Compliance del paziente arteriopatico e risultati del training
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Compliance del paziente arteriopatico e risultati del training
EUR MED PHYS 2008;44(Suppl. 1 to No. 3) Compliance del paziente arteriopatico e risultati del training fisico M. SANDRO, C. MARCO, F. ALESSANDRO, M. GIOVANNI, M. LODOVICO, R. VIVIANA, Z. VALENTINA Ospedale San Giovanni Battista, ACISMOM, Roma Introduzione Si è stimato che l’1,5% degli uomini al di sotto i 49 anni e circa il 5% di quelli con età superiore ai 50 anni sviluppano una claudicatio arteriosa. In ogni caso la malattia è prevalente nel sesso maschile anche se, attualmente, si registra un’inversione dell’incidenza relativa a favore delle donne per la loro progressiva modificazione delle abitudini di vita11. Le possibilità terapeutiche comprendono sia gli aspetti chirurgici (compresi gli interventi attualissimi di radiologia interventistica), che quelli farmacologici (nei loro vari aspetti), che quelli riabilitativi fisici3,4. Quando indicati esistono dei cosiddetti interventi di ‘rivascolarizzazione dell’arto’ con by-pass aorto-femorali, iliaco-femorali o femoro-poplitei o femoro-tibiali la cui validità va valutata preventivamente, caso per caso, in funzione di un completo esame arteriografico del distretto interessato che peraltro valuti la capacità di accoglienza del circolo più periferico dell’arto ad un eventuale maggiore portata ematica (valutazione del run-off)2,5,6. C’è poi a disposizione una serie di principi farmacologici, dalle prostacicline per uso endovenoso, agli antiaggreganti piastrinici, agli emoreologici, agli eu-metabolici, quali l’associazione di ginko biloba- magnesio e levoarginina e la L-propionil-carnitina che, anche recentemente, sembrano aver dimostrato ai dosaggi terapeutici una notevole capacità di indurre adattamento da parte del tessuto muscolare alle condizioni di ridotta aerobiosi. Esiste infine una serie di possibilità terapeutiche fisiche riabilitative rappresentate essenzialmente da un protocollo che si basa sull’esercizio fisico quotidiano programmato sulla base di tests di base che vengono settimanalmente presi come termine di paragone per il carico muscolare effettuabile da parte del paziente7,8. I risultati del training fisico nel paziente arteriopatico sono fortemente condizionati da alcuni fattori che influiscono sulla realizzazione del protocollo fisico (ginnastica respiratoria, magnetoterapia, massaggio connettivale, ginnastica isotonica sopra e sotto-lesionale, kinesiterapia, esercizi di allenamento alla marcia): la compliance cardiaca, la compliance respiratoria (spesso dipendente a sua volta dalla persistenza dell’abuso del fumo), la coesistenza di radicolopatie (soprattutto del tratto del rachide lombo-sacrale), la coesistenza del diabete, altre patologie ortopediche. Altro aspetto da valutare è la diatesi costituzionale nei confronti di fattori trombofilici eventualmente presenti e da correggere come fattori di rischio (unitamente ai fattori di rischio acquisiti come ipertensione, fumo, ecc.). Un particolare riguardo nello studio si è avuto alle condizioni di iperomocisteinemia (molto frequenti in questi sogVol. 44 - Suppl. 1 to No. 3 getti), causate dalla mutazione (eterozigote od omozigote) dell’enzima MetilenTetraIdroFolatoReduttasi. In questi casi (39% nella casistica esaminata presso il D.H. riabilitativo, in soggetti in cui la condizione era sconosciuta) è fondamentale correggere il difetto con l’impiego di folati (a dosaggi adattabili) e lo studio dei consanguinei per una reale prevenzione primaria9,10. Materiali e metodi Sono stati trattati 242 pazienti affetti da claudicatio arteriosa (stadio IIB). Il training fisico riabilitativo si basava sul principio naturale che già l’organismo stesso in un distretto in cui si ingenera una stenosi arteriosa, promuove, per l’ischemia locale che funge da stimolo, una vasodilatazione con neo-angiogenesi dei circoli collaterali supplenti loco-regionali. Questi processi vengono favoriti dallo sforzo muscolare che, se orientato e guidato secondo schemi prestabiliti, può consentire il raggiungimento dei migliori risultati clinici. Il miglior modo per ‘testare’ un’arteriopatia è quello di sottoporre il paziente alla marcia su un tappeto ruotante, inclinato di 10° rispetto al piano del pavimento e che ruota ad una velocità oscillante tra 1,5 e 3 chilometri l’ora: dopo aver eseguito parte dell’esercizio il paziente è costretto a fermarsi per la comparsa del dolore; a quel punto l’operatore rileva i metri percorsi ed il tempo impiegato (l’importante è che una volta stabilita una velocità per quel soggetto in funzione anche delle sue condizioni cardiache e respiratorie, la stessa venga mantenute costante anche nelle rilevazioni successive, in genere settimanali, per evidenziare eventuali miglioramenti, stazionarietà o peggioramenti clinici). Il paziente veniva quindi invitato a svolgere degli esercizi interessanti sia le masse muscolari sopra-lesionali (il livello della stenosi viene studiato con esame doppler e/o ecocolordoppler) che, e soprattutto, le masse sotto-lesionali. Tra le metodiche riabilitative passive risultano di particolare interesse il ‘massaggio connettivale’, una metodica, una volta ritenuta empirica, ma oggi con provata capacità vasodilatante periferica in virtù delle proprietà vasodilatatorie periferiche esplicate dalla stimolazione del sistema parasimpatico che si traducono in un incremento di flusso rilevato sia con l’esame doppler che con un tracciato laser- EUROPA MEDICOPHYSICA 1 MICHELINI COMPLIANCE DEL PAZIENTE ARTERIOPATICO E RISULTATI DEL TRAINING FISICO. Tabella I. L’importante, data l’estrema possibilità di aggravamenti anatomopatologici e conseguentemente clinici sempre presente in questi soggetti, è ottenere un coinvolgimento pieno nel protocollo riabilitativo anche e soprattutto dal punto di vista psicologico. Considerato che circa il 30% dei pazienti arteriopatici è costretto a ridurre drasticamente la propria attività, che il 15% deve interromperla definitivamente e che il 9% è costretto a modificarla, una adeguata ed esplicita definizione del problema si ritiene indispensabile per una correzione in positivo del paziente , una volta responsabilizzato, dei propri standards di vita. In dimissione protetta dopo trattamento ambulatoriale o di day hospital i pazienti vengono infine invitati a proseguire presso il proprio domicilio con esercizio fisico programmato quotidiano e ad effettuare controlli clinici e strumentali periodici. Patologia associata Insufficienza cardiaca F.E. < 50% Insufficienza cardiaca F.E. > 50% Insufficienza respiratoria scompensata Insufficienza respiratoria compensata Diabete presente Diabete assente Radicolopatia L.S. sintomatica Radicolopatia L.S. asintomatica Altra patologia ortopedica maggiore presente Altra patologia ortopedica maggiore assente N° pazienti Incremento I.L.M <100% Incremento I.L.M. >100% 53 78 14 56 74 168 32 67 83 159 67% 54% 77% 46% 69% 29% 67% 25% 74% 32% 33% 46% 23% 54% 31% 71% 33% 75% 26% 68% doppler del circolo cutaneo, e la magnetoterapia con apposito programma dedicato alle arteriopatie periferiche. Risultati Dopo un periodo di training riabilitativo della durata media di 3 settimane in cui la riabilitazione fisica si associava, sotto stretto monitoraggio clinico, all’impiego di farmaci emoreologici ed antiaggreganti piastrinici, abbiamo osservato i seguenti risultati (Tab. I). Conclusioni Dallo studio emerge come alcune importanti patologie correlate nel paziente arteriopatico influenzino in maniera determinante l’esito del trattamento fisico riabilitativo e come è importante considerare queste, nell’ambito di un bilancio della compliance globale del soggetto, al fine di instaurare un approccio riabilitativo che miri alla correzione delle varie cause di disabilità presenti nello stesso paziente per il conseguimento del miglior risultato clinico. Con una piena adesione al piano terapeutico da parte del paziente si possono ottenere miglioramenti dell’autonomia funzionale deambulatoria fino al 600-700% rispetto alle condizioni di partenza. 2 Bibliografia 1. Andreozzi GM, Signorelli S. La pratica riabilitativa nell’insufficienza arteriosa periferica. Minerva Angiologia. 1985;10:263. 2. Andriessen MPHM, Barendsen GJ, Wonda AA. 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