Rating PA e Imprese e rapporti con le SOA Buon pomeriggio, confid

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Rating PA e Imprese e rapporti con le SOA Buon pomeriggio, confid
RECEPIMENTO DELLE DIRETTIVE 2014: ADESSO, SPETTA AL GOVERNO!
Rating P.A. e Imprese e rapporti con le SOA
Buon pomeriggio, confido nella Vostra attenzione, ringrazio chi mi ha preceduto e spero di poter
citare, nel corpo dell’intervento, un “passaggio” del Presidente de Lise che mi ha indubbiamente
illuminato e che condurrà anche il passo della relazione.
I. Il motivo dell’oggetto d’indagine, gratificato anche dall’introduzione del Presidente Zamberletti
che mi officia di trattare la modalità su cui si sta orientando il sistema, e questo facile non è, sarà
invece quello, anche perchè mi sembra più realistico e passibile di maggiore attenzione, di come
risulti a mio parere che debba orientarsi il sistema.
Forse è arrivato il momento in cui, finalmente, si cerchi di valutare e dare cittadinanza giuridica
all’aspetto reputazionale dell’operatore economico che non sia solo basato su dati statico –
soggettivi, bensì su dati oggettivo – prestazionali.
Ed invero, mi viene chiesto di dettagliare e di argomentare su cosa possa portare l’analisi del testo
di delega, di cui al comma 1, lettera uu) che riguarda il nuovo sistema di qualificazione
dell’operatore economico e di rapportarlo al sistema di qualificazione relativo alle amministrazioni
aggiudicatrici o agli enti aggiudicatori indicato nella lett. bb) dello stesso comma….però
quest’ultima indicazione – attenzione ! – deve essere interpretata per forza combinatamente alla
disamina della lettera ll) del medesimo comma.
Devo dire che il legislatore delegato, forse è un pò più fortunato o più sfortunato del Presidente de
Lise vedremo, però di certo dovrà sviscerarsi e compenetrarsi rispetto ad una norma delegante
assolutamente ampia rispetto ai quattro alinea di delega con cui si rapportò il previgente D.Lgs.
163/06… infatti allora l’oggetto della delega si conteneva nelle quattro lettere di cui all’art. 25,
comma 1, lett. a),b),c),d) della L. comunitaria n. 62 del 2005.
Oggi deve compenetrarsi in uno scenario ben più ampio e, mi sia consentito, più logorroico.
La soluzione che sto prospettando non so se possa essere coraggiosa o meno, ma il testo di legge
delega, oggetto d’indagine, rende agio a questa mia “scelta di campo”, ancorché de iure contendo,
epperò confortata dal pregevole testo del collega Frontoni e, precisamente negli ultimi due capitoli,
dove effettivamente il punto di arrivo è quello che conduce al percorso dai patti di legalità al rating
di legalità, come recita il sottotitolo della sua opera e quindi da quella reputazione statico –
soggettiva, opportunamente convertita in un “rating di legalità”, visto in un’ottica oggettivo prestazionale.
Qual è il punto? È inutile che sposiamo la tesi dell’offerta economicamente più vantaggiosa o del
prezzo più basso: oggi le gare (è la regola!) sono disciplinate dal metodo aggiudicatorio del
rapporto prezzo/qualità secondo il considerando 89) della direttiva comunitaria 2014/24/UE e,
quindi, dall’offerta economicamente più vantaggiosa di cui all’art. 67, D.Lgs. 163/06.
Ma qual è il distinguo di criticità?
Tu vinci la gara non solo per quanto concerne l’aspetto del ribasso, ma anche e soprattutto sulla
base dell’elemento, vale a dire, “la caratteristica dell’offerta in base alla quale viene fatta la
valutazione”….eminente accezione tratta da un testo del Prof. Sannino.
Se quella caratteristica dell’offerta sulla quale viene fatta la valutazione non si riverbera
effettivamente sull’esecuzione della prestazione, che fine fa quella valutazione che ex ante, nel
momento della comparazione ad evidenza pubblica, ha portato il futuro aggiudicatario ad avere un
apprezzamento più favorevole? Due punti di domanda: esiste nel nostro sistema oggi un’ipotesi di
parametro reputazionale che possa effettivamente dare agio a questa verifica? La finalità della legge
delega nella sua sezione normativa che sono stato chiamato ad analizzare, può dare una risposta
esaustiva a quella che a mio parere è l’effettiva stortura del panorama giuridico - fattuale degli
appalti pubblici?
La prima risposta è NI: oggi esiste solo parzialmente l’effettiva possibilità che ciò che hai proposto
in gara possa essere poi verificato obiettivamente sul campo;
la seconda risposta è SI: e se saremo d’accordo a dare agio a questo tipo di scenario, cui può
effettivamente dare corso il testo di legge delega, avremo dato un senso a questo intervento e capire
se sono stato fortunato o sfortunato ad intrattenermi sulla giusta ragione di reputazionalità negli
appalti pubblici con Federico Titomanlio in un fugace incontro che gli ha offerto la stura a darmi
l’onore del presente intervento.
Perché oggi queste verifiche non sono possibili? Perché il casellario informatico detenuto
dall’Autorità riguardo all’art. 8, comma 2, lett. i) del Regolamento sugli appalti per come oggetto di
applicazione anche neri servizi e nelle forniture in esito alla Determina ANAC n. 1 del 2008 poi
implementata dal Comunicato del Presidente ANAC del 18 dicembre 2013, prevede che le
comunicazioni e le segnalazioni, riguardo la fase esecutiva dell’appalto, debbano afferire alla
risoluzione
del contratto per inadempimento e non è il caso che deve occuparci, oppure
all’esecuzione gravemente errata, ma la flebile indicazione modulistica non risolve il
problema…ma il problema non è risolto neppure dall’art. 38, comma 1, lett. f) del Codice degli
Appalti, a prescindere dalle circostanze che la Stazione Appaltante, in sede di partecipazione alle
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gare, punisce la grave negligenza o malafede nel caso di esecuzione affidata dalla medesima
Stazione Appaltante, oppure l’errore, grave apprezzato aliunde.
Dove ci può essere, allo stato attuale, una prima apertura rispetto allo scenario che intendo
prospettare? Una prima, è data dal rapporto fra i compiti del RUP E DEC nel campo di servizi e
forniture (cfr. determina ANAC n. 5 del 2013 dove viene riconosciuta un’importanza indefettibile
alle attività di verifica in sede esecutiva degli appalti). Vado oltre, la recente legge sui Criteri
Ambientale Minimi, legge n. 221, 28 dicembre 2015, prevede che in determinati settori, le gare
debbano essere svolte nel rispetto dei criteri ambientali minimi stabiliti nei relativi decreti di
riferimento. In essi decreti, prendo a campione quelli dei rifiuti, mense e pulizie, sono previsti i
rapporti semestrali sull’esecuzione del servizio, i “report” di quello che effettivamente si sta
realizzando. Magari, tanto il contratto stipulato con l’appaltatore, magari, i report semestrali e le
verifiche da parte del direttore tanto dell’esecuzione, quanto dei lavori, fossero oggetto di
obbligatoria pubblicazione sul sito della Stazione Appaltante…. cosa che oggi non è assolutamente
prescritta, fino a creare anche un dibattito giurisprudenziale sull’accessibilità di quei dati che, a mio
parere, devono giocoforza corroborare il procedimento d’appalto, ancorché nella fase esecutiva.
Non pensa che questo sia rilevante, Presidente Giampaolino?
E quindi i decreti sui CAM aprono lo scenario interno al recepimento di quella norma sulle
condizioni di esecuzione del contratto dell’art. 70 della direttiva 2014/24/UE, vale a dire prefigurare
fin dalla stesura delle regole di gara che tu, futuro aggiudicatario, avrai l’obbligo di rendere
attraverso l’elaborazione della tua attività, l’effettiva conformazione dell’esecuzione del contratto
rispetto a quanto hai ex ante progettato nella tua offerta tecnica, al punto da ottenere un punteggio
così elevato, da essere eziologicamente preordinato all’aggiudicazione della commessa. E la
vicenda ha aspetti ben più pubblicistici di quelli che possono riguardare la mera fase esecutiva del
contratto, perché sono strettamente legati al momento dell’apprezzamento meritocratico.
Ebbene, attuale direttiva comunitaria chiamati a recepire:
- considerando 101) della direttiva 2014/24/UE, dove si pone l’accento? Sui comportamenti
scorretti i quali non corrispondono alla negligenza o alla malafede o all’errore grave, ma tale
accezione corrisponde al non conformare gli aspetti esecutivi a quanto ti hanno consentito
l’aggiudicazione dell’appalto. Tale norma è pari nel considerando 70) della direttiva 2014/23/UE.
Aspetti che attengono ai motivi di esclusione, per come rapportati ai considerandi di cui sopra:
- art. 57 della direttiva 2014/24/UE, par. 4, lett. c);
- art. 38, della direttiva 2014/23/UE, par. 7, lett. g).
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Si parla della possibilità di punire l’operatore economico in sede di partecipazione alla gara,
laddove si sono avute sanzioni comparabili con la cessazione del contratto precedente o con il
risarcimento del danno… le “sanzioni comparabili” sono sicuramente anche quelle che discendono
da “comportamenti scorretti” e quindi da eventuali discrasie nel senso sopra prospettato.
II. A questo punto, dobbiamo capire perché questo tipo di impostazione non è elucubratoria, ma
effettivamente trova riscontro lessicale nel testo di delega che mi è stato commissionato. Mi
permetto di ribaltare l’ordine dei fattori di cui al titolo della relazione, ma spero che la sostanza non
cambi parlando prima dell’aspetto che riguarda il cosiddetto rating degli operatori economici e sul
punto devo dire che ci siamo anche preoccupati per dare il massimo pregio di attualità a questo
intervento, chiedendo all’Antitrust delucidazioni in merito: il regolamento sul rating è in fieri ed è
consentita la consultazione pubblica, e per cui abbiamo posto dei quesiti finalizzati al buon esito
della presente relazione. Devo dire che l’apertura rispetto al panorama degli appalti pubblici e
quindi la effettiva cittadinanza che la legge delega conferisce all’AGCM, quale istituzionalizzato
attore strategico in siffatto panorama, non mi pare che a tutt’oggi trovi un effettivo riscontro.
Ma i dati tabulari di cui alla legge delega, affermano esattamente il contrario perché il sistema di
qualificazione di cui alla lettera uu) deve rapportarsi (e vengo così al motivo per cui ritengo che si
possa andare nella direzione prospettata) sulle attività effettivamente eseguite, introducendo misure
di premialità regolate da un’apposita disciplina generale fissata dall’ANAC con propria
determinazione e connessa a criteri reputazionali basati su parametri oggettivi e misurabili su
accertamenti definitivi concernenti il rispetto dei tempi e dei costi dell’esecuzione, assicurando gli
opportuni raccordi con la normativa vigente in materia di rating di legalità.
Fino a prova contraria la normativa vigente in materia di rating è quella che fa capo al regolamento
attualmente in vigore in sede di Antitrust, cioè la delibera del 14 novembre 2012, n. 24075, come
modificata dalla delibera n. 25207 del 4 dicembre 2014. Esiste anche un protocollo di intesa
sottoscritto fra ANAC E AGCM che all’art. 4, comma 2 riporta che “L'AGCM e l'ANAC
concordano le migliori modalità attuative del Regolamento anche allo scopo di semplificare i
rapporti di collaborazione tra le Autorità”. Dunque, si tratta di capire, posto che è scontato che la
reputazione imprenditoriale e quindi il nuovo sistema di qualificazione, vede in questi due attori,
istituzionalizzati a pieno titolo, un’assoluta convergenza di modalità che deve portare ad un risultato
ed il risultato, (e in questo mi pare che, se ho studiato il libro di Frontoni siamo d’accordo), non può
che essere quello dell’inutilità di sovrapporre il “rating”, quale strumento meramente statico –
soggettivo, con tutti quegli strumenti che già abbiamo nel nostro ordinamento e che riguardano la
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qualificazione, sia in punto di requisito di ordine generale, sia in punto di assiomi di capacità
economico – finanziaria e tecnico – organizzativa.
Attualmente non si può lasciare inalterata la possibilità di conseguire il “rating” in seno all’AGCM,
ancorché ad oggi non obbligatorio, prescrivendolo in base ad un fatturato minimo di 2.000.000,00
nell’ultimo esercizio chiuso, perché diventa assolutamente una violazione delle regole
concorrenziali.
Cosa a mio parere si potrebbe fare?
Dare al rating di legalità, utilizzando, ma concretamente e non sulla carta!, uno strumento già
presente, vale a dire l’art 7, comma 4, lett. e), D.Lgs. 163/06 per quanto riguarda l’osservatorio sui
contratti pubblici laddove è previsto di “promuovere la realizzazione di un collegamento
informatico con le stazioni appaltanti, nonché con le regioni, al fine di acquisire informazioni in
tempo reale sui contratti pubblici”.
Se si desse al rating di legalità, non una portata di mero perimetro di qualificazione soggettiva ma
uno strumento di effettiva verifica che quelle capacità prestazionali sono tali, e che quindi
effettivamente la partecipazione alla gara e l’offerta progettuale così come premiata dalla Stazione
Appaltante confluisca nel contratto di esecuzione e se si desse agio ad un’apertura vera e seria degli
strumenti di verifica attraverso una plusvalorizzazione del ruolo del direttore dell’esecuzione del
contratto nei servizi, a mio parere questo spauracchio dell’offerta economicamente più vantaggiosa
farebbe agio su tante cose che già abbiamo sentito diverse volte secondo cui il metodo di
aggiudicazione prescelto sia scriminante del “malaffare”.
In questo quadro, l’obiettivo verrebbe realizzato perché (e vi prego di non saltare dalla sedia!) il
rating di legalità visto in quest’ottica non statico – soggettiva, bensì oggettivo - prestazionale
espungendo dal campo lo sbarramento di fatturato, ma perimetrandolo alla soglia minima di
qualificazione SOA come mi pare leggere anche dal consiglio del testo di Frontoni, potrebbe essere
un elemento di valutazione dell’offerta da tenere in considerazione (perché questo consente la più
recente giurisprudenza e questo indica la direttiva comunitaria all’art. 67, dir. 2014/24/UE, par. 2,
lett. b), dando a quel dato dell’offerente una possibile attribuzione di punteggio premiale,
sicuramente non distonica rispetto all’oggetto del contratto, perché andrebbe a riverberarsi
sull’efficienza prestazionale. Perché, se io effettivamente ho eseguito la prestazione, così come l’ho
progettata, sono un operatore economico virtuoso e vado premiato.
E’ passato ormai il tempo della Circolare Bonino dell’1 marzo 2007 nella quale si affermava che
“non potevano essere valutati requisiti già detenuti dall’offerente”….. bisogna sposare, ed in questo
la direttiva comunitaria dà l’apertura, il canovaccio giurisprudenziale che trova agio anche nella
prassi comunitaria di poter valutare elementi soggettivi, che in questo caso consisterebbero
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nell’innalzamento delle “stellette” di cui al “rating”, strettamente proporzionale a quel dato di
efficienza prestazionale che è stato figlio di quella fedele offerta progettata….quale elemento non
estraneo rispetto all’appalto, ma che viceversa andrebbe a ripercuotersi sulla qualità della commessa
richiesta dall’Autorità Appaltante.
Cito quali spartiacque, la sentenza del Cons. Taormina della Sez. VI del Consiglio di Stato, n.
5626/09 dove si segnala la possibilità di valutare elementi di tipo soggettivo, purchè non si assegni
loro un peso preponderante in termini di punteggio rispetto al quantum assegnato alla componente
progettuale e si riverberino – per l’appunto – sull’efficienza prestazionale.
In questo senso, valorizzando il delineato segmento di controllo (perché tutti gli altri già ci sono,
dalle white list, alla ingerenza prefettizia dei limiti del consentito e qualcuno poi mi spiegherà se è
un dato di partecipazione alla gara o un elemento di stipula del contratto), l’oggetto della delega
andrebbe anche a professionalizzare le Stazioni Appaltanti che ai sensi della lettera bb) sono
chiamate ad “un controllo effettivo teso a valutare la capacità tecnica e organizzativa” ….ma
questo controllo effettivo con il collegamento imposto da una lettura per forza interagente con la
lett. ll), pone il controllo delle Stazioni Appaltanti sull’esecuzione delle prestazioni attraverso
verifiche effettive e non meramente documentali con riguardo ai poteri di verifica e di intervento
del Responsabile del procedimento, del Direttore dei lavori nei contratti di lavori e del Direttore
dell’esecuzione del contratto nei contratti servizi e forniture.
Dunque, non era fantasia l’approccio metodologico che mi sono permesso di manifestare, ma la
lettura della delega mi sembra presagisca questo. Ove non andassimo in questa direzione, non
potremmo trovarci di fronte ad una delega non attuata? (Ho anche studiato cosa vuol dire esorbitare
la delega, diversamente da non attuarla per intero). Il senso della direttiva, a mio parere è questo, e
ciò comporterebbe una professionalizzazione delle Stazioni Appaltanti tale da incidere anche sul
sistema, e mi pare che questo sia anche il senso auspicato dal Presidente dell’ANAC nell’audizione
al Senato dell’8 gennaio 2015.
III. A questo punto concludo…. se effettivamente viene a realizzarsi questo tipo di interazione che
presagisce il Protocollo d’intesa fra ANAC e Antitrust, le SOA possono continuare a sopravvivere
in un sistema in cui tali organismi vengono resi utili e perché no attraverso una
professionalizzazione che riguardi anche le stesse SOA, i cui compiti devono essere assolutamente
allargati ai servizi e alle forniture, al fine di omogeneizzarne il ruolo in tutte le tipologie di appalto.
Un celebre insegnamento, alla voce “Procedimento amministrativo” nell’Enciclopedia del diritto,
1986 scrisse: “La tendenza delle legislazioni positive, a regolare secondo moduli procedimentali
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l’azione di un numero sempre maggiore di pubbliche autorità, può spiegarsi innanzi tutto in
funzione della tutela degli interessi di chiunque possa essere inciso dai risultati dell’azione
medesima”. Chi è inciso sono i cittadini, e così mi ricollego all’illuminazione del Presidente de Lise
circa il naturale percorso che la lotta anticorruttiva debba incidere innanzitutto sulla formazione dei
cittadini e delle leve imprenditoriali, per cui ritengo che è necessaria un’organizzazione di sistema
che porrebbe gli attori istituzionali e l’imprenditoria da beneficio di chi è inciso da quell’azione
medesima e quindi a beneficio di quella giusta formazione del cittadino…ciò porrebbe finalmente
in attuazione un disposto costituzionale che è dettato dal senso civico, vale a dire leggere insieme
l’uguaglianza sostanziale di cui al comma 2, art. 3 e qui giusti controlli e programmi che la legge
deve attuare rispetto all’iniziativa economica di cui all’art. 41.
Mi auguro, quindi, che questo tipo di messaggio comporti una concertazione vera e sinergica, e non
fine a sè stessa, fra i soggetti interagenti e scusate se ho aggiustato il tiro su un’esperienza di campo,
prescindendo da una interlocuzione maggiormente scientifica, cercando di porre l’attenzione a
considerare la potenzialità di discrasia della delineata stortura e rispetto alla quale le
Amministrazioni e gli Enti Aggiudicatori, al fine di conseguire anch’essi il giusto “rating”, sono
chiamati non solo a predisporre regole chiare, precise, e a conoscere l’esatta portata dei chiarimenti,
istituto importantissimo, a decidere di appaltare creando condizioni che possono delineare assenza
di soluzioni di continuità fra il precedente appalto e quello successivo, evitare il proliferarsi di
contenzioso, redigere verbali di gara chiari quindi dare corso ad un procedimento spedito e
rispettoso del principio di continuità, ma soprattutto a creare una metodologia di controllo che non
fermi la fase dell’evidenza pubblica alla mancata ricezione del ricorso giurisdizionale.
Francesco A. Caputo, Roma 9 febbraio 2016
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