set luci domestico

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set luci domestico
SPECIALE ILLUMINAZIONE:
una sala di posa a casa propria?
Chi ha provato ad informarsi anche sommariamente sui costi di un'attrezzatura per
illuminazione ad uso fotografico, probabilmente è tornato a casa con qualche
brivido addosso e terrificanti prospettive in merito alle sorti del proprio conto
corrente. È vero: la luce di qualità costa, costa parecchio, e non bisogna illudersi di
poter mettere su un bank, un paio di punti luce di media potenza ed un paio di
faretti spot spendendo poche centinaia di Euro. A meno che, naturalmente, non si
abbia la fortuna di poter trovare qualcosa nel mercato dell'usato. Ma questi sono
prodotti tipicamente professionali e che non soffrono di un ricambio molto rapido,
perciò è difficile trovarli.
Mettiamoci dunque nei panni del fotoamatore che voglia creare una sala di posa
semplice e senza pretese, ma che sia quantomeno dignitosa dal punto di vista
della luce; il tutto senza avere a disposizione la Reggia di Caserta e senza voler
spendere migliaia di Euro. È chiaro che per avere una valida sala di posa la luce
da sola non basta: contano anche la possibilità di allestire uno sfondo gradevole,
le dimensioni complessive dell'ambiente e la libertà di movimento di cui si gode. È
meglio una stanzetta 3x3 che consenta di scegliere tra molti punti di ripresa, che
una sala 6x6 piena zeppa di mobili ed intralci. In questo articolo, comunque, non ci
occuperemo di questi ed altri problemi logistici, bensì solo di luce. Di luce "povera",
economica, ma ciò nonostante utilizzabile per scattare delle buone fotografie. Del
resto è inutile, per chi è alle prime armi, allestire un set complicato con una marea
di punti luce, con molte ombre da controllare, differenze di luminosità da gestire, e
così via. Si rischia solo di confondersi e non si impara niente. Meglio, molto meglio
iniziare con poco: una sola luce, al massimo due, e dedicarsi a studiare gli schemi
di illuminazione tipici. Insomma, prima di mettersi a correre, è meglio imparare a
camminare.
Iniziamo dunque ad affrontare il problema nel dettaglio. La prima questione
fondamentale è: bianconero o colore? Di base gli schemi di illuminazione sono gli
stessi, ma il voler fotografare a colori aggiunge una serie di problemi relativi alla
temperatura delle luci casalinghe. Quasi tutti i fotoamatori sanno infatti che le
pellicole sono tarate per la temperatura della luce solare "media", che è di 5500 K
(Kelvin, l'unità di misura della temperatura della luce). Questo è un valore medio,
diciamo tipico dell'illuminazione combinata "sole+cielo"; in altri orari la luce cambia
e può arrivare a 7000 e più K quando il cielo è velato, producendo la classica
dominante bluastra nelle foto, o viceversa scendere sotto i 4000K, all'alba e al
tramonto, conferendo alle immagini una visibile dominante rossastra. Per la
cronaca, aggiungiamo che 5500K è anche il valore per cui sono tarati i flash delle
fotocamere.
Il problema nasce perché le lampadine da casa, le classiche alogene, producono
una luce che si aggira intorno ai 3000K, dunque vengono registrate dalla pellicola
con una forte dominante rossa (quelle al neon invece risultano verdi).
Ecco le varie soluzioni:
a) Si possono acquistare sistemi di illuminazione specifici per uso fotografico:
illuminatori, bank, eccetera, fabbricati apposta e quindi tarati per 5500K. In questo
modo si possono utilizzare tutte le normali pellicole per luce diurna, senza dover
ricorrere a filtri, e senza preoccuparsi per le dominanti. Lo svantaggio è che una
soluzione del genere è molto costosa e probabilmente non è alla portata della
gran parte dei fotoamatori.
b) Se invece si decide di non rinunciare alle ferie per i prossimi tre anni e si opta
per qualche economica lampadina da 500 watt, bisogna affrontare il problema
delle dominanti, che può essere risolto in due modi:
* b1) Adoperando i classici filtri di conversione. Sono dei filtri di colorazione
bluastra che servono per "raffreddare" la foto consentendo una registrazione
fedele dei colori anche su pellicole per luce diurna. Le sigle sono 80A (per quando
si hanno a dispozione lampade al quarzo, che sono a 3200K) ed 80B (per le
lampade Photoflood, che sono a 3400K). In realtà le lampadine domestiche
oscillano intorno ai 2800-2900K, ma è inutile preoccuparsi di queste lievi
differenze; se si vuole lavorare di fino, allora si deve SEMPRE lavorare di fino, ed è
inutile allestire un set alla buona senza spendere molto e poi pretendere di
bilanciare il tutto con un filtro fatto su misura che compensi fino all'ultimo K. A parte
tutto la temperatura delle lampadine varia col tempo, a causa dell'uso. Comunque
la "famiglia" dei filtri di conversione comprende anche modelli più specifici, per
esempio B+W ha in catalogo numerosi filtri di conversione per le varie temperature
colore: "luce del sole all'orizzonte", "lampade Nitraphot", "lampade ad
incandescenza casalinghe", e così via; quindi consultando il catalogo dei vari
produttori è possibile individuare un filtro che sia più adatto alla propria specifica
situazione di illuminazione. In generale, basti sapere che con un filtro 80A,
scattando in interni, si ha una correzione delle dominanti rossastre più che
sufficiente. L'uso di un filtro di conversione è una soluzione economica e che ha
come unico inconveniente l'assorbimento di un po' di luminosità: orientativamente
il fattore filtro è di un paio di stop. Con le fotocamere TTL il problema
dell'esposizione non si pone, ma se la luce non è moltissima si rischia di
avvicinarsi alla soglia del mosso, con tutti i problemi che ne conseguono: usare
pellicola più sensibile? O un cavalletto? O una maggiore apertura del diaframma?
Sono scelte che ricadono sul fotografo, l'importante è saperle gestire, tecnicamente
e creativamente.
* b2) Adoperando pellicole per luce al tungsteno. In questo caso non si usano
filtri e non si perdono stop: le pellicole sono tarate per la luce artificiale (circa
3200K). Svantaggi: le pellicole al tungsteno costano di più, sono più difficili da
trovare e non sono molto numerose, quindi il fotografo ha meno possibilità di scelta
rispetto alla vasta gamma di pellicole comuni.
Un altro svantaggio è che una volta che si è caricata in macchina una pellicola per
luce artificiale, se non si è finito il rullino e si vuole scattare in esterni si otterranno
foto bluastre; bisognerà riscaldarle con un filtro apposito (tipo 85B). A questo
punto, tanto vale comprare un 80A e continuare ad usare tranquillamente le
pellicole canoniche. Nel caso si disponga di luce neon, la dominante sarà
verdognola. In questo caso la si compensa con un filtro di conversione FLD, se si
usano pellicole per luce diurna; per le pellicole al tungsteno serve invece il filtro
FLB.
Nel caso del b/n, tutti questi problemi non si pongono, e ci si può concentrare di più
sulla qualità della luce. Il neon, se ampiamente diffuso, è davvero una bella luce,
forse la migliore per il b/n; ma ci rendiamo conto che allestire svariate centinaia di
watt di luce neon può risultare complicato.
Per anni, l'illuminazione che meglio combinava costi, qualità e praticità è stata
quella delle lampade Photoflood. Si tratta di ampolle al tungsteno dalla potenza
variabile tra i 250 ed i 1000 watt. Queste lampade, piccole e leggere, si montavano
in appositi riflettori (solitamente di alluminio), e per decenni sono state lo standard
per la fotografia in esterni, finché i flash a batteria prima ed altre tecnologie poi non
le hanno soppiantate quasi del tutto. Le Photoflood producono una luce di circa
3400K, quindi piuttosto calda, ma poiché si usurano con una certa rapidità, col
tempo la loro temperatura scende a 3200K. Inoltre va detto che la loro vita utile è
abbastanza breve, che assorbono parecchia potenza e che scaldano molto (difatti
erano usate di rado per la fotografia di food...)
Successivamente si sono diffuse le lampade al quarzo: più potenti, più durevoli,
più compatte; ma anche più costose. La soluzione tipica di chi non ha esigenze
professionali (ed un budget ristretto) è dunque ricorrere a lampadine
sufficientemente potenti, come le classiche Philips Photolita. Si tratta di lampadine
dal classico attacco Edison, anche se piuttosto voluminose. Costano poche decine
di euro e sono abbastanza potenti: con un migliaio di watt ed una 400 ASA, in una
stanza non troppo grande ci si sguazza (ci riferiamo ai tempi di esposizione
necessari).
Agostino Maiello © 05/2002