particolare rilevanza, per ciò che riguarda la provincia di Cosenza, nei contesti territoriali a forte incidenza
di attività produttive agricole di tipo intensivo.
Per quanto riguarda le acque interne il Il Piano di Tutela delle Acque della Regione Calabria fornisce dati
sullo stato di qualità delle acque superficiali limitati ai 42 corpi idrici, indicati dalla Regione Calabria con
D.G.R. 732/1997 ai fini della tutela qualitativa per garantire la vita dei pesci.
Le situazioni di pericolosità che assumono rilevanza ai fini della pianificazione sono quelle relative alla
possibile contaminazione da fonti inquinanti, con conseguenti danni alle caratteristiche fisiche dei
serbatoi ed a quelle chimico-fisiche e biologiche che possano causare alterazioni degli ecosistemi naturali
e con riflessi sulla salute dell’uomo.
A tal fine, il Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico dell’Appennino Meridionale, definisce le
Strutture Idrogeologiche e le Aree di Piana che, presentano potenzialità idrica variabile in funzione delle
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caratteristiche fisiche quali: l’estensione, la litologia, la permeabilità, l’alimentazione diretta e/o indiretta ecc.;
esse sono raggruppate in “sistemi acquiferi”, sulla base della litologia prevalente e della tipologia di acquifero.
Nel territorio della Provincia di Cosenza il Piano individua:
- le seguenti Idrostrutture di tipo A (Carbonatiche):
- Idrostruttura di Monte Serramale – Cozzo Petraia (bacini dei Fiumi Noce , Lao e bacini minori)
- Idrostruttura di Monte Gada – M. Ciagola – Timpone Garraino (bacini del Noce , Lao e bacini min.)
- Idrostruttura di Monte Caramolo (bacino del Fiume Crati)
- Idrostruttura di Monte Timpone Scifarello (bacino del Fiume Lao)
- Idrostruttura di Monte Palanuda (bacino del Fiume Lao)
- Idrostruttura dei Monti la Mula – Cozzo del Pellegrino (bacini dei Fiumi Lao, Crati e bacini minori)
- Idrostruttura di Monte Velatro (bacino del Fiume Lao)
- Idrostruttura di Monte Vernita (bacino del Fiume Lao)
- Idrostruttura di Monte Cava dell’Oro (bacino del Fiume Crati)
- Idrostruttura di Monte la Muletta (bacino del Fiume Crati)
- Idrostruttura di Monte Montalto (bacino del Fiume Crati)
- Idrostruttura di Monte La Serra - Monte Carpinoso (bacino del Fiume Crati)
- Idrostruttura di Monte Spina Santa (bacino del Fiume Crati)
- Idrostruttura di Monte Cozzo La Limpa (bacino del Fiume Crati)
- Idrostruttura di Monte la Caccia (bacino del Fiume Crati)
- Idrostrutture ricadenti a ridosso della Regione Basilicata e della Regione Calabria:
- Idrostruttura di Monte Pollino
- Idrostruttura di Monte Coppola di Paola
- Le Idrostrutture di tipo C (complessi silico-clastici):
- Acquifero sabbioso conglomeratico della Piana di Sibari
- Le idrostrutture di tipo D, Acquiferi di Piana:
- Piana del fiume Lao
- Piana di Sibari
- Alta e media valle del fiume Crati
- Le altre idrostrutture, di tipo F, sistemi degli acquiferi cristallini e Metamorfici:
- Idrostruttura del Massiccio della Sila Grande
- Idrostruttura della Sila Piccola
- Idrostruttura della Catena Costiera
Nell’ambito della caratterizzazione del Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale, ai fini della
redazione del Piano di Gestione Acque, viene richiesta la specificazione e rappresentazione cartografica
delle aree protette, di cui al Registro delle aree protette.
Il piano di gestione, contempla la “Specificazione e rappresentazione cartografica delle aree protette” di
seguito elencate:
- aree designate per l’estrazione di acque destinate al consumo umano;
- aree designate per la protezione di specie acquatiche significative dal punto di vista economico;
- corpi idrici intesi a scopo ricreativo, comprese le acque designate come acque di balneazione a norma
della direttiva 76/160/CEE;
AGGIORNAMENTO PROGRAMMA DI PREVISIONE E PREVENZIONE DEI RISCHI - DOCUMENTO DEFINITIVO - RELAZIONE -
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PROVINCIA DI COSENZA - CNR /IRPI
- aree sensibili rispetto ai nutrienti, comprese quelle designate come zone vulnerabili a norma della
direttiva 91/676/CEE e a norma della direttiva 79/409/CEE e 92/43/CEE, recepite rispettivamente con
la legge dell’11 febbraio 1992, n. 157 e con D.P.R. dell’8 settembre 1997, n. 357 come modificato dal
D.P.R.12 marzo 2003, n. 120.
La definizione delle zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola (ZVNOA) riveste particolare importanza
oltre che sotto il profilo strettamente ambientale, anche da quello delle colture agricole, ricadendo la
maggior parte di esse nelle aree agricole più produttive della Provincia di Cosenza.
Nella pianificazione territoriale è opportuno fare riferimento ai dati risultanti dalla Carta della
vulnerabilità da nitrati di origine agricola, prodotta dall’ARSSA, in cui sono individuate le aree vulnerabili,
prevalentemente localizzate nelle pianure costiere e lungo le valli della rete idrografica, ove sono
concentrati gli acquiferi alluvionali e risulta più bassa la profondità delle falde.
Per quanto riguarda le acque marine costiere, si evidenzia che La Direttiva 2000/60/CE definisce:
- le acque costiere come “le acque superficiali situate all’interno rispetto a una retta immaginaria
distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base
che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente
fino al limite esterno delle acque di transizione”;
- le acque di transizione come “i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono
parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente
influenzati dai flussi di acqua dolce”.
2.3.3 - Rischio di incidente rilevante
Nel QTRP adottato il rischio di incidente rilevante si riferisce alla probabilità che “in seguito a un incidente
in un insediamento industriale si sviluppi un incendio, con il coinvolgimento di sostanze infiammabili, una
esplosione, con il coinvolgimento di sostanze esplosive, o una nube tossica, con il coinvolgimento di
sostanze che si liberano allo stato gassoso, i cui effetti possano causare danni alla popolazione o
all’ambiente Gli effetti sull’ambiente sono legati alla contaminazione del suolo, dell’acqua e dell’atmosfera
da parte delle sostanze tossiche. Gli effetti sulle cose riguardano principalmente i danni alle strutture. Gli
effetti sulla salute umana in caso di esposizione a sostanze tossiche rilasciate nell’atmosfera durante
l’incidente variano a seconda delle caratteristiche delle sostanze, della loro concentrazione, della durata
d’esposizione e dalla dose assorbita. Una piena conoscenza di questi aspetti è la premessa indispensabile
per ridurre il rischio industriale ai livelli più bassi possibili, prevenendo danni alla salute e all’ambiente”.
(Fonte: Dip. Protezione Civile, 2011).
Le normative di riferimento sul rischio di incidente rilevante sono:
- D.Lgs. n. 334 del 17 agosto 1999 “Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli
di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose”.
- D.M. del 09/08/2000 “linee guida per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza”.
- D.M. del 09/08/2000 “Individuazione delle modificazioni di impianti e di depositi, di processi industriali,
della natura o dei quantitativi di sostanze pericolose che potrebbero costituire aggravio del
preesistente livello di rischio”.
- D.M. del 09/05/2001 “Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e
territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante”.
- D.P.C.M. 25 febbraio 2005 “pianificazione dell’emergenza esterna degli stabilimenti industriali a
rischio d’incidente rilevante – linee guida”.
AGGIORNAMENTO PROGRAMMA DI PREVISIONE E PREVENZIONE DEI RISCHI - DOCUMENTO DEFINITIVO - RELAZIONE -
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- D.Lgs. n. 238 del 21 settembre 2005 “Attuazione della direttiva 2003/105/CE, che modifica la direttiva
6/82/CE, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose”.
- Decreto direttoriale prot. n. DSA/2009/0000232 del 25/03/2009, Ministero dell’Ambiente – Direzione
Generale per la Salvaguardia Ambientale “Linee guida recanti criteri e procedure per la conduzione,
nelle more del decreto previsto dall’art. 25, comma 3 del D. Lgs. 334/99 delle verifiche ispettive di cui al
decreto del Ministero dell’Ambiente 5 novembre 1997 e al citato articolo 25 del D. Lgs. 334/99, come
modificato dal D.Lgs. 238/05”.
Per le finalità e gli obiettivi di prevenzione in ambito del PTCP e dei PSC/PSA è importante segnalare la
rilevanza del D.M. 9 maggio 2001, relativo ai requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione
urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante, che
producono effetti sul governo del territorio.
La norma disciplina l’adeguamento della strumentazione di pianificazione territoriale e urbanistica con la
prevenzione degli incidenti rilevanti, connessi alla produzione e al deposito di determinate quantità di
sostanze pericolose per limitarne le conseguenze per il contesto antropico e ambientale, nel quale si
svolge l’attività produttiva pericolosa.
Per definire l’eventuale esistenza di aree da sottoporre a specifica regolamentazione per lo sviluppo del
territorio e di conseguenza i vincoli e le prescrizioni per tale sviluppo, il D.M. 9 maggio 2001, all’art.4,
prevede che gli strumenti urbanistici vengano integrati con un Elaborato Tecnico “Rischio di Incidenti
Rilevanti”, di seguito denominato RIR.
il procedimento previsto è definito da tre fasi:
1. attivazione del progetto di variante, in relazione all’ambito oggettivo di applicazione, oppure in caso di
revisione degli strumenti territoriali e urbanistici;
2. identificazione degli elementi territoriali e ambientali vulnerabili;
3. verifica della compatibilità territoriale e ambientale e adozione delle politiche e prescrizioni necessarie per il
raggiungimento della effettiva compatibilità tra stabilimenti e contesto antropico e naturale che li ospita.
Nel territorio della Provincia di Cosenza sono presenti n.2 stabilimenti ad alto rischio (art.8 D.Lgs.334/99)
e n.2 stabilimenti a medio rischio (art.6 D.Lgs. 334/99), elencati nella tabella che segue.
COMUNE
LOCALITA’
CODICE
MINISTERO
ALTOMONTE
C.da
Pantaleo
NT019
SANTA DOMENICA
TALAO
MONTALTO
UFFUGO
MONTALTO
UFFUGO
Frazione
Scalo
RAGIONE
SOCIALE
CIMEGAS
ADRIATICA SRL
ATTIVITA’
DEPOSITO DI GAS
LIQUEFATTO
NT011
SASA’ GAS SRL
DEPOSITO DI GAS
LIQUEFATTO
NT002
BUTANGAS
SPA
DEPOSITO DI GAS
LIQUEFATTO
DT003
LIQUIGAS SPA
DEPOSITO DI GAS
LIQUEFATTO
LIVELLO
RISCHIO
art.6 D.Lgs.
334/99
art.6 D.Lgs.
334/99
art.8 D.Lgs.
334/99
art.8 D.Lgs.
334/99
2.3.4 - Rischio d’incendio
Analizzando i dati resi pubblici dal Corpo Forestale dello Stato, si rileva che, nel contesto nazionale, negli
ultimi anni la Calabria è ai primi posti sia per numero di incendi sia per superficie percorsa da incendio, in
particolare:
- nel 2011 la Calabria, con 1.238 incendi, si pone al 2° posto per numero d’incendi dopo la Campania (n.1.435
incendi) e, con 14.436 Ha, al 1° posto per superficie percorsa dal fuoco (20% del totale nazionale);
AGGIORNAMENTO PROGRAMMA DI PREVISIONE E PREVENZIONE DEI RISCHI - DOCUMENTO DEFINITIVO - RELAZIONE -
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- nel 2012 la Calabria, con 1.069 incendi, si pone al 3° posto per numero d’incendi dopo la Sicilia
(n.1.271 incendi) e la Campania (n.1.186 incendi) e, con 22.578 Ha (17,3% del totale nazionale), al 2°
posto per superficie percorsa dal fuoco dopo la Sicilia (55.583 Ha = 42,5% del totale nazionale).
Il numero d’incendi e la loro diffusione sul territorio che, negli ultimi anni ha interessato estese zone
forestali ed agricole, ma anche zone poste in prossimità di nuclei e centri abitati di possibile suscettività
edificatoria, ha indotto a considerare non più differibile l’aggiornamento della banca data del Sistema
Territoriale Provinciale con le aree percorse dal incendi.
Sulla scorta dei dati messi a disposizione dal Corpo Forestale dello Stato, sono stati riportati sulla Carta
Tecnica Regionale, le aree percorse da incendio, visionabili attraverso un software “QGis”.
Nella tabella che segue sono riportati i dati relativi al territorio della Provincia di Cosenza.
PROVINCIA DI COSENZA
anno
numero incendi
2008
520
2009
469
2010
305
2011
697
2012
442
superficie percorsa dal fuoco (Ha)
boscata
non boscata
totale
5350
1908
7258
3078
1320
4398
1004
455
1459
5899
3480
9379
6285
1093
7378
2.3.5 - rischio erosione e consumo di suolo
Il QTRP adottato inserisce tra i rischi antropogenici il rischi erosione e consumo di suolo, con riferimento
specifico alla strategia di contenimento dei processi di urbanizzazione, rispetto all’obiettivo prioritario
della gestione sostenibile del territorio.
In questa ottica la diminuzione dei suoli fertili, causata sia dai i processi di antropizzazione sia dalla
concomitante interazione di fattori naturali quali pioggia e vento, con le attività agricole e forestali e per
effetto degli incendi, può rappresentare un rischio non più trascurabile.
Nel QTRP adottato l'erosione è riconosciuta come la principale causa di degrado dei suoli e vengono
segnalate i principali fattori, naturali ed antropici, che ne sono responsabili, in particolare:
- presenza di terreni altamente erodibili (argille, silts, sabbie),
- elevata acclività dei versanti nelle zone collinari e montane associata all’erodibilità dei suoli,
- irrazionale utilizzazione del suolo per effetto di modificazioni degli assetti morfologiche e delle
pendenze dei versanti,
- estrazioni di materiale da cave spesso abusive e comunque in assenza di piani di coltivazione,
- mancato o inadeguato ripristino dei luoghi dopo l’esercizio di attività di cava, di attività di cantiere in
grandi opere, ecc,
- incendi,
- pratiche agricole con mezzi meccanici pesanti per la rimodellazione dei versanti onde facilitarne l’uso a
fini agricoli per coltivazioni intensive a frutteti, oliveti, vigneti, agrumeti, per attività edilizie: si tratta di
pratiche che comportano la distruzione delle coperture sedimentarie e permeabili pleistoceniche e la
messa a nudo del substrato delle argille calabriane ed elevata erodibilità, com’è accaduto sui rilevi
collinari che bordano la piana di Sibari;
- l’asportazione di intere cime di colline o di intere colline quando si tratti di materiale utile per l’edilizia
come sabbia o ghiaia, in particolare nella zona di Corigliano-Rossano e nella bassa Valle del Crati.
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Vanno inoltre segnalati i fenomeni erosivi conseguenti ad eventi alluvionali; in particolare negli eventi
alluvionali del 2000, 2006 e 2010 sono stati segnalate aree in cui l’erosione ha asportato totalmente il suolo
fertile.
In uno studio pubblicato nel 2000, Il dott. Marino Sorriso Valvo segnala che nell’Alto Ionio cosentino le
consistenti perdite di suolo per erosione superficiale hanno causato un notevole impoverimento del
terreno agricolo, tale cioè da rendere queste aree ad economia “marginale” con un progressivo
abbandono delle aree coltivate; conseguenza diretta dell’abbandono è stato l’incremento dei fenomeni di
erosione superficiale, delle frane e degli smottamenti superficiali, con notevole incremento del trasporto
solido dei corsi d’acqua e danni alle opere di attraversamento ed in prossimità degli sbocchi nelle aree di
pianura.
Allo scopo di acquisire conoscenze sui vari aspetti del fenomeno e di definire strategie di intervento
finalizzate alla gestione sostenibile della risorsa suolo, il Servizio SITAC dell’ARSSA ha attivato uno
specifico sottoprogetto, nel cui ambito è stata concretizzata una collaborazione scientifica con il CNR IRPI
di Rende, che in una prima fase ha consentito la validazione di diversi modelli di calcolo del rischio di
erosione nell'area campione "Assi - Guardavalle". I risultati acquisiti in questa prima fase sono stati posti
alla base della valutazione del rischio di erosione a livello regionale e possono considerarsi validi per la
valutazione del rischio a livello provinciale.
Nel Sistema Informativo Territoriale Agricolo Calabrese dell’ARSSA Calabria è consultabile, per ogni
comune della Provincia di Cosenza, il webmapping che riporta la Carta del Rischio di Erosione Attuale e
Potenziale.
Per quanto attiene la valutazione dell’espansione degli insediamenti urbani, nel QTRP adottato è stato
misurato il grado di antropizzazione in termini di consumo di suolo, facendo riferimento alle carte nelle
serie storiche 1957-2006 e perimetrando i Centri Urbani con una superficie minima cartografabile pari a
0.5 Ha.
PAR.2.4 - I LUOGHI E LE AREE SICURE INDIVIDUATE PER IL PIANO D’EMERGENZA PROVINCIALE
Il Piano di emergenza provinciale, che è stato redatto sulla base delle risultanze dell’aggiornamento
Programma di Previsione e Prevenzione dei Rischi, oltre a contenere l’analisi dello scenario ipotizzabile
per ogni tipo di rischio derivante da calamità naturali, individua le “aree sicure” necessarie per il
coordinamento dell’emergenza a scala provinciale, ed in particolare i Centri Operativi Mista (COM) le Aree
di Ammassamento.
Dal momento che le vigenti normative prescrivono che la scelte dei siti da utilizzare in emergenza siano il
risultato di concertazione e condivisione tra gli Enti e gli Organismi interessati, su iniziativa del Prefetto di
Cosenza , è stato convocato un Gruppo di Lavoro composto: da personale della Prefettura, della Regione
Calabria Protezione Civile e della Provincia di Cosenza in collaborazione con il CNR-IRPI, che, partendo da
una rivisitazione del territorio in ordine alle peculiarità ed alla distribuzione dei rischi prevalenti su di esso,
ha rimodulato, con il contributo delle amministrazioni locali, la divisione del territorio provinciale
individuando n.22 Centri Operativi Misti a cui afferiscono i 155 Comuni, raggruppandoli secondo criteri di
omogeneità di rischi naturali ed antropogenici, di centralità territoriale, di accessibilità in situazione di
emergenza, di copertura radio.
Di concerto con i rappresentanti degli Enti locali si è anche proceduto alla individuazione delle Sedi
Operative dei diversi COM e, in esito a tale articolata e puntuale procedura, il Prefetto di Cosenza ha
emesso il Decreto n.0014945 in data 24/03/2014
AGGIORNAMENTO PROGRAMMA DI PREVISIONE E PREVENZIONE DEI RISCHI - DOCUMENTO DEFINITIVO - RELAZIONE -
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Una attento e puntuale esame del territorio, eseguito congiuntamente dai tecnici dell’Amministrazione
Provinciale e della Protezione Civile Nazionale ha consentito di individuare, per ognuno dei 22 COM, una
area di ammassamento, rispondente, in linea di massima ed in relazione anche alle caratteristiche del
territorio, ai requisiti sopra precisati.
La destinazione d’uso delle aree prescelte, sono state concordate con gli Enti Locali, allo scopo di
vincolare l’area all’uso previsto in fase di emergenza e di definire l'assetto urbanistico del territorio
circostante.
Negli elaborati cartografici sono state individuate e georeferenziate sia la sedi COM che le Aree di
Ammassamento, nonché i percorsi che ne dovrebbero garantire l’accesso anche in situazione di
emergenza; tuttavia nel seguito si riporta per ogni COM la descrizione della Sede operativa e dell’Area di
Ammassamento
Num.
COM
1
1 (bis)
2
3
4
5
Comune
rappresentivo
Comuni appartenenti al COM
Ubicazine
Sede COM
Ubicazione
Area di ammassamento
Cosenza zona nord (dal fiume Busento al torrente
Campagnano), Castrolibero
Cosenza
Cosenza
via degli Stadi
loc. Vaglio Lise
Edificio comunale
Piazzale deposito merci della
già adibito a sede
stazione FF.SS. attualmente non
Circoscrizione
utilizzato
Cosenza
Cosenza zona sud (Centro storico, Frazioni
Sant’Ippolito e Donnici), Piane Crati
Cosenza
Piane Crati
Loc.Sant’ippolito
Edificio già adibito area di proprietà della Regione
a Circoscrizione e Calabria-ARSSA gia adibita a
delegazione
Cantina Sociale, attualmente
comunale
non utilizzata
Trebisacce
Trebisacce, Albidona, Alessandria del Carretto,
Amendolara, Canna, Castroregio, Francavilla
Marittima,Cerchiara di Calabria, Montegiordano,
Nocara, Oriolo, Plataci, Rocca Imperiale, Roseto
Capo Spulico, San Lorenzo Bellizzi, Villapiana.
Centro urbano di
Trebisacce
Trebisacce
loc. Rovitti
Edificio comunale
denominato
Campo sportivo posto fuori dal
"Polifunzionale"
centro abitato
Castrovillari
Castrovillari, Acquaformosa, Civita, Frascineto, Laino
Borgo, Laino Castello, Lungro,
Morano Calabro, Mormanno, San Basile, Saracena,
Firmo
.
Castrovillari
loc. Cammarata
Centro servizi.
già attrezzato
come sede COM
Scalea
Scalea, Aieta, Grisolia, Orsomarso, Papasidero, Praia
a Mare, San Nicola Arcella,
Santa Domenica Talao, Santa Maria del Cedro,
Tortora, Verbicaro
Scalea
loc. Pantano
Struttura di
proprietà
comunale
Paola, Falconara Albanese, Fiumefreddo Bruzio,
Fuscaldo, San Lucido
Paola
loc. Barracche
edificio di
proprietà
comunale
parzialmente
adibito a scuola
elementare
Cosenza
Paola
Castrovillari
Area mercatale antistante lo
stadio comunale
Scalea
Area attrezzata denominata
"Pic-Nic" di proprietà
comunale
Paola - loc. Santuario
Campo sportivo in disuso di
proprietà del Santuario di San
Francesco; per sopperire alla
scarsa dotazione di
collegamenti stradali che rende
poco agevole il traffico di mezzi
pesanti, in alternativa potrà
essere utilizzata l'area adibita a
mercato
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Num.
COM
6
7
Comune
rappresentivo
Comuni appartenenti al COM
Ubicazine
Sede COM
Amantea
Amantea
Via degli Stadi
edificio di
proprietà
Amantea
comunale già
Amantea, Aiello Calabro, Belmonte Calabro, Cleto,
Area antistante lo stadio
adibito a
Lago, Longobardi,
comunale. Risulta idonea anche
spogliatoio del
l'area industriale di Campora
San Pietro in Amantea, Serra d’Aiello
campo sportivo ed
San Giovanni.
attualmente in
parte adibito ad
Ufficio dei Vigili
urbani
Rogliano
Santo Stefano di Rogliano
Loc. Piano Lago
Area nei pressi della sede della
Comunità Montana del Savuto.
In alternativa è possibile
utilizzare l'area antistante il
Centro Congressi dell'ASI,
sempre in Piano Lago ma nel
Comune di Mangone
Rogliano, Altilia, Belsito, Bianchi, Carpanzano,
Cellara, Colosimi, Figline Vegliaturo, Grimaldi, Malito,
Mangone, Marzi, Panettieri, Parenti, Pedivigliano,
Santo Stefano di Rogliano, Scigliano
Rogliano
Via Altomare
Ex alloggi
caserma dei
carabinieri.
8
Spezzano Sila
Via Donizzetti
Spezzano della Sila, Aprigliano, Casole Bruzio, Celico,
edificio di
Spezzano della
Lappano, Pedace, Pietrafitta, Rovito, Serra Pedace,
Sila
proprietà
Spezzano Piccolo, Trenta, Zumpano
comunale ex casa
mandamentale
9
Rossano
locali sotto la
tribuna dello
stadio comunale
Stefano Rizzo
10
11
12
Ubicazione
Area di ammassamento
Rossano
Acri
Rossano, Cropalati, Crosia, Paludi
Acri, San Demetrio Corone, Santa Sofia D’Epiro
Cassano allo
Ionio
Cassano allo Ionio, San Lorenzo del Vallo,Spezzano
Albanese, Tarsia,
Terranova da Sibari
Montalto
Uffugo
Montalto Uffugo, Cervicati, Cerzeto, Lattarico,
Mongrassano, Rota Greca,
San Benedetto Ullano, San Fili,
San Martino di Finita,San Vincenzo La Costa,
Torano Castello,
Acri
edificio già
adibito a Pretura.
Casole Bruzio
Campo sportivo
dell'Hotel Virginia
Rossano
zona industriale edificio
denominato "Eliopolio"
Acri
Loc. Pratora
Area nei pressi del
bocciodromo
Cassano allo
Jonio
Loc. Doria
Cassano allo Jonio
ex scuola media
Loc. Doria
occupata in parte
dagli Uffici del
area andiacente sede COM
Consorzio di
Bonifica
Montalto Uffugo
loc. Parantoro
edificio
Montalto Uffugo loc. Pianette
comunale ex
scuola
Area commerciale CO.MA.C.
elementare
attualmente sede
dell'Ufficio di
Protezione Civile
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Num.
COM
Comune
rappresentivo
Comuni appartenenti al COM
13
Roggiano
Gravina
Roggiano Gravina, Altomonte, Fagnano Castello,
Malvito, Mottafollone, San Donato di Ninea, San
Marco Argentano, San Sosti, Santa Caterina
Albanese, Sant’Agata d’Esaro.
14
15
Mendicino
Rende
Ubicazine
Sede COM
Roggiano Gravina
Roggiano Gravina
loc.Santa Lucia
Loc. Karcare
Sede P.C. "Remo
Area antistante
Marsico"
il Centro Polifunzionale Pingitore
Mendicino
Struttura a servizio
Mendicino, Carolei, Cerisano, Dipignano, Domanico,
dell'artigianato
Paterno Calabro,
della Comunità
Marano Marchesato, Marano Principato
Montana Serre
Cosentine
Rende
Ubicazione
Area di ammassamento
Mendicino
Area antistante la sede COM
attualmente adibita a
parcheggio della sede della
Comunità Montana
Rende
Piazza Matteotti
edificio di
proprietà
Rende loc. Marchesino
comunale già Campo sportivo del Marchesino
adibita a
delegazione
municipale
S.Giovanni in
Fiore
San Giovanni in Fiore
San Giovanni in
Fiore
loc.Pirainella
Centro
Polifunzionale.
17
Bisignano
Bisignano, Luzzi, Rose, Castiglione Cosentino, San
Pietro in Guarano
Bisignano
Loc.Montagnola
Ex mercato
zootecnico
Bisignano
loc. Montagnola
Area antistante la sede COM
18
Cariati
Cariati, Mandatoriccio, Pietra Paola, Scala Coeli,
Terravecchia, Calopezzati, Caloveto
Cariati
Ex uffici
giudiziari.
Cariati
Area antistante
il cine-teatro comunale
16
Cetraro
loc. Borgo
Cetraro, Acquappesa, Belvedere Marittimo, Bonifati,
Locali della
Guardia Piemontese, Sangineto, Buovicino,
Stazione
Diamante, Maierà
dismessa delle FF.
SS. di proprietà
del Comune
San Giovanni in Fiore
Area antistante l'anfiteatro
comunale
Cetraro
loc. Borgo
Area antistante la stazione
FF.SS scelta come sede COM
19
Cetraro
20
Corigliano
Calabro
Corigliano Calabro, San Cosmo Albanese, San
Giorgio Albanese, Vaccarizzo Albanese
Corigliano Cal.
sede autoparco
comunale
Corigliano Calabro
area antistante Sede COM
21
Bocchigliero
Bocchigliero, Campana, Longobucco.
Bocchigliero
loc. Marmare
Villaggio turistico
Bocchigliero loc. Marmare
Aria Villaggio turistico
adiacente Sede COM
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CAPITOLO N.3 – SCHEMA DELLE SCELTE PIANIFICATORIE
PAR.3.1 – PREMESSA METODOLOGICA
Le Linee Guide per la Valutazione dei Rischi Territoriali, pubblicate nell’Allegato 1 del Tomo 4 del QTRP
adottato, rappresentano la base per le analisi e le metodologie finalizzate alla prevenzione ed alla riduzione dei
rischi territoriali; pertanto, in conformità con quanto precisato nelle sopracitate Linee Guida, nelle scelte di
pianificazione della Provincia di Cosenza, si assumono come riferimento obbligatorio le metodologie e gli
standard che i soggetti giuridici competenti adottano per l’analisi delle varie tipologie di rischio.
In sintonia con quanto delineato nel quadro conoscitivo del QTRP adottato e nel Capitolo 2 del presente
documento preliminare, vengono distinte le seguenti tipologie di rischio:
- Rischi Naturali: frane, alluvioni, erosione costiera, rischio sismico, rischio tsunami, desertificazione e deficit
idrico, subsidenza e sinkholes;
- Rischi Antropogenici: sanitario, ambientale, incidente rilevante, incendi boschivi, erosione e consumo di suolo.
Per quanto riguarda i rischi naturali, particolarmente ai fini dell’organizzazione dell’emergenza, si deve
considerare che, in un ambiente geodinamico particolarmente attivo come il territorio della Provincia di
Cosenza, i processi tettonici sono responsabili di un notevole grado di disomogeneità geologica e
geomorfologica, determinata, oltre che dalla sensibile varietà litologica dei terreni, dal particolare
assortimento e diffusione di strutture tettoniche e di configurazioni geomorfologiche acquisite. In queste
condizioni, la pianificazione territoriale - in termini di valutazione della franosità reale e potenziale e di
individuazione delle aree esondabili - è tutt’altro che agevole, in quanto risulta difficoltosa la zonazione
geologico-geotecnica e idraulica di un territorio così fortemente “disomogeneo”.
PAR.3.1.1 AGGIORNAMENTO DEI DISSESTI IDROGEOLOGICI NEL PERIODO 2008-2012
Nell’ambito della Convenzione stipulata tra il CNR-IRPI e la Provincia di Cosenza, sono state individuate, a
scala di dettaglio, le aree in cui si sono verificati fenomeni di dissesto idrogeologico (frane e alluvioni) in
concomitanza degli eventi meteorologici eccezionali che hanno caratterizzato le stagioni invernali dal
2008 al 2012. Gli studi hanno interessato un intorno significativo di agglomerati urbani con più di 200
abitanti nonché strutture ed infrastrutture di importanza strategica (scuole, ospedali e viabilità
provinciale); le zone interessate da frane ed alluvioni, sono state individuate, classificate tipologicamente
e rappresentate, per tutti i comuni della Provincia di Cosenza, in scala di dettaglio 1:5.000.
Ai fini della mitigazione del rischio geo-idrogeologico, sono state altresì acquisite le informazioni relative
all’aggiornamento cartografico delle aree percorse da incendi che, come è noto, rappresentano settori
predisponenti i fenomeni franosi.
Il territorio provinciale di Cosenza è stato suddiviso in sei domini, omogenei da un punto di vista
litotecnico e geomorfologico, tali macroaree sono:
1. Alto Jonio Cosentino;
2. Massiccio del Pollino e relativa fascia pedemontana;
3. Bordo nord-orientale dell’Altopiano Silano;
4. Catena costiera tirrenica e relativa fascia pedemontana;
5. Fascia Presilana Cosentina;
6. Altopiano Silano.
Di seguito si riportano le carte delle macroaree sopra citate con l’indicazione dei Tipi Litologici, delle
Strutture Tettoniche e dei Tipi di Movimenti di Masse e Forme, che caratterizzano le zone.
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I risultati finali dello studio, riportato integralmente nell’Allegato “A”, hanno consentito di individuare
sull’intero territorio provinciale aree interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico del tutto inedite e,
pertanto, non indicate negli strumenti urbanistici.
Sono state individuate 5585 frane che hanno interessato una superficie complessiva pari a 92,98 km2.
Le aree interessate da fenomeni alluvionali hanno interessato una superficie complessiva pari a 20,08
km2metri quadrati. Riguardo ai fenomeni alluvionali, non sono stati considerati dati per singoli comuni o
per macroaree perché quasi sempre, le superfici interessate da ognuno di tali fenomeni – attraversando
più ambiti amministrativi o territoriali - prescindono dai limiti comunali e delle macroaree.
Qui nel seguito sono riportati i dati statistici (tabelle e istogrammi) riguardanti i fenomeni franosi differenziati per tipologia - verificatisi nel periodo 2008-2012 nel territorio provinciale di Cosenza.
Seguendo l’ordine della tabella riassuntiva (v. sotto), sono riportati: il numero di frane, le percentuali
relative al numero di frane, le superfici in frana territorio provinciale (SF), le percentuali relative alle
superfici in frana, ed il rapporto tra le superfici totali delle frane comprese nel territorio provinciale (SF) e
la superficie del territorio provinciale (SPCS).
Dall’analisi complessiva dei dati si evince che delle 5585 frane riconosciute, il 56,42% (pari a 3151 frane) sono
del tipo “scorrimento”, seguono “zone franose superficiali” (20,84%, 1164 frane), “colata” (8,65%, 483 frane),
“scorrimento-colata” (7,68%, 429 frane), “zone d’erosione intense” (3,10%, 173 frane), “zone franose
profonde” (2,24%, 125 frane) e, in ultimo, i “crolli (1,07 %, 60 frane).
Analizzando invece le superfici in frana, si evince che dei 92,98 km2 di superfici complessive in frana (SFP), il
37,42% (pari a 34,79 km2) sono riferibili a “zone franose superficiali”, seguono “scorrimenti” (24,07%, 22,38
km2), “zone franose profonde” (20,88%, 19,41 km2), “scorrimento-colata” (9,54%, 8,87 km2), “colata” (3,93%,
3,66 km2), “zone d’erosione intensa” (3,10%, 3,10 km2) e, in ultimo i colli (0,83%, 0,77 km2).
Infine riguardo al rapporto tra le superfici complessive in frana (SFP) rispetto alla superficie del territorio della
provincia di Cosenza (SPCF) riferito alle singole tipologie franose, come si può osservare dall’istogramma, si
evince come l’andamento, ovviamente, rispecchi fedelmente quello delle superfici in frana (SFP).
Si ritiene pertanto opportuno affrontare la problematica della prevenzione e previsione dei rischi naturali,
individuando, su scala provinciale, contesti geologico-geomorfologico-idrologici omogenei, sulla scorta dei
quali definire strategie analoghe volte alla valutazione del rischio, utili ad una adeguata progettazione di
interventi efficaci di prevenzione e mitigazione
Qui nel seguito vengono riassunti i dati statistici (tabelle e istogrammi) per tutte macroaree relativi a
fenomeni franosi verificatisi nel periodo 2008-2012; in particolare vengono riportate il numero di frane e
le superfici in frana per ogni macroarea (SFM), le superfici delle macroaree (SM), e il rapporto SFM/SM tra
le superfici totali delle frane comprese nelle singole macroaree e la superfici delle macroaree.
Macroarea
numero di
frane
complessivo
superficie
coinvolta in km2
(SFM)
superfici delle
macroaree
(SM)
rapporto tra le superfici totali
delle frane comprese nella
macroarea e la superficie della
macroarea (SFM/SM)
“Alto Ionio”
284
14,08
703,1982
0,0200
“Massiccio del Pollino e
fascia pedemontana”
1103
14,63
1413,1246
0,0104
“Bordo orientale
Altopiano Silano”
560
14,63
947,8446
0,0154
“Catena Costiera e fascia
pedemontana”
1833
35,50
968,8529
0,0366
“Fascia Presilana”
1022
7,07
415,3033
0,0170
“Altopiano Silano”
204
2,02
1257,7111
0,0016
“Valle del Crati”
579
5,78
950,1643
0,0061
TOTALE
5585
93,71
6656,199
0,1071
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In riferimento ai dati complessivi relativi alle macroaree, si evince quanto segue:
Macroarea “Alto Ionio”.
Riguardo alla pericolosità da frana, è caratterizzata da un rapporto SFM/SM elevato, pari a 0,020, con una
prevalenza di “zone franose profonde” (e “zone franose superficiali” che insieme rappresentano quasi il
90% delle superfici in frana. Ciò è in accordo con le caratteristiche litologiche della macroarea, in cui
prevalgono nettamente i terreni argillosi e limosi delle formazioni flyscioidi, che favoriscono l’insorgere di
frane diffuse e coalescenti sia superficiali che profonde. Le poche frane di tipo “scorrimento” e
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“scorrimento-colata” si impostano entro i termini più litoidi, prevalentemente arenacei, delle formazioni
flyscioidi. Riguardo alla pericolosità sismica, nell’area non sono presenti faglie attive significative e non
stati registrati epicentri di terremoti storici e strumentali degni di nota.
Macroarea “Massiccio del Pollino e fascia pedemontana”.
Riguardo alla pericolosità da frana, è caratterizzata da un rapporto SFM/SM molto basso, pari a 0,0104,
con una netta prevalenza, in riferimento al numero di frane, degli “scorrimenti” (625 frane, pari al
56,66%); in riferimento alle superfici in frana, prevalgono le “zone franose superficiali” (6,03 km 2, pari al
41,26%), seguite dagli “scorrimenti (4,3 km2, pari al 29,4%) Riguardo alla pericolosità sismica, nell’area
sono presenti faglie attive o molto recenti associate alla “Faglia del Pollino”, ad andamento WN-SE da cui
ha avuto origine il recente sciame sismico, culminato con il terremoto di Mormanno del 25 ottobre 2012,
di magnitudo 5; in questa macroarea ricadono gli epicentri di altri eventi sismici importanti, tra i quali si
menzionano il terremoto di Castelluccio del 9 settembre 1998 (magnitudo 5.6) e i terremoti del 1708,
1836 e 1894 (Intensità MCS VII-VIII).
Macroarea “Catena Costiera e fascia pedemontana”.
Riguardo alla pericolosità da frana, è caratterizzata da un rapporto SFM/SM che si presenta nettamente il
più elevato rispetto a tutte le macroaree, pari a 0,0366, quasi il doppio rispetto alla seconda macroarea
(“Alto Jonio”), e oltre venti volte maggiore rispetto all’ultima (“Altopiano Silano”). Non si riscontra una
prevalenza evidente circa tipologia dei fenomeni franosi alle superfici: le “zone franose superficiali”
rappresentano il 29,88%, le “zone franose profonde” il 26,20 e gli “scorrimenti” il 25,54%. Riguardo invece
al numero di frane prevalgono nettamente gli “scorrimenti” (57,12%) sulle “zone franose superficiali”
(24,66%). Riguardo alla pericolosità sismica, l’area presenta un lineamento tettonico attivo molto
importante, noto in letteratura come “Faglia San Fili-San Marco Argentano”, ad andamento N-S, da cui ha
avuto origine i terremoti del 1184 (area epicentrale media valle del Crati; Intensità MCS: IX grado; circa un
migliaio di vittime) e del 1980 di magnitudo 4.4 (area epicentrale Quattromiglia di Rende). Questo
lineamento tettonico, oltre a generare terremoti, determina il pattern geologico-strutturale che favorisce
la predisposizione dei versanti ai dissesti su ampia scala (Tansi & Folino Gallo, 2005). La faglia “S.FiliS.Marco Argentano” è accompagnata da una fascia cataclastica che raggiunge spessori fino a 500m, lungo
la quale le rocce tendono a ridursi in breccia e, talora, in farina di faglia. Tale fascia rappresenta un
importante limite idrogeologico poiché tende a richiamare l’acqua di circolazione sotterranea
dell’importante falda idrica contenuta all’interno delle rocce permeabili per fratturazione della Catena
Costiera.
La falda, trovando nel suo percorso sotterraneo l’impedimento costituito dell’importante limite
idrogeologico rappresentato dalle argille (impermeabili) che ne bloccano il deflusso, affiora in superficie,
riversandovi cospicui quantitativi d’acqua, come testimoniato dalle tante sorgenti che marcano l’intera
fascia pedemontana della Catena Costiera in corrispondenza dell’emergenza in superficie della faglia
“S.Fili-S.Marco Argentano”.
L’abbondante presenza di acqua unitamente alle precarie caratteristiche geotecniche dei materiali
nell’intorno della faglia, determinano una franosità particolarmente diffusa, con dissesti sia superficiali
che profondi che caratterizzano l’intera area pedemontana della Catena Costiera calabra coinvolgendo
gran parte dei territori comunali di S. Fili, San Vincenzo la Costa, Montalto Uffugo, Lattarico, San
Benedetto Ullano, Rota Greca, San Martino di Finita, Cerzeto, Mongrassano e San Marco.
Lungo tale fascia si è originata la grande frana che il 7 marzo 2005 ha raso al suolo parte dell’abitato di
Cavallerizzo di Cerzeto (fig.30) (lunghezza = 500m, lunghezza = 1000m, profondità = 40 m, area
interessata = 350.000 m2, metri cubi di materiale mobilizzato = 5 milioni), nonché dei fenomeni franosi
distruttivi verificatisi, durante il quadriennio 2008-2012 nel territorio provinciale di Cosenza.
Macroarea “Fascia Presilana”.
Riguardo alla pericolosità da frana, è caratterizzata da un rapporto SFM/SM pari a 0,0170, con una netta
prevalenza di “scorrimenti” molto marcata per quanto riguarda il numero di frane (72,55% rispetto alle
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“zone franose superficiali” che rappresentano il 12,55% dei fenomeni) e meno evidente in riferimento alle
superfici coinvolte (58,73% rispetto alle “zone franose superficiali” al 24,76%). La prevalenza di
“scorrimenti” è in accordo con le litologie prevalenti che affiorano lungo la fascia presilana, rappresentate
da rocce cristalline (in prevalenza graniti e gneiss) fortemente alterate e degradate, nella parte alta della
macroarea, e di depositi prevalentemente sabbioso-conglomeratici, nella parte bassa. Riguardo alla
pericolosità sismica, l’area è attraversata dal sistema di faglie, ad andamento N-S, che si sviluppa da
Rogliano fino a Tarsia. Il sistema è fortemente sismogenico avendo generato gran parte dei terremoti che
hanno colpito la provincia di Cosenza: 1767 (Intensità: VIII-IX grado MCS; area epicentrale Luzzi, vittime:
centinaia), 1835 (Intensità: X grado MCS; area epicentrale Castiglione Cosentino, vittime: 115), 1854
(Intensità: X grado MCS; area epicentrale Donnici, vittime: 500), 1870 (Intensità: X grado MCS; area epicentrale
Rogliano, vittime: 117) e 1887 (Intensità: IX grado MCS; area epicentrale Bisignano, vittime: 20).
Macroarea “Altopiano Silano”.
Riguardo alla pericolosità da frana, l’Altopiano Silano rappresenta di gran lunga la macroarea meno
franosa della provincia di Cosenza, della con un rapporto SFM/SM nettamente più basso rispetto a tutte le
altre, pari a 0,0016. Questa condizione è determinata dalla morfologia sub-pianeggiante dell’Altopiano
Silano che riduce sensibilmente l’energia di rilievo dei rari versanti, a blanda pendenza, che caratterizzano
la macroarea: complessivamente sono stati individuati 204 fenomeni franosi, tra i quali, in accordo con le
litologie affioranti nella macroarea (rocce cristalline molto degradate e alterate) prevalgono nettamente
gli “scorrimenti (72,55%) rispetto alle “zone franose superficiali”; questa prevalenza diventa meno
spiccata se si considerano le superfici delle aree convolte (46,61% rispetto alle “zone franose superficiali”
al 21,33%) . Riguardo alla pericolosità sismica, nell’area ricade la porzione terminale di una faglia attiva,
che si sviluppa da Mesoraca fino a Camigliatello Silano, passando per i tre laghi silani (Arvo, Cecita e
Ampollino), donde la denominazione “Faglia dei Laghi” (Galli & Bosi, 2003). Tale faglia è responsabile
(Galli & Bosi, 2003) di uno dei terremoti che hanno colpito la Calabria centrale nel 1638 (area epicentrale
bordo SE dell’Altopiano Silano al confine tra le province di Cosenza e Crotone, 1.000 vittime).
Macroarea “Valle del Crati”.
Riguardo alla pericolosità da frana, questa macroarea è caratterizzata da un rapporto SFM/SM
bassissimo, pari a 0,0061, prossimo a quello che caratterizza l’Altopiano Silano. Anche se non è
stato indicizzato per in motivi spiegati in precedenza, questa macroarea è sensibilmente esposta
al rischio da alluvione: gran parte della macroarea è occupata dall’alveo del Fiume Crati lungo cui
si sono verificati frequenti straripamenti per rotture d’argine. Riguardo alla pericolosità sismica,
l’area, pur essendo esente dalla presenza di faglie sismogeniche, risente della vicinanza del
sistema di faglie attive che si sviluppa da Rogliano a Tarsia che hanno dato origine ai terremoti
del 1767, 1835, 1854, 1870 e 1887 ed ha risentito del terremoto del 1184, generato dalla faglia
“San Fili- San Marco Argentano”; nell’area affiorano inoltre i depositi alluvionali,
prevalentemente sciolti, del Fiume Crati, che possono aver amplificato oltremodo gli effetti dei
sismi.
Da un’analisi comparata dei dati si evince come la Macroarea “Catena Costiera e fascia pedemontana”
rappresenti nettamente la zona dell’intero territorio provinciale di Cosenza maggiormente colpita dagli
eventi meteorologici eccezionali che hanno caratterizzato il quadriennio 2008-2012: nella macroarea si è
concentrato quasi 1/3 delle frane verificatesi nella provincia (1833 su 5609); la presenza della faglia
sismogenica “San Fili – San Marco Argentano”, oltre a determinare la configurazione strutturale
responsabile delle condizioni geotecniche e idrogeologiche he hanno determinato questa elevata
franosità, è responsabile anche della elevata pericolosità sismica della macroarea. La Macroarea “Fascia
Presilana” è quella maggiormente esposta al rischio sismico e, contestualmente, evidenzia percentuale
significativa di frane nel quadriennio 2008-2012, anche in termini di superfici coinvolte. La macroarea
“Valle del Crati” è poco interessata da fenomeni franosi ma è caratterizzata da un’elevata esposizione al
rischio idraulico: comprende la maggior parte delle aree interessate da eventi alluvionali nel quadriennio
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2008-2012. L’area quasi completamente esente da fenomeni, sia alluvionali che franosi, è la macroarea
“Altopiano Silano”, che tuttavia è caratterizzata da un elevato rischio sismico.
In riferimento alle aree a rischio-frana, da un confronto complessivo dei dati PAI Calabria, rispetto ai dati
aggiornati al 2012, si evince come, in linea di massima, un cospicuo numero di movimenti franosi recenti
ricadano all’interno e/o nelle immediate vicinanze di aree a rischio PAI. Un dato particolarmente
interessante è che una percentuale significativa di movimenti recenti ricada all’interno di aree classificate
R1 ed R2 dal PAI Calabria, oppure evidenziano come frane indicate dal PAI abbiano sensibilmente
aumentato la loro superficie. Queste valutazioni indicano la necessità, oramai ineludibile, di rivedere la
classificazione di molte frane PAI in riferimento alle classi di rischio: infatti molte di queste, a cui il PAI
Calabria attribuisce una classe di rischio R1 o R2, devono essere riclassificate come R3 o R4, con tutte le
limitazioni del caso in termini di vincolistica associata; di riperimetrare i limiti di molte frane PAI che, alla
luce degli aventi alluvionali del periodo 2008-2012 si sono sensibilmente allargati, evidenziando spesso
incrementi significativi delle superfici coinvolte nei dissesti.
E’ stata infine riscontrata un numero non indifferente di dissesti recenti verificatisi in aree densamente
abitate o in corrispondenza di strade provinciali, non censite dal PAI Calabria.
Si evidenzia altresì come originariamente le frane censite al 31 dicembre 2007 fossero complessivamente
9.4171 per tutta la Calabria, molte delle quali in fase di quiescenza, e come, il presente aggiornamento
abbia evidenziato come nel quadriennio 2008-2012 si siano prodotte ben 5585 frane, tutte attive per la
sola provincia di Cosenza.
frane Pai Calabria differenziate per classi di pericolosità
classe di pericolosità
n. frane
1
470
2
2836
3
1852
4
1838
otale
6996
Infine, dal confronto tra i risultati del presente aggiornamento e i dati del PAI Calabria, relativamente alla
franosità, si evidenziano alcune criticità relativamente ai criteri adottati dall’Autorità di Bacino della
Regione Calabria, rispetto alla perimetrazione delle aree a rischio da frana.
Secondo quanto indicato nelle “Specifiche tecniche” del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico della
1
Fonte: Consiglio Nazionale dei Geologi, Rapporto 2010 sullo stato del Territorio Italiano
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Regione Calabria, “per la valutazione del Rischio è stata standardizzata una procedura di overlap tra le
aree in frane, rappresentate come poligoni chiusi con le relative Classi di Pericolosità e Classi di
Intensità, e gli elementi esposti (centri abitati e viabilità di accesso ai centri abitati; Classi di
Vulnerabilità) con l’istituzione di una “buffer zone”; la procedura ha permesso di attribuire le Classi
di Rischio attraverso la relativa matrice. La “buffer zone” rappresenta una fascia d’influenza esterna
rispetto all’area in frana di larghezza pari a m 20, salvo modificazioni legate a particolari condizioni
locali”.
Laddove sono state riscontrate situazioni in cui frane indicate dal PAI Calabria si sono mobilizzate in occasione
delle stagioni piovose del quadriennio 2008-2012, molto spesso i limiti delle frane recenti, si discostano, anche
sensibilmente, dai limiti delle buffer zone indicati dal PAI Calabria.
A titolo d’esempio si riporta, la frana di Cavallerizzo del 7 marzo 2005: si nota come il settore di distacco si sia
ampliato di circa 100 m al di fuori della buffer zone. Al di là dei confini provinciali, se si prende l’esempio della
frana Maierato dei 15 febbraio 2010 lo scostamento raggiunge addirittura quasi 350 metri.
PAR. 3.2 - DEFINIZIONE DEI RISCHI NATURALI
3.2.1 - Fenomeni franosi
Il rischio da frana è stato definito attraverso la valutazione della pericolosità e del danno potenziale.
La valutazione della pericolosità rappresenta la quantificazione - spaziale e temporale - della probabilità di
occorrenza dei fenomeni franosi. A tal fine è stato necessario disporre di informazioni dettagliate,
uniformemente distribuite sul territorio, sulla ricorrenza spazio-temporale dei fenomeni franosi e sulle
loro cause. In tal modo è stato possibile classificare il territorio secondo “classi di pericolosità” sulla scorta
di parametri qualitativi agevolmente individuabili che hanno tenuto conto dello stato e dei tempi di
ricorrenza del fenomeno (tipo di attività), nonché della tipologia e la velocità del fenomeno, secondo gli
schemi – del tutto indicativi - riportati nelle tabelle I, II e II presi come riferimento dal PAI-Calabria.
E’ stato possibile ottenere prodotti compatibili, e quindi confrontabili, con gli elaborati ufficiali del PAI,
che possono risultare così utili anche per un eventuale aggiornamento dello stesso.
TABELLA I : classi e sottoclassi di pericolosità
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TABELLA II : valutazione dell’intensità per unità di volume
L’intensità dei fenomeni (tabella II) è stata basata essenzialmente sull’assegnazione di classi di velocità
relativa per unità di volume. È stata definita una scala di velocità assegnando alla classe più alta i
fenomeni caratterizzati da un’evoluzione rapida (crolli, ribaltamenti, colate rapide) e alla classe più bassa i
fenomeni estremamente lenti (deformazioni superficiali lente).
Assegnate a ciascun fenomeno analizzato le classi di pericolosità e di intensità sulla base della tabelle I e
II, combinando i due fattori secondo lo schema di seguito proposto (tabella III) è stato possibile ottenere
una matrice utilizzata per la successiva valutazione del rischio.
TABELLA III : matrice intensità-pericolosità
E’ stato possibile attribuire “classi di pericolosità” anche ad alcuni elementi lineari e puntuali riconducibili
ad elementi areali, di seguito riportati:
- “falesie vive”: crolli connessi all’arretramento del ciglio di scarpata;
- “scarpata con caduta di detriti”: in presenza di segnalazioni di danni o di evidenze geomorfologiche,
possono essere perimetrate “aree d’influenza a pericolosità IP3 o IP4” in relazione ai volumi di
materiale mobilizzato;
- “frane non cartografabili”: possono essere perimetrate eventuali “aree a rischio”, utilizzando le stesse
procedure delle frane cartografabili.
Anche le “zone di intensa erosione” possono essere assimilate, quanto a pericolosità, a frane poiché
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danno origine ad accumuli di materiale medio-fine a valle e relativa evoluzione retrogressiva a monte.
Qualora si individuino, in aree interessate da fenomeni carsici, fenomeni di sprofondamento questi
dovranno essere, per l’attribuzione della classe di pericolosità, assimilati ai crolli.
Definita la pericolosità, i valori ottenuti sono stati combinati con le classi degli elementi vulnerabili
(tabella IV), per ottenere il rischio (tabella V).
TABELLA IV : classi degli elementi esposti
TABELLA V : matrice del rischio
3.2.2 - Fenomeni alluvionali
Per maggiore precisione, le definizioni di rischio, pericolosità, valore esposto e vulnerabilità sono legate
dalla seguente relazione:
Rischio = Pericolosità x Valore esposto x Vulnerabilità
La pericolosità (o Hazard) è la probabilità che nella località di interesse un tipo di evento di una data
intensità si verifichi con tempo di ritorno T; cioè mediamente una volta ogni intervallo di tempo prefissato
T (es. 10 o 50 … anni). Operando in termini probabilistici, è opportuno precisare che, se l’evento in
questione si fosse già verificato oggi, la probabilità che si verifichi domani non ne viene significativamente
ridotta.
Il valore esposto è il valore totale dei beni (vite umane e beni materiali) esposti all’evento.
La vulnerabilità è la percentuale del valore esposto che viene perso in conseguenza dell’evento.
La procedura adottata deve utilizzare metodologie probabilistiche sia nel calcolo degli hazard che delle
vulnerabilità.
3.2.2.1 Valutazione dei beni esposti
Per poter valutare il rischio, ai beni esposti saranno assegnati valori secondo una scala
convenzionale ed il loro danneggiamento sarà valutato in modo percentuale. Con valori da
precisare in base a criteri estimativi e solo a titolo di esempio, i valori di 1 km di strada possono
essere valutati come segue: 1 km avrà un valore pari a 100 se di larghezza 12 m realizzata su
rilevato; un valore pari a 50 se di larghezza 6 m su rilevato; un valore pari a 75 se di ampiezza 8 m
a mezza costa; ecc.
3.2.2.2 Valutazione della vulnerabilità
La vulnerabilità costituisce la percentuale del valore esposto che, essendo soggetto alla
pericolosità idrologica, viene potenzialmente perso. In definitiva, in conseguenza dell’evento
idrologico, la vulnerabilità potrà variare da 100 a 0, seconda che il bene sia distrutto totalmente o
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parzialmente. Ovviamente la vulnerabilità dipende sia dalla natura del bene esposto sia
dall’intensità dell’evento idrologico.
La vulnerabilità è influenzata dal rapporto in cui stanno le forze resistenti rispetto alle
sollecitazioni indotte dall’evento, ad esempio: un manufatto di solidità infinita avrà vulnerabilità
nulla anche se sottoposta ad eventi molto severi, mentre un’opera di limitata solidità avrà
vulnerabilità pari a 100 pur se sottoposta ad un evento di piccola entità.
3.2.2.3 Valutazione della pericolosità idrologica
Viene presa in considerazione l’informazione idrologica che può essere:
- di tipo diretto (livelli idrici nelle sezioni dei corsi d’acqua di interesse – livelli dai quali si deve
poi risalire alle portate);
- di tipo indiretto (le precipitazioni dalle quali di deve poi risalire alle portate e da queste ai
livelli).
Purtroppo, le informazioni di tipo diretto sono disponibili solo in poche sezioni di pochi corsi
d’acqua per cui sarà necessario valutare le portate operando la trasformazione degli afflussi di
pioggia in deflussi. Occorre ancora precisare che la variabile idrologica di interesse deve essere
analizzata in termini statistico-probabilistici per quanto concerne i propri valori estremi
(usualmente i massimi valori annuali di data durata). In questo quadro si colloca la realtà dei
bacini idrografici della provincia di Cosenza che, eccetto alcuni casi, sono di limitata o
limitatissima estensione. Da questa constatazione si evince che le durate per le quali è utile la
conoscenza delle variabili idrologiche sono spesso orarie e, molto spesso, sub-orarie. Soprattutto
per queste ultime durate, la numerosità disponibile del campione statistico è veramente limitata,
per cui è indispensabile incrementarla con gli strumenti della “cluster analysis” (analisi del gruppo
e/o del grappolo) volta ad individuare le sub-regioni omogenee in cui possa essere assunta la
validità di una unica distribuzione probabilistica, a meno di un fattore di scala (valore indice).
3.2.2.4 Cenni sull’analisi delle variabili idrologiche in termini statistico-probabilistici
L’analisi di frequenza basa la stima che un dato valore di una variabile casuale distribuita nello
spazio si verifichi con assegnata probabilità, sull’utilizzo di dati che rappresentano osservazioni
delle variabili di interesse raccolte in siti diversi all’interno di un territorio omogeneo.
Si indichi con Q la quantità di interesse (positiva) e con G(x) la probabilità che Q non superi il
valore x, detta anche probabilità di non eccedenza: G(x)=Pr(Q = x).
Supposto che Q sia misurata ad intervalli di tempo regolari, il quantile ZT con periodo di ritorno T
(in unità di tempo) è un evento che ha probabilità 1/T di essere superato.
Sotto ipotesi di regolarità per la funzione G, si ha:
ZT = G-1(1-T-1)
La stima di ZT in una data località è spesso resa difficoltosa per valori di T significativamente
maggiori del periodo di osservazione. Obiettivo dell’analisi di frequenza in un territorio, è trovare
buone stime di ZT anche in presenza di un numero non adeguato di dati, aumentando questi ultimi
coi dati da siti che si ipotizza – e verifica – abbiano delle distribuzioni di frequenza simili a quella
della località di interesse.
Se una regione è omogenea, le distribuzioni di frequenza nei siti differiscono l’una dall’altra solo
per il fattore di scala i detto valore indice o index-flood, in simboli:
Qi = i·Q
ove Qi indica la distribuzione nel sito iesimo.
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Si ha allora che:
Gi(x) = Pr(Qi = x) = Pr(Q = x/i) = G(x/i)
e, quindi, per la funzione dei quantili al sito iesimo, sono valide le seguenti eguaglianze:
ZT i = Gi-1(p) = Gi-1(1-T-1) = i G -1(p) = i G -1(1-T-1).
In altre parole, i quantili con tempo di ritorno T al sito iesimo possono essere calcolati a partire dalla
curva di crescita territoriale G-1 tramite moltiplicazione per il valore indice i.
Usualmente i è stimato con la media dei dati al sito iesimo.
Il problema, quindi si risolve una volta stimata la funzione G.
Nell’approccio di Hosking e Wallis (1993; 1997), G (che si suppone nota a meno di un numero
finito di parametri incogniti) viene stimata secondo il metodo degli L-momenti introdotti da
Hosking (1990), che producono stime robuste ed accurate dei quantili di una distribuzione ed
individuano univocamente la distribuzione di probabilità, purché questa abbia media.
L’analisi di frequenza procede essenzialmente in quattro passi:
I. Screening dei dati - Per valutare se nei dati esistono errori o inconsistenze, viene utilizzata una misura
di discordanza D che identifica le stazioni con L-momenti campionari molto differenti rispetto a quelli
degli altri siti nella medesima sotto-regione.
II. Identificazione di sotto-regioni omogenee - Dopo aver eventualmente eliminato le stazioni
discordanti, viene decisa l’appartenenza delle stazioni a sotto-regioni diverse. A tal proposito è usuale
adottare tecniche di cluster analysis e la conoscenza delle caratteristiche geografiche e climatiche
locali.
Di tali sotto-regioni viene testata l’omogeneità tramite la funzione H che confronta la dispersione degli
L-momenti campionari con quella attesa nel caso di gruppo formante una sotto-regione omogenea
(Hosking & Wallis, 1993). In particolare, una sotto-regione è “accettabilmente omogenea” se H < 1,
“possibilmente eterogenea” se 1 = H < 2 e “certamente eterogenea” se H  2.
III. Stima della curva di crescita del territorio omogeneo - Per il territorio omogeneo di cui sia stata
stabilita l’omogeneità, diverse distribuzioni sono candidate a modellare la curva di crescita.
IV. Scelta della distribuzione - viene effettuata sulla base della goodness–of-fit, Z, che confronta quanto i
momenti regionali di L-skewness ed L-kurtosis sono prossimi a quelli teorici.
3.2.2.5 Delimitazione zone omogenee
L’analisi di frequenza regionale porta alla classificazione delle stazioni analizzate in zone omogenee
ciascuna caratterizzata da una funzione di distribuzione di probabilità, per la quale possono essere
determinati i parametri, appartenente alla famiglia kappa. Sulla base di tali risultati può essere
effettuata la delimitazione delle zone; come primo passo devono essere tracciati i poligoni di Thiessen
per la rete di stazioni di misura, al fine di determinare l’area di influenza di ciascuna stazione.
Dall’unione dei poligoni afferenti alle stazioni classificate nella stessa zona possono essere quindi
individuate, all’interno del territorio regionale, le sotto-regioni omogenee. Queste si presume
seguano, con approssimazione più o meno buona, la morfologia del territorio regionale, pur
manifestando la geometria legata al criterio di delimitazione. In virtù di ciò, deve essere effettuata una
nuova perimetrazione delle zone omogenee in base alla morfologia del territorio e tenendo conto
dell’andamento delle linee spartiacque e dell’integrità dei bacini idrografici.
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3.2.2.6 Procedura per ottenere il valore di portata in un qualsiasi sito della Provincia per un dato tempo di
ritorno.
Attraverso gli strumenti dell’analisi regionale statistico-probabilistica, lo studio illustrato permette
di ottenere la stima dell’aggressività annua in qualunque sito della Provincia di Cosenza,
corrispondente a prefissati tempi di ritorno. Più in dettaglio, i passi necessari per ottenere queste
stime sono i seguenti:
1) Identificazione della sotto-area omogenea cui appartiene il sito di interesse;
2) Determinazione del valore indice, sulla base della stazione più vicina o interpolando fra quelle
più vicine appartenenti alla stessa sotto-area omogenea;
3) Applicazione della curva di crescita valida per la sotto-area omogenea di interesse per
determinare il valore di pioggia di data durata corrispondente al tempo di ritorno desiderato T;
4) Calcolo del valore di portata per prefissato tempo di ritorno dal corrispondente valore di
pioggia, utilizzando la trasformazione degli afflussi meteorici in deflussi.
Ovviamente in questo schema sono state trascurate molte fasi operative di importanza
fondamentale, quali quelle rivolte all’analisi morfometrica dei bacini idrografici, alla
caratteristiche dei suoli (tessitura, velocità di infiltrazione, ecc.), che concorrono a determinare i
parametri (quali ad esempio il Curve Number ed il tempo di corrivazione) necessari alla
precisazione dei metodi che saranno adottati per trasformare gli afflussi in deflussi.
3.2.2.6 Modello idraulico
Il modello idraulico che sarà adottato dovrà essere reperibile senza oneri di licenze commerciali
ed essere di ampia diffusione, in modo che la sua applicabilità sia documentatamente provata. Il
catasto delle opere idrauliche e degli attraversamenti, unitamente al rilievo di dettaglio della
geometria e delle granulometrie d’alveo permetterà di passare dalla conoscenza dell’onda di
piena che si verifica in una data sezione alla propagazione della stessa lungo il tronco di interesse.
3.2.2.7 Criterio geomorfologico e criterio storico
Nel caso in cui, per carenza di dati, non risulti possibile l’applicazione del modello idrologico
saranno applicati il criterio geomorfologico e/o quello storico.
Il primo è basato sulla presenza di aree che risultano di pertinenza dei corsi d’acqua (tenuto conto
degli eventuali argini ed opere antropiche di regolazione dei deflussi).
Il secondo è basato sulla mappatura delle aree storicamente alluvionate.
In entrambi i criteri sarà tenuto conto dei parametri che descrivono quantitativamente la
geomorfologia del reticolo e del bacino idrografico di interesse.
3.2.3 Fenomeni d’erosione costiera
Nelle Linee Guida del QTRP adottato, si fa riferimento alla metodologia innovativa che l’Autorità di Bacino
Regionale sta utilizzando per la definizione delle aree a rischio di erosione costiera.
Il Servizio Difesa Coste dell’Amministrazione Provinciale, sta attivamente collaborando con l’ABR, e già
nella Fase Conoscitiva, di cui si è riferito nel precedente Capitolo n.2, per l’acquisizione delle conoscenze
disponibili sul litorale tirrenico e ionico della provincia di Cosenza, è stata utilizzata tale metodologia
innovativa proposta dall’ABR.
In coerenza con il programma in itinere anche per le successive:
- fase di analisi, in cui si dovranno individuare in ogni ambito la natura e l’estensione del disequilibrio cui
è collegato il fenomeno dell’erosione costiera;
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- fase propositiva, in cui dovranno essere individuati gli schemi di massima per la progettazione delle
opere di difesa della linea di costa e la mitigazione del rischio di erosione costiera;
si utilizzerà la metodologia precisata nel punto 1.3.3 dell’allegato 1 del Tomo 4 del QTRP adottato.
Si deve sottolineare che, nella redazione dei PSC/PSA dei comuni rivieraschi, è necessario:
- individuare le aree di litorale soggette ad erosione;
- individuare gli interventi più efficaci, in relazione alle condizioni locali, per la mitigazione della
pericolosità;
- tutelare gli arenili da interventi che possano apportare danno alla spiaggia ed alla stabilità del litorale.
3.2.4 Fenomeni sismici
3.2.4.1 Rischio sismico e caratteri sismotettonici
Le aree ad elevato rischio sismico sono prodotte da faglie sismogeniche lungo cui si allineano gli epicentri
dei più significativi terremoti storici e strumentali. Nell’aggiornamento del P.P.P.R. sono state indicate le
faglie sismogeniche della provincia di Cosenza unitamente alle informazioni sui caratteri della sismicità;
sono state così evidenziate le aree macrosismiche dei più significativi terremoti che hanno causato vittime
e danni molto gravi.
La geometria delle aree macrosismiche ricalca la distribuzione delle principali faglie sismogeniche.
Le principali faglie che attraversano il territorio della provincia sono rappresentate prevalentemente da:
- faglie trascorrenti sinistre ad andamento NW-SE/WNW-ESE, attivatesi a partire dalle fasi tardive della
formazione della catena e tutt’ora sismogeniche. Le faglie trascorrenti sono responsabili
dell’individuazione di aree in traspressione e di aree in transtensione;
- faglie trascorrenti sinistre ad andamento NW-SE/WNW-ESE, caratterizzano soprattutto l’area del Confine
Calabro-lucano e il settore immediatamente a Sud della Valle del Fiume Crati. Nell’area del Confine
calabro-lucano si identificano con tratto più meridionale della struttura trascorrente orientata NW-SE di
rilevanza regionale - nota in letteratura come “Faglia del Pollino” - che rappresenta il “binario” principale
che ha determinato, nel tratto più meridionale, la traslazione dell’Arco Calabro dalla sua originaria
posizione alpina fino alla posizione attuale. Tra Cassano allo Jonio e Lauropoli la Faglia del Pollino delimita
a sud le propaggini carbonatiche più meridionali del Massiccio del Pollino dai depositi pleistocenici di
riempimento della porzione più settentrionale della Valle del Crati. A questo sistema di faglie sono
ascrivibili i terremoti legati al recente sciame sismico del Pollino, culminato con il terremoto di magnitudo
5 del 25 ottobre 2012 (fig. 3.2.4.1.1); si può notare che questa zona era stata colpita in passato da altri
eventi sismici importanti, tra i quali si menzionano il terremoto di Castelluccio del 9 settembre 1998
(magnitudo 5.6) e i terremoti del 1708, 1836 e 1894 (Intensità MCS VII-VIII).
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Fi.3.2.4.1.1 – Carta delle faglie attive e degli
epicentri dei terremoti storici e strumentali
dell’area del confine tra Calabria e Lucania.
Poco più a sud-est della Faglia del Pollino, un’altra struttura appartenente al sistema trascorrente, si
sviluppa in direzione WNW-ESE – con marcata “freschezza” morfologica – dai pressi di Spezzano Albanese
passando per Corigliano, Rossano, fino a Cariati Marina. Tale struttura, denominata “Faglia di Rossano”,
delimita e solleva a NE i litotipi metamorfico-cristallini dell’Altopiano Silano (nel suo tratto più
settentrionale), e i sedimenti del Miocene Superiore-Pliocene Inferiore (nel suo tratto più meridionale),
rispetto ai depositi quaternari affioranti lungo la fascia costiera cosentina e crotonese. Lungo la Faglia di
Rossano si allineano epicentri di terremoti strumentali e di alcuni terremoti storici, tra cui quello del 25
aprile 1836 (area epicentrale Rossano-Mirto, 240 vittime), che ha generato anche uno tsunami indicando
la possibilità che questa faglia possa avere propaggini a mare.
Proseguendo verso sud, si riconosce un’altra faglia appartenente al sistema trascorrente sinistro che si
sviluppa con direzione NW-SE da Mesoraca fino a Camigliatello Silano, “attraversando” i tre laghi silani
(Arvo, Cecita e Ampollino), donde la denominazione “Faglia dei Laghi” (Galli & Bosi, 2003). Tale faglia è
responsabile della giustapposizione dell’Unità di Polia-Copanello e del Batolite della Sila e, negli studi di
Galli & Bosi (2003), è stata indicata come responsabile del violento terremoto del 9 marzo 1638 (area
epicentrale bordo SE Altopiano Silano, 1.000 vittime).
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Figura 3.2.4.1.2.
La “Faglia di Rossano” (linea in rosso, da SorrisoValvo & Tansi, 1996, mod.), e l’area epicentrale
del terremoto 25 aprile 1836.
Ancora più a sud si riconosce una fascia di trascorrenza sinistra, ad andamento medio da NW-SE ad WNWESE (Tansi et al., 2007), che si estende – con notevole “freschezza” morfologica - dalla porzione
meridionale della Valle del Fiume Crati fino alla porzione settentrionale della Stretta di Catanzaro.
Nell’ambito di tale fascia si distingue la “Faglia di Falconara Albanese”, che si allunga da Falconara A. a
Rogliano, delimitando a sud le porzioni più meridionali del sistema horst della Catena Costiera-graben del
Crati.
Da un punto di vista cinematico, alla meso-scala le faglie trascorrenti sinistre appartenenti al sistema NWSE/WNW-ESE hanno evidenziato piani con direzioni variabili tra NW-SE e WNW-ESE, con inclinazioni
comprese tra 90° e 60° ed immersioni prevalenti verso SW, ed in subordine verso NE. Tali piani sono incisi
da striature meccaniche d’origine tettonica che indicano pitches da suborizzontali (=0°) a 45-50°, e
conseguenti movimenti da puramente sinistrorsi, a normal-trascorrenti sinistri o inversi-trascorrenti
sinistri.
Aree in tranpressione. In corrispondenza di aree di terminazione e/o di sovrapposizione en-echèlon di
alcune delle faglie sopra descritte, si impostano regimi transpressivi responsabili dell’individuazione di
aree in compressione in cui si originano thrust retrovergenti (vergenza verso W), ad andamento
prevalente N-S, che alterano gli originari rapporti geometrici tra le varie unità appartenenti al thrustsystem della catena. Ai thrust traspressivi sono associate strutture plicative - cinematicamente compatibili
- con assi orientati N-S. Lungo queste faglie inverse retrovergenti sono stati estrusi, a formare strutture di
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tipo “pop-up”, le porzioni più profonde della catena alpina (metabasiti dell’Unità di Gimigliano-Monte
Reventino), affioranti nei pressi del bordo meridionale del Massiccio della Sila, e le unità sommitali della
sottostante catena appenninica (carbonatici dell’Unità di Verbicaro), affioranti nei pressi di Amantea-Lago
(Monte-Cocuzzo-Monte Guono-Monte Santa Lucerna). In corrispondenza invece del tratto terminale della
“Faglia di Rossano” si riscontra l’estrusione dell’imponente rilievo calcareo denominato “La Mula”
interessato da strutture compressive regionali quali thrust retrovergenti con piani ad andamento N-S e da
pieghe con assi di medesime direzioni.
Da un punto di vista cinematico, alla meso-scala le faglie inverse transpressive hanno evidenziato piani
con direzioni prevalentemente N-S con oscillazioni tra NNW-SSE e NNE-SSW, con inclinazioni comprese
tra 10° e 80° ed immersioni prevalenti verso W, ed in subordine verso E. Tali piani sono incisi da striature
meccaniche d’origine tettonica che indicano movimenti da puramente inversi con pitches intorno ai 90° a
inversi-trascorrenti sinistri, con pitches intorno ai 45-50°.
Aree in transtensione. Il sistema di faglie trascorrenti sinistre NW-SE/WNW-ESE, oltre a determinare
strutture transpressive, originano nelle zone terminali anche aree in transtensione. Tra queste aree, la più
importante è quella in cui si originano le faglie normali, ad orientamento N-S, che individuano il graben
del Crati, una depressione tettonica d’età plio-olocenica delimitata, ad ovest e ad est, da due faglie di
importanza regionale, rispettivamente, la “Faglia San Fili – San Marco Argentano” e la “Faglia RoglianoTarsia”; trattasi di faglie prevalentemente normali, con debole componente destrorsa che talora può
diventare predominante, marcate morfologicamente da faccette triangolari e trapezoidali, scarpate,
rettifiche dei corsi d’acqua a “gomito” e “doppio gomito”, corsi d’acqua sospesi. Queste faglie hanno
generato gran parte dei terremoti che hanno colpito la provincia di Cosenza (fig. 3.2.4.1.3):
Data sisma
25.4.1184
14.7.1767
12.10.1835
12.2.1854
4.10.1870
3.12.1887
Terremoti storici con aree epicentrali nel graben del Crati
intensità
Area epicentrale
IX grado MCS
COSENZA-LUZZI-BISIGNANOVIII- IX grado MCS
Rose - Luzzi
X grado MCS
Castiglione Cosentino
X grado MCS
Donnici- Sant’Ippolito
X grado MCS
Rogliano-Mangone
IX grado MCS
Bisignano
n.vittime
migliaia
centinaia
115
500
117
20
Da un punto di vista cinematico, alla meso-scala le faglie normali d’origine transtensiva hanno evidenziato
direzioni prevalenti N-S con oscillazioni tra NNE-SSW e NNW-SSE, inclinazioni comprese tra 90° e 60° ed
immersioni prevalenti verso E e verso W, rispettivamente, lungo il bordo occidentale ed orientale del
graben del Crati. Tali piani sono incisi da striature meccaniche d’origine tettonica che indicano movimenti
da puramente normali con pitches intorno ai 90° normali con una debole componente destrorsa che
talora può diventare predominante (pitches fino a 5-50°).
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Figura 3.2.4.1.4.–
Caratteri sismotettonici
del graben del F. Crati.
Sono rappresentati gli
epicentri dei terremoti
storici e strumentali
(profondità < 35 km)
significativi, e le faglie
attive e recenti lungo i
bordi occidentale (in
tratteggio; da: TORTORICI
et alii, 1995) ed
orientale
(linea
continua, secondo i
risultati del presente
lavoro) del graben. Nel
riquadro, è indicata
l’ubicazione dell’area di
studio in rapporto al
tratto calabrese della
rift-zone calabro-sicula
(da:
MONACO
&
TORTORICI,
2000,
modificato), della quale
sono
evidenziati
i
principali
lineamenti
tettonici.
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3.2.4.2 Norme e competenze nazionali, regionali e provinciali in materia antisismica
Con la L.R. n. 35 del 19/10/2009 e s.m.i. recante “Procedure per la denuncia, il deposito e l’autorizzazione
di carattere strutturale e per la pianificazione territoriale in prospettiva sismica”, la Regione Calabria ha
proceduto alla riorganizzazione delle strutture tecniche in materia di edilizia antisismica e dei
procedimenti per la vigilanza sulle costruzioni.
Con successivi atti amministrativi la Giunta Regionale ha precisato i criteri per l’individuazione degli edifici
di interessa strategico e di rilevanza in caso di collasso. Pertanto alle opere strategiche definite dall’art.6
del Regolamento Regionale n.1 del 12/11/1994, che di seguito si elencano:
a) opere di importanza primaria ai fini della esigenza della Protezione Civile:
1. sedi delle Prefetture;
2. caserme ed uffici annessi dei Vigili del Fuoco;
3. caserme della Forza Pubblica e quelle delle Forze Armate;
4. sedi comunali;
5. ospedali e cliniche;
6. tutti gli immobili necessari per esercizio delle comunicazioni radio o telefoniche, per il disimpegno
dei servizi di emergenza;
b) opere che per la loro destinazione possono dar luogo a situazioni di particolare rischio e pericolosità:
1. scuole;
2. chiese aperte al culto;
3. sale di spettacolo e di riunione;
4. fabbricati annessi agli impianti sportivi destinati al pubblico;
5. stazioni auto-ferro-tranviarie e le aerostazioni;
6. grandi depositi di combustibili liquidi e di gas combustibili;
7. dighe;
con la Delibera di Giunta Regionale n. 786 del 27/11/2009 sono state aggiunte:
- ELENCO A "categorie di edifici e di opere infrastrutturali di interesse strategico di competenza
regionale, la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di
protezione civile":
Edifici:
- edifici destinati a sedi dell'Amministrazione regionale; (*)
- edifici destinati a sedi delle Amministrazioni provinciali; (*)
- edifici destinati a sedi di Amministrazioni comunali; (*)
- edifici destinati a sedi di Comunità montane; (*)
- strutture non di competenza statale individuate come sedi di sale operative per la gestione delle
emergenze (COM, COC, etc.);
- centri funzionali di protezione civile;
- edifici ed opere individuate nei piani d'emergenza o in altre disposizioni per la gestione
dell'emergenza
- ospedali e strutture sanitarie, anche accreditate, dotate di pronto soccorso o dipartimenti di
emergenza, urgenza e accettazione;
- sedi Aziende unità sanitarie locali; (*)
- centrali operative 118;
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- presidi sanitari.
(*) Limitatamente agli edifici ospitanti funzioni/attività connesse con la gestione dell'emergenza.
Opere infrastrutturali:
- vie di comunicazione (strade, ferrovie, ecc.) regionali, provinciali e comunali, ed opere d'arte
annesse, limitatamente a quelle strategiche individuate nei piani di emergenza o in altre disposizioni
per la gestione dell'emergenza;
- porti, aeroporti ed eliporti non di competenza statale individuati nei piani di emergenza o in altre
disposizioni per la gestione dell'emergenza;
- strutture non di competenza statale connesse con la produzione, trasporto e distribuzione di energia
elettrica;
- strutture non di competenza statale connesse con la produzione, trasporto e distribuzione di
materiali combustibili (oleodotti, gasdotti, ecc.);
- strutture connesse con il funzionamento di acquedotti locali;
- strutture non di competenza statale connesse con i servizi di comunicazione (radio, telefonia fissa e
portatile, televisione);
- altre strutture eventualmente specificate nei piani di emergenza o in altre disposizioni per la gestione
dell'emergenza.
- ELENCO B "categorie di edifici e di opere infrastrutturali di competenza regionale che possono
assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso":
Edifici:
- asili nido e scuole di ogni ordine e grado;
- strutture ricreative (cinema, teatri, discoteche, ecc.);
- strutture destinate ad attività culturali (musei, biblioteche, sale convegni, ecc.);
- edifici aperti al culto non rientranti tra quelli di cui all'allegato 1, elenco B, punto 1.3 del decreto del
capo del Dipartimento della protezione civile, n. 3685 del 21 ottobre;
- stadi ed impianti sportivi;
- strutture sanitarie e/o socio assistenziali con ospiti non autosufficienti (ospizi, orfanotrofi, ecc.);
- edifici e strutture aperte al pubblico destinate alla erogazione di servizi (uffici pubblici e privati) o
adibite al commercio (centri commerciali, ecc.), suscettibili di grande affollamento;
- strutture a carattere industriale, non di competenza statale, di produzione e stoccaggio di prodotti
insalubri o pericolosi.
Infrastrutture:
- stazioni non di competenza statale per il trasporto pubblico;
- opere di ritenuta non di competenza statale;
- impianti di depurazione;
- altri manufatti connotati da intrinseche pericolosità eventualmente individuati in piani d'emergenza
o in altre disposizioni di protezione civile.
La stessa Del.G.R. n.786/2009 ha approvato le schede di indagine (Livello L0) e di verifica (Livello L1/L2)
comprensive di relative istruzioni e linee guida che devono essere compilate da tutti i proprietari degli
edifici di competenza regionale di interesse strategico.
La valutazione della pericolosità sismica a scala locale deve avvenire sulla base di studi di tipo geologico,
geofisico e geotecnico finalizzati:
- alla valutazione dei fenomeni di amplificazione del moto sismico,
- alla valutazione della suscettibilità alla liquefazione,
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- al potenziale innesco di frane.
Gli studi così effettuati conducono alla cosiddetta “zonazione”, cioè alla suddivisione del territorio in aree
omogenee riguardo alla risposta sismica ed alle conseguenze dirette o indirette derivanti dall’evento
sismico.
La Microzonazione Sismica costituisce lo strumento per analizzare la pericolosità sismica locale da
applicare ai fini della pianificazione, urbanistica e d’emergenza. Gli studi relativi alla microzonazione
rappresentano il metodo da applicare ai vari livelli di governo ed in particolare agli strumenti di
pianificazione di area vasta ed a quelli di pianificazione comunale.
Gli studi di Microzonazione sismica, oltre ad identificare e perimetrare zone omogenee in relazione alla
pericolosità sismica locale, attraverso la stima della risposta dei terreni alle onde sismiche in arrivo al sito,
devono consentire di stabilire gerarchie di pericolosità fra le diverse zone e fornire di conseguenza
elementi conoscitivi indispensabili alla programmazione territoriale; pertanto devono perseguire
l’obiettivo di individuare le condizioni locali che, in caso di evento sismico, possono dar luogo a fenomeni
d’instabilita dei versanti, di liquefazione, di cedimenti differenziali ecc.
I livelli di studio della Microzonazione Sismica sono tre e sono definiti dalla Regione per come segue.
- Livello I: di competenza regionale o, in assenza di studi regionali, del soggetto attuatore dello studio di
microzonazione, rappresenta un livello propedeutico agli studi successivi; le analisi vengono fatte
utilizzando dati già esistenti e di facile reperibilità, ed hanno lo scopo di individuare cautelativamente le
aree che sono potenzialmente soggette ai diversi effetti di sito, quali ad esempio effetti di
amplificazione locale, liquefazione ed instabilità dei pendii. Poiché questo livello di analisi deve
permettere di inquadrare le problematiche della zona di studio in prospettiva sismica, l’area investigata
non deve essere strettamente limitata alla zona per cui è richiesto lo studio di microzonazione, bensì le
indagini devono essere estese al di fuori di questa in modo da permettere la caratterizzazione
geologica e litostratigrafica del sito di interesse. I risultati ottenuti hanno carattere qualitativo e
vengono periodicamente aggiornati e verificati in considerazione delle nuove conoscenze derivanti da
nuove analisi o da analisi più approfondite.
- Livello II: di competenza delle autorità che predispongono un nuovo piano territoriale o modifica a
piano territoriale esistente, deve considerare tutte le aree individuate nel Livello I che ricadono
nell’area di interesse per lo sviluppo proposto. Gli studi di Livello II utilizzano metodi semplificati per
restituire una valutazione quantitativa degli effetti di sito considerati e danno indicazioni sulla
necessità e sul tipo di analisi che devono essere svolte al Livello III. Il Livello II necessita di dati che
definiscono le caratteristiche dei terreni, che possono derivare da misurazioni dirette, sempre
preferibili, correlazioni empiriche od entrambe.
- Livello III: è previsto solo per gli effetti di amplificazione locale e approfondisce gli studi di Livello II
utilizzando analisi rigorose e dati di maggior dettaglio. Tali studi vanno eseguiti per piani di sviluppo di
particolare importanza e condizioni litostratigrafiche o morfologiche complesse, in cui si ritiene che i
metodi semplificati di Livello II siano insufficienti a caratterizzare in modo esauriente il moto sismico al
sito.
Il ricorso ai tre livelli di approfondimento consente una grande flessibilità nelle applicazioni, in quanto
permette di adeguare la produzione delle conoscenze alle risorse e ai tempi disponibili nonché al tipo di
utilizzazione richiesta.
La Regione Calabria, ha stabilito che il quadro conoscitivo degli strumenti urbanistici siano integrati con gli
studi di microzonazione sismica validati.
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PROVINCIA DI COSENZA - CNR /IRPI
Per quanto riguarda le specifiche competenze attribuite agli Enti Locali si sottolinea che:
Le Province:
- redigono studi di macrozonazione sismica;
- definiscono ulteriori indirizzi a cui dovranno attenersi i Comuni al fine di ridurre o minimizzare gli
effetti delle calamità naturali o di origine antropica;
- individuano la Struttura Territoriale Minima (STM) e mettono in sicurezza gli elementi puntuali e areali
(edifici e servizi strategici, infrastrutture viarie di collegamento provinciale, aree di ammassamento)
che ne fanno parte.
I Comuni:
- redigono studi di microzonazione sismica in modo da stabilire gerarchie di pericolosità fra le diverse
zone e fornendo così elementi conoscitivi indispensabili alla programmazione e pianificazione
territoriale e urbanistica, nonché alla pianificazione dell’emergenza;
- individuano la Struttura Urbana Minima (SUM) e mettono in sicurezza gli elementi che ne fanno parte;
- localizzano le previsioni di sviluppo insediativo e di nuove opere infrastrutturali, privilegiando
prioritariamente aree non soggette a pericolosità o a rischi idrogeologici e sismici, ricorrendo all’uso di
aree di moderata pericolosità, solo subordinatamente alla indisponibilità accertata delle aree predette
e solo dopo approfondite valutazioni ed analisi sugli effettivi livelli di pericolosità e rischio;
- nei territori definiti a “rischio molto elevato” dal PAI, definiscono puntualmente lo stato di dissesto e di
pericolosità di concerto con la Provincia di appartenenza.
3.2.5 Fenomeno Tsunami
Sulla base dei dati riportati nel Capitolo 2 del presente documento e previ eventuali opportuni
approfondimenti, nella redazione dei PSC/PSA nei comuni rivieraschi, è necessario verificare la possibilità
che un tale fenomeno possa verificarsi, definire le zone a rischio e prevedere gli interventi necessari per la
mitigazione del rischio stesso.
3.2.6 Fenomeni di desertificazione e deficit idrico
Sulla scorta dei dati rilevabili nella “Carta delle aree sensibili alla desertificazione”, elaborata dall’Arpacal
nel Progetto DeserNet, ed a seguito degli ulteriori eventuali approfondimenti in ambito locale, nella
redazione dei PSC/PSA dovranno essere individuate le aree soggette a tali rischi, per le quali dovranno
essere assunte opportune e qualificate misure di limitazioni d’uso e salvaguardia.
Per quanto riguarda il fenomeno del deficit idrico, i dati del quadro conoscitivo aggiornato riportati nel
precedente Capitolo 2, dimostrano che in molte zone del territorio provinciale è necessario limitare le
aree di espansione urbanistica che comportano l’aumento di territorio impermeabilizzato, perché tale
modifica dell’uso del suolo favorisce il ruscellamento veloce delle acque meteoriche, impedendo
l’infiltrazione nel terreno che consentirebbe la ricarica dei serbatoi naturali.
Nella redazione dei PSC/PSA, con opportuni approfondimenti in ambito locale, si dovranno dimensionare
le aree di possibile espansione urbanistica anche con riferimento a tale problematica.
3.2.7 Fenomeni di subsidenza
Nella redazione dei PSC/PSA è necessario evidenziare la presenza di tali fenomeni ed assumere misure di
salvaguardia.
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3.2.8 Fenomeni di Sinkholes
Nella redazione dei PSC/PSA è necessario evidenziare la presenza di fenomeni riconducibili a piccole cavità
attualmente ricolmate, quindi limitare gli interventi antropici che sono causa di fenomeni assimilabili a Sinkholes
e comunque inibire qualsiasi intervento in aree in cui esiste il rischio che il fenomeno possa verificarsi.
PAR.3.3 – DEFINIZIONE DEI RISCHI ANTROPOGENICI
3.3.1 rischio sanitario
3.3.1.1 rischio sanitario da amianto
La Legge Regionale n.14 del 27/04/2011, stabilisce che la Regione Calabria si deve dotare di un
piano di risanamento del rischio amianto e che coordini tutti gli Enti territoriali preposti a svolgere
ruoli di raccolta dati, elaborazione e studi, investendo l'Arpacal, le Aziende Sanitarie Provinciali, le
Amministrazioni Provinciali e Comunali, nonché tutte le associazioni interessate.
Con riferimento alle caratteristiche geologiche dei territori, poiché la reale pericolosità dei
materiali ofiolitici dipende direttamente dalla possibilità delle rocce di frantumarsi durante
l’estrazione e durante le successive fasi di lavorazione, è necessario che la Provincia nell’ambito
dei PTCP ed i comuni nell’ambito dei PSC/PSA acquisiscano il rilievo geologico e geostrutturale
degli ammassi rocciosi affioranti con fibre di amianto.
I REU annessi ai PSC/PSA dovranno definire misure di prevenzione a livello di pianificazione
urbanistica comunale.
3.3.1.2 rischio sanitario da radon
Le linee Guida contenute nell’Appendice 1 del Tomo 4 del QTRP adottato precisano che :”a livello
di REU dei PSC/PSA, in relazione al procedimento di rilascio del permesso a costruire si proceda a
certificare la valutazione preventiva della possibile sussistenza del “problema Radon” al fine di
consentire l’adozione e realizzazione di appropriati interventi contestualmente alla costruzione”.
Tuttavia si deve evidenziare che in assenza di limiti vincolanti per legge, la definizione delle
condizioni di pericolosità è necessariamente demandata alle conoscenze sulle condizioni locali e
su eventuali acquisizioni di dati particolarmente significativi.
3.3.2
Rischio ambientale
In relazione a quanto evidenziato nel Capitolo 2 del presente documento è opportuno che , allo scopo di
salvaguardare i corpi idrici sotterranei, nella redazione dei PSC/PSA siano definiti:
- i livelli statici dei pozzi idrici censibili e/o denunciati agli uffici competenti;
- la posizione georeferenziata di sorgenti, con la loro portata media annua ed utilizzazione;
- le aree di salvaguardia delle captazioni idropotabili.
Nei PSC/PSA dovrà essere allegata la Carta delle Isopiezometriche alla scala di piano.
3.2.3 Rischio d’ incidente rilevante
In ossequio a quanto stabilito nel D.M. 9 maggio 2001 relativo ai “requisiti minimi di sicurezza in materia
di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente
rilevante”, la Provincia nell’aggiornamento del PTCP ed i Comuni dove siano localizzati impianti compresi
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negli elenchi degli stabilimenti a rischio nella redazione dei PSC/PSA, devono localizzarli sulla CTR in scala
1:5000, nonché adottare le opportune misure di cui al soprarichiamato D.M.
3.3.4 Rischio d’incendio boschivo
In ossequio a quanto previsto nella Legge 353/2000, i Comuni nei PSC/PSA inseriranno specifico elaborato
in cui saranno localizzate e vincolate le aree percorse da incendio e opportune zone significative
circostanti le sopra citate aree.
3.3.5 Rischio erosione e consumo di suolo
La L.R.n.19/2002 e s.m.i definisce “strategico” l’obiettivo della sostenibilità nell’uso del suolo, pertanto
tale obiettivo deve essere assunto a livello prioritario nelle strategie di redazione del PTCP e dei PSC/PSA.
I criteri di sostenibilità che devono essere posti alla base dei processi di pianificazione devono garantire:
- lo sviluppo armonico del territorio, dei tessuti urbani e delle attività produttive;
- la compatibilità dei processi di trasformazione e uso del suolo con la sicurezza, l’integrità fisica e l’
identità storico-culturale del territorio;
- la valorizzazione delle risorse e delle produzioni autoctone per un sano e durevole sviluppo locale;
- il miglioramento della qualità ambientale, architettonica e della salubrità degli insediamenti;
- la riduzione della pressione degli insediamenti sui sistemi naturalistico-ambientali, attraverso
opportuni interventi di mitigazione degli impatti;
- la riduzione del consumo di nuovo territorio, evitando l’occupazione di suoli ad alto valore agricolo e/o
naturalistico, privilegiando il risanamento e recupero di aree degradate e la sostituzione dei tessuti
esistenti, ovvero la loro riorganizzazione e riqualificazione per migliorarne la qualità e la sostenibilità
ambientale.
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